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RLPJÉ FEDERAZIONE ITALIANA LOTTA PESI JUDO
Viale Tiziano, 70 - 00196 Roma
«METODOLOGIA DELL'ALLENAMENTO PER LO SVILUPPO
DELLE QUALITÀ FISICHE DEL LOTTATORE»
Roma, 1985
RLPJ COTII
FEDERAZIONE ITALIANA LOTTA PESI JUDO
Viale Tiziano, 70 - 00196 Roma
«METODOLOGIA DELL'ALLENAMENTO PER LO SVILUPPO
DELLE QUALITÀ FISICHE DEL LOTTATORE»
A cura di: Bruno ANDREANI
Carlo BULDRASSI
Carlo MARINI
Vittoriano ROMANACCI
Progetto grafico di: Stelvio BERALDO
C E N T R O S T U D I F I L P J
Lo sviluppo delle qualità fisiche
LE QUALITÀ' FISICHE
Le qualità fisiche sono quei fattori che condizionano sempre una prestazione atletica. In un principiante, il livello delle qualità fisiche, sarà quello necessario per affrontare gli stress della vita quotidiana. Ma è evidente che esse possono essere potenziate notevolmente, mediante un allenamento razionale che segua i principi dell'adattamento progressivo. Le qualità fisiche possono essere sviluppate singolarmente con un allenamento specializzato; nelle pagine successive infatti indicheremo quali sono le metodiche per lo sviluppo di ciascuna qualità, senza scendere però nei particolari delle metodiche stesse ponendo per ipotesi che il lettore conosca o comunque si documenti sul loro svolgimento pratico.
Le qualità fisiche sono:
— la resistenza; — la forza; — la velocità; — la destrezza; — la mobilità.
La sopra indicata suddivisione delle qualità fisiche è generale in quanto ogni singola qualità sopra elencata può essere divisa in sotto-gruppi, come vedremo successivamente.
LA RESISTENZA
Per capire nella maniera più esatta il concetto di resistenza bisogna considerarne i suoi quattro aspetti distinti che, anche se nel gergo comune sportivo vengono tutti chiamati col nome unico di resistenza, devono essere analizzati separatamente; un
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atleta infatti può possedere un tipo di resistenza e difettare in un altro come se si trattasse di due qualità diverse.
I quattro tipi di resistenza sono:
— Resistenza organica aerobica; — Resistenza organica anaerobica; — Resistenza muscolare aerobica; — Resistenza muscolare anaerobica.
E' evidente che la suddivisione fatta dei vari tipi di resistenza è una suddivisione che ha uno scopo prettamente didattico per chiarire tutti gli aspetti che detta qualità presenta. In pratica non vi è uno stacco netto fra un tipo di metodica ed un altro, ma vi è una interdipendenza. La specialità sportiva della Lotta, pur avendo la durata corrispondente alle competizioni di media e lunga distanza, ha una preparazione diversa per la continua alternanza delle intensità e delle forme di movimento che un combattimento presenta. Oltre a ciò nelle situazioni di gara si manifestano numerose interruzioni di ritmo che conferiscono al carico un carattere di tipo intervallato.
L'allenamento di resistenza deve pertanto tenere conto di queste specifiche condizioni. La durata ed il modo di manifestarsi della intensità, durante un combattimento, pongono elevate richieste sia alla resistenza aerobica come a quella anaerobica. Pertanto, dopo il potenziamento della capacità aerobica, che costituisce la base della resistenza specifica di gara, si dovrà provvedere allo sviluppo delle capacità anaerobiche utilizzando i metodi di allenamento intervallati e adattati al nostro sport nella loro forma più ampia. Quindi saranno sempre variati, sia la durata degli stimoli, sia l'intensità, sia i tempi di ripristino, costringendo l'organismo a reagire e ad assuefarsi a quelle condizioni di ritmo e di sforzo aciclico non sempre prevedibili che caratterizzano gli incontri di lotta.
E' importante inoltre che, nonostante le difficoltà oggettive che si manifestano nella nostra specialità sportiva, si cerchi con ogni mezzo di misurare l'insieme e l'intensità dei carichi o perlomeno di valutarli (il mezzo più efficace a disposizione è la frequenza del polso). Infatti, senza una determinazione del carico, non è possibile uno sviluppo sistematico e programmato della resistenza.
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RESISTENZA ORGANICA AEROBICA
Si può definire come « la qualità » che consente di proseguire il più a lungo possibile uno sforzo muscolare generalizzato in condizioni aerobiche. Per condizioni aerobiche si deve intendere quelle in cui si trova un atleta che compie uno sforzo richiedente una quantità di ossigeno inferiore od uguale a quella massima che egli è in grado di assumere ed utilizzare.
Il muscolo è un motore che produce energia meccanica a spese dell'energia chimica prodotta dalla trasformazione di sostanze che si trovano nel muscolo o che vi giungono per mezzo della circolazione sanguigna. Mentre l'energia, che può essere sfruttata da un motore, può essere di varia natura (elettrica, chimica, idraulica, atomica, ecc.), l'unica fonte di energia che può essere sfruttata direttamente ai fini della produzione del lavoro nella contrazione muscolare è l'ATP (adenosintrifostato) che, trasformandosi in una molecola più semplice ADP, libera energia chimica che viene successivamente trasformata in energia meccanica dai muscoli. Ogni altra sorgente di energia non può essere sfruttata direttamente.
Poiché l'ATP è contenuto in piccole quantità nei muscoli, dopo poche contrazioni il muscolo si esaurirebbe e non sarebbe possibile un'attività continuata se l'ATP stesso non fosse riformato a spese di altri processi. Il più diretto di questi è la scissione di un'altra molecola, la fosfocreatina, che scindendosi produce la quantità di energia necessaria per la resintesi dell'ATP.
Anche la fosfocreatina si trova nei muscoli in quantità limitata e pertanto anch'essa non permetterebbe un lavoro prolungato nel tempo se non fosse riformata a spese dell'energia liberatasi dalla combustione delle sostanze provenienti dagli alimenti (glicidi-lipidi). Riassunmendo in forma semplificativa, quindi diremo che il muscolo può utilizzare solo una determinata sostanza e che questa sostanza si può formare solo a spese dell'energia proveniente dalla combustione degli alimenti, combustione che avviene solo in presenza di ossigeno. Da qui la necessità dell'assunzione di quantità di ossigeno proporzionali all'intensità dello sforzo ed alla quantità di muscoli interessati (respirazione). Il livello della resistenza organica aerobica, quindi, dipende soprattutto dalla capacità di un individuo di assumere e trasmettere ossigeno sempre più rapidamente e di eseguirne il trasporto nella più grande quantità nell'unità di tempo, fino alle masse muscolari interessate allo sforzo e di assicurare infine efficaci scambi al livello cellulare.
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Facciamo un esempio esplicativo: quando un atleta passa dalle condizioni di riposo ad una
condizione di allenamento o di gara, aumenta la necessità del-l'ATP; parallelamente per le ragioni sopraddette aumenta la richiesta di energia proveniente dalla combustione degli alimenti. A queste maggiori richieste l'organismo provvede aumentando la assunzione ed il trasporto della quantità di ossigeno mediante rispettivamente atti respiratori più ampi e frequenti e con la frequenza cardiaca più elevata. L'atleta potrà aumentare il suo sforzo fino a quando la richiesta di ossigeno sarà uguale a quella massima che l'atleta stesso potrà assumere e trasportare a livello muscolare. Fino a quando l'intensità dello sforzo rimarrà entro questi limiti, egli potrà indefinitivamente continaure a sopportarlo (condizione di « steady-state » ), se invece l'intensità dello sforzo aumenterà ancora, egli dovrà contrarre « un debito di ossigeno » che gli limiterà la durata dello sforzo stesso, e delle cui modalità tratteremo successivamente.
Gli organi responsabili della capacità di assumere, trasportare ed utilizzare ossigeno in ultima analisi sono:
— il cuore e la sua capacità funzionale; — l'efficacia degli scambi gassosi.
Pertanto l'allenamento per la resistenza organica aerobica dovrà seguire due metodologie distinte: una per assicurare lo sviluppo del volume del cuore e della sua capacità funzionale; l'altra per favorire il miglioramento della qualità degli scambi gassosi.
Consideriamone una alla volta, separatamente:
METODOLOGIA DI ALLENAMENTO
PER MIGLIORARE LA FUNZIONALITÀ' CARDIOCIRCOLATORIA
L'allenamento ad- intervallo corto, è lo stimolo più potente per assicurare lo sviluppo del cuore e della sua capacità funzionale. L'allenamento ad intervallo, di cui l'interval-training è il più noto, è caratterizzato da:
— durata dello sforzo; — intensità dello sforzo; — tempo di recupero; — numero delle prove.
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Durata dello sforzo
La durata dello sforzo dovrà essere di circa da 30" a 2 minuti (consiglio 1' per i lottatori).
L'allenatore, tenendo presente questo fattore, potrà scegliere il tipo di sforzo da far fare ai suoi allievi, ad esempio:
— corsa di lunghezza non superiore a m. 400, esercizi con i pesi, esercizi con il manichino, esercizi con il partner, lotta, imitazioni, esercizi a carico naturale, nuoto, ecc.
Intensità dello sforzo
L'intensità dello sforzo non dovrà superare l'80% dello sforzo massimo che l'atleta è in grado di effettuare, in pratica cioè l'atleta non dovrà superare, durante lo sforzo, la frequenza cardiaca di 170-180 battiti al minuto.
Tempo di recupero
I tempi di recupero non devono portare ad una completa ristabilizzazione.
II nuovo carico deve intervenire quando si è ottenuto al-l'incirca una frequenza del polso da 120 a 130 al minuto e quindi nello stadio della ristabilizzazione incompleta.
Numero delle prove
Esso dipenderà dal grado di allenamento e, comunque, sarà piuttosto elevato trattandosi di prove ad intervallo corto di intensità relativamente moderata; orientativamente dalle 5 alle 10 prove.
METODOLOGIA DI ALLENAMENTO
PER MIGLIORARE L'EFFICACIA DEGLI SCAMBI GASSOSI
Il lavoro continuo è l'allenamento per migliorare l'efficacia degli scambi gassosi. Per lavoro continuo si deve intendere un tipo di lavoro che per i lottatori non superi i 45 minuti e la cui
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intensità sia tale che la frequenza cardiaca, di coloro che stanno eseguendo tale lavoro, non superi i 130-150 battiti al minuto in base allo stato di allenamento.
Anche in questo caso l'allenatore potrà sbizzarrirsi nel trovare il tipo di esercizio da fare effettuare ai propri allievi, senza dimenticare che uno dei migliori resta la corsa. Facciamo esempio di lavoro continuo: corsa lunga e lenta in modo che la frequenza cardiaca di chi la esegue non superi i 140 battiti al minuto.
Inizialmente la durata di questa corsa sarà di 10-15 minuti, poi con una progressione lenta ma continua si arriverà, dopo un mese circa, a 30-50 minuti di corsa senza interruzioni. Dopo aver raggiunto questo incremento di tempo di corsa non è più necessario accrescerlo in quanto è più efficace aumentare il ritmo della corsa stessa.
Se un atleta, per esempio, riesce a percorrere in 30 minuti 5 Km., egli non dovrà aumentare la durata dell'allenamento ma tenterà di compiere più chilometri nello stesso tempo fino a quando sarà in grado di non variare la frequenza cardiaca.
Invece nella corsa, anche se essa è sempre consigliabile, un allenatore potrà far eseguire ai propri allievi esercizi più specifici per i lottatori:
— lavoro con il manichino; anche qui i punti fermi saranno la frequenza cardiaca ed il prolungarsi nel tempo dell'esercizio (140 battiti al minuto - 30 minuti), arrivati alla durata voluta dell'esercizio, si cercherà di aumentare il ritmo di lavoro fino a quando, naturalmente, la frequenza cardiaca rimarrà nei limiti stabiliti. In questo caso aumentare il ritmo di lavoro significa aumentare il numero dei colpi tirati al manichino nel tempo considerato.
Ferme e restando, quindi, le caratteristiche basilari dell'allenamento al lavoro continuo, l'allenatore potrà far eseguire: lotta a ritmo moderato, giuochi, esercizi a carico naturale senza pause di recupero, esercizi con il partner, ecc.
La resistenza organica aerobica è alla base della preparazione di tutte le specialità in quanto, non solo permette di prolungare i tempi di allenamento, ma favorisce anche il recupero negli sforzi particolarmente intensi la cui esecuzione ci ha costretti ad andare «in debito di ossigeno».
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RESISTENZA ORGANICA ANAEROBICA
Si definisce come « la qualità che permette di proseguire il più a lungo possibile uno sforzo muscolare generalizzato in condizioni anaerobiche ».
Per condizioni anaerobiche si deve intendere quelle in cui si trova un atleta che compie uno sforzo richiedente una quantità di ossigeno superiore a quella massima che l'atleta stesso può assumere, trasportare ed utilizzare.
Abbiamo visto, precedentemente, che il consumo di ossigeno dipende dall'intensità del lavoro effettuato e dalle dimensioni del gruppo muscolare interessato e che la capacità di consumo di ossigeno dipende dalla resistenza organica aerobica. E' evidente che, più alto sarà il livello della resistenza organica aerobica, più alta sarà l'intensità dello sforzo sostenibile in condizioni tali che la richiesta di ossigeno sia in equilibrio con la capacità di assunzione ed utilizzazione.
Se però si continua ad aumentare l'intensità dello sforzo, si arriverà, naturalmente, ad un «carico limite», variabile da atleta ad atleta, in cui non sarà più possibile soddisfare le richieste di ossigeno.
In queste condizioni un motore si fermerebbe, la macchina umana, invece, ha ancora una grande possibilità: essa può difatti trarre energia da un carboidrato che si accumula nei muscoli; il glicogeno, che scindendosi in molecole più semplici, libera energia senza bisogno della presenza di ossigeno. Durante questa scissione, però, il glicogeno si trasforma in acido lattico che può essere tollerato dall'organismo in quantità ridotta, in quanto l'acido lattico inibisce i processi chimici del muscolo ed è la causa chimica della fatica. Lo sforzo in queste condizioni, pertanto, può essere solo di lieve durata anche se di notevole intensità (durata massima dello sforzo anaerobico 45 secondi). Una volta cessato la sforzo, inoltre l'organismo si trova nella necessità di eliminare l'acido lattico accumulatosi; tale eliminazione avviene risintetizzando il glicogeno, a partire dall'acido lattico, utilizzando l'energia proveniente dalla combustione delle sostanze provenienti dagli alimenti glicidi e lipidi in presenza di ossigeno. Ecco perché, una volta cessato uno sforzo di notevole intensità, gli atti respiratori e la frequenza cardiaca non diminuiscono in proporzione subito ma permangono, per un certo tempo, numerosi fino a quando l'organismo che ha pressoché eliminato la quantità di acido lattico, precedentemente accumulata. Continuerà, cioè, il trasporto di quell'ossigeno che, per
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un limite fisiologico, l'organismo non era riuscito a trasportare durante l'esecuzione dello sforzo stesso. In questi casi, si dice che l'organismo ha accumulato un « debito di ossigeno » perché di un vero e proprio debito si tratta in quanto l'organismo, in tali condizioni, non è in una situazione di equilibrio e dovrà portar-cisi continuando ad assumere, trasportare ed utilizzare una quantità di ossigeno che saldi il debito stesso.
In definitiva, aumentare la resistenza organica anaerobica, significa aumentare la capacità di sopportare quantità sempre maggiori di acido lattico, aumentare cioè il debito di ossigeno che si può accumulare. La resistenza organica anaerobica dipende principalmente da due fattori:
— la resistenza organica aerobica; è evidente, infatti, che più grande è la capacità dell'organismo di trasportare ed utilizzare quantità di ossigeno sempre maggiori e più difficilmente si andrà in « debito di ossigeno » (occorreranno sforzi sempre maggiori) ;
— la capacità fisiologica e psicologica di resistere alla presenza nell'organismo di acido lattico.
Le modalità per aumentare il primo fattore sono state viste precedentemente; analizziamo adesso le modalità di allenamento per l'aumento del secondo fattore.
L'allenamento ad intervallo lungo è il migliore stimolo per l'aumento delle capacità dell'organismo a sopportare presenza di acido lattico ed aumentare, così, la possibilità di accumulo di «debito di ossigeno». Una seduta di questo tipo di allenamento prevede i seguenti parametri:
— durata dello sforzo; — intensità dello sforzo; — tempo di recupero; — numero delle prove.
Durata dello sforzo
La durata dello sforzo dovrà essere compresa, in base all'intensità dello stesso, tra i 45 secondi ed i 3 minuti.
Tenendo presente questa condizione, l'allenatore potrà scegliere il tipo di sforzo da far fare ai propri allievi: corsa, lavori con carico, lavoro con il manichino, con il partner, con i pesi, ed il più specifico nel nostro caso, la lotta.
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Intensità dello sforzo
L'intensità dello sforzo dovrebbe essere tale che la frequenza cardiaca raggiunga il suo limite estremo e, pertanto, potrà raggiungere anche i 190-200 e più battiti al minuto.
Tempo di recupero
Il tempo di recupero dovrà essere quello sufficiente a far tornare la frequenza cardiaca a 100-110 battiti al minuto, e pertanto la ristabilizzazione sarà più completa anche se non totale.
Numero delle prove
Trattandosi di un allenamento molto impegnativo, il numero delle prove sarà ridotto (orientativamente da 6 a 3).
Facciamo un esempio esplicativo in un allenamento ad intervallo lungo specifico per i lottatori:
— tipo di sforzo: l'allievo dovrà eseguire più colpi possibili ad uno, a due o più partners in un tempo di circa due minuti.
L'allievo al via dell'istruttore comincerà ad eseguire il più velocemente possibile colpi di lotta al proprio partner (è ovvio che si alzerà in piedi anche il più velocemente possibile).
Allo scadere dei due minuti, l'allenatore avrà cura di misurare la frequenza cardiaca dell'allievo e di tenere in mente il numero dei colpi che egli ha effettuato non appena la frequenza avrà raggiunto i 100-110 battiti al minuto, egli farà ripetere l'esercizio con le stesse modalità all'allievo. In base al numero dei colpi che effettuerà l'allievo in questa seconda prova e nelle prove successive, l'allenatore potrà dedurre interessanti dati sullo stato dell'allievo stesso. Quello fatto sopra, naturalmente, è un esempio che però può essere modificato a piacere dall'allenatore in base alle conoscenze che ha, al piano di lavoro che ha effettuato ed ai tipi di esercizi che ha insegnato ai propri allievi.
L'allenamento ad intervallo lungo è come detto una metodica molto impegnativa, se ben eseguita, ed è pertanto sconsigliabile ai ragazzi inferiori agli anni 15 ed agli atleti che non abbiano ancora acquisito una solida resistenza organica aerobica. La metodica stessa inoltre dovrà essere eseguita tenendo conto anche dell'età, del periodo di allenamento in riferimento alle
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gare, della gara da preparare e della reazione psicologica dell'atleta nei confronti di questo metodo di lavoro.
RESISTENZA MUSCOLARE AEROBICA
Si definisce come « la qualità che permette di proseguire più a lungo possibile uno sforzo muscolare localizzato in condizioni aerobiche ». Sappiamo ormai il significato di condizioni aerobiche, spieghiamo adesso il significato di « sforzo muscolare localizzato » : è uno sforzo che si riferisce ad un particolare gruppo muscolare, isolatamente, in modo che la richiesta di ossigeno non è molto elevata in valore assoluto ma è abbastanza elevata nel muscolo che sta effettuando quel determinato sforzo. Facciamo un esempio esplicativo: consideriamo un atleta che stia effettuando delle distensioni su panca con un peso di lieve entità rispetto alle forze dell'atleta stesso. E' evidente che, in tale tipo di sforzo, solo i muscoli tricipite, deltoide anteriore e il grande pettorale sono interessati, mentre quasi tutta l'altra muscolatura si trova in uno stato di riposo. In queste condizioni il bisogno di ossigeno non sarà elevato in valore assoluto in quanto, come abbiamo detto, la maggior parte della muscolatura si trova in stato di riposo, ma sarà quello necessario per permettere la contrazione dei muscoli interessati allo sforzo. L'atleta potrà continuare a fare il summenzionato sforzo fino a quando avrà un adeguato apporto di ossigeno e di sostanze nutritive. Un apporto di queste sostanze in quantità sufficiente dipende in gran parte dalla qualità della circolazione sanguigna locale (ca-pillarizzazione, volume sanguigno locale, tempo di circolazione sanguigna). Abbiamo visto dunque che la capacità di resistere più a lungo in uno sforzo, che interessa un determinato distretto muscolare, dipende dalla capacità che ha il muscolo interessato di ricevere ed utilizzare ossigeno, dalla quantità di sostanze nutritive presenti nel muscolo e dalla capacità di eliminazione di prodotti tossici. E' chiaro però che la forza muscolare gioca un ruolo molto importante nella resistenza muscolare aerobica. Se infatti prendiamo in considerazione due atleti i cui massimali su panca siano rispettivamente Kg. 100 e Kg. 50 e facciamo loro eseguire un numero di ripetizioni massimali con Kg. 25, sarà chiaro che l'atleta che ha il massimale di Kg. 100 effettuerà anche il maggior numero di ripetizioni, e ciò non perché egli sia più allenato o abbia una migliore circolazione sanguigna locale, ma solo perché, essendo più forte, esegue uno sforzo percentuale minore di
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quello che effettua l'altro atleta. Ricapitolando, possiamo dire, dunque, che la resistenza muscolare aerobica dipende principalmente da due fattori:
— la forza muscolare; — la qualità della circolazione sanguigna locale.
Vedremo successivamente ed in maniera particolare quali siano le metodologie dello sviluppo della forza; analizziamo ora quale è il tipo di allenamento che assicura lo sviluppo e la qualità di circolazione locale. Tale allenamento consisterà nel fare eseguire ripetizioni di sforzi muscolari locali con carichi che non superino il 25-30% della forza muscolare massima locale.
Facciamo un esempio: ad un atleta che può distendere in piedi un carico massimale di Kg. 60, gli faremo eseguire, per quanto detto sopra, ripetizioni con un carico di Kg. 20. Il numero delle ripetizioni sarà quello massimo che egli potrà effettuare dopo un tempo di recupero di circa 2 minuti, gli faremo eseguire un'altra serie e così via fino ad un massimo di cinque serie.
Questa continua ripetizione di movimenti crea l'esigenza di un maggiore apporto sanguigno al distretto muscolare interessato. Si sviluppa allora una più fitta rete di capillari per permettere una maggior sanguificazione ed anche un rallentamento periferico del circolo sanguigno (poiché aumenta la sezione totale dei vasi) che rende più completi gli scambi dei prodotti utili alle combustioni e di quelli da eliminare. Crescono inoltre le riserve di sostanze nutritive del muscolo e viene di conseguenza ad aumentare progressivamente la capacità di eseguire più a lungo un lavoro locale: è aumentata così la resistenza muscolare aerobica.
RESISTENZA MUSCOLARE ANAEROBICA
Si definisce come « la qualità che permette di proseguire il più a lungo possibile uno sforzo muscolare localizzato, in condizioni anaerobiche ». Se si continua ad aumentare l'intensità di uno sforzo muscolare localizzato, si arriva ad un punto che, per quanto il muscolo sia capillarizzato ed abbia un'ottima circolazione locale (vedi resistenza muscolare aerobica), la richiesta di ossigeno da parte del muscolo stesso sarà maggiore della possibilità di apporto. In tali condizioni, il muscolo potrà ancora contrarsi accumulando però un debito di ossigeno con produzione di acido lattico che, come sappiamo, è la causa chimica della fatica.
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Tale tipo di sforzo pertanto potrà durare un tempo molto limitato. I due principali fattori che determinano il grado di resistenza muscolare anaerobica sono:
— la resistenza muscolare aerobica; è evidente infatti che più grande è questa qualità e più grande dovrà essere lo sforzo affinché il muscolo vada in debito di ossigeno;
— la capacità fisiologica e psicologica di resistere alla fatica muscolare locale. Abbiamo visto precedentemente quali siano le metodiche per lo sviluppo del primo fattore. Analizziamo ora il tipo di allenamento da fare eseguire per lo sviluppo del secondo fattore. L'allenamento dovrà essere tale che il muscolo interessato accumuli il maggior debito di ossigeno in modo da abituare il muscolo stesso alla presenza di acido lattico.
Questa condizione si verifica quando un atleta compie il massimo numero di ripetizioni con un carico di intensità del 75-80% rispetto al suo massimale. Facciamo il solito esempio: un atleta può distendere, in piedi, Kg. 60; con un carico di 45-47,5 Kg. effettuerà il massimo numero di ripetizioni (dovrebbero essere all'incirca da 8 a 10). Dopo 2-5 minuti di recupero, effettuerà un'altra serie e così via fino a farne un massimo di 7 serie.
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LA FORZA
DEFINIZIONE E CENNI ANATOMO - FUNZIONALI DI MIOLOGIA
La forza muscolare, qualità fisica dell'uomo, riguarda essenzialmente la capacità che hanno i muscoli di sviluppare tensioni per opporsi o vincere una resistenza. Essa dipende direttamente da: la sezione trasversa del muscolo in oggetto, quindi la sua dimensione; la frequenza di impulsi che i neuroni (1 ) sono in grado di trasmettere ai muscoli.
In un individuo adulto di sesso maschile, di peso e conformazioni normali, il peso della muscolatura scheletrica (muscoli volontari) oscilla tra i 25 ed i 35 kg, circa il 40% del peso totale. I muscoli volontari sono ben 501.
L'unità funzionale dell'apparato muscolare è rappresentata dal muscolo, considerato come l'insieme delle unità contrattili; riunite nel ventre muscolare, e delle parti non contrattili; il tendine prossimale, quello distale, la giunsione muscolo tendinea e quella osteo tendinea.
Il ventre muscolare è formato dall'insieme di numerose fibre che rappresentano le unità strutturali del muscolo stesso. Ogni fibra si presenta in forma cilindrica, notevolmente allungata e con gli apici arrotondati; le fibre si accollano una all'altra nel senso della lunghezza formando una prima serie di fasci muscolari (primari), più fasci primari formano i fasci secondari e questi ultimi unendosi tra loro formano i fasci terziari. Gli elementi cosi costituiti sono circondati di tessuto connettivo elastico.
La parte più nobile del muscolo è quindi rappresentata dal ventre muscolare che possiede alcune qualità precipue.
La prima è l'estensibilità, ossia la capacità di allungarsi entro certi limiti, quando sia sottoposto a forze traenti.
La seconda è l'elasticità, ossia la capacità di riacquistare gradualmente la lunghezza di partenza dopo una contrazione o un allungamento, consentendo la continuità e l'armonia dei movimenti.
La terza proprietà è rappresentata dalla contrattilità, ossia la capacità del tessuto di accorciarsi avvicinando così i propri punti di inserzione.
La contrazione avviene con cambio di forma ma non di volume, realizza il movimento e produce la potenza muscolare.
Quest'ultima è proporzionale al numero delle fibre interessate alla contrazione, cioè stimolate, tra tutte quelle costituenti il muscolo e al diametro trasverso del muscolo stesso. Il diametro trasverso, pur rivestendo un ruolo importante, non è quindi l'unica causa di una forza massima più elevata, si può notare infatti come individui di pari masse muscolari abbiano differenti risultati di forza max. Questa differenza essenziale è dovuta al fatto che le unità motorie di un uomo riescono a sincronizzarsi in base alla condizione e al tipo di allenamento, alle attitudini del soggetto stesso e soprattutto alla frequenza degli impulsi inviati dai neuroni. Le unità motorie, secondo vari Autori, sono composte da numerose fibre muscolari e la numerosità varia a seconda che il muscolo sia piccolo o grande e abbia compiti di raffinatezza del movimento o sia capace di contrazioni grossolane.
La capacità di sviluppare la forza dipende quindi anche dalla capacità di stimolare simultaneamente il più alto numero possibile di unità motorie, mediante una elevata frequenza di scarica. Solitamente la percentuale di sincronizzazione varia tra il 20 e il 30% (Kuznesiov, Zacioski) mentre la frequenza di scarica max. è di circa 40 - 50 impulsi al secondo, conservando una notevole « riserva di forza » che il Prof. Marchetti quantizza in un 30% dell'intera capacità.
Ovviamente in soggetti molto allenati e di capacità eccezionali si possono raggiungere percentuali di
1 ) Cellule nervose deputate alla conduzione degli Impulsi dall'encefalo e dal midollo spinale ai muscoli e viceversa
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utilizzazione delle unità motorie molto elevate, cioè capacità di tensioni che solitamente sono posssibili solo in casi di estrema gravità o in condizioni emotive create artificialmente (ipnosi).
Il neurone motore è soggetto ad una serie di stimoli inibitori e attivatori e la sua azione è la risultante di questi stimoli, la massima frequenza di scarica si realizza in assenza assoluta di stimoli inibitori.
In base alle caratteristiche del neurone si possono distinguere due tipi di unità motorie: 1 ) unità motorie lente, con neuroni capaci di basse e prolugate frequenze di scarica che innervano le fibre
rosse, capaci di produrre tensioni muscolari poco elevate e a bassa velocità, prolungabili però nel tempo.
2) unità motorie rapide, capaci di grande velocità di conduzione che provocano accorciamenti rapidi, sono queste le principali fautrici delle prestazioni di forza.
Esaminiamo ora le caratteristiche delle fibre bianche o rapide e di quelle rosse o fasiche.
Le differenziazioni più evidenti riguardano le capacità ossidative e quelle glicolitiche, la velocità, l'intensità e la durata delle contrazioni. Le fibre rosse sono tali per la grossa presenza di mioglobina, che aumenta la diffusione dell'ossigeno, e quindi ne predispone la fibra ad un alto consumo; a questa caratteristica se ne affiancano altre, come la bassa velocità di reclutamento delle unità motorie, un elevato numero di mitocondri (2) e una bassa capacità atpasica. Le fibre bianche sono all'opposto: alta velocità, alta attività atpasica e glicolitica. Ovviamente ci sono anche tante fibre con caratteristiche intermedie, che sono poi le responsabili dei diversi livelli di adattamenti biochimici e nervosi a seconda dell'allenamento.
In definitiva l'atleta in base alle caratteristiche e alla distribuzione delle sue fibre si specializza in attività di forza max. o veloce o in quelle di resistenza. Le modificazioni ottenibili con l'allenamento non sono ancora completamente chiarite, è comunque sicuro che modificazioni significative si verificano nella quantità dei substrati energetici (gruppo dei fosfati e glicogeno) e nella struttura nervosa (spessore dell'assone) con variazioni della funzionalità neuromuscolare.
L'ipersincronizzazione delle contrazioni che si rileva negli atleti rappresenta dunque l'espressione dell'abilità, acquisita con l'allenamento, di attivare i circuiti inibitori e di raggiungere quindi frequenze di stimoli di attivazione anche doppie rispetto a quelle riscontrabili nelle persone normali (70 - 100 e perfino 130, invece che 50 al sec). Per ottmere questa esaltazione della funzionalità nervosa sono necessari stimoli allenanti della massima intensità che sollecitino tensioni massimali.
Di pari passo con qualunque lavoro allenante per l'incremento della forza, si presenta inoltre un altro adattamento di determinante importanza per l'acquisizione di questa qualità, l'ipertrofia.
