Post on 04-Jun-2015
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Lungarotta lungarotta@lungarotta.it - www.lungarotta.it
Modena, via Gobetti 84, tel 059 395921, fax 059 3980840 modena@lungarotta.it Bologna, via Sabotino 8, tel 051 0952654, fax 051 0952655 bologna@lungarotta.it
Sassuolo, via Radici in Monte 237, tel 0536 403222 fax 0536 403297sassuolo@lungarotta.it
La prima volta in barca è come il primo amore: non si scorda mai!
Per far sì che il ricordo sia piacevole e non un incubo ricorrente, gli accorgimenti sono pochi e semplici, ma importanti. Per iniziare analizziamo velocemente l’abbigliamento. Non è necessario essere griffati dalla testa ai piedi, però qualche attenzione evita fastidiosi inconvenienti. Consideriamo che in barca ci si muove, continuamente, quindi portiamo qualche cosa di comodo e resistente. Se è estate ovviamente ci sono meno possibilità di trovarsi in situazioni
spiacevoli, comunque qualche indumento che ci permetta di rimanere asciutti in caso di pioggia o mare grosso è sempre un buon compagno di viaggio. I marinai sono soliti consigliare l’abbigliamento a cipolla, cioè a strati: isolano di più ed è più facile regolare il giusto spessore. Poco gradita ai più tecnici, è la lana, che assorbe facilmente umidità e la rilascia con molta più fatica. Le scarpe devono essere comode e sportive ma non con la suola di gomma nera che scivola e lascia “sgommate” su tutta la tuga. Ovviamente fiduciosi nel bel tempo, è essenziale ricordarsi dei buoni occhiali da sole. Il riflesso sull’acqua può diventare intollerabile e creare danni anche gravi se non affrontato con la giusta cautela. Suggerimento: un cordino per legare gli occhiali al collo! È davvero seccante perdere in mare proprio quel paio che ci era comodo, che magari era un regalo e soprattutto era l’unico che avevamo portato. Quando il sole diventa insistente è importante aver portato anche un cappellino, di qualunque tipo: da marinaio, da baseball, da pittore o da cosacco, non ha importanza, l’essenziale è che protegga la testa dai raggi diretti e quindi dalla possibilità di un colpo di sole, assai poco piacevole.
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Per rimanere in tema, ricordiamoci che, anche se non è pieno agosto, in barca si sta all’aperto tutto il giorno, quindi, specialmente ai più sensibili, ricordiamo di avere sempre una crema solare. Le scotte, specialmente per chi non è abituato, possono creare piccole piaghe alle dita. Certo, se uno fa qualcosa, perché se sta sdraiato a prendere il sole tutto il giorno non si fa male di certo. Ma non si diverte nemmeno. In tutti i negozi di nautica, si possono trovare a poco prezzo i guanti apposta senza polpastrelli, che proteggono le mani senza impedire la sensibilità necessaria per nodi e manovre (sono adatti anche i guanti da palestra e/o bicicletta).
Se è la prima volta in barca e dunque non sappiamo le reazioni del nostro stomaco, è davvero meglio munirsi di uno dei numerosissimi sistemi di prevenzione del mal di mare. In farmacia o nei negozi di nautica possiamo ricevere consigli adatti, braccialettini, cerotti o
pastiglie, possono risolvere senza controindicazioni il problema. Attenzione, se desideriamo asciugarci dopo il bagno in mare, portiamo un telo apposta perché una volta salato non ci converrà proprio riutilizzalo dopo esserci lavati con l’acqua dolce. Non dimenticare una felpa, un giubbotto che ripari dal vento, un pile (se si bagna si asciuga in un attimo!) ed un paio di pantaloni lunghi.
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Per tutti i neofiti, introduciamo velocemente le parti principali che compongono una barca a vela, in modo da non trovarci completamente spaesati quando qualcuno ci dirà “ingalloccia quella cima!” oppure “cazzami il wang”… Per comodità, anche se qualche ammiraglio vecchio stile probabilmente rabbrividirebbe, paragoniamo la barca a una macchina, dividendola in due parti: lo scafo (l’abitacolo della macchina) e la velatura (il motore).
Lo scafo è diviso a sua volta in due parti, l’opera viva, cioè la parte immersa, e l’opera morta, cioè la parte fuori dall’acqua, idealmente divise dalla linea di galleggiamento.
