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Storiografia imperiale
Storiografia nell’età del principato
L’introduzione di un regime autocratico come il principato portòcome conseguenza una sensibile limitazione della libertàd’espressione attraverso il controllo imperiale delle vocipotenzialmente dissidenti (o la loro eliminazione fisica).Particolare attenzione doveva suscitare l’ambito storiografico, inquanto si prestava a veicolare messaggi politici, che potevanorisultare sgraditi anche quando i fatti trattati erano ormai lontani.Questo campo fu soprattutto appannaggio della classesenatoriale, che impresse il suo sguardo conservatore eparticolarmente critico nei confronti di quegli imperatori cheavevano fatto del consenso popolare e dei modelli monarchiciorientali i loro punti di riferimento. Non mancarono comunque casidi storici perfettamente organici al potere dominante.
Molte sono le opere storiche andate perdute, in alcuni casi, favoritedall’atteggiamento critico degli autori verso il principato.Tito Labieno fu autore di Historiae bruciate per accusa di maiestas, in seguito allaquale lo stesso autore si lasciò morire (12 d.C.).Stessa sorte toccò a Cremuzio Cordo che accusato da Seiano si lasciò morire difame nel 25; i suoi Annales filorepubblicani sopravvissero tuttavia al rogopubblico.La condanna al rogo toccò anche alle opere di Cassio Severo, esiliato a Creta daAugusto e poi a Serifo, dove morì nel 32 d.C.Da ricordare anche Fenestella, morto sotto Tiberio, autore di Annales in 22 libri,dalle origini di Roma alla fine della Repubblica, Aufidio Basso, che sotto Tiberioscrisse Libri belli Germanici, sulle recenti imprese romane, e Historiae, chepartivano dall’uccisione di Cesare, Trasea Peto, suicidatosi nel 66 sotto Nerone,che fu autore di una Vita di Catone Uticense.Autore di varie opere storiche fu anche l’imperatore Claudio: una Storia etrusca(Tyrrhenica), una Storia Cartaginese in 8 libri, e una Storia Romana (Historiae) in2 libri che partivano dalla morte di Cesare, seguiti da 41 che partivano dalla finedelle guerre civili e proseguivano almeno fino alla morte di Augusto.
Opere storiche andate perdute
Velleio Patercolo (20 a.C. - dopo il 30 d.C.)
Illustre generale di Tiberio di origine
campana, verso i 40 anni, dopo il ritiro,
scrive una breve opera, le Historiae
Romanae, in preparazione ad una di
maggiore impegno non scritta o non
pervenuta. Il primo libro, giunto
frammentario, va dalla guerra di Troia alla
caduta di Cartagine (146 a. C.), il
secondo fino a Tiberio, celebrato in modo
sfacciatamente cortigiano.
Il suo interesse non è tanto negli eventi
quanto nella rappresentazione moralistica
dei caratteri dei personaggi, classificati
secondo un’ottica rigidamente
conservatrice.
Pompeo Trogo
Originario dell’aristocraziaellenizzata della GalliaNarbonense, vissuto a cavallofra I sec. a. C. e I sec. d. C.,scrive le Historiae Philippicae in44 libri, sull’esempio deiΦιλιππικά di Teopompo dallaorigini della civiltà alla suaepoca, con particolareattenzione alle vicende delregno macedone e alla figurachiave di Filippo il macedone.L’opera ci è giunta in uncompendio, l’Epitome diGiustino (età adrianea), checonserva comunque il prologooriginale dei vari libri.
Valerio Massimo
Di origine forse umile, inviato in AsiaMinore al seguito del proconsole SestoPompeo nel 27 d.C., scrive i Dictorumfactorumque memorabilium libri IXdedicati a Tiberio, in cui presenta,ordinati per tema, aneddoti ed exemplaromani in gran parte (domestica), maanche externa, greci in particolare, conun fine più moralistico che strettamentestorico, improntato in ogni caso ad unevidente tradizionalismo e ad unacelebrazione nazionalistica della virtusromana sopra tutti gli altri popoli.