Essa si verifica in diversa misura a seconda della somministrazione degli stimoli ed è il fattore stabilizzante della forza. Infatti i valori di forza raggiunti grazie all'aumento della ipertrofia, se si dovesse sospendere l'allenamento specifico, regrediranno lentamente, tanto più lentamente quanto più prolungato nel tempo è stato l'allenamento.
Il valore di forza ottenuto con l'ipersincronizzazione delle contrazioni e l'aumento degli stimoli, regredisce invece molto più velocemente alla sospensione dell'allenamento specifico.
Va considerato però che l'aumento indiscriminato di massa muscolare si accompagna sempre ad un aumento di peso dell'atleta, cosa che può diminuire il rapporto peso - potenza, non essendo di solito l'aumento di peso dovuto al puro e semplice aumento della massa muscolare.
L'ipertrofia muscolare si ottiene con allenamenti che mobilitano massimalmente il meccanismo anaerobio) alattacido e creano condizioni di disagio sufficienti a stimolare una reazione significativa.
In pratica per ottenere questo non si può scendere sotto certi livelli di intensità; andranno usati perciò carichi che non consentano più di 6-10 ripetizioni in una serie, con recuperi relativamente brevi (1 -3 minuti),
2) Centri generatori di energia della cellula.
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che non consentano un ristabilimento completo, ma che al tempo stesso permettano l'esecuzione di un certo numero di serie.
Secondo Zacioski l'ATP viene impiegato nel lavoro muscolare in grande quantità, la sua carenza impedisce la sintesi di nuove proteine muscolari in sostituzione di quelle disgregate. Tutto ciò provoca una fame proteica nei muscoli che viene supercompensata dall'organismo con un aumento delle proteine muscolari.
Dal punto di vista biochimico la supercompensazione si caratterizza con un aumento delle proteine contrattili, nella cui sintesi pare giochino un ruolo importante i composti a basso peso molecolare (creatini-na, aminoacidi, fosfati, ADP e ATP) che si liberano in notevole quantità nei lavori intensi. Il ruolo di questi composti è prevalentemente quello di regolazione dell'attività del genoma (3) e delle sintesi proteiche, che si intensifica con l'aumentare della concentrazione di questi composti a basso peso molecolare. A questo fenomeno si accompagna anche un aumento del numero dei nuclei ed un aumento del DNA e del RNA, inoltre, contrariamente a quanto si credeva, si è notato un aumento del numero delle fibre per divisione longitudinale. La capacità di aumentare l'ipertrofia muscolare è massima in età giovanile e gradatamente si perde con l'avanzare degli anni.
3) Patrimonio genetico dell'individuo.
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RAPPORTO TRA FORZA E PESO
Le prestazioni dei sollevatori di peso e di altri atleti di varie discipline quali il getto del peso, il lancio del disco e il canottaggio hanno dimostrato che gli atleti più pesanti (cioè con maggiore massa muscolare e in grado quindi di sviluppare tensioni più elevate) ottengono risultati in assoluto migliori quando la specialità sportiva prevede delle elevate resistenze addizionali. Se però è il proprio corpo che deve essere spostato, come nella ginnastica, allora assume importanza prioritaria soprattutto la forza relativa, cioè la forza che un atleta sviluppa in relazione al proprio peso corporeo.
La forza relativa diminuisce se il peso del corpo aumenta eccessivamente a causa di una nutrizione eccessiva, pur potendo aumentare il valore di forza assoluta.
Esiste quindi un rapporto ottimale tra massima tensione ottenibile, velocità di applicazione della forza e peso del soggetto, che, almeno riguardo alla nostra disciplina, è situato piuttosto in alto nei valori di forza per kg. di peso corporeo, considerando il fatto che nella lotta oltre a dover spostare il proprio corpo bisogna vincere anche la resistenza dell'avversario.
Purtroppo non conosciamo dei valori che possano considerarsi statisticamente indicativi, e le normative di atleti di altre nazioni, che curano particolarmente questi rapporti di qualificazione dell'atleta lottatore, non ci sono note.
È importante far notare che in atleti adulti e qualificati la forza relativa può essere migliorata anche mediante un modesto calo di peso.
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CLASSIFICAZIONE DELLA FORZA
Per meglio comprendere le manifestazioni tensive della forza molti Autori hanno proposto varie classificazioni, alcune semplici e brevi, altre molto elaborate; vengono qui riportati alcuni esempi di vari Autori che si riferiscono a parametri diversi. La prima si riferisce alle variazioni di lunghezza del muscolo senza considerare il tempo di estrinsecazione (Zacioski).
In base a questa classificazione ogni contrazione può avvenire: 1 ) senza modificazioni di lunghezza (statica o isometrica) - in tal caso la forza interna del muscolo e quella
della resistenza si equivalgono, con questa contrazione i capi del muscolo non vengono né avvicinati ne si allontanano anche se la tensione è proporzionale alla forza sviluppata;
2) con riduzione di lunghezza (isotonica, superante, concentrica) - in questo caso la forza interna prevale sulla resistenza esterna ed è questo il tipo di lavoro vincente che si verifica più frequentemente nei movimenti sportivi;
3) in allungamento contrastante (eccentrica, pliometrica) - la forza interna è inferiore alla resistenza esterna, si ha quindi un lavoro cedente con allontanamento dei capi del muscolo.
Un'altra classificazione (Kusnezov) assume come parametri l'entità della resistenza e l'accelerazione.
In base a questa classificazione la forza può essere:
1 ) forza esplosiva: accelerazione - massima, resistenza - minima;
2) forza rapida: accelerazione minore che massima, resistenza minore che massima;
3) forza lenta: accelerazione tendente a zero, resistenza - massima.
Secondo Harre e colleghi la forza può essere classificata in: 1 ) forza max. : forza massimale che il sistema neuromuscolare può esercitare in una contrazione massima
volontaria, è determinante in sport con notevoli resistenze (sollevamento pesi, lotta ecc . . . . ) ;
2) forza rapida: capacità che il sistema neuromuscolare ha di superare la resistenza con alta velocità di contrazione (salti, lanci);
3) forza resistente: capacità di prestazioni protratte nel tempo in caso di lunghe applicazioni di forza (canottaggio, canoa).
L'allenamento per la forza costituisce un fondamento essenziale per la elevazione della prestazione sportiva. Riguardo alla struttura del movimento e al rapporto forza-tempo, l'allenamento per la forza deve basarsi sulle esigenze specifiche della prestazione di gara.
Per lo sviluppo di qualità complesse quali la forza rapida e la forza resistente sono necessarie esercitazioni con dosaggi particolari e stimoli specifici; è per questo motivo che dei metodi efficacissimi per una certa disciplina sportiva non lo sono affatto per un'altra, e non è quindi assolutamente giusto adottare incondizionatamente la metodica del sollevamento pesi in altri sport.
Quando si lavora per esaltare le qualità di forza del lottatore bisogna ricordare quali sono le finalità che ci proponiamo, considerare la muscolatura più interessata nei movimenti di gara e la capacità di sviluppare certe tensioni da parte dell'atleta e quindi, dopo un lavoro ben organizzato di sviluppo generale, specializzare la sua preparazione per esaltarne le qualità peculiari.
Non bisogna pero dimenticare che la forza rapida e quella resistente dipendono notevolmente dal livello della forza max, da ciò si può capire che un atleta in grado di sviluppare tensioni piu elevate rispetto ad un altro, può vincere un uguale resistenza con maggiore velocità e sostenere una applicazione di forza per maggior tempo a parità di resistenza opposta.
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ESERCITAZIONI PER L'ALLENAMENTO DI FORZA
1 ) Esercitazioni per lo sviluppo generale - queste esercitazioni sono la base della preparazione in tutti quegli sport che richiedono un allenamento di forza intensivo, in questo modo si impedisce una precoce e non valida specializzazione di qualità, che tende a svilupparsi soprattutto nei giovani, in seguito alla applicazione di sole esercitazioni specifiche per i movimenti di gara.
Le esercitazioni per la forza generale si basano pertanto su esercizi diversi, nella loro struttura di movimento e nella loro applicazione nel tempo, alla tensione riscontrabile in gara. La forza acquisita in virtù di questo lavoro viene in seguito convertita, mediante esercizi specifici, o di gara, in forza specifica.
Esercizi generali possono essere considerati le trazioni alla sbarra, i piegamenti alle parallele, i vari tipi di balzi, gli esercizi vari con bilancieri, interessanti però il maggior numero possibile di distretti muscolari, ecc.. . . (vedi tab. n. 1 pag. 14).
La esercitazione generale può comprendere esercizi fisici generali, che servono al rafforzamento di molti gruppi muscolari, ed esercizi fisici particolari, attraverso i quali si ricerca il rafforzamento di un settore muscolare ben preciso mediante esercizi il più possibile indirizzati; nel primo caso si carica in maniera elevata l'intero organismo, nel secondo caso invece si impegna soltanto una parte specifica del sistema locomotore, quindi il carico per l'organismo è relativamente basso. Ovviamente la scelta delle esercitazioni di forza dipende dalle esigenze della disciplina sportiva, dallo stato individuale di allenamento e dalla meta prefissata per l'allenamento di forza nei singoli periodi di allenamento.
Le esercitazioni per lo sviluppo generale della forza sono alla base della preparazione del giovane atleta e sono inserite prevalentemente nel periodo preparatorio della pianificazione di un atleta evoluto, con cicli di 4/6 settimane. Gli esercizi pur avendo le stesse finalità devono essere abbastanza vari, onde evitare un affaticamento psicologico dovuto alla monotonia delle esercitazioni.
2) Esercitazioni specifiche - esse devono accordarsi sostanzialmente nella struttura e nel decorso forza-tempo con il movimento di gara. Esercitazioni specifiche del lottatore possono essere considerate le girate al petto con il bilanciere, le iperestensioni del busto con bilanciere, vari esercizi per aumentare la forza del ponte e in ponte ecc. . . . (vedi tab. n. 2 pag. 15). Le esercitazioni specifiche sono inserite in qualsiasi tappa della preparazione di un atleta evoluto, alternate al lavoro generale visto in precedenza, nel periodo preparatorio, e sempre più frequentemente in quello competitivo. È opportuno protrarre tali esercitazioni anche nel microciclo della gara onde evitare una perdita di forza.
3) Esercitazioni di gara - sono valide in quegli sport dove esiste una resistenza addizionale (lanci, sollevamento pesi, lotta ecc. . . .), gli esercizi vengono strutturati avendo cura di riprodurre fedelmente il movimento di gara, es. (lavoro con il partner, sollevamenti da in piedi, cinture e sollevamenti del partner da terra ecc. . ..) e mirano a ottenere la rifinitura della coordinazione della forza e la capacità di convogliare in un gesto tecnico le tensioni raggiunte con le precedenti esercitazioni per lo sviluppo della forza. Questa esercitazione se protratta a lungo (una o due ore) tende ad esaltare la resistenza dell'atleta, ma se si finalizza il momento coordinatorio, e quindi la capacità neuromuscolare di esprimere una tensione giusta al momento opportuno, oltre che lavoro per la tecnica e la resistenza specifica può essere considerato lavoro per la rifinitura delle qualità di forza.
Prima di elencare e consigliare i metodi di allenamento più consoni per l'incremento della forza nelle sue varie forme, è opportuno illustrare alcuni aspetti riguardanti i principi generali di questo allenamento.
Gli aspetti da esaminare sono tre: 1 ) l'intensità dello stimolo; 2) la specificità dello stimolo; 3) la super compensazione.
L'intensità dello Stimolo, affinché lo stimolo risulti allenante, deve essere tale da produrre una attivaziò-
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ne significativa dei processi biologici, plastici e di funzionalità nervosa, così da suscitare una reazione nell'organismo; solo in questo caso si ha un miglioramento delle capacità di lavoro dell'atleta.
La specificità dello stimolo, per essere efficace, deve suscitare l'adattamento essenziale in quegli organi, strutture e apparati che si assumono l'onere di compiere o coadiuvare il lavoro, cosi da trasferire su movimenti specifici le qualità ottenute con il lavoro generalizzato.
La supercompensazione si ottiene quando durante la fase di allenamento si realizzano nell'organismo delle modificazioni di tipo biochimico, plastico, umorale e di funzionalità nervosa, tali da spostare in avanti l'equilibrio omeostatico dell'organismo. Tali modificazioni sono reversibili. Durante la fase del recupero (se la sua durata è giusta e lo stimolo allenante è stato ottimale) la reazione dell'organismo non si fermerà con il ritorno ai valori precedenti l'allenamento, ma andrà oltre, aumentando i suoi potenziali.
A questo punto si può già capire l'importanza della corretta applicazione dell'intensità degli stimoli allenanti, della loro specificità e di un giusto rapporto tra lavoro e recupero, nei vari periodi della preparazione.
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MEZZI E METODI DELL'ALLENAMENTO PER LA FORZA
I metodi di sviluppo della forza muscolare sono tre: 1 ) utilizzazione di una intensità o resistenza massimale; 2) utilizzazione di una resistenza non massimale fino all'esaurimento; 3) utilizzazione di una resistenza da vincere con velocità massimale.
I mezzi possono suddividersi in tre categorie: 1) esercizi generali; 2) esercizi speciali; 3) esercizi di gara.
I vari esercizi possono essere eseguiti: a) con sovraccarichi di vario genere; b) con il partner; e) con attrezzi grandi e piccoli (sbarra, parallele ecc.); d) utilizzando gravità ed inerzia (cadute dall'alto, accelerazioni, cambiamenti del senso del movimento
ecc.).
Adottando la classificazione della forza proposta da Harre (forza massimale - forza resistente - forza veloce), che riteniamo la più completa e la più utile da un punto di vista metodologico, entriamo ora nel vivo dell'argomento, esaminando dettagliatamente metodologie e mezzi per lo sviluppo dei sopracitati « tipi » di forza.
La forza massimale
Prendiamo in considerazione la forza massimale come prima qualità da sviluppare (considerata nella sua più ampia generalità di distretti muscolari). Le metodiche prevedono lavori relativamente brevi, resistenze elevate e tempi di recupero dell'ordine dei 3-4 minuti. I mezzi di attuazione sono gli esercizi generali e gli esercizi speciali, con uso prevalente di sovraccarichi e di attrezzi.
Sappiamo ormai che per lo sviluppo trofico dell'atleta e quindi per il suo conseguente aumento di forza la metodologia piu valida prevede l'esecuzione di 3-5 serie di 7-10 ripetizioni ciascuna con un peso pari al 60%-80% del max. Sappiamo anche però che in questa situazione lo stimolo nervoso non è abbastanza elevato, perché la resistenza opposta non richiede la mobilitazione massimale delle unità motorie, possiamo quindi affermare che è indispensabile adottare anche la metodologia che prevede l'esecuzione di serie di 1-5 ripetizioni con un carico che va dall'85% al 100% del massimale.
Questi due diversi metodi di usare come mezzo di allenamento il bilanciere (attrezzo facilmente adattabile alle resistenze che si vanno richiedendo) possono e devono integrarsi per ottenere lo sviluppo delle capacita di tensione muscolare
Considerando la vita di un atleta, possiamo dire che la metodologia con carichi più bassi a maggior numero di ripetizioni, si adatta maggiormente ai giovani e quindi a quella fascia di preparazione tendente a valutare le qualità muscolari dell'atleta esaltandole; è da ribadire che con questa metodologia si ricerca anche la generalizzazione del lavoro muscolare, la capacità quindi di ipertrofizzare tutta la muscolatura scheletrica del lottatore senza ancora specializzarla. Uno schema preciso di questo metodo prevede l'esecuzione di 5-7 esercizi fondamentali, di ogni esercizio si dovranno fare 3-5 serie di 7-10 ripetizioni, con 2-3 minuti di riposo tra una serie e la successiva (il carico sarà del 70%-75% del max). Gli esercizi devono essere scelti in funzione di una normale costituzione fisica e con rapporti normali di forza tra muscolatura anteriore e posteriore e tra busto e gambe interessando sempre vari distretti muscolari (vedi tab. n. 3 pag. 15).
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Quando il giovane avrà raggiunto un sufficiente sviluppo muscolare ed una sufficiente maturità fisica si integrerà la metodologia sopra indicata con quella che prevede l'uso di carichi massimali o appena sub-massimali.
Successivamente dopo un lavoro per la forza basato prevalentemente sugli esercizi generali, si passerà ad usare prevalentemente gli esercizi speciali che prevedono gesti molto simili a quelli agonistici veri e propri e quindi interventi muscolari molto specifici.
Anche in queste esercitazioni è da considerare quanto detto per la forza max. generalizzata, si partirà cioè da 3-5 serie di 7-10 rip., eseguite con carichi pari al 70%-75% del max., per arrivare a 3-5 serie di 1-5 rip. con carichi pari all'85%-100% del max. (vedi tab. n. 4 pag. 16).
Per la forza max queste esercitazioni sopra riportate possono essere integrate con un lavoro che pur con resistenze molto più basse (40%-45% del max.), possa provocare uno stimolo nervoso max. L'esercizio consiste nell'eseguire il maggior numero di ripetizioni per una durata di 6-8 sec. Le serie saranno sempre 3 con 4-6 minuti di recupero. Le difficoltà maggiori sorgono nella scelta degli esercizi in quanto spesso la velocità di esecuzione va a scapito dell'ampiezza del movimento e della giusta coordinazione, quindi è una metodologia eseguibile con esercizi semplici nella loro struttura (es. distensione nei vari piani, balzi . . .) .
Esistono ovviamente altri metodi derivanti da quelli già visti per il raggiungimento della forza massimale. Uno dei più noti è il piramidale il quale prevede una successione carico ripetizioni, di questo genere: 8 rip. con il 75% - 6 rip. con l'80% - 4 rip. con l'85% - 2 rip. con il 90% - 2 rip. con il 95% -4rip. con l'85% - 6 rip. con I'80% -8 rip. con il 75%.
Con questo metodo si fa nella stessa seduta un lavoro specifico per l'incremento della massa muscolare ed un lavoro che stimola considerevolmente il sistema neuro-muscolare data l'entità delle resistenze da vincere (vedi tab. n. 5 pag. 16).
Un'altra metodica per la forza max. prevede contrazioni isometriche della durata di 2"- 4 " se massimali, e fino a 8"-9" se pari al 75% del max. Questa metodologia è utile perché si può esplicare in qualsiasi posto e in assoluta mancanza di attrezzi. È inoltre facile, individuata un'angolatura in cui l'estrinsecazione di forza da parte della muscolatura è carente, o un'angolatura in cui è necessaria un'estrinsecazione di forza particolare, allenare la muscolatura stessa a esprimere la max. forza possibile con quella particolare posizione relativa dei segmenti ossei. Solitamente è consigliabile riservare a questa metodologia, che prevede contrazioni muscolari senza cambiamenti di lungezza del muscolo, non più del 15% dell'intero allenamento per la forza max.
Di uguale importanza possono considerarsi gli esercizi in contrazione eccentrica cioè cedenti a una resistenza esterna maggiore della forza esplicata. Sono esercitazioni sempre max. e si fanno eseguire cedendo a carichi addizionali (per esempio in sospensione alla sbarra, dalla trazione massima fino a braccia distese). Tutti questi espedienti sono importantissimi perchè abituano il muscolo a situazioni e a tensioni il piu possibile diverse, secondo il criterio della multilateralità.
Inoltre l'alternanza di esercitazioni differenti tra loro può rendere meno noiose e anche piu motivate dal punto di vista psicologico dell'atleta le sedute di allenamento per la forza massimale. La frequenza di questi allenamenti per la forza max deve essere molto elevata nel periodo preparatorio del giovane e dell'atleta evoluto, con almeno tre sedute di allenamento, usando varie metodologie, nell'arco di sei, sette allenamenti alla settimana. Nella fase generale della preparazione del giovane che abbia necessità di incrementare il proprio peso l'incidenza potrà essere ancora più frequente, se il soggetto si dimostrerà in grado di assorbire tali allenamenti.
Nel periodo fondamentale le esercitazioni per la forza max dovranno persistere a livello di mantenimento in almeno uno, due allenamenti ogni sette previsti in una settimana. Generalmente nei giorni in cui si lavora per esaltare la forza max è opportuno non inserire altre esercitazioni impegnative dal punto di vista psichico, si deve inoltre fare della ginnastica di allungamento con molta accuratezza, e il riscaldamento sarà breve e finalizzato. Nella tab. n. 6 pag. 16 si riporta un esempio di una tabella di mantenimento per la forza max. per atleti evoluti, periodo fondamentale.
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Un'ulteriore specializzazione dell'atleta prevede l'esaltazione di altre qualità di forza, correlate a quella max, cioè la resistenza alla forza e la forza veloce. Abbiamo già appurato che il lottatore, per poter eseguire i gesti che questo sport prevede, ha bisogno più che altro di capacità di forza max ma dobbiamo sapere pero che la frequenza di alte applicazioni di forza può affaticare il sistema neuromuscolare e limitare le prestazioni delle successive contrazioni. A questo punto si ha la necessità di intervenire con un allenamento che consenta una resistenza alla forza.
La forza resistente
Il metodo per esaltare la forza resistente consiste nell'utilizzazione di una resistenza non massimale fino all'esaurimento, i mezzi possono essere esercizi generali, speciali e di gara. La metodologia per l'esaltazione di questa qualità muscolare prevede l'esecuzione del massimo numero di ripetizioni, ripetute per 3-5 serie, con ricuperi molto brevi (45"-1 ') e con un carico che varia dal 40% al 60% del massimale.
Il segreto di questa esercitazione sta nel riprendere il lavoro muscolare prima che nel muscolo si siano ristabilite le condizioni preesistenti all'esecuzione della serie precedente. La crisi che viene provocata con questo continuo affaticamento fa si che il muscolo si premunisca, con opportune modificazioni biochimiche, per sostenere in futuro un lavoro analogo nel miglior modo possibile.
Questa qualità di forza resistente è legata fortemente al meccanismo energetico anaerobico lattacido, è quindi facilmente comprensibile in quale modo sia legata anche alle capacità di resistenza organica e muscolare anaerobica dell'atleta. È evidente quindi che le qualità fisiche, in uno sport come la lotta, con durate medie, variazioni di ritmo e grossi impegni muscolari, devono essere strettamente correlate tra loro e insieme sviluppate nel periodo di crescita del giovane lottatore, per poi essere sempre allenate durante l'intera sua vita agonistica. Il tempo da dedicare allo sviluppo delle varie qualità fisiche varierà in funzione dell'età e del periodo, ma vi sarà sempre un rapporto di prevalenza di alcune rispetto alle altre, mai di esclusione.
L'allenamento alla resistenza di forza può essere condotto anche con l'esercizio stesso di gara (nel nostro caso i vari tipi di incontri), ma è anche opportuno far abituare l'atleta a vincere nel tempo delle resistenze esteme più elevate di quelle che abitualmente dovrà superare in competizione.
La forza veloce
Sullo sviluppo della forza veloce si può agire in duplice modo: 1 ) mediante una elevazione della forza max; 2) mediante l'aumento della velocità o rapidità della contrazione muscolare.
La proporzione ottimale tra l'allenamento di forza max e quello di forza veloce non è ancora sufficientemente conosciuta, ed è certamente diversa da specialità a specialità. Lo schermitore ad esempio ha senz'altro bisogno di un dosaggio di stimolo e di carichi diverso dal lottatore, dovendo quest'ultimo superare resistenze notevolmente più elevate.
Per il nostro sport quindi anche la forza veloce dovrà essere allenata con carichi relativamente elevati, 50%-60%, con contrazioni rapide ed esplosive; l'allenamento dovrà inoltre essere completato da esercizi di rimbalzi (anche con i bilancieri e i grandi attrezzi) e con carico naturale. Con quest'ultimo mezzo (ginnastica a corpo libero) si può intervenire infatti notevolmente per migliorare genericamente la forza veloce.
Perché questa esercitazione risulti significativa è necessaria una notevole velocità dei movimenti, una velocità che dia valore anche alle tensioni frenanti e ai cambiamenti di direzione del movimento; classici possono essere considerati gli slanci delle braccia eseguiti alla massima velocità e con la massima ampiezza di movimento, i balzi dalle varie posizioni, i rimbalzi sulle braccia e sulle gambe, le torsioni del busto con bloccaggio del movimento nella posizione frontale, sempre però se eseguiti con il massimo dinamismo. Notevole risulta dunque l'apporto della ginnastica senza carichi esterni come esercitazione complementare a quella dei sovraccarichi.
Per chiarire ancora di più le idee riportiamo una tabella (tab. n. 7 pag. 17) in cui si riassumono i concetti espressi a proposito delle metodologie per l'incremento dei vari "tipi" di forza.
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TEST DI VALUTAZIONE
I dati di valutazione sono: a) per la forza massimale l'entità del carico; b) per la forza resistente il numero di ripetizioni (il carico è un dato fisso); e) per la forza veloce il numero di ripetizioni (tempo e carico sono dati fissi).
Esempio di test per la forza massimale
Si scelgono tre esercizi tra quelli più significativi, e, dopo un accurato riscaldamento articolare, si effettuano alcune ripetizioni dell'esercizio prescelto con dei carichi successivamente sempre più elevati, per passare ben presto a carichi submassimali e massimali, eseguendo naturalmente una sola ripetizione per ogni serie. Il dato del test sarà il massimo peso che il lottatore riesce a sollevare nell'esercizio prescelto.
Nella tab. n. 8 pag. 17 riportiamo delle normative per la forza Max. riferite ad alcuni esercizi base per il lottatore.
I massimali riportati vanno riferiti ad atleti di livello medio-alto.
Esempio di test per la forza resistente
Avendo come dato fisso il carico che l'atleta deve sollevare, e che non deve superare il 60% del massimale, il dato del test è il numero di ripetizioni che il lottatore riesce ad effettuare correttamente.
Esempio di test per la forza veloce
Avendo come dato fisso il tempo (15-20 secondi) e il carico (non deve superare il 60% del massimale) il dato del test è il numero delle ripetizioni che l'atleta riesce ad effettuare nel tempo stabilito.
Nel testo, alle tabelle cui abbiamo fatto cenno segue una documentazione fotografica (pag. 18) il cui scopo è quello di illustrare l'esecuzione corretta di alcuni tra gli esercizi piu importanti per l'incremento della forza.
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Tab. n 1
ESERCIZI GENERALI PER LO SVILUPPO DELLA FORZA
Esercizi
Distensione lenta
Distensione lenta dietro la testa
Distensione su panca
Piegamenti alle parallele
Rematore in piedi
Rematore a 90°
Trazioni impugnatura dritta
Trazioni impugnatura rovesciata
Stacchi da terra a gambe tese
Stacchi da terra a gambe tiesse
Flessioni del busto da decubito supino
Iperestensioni del busto da decubito prono
Torsioni e inclinazioni del busto
Piegamenti gambe
Flessioni della gamba sulla coscia
Molleggi dei piedi su uno spessore
Adduzioni della coscia
Muscolatura prevalentemente interessata
tricipite, trapezio, deltoide, grande dentato
come sopra, con maggiore interessamento degli scapolari e del dentato
tricipite, grande pettorale, deltoide
tricipite, pettorale, deltoide, grande dorsale
bicipite, trapezio, deltoide
bicipite, dorsale, romboide, fissatori della scapola
dorsale, romboide, fissatori della scapola, bicipite
come sopra, con maggiore interessamento del bicipite
lunghi del dorso, glutei, posteriori delle cosce
lunghi del dorso, glutei, quadncipiti
retto dell'addome, retto del quadricipite, psoas iliaco
lunghi del dorso, glutei, posteriori della coscia
addome, obliqui, quadrato dei lombi
quadricipite, estensori della gamba sulla coscia
posteriori della coscia
polpacci (gastrocnemio, soleo)
adduttori
N.B. - Tutti questi esercizi possono essere eseguiti con pesi, e devono essere considerati come la base dell'esercitazione generale per lo sviluppo della forza. Una tabella valida deve tener presente due principi fondamentali: 1) alternare esercizi per muscoli agonisti a quelli per muscoli antagonisti (es.: dopo una serie di panca è opportuno fare una serie di rematore a 90°): 2) rispettare i dovuti tempi di recupero.
A pag 18 viene riportata una documentazione fotografica riguardante alcuni degli esercizi sopra esposti.
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Tab. n. 2
ESERCIZI SPECIALI PER LO SVILUPPO DELLA FORZA
Esercizi
Portate al petto
Rematore in piedi
Rematore 90°
Stacco a gambe tese
Stacco a gambe flesse
Strappo
Slancio
Distensioni varie
Trazioni varie
Muscolatura prevalentemente interessata
trapezio, deltoide, quadricipite, glutei, dorso
bicipite, trapezio, deltoide
bicipite, dorsale, romboide, fissatori della scapola
lunghi del dorso, glutei, posteriori delle cosce
lunghi del dorso, glutei, quadricipite
trapezio, deltoide, gran dentato, lunghi del dorso, quadricipite, glutei
quadricipite, tricipite, grande dentato, trapezio
tncipite, pettorale, trapezio, grande dentato, deltoide
bicipite, dorsale, romboide, scapolari, deltoide
A pag. 18 viene riportata una documentazione fotografica riguardante alcuni degli esercizi sopra esposti.
Tab. n. 3
ESEMPIO DI-UNA TABELLA PER LA FORZA MAX. BASATA SUGLI ESERCIZI GENERALI PER ATLETI IN VIA DI SPECIALIZZAZIONE (2 alien settim i
l 'eserc. - distensione lenta 2
3 4
5
6 7
B) 1 es
2
3 4
5 6 7
- rematore in piedi - stacchi a gambe tese - flessioni del busto da supini
- piegamenti alle parallele
- trazioni impugnatura dritta - trazioni impugnatura rovesciata
ere. - distensione su panca
- rematore a 90° - iperestensione tronco da proni
- piegamenti gambe - trazioni dietro la testa
- piegamenti braccia in verticale - trazioni impugnatura rovesciata
SERIE
3 3 3
3 3
3 3
3 3 3
3 3
3 3
RIPETIZI 7
7 7
7 max
ma» max
7 7
7 7
max max
max
N.B. — Il carico sarà del 75% del massimale in ogni esercizio, tranne parallele e sbarra che saranno eseguiti a carico naturale. I recuperi saranno di 3 minuti tra una serie e l'altra
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Tab. n. 4
ESEMPIO DI UNA TABELLA PER LA FORZA MAX. BASATA SUGLI ESERCIZI SPECIALI PER ATLETI IN VIA DI SPECIALIZZAZIONE (2 alien, settim.)
A) 1 ' eserc.
2" " 3 ' " 4 ' "
5" " 6" "
B) 1 eserc
2" " 3 ' " 4 "
5" "
- portate al petto - distensioni dietro la testa
- stacco a gambe flesse - trazioni imp dritta
- trazioni dietro la testa - trazioni imp. rovesciata
- rematore in piedi - slanci
- rematore a 90° ; strappo
- trazioni (salita alla fune)
SERIE
3
3
3 1 1 1
3
3
3 3
3
RIPETIZIONI
5 5
5 max
max max
5 5
5 5
max
N B I carico sarà dell'80% del massimale con 3 minuti di recupero.
Tab. n. 5
ESEMPIO DI UNA TABELLA A PIRAMIDE
1 eserc - portata al petto
2 " - slancio 3 " - stacco da terra 4 - distensioni
5 - trazioni sbarra
7/75% 5/85% 3/90% 1/95% 3/90% 5/85% 7/75%
max max max
N B I recupero sarà di 3 minuti.