La parte davanti si chiama prua, mentre quella dietro si chiama poppa, la destra dritta mentre la sinistra rimane sinistra. Sotto allo scafo ci sono le cosiddette appendici, deriva e timone, che servono (ammiraglio non ascolti, per piacere) principalmente per dare la direzione allo scafo. La deriva si trova grossomodo a centro barca e, almeno negli scafi tradizionali, è fissa. Il timone si trova a poppa e, tramite la ruota o la barra (il nostro volante) si muove indirizzando la nostra barca. Il “motore” è composto dalle vele e tutte le strutture che servono per farle
stare nella posizione che ci serve. Innanzitutto l’albero, quel “palo” che sta circa nel centro della barca e a cui si attaccano un sacco di cose, è essenziale perché permette alle nostra vele di stare su e quindi di prendere il vento. Tutti quei cavi d’acciaio che vanno dallo scafo a varie altezze dell’albero, si chiamano sartie e hanno la funzione non trascurabile di tenerlo in piedi
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lateralmente, davanti e dietro invece assolvono la stessa funzione lo strallo di prua e lo strallo di poppa (a seconda della sua configurazione può anche essere chiamato paterazzo oppure essere sostituito da sartie volanti). L’altro “palo” attaccato all’albero verso poppa si chiama boma e serve per tenere stesa la nostra vela principale. Le vele appunto, quella appena citata è la randa. Quattro sono le “corde” che, principalmente, si usano per “farla funzionare”: la drizza che serve per tirare su la vela, la base che serve per tesare, cioè per renderla più piatta (magra), la scotta della randa che serve per darle la giusta posizione a seconda della direzione del vento e il wang che serve per completare il lavoro della scotta. Oltre alla randa però, la nostra barca ha anche delle vele di prua. Queste sono tantissime per poter scegliere quella gusta a seconda dell’intensità e della direzione del vento. La più comune è il genoa, vela montata (inferita) sullo strallo di prua. Appena più piccolo, ma molto simile, è il fiocco. Per i venti più intensi c’è la tormentina, mentre per i venti leggeri, ma solo con alcune andature, lo spinnaker e il gennaker. Non ci soffermiamo adesso sull’analizzare tutte le parti che compongono una vela o sulle caratteristiche specifiche, mentre è più importante capire come farle “lavorare” come vogliamo. Le vele di prua, almeno le principali, hanno due scotte e non una come la randa, ossia una sopravento e una sottovento, cioè una dalla parte della barca esposta all’arrivo del vento e una dall’altra. Si usa sempre (tranne in manovre particolari ) quella di sottovento, che ovviamente al cambiare della direzione della barca diventerà sopravento e viceversa.
Per regolare le scotte si usano dei verricelli appositi: i winch. Quando una barca sta andando in una certa direzione, si dice che sta tenendo un bordo, spesso per arrivare a destinazione dovremo tenere diversi bordi e magari cambiare andatura, cioè modificare la nostra direzione rispetto al vento e di conseguenza regolare le vele. Quando cambiamo andatura possiamo compiere quattro manovre diverse: orzare, cioè portare la prua della barca verso la direzione da cui proviene il vento; poggiare, allontanare la prua dal vento; virare, cioè
cambiare la murata della barca investita dal vento facendo passare il punto di provenienza del vento a prua della nostra barca; strambare, cioè cambiare bordo facendo passare il vento da poppa.
Gassa d’amante
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Per fare tutto ciò si agisce ovviamente sul timone ma di conseguenza anche sulle vele cazzando(tirando) oppure lascando (mollando) le scotte. Abbiamo visto, seppur sommariamente e facendo rabbrividire l’ammiraglio, quali sono le parti che fanno andare avanti una barca, ma non conosciamo ancora quelle in cui ci muoveremo noi. Anzitutto il pozzetto, dove si “vive” l’esterno della barca, dove si compiono le manovre e dove c’è il la ruota del timone. Attraverso il tambuccio, poi, si accede all’interno, alla zona comune che chiamiamo dinette, su cui si aprono le porte dei bagni e delle cabine. Forse più importante di tutto ciò però è la voglia di provare e di imparare qualche cosa di nuovo., senza preoccuparsi tanto di abbigliamento e accessori, quanto di godersi uno dei pochi luoghi in cui è ancora la natura a farla da padrona: il mare.
Nodo parlato