Curzio Rufo
È l’autore, forse identificabile con ilconsul suffectus del 43, già protetto diTiberio, di una Historia AlexandriMagni in 10 libri, giunta a noi convarie lacune, fra cui la totale perditadei primi 2 libri. Costituisce il piùimportante tributo romano al gruppodegli alessandrografi, gli scrittori chein età ellenistica, poi romana ebizantina, mantennero in vita laleggenda del sovrano che si eraspinto ai confini del mondo.
Publius Cornelius Tacitus (55 - 120 c.a)
Nato forse in Gallia da famiglia di rango equestre studia retorica
a Roma, iniziò la sua carriera sotto Vespasiano
77 o 78 sposa Giulia, figlia di Giulio Agricola, il conquistatore
della Britannia
81-82 è questore sotto Tito
88 è eletto pretore sotto Domiziano
89-93 riveste cariche politiche o militari in provincia
97 è eletto consul suffectus sotto Nerva
98 ca compone l’Agricola e la Germania
110 compone le Historiae
112-113 proconsolato in Asia
117-120 ca. compone gli Annales
De vita et moribus Iulii Agricolae
Operetta scritta a cinque anni dalla morte del suocero, generale di successo a
cui si doveva la sottomissione dei Britanni del nord sotto il regno di Domiziano,
è allo stesso tempo biografia e laudatio funebris, scritta quando al principato
dispotico di Domiziano si era ormai sostituito quello moderato di Nerva e
Traiano, di cui si fanno le lodi nel proemio, sia pure evitando illusioni
semplicistiche.
Nel ricordare il servizio disinteressato di Agricola all’impero, in particolare le
imprese in Britannia, e la sua integrità mantenuta pur durante il regime
oppressivo di Domiziano (Sciant, quibus moris est inlicita mirari, posse etiam
sub malis principibus magnos viros esse «Sappiano quanti hanno per abitudine
l’ammirare atti proibiti, che vi possono essere grandi uomini anche sotto cattivi
imperatori»), Tacito vuole giustificare anche le cariche che egli stesso ha
assunto in quel periodo, sia pure all’interno di una amara riflessione sui danni
quasi irreversibili che la mancanza di libertà infligge alla vita politica e morale.
Allo stesso tempo il testo vuole essere anche una riflessione realistica sulla
natura dell’impero di Roma, attraverso lo sguardo non solo dei romani
colonizzatori, ma anche dei loro nemici, senza infingimenti edulcoranti.
De origine et situ Germanorum (Germania)
Coevo all’Agricola, è l’unico
trattato etnografico della
romanità che è giunto fino a
noi. Sul modello degli excursus
cesariani Tacito descrive usi e
costumi dei popoli germanici,
dapprima in generale, poi
distinti per gruppi etnici. Il testo
non manca di ammirazione per
la sobrietà della vita di queste
popolazioni, comparata con il
lusso e la mollezza imperante a
Roma.
Historiae
E’ la prima grande opera di Tacito, che affronta vicende dell’impero
di di Roma a lui contemporanee, dal 69 – l’anno dei 4 imperatori -
fino al 96, cioè alla morte di Domizano. Del testo, che doveva
estendersi per 12 o 14 libri, ci sono giunti solo i primi quattro libri e
l’inizio del quinto, che coprono il periodo dal 69 al 70, fino alla
distruzione di Gerusalemme. Nel proemio dell’opera, in cui l’autore
afferma la propria linea di imparzialità, emerge la consapevolezza
della necessità storica del principato al di là dei gravi rischi che
ogni tipo di autocrazia presenta.
I libri delle Historiae superstiti
Libro I Introduzione. Morte di Nerone, anarchia militare e breve
governo degli imperatori Galba e Otone.
Libro II Vespasiano e Tito in Giudea. Vitellio è acclamato
imperatore, ma viene tradito da Cecina Alieno. Vespasiano è
acclamato imperatore dall'esercito.
Libro III: Settembre e ottobre del 69. Vespasiano giunge in Italia;
battaglia di Bedriaco e morte di Vitellio.
Libro IV: Vespasiano appoggiato da Muciano stabilisce il suo
potere. Muciano fa uccidere il figlio di Vitellio. La figura di
Domiziano.
Libro V: Assedio di Gerusalemme e disordini in Germania.
Excursus sugli Ebrei, visti in forma decisamente negativa.