Tab n 6
ESEMPIO DI UNA TABELLA PER IL PERIODO COMPETITIVO PER ATLETI DI ALTA SPECIALIZZAZIONE (ESERCIZI DI MANTENIMENTO O DI RICHIAMO PER LA FORZA MAX)
1 eserc - portata al petto 2" " - slanci 3 - rematore in piedi
4 - trazioni (salita alla fune)
SERIE
3
3 3
3
RIPETIZIONI
3
3 3
max
N B IL carico sarà dell'85%-90% e si potranno effettuare anche tentativi con il 100% del massimale.
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Tab. n. 7
TABELLA RIASSUNTIVA DELLE VARIE METODOLOGIE DI INCREMENTO DELLA FORZA
% del max.
85%-100%
70%-75%
40%-60%
40%-60%
N. rip.
1-5
7-10
6-8 sec
max.
N. serie
3-5
3-5
3-5
3-5
velocità
intensità
vel. bassa
vel. bassa
vel. max.
vel. bassa
tempo di
recupero
2'-5'
2-4 '
4'-6'
30"-45"
Specificità
F. max
F. max (ipertrofia)
F. veloce
F. resistente
N.B. - La tabella è limitata agli esercizi fatti con i sovraccarichi e non prevede contrazioni di altro tipo che quelle concentriche (con
variazioni di lungezza del muscolo in azione, vincendo la resistenza estema).
Tab. n. 8
NORMATIVA PER LA FORZA MAX (atleti livello medio-alto)
Categ
48
52
57
62
68
74
82
90
100
+ 100
Portata
al petto
70
75
85
90
100
105
110
115
120
+ 120
Stacchi da
terra
120
130
150
160
170
180
190
200
+ 200
+ 200
Distensione
avanti
45
50
50
60
65
70
72,5
75
80
+ 80
Trazioni dietro
la testa
25
25
25
25
22
20
20
18
15
10
Piegamenti
alle parai.
30
30
30
30
28
25
25
25
20
15
Piegam
gambe
80
85
95
105
115
120
125
130
140
+ 140
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LO SVILUPPO CORPOREO DEI BAMBINI E RAGAZZI
E L'ALLENAMENTO PER LA FORZA
Dal primo al ventesimo anno l'individuo nasce e diventa adulto. In questi anni si compiono veloci processi che variano le proporzioni corporee in modo notevole e creano specializzazioni tissutali e funzionali sempre più accentuate. È provato che i fattori che condizionano l'accrescimento sono in parte endogeni (patrimonio genetico) e in parte esogeni (ambiente, alimentazione ecc.); di questo secondo gruppo fa parte l'attività sportiva.
L'influenza di questi fattori varia a seconda dell'età dei soggetti, ma può non essere omogenea, per cui spesso l'età cronologica non corrisponde all'età biologica, vale a dire che soggetti aventi la stessa età presentano un grado di sviluppo diverso.
Questo fatto è molto importante perchè naturalmente nella scelta delle metodologie di allenamento da adottare si deve tener conto dell'età biologica e non di quella cronologica.
L'allenatore deve essere in grado di valutare l'età cronologica dei ragazzi anche per essere in grado di giudicarne le capacità, infatti talvolta capita che alcuni mostrino una superiorità fisica dovuta non tanto ad un superiore talento, quanto ad un precoce sviluppo.
Uno degli apparati più importanti dell'organismo è l'apparato locomotore, le cui trasformazioni durante la crescita sono imponenti. Lo sviluppo di questo apparato è condizionato sia da fattori endogeni che da fattori esogeni, poco si conosce dei primi e pressoché nulle sono le possibilità di intervento. I fattori esogeni sono invece ben conosciuti e sono notevoli le possibilità di influenzare positivamente tramite essi, in particolar modo con una appropriata attività fisica, lo sviluppo dell'organismo in generale e dell'apparato locomotore in particolare. r
O.K. Sperling afferma che molti bambini e adolescenti non raggiungono la loro massima capacità potenziale di rendimento solo perchè gli stimoli di sviluppo rivolti all'apparato locomotore sono troppo ridotti.
Da questa considerazione nasce il problema della somministrazione dei giusti carichi allenanti, cioè del rapporto tra carico e caricabilità; in alcuni casi infatti sono da addebitare alla errata applicazione degli stimoli allenanti i danni prodotti ai vari tessuti o, ancora in maggior misura, la non riuscita sportiva.
Lo stesso autore, definendo le tre fasi dello sviluppo puberale (cioè la fase pre-puberale, la prima fase puberale e la seconda fase puberale), delinea la particolarità di questi periodi.
La fase prepuberale, che è caratterizzata da uno sviluppo armonico, viene definita fase di riposo prima della crescita.
Nella prima fase puberale appaiono invece crescenti disarmonie, e l'apparato di sostegno spesso non è adeguato allo sviluppo della muscolatura, gli arti inoltre presentano una particolare fragilità. In questa fase un accentuato e troppo rapido sviluppo della forza può costituire un pericolo per lo scheletro, per cui bisogna avere cura di evitare tensioni massimali.
La seconda fase puberale è caratterizzata da un ritardo della maturazione dello scheletro rispetto agli altri tessuti morbidi, che hanno già raggiunto una stabilità paragonabile a quella dell'adulto. In questa fase non si dovrà sovraccaricare la colonna vertebrale o ricercare elementi di forza concentrati nel tempo, considerando l'inadeguatezza delle articolazioni a « reggere » lo stimolo. Il pericolo maggiore si verifica quando si sottopone il ragazzo troppo a lungo a carichi impegnativi per i singoli settori del corpo, oppure gli si richiedono prestazioni dove l'intensità prevale sulla quantità.
Un corretto allenamento deve quindi evitare lavori unilaterali, senza sufficienti intervalli di recupero e deve tener presenti i vari tempi di adattabilità delle strutture; per esempio la muscolatura è in grado di recuperare molto piu in fretta dell'apparato scheletrico e delle strutture passive.
In definitiva sono da tener presenti i limiti di caricabilità superiori, ma anche i limiti inferiori, in quanto, se
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nel primo caso si rischia di compromettere le strutture dell'atleta, nel secondo si rischia di compromettere le sue possibilità potenziali non sottoponendo l'organismo a stimoli adeguati.
I benefici di una attività precoce sono senza dubbio notevoli, se si considera che le riserve di carboidrati muscolari possono aumentare fino al doppio rispetto ad individui non allenati e che tutti gli apparati sono influenzati in maniera favorevole dall'adattamento all'attività motoria.
Per realizzare ciò vengono ritenuti opportuni carichi stabiliti in base al peso corporeo.
Per gli atleti di 13/15 anni sono da consigliare carichi che vanno dal 40% al 60% del peso corporeo, soprattutto se sollevati sopra la testa. Il carico globale di una seduta dovrebbe essere collocato attorno ai 4.000 Kg.
Gli intervalli tra una serie e l'altra dovranno essere abbastanza lunghi, 5/7 minuti.
Per i giovani di 16/17 anni il limite superiore di carico può raggiungere il 120% del proprio peso e il carico globale di una seduta può raggiungere gli 8.000 Kg.
Esempio di lavoro generale per l'ipertrofia e la forza max. per i giovani: sei esercizi di 3 serie x 9 ripetizioni, riguardanti lo sviluppo generale muscolare del giovane (senza specializzazione).
I giovani che hanno buone condizioni di adattamento possono essere portati rapidamente ad una seduta con i sovraccarichi al giorno per lo sviluppo della forza. Sarà opportuno rispettare delle precauzioni per evitare danni alle strutture in via di evoluzione (curando particolarmente la corretta esecuzione di alcuni movimenti e facendo assumere al giovane, che solleva da terra un carico, la posizione di <> schiena piatta », in modo da non sollecitare in maniera scorretta la colonna vertebrale). Al termine di ogni seduta di allenamento con i carichi è indispensabile fare un buon allungamento per non perdere le qualità di estensibilità e articolarità.
Per concludere l'uso del sollevamento pesi, come metodologia per lo sviluppo della forza nei giovani, non è da considerare controindicato per una armonica crescita dell'organismo, anzi, secondo alcuni autori una pressione periodicamente interrotta e sub-massimale la favorisce, mentre è solo l'uso frequente di carichi percentualmente troppo elevati che la ritarda.
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INDICAZIONI PER EVITARE DANNI FISICI O LESIONI
L'allenamento con carichi può esporre a lesioni osteo articolari e muscolari qualora non vengano prese opportune misure e semplici precauzioni. Eccone alcune:
a) apprendere pazientemente ogni nuovo esercizio prima di aumentare il carico; b) svolgere un accurato riscaldamento e mantenersi caldi durante tutto l'allenamento; e) eseguire ogni esercizio con la opportuna concentrazione; d) non richiedere sforzi massimali a muscoli già stanchi; e) smettere di allenarsi all'approssimarsi di dolori e fitte della muscolatura.
Per quanto riguarda le articolazioni degli arti inferiori, in particolare delle ginocchia, si dovrà evitare di esercitare le gambe esclusivamente con serie molto dure di piegamenti; eseguendo i piegamenti si dovrà inoltre mantenere i piedi in posizione corretta ed avere cura di usare calzature adatte.
Per quanto riguarda la colonna vertebrale, i suoi legamenti e i dischi intervertebrali, le precauzioni da prendere sono:
a) evitare di sollecitare troppo la colonna nella stessa unità di allenamento; b) scaricare la colonna con esercizi eseguiti in sospensione alla sbarra dopo l'esecuzione di esercizi che
l'hanno compressa; e) rafforzare la muscolatura dorsale e addominale; d) mantenere la colonna eretta, in modo da distribuire uniformemente il carico su tutti gli elementi
vertebrali.
Un accorgimento importante riguarda il controllo della respirazione durante l'esecuzione di esercizi di forza.
Durante l'esecuzione sì provoca una tensione della muscolatura respiratoria e la chiusura della glottide con un notevole incremento della pressione intratoracica e con minore apporto di sangue al cervello, cosa che comporta il pericolo di perdite di conoscenza o annebbiamenti per ipossia.
Per evitare questi inconvenienti si consiglia:
a) mantenere la tensione per breve tempo; b) non eseguire troppe ripetizioni successive in apnea; e) evitare tensioni max ai principianti; d) evitare inspirazioni max; e) nei soggetti che cominciano esercitazioni di forza si osservi, ove possibile, un intervallo a metà
esercizio (es. portata al petto, intervallo, succesiva distensione).
Accorgimento pratico per i principianti è quello di invitarli ad espirare rumorosamente a ogni ripetizione in modo da poterne controllare il ritmo esecutivo.
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LA VELOCITÀ
DEFINIZIONE E FATTORI CHE LA DETERMINANO
La velocità, qualità fisica dell'uomo, è la capacita di realizzare azioni motorie in un tempo minimo.
Secondo alcuni autori è determinata da tre fattori fondamentali:
1 ) il tempo di reazione motoria; 2) la rapidità del singolo movimento; 3) la frequenza dei movimenti.
Bisogna precisare che le componenti sopra menzionate non sono dipendenti l'una dall'altra, si può ad esempio essere rapidi nella reazione e lenti nei movimenti, per cui lo sviluppo della velocità nasce da una influenza complessiva sui fattori che la determinano.
Possiamo dividere la velocità in ciclica e aciclica. La velocità ciclica si compone di azioni tendenzialmente identiche ripetute rapidamente, come ad esempio nella corsa veloce dopo la fase di accelerazione e nella velocità del ciclismo su pista dopo la fase di lancio. La velocità aciclica si differenzia dalla precedente in quanto il gesto non viene ripetuto, ma si tratta di coordinare i movimenti rapidamente, in una singola azione, come ad esempio in una azione di lancio o, nel nostro caso, nell'esecuzione di un qualsiasi tipo di azione tecnica.
Gli eventi fisiologici che si verificano nell'effettuazione di un qualsiasi movimento attraversano 5 fasi:
1 ) il prodursi di una eccitazione del recettore; 2) il passaggio dello stimolo nella rete nervosa e la formazione del segnale effettore; 3) la trasmissione dello stimolo al S.N.C. (1); 4) la trasmissione del segnale di risposta dal S.N.C, ai muscoli; 5) la stimolazione del muscolo e la conseguente contrazione di questo.
Ognuna di queste fasi richiede un certo tempo, in pratica quindi il passaggio attraverso di esse contribuisce a limitare la velocità.
Biochimicamente i fattori limitanti sono la velocità di demolizione dei substrati energetici immediatamente disponibili (a.t.p. e C.P.), la concentrazione enzimatica e la qualità degli stimoli nervosi.
Un ruolo importante, anche se non determinante, gioca la rapidità delle reazioni motorie; queste possono essere divise in semplici e complesse.
Per reazione semplice si intende la reazione ad un segnale predisposto con un movimento anch'esso predisposto.
Per reazione complessa si intende la reazione ad una situazione non prevista o parzialmente non predisposta, comprendendo nel tempo di reazione quello necessario alla scelta del movimento di risposta.
Questo ultimo tipo di reazione è quello caratteristico degli sport di combattimento; in pratica si realizza seguendo questa successione: 1 ) il lottatore percepisce visivamente la posizione (guardia) dell'avversario; 2) valuta la direzione dei suoi spostamenti; 3) sceglie un piano di azione, valutando la possibilità reale di realizzarlo; 4) invia ai muscoli lo stimolo necessario per realizzare il movimento.
1)- S.N.C. - Sistema nervoso centrale
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Queste fasi, eccetto l'ultima, costituiscono il periodo latente, che può durare da 0,25 a 1 sec., la somma delle quattro fasi dà il tempo di reazione motoria; è dimostrato che non esiste relazione tra velocità di reazione motoria e velocità di movimento.
Alla velocita di movimento concorrono in forma determinante la forza veloce, la mobilità articolare e la coordinazione specifica.
La prima favorisce la rottura dello stato di quiete e il superamento di eventuali resistenze esterne; la seconda permette una diminuzione delle resistenze interne, un'escursione piu ampia del movimento e quindi un'applicazione di forza per un tempo più lungo; la terza consente di eseguire il movimento con piu « precisione » facendo intervenire con perfetta sincronia tutti, e solo, i muscoli deputati al movimento.
Un ruolo importante nella realizzazione di azioni esplosive riveste anche la capacità di concentrazione. Questa capacita varia notevolmente a seconda degli individui ed è migliorabile solo con esercitazioni che coinvolgono notevolmente la volontà stessa dell'atleta.
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MEZZI E METODI PER LO SVILUPPO GENERALE DELLA VELOCITÀ
Considerando le varie componenti fisiche e nervose che concorrono alla qualità in oggetto, possiamo definire dei principi generali di intervento.
Il primo stadio prevede la determinazione nel giovanissimo del grado di reattività motoria a stimoli visivi, uditivi e tattili, dapprima con il metodo delle reazioni semplici (segnale conosciuto e risposta già predisposta), e poi con quello delle reazioni complesse. Come abbiamo precedentemente esposto, non esiste un legame tra velocità di reazione motoria e velocità di movimento, ma entrambe concorrono a esaltare il rendimento dell'atleta nello sport di combattimento.
Stabilito questo fattore di origine prettamente nervosa e poco modificabile si comincia a lavorare sulla prima componente della velocità di movimento, la forza veloce, senza ricercare però una specializzazione alla lotta e tenendo presente che per questa qualità in particolare è opportuno intervenire molto precocemente (non dopo gli 11 anni).
I mezzi piu congeniali sia dal punto di vista metodologico che da quello pedagogico sono i giochi sportivi e i giochi tradizionali.
Per giochi sportivi si intende tutto l'insieme dei giochi con la palla, che presentano una vasta gamma di movimenti e un'alternanza tra momenti di relativo riposo e momenti di impegno notevole sia fisico che nervoso (coordinativo)
Per giochi tradizionali si deve intendere alcuni giochi che richiedono in buona misura abilità motoria e impegno muscolare (il gioco della campana, vari tipi di staffette con percorsi di equilibrio o con ostacoli da superare o da aggirare ecc.).
Come mezzo complementare ai giochi sopra indicati è da considerare il preatletismo generale con tutto l'insieme di esercizi a carico naturale che lo compongono.
Per atleti in via di qualificazione (16/18 anni) è necessario intervenire anche con quelle metodologie e con quei mezzi esposti, a proposito della forza veloce, nella trattazione della forza.
Seconda componente essenziale come abbiamo visto è, la mobilità articolare e la capacita di rapida decontrazione del muscolo
II mezzo piu indicato per migliorarle è la ginnastica di allungamento, attiva e passiva, da eseguirsi in ogni allenamento, ma esistono anche altri mezzi, quali il fare abituare l'atleta all'ampiezza del movimento, correggendolo quando durante gli esercizi tende a non sfruttare al massimo le sue escursioni articolari. L'importante è che ogni allenatore sappia che una grande mobilita articolare è indispensabile per ottenere il massimo rendimento da qualsiasi atleta.
Per esercizi e metodologia si rimanda alla trattazione di questa qualità fisica.
Terza componente è la coordinazione generale e specifica. Ovviamente il primo intervento deve essere generale; il suo scopo sarà quello di ampliare il piu possibile la capacita di eseguire movimenti, sfruttando una enorme gamma di esercizi il piu disparati, abbinandoli tra loro e obbligando cosi il giovane a rielaborare degli schemi motori già acquisiti. Cosi facendo si sprona l'intelligenza motoria dell'atleta senza mai consentirgli di adagiarsi sull'abilità che ha raggiunto nei movimenti ormai noti. Tra questi mezzi possiamo inserire l'acrobatica, con tutta la sua successione di esercizi.
L'intervento successivo consiste nell'insegnamento della tecnica sportiva, ricordando che una ampia conoscenza dei movimenti rende possibile un migliore apprendimento della tecnica. È questa la prima fase della coordinazione specifica.
In seguito si passera alla seconda fase della coordinazione specifica, cercando di migliorare la capacita di esecuzione di un gesto tecnico in situazioni particolari di movimento. Questa fase è riservata ad atleti qualificati, in quanto l'acquisizione del gesto tecnico ormai è data per scontata, e noi dovremo preoccuparci
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solo di elevare il più possibile la velocità di esecuzione dei colpi conosciuti e di abituare il lottatore a riconoscere un notevole numero di situazioni favorevoli alla esecuzione dell'azione tecnica in oggetto e, quindi, a realizzarla nel più breve tempo possibile. Tutto ciò è possibile solo se con il continuo addestramento tecnico e la ripetizione dell'azione riusciamo ad automatizzare il movimento escludendo dal normale percorso che deve compiere lo stimolo per ottenere una risposta motoria il sistema nervoso centrale (riflesso condizionato).
Per la velocità di movimento possiamo ancora intervenire migliorando un altro dei fattori che la determinano, la volontà, o meglio, la capacità di concentrazione.
A questo scopo dobbiamo elaborare delle situazioni nelle quali l'atleta sia spronato a fornire prestazioni altamente qualificate. I test possono già considerarsi un allenamento per la volontà e la concentrazione, ma tanti altri sono i mezzi di cui possiamo servirci, ad esempio, l'uso di partner o di manichini per rendere piu difficoltosa la coordinazione, l'esecuzione di azioni in condizioni di grave disagio ecc . . . .
Prima di concludere è opportuno ricordare che la velocità ha due matrici:
1 ) la prima prettamente nervosa, fatta di percezioni, di trasporti più o meno veloci degli stimoli recettori ed effettori dai muscoli al sistema nervoso centrale e viceversa;
2) la seconda prettamente fisica, correlata alle capacità di forza veloce, di mobilità articolare, di coordinazione generale e specifica.
Solo intervenendo in tempo su queste componenti, in particolare sulla seconda, perché, come abbiamo già detto, la prima è poco modificabile, si può migliorare in misura apprezzabile. Infatti la velocità, come le altre qualità fisiche, ha un andamento condizionato dallo sviluppo complessivo dell'individuo e in primo luogo dalla sua maturazione fisiologica; comunque rispetto ad altre qualità fisiche, quali la forza e la resistenza, la sua alienabilità è di norma sensibilmente inferiore. Secondo alcuni autori gli incrementi non superano il 18%-20% e possibilità concrete di miglioramento si possono avere solo nell'età precoce, diciamo entro i 14-15 anni. In seguito gli incrementi saranno relativi e in pratica per ottenerli si potrà agire solo sulla forza veloce.
Per concludere diamo alcune indicazioni metodologiche che devono essere sempre tenute presenti quando si faccia sostenere allenamenti volti ad incrementare la velocità generale e specifica.
L'intensità dello stimolo deve essere massimale, tenendo conto che esiste già, o almeno dovrebbe esistere, una padronanza totale del gesto; la ripetizione sistematica di uno stesso esercizio a velocità costante e non massimale, crea infatti una stabilizzazione e una assimilazione del movimento a quella velocità, rendendo estremamente difficoltoso il passaggio ad esecuzioni più veloci.
La durata dello stimolo deve consentire la realizzazione di movimenti della massima velocità e deve protrarsi per un tempo che risulti sufficientemente allenante, 10-15 sec; infatti esecuzioni troppo brevi 2-3 sec. non hanno l'efficacia massimale ed esecuzioni troppo lunghe non consentono l'estrinsecazione della massima velocità.
Il tempo di recupero dovrà essere abbastanza lungo, dai 4 ai 6 minuti, e durante esso si dovrà stare bene attenti a non perdere la dovuta concentrazione nervosa; dobbiamo tener presente infatti che le esercitazioni volte all'allenamento della velocità sono stressanti sia dal punto di vista nervoso, in quanto si richiede sempre all'atleta una prestazione massimale, che da quello muscolare e che l'insorgere della fatica compromette la capacità di produrre intensità elevate e di eseguire movimenti corretti.
La quantità di lavoro dovrà essere ridotta, essendo alta l'intensità, e il lavoro specifico per la velocità dovrà essere inserito preferibilmente all'inizio dell'allenamento, dopo un riscaldamento accurato, ma non affaticante. Settimanalmente sono sufficienti, per la velocità, una o al massimo due sedute di allenamento, secondo le necessità soggettive dell'atleta ed il periodo di preparazione in atto.
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LA MOBILITA ARTICOLARE
TIPI DI MOBILITÀ E FATTORI CHE LA INFLUENZANO
La mobilità è la capacità di eseguire movimenti con la massima ampiezza.
La mobilità è di estrema importanza per il lottatore, poiché per l'esecuzione corretta di moltissime azioni tecniche è indispensabile il possesso di questa qualità fisica (passaggio in ponte, vari tipi di proiezioni, vari tipi di rovesciamenti, ecc.). Lo sviluppo della mobilità rende possibile inoltre un piu rapido apprendimento dei gesti motori, ed una migliore utilizzazione di altre qualità fisiche, quali la forza, la velocità e la coordinazione.
Si hanno due tipi di mobilità articolare: attiva e passiva. Per mobilità attiva si intende la capacità di un atleta di far compiere ad una articolazione dei movimenti della massima ampiezza con l'intervento esclusivo della propria muscolatura. Per mobilità passiva si intende, invece, la capacità di un atleta di far compiere ad una articolazione dei movimenti della massima ampiezza con l'ausilio di un partner, di un attrezzo, o del peso del proprio corpo.
Nel corso di questa dispensa troveremo i valori della mobilità espressi in gradi angolari. Useremo questo tipo di misura poiché gli standard medi fornitici dai test consultati sono cosi espressi. Nella pratica per la determinazione della mobilità, generalmente, si usa prendere dei punti di riferimento sul corpo dell'atleta (es. nell'inclinazione laterale del busto sul piano frontale, a gambe unite, si prende come punto di riferimento il contatto della punta delle dita della mano sulla coscia).
I valori che si raggiungono con esercizi di mobilità passiva sono sempre maggiori rispetto ai valori che si raggiungono con analoghi esercizi di mobilità attiva La differenza in gradi angolari fra i due valori è importante perché ci permette di conoscere il grado di mobilità dell'atleta. Quando la differenza è minima l'atleta ha un buon grado di mobilità.
I fattori che influenzano la mobilità sono le articolazioni (con le varie componenti), i muscoli agonisti e i muscoli antagonisti. Le articolazioni, sono superfici ossee o cartilaginee attraverso le quali si pongono in contatto reciproco due segmenti scheletrici oppure un segmento scheletrico ed uno cartilagineo. Un esempio classico di articolazione si può vedere nella fig. n. 1.
Per capire a fondo la meccanica delle articolazioni esaminiamo gli elementi che le compongono; essi sono:
1) le superfici articolari; 2) i mezzi di connessione; 3) le cartilagini articolari; 4) la membrana sinoviale.
Le superfici articolari (fig. 1-c, e) possono essere ossee o cartilaginee. Generalmente le superfici ossee sono ricoperte da uno strato di tessuto cartilagineo o ialino.
I mezzi di connessione sono: a) i legamenti, b) la capsula articolare, e) i tendini dei muscoli interessati all'articolazione. I legamenti articolari sono costituiti da cordoni fibrosi, molto resistenti, che tengono uniti i due capi ossei uno all'altro. Essi possono trovarsi sia fuori che dentro la capsula articolare. La capsula articolare (fig. n. 1 -a) è costituita da un manicotto di tessuto connettivo che avvolge le superfici articolari.
I tendini dei muscoli inseriti nelle vicinanze delle articolazioni hanno funzioni di legamenti.
Le cartilagini articolari (fig. n. 1-d) sono il rivestimento che ricopre le superfici articolari. In alcune articolazioni tra le due cartilagini esiste un disco di natura cartilaginea chiamato menisco cartilagineo.
La membrana sinoviale (fig. n. 1 -b) è aderente alla capsula sinoviale ed ha il compito di secernere un liquido vischioso destinato alla lubrificazione dell'articolazione onde ridurre l'attrito tra le superfici articolari.
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Tipi di articolazione
Le articolazioni sono di tre tipi:
1) diartrosi; 2) anfiartrosi; 3) sinartrosi.
Le diartrosi, chiamate anche articolazioni mobili, sono le più numerose nel nostro organismo ed hanno diverse forme. Dalle diverse forme assumono i vari nomi specifici (fig. n. 2):
a) enartrosi o articolazioni sferiche; b) condiloidee; e) trocoidi; d) artrodie con superfici articolari piatte o quasi, il movimento si attua per slittamento; e) trocleari; f) a sella o a incastro reciproco; g) trocoide semplice.
Le anfiartrosi - o articolazioni semimobili, uniscono tra di loro due segmenti ossei, le cui superfici articolari sono piatte o quasi, permettendo così movimenti molto limitati.
Le sinartrosi - uniscono, tra di loro, due segmenti ossei, però non permettono alcuna possibilità di movimento.
Movimenti articolari
I movimenti articolari possibili nelle diartrosi, sono:
1) flessione - si ha la flessione quando due segmenti articolari si avvicinano (es. coscia sul bacino, avambraccio sul braccio, ecc.);
2) estensione - l'estensione è il movimento opposto al precedente, si ha quando i due segmenti scheletrici si allontanano;
3) adduzione - quando i segmenti articolari si avvicinano al piano sagittale (piano passante per l'avanti dietro, divide il corpo umano in due parti, una sinistra, una destra);
4) abduzione - è il movimento contrario all'adduzione, cioè l'allontanamento di un segmento articolare dal piano sagittale;
5) cireumduzione o circonduzione - è l'insieme dei movimenti sopra descritti quando si succedono l'uno all'altro;
6) rotazione - è il movimento di un osso intorno ad un asse più o meno parallelo alla maggior dimensione dell'osso;
7) scivolamento - quando le superfici articolari scorrono l'una sull'altra senza perdere il reciproco contatto, è comune a tutte le diartrosi.
Esamineremo ora più dettagliatamente le articolazioni che più rivestono importanza ai fini della mobilità, cioè quelle che consentono movimenti più vari e più ampi. Esse sono:
a) le articolazioni della colonna vertebrale; b) l'articolazione scapolo omerale; e) l'articolazione coxo-femorale.
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Fig.1 ES. DI ARTICOLAZIONE
CAPO ARTXOLARE SUPERIORE
RIVESTMENTO CAfiTLAGINEO
CAPO ARTICOLARE INFERIORE
TROCOOE SEMPLICE
tt^T) ARTROCHA
ENARTROSI 0
ARTIC SFERICA
Rg. 2 TIPI DI DIARTROSI
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ARTICOLAZIONI DELLA COLONNA VERTEBRALE O RACHIDE
La colonna vertebrale (fig. n. 3) è costituita da trentatre o trentaquattro vertebre cosi suddivise: sette cervicali, dodici dorsali, cinque lombari, nove o dieci sacrali. Le vertebre sacrali sono saldate insieme e formano due ossa distinte, il sacro e il coccige.
Caratteristiche delle vertebre
Generalmente le vertebre hanno delle caratteristiche morfologiche uguali che possono essere identificate in una vertebra dorsale (fig. n. 4-5).
La vertebra dorsale è costituita da un corpo cilindrico anteriore, denominato corpo della vertebra, nella parte posteriore esiste un foro, denominato foro vertebrale, nel quale è situato il midollo spinale. Il foro è limitato lateralmente da due tratti ossei, denominati peduncoli. Posteriormente ai peduncoli ed al foro si trova la massa apofisaria da cui hanno origine due sporgenze laterali denominate apofisi trasverse, una mediana detta apofisi spinosa, quattro piccole sporgenze verticali, due per lato, una superiore ed una inferiore, denominate apofisi articolari, perché servono a fare articolare ciascuna vertebra con quelle sotto e quelle sopra.
Tra l'apofisi spinosa e le apofisi articolari esistono due masse ossee appiattite denominate lamine vertebrali.
Le vertebre cervicali
Le vertebre cervicali (fig. n. 6) si differenziano dalla vertebra precedentemente descritta per le caratteristiche seguenti: corpo vertebrale allungato in senso trasversale, sul margine superiore del quale sono posti due piccoli «uncini ossei»; apofisi spinosa bifida, essendo divisa in due parti, ad eccezione dell'ultima vertebra; esistenza di un foro detto foro intertrasversale.
Caratteristiche ancora diverse presentano l'atlante e l'epistrofeo, che sono rispettivamente la prima e la seconda vertebra.
L'atlante non ha né corpo vertebrale né apofisi spinosa, al loro posto si trovano due archi distinti, l'anteriore e il posteriore (fig. n. 7).
Lateralmente agli archi si trova la massa laterale in cui si possono notare le apofisi articolari ed una superficie articolare, sia per la faccia superiore che per la faccia inferiore. La faccia superiore serve per l'articolazione tra l'atlante e l'osso occipitale, quella inferiore per l'articolazione fra l'atlante e l'epistrofeo.
L'epistrofeo (fig. n. 8) che la caratteristica di possedere, sopra il suo corpo, una protuberanza cilindrica, detta apofisi odontoide. Ai lati della apofisi odontoide esistono due superfici pianeggianti, che servono per l'articolazione dell'epistrofeo con la faccia inferiore dell'atlante.
Gli elementi vertebrali sono uniti insieme da una serie di articolazioni del tipo «anfiartrosi». Ogni elemento è unito all'altro da un disco cartilagineo, dai legamenti longitudinali anteriori e posteriori (che interessano l'intera colonna vertebrale), dal legamento giallo, dai legamenti intertrasversari, dai legamenti interspinosi e sovraspinosi.
Movimenti della colonna vertebrale
Data la poca mobilità tra le singole vertebre, prendere in considerazione il movimento tra due elementi vertebrali non ha un grande interesse, pertanto prenderemo in considerazione l'intero movimento della colonna vertebrale. I movimenti che può compiere la colonna vertebrale sono: flessione in avanti, estensione indietro, inclinazione (flessione) laterale, rotazione o torsione intorno all'asse longitudinale, cireumduzione.
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• Fig. 3 RACHIDE 0 COLONNA
VERTEBRALE
VERTEBRE CERVICALI
VERTEBRE DORSALI
VERTEBRE LOMBARI
Fig.4 VERTEBRA DORSALE VISTA DALL'ALTO
- CORPO DELLA VERTEBRA
FORO VERTEBRALE
APOFISI TRASVERSE
APOFISI SPINOSA
Fig. 5 VERTEBRA DORSALE VISTA LATERALMENTE
CORPO VERTEBRALE
NCISURA VERTEBRALE
Flg.6 VERTEBRA CERVICALE
APOFISI SPNOSA BFIDA
FORO VERTEBRALE
APOFISI TRASVERSE
Fig.7 ATLANTE
ARCO ANTERIORE
-APOFISI TRASVERSE
CAVITÀ GLENOIDI
ARCO POSTERIORE
Fig. 8 EPISTROFEO
APOFISI ODONTOIDE
APOFISI ARTICOLARI SUPERIORI
APOFISI TRASVERSI
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Si ha il movimento di flessione in avanti quando la colonna vertebrale compie un arco con concavità orientata verso l'avanti (fig. n. 9).
Questo movimento è limitato da: — la tensione del legamento longitudinale posteriore; — la limitata elasticità dei legamenti gialli; — la distensione dei legamenti inter e sovraspinoso; — la distensione della parte posteriore dell'anello fibroso dei dischi intervertebrali.
Si ha il movimento di estensione quando la colonna verteorale compie un arco con concavità verso l'indietro (fig. n. 9).
I fattori che limitano l'estensione sono: — la tensione del legamento longitudinale anteriore; — l'allargamento delle fibre collagene della parte anteriore del disco invertebrale; — l'urto che avviene tra le apofisi spinose della regione toracica.
Si ha la inclinazione laterale destra quando la colonna vertebrale si inclina sul piano frontale, formando un arco con concavità a destra, viceversa per la inclinazione laterale sinistra (fig. n. 10).
La inclinazione laterale, per la regione cervicale e toracica, è limitata dall'incontro delle apofisi trasverse delle vertebre; per la regione lombare da: — la tensione dei legamenti gialli e della capsula delle articoiazioni interapofisarie; — la distensione della parte laterale dell'anello fibroso e dei legamenti trasversali nel lato contrario a
quello verso cui si realizza l'inclinazione. Si ha il movimento di rotazione, quando le vertebre ruotano verso destra o sinistra intorno ad un asse
ben individuato ma che si può identificare con quello longitudinale. La rotazione è limitata da:
— la torsione dell 'anello fibroso del disco intervertebrale; — la distensione del legamento giallo dal lato contrario a quello in cui avviene la rotazione.
Si ha il movimento di cireumduzione quando i movimenti precedentemente descritti si combinano con un certo ordine, descrivendo una figura geometrica a forma di cono, il cui apice si trova sopra la base del bacino.
Nella colonna vertebrale i movimenti variano di qualità e di quantità, da regione a regione. Essi dipendono dallo spessore dei dischi intervertebrali, dalla loro superficie, dalla struttura diversa delle vertebre.
Una grande mobilità la troviamo nella regione cervicale, essendo i dischi intervertebrali molto alti e i corpi vertebrali piccoli. La regione cervicale può compiere movimenti di: — flesso-estensione, sono molto ampi e possono raggiungere i 130°-150°; — inclinazione laterale, è limitata dal contatto delle apofisi trasverse delle vertebre; — rotazione destra e sinistra, può raggiungere i 150° in totale.
Molto meno mobile della regione cervicale è la dorsale essendo i dischi intervertebrali poco spessi, i corpi vertebrali molto grossi e l'inclinazione delle apofisi spinose molto marcata.
I movimenti che può compiere questa regione sono: — flesso-estensione, secondo Dittemar può raggiungere un'ampiezza media di 40° per la flessione ed
altrettanti per l'estensione; — inclinazione laterale, può raggiungere un'ampiezza media di 30° per lato; — rotazione, il movimento di rotazione è ampio in virtù della favorevole disposizione delle apofisi
articolari vertebrali superiori ed inferiori, secondo alcuni autori il suo valore è compreso fra i 30°-90°. Nella regione lombare il movimento di maggiore interesse è la flesso-estensione, può raggiungere
un'ampiezza totale tra i 100°-140°, la ragione è dovuta all'altezza relativamente grande dei dischi intervertebrali.
II movimento di rotazione è pressoché nullo, essendo il centro di rotazione delle articolazioni interapofisarie alla base delle apofisi spinose. Per le stesse ragioni le inclinazioni laterali hanno poca ampiezza, circa 40° in totale.
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W\
Fig. 9 FLESSIONE IN AVANTI
AA' FLESSIONE IN AVANTI (L'ESCURSIONE E' DI 50°CIRCA)
AB ESTENSIONE (L'ESCURSIONE E' DI 40" CIRCA I
Fig.10 INCLINAZIONE LATERALE
AA1 FLESSIONE LATERALE DESTRA (CIRCA 45°)
AA2 FLESSIONE LATERALE SINISTRA (CIRCA 45° )
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ARTICOLAZIONE OCCIPITO - ATLANTOIDEA
Notevole importanza riveste l'articolazione occipito-atlantoidea, esse unisce la testa alla colonna vertebrale. L'articolazione è costituita dai due condili dell'occipite del cranio e dalle cavità glenoidee dell'atlante.Questa articolazione può eseguire movimenti di flesso-estensione sul piano sagittale ed inclinazioni sul piano frontale (piano parallelo alla fronte dell'individuo); il movimento di rotazione avviene invece tra l'atlante e l'epistrofeo (seconda vertebra), essendo quest'ultimo inserito tramite l'apofisi odontoide nell'arco ventrale dell'atlante.
Nel movimento di flessione in avanti i condili dell'occipite slittano verso l'indietro sulle cavità glenoidi permettendo al mento di ruotare verso il basso ed all'indietro, avvicinandosi così al manubrio dello sterno, mentre la nuca effettua un movimento contrario.
Il movimento è limitato da:
— il legamento cervicale posteriore che unisce l'occipite alle apofisi spinose delle vertebre cervicali; — i legamenti occipito-atlantoidei laterali; — i legamenti occipito-odontoidei; — la parte dorsale del manicotto capsulo-legamentoso.
Nel movimento di flessione dorsale o estensione avviene il movimento contrario alla flessione in avanti, i condili dell'occipite slittano in avanti sulle cavità glenoidi, permettendo così al mento di ruotare verso l'alto, spostandosi leggermente indietro, e la nuca esegue il movimento contrario ruotando verso il basso in avanti.
Questo movimento è limitato da:
— il legamento occipito-odontoideo medio; — il legamento occipito-atlantoideo anteriore; — la distensione del legamento vertebrale comune anteriore; — l'urto dell'occipite con l'arco posteriore dell'atlante.
La flesso-estensione può raggiungere in media valori di circa 50°, di cui 20° per la flessione e 30° per l'estensione.
Nel movimento di inclinazione laterale i condili occipitali slittano, l'uno avvicinandosi alla linea mediale l'altro allontanandosene.
Questo movimento è limitato da:
— la distensione del legamento occipito-atlantoideo laterale; — la distensione del legamento occipito-odontoideo.
L'inclinazione laterale può raggiungere in media un'ampiezza di 15°-20° per ogni lato.
Si può notare, dai dati fornitici dai testi, che la testa ha poca mobilità, mentre invece i movimenti di cui gli atleti sono capaci risultano di gran lunga più ampi. Ciò è dovuto al fatto che ai movimenti della testa si accompagna sempre un movimento delle vertebre cervicali (per esempio il contatto del mento con il manubrio dello sterno non potrebbe avvenire totalmente a carico della articolazione occipito-atlantoidea).
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ARTICOLAZIONE SCAPOLO - OMERALE
L'articolazione scapolo omerale è formata dalla testa dell'omero e dalla cavità glenoide della scapola. Essa è una diartrosi del tipo delle enartrosi per cui può compiere tutti i movimenti.
Le ossa interessate a questa articolazione sono la scapola e l'omero.
La scapola, chiamata anche omoplata, è un osso piatto di forma triangolare situato nella parte superiore e postero laterale del torace. La faccia anteriore, rivolta verso il torace, ha una larga fossa, denominata fossa sottoscapolare, dalla quale si ergono alcune creste, da cui originano i fasci del muscolo sottoscapolare (fig. n. 11).
Sulla faccia posteriore si può notare una sporgenza ossea, che divide in due parti la faccia stessa, denominata spina della scapola (fig. n. 12). La spina si estende dal basso in alto e dall'interno all'esterno in forma obliqua, termina poi lateralmente con l'acromion, che ha una forma piatta allargata. Superiormente alla spina si può notare una fossa, denominata fossa sopraspina, da cui origina il muscolo omonimo.
Nell'angolo esterno della faccia anteriore si può notare una cavità, denominata cavità glenoide, in cui si articola la testa dell'omero, formando cosi l'articolazione scapolo omerale. Superiormente e medialmente alla cavità glenoide si può notare un protuberanza ossea, denominata apofisi coracoide.
L'omero è un osso lungo, formato da una parte intermedia, denominata corpo o diafisi, e da due estremità o epifisi. Sulla faccia laterale del corpo si può notare una cresta rugosa a forma di V, denominata V deltoidea, in cui si inserisce il deltoide, nella sua estremità distale (fig. n. 13). Sulla faccia posteriore del corpo si può notare una doccia, che va dall'alto in basso e dall'interno all'esterno, denominata doccia di torsione (fig n. 14). Nell'estremità superiore dell'omero è situata la testa dell'omero, che con la cavità glenoide della scapola forma l'articolazione scapolo omerale. La testa è collegata al corpo dell'omero tramite il collo anatomico.
Lateralmente al collo anatomico si trovano due protuberanze ossee separate tra loro da una doccia longitudinale, denominata doccia o solco bicipitale, entro la quale scorre il capo lungo del bicipite. Le due protuberanze sono denominate trochite la più grande, situata in posizione postero laterale, trochine la più piccola, situata in posizione antero mediale (fig. n. 13).
Per quanto riguarda la parte distale ed inferiore dell'omero rimandiamo la descrizione ai testi di anatomia.
Per aumentare la superficie articolare la cavità glenoide è dotata di un orletto fibroso-cartilagineo denominato cercine glenoide (fig. n. 15). I mezzi di unione sono rappresentati da:
— la capsula articolare; — il legamento coraco-omerale, che va dalla base dell'apofisi coracoide della scapola al trochite
dell'omero; — i legamenti gleno-omerali, superiore, medio ed inferiore, che vanno dal cercine glenoideo alla su
perfide ossea vicina al trochine; — i muscoli del cingolo scapolo-omerale (fig. n. 16).
Movimenti dell'articolazione scapolo omerale
I movimenti che l'articolazione può compiere sono: abduzione, adduzione, anteroversione, retroversione, rotazione mediale e laterale, circonduzione. Esaminiamo singolarmente i più significativi per la mobilità dell'articolazione.
Abduzione è il movimento di elevazione del braccio sul piano frontale (fig. n. 17), esso consta di due
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fasi: La prima, in cui il braccio arriva a 90° rispetto al corpo, si ha mediante uno scorrimento verso il basso della testa dell'omero nella cavità glenoide; essa è limitata da: — la tensione nella parte inferiore che esercita la capsula; — il legamento gleno-omerale inferiore; — il contatto del tronchite con la parte superiore del cercine glenoideo.
Questa prima fase dell'abduzione è dovuta alla contrazione del fascio medio del deltoide. Il deltoide si inserisce in alto sul terzo laterale del margine anteriore della clavicola, sull'apice e sul margine laterale dell'acromion, sul labbro inferiore del margine posteriore della spina della scapola; in basso è fissato sulla V deltoidea dell'omero.
La seconda fase, in cui il braccio può arrivare fino a 180° è dovuta ad un basculamento della scapola. La scapola tramite questo movimento, sposta l'angolo inferiore in fuori, dirige l'orientamento della cavità glenoide verso l'alto, permettendo cosi al braccio di elevarsi fig. n. 18
Il muscolo interessato a questo movimento è il grande dentato, che si estende dalla faccia esterna delle prime nove coste al margine spinale della scapola.
Anteroversione - È il movimento, che si ha, quando dalla posizione eretta (braccia lungo i fianchi) si porta il braccio in avanti, descrivendo con l'estremo distale dell'omero un arco di cerchio.
Il movimento avviene tramite lo slittamento della testa dell'omero nella parte bassa posteriore della cavità glenoide.
Questo movimento è limitato da:
— la distensione della parte posteriore della capsula; — lo stiramento delle fibre posteriori del legamento coraco brachiale; — la distensione del tendine del muscolo piccolo rotondo.
Il muscolo interessato a questo movimento è il fascio anteriore del deltoide.
Retroversione - È l'opposto del movimento precedente. In esso la testa dell'omero slitta in avanti alto sopra la superficie della cavità glenoide, descrivendo con l'estremo distale, verso l'indietro, un arco di cerchio meno ampio del precedente.
Questo movimento è limitato da:
— la tensione delle fibre anteriori del legamento coraco omerale; — la distensione della parte anteriore della capsula; — l'arrotolamento intorno alla testa dell'omero del tendine del muscolo sottoscapolare.
Il muscolo interessato a questo movimento è il grande rotondo, che si inserisce da un lato sul terzo inferiore della superficie ossea sottospinosa e sulla faccia posteriore dell'angolo inferiore della scapola, dall'altro sul labbro posteriore del solco bicipitale dell'omero.
Circonduzione - È l'insieme dei movimenti precedentemente descritti che si susseguono in ordine cronologico, descrivendo una figura conica molto piatta, la cui base è descritta dalla parte distale dell'omero, ed il cui vertice sta nell'articolazione scapolo-omerale.
Questo movimento ha una grande ampiezza. La ragione sta nella grande mobilità della scapola, la quale con i suoi movimenti orienta la cavità glenoide in tutte le direzioni, evitando così il contatto tra il trochite dell'omero ed il cercine glenoideo.
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APOFISI CORACOIDE MARGINE SUPERIORE
Fig.11 SCAPOLA DESTRA-FACCIA ANTERIORE
SPINA DELLA SCAPOLA
ANGOLO INFERIORE
Fig.12
SCAPOLA DESTRA-FACCIA POSTERIORE
TROCHITE
TROCHINE
SOLCO BICIPITALE
V. DELTOIDEA
FOSSETTA CORONOIDEA
J: \\/ EPICONDILO
-EPITROCLEA -TROCLEA
CONDILO
Flg. 13 OMERO DESTRO VEDUTO DAL DAVANTI
EPITROCLEA
TROCLEA -
V. DELTOIDEA
SOLCO RADIALE 0 DOCCIA DI TORSIONE
FOSSA OLECRANICA
Flg.14 OMERO DESTRO VEDUTO DA DIETRO
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Fig.15 ARTICOLAZIONE SCAPOLO-OMERALE
SOPRASPINOSO
SOTTOSCAPOLARE
CAPO LUNGO D E L TRICIPITE
GRANDE ROTONDO
CAPOLUNGO DEL
Fig.16 ARTICOLAZIONE SCAPOLO-OMERALE (INSERSIONI
MUSCOLARI)
Fig. 17 ELEVAZIONE DEL BRACCIO Fig.18 Scherno delle escursioni angolari delle vorìe articolazioni
che concorrono al movimento di elevazione verticale
del braccio
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ARTICOLAZIONE COXO - FEMORALE
L'articolazione coxo-femorale è formata dalla testa del femore e dalla cavità cotiloide dell'osso iliaco. L'osso iliaco si articola con l'osso iliaco del lato opposto e con la porzione sacro-coccigea della colonna vertebrale per formarne il bacino.
L'osso iliaco (fig. n. 19) nella vita fetale è diviso in tre ossa distinte: ileo, pube, ed ischio. Nell'adulto queste tre ossa sono unite e formano un solo osso. Sulla faccia esterna si può notare una cavità in cui si articola la testa del femore, denominata cavità acetabolica o cavità cotiloide. Davanti alla cavità acetabolica vi è un foro, detto foro otturato.
Nella faccia intema dell'osso (fig. n. 20) vi è una linea arrotondata, denominata linea innominata, al di sopra di questa linea si estende la fossa iliaca, costituita da una larga superficie leggermente concava. I margini dell'osso sono divisi in quattro: superiore, inferiore, anteriore e posteriore.
Il margine superiore è chiamato anche cresta iliaca.
Il margine inferiore presenta la tuberosità ischiatica, la branca discendente del pube ed ascendente dell'ischio.
Il margine anteriore presenta nell'ordine dall'alto in basso: la spina iliacaantero-superiore, l'incisura innominata, la spina iliaca antero-inferiore, una superficie pianeggiante ed informe, il tubercolo e la spina del pube.
Il femore è costituito da un corpo e due estremità (fig. n. 21 ). Sul corpo del femore possiamo distinguere le facce, mediale e laterale, dove sono inseriti i fasci del muscolo quadricipite femorale. Sulla parte posteriore del corpo si può notare un margine munito di una triforcazione sulla quale si inseriscono numerosi muscoli, chiamato linea aspra. Sulla estremità superiore, l'osso ha una conformazione sferica, chiamata testa del femore, collegata al corpo del femore dal collo anatomico, in posizione postero-laterale al collo del femore vi è una protuberanza ossea, chiamata grande trocantere, mentre in posizione mediale ed inferiore vi è un'altra protuberanza denominata piccolo trocantere. La testa del femore si inserisce nella cavità cotiloide dell'osso iliaco, formando con essa P articolazione dell'anca o coxo-femorale.
Sull'estremità inferiore si possono notare due protuberanze ossee, una mediale ed una laterale, dette condili. In mezzo a questi due condili si può notare una doccia profonda a forma di puleggia, chiamata troclea.
L'articolazione coxo-femorale (fig. n. 22) è tra le più importanti, su di essa gravano circa i due terzi del peso corporeo. È una enartrosi ed ha una grande mobilità, anche se inferiore a quella della scapolo omerale. È formata, come si è già detto, dalla testa del femore e dalla cavità cotiloide.
La cavità cotiloide ha una forma emisferica, che si può dividere in due parti; la facies lunata all'esterno, e la fossa acetabolare all'interno, dove si inserisce il legamento rotondo. Nel margine esterno della cavità cotiloide c'è un orletto, che aumenta la superficie articolare, chiamato cercine cotiloideo.
I mezzi di unione dell'articolazione sono rappresentati dalla capsula fibrosa, che si inserisce sul collo del femore nella parte inferiore, sul cercine cotiloideo e sulla superficie ossea adiacente nella parte superiore, e dai seguenti legamenti (fig. n. 23):
a) ileo femorale, che nella parte prossimale si inserisce sulla spina iliaca antero-inferiore, e nella parte distale si divide in due fasci, uno inserito sul piccolo trocantere, ed uno sul grande trocantere;
b) pubo-femorale, che va dal bordo della cavità cotiloide alla capsula fibrosa; e) rotondo, un legamento intracapsular che si inserisce sulla testa del femore da un lato e nella cavità
acetabolare dall'altro (fig. n. 22).
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Movimenti dell'articolazione coxo - femorale
I movimenti che può compiere l'articolazione coxo-femorale sono: flessione, estensione, abduzione, adduzione, rotazione, ed una circonduzione limitata. Esaminiamoli singolarmente.
Flessione della coscia sul bacino. Per la flessione abbiamo diversi valori a seconda che venga effettuata a gamba tesa o a gamba flessa, in forma attiva o in forma passiva. I valori, in forma passiva, fornitici dal Dal Monte sono: a gamba tesa 120°, a gamba flessa 145°.
I differenti valori sono dovuti alla tensione dei muscoli flessori della gamba sulla coscia. I muscoli che intervengono in questo movimento (fig. n. 24) sono:
— il tensore della fascia lata che si inserisce in alto sulla spina iliaca antero-superiore, in basso sulla tuberosità laterale della tibia;
— lo psoas-iliaco, costituito in alto da due parti, inserite rispettivamente sulla base e sul corpo delle apofisi trasverse della dodicesima vertebra dorsale e di tutte le lombari lo psoas, sulla fossa iliaca interna e sulla cresta iliaca l'iliaco, in basso il muscolo si inserisce sul piccolo trocantere del femore;
— il sartorio, in alto si inserisce sulla spina iliaca antero-superiore e sull'incisura sottostante, in basso sulla parte più alta della faccia mediale della tibia.
Estensione della coscia sul bacino. Anche per questo movimento abbiamo dei diversi valori, a seconda che venga effettuato a gamba tesa o flessa, in forma attiva o passiva. Essi sono: in forma attiva a gamba tesa 20°; in forma attiva a gamba flessa 30°.
Questi differenti valori sono dovuti alla tensione dei muscoli estensori della gamba sulla coscia, e dei legamenti.
I muscoli che interessano questo movimento sono: — il grande gluteo, si inserisce in alto sulla faccia laterale dell'osso iliaco e sulla parte adiacente del labbro
esterno della cresta iliaca, in basso sulla tuberosità glutea del femore; — il bicipite femorale, in alto è diviso in due capi, il lungo si inserisce sulla tuberosià ischiatica, il breve sul
terzo medio del labbro laterale della linea aspra, in basso si inserisce sulla testa del perone; — il semitendinoso, in alto si attacca sulla tuberosità ischiatica, vicino al bicipite femorale, in basso sulla
parte più alta della faccia mediale della tibia; — il semimembranoso, in alto ha origine sulla tuberosità ischiatica, in basso il tendine si divide in tre fasci,
il discendente, che si inserisce sulla parte posteriore del condilo mediale della tibia, l'orizzontale che si inserisce sulla parte antero-mediale di detto condilo, il ricorrente che si inserisce sul guscio fibroso del condilo laterale del femore e sullo spazio intercordileideo.
Abduzione - Per questo movimento occorre prendere in considerazione ambedue gli arti inferiori, perchè abducendo un arto si ha una rotazione del bacino nel senso dell'abduzione, per cui automaticamente l'altro arto rimane abdotto (fig. n. 25).
I fattori che delimitano questo movimento sono il legamento pubo-femorale, l'ischio femorale, ed il contatto del grande trocantere sull'ileo.
Altro fattore che influenza l'ampiezza del movimento è lo stato di flessione dell'arto, maggiore ad arto flesso, minore ad arto esteso.
I valori che si possono raggiungere, con il movimento contemporaneo di ambedue gli arti, sono di 120°-130° in forma attiva, fino a 180° in forma passiva.
I muscoli interessati a questo movimento sono:
— il tensore della fascia lata, già descritto in precedenza; — il piccolo gluteo, che si origina in alto sulla faccia laterale dell'osso iliaco e sul labbro esterno della
cresta iliaca, in prossimità della spina iliaca antero-superiore, e in basso si inserisce sul margine anteriore del grande trocantere;
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CAVIT* COTILOIDE 0 ACETABOLICA
FORO OTTURATO
Fig. 19 OSSO ILIACO DESTRO-FACCIA ESTERNA
CAVITA COTILOIDE
SINFISI PUBICA
Fig. 20 BACINO-VISTO DAL DAVANTI
LINEA INNOMINATA
GRANDE TROCANTERE
FACCIA ANTERIORE
CONDILO LATERALE
TROCLEA
Flg. 21 FEMORE DESTRO-VEDUTO DAL DAVANTI
CERCINE COTILOIDEO
FOSSA ACETABCUC
Flg 22 ARTICOLAZIONE COXO-FEMORALE
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MUSCOLO RETTI ANTERIORE LEGAMENTO
PUBOFEMORALE
PSOAS ILIACO
Fig.23 MUSCOLATURA DELL'ARTICOLAZIONE DELL'ANCA
Fig. 2 4 MUSCOLI FLESSORI DELL'ANCA
A- ABDUZIONE VERA DELLA COSCIA
B-ABDUZIONE DELLA COSCIA CON BASCULA DEL BACINO
Flg. 25
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— il medio gluteo, che si inserisce in alto sulla faccia esterna dell'osso iliaco e in basso sulla faccia laterale del grande trocantere.
Adduzione - è un movimento che può verificarsi quando l'arto inferiore è in flessione o in estensione.
Il valore che può raggiungere questo movimento è di 30°-40°.
I muscoli interessati sono: — il muscolo gracile, ha origine in alto sulla superficie angolare del pube, termina in basso sulla parte
prossimale della faccia mediale della tibia; — il pettineo, si inserisce in alto sul tubercolo del pube e sulla cresta pettinea e termina in basso sulla linea
pettinea del femore (tra la linea aspra ed il piccolo trocantere) — il lungo adduttore, si inserisce in alto sulla faccia anteriore del pube (fra il tubercolo e la sinfisi), termina
in basso sul terzo medio del labbro mediale della linea aspra del femore; — l'adduttore breve, si origina sulla superficie angolare del pube e termina sul terzo superiore del labbro
mediale della linea aspra; — il grande adduttore, si inserisce in alto sulla tuberosità ischiatica e sulla branca ischio pubica, in basso
sul labbro mediale e sul ramo mediale di biforcazione della linea aspra del femore.
Rotazione - Anch'essa è condizionata dalla posizione dell'arto, infatti a coscia flessa può raggiungere i 90°, a coscia distesa non supera i 50°-60°.
Per i muscoli interessati a questo movimento dobbiamo fare una distinzione tra rotazione in dentro e rotazione in fuori.
Per la rotazione in dentro i muscoli interessati sono: — il medio gluteo (già descritto); — il piccolo gluteo (già descritto).
Per la rotazione in fuori i muscoli sono: — il grande gluteo (già descritto); — il bicipite femorale (già descritto); — il muscolo gracile (già descritto); — il pettineo (già descritto); — il lungo adduttore (già descritto); — l'adduttore breve (già descritto); — il grande adduttore (già descritto); — l'otturatore interno, si attacca sulla faccia interna della membrana otturatrice, dalla superficie quadrila
tera posta tra la grande incisura ischiatica ed il foro otturato, e termina nella parte superiore della cavità digitale del grande trocantere del femore;
— l'otturatore esterno, si origina dal ramo ascendente dell'ischio, dalla faccia anteriore del ramo orizzontale e discendente del pube e dalla benderella sottopubica, termina nel fondo della cavità digitale del grande trocantere del femore;
— il piramidale del bacino, prende origine in alto, mediante tre fasci, sulla faccia anteriore dell'osso sacro, precisamente intorno al secondo e terzo foro, e termina sul margine superiore del grande trocantere";
— i gemelli pelvici, sono distinti in superiore e inferiore, il gemello superiore si attacca sulla faccia esterna e sul margine inferiore della spina ischiatica, il gemello inferiore,invece, si attacca sulla tuberosità ischiatica; ambedue terminano in parte sul tendine dell'otturatore interno e in parte nella cavità digitale del grande trocantere del femore;
— il quadrato del femore, prende origine sul margine laterale della tuberosità ischiatica e termina sul grande trocantere del femore.
Circonduzione - È l'insieme, in ordine cronologico, dei movimenti precedentemente descritti, la sua ampiezza è molto più limitata di quella del movimento corrispondente della scapolo omerale.
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ESERCIZI PER LO SVILUPPO DELLA MOBILITÀ
Mobilizzazione dell'articolazione occipito-atlantoidea e del tratto cervicale del rachide
Mobilizzazione attiva
1 ) Flessioni ed estensioni della testa sul piano sagittale. Posizione di partenza:
eretta, testa rivolta in avanti, braccia lungo i fianchi.
Esecuzione: flessione - portare la testa in avanti-basso, in modo tale che il mento urti sullo sterno; estensione - portare la testa indietro in modo tale che la nuca urti sul dorso.
2) Inclinazioni laterali della testa a destra ed a sinistra, sul piano frontale. Posizione di partenza: eretta, testa rivolta in avanti, braccia lungo i fianchi.
Esecuzione: portare la testa in modo tale che il lobo dell'orecchio vada ad urtare sulla spalla.
3) Circonduzioni della testa. Posizione di partenza: eretta, testa appoggiata sullo sterno, braccia lungo i fianchi.
Esecuzione: portare la testa sulla spalla destra, indietro, sulla spalla sinistra e di nuovo sullo sterno, senza soluzione di continuità.
Osservazioni: eseguire l'esercizio ad occhi aperti, cambiare senso di rotazione ogni due o tre ripetizioni, per evitare il senso di vertigine che si viene a creare eseguendo l'esercizio sempre nello stesso senso.
4) Torsioni della testa. Posizione di partenza: eretta, testa rivolta in avanti, braccia lungo i fianchi.
Esecuzione: ruotare la testa alternativamente a destra ed a sinistra, intorno ad un asse passante all'incirca al centro dell'articolazione dall'alto verso il basso.
Mobilizzazione passiva.
1 ) Flessioni (avanti e indietro), inclinazioni laterali, circonduzioni. Attrezzo: Materassina. Posizione di partenza:
a terra in ginocchio, testa appoggiata sul tappeto, mani sulla materassina all'altezza della testa.
Esecuzione: caricando sulla testa il peso del tronco eseguire i movimenti già descritti. Variante:per aumentare il carico sull'articolazione occipito-atlantoidea passare dalla posizione in ginocchio ad una posizione a gambe divaricate e tese, con testa il più vicino possibile alla linea passante per i piedi, e mani dietro la schiena.
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Mobilizzazione prevalente del tratto dorsale del rachide
Mobilizzazione passiva 1 ) Inclinazioni laterali del busto a destra e sinistra.
Posizione di partenza: eretta, gambe leggermente divaricate, braccia lungo i fianchi. Esecuzione: portare il busto di lato facendo compiere alla colonna vertebrale un arco con concavità verso un lato e successivamente verso l'altro. Variante: portare le mani dietro la nuca.
Mobilizzazione attiva 1 ) Torsioni del busto.
Posizione di partenza: eretta, gambe divaricate, braccia orizzontali piegate a 90°. Esecuzione: ruotare alternativamente il busto a destra ed a sinistra. Variante: braccia tese in fuori. 2) Circonduzioni del busto (mobilità fortemente anche il tratto lombare) Posizione di partenza: gambe divaricate, posizione del busto inclinata in avanti, mani ai fianchi. Esecuzione: portare il busto inclinato su un lato, indietro, sull'altro lato, in avanti. Osservazioni: far eseguire i movimenti ad occhi aperti ed invertire il senso di rotazione ogni due tre ripetizioni. Variante: portare le mani dietro la nuca.
Mobilizzazione prevalente del tratto lombare del rachide
Mobilizzazione passiva. 1 ) Flessione del busto in avanti.
Posizione di partenza: eretta, braccia in alto distese, gambe unite e tese. Esecuzione: portare il busto in avanti-basso, fino a toccare la faccia sulle gambe e le palme delle mani per terra. Variante: per aumentare l'impegno dell'esercizio, portare le mani dietro la nuca, o dietro la schiena.
2) Estensioni del busto indietro. Posizione di partenza: eretta, braccia in alto distese, gambe unite. Esecuzione: portare il busto indietro-in basso ed il bacino in avanti, testa estesa indietro. Variante: come l'esercizio precedente;
3) Estensioni alla spalliera del busto all'indietro (mobilita anche l'articolazione scapolo omerale) Attrezzo: spalliera. Posizione di partenza: seduti dorso alla spalliera, gambe piegate in appoggio plantare, braccia che impugnano la spalliera all'altezza della testa.
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Esecuzione: raddrizzare le gambe, spostare il bacino e le spalle in avanti, stendendo le braccia, e terminare in iperestensione dorsale.