Ab excessu Divi Augusti libri (Annales)
Ultima opera di Tacito, articolata in 16 o 18 libri, prende in esame il periodo che va
dalla morte di Augusto (14 d.C.) a quella di Nerone (68), forse ricollegandosi a Livio
anche nella scansione annalistica (per quanto non sempre rigorosa). Restano, con
lacune, i libri 1-6 (14-37, principato di Tiberio) e 11-16 (47-66 dalla fine del
principato di Claudio alla prima parte di quello di Nerone)
In quest’opera Tacito risale alle radici dei mali presenti, individuandoli con un senso
di cupo fatalismo ineluttabile e privo di speranza, nella corruzione del senso morale
e nella perdita del gusto della libertà da parte soprattutto della classe senatoria, già
custode della libertà repubblicana, e ora piegata alla logica adulatoria del
principato, di cui pure Tacito constata l’inevitabilità storica.
Rispetto alle storie l’attenzione è maggiormente concentrata su figure singole,
indagate nella loro psicologia complessa e talora contraddittoria, in primo luogo gli
imperatori, ma anche personaggi eminenti come Germanico e Corbulone (generali
sotto Tiberio e Nerone), oltre che le vittime degli imperatori stessi, la cui morte è
narrata con autentico senso tragico, quasi al rallentatore.
I libri degli Annales superstiti
Libro I. Morte di Augusto e successione di Tiberio. Rivolta nelle truppe in
Germania, sedata da Germanico.
Libro II. Germanico viene inviato in Oriente contro i Parti, forse per
gelosia dei suoi successi. Morte di Germanico, attribuita a Pisone per
ordine di Tiberio.
Libro III. Funerali di Germanico e suicidio di Pisone.
Libro IV. Ascesa di Seiano. Iniziano i processi contro gli oppositori di
Tiberio, che si chiude sempre più in se stesso.
Libro V. Caduta di Seiano.
Libro VI Dissolutezze di Tiberio e strage dei familiari di Seiano. Morte di
Tiberio.
Libro XI Impero di Claudio. Dissolutezza di Messalina e sua
uccisione.
Libro XII. Claudio sposa Agrippina, che lo farà avvelenare,
propiziando la presa del potere del figlio di primo letto Nerone.
Libro XIII. Nerone dapprima sente l’influenza di Agrippina, poi si
scosta da lei Uccisione del fratello Britannico. Successi di Corbulone
in Armenia.
Libro XIV Nerone istigato da Poppea, sua amante, fa uccidere la
madre; ripudia poi la moglie Ottavia per sposare Poppea. Crescente
esibizionismo di Nerone.
Libro XV Successi di Corbulone. Incendio di Roma e persecuzione
dei cristiani. Congiura dei Pisoni e condanne a morte dei complici
reali o supposti, fra cui Seneca e Lucano
Libro XVI Nerone uccide Poppea. Continuano condanne e delazioni;
suicidio di Petronio e di Trasea Peto.
Dialogus de oratoribus
Dialogo di discussa paternità e datazione
tradizionalmente attribuito a Tacito, anche se
stilisticamente lontano dalle altre opere. E’ ambientato
sotto Vespasiano, fra il 75 e il 77, nella casa dell’oratore
Curiazio Materno; egli sostiene che il declino
dell’oratoria è da attribuire al venir meno della libertà
nella realtà assolutistica del principato. Afferma inoltre la
sua intenzione di passare dall’oratoria alla poesia.
Il Tacitismo
Agli inizi dell’età moderna, fra XVI e XVII secolo, le opere di Tacito non meno diquelle di Machiavelli furono considerate un fondamentale strumento percomprendere la natura e le dinamiche del potere politico, monarchico inparticolare e per analizzare il rapporto fra legge morale e ragion di stato.Accanto agli studi su Tacito si sviluppa così un’importante letteratura che neimita pensiero e lo stile asciutto e lapidario per indicare precetti dicomportamento adeguati alla realtà effettuale, in un’epoca, quella dellacontroriforma, in cui come sotto gli imperatori la libertà di pensiero erafortemente controllata.