Mobilizzazione attiva. 1) Flessioni del busto in avanti.
Attrezzo: panca. Posizione di partenza: decubito supino, arti inferiori bloccati, braccia lungo i fianchi. Esecuzione: portare il tronco in alto-in avanti in modo da toccare le ginocchia con la faccia. Variante: per aumentare l'impegno portare le mani dietro la nuca oppure in alto sopra la testa.
2) Estensioni del busto indietro. Attrezzo: panca. Posizione di partenza: decubito prono, arti inferiori bloccati, tronco sporgente sulla panca, braccia lungo i fianchi. Esecuzione: portare il tronco in alto. Variante: per aumentare l'impegno portare le mani dietro la nuca oppure in alto sopra la testa.
Mobilizzazione della articolazione scapolo - omerale
Mobilizzazione attiva. 1 ) Slanci delle braccia per avanti-alto e in basso-dietro.
Posizione di partenza: eretta, braccia lungo i fianchi. Esecuzione: portare le braccia, slanciandole, in avanti-alto e, di seguito, in avanti-basso-dietro.
2) Slanci delle braccia in fuori. Posizione di partenza: eretta, braccia in avanti. Esecuzione: portare le braccia, slanciandole, in fuori, portando contemporaneamente le palme verso l'alto.
3) Circonduzione delle braccia. Posizione di partenza: eretta, braccia lungo i fianchi. Esecuzione: portare le braccia in avanti, alto, dietro, basso, avanti; dopo alcune ripetizioni invertire.
Mobilizzazione passiva. 1 ) Circonduzione forzata degli arti superiori.
Attrezzo: bastone. Posizione di partenza: eretta, braccia in basso avanti, impugnare con ambedue le mani un bastone. Esecuzione: portare il bastone in avanti, alto, dietro, basso e ritornare per basso, dietro, alto, avanti. Osservazioni: durante l'esecuzione mantenere gli arti superiori distesi e non allargare l'impugnatura di partenza sul bastone.
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2) Retroversione (o proiezione indietro) forzata degli arti superiori. Con partner. Posizione di partenza: supini, braccia in fuori, partner seduto dietro con presa ai polsi. Esecuzione: il partner porta le braccia dell'esecutore, facendole passare per il basso-dietro, in retroversione forzata, portandole più in avanti possibile ed avvicinandole fino a far toccare le mani tra di loro.
Mobilizzazione della articolazione coxo - femorale
Mobilizzazione attiva. 1 ) Flessione della coscia sul bacino sul piano sagittale.
Posizione di partenza: eretta, braccia lungo i fianchi, gambe unite. Esecuzione: portare la coscia in avanti alto, in modo tale da toccare il petto con il ginocchio. Osservazioni: l'arto che rimane a terra deve rimanere disteso, il busto non deve flettersi in avanti.
2) Flessione della coscia sul bacino sul piano frontale. Posizione di partenza: eretta, braccia in avanti basso con le palme delle mani appoggiate sull'inguine, gambe unite. Esecuzione: portare la coscia in alto di lato, avvicinando il più possibile il ginocchio alla spalla. Osservazioni: l'arto che rimane a terra deve rimanere disteso, il busto non deve flettersi di lato.
3) Circonduzione della coscia sul bacino. Posizione di partenza: eretta, braccia in avanti basso con le palme delle mani appoggiate sull'inguine, gambe unite. Esecuzione: portare la coscia in avanti-alto, in fuori, indietro e quindi di nuovo in posizione di partenza.
4) Slanci dell'arto inferiore in avanti e in dietro sul piano sagittale. Posizione di partenza: eretta, mani sui fianchi, gambe unite. Esecuzione: portare l'arto inferiore verso l'avanti-alto, avvicinando il più possibile il ginocchio al petto, e successivamente verso l'indietro-alto. Osservazioni: l'arto che rimane a terra deve rimanere disteso, il busto non deve flettersi in avanti, l'arto che si muove deve essere a ginocchio bloccato.
5) Slanci dell'arto inferiore verso l'esterno (in fuori) e verso l'interno (in dentro) sul piano frontale. Posizione di partenza: eretta, mani sui fianchi, gambe unite. Esecuzione: portare l'arto inferiore verso l'esterno-alto e successivamente verso l'interno-alto sollevandolo il più possibile. Osservazioni: l'arto che rimane a terra deve rimanere disteso, il busto non deve inclinarsi, l'arto che si muove deve essere a ginocchio bloccato.
61
TEST DI VALUTAZIONE PER LA MOBILITÀ
1 ) Estensione all'indietro della colonna vertebrale.
Misurare la distanza che intercorre tra la testa ed i piedi del giovane che si trova nella posizione di ponte al massimo dell'altezza.
2) Flessione in avanti della colonna vertebrale.
Dalla posizione eretta sopra di una panca si effettua una flessione massima del busto in avanti. La misurazione si farà tenendo fisso un metro con i 50 cm. in corrispondenza del piano della panca.
3) Inclinazione laterale della colonna vertebrale.
Si mette il giovane con le spalle al muro e si misura nella posizione eretta il punto in cui arriva la mano, si fa effettuare una inclinazione massima laterale e si prende nuovamente la misura dove arriva la punta delle dita. La differenza fra questi due punti è il valore della flessibilità laterale.
4) Circonduzione degli arti superiori con bastone centimetrato.
Mettere il giovane in posizione eretta. Fare impugnare il bastone con ambedue le mani. Portare il bastone in avanti, alto, dietro, senza piegare gli arti superiori. Il valore della mobilità è dato dall'impugnatura delle mani sul bastone.
5) Divaricata degli arti inferiori sul piano sagittale (spaccata).
Sorreggendosi ad un appoggio, divaricare gli arti inferiori uno in avanti e l'altro indietro. La mobilità è data dalla distanza tra il pube e la terra.
62
La periodizzazione dell'allenamento
CONCETTO E PRINCIPI DELLA PERIODIZZAZIONE
Individuati tutti i mezzi di allenamento di cui si può disporre, importante è attingervi a piene mani, non privilegiandone alcuni a scapito degli altri, ma dando solo la preferenza in senso quantitativo a quelli che, in funzione dell'età e della qualificazione dell'atleta, devono essere usati più degli altri in quel determinato periodo della stagione agonistica.
Si deve quindi operare una scelta che determini il contenuto degli allenamenti, vale a dire una scelta dei mezzi da usare e della metodologia con cui vanno usati.
Così facendo non si fa altro che pianificare gli allenamenti o, per meglio dire, programmarli, in quanto la programmazione è la realizzazione pratica della pianificazione, intendendosi per pianificazione la proiezione di una attività futura per un periodo di tempo piuttosto lungo.
Attualmente il principio razionale ispiratore della pianificazione, e quindi della programmazione dell'allenamento sportivo è quello della periodizzazione, cioè della suddivisione in periodi del ciclo annuale dell'allenamento.
In passato si faceva dipendere la periodizzazione dal calendario agonistico, oggi si cerca di far dipendere il calendario agonistico dalla periodizzazione, si cerca cioè di compilare il calendario in modo tale che i principi basilari della periodizzazione vengono rispettati.
I principi della periodizzazione obbediscono a precise leggi fisiologiche che governano la capacita dell'organismo di raggiungere il miglior grado di forma e di mantenerlo per un certo tempo; essi possono venir riassunti in poche parole: le gare importanti devono essere concentrate in uno od al massimo due periodi non troppo lunghi; ogni periodo agonistico vero e proprio deve essere preceduto da un periodo preparatorio sufficientemente lungo; al termine di ogni periodo preparatorio vanno inserite gare non importanti, di controllo, con impegno crescente, per disputare le quali pero non va modificato il piano di lavoro; al termine di ogni periodo agonistico (fondamentale) è bene fare un periodo transitorio, anche se breve, di relativo riposo.
Un calendario razionalmente concepito deve inoltre tenere conto anche dell'età degli atleti cui e destinato
Purtroppo ancora oggi il calendario agonistico risponde solo in parte a questi requisiti, dovendo coloro che lo stilano barcamenarsi tra il rispetto dei principi che ispirano la periodizzazione ed altre esigenze di varia natura di cui è impossibile non tener conto.
Nel prosieguo di questo lavoro si cercherà di teorizzare la periodizzazione dell'allenamento in modo abbastanza pratico, portando varie esemplificazioni per chiarirne al massimo i principi Sara compito poi di ogni singolo allenatore adattare questi principi alle proprie esigenze nel miglior modo possibile, tenendo conta del calendario effettivo, dell'età degli atleti, della loro qualificazione e del tempo a disposizione per gli allenamenti.
65
CONCETTO E FASI DELLA FORMA SPORTIVA
Cerchiamo ora di analizzare un po' più a fondo il concetto di forma sportiva e le leggi che ne regolano lo sviluppo, poiché, come si è già detto, la periodizzazione dell'allenamento deve, per quanto possibile, basarsi su di esse.
Innanzitutto distinguiamo tra condizione fisica e forma. La condizione fisica è determinata da un alto livello delle capacità funzionali dell'organismo, possiamo dire che è uno « status » di base dell'atleta che può essere mantenuto molto a lungo. La forma, che un atleta può raggiungere solo partendo da una buona condizione fisica, è molto difficile da definire; potremo indicarla come quello stato in cui l'atleta riesce a sintetizzare tutte le proprie capacità fisiche ed a finalizzarle ad uno scopo ben preciso, quello agonistico, rendendosi disponibile al massimo rendimento sia da un punto di vista fisico che psichico.
Vi sono tre teorie sul raggiungimento e sj l mantenimento della forma. La prima la considera uno stato estremamente labile che può essere raggiunto rarissime volte nella carriera agonistica di un atleta, a volte anche inaspetta:amente. Questa teoria, pur fondandosi su dei dati di fatti obiettivi, si riferisce solo a punte estreme che non possono ovviamente condizionare la periodizzazione. La seconda, al contrario, considera possibile mantenere un alto grado di forma per periodi molto lunghi; è evidente come qui si confonda lo stato di condizione con lo stato di forma. La terza, che è quella che riteniamo più rispondente alla realtà e quindi quella da prendere in considerazione nella periodizzazione, considera la forma uno stato che può essere raggiunto uno, due. al massimo tre volte in un anno e mantenuto per un certo periodo di tempo, la cui durata è determinata dal numero dì picchi annuali che intendiamo far raggiungere allo stato di forma. Fig. n. 6
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Fig. n. 6 - Tipi principali di dinamica del rendimento nell'arco di un ciclo annuale di allenamento e loro supposto rapporto con le fasi della forma sportiva. Gli esempi sono presi dai lanciatori dell 'atletica leggera; valori medi. Legenda:
JD = media annuale dei r isultat i . ZE = fase intermedia. Moriate des Zyklus = mesi del ciclo.
Entwicklungsphasen des sportl ichen Form = fasi di sviluppo della forma sportiva. Sportliche Leistung relativ zum Jahresmittelniveau = prestazione agonistica relativa al l ivello annuale medio.
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Nel processo di acquisizione della forma si distinguono tre fasi: di sviluppo, di mantenimento e di perdita temporanea.
La fase di sviluppo comprende due tappe: 1) ricerca di una efficienza generale allo scopo di aumentare le capacità funzionali dell'or
ganismo. Ciò si ottiene attraverso una attività il più multiforme e poliedrica possibile; 2) ricerca degli elementi che portano al raggiungimento della forma vera e propria attra
verso la prevalenza del lavoro specifico sia per quanto riguarda le qualità fisiche che le capacità tecnico-tattiche. La fase di mantenimento o di stabilizzazione è caratterizzata da leggere ondulazioni del
grado di forma, dovute all'andamento ondulatorio dei carichi di allenamento, che si realizza con opportune variazioni della quantità e della intensità, oppure dovute a cause contingenti di lieve entità come piccoli traumi o leggere indisposizioni; le oscillazioni in ogni modo non devono essere marcate.
La fase della perdita temporanea della forma si ha nel periodo transitorio ed è caratterizzata da un calo della condizione generale che però non deve essere troppo pronunciato. A tale proposito è chiaramente da evitare un abbandono assoluto dell'attività fisica; si deve anzi cercare, con un allenamento appropriato, di mantenere la condizione fisica ad un livello accettabile, così da poter raggiungere nel successivo periodo di formazione (prima tappa dello sviluppo) un livello più elevato di rendimento di quello raggiunto nel ciclo precedente.
E' molto importante ricordare che l'eccessivo prolungamento del periodo di mantenimento causa delle difficoltà notevoli nello sviluppo della forma nel ciclo successivo.
Per quanto riguarda la durata ottimale delle varie fasi del ciclo di sviluppo della forma (fase di formazione più fase di mantenimento più fase di perdita temporanea), questa dipende dall'età dell'atleta, dalle sue peculiarità individuali e dal livello della sua condizione fisica generale. Per i giovani la periodizzazione deve essere più elastica, gli obiettivi immediati sono meno importanti e il fine principale deve essere quello di alzarne il livello delle qualità fisiche facendogli nel contempo fare esperienze agonistiche molteplici; di conseguenza il tempo da dedicare alla prima tappa della fase di formazione sarà notevole, mentre sarà di molto inferiore il tempo da dedicare alla seconda tappa, sempre della fase di formazione, ed alla fase di mantenimento.
Per gli atleti più anziani ed evoluti invece la possibilità di miglioramento delle qualità fisiche è ormai limitata, mentre la loro stabilità è notevole, quindi potrà essere più breve il tempo dedicato allo sviluppo della forma e conseguentemente più lungo il tempo dedicato al mantenimento della stessa. Per questi ultimi l'allenamento in sostanza potrà e dovrà essere finalizzato esclusivamente per il raggiungimento di determinati obiettivi. Adottando un ciclo annuale il periodo dedicato allo sviluppo della forma potrà essere di 5-6 mesi, non pretendendo ovviamente di mantenere la forma al massimo per tutta la fase di mantenimento, ma facendole compiere leggere ondulazioni.
Adottando un ciclo semestrale invece, allo sviluppo della forma saranno destinati non più di 1-2 mesi. In quest'ultimo caso si verificherà una sovrapposizione tra la fase di perdita della forma di un ciclo e la fase di sviluppo del ciclo successivo, questo perché i periodi non debbono considerarsi rigidamente delimitati, ma collegati tra loro nel tempo.
L'adozione di tre cicli ogni anno è da scorsigliarsi perché meno razionale delle due sopra esposte, quindi ogni calendario ben congegnato dovrebbe non invogliare gli allenatori ad adottarla.
Per i giovani si deve consigliare una periodizzazione con un ciclo annuale, per gli atleti più evoluti quella semestrale: anche per questi ultimi comunque ogni 4-6 cicli semestrali è bene introdurre un ciclo annuale, in quanto c'ue cicli semestrali implicano, rispetto ad un ciclo annuale, un maggior numero di impegni agcnistici ad alto livello e di conseguenza una maggior fatica psico-fisica.
67
LA COSTRUZIONE DELL'ALLENAMENTO
Si realizza partendo dai principi dell'allenamento che abbiamo esposto: la multilateralità, la continuità, la dinamica e la ciclicità dei carichi, la individualizzazione.
L'allenamento nella sua totalità va costruito programmandolo unità per unità; ogni allenamento singolo però va programmato tenendo conto del microciclo in cui è inserito e degli altri allenamenti singoli del microciclo; ogni microciclo tenendo conto del mesociclo in cui è inserito e degli altri microcicli del mesociclo; ogni mesociclo tenendo conto del periodo cui si riferisce.
Vediamo ora come si può costruire razionalmente un singolo allenamento, un microciclo e un mesociclo, portando anche alcuni esempi in modo da chiarire ancor più le idee.
Struttura di un allenamento singolo
Ogni allenamento singolo, si compone di tre parti: preparatoria, fondamentale, conclusiva.
La parte preparatoria è detta comunemente « riscaldamento », in essa si eseguono esercizi di ginnastica generale, di mobilità, di imitazione, per la concentrazione ed alcuni esercizi specifici come gli esercizi in ponte. La durata media della parte preparatoria sarà di circa 20 minuti; sarà più breve per allenamenti in cui si dedicherà molto tempo alla parte fondamentale e più lunga e più ricca di contenuti per allenamenti in cui la parte fondamentale sarà abbastanza breve e molto intensa.
La parte fondamentale avrà una durata che potrà variare dai 60 ai 120 minuti e più, naturalmente la durata dipenderà dai contenuti e dall'intensità del carico. In genere la parte fondamentale sarà finalizzata, vale a dire che essa sarà dedicata prevalentemente allo sviluppo delle qualità fisiche o della tecnica (apprendimento o perfezionamento) o della tattica (preparazione colpi) o della tecnica e della tattica (perfezionamento e preparazione colpi). Per quanto riguarda le qualità fisiche in genere, sarà bene finalizzare ulteriormente l'allenamento, e non dedicare la stessa seduta allo sviluppo di tutte le qualità fisiche; vi deve essere perlomeno la netta prevalenza di una sulle altre.
Naturalmente nella parte fondamentale ricadono tutti i tipi di incontro.
La parte conclusiva, durata media 20 minuti, sarà dedicata ad esercizi di allungamento e rilassamento, potrà comprendere anche la sauna e i massaggi e, come la parte preparatoria, sarà più lunga e varia se la parte fondamentale è stata breve e con grande intensità di carico.
Alcuni esempi di come si costruisca una singola unità di allenamento si possono vedere negli schemi n. 2-3-4-5.
68
ESEMPIO DI UNA SINGOLA UNITA' DI ALLENAMENTO
Parti
< oc O i -< ce
< a. LU CE Q_
LU _ l < 1—
z LU
< Q z O Li.
< > CO
_ J
o z o o
CONTENUTO
Corsa leggera; Corsa varia; Esercizi di ginnastica generale; Esercizi per la concentrazione nervosa; Esercizi di mobil ità
Esercizi di acrobatica (tuffi a pesce capriole indietro, ribaltate in avanti, ribaltate indietro, salti mortali in avanti, salti mortali indietro, vari t ipi di ruota . . . )
Al t r i t ipi di balzi vari (in lungo, in alto, laterali, su una gamb a . . . )
Corsa, scatti brevi (50 mt.)
Corsa scatti media dist. (200 mt.)
Corsa velocità prolungata
Giuochi sportivi (a tenere la palla, due squadre di 4-5)
Esercizi di rilassamento e allungamento
INDICAZ. METODOLOG.
Brevi ricuperi tra un esercizio e l'altro
Divisi in gruppi di 5-6, con sostegno o senza secondo l'abilità Ricupero tra una esecuzione e l'altra
Balzi singoli e in serie di 5-6, buon ritmo Ricupero tra una esecuzione e l'altra
10 scatt i , 1 ogni 45" Ricupero fine esercizio
4 scatti con 1 '30" di ricupero tra uno e l'altro Ricupero fine esercizio
1 serie di 1' Ricupero fine esercizio
2 x 1 0 ' con 5' di ricupero, r i tmo elevato Ricupero fine esercizio
Brevi ricuperi tra un esercizio e l'altro
TOTALE
D U R A T A
effett iva
15'
10'
10'
f
2'
r
20'
8'
57'
ricupero
5'
20'
10'
6' 2'
4'30"
3'
5'
5'
5'
2'
67'30"
comples.
20'
30'
20'
9'
9'30"
6'
30'
10'
124'30"
Pulsazioni
120-130
140-150
150-160
160-180
180-200
oltre 200
150-160
80-100
Periodo preparatorio, 1° gruppo.
Allenamento per abilità motoria, velocità e resistenza generale. Carico medio, infatti intensità medio-grande = 6,7, quantità medio-leggera
Previsti 6 allenamenti settimanali nel piano di lavoro. 57.
69
ESEMPIO DI UNA SINGOLA UNITA' DI ALLENAMENTO
Parti
< ce O
CC < a. LU ce Q_
w - J
< 1 -
z 5 < Q Z o LL
< > CO
= > -J o z O O
CONTENUTO
Corsa leggera; Corsa varia; Esercizi di ginnastica generale; Esercizi per la concentrazione nervosa (es. scatti brevi); Esercizi di riscaldamento per il ponte; Esercizi di mobil ità
Esecuzioni tecniche con partner per apprendimento nuove azioni tecniche
Incontro didattico di allenamento
Esercizi speciali per il ponte
Scatti su distanza media (200 mt.)
Giuochi sportivi (Pallacanestro)
Esercizi di ri lassamento e allungamento
INDICAZ. METODOLOG.
Brevi ricuperi tra un esercizio e l'altro
6 x 5 ' (6 serie di 5 minuti) 3 serie si esegue, 3 serie si fa il partner; partner che non fa resistenza Ricupero fine esercizio
10 x 2' alternando chi esegue, partner che fa resistenza media, ogni 2 serie 1' di ricupero Ricupero fine esercizio
Il ricupero va inserito tra un esercizio e l'altro
6 serie di circa 30", ricupero T30" vel. appena inferiore alla max. Ricupero fine esercizio
2 x 5 ' con 3' di ricupero, r i tmo elevato Ricupero fine esercizio
Brevi ricuperi tra un esercizio e l'altro
TOTALE
D U R A T A
effettiva
20'
30'
20'
r
3'
10'
10'
100'
ricupero
5'
5'
4 '
5'
3'
7'30"
2'30"
3'
3'
2'
40'
comples.
25'
35'
29'
10'
13'
16'
12'
140'
Pulsazioni
120-130
130-140
140-150
140-150
180-200
150-160
80-100
Periodo preparatorio, 1° gruppo. Allenamento per apprendimento e perfezionamento azioni tecniche. Carico grande, infatti intensità media = 5 e quantità grande = 100. Previsti 6 allenamenti settimanali nel piano di lavoro.
70
ESEMPIO DI UNA SINGOLA UNITA' DI ALLENAMENTO
Parti
< ce O l— < ce
< UJ ce Q.
UJ
< i -
Z UJ
5 < D Z o L_
< > co 3 O z O u
CONTENUTO
Corsa leggera; Corsa varia; Esercizi di ginnastica generale; Esercizi per la concentrazione nervosa; Esercizi di mobil i tà; Esercizi speciali per il ponte
Tecnica individuale guidata (si parte da una presa indicata dall'allenatore e si eseguono alcune combinazioni, ogni atleta sceglie le preferite)
Incontro di allenamento: Lotta a terra
Riprese brevi e massimali di lotta in piedi
Proiezioni con il manichino
Giuochi sportivi (Pallacanestro)
Esercizi di rilassamento e allungamento
INDICAZ. METODOLOG.
Brevi ricuperi tra un esercizio e l'altro
10 x 2'. ogni serie esegue un solo lottatore. resistenza del partner media, r itmo elevato. ogni 2 serie 1' di ricupero Ricupero fine esercizio
2 x 5 ' con 2' di ricupero Ricupero fine esercizio
2 x 5 ' alternando chi sta sotto, ricupero 2' Ricupero fine esercizio
5 x 1 con 1' di ricupero tra le serie Ricupero fine esercizio
3 x 1 ' con 1' ricupero, ritmo sub. max. Ricupero fine esercizio
Ritmo medio Ricupero fine esercizio
Brevi ricuperi tra un esercizio e l'altro
TOTALE
D U R A T A
effettiva
15'
20'
10'
10'
5'
3'
10'
r
80'
ricupero
3'
4'
5'
2' 5'
2'
3'
4'
5'
2'
3'
3'
3'
44'
comples.
18'
29'
17'
15'
14'
8'
13'
10'
124'
Pulsazioni
130-140
160-180
160-180
140-150
180-200
180-200
130-140
80-100
Periodo fondamentale, \" gruppo. Allenamento per tecnica e resistenza specifica, circa 20 giorni prima di una gara importante. Carico grande, infatt i .intensità tra medio-grande, e grande = 6,5; quantità tra media e medio-grande = 80
Previsti 6 allenamenti settimanali nel piano di lavoro.
71
ESEMPIO DI UNA SINGOLA UNITA' DI ALLENAMENTO
Parti
< ce O
5 ce < Q. UJ ce a.
_ i < i—
z LU
2
< Q
Z o u_
< > co 3 O z O o
CONTENUTO
Corsa leggera; Corsa varia; Esercizi di ginnastica generale; Esercizi per la concentrazione nervosa; Esercizi di mobil i tà; Esercizi per il ponte
Esercizi di imitazione, con partner e senza
Giuochi sportivi (Rugby sul tappeto, due squadre di 4-5)
Esercizi di rilassamento e di allungamento
INDICAZ. METODOLOG.
Brevi ricuperi tra un esercizio e l'altro
1 0 x 1 ' con f di ricupero tra le serie Se eseguiti col partner il recupero avviene durante l'esecuzione di questi - Ritmo leggero
Ricupero fine esercizio
Ritmo elevato
Ricupero fine esercizio
Brevi ricuperi tra un esercizio e l'altro
TOTALE
D U R A T A
effettiva
15'
10'
15'
10'
50'
ricupero
5'
9'
5'
5'
5'
29'
comples.
20'
24'
20'
15'
79'
Pulsazioni
120-130
120-130
150-160
80-100
Periodo fondamentale, 1° gruppo. Allenamento di compensazione. Carico, leggero, infatti intensità tra medio-leggera e media
Previsti 6 allenamenti settimanali nel piano di lavoro. 4,5: quantità leggera = 50'.
72
Struttura dei microcicli
Il microciclo di allenamento è un frammento breve, ma abbastanza completo, dell'intero processo dell'allenamento; esso può comprendere dalle 5 alle 12 sedute di allenamento, generalmente, come si è già detto, copre l'arco di tempo di una settimana, questo per ragioni pratiche facilmente intuibili.
Il microciclo va considerato la struttura di base dell'allenamento e nella sua costruzione vanno rispettati i principi dell'allenamento di cui abbiamo parlato (p. della multilateralità, p. della continuità, p. della dinamica dei carichi), basandoci soprattutto sull'andamento ondulatorio dei carichi.
Il microciclo potrà essere strettamente finalizzato oppure no. Lo sarà spesso nel periodo fondamentale, quasi mai nel periodo preparatorio; si dovrà in ogni modo parlare, come al solito, solo di prevalenza di determinate esercitazioni su altre anche quando sarà finalizzato.
Tra esercitazioni di diverso tipo vi dovrà inoltre essere sempre una giusta successione, in modo tale da rendere efficace al massimo il lavoro svolto. Ripetiamo che in linea di massima è bene inserire all'inizio del microciclo al enamenti per la velocità, per la tecnica e la tattica, quindi allenamenti per la forza ed infine quelli per la resistenza specifica e generale, anaerobica e aerobica, questo sempre rispettando il criterio della prevalenza e non quello della uniformità.
Il contenuto degli allenamenti naturalmente varierà a seconda del periodo e quindi degli scopi che si vogliono ottenere.
Una suddivisione, per quanto sommaria, dei microcicli li distingue in:
a) Microcicli di allenamento propriamente detti
b) Microcicli precompetitivi (comprendenti la gara)
e) Microcicli di compensazione.
I microcicli di allenamento propriamente detti si suddividono a loro volta in: microcicli di preparazione fondamentale, microcicli di preparazione specifica. Questo a seconda della tendenza del loro contenuto.
I microcicli precompetitivi precedono le gare del periodo fondamentale e si distinguono per il particolare andamento del carico, normalmente abbastanza ridotto e caratterizzato da basse quantità di lavoro.
I microcicli di compensazione sono anch'essi microcicli a carico ridotto che vengono inseriti, per rispettare il principio dell'andamento ondulatorio dei carichi, dopo uno o due microcicli piuttosto pesanti. Possono venir anche intesi come microcicli post-competitivi.
Alcune esemplificazioni della costruzione dei microcicli relative a diversi periodi dell'allenamento si possono vedere negli schemi n. 6-7-8-9.
73
Esempio di microciclo • di allenamento • di preparazione fondamentale 1° gruppo. 6 allenamenti settimanali previsti dal piano di lavoro.
LUN - Allenamento per abilità motoria generale e per velocità (rapidità) generale. Carico medio (intensità
medio-grande, quantità medio-leggera).
MART. - Allenamento per il perfezionamento della tecnica e per la resistenza specifica. Carico grande (intensità
grande, quantità media).
MERC. - Allenamento per il perfezionamento della tecnica e per la forza specifica. Carico medio-grande (intensità medio-grande, quantità media).
GIOV. - Allenamento di compensazione. Carico leggero.
VEN. - Allenamento per il perfezionamento della tecnica e per la resistenza specifica. Carico grande (intensità
media, quantità grande).
SAB. • Allenamento per la forza generale e per la resistenza generale. Carico medio-grande (intensità media,
quantità medio-grande).
Rappresentazione grafica dell 'andamento del carico
L M M G V S Esemplo di mlcroclclo « di allenamento • di preparazione specifica
1° gruppo, 6 allenamenti settimanali previsti dal piano di lavoro.
LUN. - Allenamento per abilità motoria specifica e per velocità (rapidità) applicata alle esercitazioni tecniche.
Carico medio (intensità medio-grande, quantità medio-leggera).
MART. - Allenamento per il perfezionamento della tecnica e per la forza specifica. Carico grande (intensità gran
de, quantità media).
MERC. - Allenamento per il perfezionamento della tecnica e per la resistenza specifica. Carico grande (intensità medio-grande, quantità medio-grande).
GIOV. - Allenamento di compensazione. Carico leggero.
VEN. - Allenamento per il perfezionamento della tecnica e per la velocità (rapidità) specifica. Carico medio-
grande (intensità medio-grande, quantità media).
SAB. - Allenamento per il perfezionamento della tecnica e per la resistenza specifica. Carico grande (intensità
media, quantità grande).
Rappresentazione grafica dell 'andamento del carico
L M M G V S
74
Esempio di microciclo precompetitivo 1» gruppo. 6 allenamenti settimanali previsti dal piano lavoro.
LUN. - Allenamento per abilità motoria specifica e per velocità (rapidità) applicata alle esercitazioni tecniche. Carico medio-leggero (intensità media, quantità leggera).
MART. - Allenamento per il perfezionamento della tecnica individuale e per la resistenza specifica. Carico medio-grande (intensità grande, quantità media).
MERC. - Allenamento per la forza specifica. Carico leggero (intensità medio-leggera, quantità leggera).
GIOV. - Allenamento per il perfezionamento della tecnica individuale e per la resistenza specifica. Carico medio (intensità medio-grande, quantità medio leggera).
VEN. - Allenamento di compensazione carico molto leggero (intensità media, quantità molto leggera).
SAB. e DOM. - Gara importante.
Rappresentazione grafica dell'andamento del carico
M M
Esempio di microciclo dì compensazione 1° gruppo, 6 allenamenti settimanali previsti dal piano di lavoro.
LUN. - Allenamento di compensazione. Carico molto leggero.
MART. - Allenamento per abilità motoria generale e per velocità (rapidità). Carico medio leggero (intensità media, quantità leggera).
MERC. - Allenamento per forza specifica. Carico medio-leggero (intensità media, quantità leggera).
GIOV. - Allenamento di compensazione. Carico molto leggero.
VEN. - Allenamento per il perfezionamento della tecnica e per la resistenza specifica. Carico medio (intensità medio-leggera, quantità medio grande).
SAB. - Allenamento per la resistenza generale. Carico leggero (intensità leggera, quantità medio-leggera).
Rappresentazione grafica dell'andamento del carico
L M M G V S
75
Struttura dei mesocicli
Il mesociclo di allenamento è un frammento non troppo breve, e certamente completo nella sua struttura, dell'intero processo dell'allenamento.
Ogni mesociclo si dipana, come si è già detto, in un periodo di tempo che può variare dai 20 ai 40 giorni, e può essere quindi inteso come la somma di un certo numero di microcicli, da 3 a 6.
Le necessità che hanno reso consigliabile la suddivisione dell'allenamento in mesocicli sono principalmente due:
1) rispettare l'andamento ondulatorio dei carichi di lavoro anche durante un arco di tempo ben più ampio di un microciclo, in modo tale che nel processo di allenamento si produca quel « sommarsi di carichi » necessario per incrementare lo sviluppo di qualsiasi qualità e si rispettino nello stesso momento i tempi di ripristino dell'organismo; ciò si ottiene alternando opportunamente microcicli di compensazione a periodi contraddistinti da grande carico di lavoro;
2) modificare periodicamente il contenuto e la metodologia di allenamento nei diversi periodi. In base a ciò si possono distinguere i seguenti tipi di mesocicli:
a) introduttivo
b) di base
e) preagonistico (comprendente la gara)
d) interagonistico (comprendente la gara)
e) di compensazione.
a) I mesocicli introduttivi sono caratterizzati da un aumento costante sia della intensità che della quantità con netta prevalenza di quest'ultima. Ciò riferendoci all'andamento medio, perché, come abbiamo visto, sono consigliabili periodiche brusche inversioni di tendenza. Ogni « ciclo agonistico » comincia con un mesociclo del genere che è quindi quello che contraddistingue l'inizio del periodo preparatorio. Un esempio dell'andamento del carico in un mesociclo introduttivo si può vedere nella fig. n. 7.
b) I mesocicli di base costituiscono i mesocicli più importanti dell'intero periodo preparatorio.
E' durante i mesocicli di base, che sono anche i più lunghi, che viene svolto il lavoro fondamentale dell'allenamento, volto a incrementare le capacità funzionali dell'organismo e ad assicurare l'apprendimento ed il perfezionamento della tecnica e della tattica; soprattutto l'apprendimento per i giovani, e il perfezionamento per gli atleti di media e alta qualificazione.
A seconda del loro contenuto si distinguono in mesocicli di preparazione generale e in mesocicli di preparazione specifica; per gli atleti di alto livello i mesocicli di preparazione generale debbono però essere già abbastanza specifici.
A seconda della tendenza delle esigenze di allenamento si distinguono in mesocicli di sviluppo e in mesocicli di stabilizzazione.
Durante questi mesocicli il carico di lavoro è solitamente molto elevato anche se vi si dovrà inserire uno o due microcicli di compensazione per concedere all'organismo un recu-
76
pero adeguato, così da permettergli in seguito di sostenere ancora carichi di lavoro molto elevati. Due esempi dell'andamento del carico in un mesociclo di base dedicato alla preparazione generale e in un mesociclo di base dedicato alla preparazione specifica si possono vedere nelle figg. n. 8-9.
;) I mesocicli preagonistici precedono le competizioni più importanti. In essi l'allenamento sarà prevalentemente specialistico e il carico di lavoro sarà influenzato soprattutto dall'intensità pur nella varietà delle esercitazioni. Cominceranno generalmente con un microciclo di compensazione, per consentire all'atleta di recuperare le energie, se il mesociclo di base precedente è stato particolarmente impegnativo e non è terminato con un microciclo di compensazione; comunque termineranno sempre con un microciclo agonistico che avrà il suo culmine nella gara vera e propria. Un esempio dell'andamento del carico in un mesociclo preagonistico si può vedere nella fig. n. 10.
d) I mesocicli interagonistici sono inseriti tra le competizioni importanti La loro durata sarà determinata dall'intervallo di tempo fra una competizione e l'altra ma non supererà normalmente le 3-4 settimane Se le due gare dovessero essere più distanziate nel tempo tra esse sarebbe bene inserire un mesociclo di preparazione specifica, di sviluppo o di stabilizzazione, e quindi un mesociclo preagonistico.
I mesocicli interagonistici cominceranno sempre con un microciclo di compensazione e saranno volti al mantenimento o alla rifinitura della forma attraverso un opportuno andamento ondulatorio dei microcicli che li compongono. Il carico sarà prevalentemente determinato dall'intensità e anche essi termineranno con un microciclo agonistico comprendente la gara vera e propria. Un esempio dell'andamento del carico in un mesociclo interagonistico si può vedere nella fig. n. 11.
e) I mesocicli di compensazione sono caratterizzati da carico non elevato e da una varietà di mezzi vastissima. Hanno lo scopo di consentire all'organismo un recupero completo, sia fisico che psichico, dopo alcune gare importanti.
Vengono usati nella periodizzazione semestrale tra la fine del 1° periodo agonistico e l'inizio del 2° periodo preparatorio annuale. La loro durata non supererà mai le due-tre settimane, sia la quantità che l'intensità, ma soprattutto quest'ultima saranno basse e il contenuto degli allenamenti il più vario possibile. Va rispettato comunque il principio dell'andamento ondulatorio dei carichi, con periodiche brusche inversioni di tendenza, caratterizzate da allenamenti con carico abbastanza elevato, alla cui determinazione contribuisca in maniera elevata l'intensità. Per consentire all'organismo il recupero nacessario è da sconsigliarsi nella maniera più assoluta l'astensione completa da ogni attività fisica, ciò sarebbe molto dannoso e comprometterebbe il lavoro dei successivi mesocicli. Un esempio dell'andamento del carico in un mesociclo di compensazione si può vedere nella fig. n. 12.
77
ANDAMENTO DEL CARICO IN UN MESOCICLO I N T R O D U T T I V O
-f? GRUPPO periodizzazione semestrale , 6 allenamenti 4 settimane
MEDIO
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Fit ti. %
L M M 6 V S D L M N S V S D L M M G V S D L M M G V S 0
ANDAMENTO DEL CARICO IN UN MESOCICLO DI BASE DI PREPAR. GENERALE
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ANDAMENTO DEL CARICO IN UN MESOCICLO DI BASE DI PREPAR SPECIFICA
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LIVELLO DEL COKKO
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ANDAMENTO DEL CARICO IN UN MESOCICLO PREAGONISTICO
-I? GRUPPO; pQriodizza2ione semestrale , óallenamenti settimanali, A settirmana
LIVELLO DEL CARICO
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MEDIO
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Fig. N. 10 L M M S V S D L M M C i V S O L M M & V S D L M M & V S O
ANDAMENTO DEL CARICO IM UN MESOCICLO IMTERAGONISTICO
À°. GRUPPO, penodi i . semestrale, 6 allenamenti settimanali, 3 settimane
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ANDAMENTO DEL CARICO DI UN MESOCICLO DI COMPENSATONE
H? GRUPPO , penooliz semestrale , fe allenamenti settimanali, 3 settimana
LIVELLO DEL CARICO
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MEDIO
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Fig. N. 12 L M M G - V S b L M N & V S D L r l n c V V S D
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IL PERIODO PREPARATORIO
E' il periodo dedicato alla preparazione deìla stagione agonistica vera e propria, i suoi mezzi però non si limitano ai mezzi di preparazione propriamente detti, ma vengono scelti in un'ampia gamma e tra essi vanno inseriti anche quell'impegni agonistici che serviranno di rodaggio alle gare più importanti. Nella realtà questo periodo deve servire quindi non solo alla « preparazione » di base, ma anche, nella sua fase conclusiva, alla ricerca di un buon stato di forma che dovrà essere solo rifinito nel successivo periodo agonistico o fondamentale.
Per questa sua grande varietà di scopi, diversificati nel tempo, quindi di mezzi e di metodologie da usare, è opportuno dividere il periodo preparatorio in due tappe, una dedicata prevalentemente alla preparazione generale e l'altra prevalentemente alla preparazione specifica.
La durata dell'intero periodo preparatorio e delle due tappe di cui si compone varia a seconda che si adotti una periodizzazione annuale o semestrale.
Adottando una periodizzazione annuale l'intero periodo preparatorio avrà mediamente una durata di 4-6 mesi, fino ad arrivare ai 7-8 mesi per atleti giovani. Le due tappe avranno una durata media di 3-4 mesi la prima, 1 V2-2 la seconda, per arrivare a 5-6 mesi la prima e 2-3 la seconda per i più giovani e meno qualificati.
Nel caso di una periodizzazione semestrale, l'intero periodo preparatorio avrà una durata media di circa 3 mesi, potendo arrivare ad un massimo di 4 per gli atleti meno qualificati, mentre le due tappe che lo compongono avranno una durata di 2 mesi, fino a un massimo di 3 la prima, e di 1 mese, un mese e mezzo al massimo, la seconda.
La durata del periodo preparatorio è strettamente legata all'intensità e sarà tanto maggiore quanto minore risulterà l'intensità media degli allenamenti. All'intensità è anche legata la durata delle due tappe, più flessibile la prima, perché meno intensa, più rigida la seconda perché maggiormente condizionata dalla intensità. Una schematizzazione della durata del periodo preparatorio e delle tappe di cui si compone si può vedere nella fig. n. 13.
Prima tappa del « Periodo preparatorio »
Nella prima tappa del periodo preparatorio si dovrà cercare di allargare il più possibile la « base ». si dovrà cioè incrementare al massimo quella condizione generale partendo dalla quale, in seguito, si potrà ricercare il raggiungimento della • forma ».
Il raggiungimento di questa condizione, che si fonda sulle aumentate capacità funzionali dell'organismo, si ha attraverso l'incremento delle qualità fisiche di base: forza, resistenza, velocità, mobilità, coordinazione.
Allenamento quindi generalizzato al massimo, senza alcuna remora per i più giovani, per i quali eventuali transfert (adattamenti che si hanno su una qualità fisica facendo un allenamento volto ad incrementarne un'altra) saranno senz'altro positivi, con un po' più di attenzione per gli atleti più qualificati, per i quali eventuali transfert possono essere anche negativi, Si può ovviare a questo inconveniente, inserendo già in questa fase alcune sedute più speci-
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DURATA PERIODO PREPARATORIO - SCHEMATIZZAZIONE
PERIODIZZAZIONE ANNUALE
J L
ys TAPPA 2» TAPPA
SGRUPPO : Atleti giovani, dotati, ma di 1* qualificatone fino a 4P - 48 anni
y« TAPPA 2* TAPPA
2° GRUPPO : Atleti di media Qt/alifi canone, livello nazionale, dopo i - / / - •/<? Anni
PERI0DI2ZAZI0NE SEMESTRALE
V G-RUPPO
y * TAPPA 2*TAPPA
2 ? GROPPO V_
/ * TAPPA 2* TAPPA
FI&.N.I3
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fiche, rispettando il principio della interruzione periodica della gradualità e, soprattutto, rendendo l'allenamento oltre che generalizzato il piu multilaterale possibile, così da sviluppare le varie qualità fisiche in modo parallelo attraverso una grande varietà di mezzi.
Solo se l'atleta presentasse una lacuna vistosa, cosa che, d'altro canto, non dovrebbe accadere nella maniera più assoluta per un atleta qualificato, allora sarebbe opportuno cercare di colmarla attraverso un allenamento finalizzato, anche correndo il rischio di un transfert negativo.
Per quanto riguarda specificamente il lavoro per la tecnica e la tattica, in questa prima fase del periodo preparatorio le esercitazioni devono volgere soprattutto ad ampliare l'abilità motoria generale e ad acquisire abilità motorie specifiche con l'apprendimento di nuove azioni tecniche. In parte, e quasi esclusivamente con atleti di alta qualificazione, si cercherà di migliorare abilità motorie specifiche già possedute attraverso il perfezionamento di azioni tecniche.
Per quanto riguarda lo sviluppo della tecnica e della tattica c'è da tener presente, che esso è strettamente legato allo sviluppo delle qualità fisiche, non potendo certe azioni tecniche essere acquisite se l'atleta non è in possesso di sufficiente forza o velocità o mobilità articolare e così via. E' necessario quindi incrementare prima le qualità fisiche, almeno fino a portarle a quel livello che è indispensabile per poter passare all'insegnamento di determinate azioni tecniche, e questa prima fase del periodo preparatorio è la fase più indicata per farlo.
Scendendo un po' più nei particolari, per quanto riguarda i mezzi e i metodi di allenamento da usare in questa fase, c'è da dire che la loro scelta dipende in larga misura dalle caratteristiche dell'atleta e dal suo grado di qualificazione. Come si è già detto per gli atleti giovani l'allenamento dovrà essere molto generalizzato, volto a migliorare le capacità funzionali dell'organismo, incrementando in pari misura tutte le qualità fisiche, e ad aumentare il bagaglio tecnico e tattico.
La preparazione generale avrà nettamente il sopravvento su quella specialistica, il rapporto sarà inizialmente di circa 4 : 1 , 3 : 1 ; per portarsi sul 2 : 1 alla fine della tappa.
I mezzi da usare con prevalenza saranno: la corsa di durata a ritmo costante; gli scatti brevi; gli esercizi con carichi (bilancieri, manichini, sacconi, palle mediche, ecc. . . .) e agli attrezzi; gli esercizi con partner; gli esercizi di ginnastica generale e di acrobatica; i giuochi sportivi; gli esercizi speciali preparatori; gli esercizi di esecuzione delle azioni tecniche, limitati però all'insegnamento puro e semplice; gli incontri didattici (vedi tab. riassuntiva pag. 58).
Solo saltuariamente si inseriranno esercizi più specifici ed esercizi simili, come impegno, alla gara, gli incontri didattici di allenamento e gli incontri di allenamento.
Solo in casi particolari di effffettivo bisogno per alcuni atleti si potrà prevedere, oltre al tipo di allenamento suddetto, esercitazioni specifiche volte a colmare eventuali lacune, condizionanti negativamente il rendimento, che si pensa non possono essere colmate con il solo lavoro di gruppo.
Per gli atleti di livello più elevato il principio è sempre valido, cambiano solo le proporzioni tra lavoro generale e lavoro specifico che saranno di 2 : 1 all'inizio per portarsi sull'1 : 1 alla fine di questa prima tappa. I mezzi da usare saranno pressoché gli stessi, ma ad essi se ne aggiungeranno alcuni più specifici, come parte degli esercizi speciali, che modificheranno sostanzialmente il lavoro tecnico vero e proprio. L'allenamento infatti deve ricercare meno l'acquisizione di abilità motorie generali e più l'acquisizione di abilità motorie particolari, necessarie per eseguire azioni tecniche complesse, e il perfezionamento, fino alla raffinatezza del gesto, di movimenti già posseduti, utilissimi a tale scopo gli esercizi di imitazione.
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Per gli atleti di alto livello il discorso sulle lacune da colmare dovrebbe essere ridotto, in ogni modo se ce ne fosse la necessità, questa tappa è certamente la più indicata per farlo.
Per quanto riguarda l'andamento dei parametri del carico di lavoro, si nota come la tendenza generale sia per un aumento notevole della quantità di lavoro e per un contemporaneo, ma molto più ridotto, aumento dell'intensità. In effetti la quantità alla fine di questa tappa dovrà raggiungere pressoché il suo culmine, mentre l'intensità raggiungerà circa il 50-60% dei suoi valori massimali, ma dovrà comunque essere quasi la massima che quella determinata quantità di lavoro consente.
Il problema è di trovare la giusta combinazione tra massa e intensità, cosa di non facile soluzione, poiché si può correre il rischio, privilegiando l'intensità e il lavoro specifico, di non allargare sufficientemente la base, intesa come livello delle capacità fisiche dell'atleta e, privilegiando oltre misura la quantità e il lavoro generale, di ritardare troppo l'aumento dell'intensità e del lavoro specifico e perciò il raggiungimento della « forma ».
Naturalmente anche in questo caso il discorso va diversificato a seconda che si tratti di atleti giovani o di alto e medio livello, dovendo temersi più la prima evenienza per i giovani e la seconda per gli altri.
Seconda tappa del periodo preparatorio
Questa seconda tappa del periodo preparatorio che può anche essere definita « tappa di preparazione speciale » è caratterizzata, rispetto alla precedente da un incremento del lavoro specifico e da una progressiva diminuizione di quello generalizzato; in pratica però i contenuti dell'allenamento variano di poco, più che altro varia la sua struttura, cioè il rapporto tra lavoro specifico e lavoro generalizzato, e il rapporto tra intensità e quantità.
Anche qui la difficoltà sta nel trovare il rapporto ottimale tra questi parametri. In ogni modo, come indirizzo generale, inizialmente la quantità si manterrà pressoché costante e l'intensità continuerà ad aumentare; poco dopo però, dovendo l'intensità continuare ad aumentare, si dovrà diminuire la quantità per non portare il carico a livelli insostenibili. L'intensità prenderà il sopravvento verso la fine della tappa, e quindi dell'intero periodo preparatorio.
Nell'applicazione pratica di questo, concetto generale bisogna comunque tenere conto degli atleti cui si rivolge, tenendo presente che per i giovani non è ancora consigliabile, in questa tappa rendere l'allenamento troppo specifico né troppo intenso.
Per gli atleti evoluti si potrà invece anticipare il momento in cui l'intensità predominerà sulla massa, e acuire l'influenza che l'intensità avrà nella determinazione del carico a scapito della quantità; quest'ultima verso la fine della tappa potrà essere anche quasi dimezzata rispetto ai valori massimali raggiunti. Anche il lavoro specifico prenderà abbastanza presto il sopravvento su quello generalizzato, pur rispettando sempre il criterio della varietà.
All'inizio della tappa è comunque opportuno mantenere sufficienti quantità di lavoro generalizzato, per non correre il rischio di diminuire l'efficienza funzionale raggiunta con un passaggio troppo brusco dall'attività generalizzata a quella specifica.
Volendo esprimere numericamente il rapporto tra lavoro generalizzato e lavoro specifico si può dire che per i giovani esso sarà di 2 : 1 all'inizio per portarsi sul I '1 : 1 verso la fine della tappa, mentre per gli atleti evoluti esso dovrà essere di 1 : 1 all'inizio per portarsi sul-l'1 : 2 e, verso la fine, anche sull'1 : 3.
I mezzi da usare in prevalenza saranno: la corsa di durata a ritmo prima costante, poi variabile; gli scatti brevi; la corsa di velocità prolungata (300-400), anche se non troppo spesso, almeno inizialmente; gli esercizi con carichi e con il partner, scegliendo però esercizi
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abbastanza specifici; gli esercizi di acrobatica; i giuochi sportivi, che avranno però una intensità più elevata rispetto alla prima tappa e. psicologicamente, una funzione di evasione; gli esercizi speciali preparatori; gli esercizi introduttivi; gli esercizi di esecuzione di azioni tecniche e tattiche, anche complesse, sfruttando varie metodologie (partner che non fa resistenza, che fa una resistenza parziale, che fa resistenza, da fermo, in movimento, a tempo, ecc.); gli incontri didattici di allenamento; gli incontri di allenamento (vedi tab. riassuntiva pag. 58).
Saranno questi ultimi i veri e propri esercizi di competizione, che acquisteranno man mano più importanza. Non dobbiamo però standardizzarli nella durata delle serie, nella loro intensità e nel recupero tra una serie e l'altra, ma, al contrario, variarli spesso.
Verso la fine della tappa sarà opportuno inserire anche vere e proprie competizioni con carattere preparatorio e di controllo, molto utili per verificare l'allenamento sostenuto fino a quel momento e per preparare l'atleta a rientrare gradualmente nel clima agonistico delle gare più importanti.
L'allenamento comunque non dovrà mai essere modificato in prossimità di queste gare che dovranno anzi essere inserite nel piano considerandole solo come degli allenamenti puri e semplici.
La diminuizione della quantità in questa tappa si ottiene più che altro diminuendo la durata degli esercizi, mentre l'incremento dell'intensità si ottiene aumentando il ritmo con cui gli esercizi si eseguono e dando più spazio ai veri e propri esercizi di competizione
E' importante notare che, a causa del cambiamento abbastanza accentuato della struttura degli allenamenti, in questa tappa i mesocicli saranno più brevi e la loro durata sarà al massimo di 3-4 settimane
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IL PERIODO FONDAMENTALE O COMPETITIVO
E' il periodo in cui sono addensate le gare importanti, quelle verso cui si è finalizzata la pianificazione dell'allenamento. E' perciò il periodo in cui, avendo come base la ottima condizione fisica raggiunta alla fine della seconda tappa del periodo preparatorio, si cercherà di acquisire gradatamente il vero e proprio stato di forma sportiva, in modo da raggiungere l'optimum in occasione della gara più importante.
Adottando una periodizzazione annuale la durata del periodo fondamentale sarà di 5-7 mesi per gli atleti più evoluti e di 3-4 mesi per i più giovani. Gli atleti qualificati potranno porsi nell'arco dell'intero periodo più di un obiettivo principale, vale a dire più di una gara in cui cercare di ottenere il massimo della forma, ciò sarà possibile attraverso una opportuna oscillazione della stessa determinata dai contenuti degli allenamenti; è comunque sconsigliabile cercare di raggiungere l'apice più di due, tre volte in un anno.
Per i più giovani invece l'ideale è senz'altro quello di « andare in forma » una volta all'anno, al massimo due, se esigenze contingenti proprio lo richiedessero; in ogni modo, basandosi l'allenamento su un lavoro meno intenso e meno specifico, per loro l'arco di tempo in cui la forma può essere mantenuta è più lungo, anche se il suo livello sarà proporzionalmente più basso.
Nel caso di una periodizzazione semestrale la durata del periodo competitivo oscillerà tra i 2-3 mesi per gli atleti evoluti e 1-2 mesi per i più giovani. L'acquisizione del massimo grado di forma potrà essere ricercato non più di due volte dagli atleti evoluti e una volta dai più giovani, restando valido il concetto espresso per la pianificazione annuale.
Durante questo periodo il lavoro generale diminuisce un po' rispetto a quello sostenuto nella seconda tappa del periodo preparatorio, mentre aumenta l'incidenza del lavoro specifico e delle competizioni vere e proprie. Questo è valido per gli atleti qualificati a patto che il lavoro specifico sia abbastanza multiforme e non troppo standardizzato, cosa non difficile da realizzare nel nostro sport.
Se viceversa il lavoro specifico è eccessivamente standardizzato e si basa, per esempio, quasi esclusivamente sugli incontri di allenamento, allora si corre il rischio di avere una diminuzione dello stato generale di allenamento e del livello delle singole capacità funzionali dell'organismo.
Per gli atleti giovani invece si può mantenere costante il volume del lavoro generalizzato rispetto a quello specifico, sempre rispetto alla seconda tappa del periodo preparatorio, variando opportunamente solo gli altri parametri dell'allenamento, l'intensità e la quantità.
Se tuttavia il periodo competitivo è particolarmente lungo, è il caso della periodizzazione annuale, allora ad un certo punto di esso, durante quella che potremo definire la tappa intermedia del periodo, si dovrà ristabilire tra lavoro generalizzato e lavoro specifico un rapporto meno favorevole a quest'ultimo. Ciò si ottiene inserendo nell'allenamento, per circa 3-4 settimane, discrete quantità di lavoro generalizzato e multiforme.
Questa provvisoria inversione di tendenza dovrà essere inserita quando tra due gare importanti vi sia un lasso di tempo abbastanza lungo (45-60 giorni), il che dovrebbe acca-
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dere. con un calendario razionale, all'incirca a metà del periodo II suo scopo è quello di cercare di mantenere per tutto il periodo competitivo, che è molto lungo, un buon stato di forma, da cui sia possibile passare, in occasione delle gare clou, allo stato di forma ottimale.
Nella periodizzazione semestrale, in cui il periodo fondamentale non è lungo, si potrà invece mantenere costante il rapporto tra lavoro generale e lavoro specifico senza correre eccessivi rischi di scadimenti di forma.
Quest'ultime notazioni valgono sia per gli atleti evoluti sia per i giovani, anche se i contenuti dell'allenamento sono diversi
Una schematizzazione della durata del periodo fondamentale e delle tappe di cui si compone si può vedere nella fig. n. 14,
D U R A T A P E R I O D O F O N D A M E N T A L E - S C H E M A T I Z Z A Z I O N E
P E R I 0 D I 2 Z A 2 I 0 N E ANNUALE -f m e s e
I I 1 1 I i I M G-RUPPO
J 1 1 1 i I i I I 2? GRUPPO
tappa intermedia
PERIODIZZAZIONE SEMESTRALE
-I? GRUPPO
J I I I i 2? GRUPPO
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I mezzi più indicati in linea generale sono: la corsa a ritmo variabile; gli scatti; la corsa di velocità prolungata; gli esercizi con carichi e agli attrezzi; gli esercizi con il partner, scegliendo soprattutto esercizi simili, come struttura dei movimenti, alle azioni tecniche vere e proprie; gli esercizi di acrobatica; i giuochi sportivi, che dovranno avere più che altro il compito di interrompere la monotonia degli allenamenti, pur mantenendo una loro precisa funzione allenante; gli esercizi speciali preparatori; gli esercizi introduttivi; gli esercizi di esecuzione delle azioni tecniche e tattiche, usando prevalentemente metodologie tendenti al perfezionamento e alla rifinitura delle azioni in condizioni simili a quelle di gara (con partner che fa resistenza, in movimento, a comando, a tempo ecc.); gli incontri didattici di allenamento; gli incontri di allenamento; gli incontri di controllo; gli incontri di competizione (vedi tab. riassuntiva pag. 58).
Gli incontri di competizione assumono in questo periodo un ruolo fondamentale per il perfezionamento delle capacità tecniche e tattiche e per l'ulteriore incremento delle capacità fisiche. Tutto ciò perché in gara determinate azioni vengono compiute in condizioni psicologiche ed emozionali tali, per cui la mobilitazione di tutte le proprie energie e capacità è massima e quindi è massimo anche l'effetto che gli esercizi compiuti in tali condizioni hanno sull'organismo.
E' perciò molto importante che nel calendario, opportunamente intramezzate alle gare fondamentali, siano inserite gare secondarie; se così non fosse è necessario creare saltuariamente in allenamento l'atmosfera degli incontri di controllo tra atleti della stessa società, usando, se necessario, opportuni accorgimenti, come l'handicap, per rendere gli incontri molto incerti e combattuti.
Venendo ad analizzare l'andamento del carico, all'inizio del periodo fondamentale la quantità diminuisce, anche se non di molto, rispetto alla seconda tappa del periodo preparatorio; in seguito si stabilizza. L'intensità invece aumenta il più possibile, considerando il livello della quantità, e poi si stabilizza anch'essa sui valori massimi.
Questo discorso per quanto valido è relativo. Infatti la stabilizzazione della quantità e dell'intensità è riferita a periodi di tempo piuttosto lunghi; mediamente cioè si stabilizzano, ma nell'ambito di periodi brevi (mesocicli) e brevissimi (microcicli) tutte e due presentano delle oscillazioni che, per quanto riguarda i microcicli, possono essere talvolta anche notevoli.
Nel caso che il periodo competitivo sia piuttosto lungo, il che accade nella periodizzazione annuale in quella che abbiamo definito la tappa intermedia del periodo, è opportuno variare, in parte, la dinamica del carico di allenamento. All'inizio della tappa vi dovrà essere un aumento della quantità e una contrazione, anche se non eccessiva, dell'intensità, mentre nella seconda parte vi sarà la tendenza inversa, e, attraverso un aumento dell'intensità ed una relativa diminuizione della quantità, la dinamica del carico riprenderà l'andamento dominante del periodo.
In pratica in questa tappa nella dinamica del carico si ritroveranno alcune caratteristiche proprie della seconda tappa del periodo preparatorio, però in misura più sfumata, non arrivando la quantità ai livelli toccati in quella fase e restando invece l'intensità a livelli un po' più alti.
In ogni modo mentre nella periodizzazione semestrale non è opportuno inserire questa variazione di tendenza, a causa della brevità del periodo fondamentale, nella periodizzazione annuale è consigliabile adottarla, ma non più di una volta, e per non più di 3-4 settimane; in caso contrario, per buona parte del periodo seguente il rendimento agonistico non risulterà adeguato.
Per quanto riguarda il rapporto tra la quantità del lavoro nel periodo fondamentale e quella della seconda tappa del periodo preparatorio, mediamente si può pensare che la quantità
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del p.f. debba essere I '80 % di quella della 2-' tappa del p.p., mentre i valori massimi del p.f. possono arrivare al livello dei valori medi, sempre della 2J tappa del p.p.
Queste convinzioni sono scaturite dall'osservazione da parte di numerosi studiosi delle prestazioni ottenute da atleti praticanti varie discipline (nuoto, corsa veloce, mezzofondo) e dal confronto delle prestazioni stesse con quelle precedenti e con la dinamica di carico che aveva contraddistinto gli allenamenti.
Le altre due varianti, quella caratterizzata da una eccessiva diminuizione della quantità e quella caratterizzata da una limitata contrazione della stessa, che in pratica avveniva solo molto vicino alle competizioni, non hanno dato buoni risultati e gli atleti che le hanno adottate hanno peggiorato le proprie prestazioni.
L'intensità dovrà invece aumentare proporzionalmente alla diminuizione del volume in modo da mantenere il carico, che ne è pressoché una risultante, anche se dipende in misura maggiore dall'intensità, all'inarca agli stessi livelli.
Sottolineando ancora una volta l'importanza delle competizioni in questo periodo, c'è da tenere presente la maggior influenza che le stesse hanno sull'andamento del carico rispetto ad un lavoro analogo sostenuto in allenamento, essendo naturalmente la motivazione, e quindi l'impegno fisico e psichico, molto maggiore.
Durante il periodo fondamentale, più che nel preparatorio, si dovrà comunque ricorrere all'alternanza di carichi relativamente bassi con carichi alti o addirittura massimali. Questo concetto rispecchia il principio della dinamica dei carichi di allenamento e va sempre tenuto presente nella strutturazione dei mesocicli e dei microcicli di questo periodo.
In occasione delle gare principali, nei 7-10 giorni precedenti la gara, in pratica nel microciclo precompetitivo, bisogna ridurre la quantità dell'allenamento in misura sensibile, mantenendo l'intensità pressoché costante, in modo tale che il carico diminuisca, ma non oltre il 30-40% rispetto ai valori medi del periodo.
Il numero di competizioni fondamentali nel caso di una periodizzazione semestrale non dovrebbe essere superiore a tre e nel caso di uns periodizzazione annuale, a 5-6. In caso contrario è difficile programmare l'allenamento in modo tale da rispettare una giusta dinamica del carico E' opportuno invece inserire tra le competizioni principali un certo numero di competizioni secondane per noi mantenere iroppo a lungo gli atleti lontano dal clima agonistico, ma per le quali, è bene insistere su questo pur.ìo. non va alterata la dinamica del carico di allenamento.
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IL PERIODO TRANSITORIO
E' il periodo intercorrente tra la fine di una stagione agonistica e l'inizio della preparazione per la stagione successiva; il cosiddetto periodo di « riposo attivo ». Durante questo periodo l'atleta deve cercare di smaltire la fatica psico-fisica eventualmente accumulata durante il periodo agonistico precedente, ricaricandosi per affrontare nel migliore dei modi il lavoro futuro..
Si deve evitare nella maniera più assoluta il riposo totale, in quanto l'interruzione improvvisa dell'allenamento è particolarmente dannosa e i suoi effetti si fanno poi sentire nel tempo.
Non è d'altro canto consigliabile neppure il passaggio immediato da un periodo di competizione ad uno preparatorio, perché in questo caso, oltre a correre il rischio di un sovraffaticamento fisico, non si consente il necessario recupero psichico all'atleta e, anche se inizialmente i risultati sembrano buoni, in seguito egli ne risente negativamente.