Gaio Suetonio Tranquillo (70-126)
Autore della De vita Caesarum una
serie di biografie di imperatori da
Giulio Cesare a Domiziano, che
alternano il racconto degli eventi alla
descrizione caratteriale dei
personaggi, attente soprattutto agli
aspetti più stravaganti (umorismo,
vizi, perversioni criminali o sessuali in
particolare) dei personaggi
rappresentati. Oltre a numerose
opere perdute scritte in greco e latino
Svetonio scrisse un’altra raccolta
biografica, De viris illustribus di cui
restano solo frammenti relativi a retori
e poeti.
Lucio Anneo Floro (ca. 74 – 130 )
Autore di Bellorum omnium annorum DCC
(sott. Libri) un trattato di storia delle guerre
romane dalla fondazione dell’Urbe fino ad
Augusto (27 a.C.) che utilizza nella prima parte
come fonte soprattutto Tito Livio e per questo è
stato anche chiamato Epitome de Tito Livio.
L’opera è divisa in 2 libri (in altre edizioni in 4) il
primo dedicato alle guerre esterne, il secondo
a quelle interne.
Nel proemio l’autore divide la storia di Roma in
4 periodi come le fasi della vita umana: la
monarchia, cioè l’infanzia, la conquista
dell’Italia, cioè la giovinezza, la conquista del
mondo fino ad Augusto, cioè la maturità. il
principato fino ad Adriano, cioè la vecchiaia.
Ha un carattere encomiastico e retorico e una
fondamentale superficialità che lo rende
scarsamente attendibile.
Historia Augusta
Con questo nome, introdotto dallo svizzero Isaac
Casaubon (1559-1614), si indica la serie di 34
biografie di imperatori (compresi coimperatori ed
usurpatori) da Adriano a Carino, che coprono
quindi il periodo dal 117 al 285, con una lacuna
dal 249 al 253. Sono attribuite nei manoscritti a
sei autori di cui non si hanno altre notizie: Aelius
Spartianus, Iulius Capitolinus, Vulcacius
Gallicanus, Aelius Lampridius, Trebellius Pollio e
Flavius Vopiscus. Si pensa che possano essere
state scritte nel IV secolo da un unico autore che
ha attinto in larga parte dalle perdute dodici
biografie di imperatori, da Nerva ad Elagabalo,
scritte da Mario Massimo (160-230) in
continuazione di Svetonio e che ebbero un
notevole successo per l’attenzione agli aspetti
più piccanti.
Aurelio Vittore (320-390 ca)
Nato in Africa ma divenuto poi sotto
Giuliano governatore della Pannonia
secunda poi nel 389 praefectus urbi a
Roma è autore di una breve storia De
Caesaribus da Augusto a Costanzo II,
che esprime le sue tendenze
filosenatoriali e anticristiane, ma gli sono
state anche erroneamente attribuite altre
tre brevi opere: un’Epitome de
Caesaribus, un’Origo gentis romanae e
un De viribus illustribus Romae.
Ammiano Marcellino (330 –397 ca)
Di origine greca, militò in Oriente e in Italia sotto il magister militum
Ursicino all’epoca dell’imperatore Costanzo II, poi al seguito di
Giuliano l’Apostata e, dopo la sua morte, sotto Gioviano.
Stabilitosi a Roma dal 380 scrive i Rerum Gestarum Libri XXXI in
continuazione dell’opera di Tacito, da Nerva fino al 378 (battaglia di
Adrianopoli), di cui sono andati perduti i primi 13 (anni 96-352).
Si tratta della più importante opera storica della tardo antichità, in
cui Ammiano, esponente di un paganesimo in declino, e non a
caso ammiratore di Giuliano, rappresenta con cupo senso tragico e
allo stesso tempo rigore informativo il declino della romanità, fra
conflitti religiosi e l’incombere minaccioso dei barbari.
Eutropio
Personaggio di spicco sotto gliimperatori Valente (364-378) eTeodosio I (379-395), scrisseper Valente un Breviarium aburbe condita in 10 brevissimilibri, in cui ripercorre in formasintetica e senza troppo rigorecritico la storia di Roma dallafondazione fino al 364 (mortedi Gioviano). Il successodell’opera è dimostrato anchedalla traduzione grecarealizzata a breve distanza daun certo Peanio.