L'importanza di questo periodo non va sottovalutata. Il buon andamento di una programmazione si basa su una giusta attività fisica svolta nel periodo transitorio. Questa, rispettando sempre il principio dell'alternanza dei carichi, è contraddistinta da carichi non elevati e da un lavoro quasi esclusivamente generalizzato, che si basa sulla quantità, pur con sporadici richiami della intensità. Vale a dire che almeno una volta la settimana, anche nel periodo transitorio è bene inserire un allenamento breve ma intenso, che determini l'instaurazione di un debito di ossigeno piuttosto elevato, anche se non massimale.
I mezzi propri di questo periodo sono soprattutto gli esercizi di preatletismo generale, i giuochi sportivi e gli sport ausiliari (vedi tabella riassuntiva pag. 58); il rapporto tra preparazione generale e preparazione specifica dovrà essere di circa 5 : 1 .
La durata del periodo è varia: nel caso di una periodizzazione annuale oscilla dalle 3-4 settimane, per gli atleti qualificati, alle 8-10 sett nane, per i più giovani. Nel caso di una periodizzazione semestrale si deve distinguere tra il periodo di transizione vero e proprio, che oscilla dalle 2-3 settimane per atleti qualificati, alle 4-5 per gli atleti giovani, a quel periodo transitorio sui generis che passa tra i due cicli semestrali in cui si spezza l'anno agonistico, che è necessariamente più breve ed anche diverso nei contenuti, identificandosi praticamente con un mesociclo di compensazione (fig. n. 12, pag. 47).
In definitiva il periodo transitorio è un punto fermo della moderna concezione di allenamento senza soluzione di continuità. Il lavoro che si sostiene durante esso, mentre da un lato consente il recupero fisiologico dell'organismo, dall'altro mantiene un certo stato di allenamento, in modo tale da riprendere con il successivo periodo preparatorio, ad un livello di condizione superiore a quella di partenza dell'anno precedente.
89
TABELLA RIASSUNTIVA DEI MEZZI DA USARE NEI VARI PERIODI
Periodo preparatorio 1* tappa
— Corsa di durata a ritmo costante
— Scatti brevi
— Esercizi con carichi (bilancieri, manichini, sacconi, palle mediche) e agli attrezzi (paralle
le, sbarra, palco per salite)
— Esercizi con partner
— Esercizi di ginnastica generale e di acrobatica
— Giuochi sportivi
— Esercizi speciali preparatori
— Esercizi di esecuzione delle azioni tecniche
— Incontri didattici e. saltuariamente, incontri didattici di allenamento e di allenamento.
Periodo preparatorio 2' tappa
— Corsa di durata a ritmo costante
— Corsa di durata a ritmo variabile
— Scatti brevi
— Corsa di velocità prolungata (300-400 mt)
— Esercizi con carichi e agli attrezzi
— Esercizi con partner
— Esercizi di ginnastica generale e di acrobatica
— Giuochi sportivi
— Esercizi speciali preparatori
— Esercizi introduttivi
— Esercizi di esecuzione delle azioni tecniche e tattiche
— Incontri didattici di allenamento
•— Incontri di allenamento e, saltuariamente, incontri di controllo e di competizione
90
Periodo fondamentale
— Corsa a ritmo variabile
— Scatti
— Corsa di velocità prolungata
— Esercizi con carichi e agli attrezzi
— Esercizi con il partner
— Esercizi di acrobatica
— Giuochi sportivi
— Esercizi speciali preparatori
— Esercizi introduttivi
— Esercizi di esecuzione delle azioni tecniche e tattiche
— Incontri didattici di allenamento
— Incontri di allenamento
— Incontri di controllo
— Incontri di competizione
Periodo transitorio
— Esercizi di preatletismo generale
— Giuochi sportivi
— Sport ausiliari
N. B. - Non è tuttavia da escludere che in un periodo possano essere usati saltuariamente dei mezzi indicati per un altro; vi è sempre comunque da tener presente il criterio della prevalenza.
91
C O N C L U S I O N I
Concludendo questo lavoro si ritiene opportuno ribadire che l'organizzazione dell'allenamento così come è prevista dalla programmazione esposta, resta valida a tutt'oggi per atleti giovani di prima qualificazione, anche se evidentemente abbastanza dotati, e per atleti di media qualificazione, diciamo di livello nazionale, con le opportune diversificazioni che sono state via via fatte.
Come compendio generale delle nostre riflessioni riportiamo quattro rappresentazioni grafiche dell'andamento dei parametri del carico (quantità, intensità) relative ad una periodizzazione annuale e ad una semestrale, rispetti/amente per gli atleti del 1° gruppo (giovani) e del 2 gruppo (di media qualificazione) (vedi figg. n. 15-16-17-18).
L'andamento riportato graficamente è quello medio. Esso non tiene conto, infatti, della dinamica del carico, e quindi della intensità e della qualità, in periodi di tempo brevi (allenamento singolo e microcicli).
Le cifre riportate in ordinata devono intendersi come cifre convenzionali e servono solo per apprezzare meglio visivamente il rapporto tra i valori della quantità e dell'intensità nei vari periodi e il rapporto tra i differenti valori che l'intensità e la quantità assumono in funzione del periodo.
Al esempio per il r gruppo, periodizzazione annuale, si ha: all'inizio quantità quasi il doppio dell'intensità, rapporto 8,3 4.5; alla fine della r tappa del periodo preparatorio quantità quasi il doppio dell'intensità, rapporto 15.1 :8 ,1 ; alla fine dell'intero periodo preparatorio quantità quasi uguale all'intensità, rapporto 12,5 : 12.4; nel periodo fondamentale quantità quasi la metà dell'intensità, rapporto 8 : 15: nel periodo fondamentale quantità quasi la metà della quantità alla fine della 1 tappa del periodo preparatorio, rapporto 8 : 15,1, e quasi due terzi della quantità alla fine dell'intero periodo preparatorio, rapporto 8 : 12,5; alla fine della prima tappa del periodo preparatorio intensità quasi la metà dell'intensità nel periodo fondamentale, rapporto 8.1 : 15, e quasi due terzi dell'intensità alla fine dell'intero periodo preparatorio, rapporto 8.1 : 12,4,
A proposito della quantità e dell'intensità specifichiamo che:
1) la quantità del lavoro è data dalla somma della durata netta degli esercizi in minuti, 1 = 1 minuto (convenzionalmente si è pensato bene di prendere come metro di paragone un valore facilmente misurabile in pratica da chiunque) ed essendo Q,, Q,, Q, . . . Q„ = quantità in minuti di ogni esercizio e 0., = quantità di lavoro di un allenamento, Q., = Q, + Q, + O, + Q,
2) l'intensità degli esercizi viene convenzionalmente stabilita in punti, in base ad una scala appositamente studiata (tab. pag. 65), con un metodo scientificamente poco ortodosso, ma pratico, che l'esperienza e appositi studi hanno dimostrato essere comunque abbastanza aderente alla realtà: i valori riportati nella scala, in corrispondenza dei vari tipi di esercitazione, sono stati infatti determinati in base al numero delle pulsazioni cardiache che, mediamente, l'esecuzione degli esercizi provoca in un atleta allenato; essendo I,, l2, l3 . . . .
92
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94
I„ = intensità di ogni esercizio e La = intensità media di un allenamento.
(Q, • I,) + (Q2- l2) + , . . . ( Q „ - U Ima —- ""
Q, + Q2 + . . . . Q„
I valori della quantità e dell'intensità così determinati ci permettono di conoscere l'andamento di questi due parametri allenamento per allenamento, così da apprezzarne tutte le variazioni per periodi di tempo non troppo lunghi (microcicli e mesocicli). Viceversa, stabilita quale debba essere l'intensità e la quantità dei singoli allenamenti, si ha la possibilità di costruirli razionalmente, scegliendone il contenuto e le metodologie, in modo tale da rispettare le scelte fatte.
Se, invece, si vuol conoscere l'andamento medio della quantità e dell'intensità per un periodo di tempo più lungo che non il singolo allenamento, si dovrà calcolarne i valori medi settimanali. Questi ultimi non riportano fedelmente il comportamento ondulatorio della quantità e dell'intensità nell'ambito dei microcicli, ma danno un'idea abbastanza precisa, del loro andamento in periodi di tempo mediamente lunghi (uno o più mesocicli).
Vediamo come si calcolano la quantità media settimanale e l'intensità media settimanale:
essendo Qa = quantità di lavoro di un allenamento QE = quantità di lavoro giornaliero Qms = quantità media settimanale
Qg = Qa] + Qa2 + Q" dove Qa,, Q,2 Qa„ = quantità di lavoro dei vari allenamenti so
stenuti in un giorno
Q u + Qg2 + • • • - Q e n
Qms = dove Qg|, 0,2 . . . . Q,„ = quantità di lavoro nei vari giorni in cui 7
si sono sostenuti gli allenamenti.
essendo lm, = intensità media di un allenamento |mg = intensità media giornaliera |ms = intensità media settimanale
(Im,, • Qa,) + (lma2 " Qa2) + . . . . (Iman • 0 , „ )
u = Q a , + Q a 2 + • • • Qam
dove La,, La 2 , . . . Lan = intensità media dei vari allenamenti giornalieri
Umg, * v j g j j - r Umg2 ' vJg2J + • • • • Umgn ' UgnJ
Ims —
Og, + Qg2 + . . . . Ogn
dove Lg,, Lg2, • • • Lgn = intensità media dei vari giorni in cui si sono sostenuti gli allenamenti.
95
Nelle tabelle a pag. 66 riportiamo indicativamente un termine di paragone numerico per la quantità e l'intensità riferito ad un singolo allenamento e alla media settimanale.
Per gli atleti di livello internazionale il discorso è diverso. Pur restando validi infatti i concetti generali esposti, per essi vanno fatte delle considerazioni particolari: cambia per esempio il rapporto tra lavoro generalizzato e lavoro specifico, a favore del secondo, già nella prima tappa del periodo preparatorio, pur rispettando sempre il criterio della varietà dell'esercitazioni; cambia l'incidenza dell intensità nel carico, essendo più determinante; i mesocicli sono più corti e piu finalizzati già nel periodo preparatorio; le punte di carico che si fanno raggiungere sono di conseguenza più elevate, e più frequenti i momenti in cui vengono toccate le punte massime
Per fare un'ultima precisazione, relativa questa alla strutturazione del periodo fondamentale, sempre con riferimento ad atleti di livello internazionale, vi è da dire che, nel caso in cui nell'annata ci sia un traguardo che primeggia sugli altri (olimpiadi, camp, del mondo, camp, europei) la preparazione dovrà essere imperniata su quello e le altre gare, anche importanti, sia in campo nazionale che internazionale, dovranno essere considerate come gare preparatorie per quella più importante.
Non tutti gli anni potranno però essere strutturati così, Dopo un anno del genere, infatti, è bene far seguire un'annata meno finalizzata su di un unico traguardo, diciamo più leggera, almeno da un punto di vista psicologico.
Un più approfondito esame delle problematiche inerenti la programmazione dell'allenamento di atleti di così alto livello esula comunque dai limiti del presente lavoro che, ripetiamo, va ritenuto valido per atleti di prima qualificazione e per atleti di livello nazionale o di media qualificazione.
96
TABELLA INTENSITÀ'
TIPI DI ESERCIZI
Lotta a ritmo massimale (ripresa da 30" a 1'). - Esecuzione azioni tecniche con partner o con il manichino max. vel . di esecuzione (serie da 30" a 1'). - Corsa di velocità prolungata al max. della velocità (circa 1').
Incontri di controllo. - Incontri di competizione impegnativi. - Lotta a r i tmo sub. max 1 (riprese da 1' a 2'). - Esecuzione az. tecniche con partner o con il manichino a ritmo sub. max. (serie da 1' a 2'). - Corsa di ve l . prolungata a r i tmo sub. max. (serie da 1' a 1'30").
Incontri di allenamento (riprese da 3' a 5'). - Inc. di compet. mediamente impegnativi. - Esecuz. az. tecniche con partner o con manichino a ritmo elevato2
(varie serie da 1'-2). - Esercizi di imitazione a r i tmo elevato. - Esercizi in circuito. - Corsa distanza media (2 -3) a r i tmo elevato. - Pratica altri sport individuali a ritmo elevato.
Incontri di allenarti, (riprese oltre 5'). - Esecuz. az. tecniche con partner o manichino a buon r i tmo 3 (serie di 3'-5'). - Eserc. di imitaz. e speciali preparatori a buon ritmo (serie da 3'-5'). - Corsa distanza medio-lunga (circa 5') a buon ritmo. - Giuochi sportivi a ritmo elevato. - Riscaldamento a ritmo elevato. - Preatl. a ritmo elevato.
Incontri didatt ici di allenamento. - Esecuz. az. tecn. con partner o manich. a ritmo medio 4 (serie oltre 5'). - Eserc. di imitaz. e speciali preparatori a ritmo medio. - Corsa distanza lunga (circa 10') a ritmo medio. - Pratica sport individ. a r i tmo medio. - Serie di salti e acrobatica varia.
Incontri didatt ici. - Esecuz. az. tecn. con partner o manich. a ritmo leggero ' . -Es. di imit. e spec. prep, a ritmo leggero. - Corsa prolungata a ritmo variabile. - Giuochi sportivi a ritmo medio. - Preatl. a ritmo medio. - Riscald. a ritmo medio.
Corsa prolungata ritmo costante. - Sport indiv. a ritmo leggero. - Preatl. e rise, a ritmo leggero.
Corsa a ritmo leggero. - Giuochi sportivi a ritmo leggero. - Ginnastica generale a ritmo leggero.
Passeggiate a buon ritmo di marcia. - Eserc. di allungamento e rilassamento. -S a u n a . . .
Pulsazioni (valore indie.)
oltre 200
180-200
160-180
150-160
140-150
130-140
120-130
100-120
80-100
Intensità in punti
10
9
8
7
6
5
4
3
1-2
t. Al 90% del massimale
2. All'80% del massimale
3. Al 70% del massimale
4. Al 60% del massimale
5. Al 50% del massimale
97
TABELLE INDICATIVE VALORE QUANTITÀ' E INTENSITÀ'
ALLEN. SINGOLO MEDIA SETTIMANALE
o
C
» CO 3 &
5 TI 0) 2
o S
f a es o
«
Ouantità in minuti
1° Gr.
85
70
57
45
30
2» Gr.
95
80
65
50
35
Intensità in punti
1° Gr.
6
5
4
3,2
2,5
2° Gr.
7
6
5
4
3
' o 'N T I
Ò
0 C CO
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CO
CO
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CO
CD DI D) CD
- J
Quantità In minuti
1» Gr.
110
90
70
55
40
2° Gr.
120
100
80
60
45
Intensità In punti
2° Gr.
7
6
5
4
3
1° Gr.
8
7
6
5
4
N. B. - I valori medi settimanali sono calcolati sulla base di un piano di allenamento che prevede 6 allenamenti la settimana.
I valori della quantità sono netti, si riferiscono cioè alla durata effettiva degli esercizi, escludendo i tempi di ricupero.
98
350 esercizi per lo sviluppo delle qualità fisiche del lottatore
ESERCIZI DI PREATLETISMO
Il preatletismo comprende tutti gli esercizi ginnici a carico naturale e si divide in preatletismo generale e preatletismo specifico.
Il preatletismo generale è costituito da quelli esercizi e quelle metodiche di esecuzione che hanno come finalità lo sviluppo armonico di tutte le qualità fisiche ed è alla base di tutte le specialità sportive.
Il preatletismo specifico è costituito da quelli esercizi e quelle metodiche di allenamento che hanno come finalità lo sviluppo di quelle qualità fisiche che caratterizzano una determinata specialità sportiva ed è una tappa intermedia tra il condizionamento generale e l'esercitazione tecnica vera e propria.
Gli esercizi di preatletismo si eseguiranno in apposite sedute, molti di essi inoltre, con la sola esclusione dei più impegnativi dal punto di vista muscolare ed organico, costituiranno la base del riscaldamento.
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE FINALITÀ
1) Andatura di passo veloce Tutte le andature e i vari tipi di corsa hanno come finalità principale l'incremento della resistenza organica e della coordinazione
2) Andatura con rullata del piede Prendere contatto con il tappeto con il tacco (tacco, pianta, punta)
3) Andatura sulla parte esterna dei piedi
Ruotare al max. i piedi in dentro
4) Andatura sulla parte interna dei Ruotare al max i piedi in piedi fuori
101
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE FINALITÀ
5) Marcia sportiva Attacco (tacco, pianta, < • > punta) \->
6) Corsa a ritmo blando
7) Corsa a ginocchia alte in avanti Flettere le ginocchia al petto
8) Corsa a ginocchia alte in fuori Ruotare il più possibile la coscia in fuori
9) Corsa calciata dietro Toccarsi i glutei con i tal- < M | Ioni c_»
102
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE FINALITÀ'
10) Corsa calciata dietro in fuori Ruotare il più possibile la gamba in fuori
11) Corsa calciata dietro in dentro
12) Corsa sul fianco
13) Corsa all'indietro
14) Corsa incrociata in avanti
Ruotare il più possibile la gamba in dentro
Partire con la gamba anteriore (nel senso della direzione di marcia) prima che la posteriore vada a toccarla
Incrociare bene a gambe tese
103
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE FINALITÀ'
15) Corsa incrociata sul fianco Guardare avanti, accentuare la torsione del bacino
16) Corsa incrociata all'indietro Incrociare bene a gambe tese
17) Corsa balzata Ginocchio dell'arto avanzante flesso al petto, arto posteriore teso dietro
18) Corsa balzata incrociando i balzi es.
19) Corsa saltellata
104
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE FINALITÀ
20) Corsa saltellata all'indietro
21) Corsa saltellata in avanti, due saltelli successivi per parte
22) Corsa saltellata all'indietro, due saltelli successivi per parte
23) Spinte degli arti superiori in avanti Posiz. di partenza, mani alle spalle; spinta molto dinamica, il ritorno deve avvenire sfruttando l'elasticità muscolare (rimbalzo)
Tutti gli esercizi di spinte, slanci e circonduzioni degli arti superiori, fatti in corsa, incrementano in varia misura le qualità fisiche a seconda del ritmo esecutivo.
Con ritmo esecutivo di andata su un appog-
105
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE FINALITÀ'
24) Spinte degli arti superiori in alto Posiz. di partenza, mani alle spalle; spinta molto dinamica, il ritorno deve avvenire sfruttando l'elasticità muscolare (rimbalzo)
25) Spinte degli arti superiori in fuori
26) Spinte degli arti superiori in a- es vanti, in alto, in fuori
27) Slanci degli arti superiori in avanti fino a 90° gradi
gio e ritorno sull'altro si incrementa la rapidità, la coordinazione, la mobilità articolare, la resistenza organica aerobica.
Con ritmo esecutivo di andata e ritorno ogni appoggio, oppure di andata e ritorno ogni saltello a piedi uniti, si incrementa la rapidità, la coordinazione, la resistenza organica e muscolare aerobica e anaerobica (la componente anaerobica varia a seconda della durata di ogni singolo impegno e della durata dei recuperi), la mobilità articolare. Se gli stessi esercizi sono eseguiti da fermo si incrementa più che altro la rapidità, la mobilità articolare, la resistenza muscolare
Posiz. di partenza con braccia lungo i fianchi
28) Slanci degli arti superiori in fuori es. fino a 90°
106
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE FINALITÀ
291 Slanci degli arti superiori da 90° in alto per avanti
Da braccia in avanti, non piegare le braccia ma tenerle tese e parallele, forzare lo slancio
30) Slanci degli arti superiori da 90° in alto per fuori
Da braccia in fuori, non piegare le braccia, palme in fuori
31) Slanci completi degli arti superiori in alto per avanti
Da braccia lungo i fianchi, curare l'ampiezza e la correttezza del movimento
32) Slanci completi degli arti superiori in alto per fuori
33) Slanci degli arti superiori in avanti da braccia in fuori
Curare al max. la rapidità del gesto, non battere le mani l'una contro l'altra
107
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE FINALITÀ1
34) Slanci degli arti superiori indietro da braccia in avanti
35) Slanci degli arti superiori indietro da braccia piegate a 90° e rivolte verso l'alto (pdsiz. a candelabro)
Forzare al max. lo slancio, slanciare le braccia leggermente verso l'alto supinandole
Non portare l'avambraccio in avanti durante lo slancio, slanciare verso I' indietro-alto e non verso I' indietro - basso, mantenere gli angoli di 90° durante lo slancio
36) Slanci degli arti superiori indietro da braccia piegate a 90° e rivolte verso il basso (posiz. a candelabro rovesciato)
37) Piccole circonduzioni delle braccia nei due sensi
Da braccia in fuori, braccia tese
38) Circonduzioni di un braccio nei due sensi
Da braccio in alto, curare al max. l'ampiezza del movimento
108
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE FINALITÀ'
39) Circonduzioni delle due braccia nei due sensi
Da braccia in alto, curare al max. l'ampiezza del movimento
40) Flessioni della coscia sul bacino, in avanti
Gamba portante tesa, accentuare al max. la flessione senza venire in avanti col petto
41) Flessioni della coscia sul bacino, in fuori
Ruotare bene la coscia in fuori, non inclinarsi col tronco
42) Flessioni in avanti della coscia sul bacino e successiva abduzione della coscia stessa
Non ruotare in fuori il bacino abducendo l'arto
43) Flessione in fuori della coscia sul bacino e successiva adduzione della coscia stessa
Ruotare bene la coscia in fuori flettendola sul bacino
Tutti gli esercizi di flessione, flessione e spinta, slanci degli arti inferiori possono essere eseguiti con varie metodiche:
1) di passo, una esecuzione ogni tre passi; 2) di passo, una esecuzione ogni due passi; 3) di passo, una esecuzione ogni passo; 4) di corsa, una esecuzione ogni tre appoggi; 5) di corsa, una esecuzione ogni due appoggi: 6) di corsa, una esecuzione ogni appoggio, con saltello di recupero, partendo dopo che è arrivato a terra l'altro arto (successive); 7) di corsa, una esecuzione ogni appoggio, senza saltello di recupero, partendo prima che arrivi a terra l'altro arto (alternate).
Le finalità variano a seconda del ritmo e-secutivo, in analogia a guanto visto per gli e-sercizi degli arti superiori. Gli esercizi per gli ar-
109
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE FINALITÀ'
44) Flessioni e spinte degli arti inferiori in avanti
45) Flessioni e spinte degli arti inferiori in fuori
46) Slanci degli arti inferiori in avanti
47) Slanci degli arti inferiori in fuori
48) Piegamenti braccia con mani in appoggio su una panca e piedi a terra
110
Gamba portante tesa, prima flettere la coscia sul bacino, quindi estendere la gamba sulla coscia, dando come un colpo di tallone in avanti
es.; ruotare bene l'arto in fuori prima di eseguire la flessione-spinta
Gamba portante tesa, arto slanciato teso; accentuare al max. lo slancio senza andare indietro con il tronco
es.; accentuare al max. lo slancio senza inclinarsi di fianco con il tronco
Corpo teso dietro, max. escursione del movimento. L'impugnatura può essere larga, media o stretta. Con impugnatura media i muscoli prevalentemente interessati sono grande pettorale, deltoide anteriore e tricipite. Con impugnatura larga è relativamente maggiore l'impegno del grande pettorale. Con impugnatura stretta è relativamente maggiore l'impegno del tricipite
ti inferiori si possono combinare variamente con quelli per gli arti superiori. Le possibili combinazioni sono molte e si lascia alla inventiva dei singoli allenatori il compito di scéglierle. Combinando esercizi per gli arti inferiori con quelli per gli arti superiori si complica notevolmente l'esecuzione e quindi assume importanza determinante la coordinazione
Tutti gli esercizi seguenti hanno come finalità l'incremento di tutte le qualità fisiche, con prevalenza dell' una o dell'altra a seconda della metodica esecutiva
Dal 48 al 56 impegno del cingolo scapolo-omerale, della parte superiore del tronco e degli arti superiori
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE FINALITÀ
49J Piegamenti braccia con mani e piedi a terra
50) Piegamenti braccia con mani a terra e piedi su di una panca (•)
51) Piegamenti braccia con mani rivolte verso l'esterno
52) Piegamenti braccia con mani rivolte verso l'interno con le dita che si toccano
'es.; relativo maggior impegno del tricipite
53) Piegamenti braccia con braccia in avanti in appoggio sugli avambracci
54) Piegamenti braccia in verticale (vari tipi) (•)
Vedi esercizi di potenziamento
•) Gli esercizi contraddistinti dal pallino sono piu impegnativi da un punto di vista muscolare od organico, hanno una influenza più marcata sullo sviluppo delle qualità indispensabili al lottatore e quindi sono da ritenersi piu "Specifici».
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE FINALITÀ'
55) Piegamenti alle parallele (•) Vedi esercizi di potenzia- il M i mento
56) Trazioni alla sbarra (vari tipi) (•)
57) Piccoli slanci alternati degli arti inferiori sul piano sagittale
Bacino bloccato e -schiacciato» sul tappeto, braccia lungo i fianchi o incrociate sul petto, testa flessa in avanti, posiz. di partenza supina
Dal 57 al 72 impegno dei flessori della coscia sul bacino e della fascia addominale (retto dell'addome, obliqui, trasversi), con esclusione dei flessori della coscia quando l'esercizio viene eseguito a gambe flesse
58) Circonduzioni degli arti inferiori descrivendo con i piedi piccoli cerchi
59) Circonduzioni degli arti inferiori a gambe unite, descrivendo con i piedi cerchi piu ampi
112
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE FINALITÀ'
60) Abduzioni e adduzioni degli arti inferiori dopo averli sollevati da terra
61) Slanci simultanei degli arti inferiori verso lavanti-alto sul piano sagittale, fino a toccare con i piedi sopra la testa
62) Flessioni in avanti del tronco a gambe tese
63) Flessioni in avanti del tronco a gambe raccolte
64) Flessioni e torsioni del tronco a gambe raccolte
65) Flessione e torsioni del tronco a gambe raccolte
es.; arti inferiori tesi degli arti
forzare l'abd. e l'add.
Da supini, gambe tese, braccia lungo i fianchi, tronco bloccato.
Da supini, gambe tese e bloccate, braccia in alto
Da supini, gambe raccolte con i piedi bloccati, mani dietro la testa, testa flessa in avanti; non «sdraiarsi» completamente indietro e non arcuare la schiena andando indietro, ma tenere il bacino bloccato e «schiacciato» sul tappeto
es.; dopo ogni flessione eseguire una torsione, una volta a dx., una a sx.
l ' i ^
es.; dopo la flessione eseguire una successione di torsioni a dx. e a sx., cercando di mantenere l'inclinazione del tronco a 45°
es.; con interessamento anche degli adduttori e abduttori della coscia
113
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE FINALITÀ'
66) «Chiusure a libro» a gambe tese Da supini, flettere contemporaneamente Je es . gambe e il tronco
i W/7 ^
67) «Chiusure a libro» a gambe raccolte
68) In sospensione alla spalliera max. «Arrotolarsi» cercando di raccolta degli arti inferiori al pet- arrivare con le ginocchia tot.») al petto
69) In sospensione alla spalliera, slanci simultanei degli arti inferiori per avanti-alto a gambe tese(»)
«Arrotolarsi», slanciare le gambe in alto e cercare di arrivare con i piedi più in alto possibile
70) Flessioni in avanti del tronco su un piano inclinato a gambe rac-coltel»)
Piedi bloccati in alto, mani dietro la testa, testa flessa in avanti; non «sdraiarsi» indietro, tenere il bacino bloccato e «schiacciato»
114
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE FINALITÀ
71) Flessioni e torsioni su un piano inclinato a gambe raccolte (•)
72) Flessione e torsioni del tronco su un piano inclinato a gambe raccolte (•)
es.; dopo ogni flessione eseguire una torsione, una volta a dx.. una a sx
es.; dopo la flessione eseguire una successione di torsioni a dx. e a sx.
73) Iperestensioni alternate degli arti inferiori
Da proni, sul tappeto, tronco bloccato sulla materassina, gambe tese
74) Iperestensioni simultanee degli es. arti inferiori
Dal 37 al 78 impegno della muscolatura posteriore delle cosce, dei glutei e dei lunghi del dorso
75) Iperestensioni simultanee degli arti inferiori e del tronco
Mani dietro la testa, iperestendere simultaneamente tronco e arti inferiori; gambe tese, testa iperestesa all'indietro
115
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE FINALITÀ
76) Iperestensioni del tronco Su panca orizzontale (•)
Supini, mani dietro la testa, testa iperestesa ali indietro, tronco fuori della panca, gambe bloccate W
Dal 37 al 78 impegno della muscolatura posteriore delle cosce, dei glutei e dei lunghi del dorso
77) Iperestensioni e torsioni del tronco su panca orizzontale (•)
78) Iperestensione e torsioni del tronco, su panca orizzontale (•)
79) Serie di saltelli a gambe unite dalla stazione eretta (in avanti, sul fianco, indietro, in avanti laterali, indietro laterali, in avanti e indietro incrociati con torsione del tronco)
80) Traslocazione e brevi passi molleggiati in posizione di massima accosciata (•)
81) Serie di balzi in lungo e in alto dalla mezza accosciata (•)
116
e s . dopo ogni iperestensione eseguire una torsione, una volta a dx . una volta a sx.
es.: dopo la iperestensione eseguire una successione di torsioni a dx. e a sx.
Gambe quasi tese, spingere bene con il piede
e s . con interessamento anche degli o-bliqui e dei trasversi
es., con interessamento anche degli o-bliqui e dei trasversi
Prevalente impegno del tricipite surale (posteriori della gamba)
mx Non sollevare il bacino durante la traslocazione
Gambe unite
Negli esercizi seguenti vi è un impegno della totalità della muscolatura degli arti inferiori e dei glutei
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE FINALITÀ'
82) Serie di balzi in lungo e in alto dalla massima accosciata (•)
Gambe unite
83) Serie di balzi in avanzamento con completa estensione degli arti inferiori
es.; spingersi verso lavanti - alto, quindi iperesten-dere leggermente il corpo indietro
84) Sene di balzi in avanzamento con es.; prima spingersi, quindi flettere le gi-flessione delle ginocchia sul ba- nocchia cino
85) Serie di balzi in avanzamento con flessione delle gambe sulla coscia
es.; prima spingersi, quindi flettere le gambe
117
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE FINALITÀ
86) Balzi in alto superando un ostacolo (•)
87) Salti in basso (•)
es.; da fermo e con una piccola rincorsa
fr
88) Salti in basso con successivo balzo in alto o in lungo (•)
89) Traslocazione in massima piegata (.)
es.; ammortizzare e spingere, cercando di sfruttare l'elasticità muscolare w
Non sollevare il bacino durante la traslocazione
90) Successione di piegate in avanzamento sul piano sagittale con molleggio
118
Sollevare un arto e cadere elasticamente in avanti sull'arto sollevato; busto eretto, gam- | ^ ba dietro tesa (tipo spaccata del solleva- / \ * \ c ^ ' mento pesi) Iflf
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE FINALITÀ
91) Successione di piegate sul posto, sul piano sagittale previa estensione e con cambio in aria degli appoggi (•)
92) Contropiegate sul piano sagittale
93) Piegate sul piano frontale
94) Contropiegate sul piano frontale
Dopo aver effettuato la piegata spingersi verso l'alto e invertire in aria la posizione delle gambe
Piegare un arto ed estendere indietro l'altro, busto eretto
Sollevare un arto e, sbilanciandosi di fianco, caderci elasticamente sopra; piedi rivolti in avanti e paralleli, busto eretto, l'altro arto teso
13 Piegare un arto e protendere in fuori l'altro; piedi rivolti in avanti e paralleli, busto eretto, arto proteso in fuori teso
119
ESERCIZI DI POTENZIAMENTO CON PESI E ATTREZZI
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE MUSCOLATURA
PREVALENTEMENTE INTERESSATA ( + )
1) Distensione lenta dietro la testa
Piedi leggermente divaricati, gambe tese, impugnatura un po' più larga dell'ampiezza delle spalle, scendere ogni volta con il bilanciere all' altezza delle scapole
Trapezio, deltoide, grande dentato, tricipite
2) Distensione lenta avanti Piedi leggermente divaricati, gambe tese, impugnatura larga quanto I' ampiezza delle spalle, non «schienarsi» durante l'esecuzione
3) Piegamenti in verticale, dietro la testa (con cavalletto)
Altezza del cavalletto 40 cm., non spostare i piedi sulla parete durante l'esecuzione, «affondare» bene, impugnatura un po' più larga dell'ampiezza delle spalle
4) Piegamenti in verticale, avanti (con cavalletto)
Tricipite, deltoide, grande dentato, trapezio
Trapezio, deltoide, grande dentato, tricipite
Tricipite, deltoide, grande dentato, trapezio
( + ) - Altri muscoli possono intervenire nell'esecuzione degli esercizi, ma il loro intervento è secondario rispetto a quelli citati. L'ordine con cui sono citati i muscoli rispetta l'importanza che essi hanno nell'effettuazione degli esercizi, cioè la prevalenza di impegno.
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE MUSCOLATURA
PREVALENTEMENTE INTERESSATA
5) Distensione con manubri
6) Rematore in piedi
Piedi leggermente divaricati, gambe tese, impugnatura rivolta verso l'interno
Impugnatura stretta, partire in piedi dopo aver staccato il bilanciere, effettuare la tirata concludendo l'es. con il bilanciere al mento e con i gomiti alti
Deltoide, tricipite, grande dentato, trapezio
4f#V ì Deltoide, trapezio, flessori dell'avamb. sul braccio
icipite, brachiale anteriore, coraco brachiale)
7) Aperture laterali con manubri
8) Distensione su panca inclinata in alto
9) Distensione su panca o-rizzontale, impugnatura media
Braccia tese, non fer-«r marsi con le braccia
lungo il corpo, portare / le braccia fino a 90°
Deltoide laterale, trapezio
Spingere lungo la verticale, non fare il «ponte» staccando i glutei dalla panca
Non fare il «ponte-staccando i glutei dalla panca
Tricipite, deltoide anteriore, grande pettorale, trapezio
Grande pettorale, deltoide anteriore, tricipite
121
ESERCIZI MUSCOLATURA
INDICAZIONI METODOLOGICHE PREVALENTEMENTE INTERESSATA
10) Distensione su panca inclinata in basso, impugnatura media
111 Croce su panca con manubri, dal decubito supino
Braccia tese, partire da braccia in fuori (orizzontali) e portarle in avanti (verticali)
Spingere lungo la verticale
Grande pettorale, deltoide, tricipite
Grande pettorale, deltoide anteriore
12) Pull-over a braccia piegate su panca
Testa fuori dalla panca, partire con il bilanciere al petto, andare molto in basso con il bilanciere senza fare «ponte-
Grande pettorale, grande dorsale, deltoide anteriore
13) Pull-over a braccia tese su panca
Partire con il bilanciere in alto, lasciarlo scendere fino al-I orizzontale fuori dalla panca, non piegare le braccia tornando nella posizione di partenza
Grande pettorale, grande dorsale, deltoide anteriore
14) Piegamenti alle parallele Affondare bene senza andare in avanti col petto e indietro con le gambe
Tricipite, pettorale, deltoide, grande dorsale
122
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE MUSCOLATURA
PREVALENTEMENTE INTERESSATA
15) Estensione dell'avambraccio sul braccio con bilanciere, impugnatura dritta
16) Estensione dell'avambraccio sul braccio con bilanciere, impugnatura inversa
In piedi, braccia piegate con i gomiti verso l'alto, estendere l'avambr. sul braccio senza portare il braccio in avanti
Tricipite
Tricipite
17) Piegamenti dell'avambraccio sul braccio con bilanciere, impugnatura dritta
In piedi, braccia lungo i fianchi, flettere le braccia senza aiutarsi andando indietro con il busto
Flessori dell'avambraccio sul braccio, muscoli dell avambraccio
18) Piegamenti dell avambraccio sul braccio con bilanciere, impugnatura inversa
19) Piegamenti dell'avambraccio sul braccio con manubri
es., mani rivolte verso I interno, piegamenti alternati (un braccio è steso, uno in posizione di massima flessione)
es. con un maggior interessamento del bicipite
123
ESERCIZI. INDICAZIONI METODOLOGICHE MUSCOLATURA
PREVALENTEMENTE INTERESSATA
20) Trazioni dritta
impugnatura Impugnatura un po' più larga dell'ampiezza delle spalle, eseguire l'es. partendo a braccia tese e arrivare con il petto a toccare la sbarra
Dorsale, bicipite, fissatori della scapola
21) Trazioni impugnatura inversa
Impugnatura uguale alla larghezza delle spalle, curare la massima ampiezza del movimento come nell' es. precedente
es . con maggior interessamento del bicipite
22) Trazioni col triangolo Curare la massima ampiezza del movimento
23) Trazioni dietro la testa Impugnatura molto larga, curare la massima ampiezza del movimento
24) Trazioni con impugnatura rivolta in dentro
124
es. con maggior interessamento del grande dorsale
es. con maggior interessamento del bicipite e del grande dorsale
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE MUSCOLATURA
PREVALENTEMENTE INTERESSATA
25) Trazioni con impugnatura rivolta in fuori
26) Salita alla fune Senza l'aiuto delle gambe, senza oscillazioni del corpo
e s . con maggior interessamento del grande dorsale
es. con maggior interessamento del bicipite, del trapezio e dei muscoli dell avambraccio
27) Trazioni con corpo orizzontale
Corpo teso a tavola, massima ampiezza di movimento
Dorsale, deltoide posteriore, bicipite, fissatori della scapola
28) Rematore a 90°
29) Rematore a 90° con bilanciere bloccato a terra ad una estremità
Schiena piatta, impugnatura larga, concludere la tirata con il bilanciere al petto e i gomiti alti
Schiena piatta, impugnatura stretta (col triangolo), non sollevare il busto durante la tirata
es. con interessamento anche dei lunghi del dorso (bassa schiena)
e s
125
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE MUSCOLATURA
PREVALENTEMENTE INTERESSATA
30) Slanci delle braccia in fuori dal decubito, prono su panca orizzontale, con manubri
31) Circonduzioni delle spalle con bilanciere
32) Tirate al mento
33) Portate al petto
34) Spinte delle braccia in alto con bilanciere al petto
126
Partire a braccia in avanti (verticali) e slanciarle in fuori fino all'orizzontale -»r\_^
Deltoide posteriore, fissatori della scapola
In piedi, impugnatura stretta, gambe leggermente divaricate, circondurre nei due sensi, usare carichi pesanti-
Impugnatura stretta, schiena piatta, effettuare la tirata concludendo l'es. con il bilanciere al mento e i gomiti alti
Trapezio
Quadricipite, glutei, lunghi del dorso, trapezio, deltoide, bicipite
Impugnatura larga quanto l'ampiezza delle spalle, partire a braccia tese, effettuare la «tirata» a schiena piatta, girare il peso andandovi sotto e (
concludere l'es. in posizione eretta
es . con un maggior interessamento del quadricipite e dei glutei
Flettere le gambe (non molto), spingere il bilanciere verso l'alto sfruttando la spinta delle gambe e, data una inerzia al bilanciere, stendere completamente le braccia, riflettendo le gambe che avevamo esteso alla fine della spinta, per «andare sotto» al peso; tornare quindi in posizione eretta stendendo di nuovo le gamb
Quadricipite, glutei, trapezio, deltoide, tricipite
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE MUSCOLATURA
PREVALENTEMENTE INTERESSATA
35) Strappi
36) Stacchi da terra a gambe tese
37) Stacchi da terra a gambe flesse
38) Estensioni del tronco dal piegamento in avanti (good morning) con carico
39) Iperestensioni del tronco dal decubito prono su panca, con carico
Impugnatura larga, effettuare la tirata a schiena piatta e riprendere il peso andandogli sotto, concludere I es. a braccia tese; il bilanciere deve salire il più vicino possibile al corpo dell'atleta
Lunghi del dorso, quadricipite, glutei, trapezio, deltoide
Impugnatura con una mano inversa per consentire una presa più forte, partire a braccia tese tirando di gambe e schiena, schiena piatta (per quanto possibile), concludere l'es. in posizione eretta
Gambe divaricate, bilanciere sulle spalle, piegarsi fino a 90° a schiena piatta, tornare in posizione eretta
Proni su panca con il tronco fuori, gambe bloccate, carico dietro la testa, piegarsi a 90° e quindi iperestendere il tronco indietro
Lunghi del dorso, posteriori delle cosce
es. con interessamento anche del quadricipite e dei glutei
Lunghi del dorso, posteriori delia coscia, glutei
127
MUSCOLATURA ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE PREVALENTEMENTE
INTERESSATA
40) Torsioni del tronco con bilanciere dietro la testa
In posizione eretta, gambe divaricate, torcere il busto tenendo bloccate le gambe e il bacino
4 &
Obliqui, trasversi
41) Torsioni dalla posizione in ginocchio, con bilanciere bloccato a terra ad una estremità
Impugnare l'estremità libera del bilanciere andando molto sotto con le ginocchia, effettuare la torsione portando l'estremità del bilanciere di fianco
Obliqui, traversi, deltoide, trapezio
42) Inclinazioni del tronco con manubri
In piedi, gambe leggermente divaricate, braccia lungo i fianchi, mantenere le braccia tese durante l'esecuzione dell'esercizio
Obliqui
43) Flessioni del tronco dal decubito supino, su panca orizzontale, con carico
Supini su panca, gambe tese e bloccate, carico dietro la testa, non fermarsi col tronco verticale
Retto dell'addome, retto del quadricipite, psoas i-liaco
44) Flessioni del tronco dal decubito supino su panca inclinata in basso, con carico
128
es. ma a gambe piegate, non sdraiarsi completamente andando giù
Retto dell'addome
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE MUSCOLATURA
PREVALENTEMENTE INTERESSATA
45) Slanci degli arti inferiori a gambe tese in sospensione alla spalliera
46) Piegamenti gambe in accosciata fino a 90°
Slanciare le gambe tese verso l'alto e «arrotolarsi» cercando di arrivare con i piedi più in alto possibile
Non estendere le gambe incurvandosi in avanti, ma cercare di mantenere la schiena piatta
47) Piegamenti gambe in accosciata completa
Inizialmente retto del quadricipite e psoas, in seguito retto dell'addome
Quadricipite, glutei, posteriori della coscia (bicipite femorale, semimembranoso, semitendinoso), lunghi del dorso
es. con un maggior interessamento dei glutei
48) Balzi in accosciata con bilanciere sulle spalle
49) Piegamenti spaccata
gambe in Il ginocchio della gamba anteriore non deve sorpassare la punta del piede, busto eretto, gamba dietro tesa
es . con un maggior interessamento dei posteriori della coscia
129
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE MUSCOLATURA
PREVALENTEMENTE INTERESSATA
50) Estensioni della gamba sulla coscia, con carico o con elastici
51) Flessioni della gamba sulla coscia con carico o con elastici
Mantenere la coscia orizzontale, partire sempre con la gamba a 90° rispetto alla coscia
Portare la gamba a 90° rispetto alla coscia
Quadricipite
Flessori della gamba (bicipite femorale, semimembranoso, semitendinoso)
52) Slanci dell'arto inferiore in avanti con carico (scarpa di ferro) o elastici
53) Slanci dell'arto inferiore indietro con carico (scarpa di ferro) o elastici
54) Slanci dell'arto inferiore in fuori con carico (scarpa di ferro) o elastici
Slanciare la gamba tesa senza prendere lo slancio
Flessori della coscia, (retto del quadricipite. psoas iliaco, tensore della fascia lata)
Glutei, posteriori della coscia
Abduttori della coscia
130
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE MUSCOLATURA
PREVALENTEMENTE INTERESSATA
55) Slanci dell arto inferiore in dentro con carico (scarpa di ferro) o elastici
Slanciare la gamba tesa senza prendere lo slancio
Adduttori della coscia
56) Estensione dei piedi con appoggio della punta su di uno spessore
Bilanciere sulle spalle, busto eretto, max. estensione possibile
Tricipite surale (gastroc-nemio, soleo)
131
ESERCIZI CON IL PARTNER
Gli esercizi con il partner sono da considerarsi fondamentali per la preparazione di un lottatore.
La loro influenza sul processo dell'allenamento è molto varia a seconda della metodica di esecuzione, ma essi sono indispensabili soprattutto perchè abituano il lottatore a muoversi con il partner e ad esercitarsi con lui in una situazione di equilibrio, statico e dinamico, che si avvicina alla lotta vera e propria.
Abbiamo diviso gli esercizi con il partner in due gruppi:
Esercizi da fermo
Esercizi in movimento
Gli esercizi da fermo sono stati raggruppati, per facilitare la loro comprensione, secondo il settore muscolare che interessano; essi, variando opportunamente la metodica di esecuzione, sono particolarmente indicati per incrementare nell'ordine: la forza, la resistenza muscolare, la rapidità e la mobilità articolare.
Gli esercizi con il partner specifici per la mobilità articolare non sono qui di seguito riportati perchè sono stati inseriti negli esercizi specifici per la mobilità (vedi pag. 69).
Gli esercizi in movimento comprendono tutti i tipi di trasporti ed i cosiddetti «giochi di lotta», e costituiscono una tappa intermedia obbligatoria tra la preparazione fisica generale e la lotta vera e propria.
Gli esercizi in movimento servono prevalentemente per migliorare nell'ordine: la resistenza organica e muscolare, il senso della posizione, l'equilibrio, I abilità motoria specifica.
Per quanto riguarda la resistenza è bene fare una precisazione: per lo sviluppo della resistenza generale (sia organica che muscolare) si utilizzerà una vasta gamma di esercizi in modo da interessare tutti I settori muscolari, il ritmo esecutivo non sarà eccessivamente elevato e la durata di ogni singola esercitazione supererà i 60 minuti; per lo sviluppo della resistenza specifica si utilizzerà un minor numero di esercizi, ma «specifici» per il settore su cui vogliamo agire, con un ritmo più elevato ed una durata inferiore.
ESERCIZI CON IL PARTNER DA FERMO
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE SETTORI INTERESSATI
1) Piegamenti sulle braccia afferrandosi le mani: A supino braccia in avanti, B prono corpo proteso dietro con le mani in appoggio sulle mani di A
Flettere ed estendere contemporaneamente le braccia, scambiare la posizione ogni serie
Muscolatura degli arti superiori, del cingolo scapolo-omerale e della parte superiore del tronco
2) Piegamenti sulle braccia afferrandosi le caviglie: A supino braccia in avanti, con le mani afferra le caviglie di B che sta prono sopra di lui con la testa verso i piedi di A, B a sua volta afferra le caviglie di A
132
es.
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE I SETTORI INTERESSATI
3) Croce dal decubito supino: A supino braccia in fuori, B sopra di lui con le mani afferra i polsi di A, A cerca di portare le braccia avanti vincendo la resistenza di B
4) Pull-over a braccia tese dal decubito supino: A supino braccia in alto, B sopra di lui con le mani afferra i polsi di A, A cerca di portare le braccia in avanti, vincendo la resistenza di B
5) Pull-over a braccia piegate dal decubito supino: A supino braccia in alto, B seduto dietro con i piedi contro le spalle di A; A e B si afferrano le mani, A esegue il pull-over tirando e flettendo le braccia
6) Piegamenti sulle braccia con partner che tiene l'esecutore per le caviglie
7) Piegamenti in verticale con partner che aiuta e mantiene in verticale
A a braccia tese, B deve regolare la forza in modo da far fare un conveniente numero di ripetizioni ad A ••«K_
Muscolatura degli arti superiori, del cingolo scapolo-omerale e della parte superiore del tronco
B deve «lavorare» di schiena cedendo lentamente ad A, in partenza A è a braccia tese
Mantenere il corpo teso 0jK
Spingere verso I alto cercan- t es . do di mantenere la posizione di equilibrio
133
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE SETTORI INTERESSATI
8) Aperture laterali con partner: A in posizione eretta braccia in fuori, B afferra le braccia ai polsi e spinge in basso; da braccia lungo i fianchi A cerca di riportare le braccia in fuori vincendo la resistenza di B
9) Distensione da seduti con partner che oppone resistenza: A seduto sul tappeto con braccia a candeliere, B in piedi dietro di lui oppone resistenza
10) Slanci del partner: A e B si pongono l'uno di fronte all'altro, A afferra B sotto le a-scelle e dopo un leggero piegamento sulle gambe lo slancia in alto
A deve mantenere le braccia tese con palme rivolte verso il basso, B deve regolare la forza in modo da far fare ad A un conveniente numero di ripetizioni
B deve tenere le ginocchia contro la schiena di A per mantenerlo a schiena piatta, regolare la forza es.
La spinta delle gambe deve servire a spingere il partner in alto a braccia tese ed aiuta soltanto la spinta delle braccia, qualora questa non sia sufficiente
Muscolatura degli arti superiori, del cingolo scapolo-omerale e della parte superiore del tronco
es . con interessamento anche degli arti inferiori
11) Chiusure delle braccia al tronco: A e B di fronte, A con le braccia a candeliere, B pone le proprie braccia sopra quelle di A e cerca di «chiudergliele» al tronco
12) Stesso esercizio con A seduto e B in ginocchio dietro di lui
134
A palme verso l'interno, braccia in fuori a 90°; B cerca di chiudergliele facendo forza con i gomiti verso il basso in dentro
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE SETTORI INTERESSATI
13) Flessioni ed estensioni dell'avambraccio sul braccio con partner che oppone resistenza: A seduto, B dietro ad A; B afferra A per un polso e blocca con il braccio libero il braccio di A, A effettua flessioni ed estensioni dell'avambraccio sul braccio
14) Stessa posizione dell'esercizio precedente, B tiene fermo con un braccio il braccio di A e con I' altro gli afferra il pugno cercando di flettergli il polso e quindi I' avambraccio sul braccio
B deve mantenere ben fermo il braccio di A e deve regolare la forza in modo da far fare un conveniente numero di ripetizioni ad A
es., A deve cercare di resistere al max. con il polso in estensione
Muscolatura degli arti superiori, del cingolo scapolo-omerale e della parte superiore del tronco
15) Tirate e spinte delle braccia a stantuffo: A e B di fronte piegati a 90°, testa contro testa, mani reciprocamente afferrate
16) Tirate delle braccia a stantuffo: posizione come I esercizio precedente
Compiere il movimento il piu veloce possibile
Compiere il movimento «di forza- cedendo lentamente a chi tira
17) Movimenti forzati del collo: a) A in greca, B dietro di lui, A
cerca di mantenere il collo eretto, B gli fa compiere delle flessioni, estensioni, inclinazioni e circonduzioni forzate della testa
b) A in piedi, B di fronte, A cerca di mantenere il collo eretto, B gli fa compiere delle flessioni e delle inclinazioni forzate
Non fare forza di scatto, ma sempre progressivamente e anche in posizione statica. Altri esercizi di potenziamento del collo con il partner sono stati inseriti negli esercizi in ponte e per il ponte
Muscolatura propria del collo
135
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE SETTORI INTERESSATI
18) Estensioni del tronco con partner appeso al collo: A disteso a terra, B dietro la sua testa piegato a 90°. A afferra il collo di B, B lo solleva estendendo il tronco
L'esecutore (B) non deve aiutarsi con le gambe né tantomeno con le braccia, il partner (A) deve tenere il corpo teso a tavola
Muscolatura della schiena, con interessamento anche dei muscoli del collo
19) Stacchi con presa in cintura inversa: A in greca, B gli si pone di fianco, lo afferra in cintura inversa ed esegue una successione di stacchi
L'esecutore deve far passare il partner ogni volta con i piedi verso l'alto e lo deve ripoggiare a terra con la testa dalla parte opposta
Muscolatura della schiena, con interessamento anche degli arti inferiori
20) Oscillazioni del partner sul piano frontale: A prende B in cintura dal davanti con presa di braccio e tronco e, dopo averlo sollevato, compie delle oscillazioni sul piano frontale
21) Oscillazioni del partner sul piano sagittale: A prende B in cintura dal di dietro con presa di braccio e tronco e, dopo averlo sollevato, compie delle oscillazioni sul piano frontale
136
Portare ogni volta il partner in posizione orizzontale
A a gambe divaricate, durante le oscillazioni deve rimanere, per quanto possibile, a schiena piatta e deve ipere-stendersi all'indietro al termine dell'oscillazione
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE SETTORI INTERESSATI
22) Sollevamento e slancio indietro del partner. A sta in piedi a gambe divaricate. B entra sotto con la testa e. sollevando A, lo scarica dietro di se
23) Slancio degli arti inferiori in avanti stando attaccati al collo del partner: A sta dietro B. B afferra il collo di A. si appende a lui e slancia gli arti inferiori in avanti portandoli a squadra
Non aiutarsi con le braccia sollevando il partner, scaricarlo spingendo con le gambe ed estendendo dinamicamente la schiena
Mantenersi bene a squadra mentre il partner si sposta sul tappeto
Muscolatura della schiena, con interessamento anche degli arti inferiori
Muscolatura della schiena (A) e della fascia addominale (B)
24) Flessioni del tronco agganciati alla vita del partner con le gambe: A in piedi, B gli aggancia con le gambe la vita, si appende a lui ed esegue delle flessioni del tronco
25) Flessioni del tronco agganciati alla vita del partner che sta in greca:
A in greca, B seduto sul collo con mani dietro la testa e piedi agganciati all'inguine di A
A corpo proteso dietro e ben piazzato sulle gambe, mani sotto i glutei del partner, B mani dietro la testa; ad ogni flessione del tronco B deve andare a toccare con il proprio petto il petto del partner
A deve stare ben piazzato ed aiutare con il collo le flessioni del tronco di B, B deve prima iperestendersi, per quanto possibile, indietro, quindi eseguire la flessione del tronco in avanti
es., A impegna anche la muscolatura del collo
137
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE SETTORI INTERESSATI
26) Flessioni del tronco da seduti con partner: A e B seduti a gambe divaricate schiena contro schiena si afferrano per le mani ed eseguono delle flessioni in avanti con partner che oppone resistenza
27) Torsioni del tronco da seduti con partner: es . partendo da braccia in fuori
A e B devono stare appoggiati I uno contro l'altro con tutta la schiena, senza andare in avanti. La resistenza può essere parziale, allora sia A che B eseguono delle ripetizioni, o max. allora sia A che B cercano di vincere la resistenza del partner
Muscolatura della fascia addominale
28) Inclinazioni del tronco da seduti con partner: es . partendo da braccia in fuori
29) Flessioni del tronco da supini con partner che tiene le caviglie
30) Slanci degli arti inferiori da supini con partner che respinge le gambe verso il basso, a dx. e a sin.
138
Gambe raccolte, mani dietro la testa, non sdraiarsi completamente ogni ripetizione, tenere la testa flessa in avanti
A si agguanta alle caviglie di B e dopo aver slanciato gli arti inferiori verso l'alto deve cercare di resistere al partner che li respinge in basso
.9
es. con interessamento anche dei flessori della coscia
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE SETTORI INTERESSATI
31) Inclinazioni del tronco da sdraiati su di un fianco con partner che tiene ferme le gambe
32) Torsioni con partner sulle spalle, presa di testa e coscia
33) Salto del partner a piedi uniti: A salta il partner battendo a piedi uniti, B in posizione di: a) decubito prono b) in ginocchio (greca alta) e) ponte
Mani dietro la nuca, accentuare al max. l'inclinazione; eseguire anche delle serie rimanendo per qualche istante in posizione di max. inclinazione
Muscolatura della fascia addominale
Sollevare il partner con presa di braccio e coscia, quindi portare una mano dietro la nuca; il partner deve portare le braccia in alto e stare steso e rigido
Eseguire delle serie di numerosi salti, anche a tempo
Muscolatura degli arti inferiori e dei glutei
34) Piegamenti gambe con partner che oppone resistenza A e B in piedi uno di fronte ali altro A esegue i pieg gambe, B gli pone le mani sulle spalle e oppone resistenza
35) Piegamenti gambe con partner dorso contro dorso: A e B si pongono in piedi dorso contro dorso ed eseguono un piegamento contemporaneo
Mantenere la schiena piatta e la testa eretta
Mantenersi con la schiena verticale e completamente appoggiata a quella del partner
139
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE SETTORI INTERESSATI
36) Piegamenti gambe con partner seduto sulle spalle: A si pone in piedi a gambe divaricate, B gli entra sotto con la schiena e dopo averlo sollevato esegue dei piegamenti gambe
Schiena piatta (per quanto possibile)
37) Piegamenti gambe con partner posto trasversalmente sulla schiena: A afferra B con presa di braccio e coscia, lo solleva ed esegue i piegamenti
38) Piegamenti su una gamba con partner che tiene l'altra: A e B in piedi di fronte, si afferrano reciprocamente una gamba, tenendola sollevata, ed eseguono un piegamento sull'altra
39) Slanci delle gambe in fuori e indietro con partner che oppone resistenza: a) in fuori stando sdraiati su di un
fianco b) in dietro stando proni
40) Flessioni ed estensioni della gamba sulla coscia, con partner che afferra la caviglia dell'esecutore e oppone resistenza, da supini
Muscolatura degli arti inferiori e dei glutei con notevole interessamento anche della schiena
Eseguire il piegamento simultaneamente, mantenere steso l'arto sollevato
Muscolatura degli arti inferiori e dei glutei
a b Partner seduto sui glutei deli esecutore, te- e s nere il ginocchio a terra
140
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE SETTORI INTERESSATI
41) Adduzioni ed abduzioni delle cosce, con partner che oppone resistenza: A e B seduti luno di fronte ali altro. A con le gambe «dentro-quelle di B. cerca di abdurre le sue (allargarle) mentre B cerca di addurle (stringerle)
Non «entrare» molto con le gambe, ma tenere la parte interna ed esterna del ginocchio luna contro laltra, invertire la posizione dopo ogni serie
Muscolatura degli arti inferiori e dei glutei
42) Saltelli in coppia su di una sola gamba: A e B si pongono di fronte, con una mano si afferrano una caviglia, tenendo laltra sulla spalla del partner
Spingere fin sulla punta del piede, e-seguire i saltelli in tutte le direzioni
8J
^ i
43) e s ponendosi fianco contro fianco
141
ESERCIZI CON IL PARTNER IN MOVIMENTO
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE
1) Trasporto del partner con partner a cavalcioni sulla schiena
2) Trasporto del partner con partner sulle spalle
3) Trasporto del partner con partner posto trasversalmente sulle spalle (presa di braccio e coscia)
Alternare la presa della coscia, destra e sinistra
4) Trasporto del partner con partner in «collo»
5) Trasporto del partner con presa del partner attraverso la schiena: a) con presa di braccio e testa b) con presa di braccio con due braccia e) con presa di braccio e tronco
Eseguire con presa a destra e a sinistra, testa rivolta dalla parte opposta rispetto alla presa
142
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE
6) Trasporto del partner camminando all'indietro con presa: a) di braccia e tronco dal davanti b) di braccia e tronco di fianco e) di tronco dal di dietro
Eseguire la presa di fianco a destra e a sinistra, camminare iperestendendosi ali indietro
7) Trasporto del partner camminando in avanti e indietro con partner appeso al collo
8) Trasporto del partner tenendolo per le caviglie, con partner rivolto verso il tappeto e in appoggio sulle braccia tese (carriola); il trasporto può avvenire in avanti e indietro
Il partner non deve piegare le gambe «camminando» in avanti e indietro sulla materassina con le braccia
9) Trasporto del partner tenendolo per le caviglie, con partner rivolto verso l'alto (prono) e in appoggio sulle braccia tese (carriola rovesciata); il trasporto può avvenire in avanti e indietro
10) Passaggio «sotto- con tuffo tra le gambe del partner: A in piedi a gambe divaricate, B esegue un tuffo tra le gambe di A, si alza in piedi dall'altra parte, gira intorno ad A e ripete
partner deve stare piu disteso possibile
Eseguire il tuffo simulando uno schiacciamento, girare intorno al partner una volta a dx., una a sx.; eseguire numerose ripetizioni a tempo
143
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE
11) Salto del partner con appoggio delle mani sulle spalle: A in piedi a gambe divaricate, B lo salta aiutandosi con la spinta delle braccia, gira intorno al partner e ripete
A deve stare ben piazzato sulle gambe, B gira intorno al partner una volta a dx., una a sx.; eseguire numerose ripetizioni a tempo
12) Passaggio «sotto» con tuffo tra le gambe e salto del partner con appoggio delle mani sulle spalle
13) Spinte petto contro petto
14) Spinte spalla contro spalla: a) spalla dx. contro spalla dx. b) spalla dx. contro spalla sx.
15) Spinte schiena contro schiena, gambe piegate a 90°
Alternare i due esercizi precedenti; eseguire numerose ripetizioni a tempo
Mani dietro la schiena testa di fianco, cercare di far indietreggiare il partner
Mani dietro la schiena cercare di vincere la resistenza del partner spingendo di fianco
a b Appoggiare la schiena contro la schiena del partner, piegarsi contemporaneamente sulle gambe e spingersi cercando di far indietreggiare il partner; mantenere il tronco verticale
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE
16) Spinte a braccia tese palme contro palme Cercare di far indietreggiare il partner
17) Spinte a braccia tese con presa reciproca di collo e spalla
18) Spinte laterali con il collo: A e B di fronte con la parte destra del viso contro quella del partner, ripetere a sinistra
19) Spinte e strappi a braccia tese con presa reciproca di collo e spalla
Mani dietro la schiena, tronco leggermente flesso in avanti, inclinare il collo cercando di vincere la resistenza del partner
Cercare di far uscire il partner da un cerchio delimitato
20) es. afferrandosi per i pois
21) «Tiro della fune» agganciati per le mani a braccia tese
22) es. afferrandosi per un polso
Piegarsi leggermente sulle gambe, agganciare le mani del partner e cercare di vincerne la resistenza trascinandolo
Vince chi riesce a raccogliere un oggetto dietro di sé
145
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE
23) es . afferrandosi un polso e tenendosi per una caviglia Vince chi riesce a raccogliere un oggetto dietro di sé
24) Lotta per un oggetto (palla M f medica), dopo averlo afferrato reciprocamente con due mani
Cercare con una serie di spinte e strappi di •strappare» l'oggetto dalle mani del partner
25) Sbilanciamenti del partner saltellando su di un piede con braccia al petto
Saltellare e urtare il partner cercando di fargli perdere l'equilibrio
26) Sbilanciamenti del partner saltellando a gambe unite con braccia tese in avanti
Saltellare e urtare con le mani le mani del partner, cercando di fargli perdere l'equilibrio
es . urtando il petto contro il petto
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ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE
28) Sbilanciamenti del partner saltellando in accosciata con mani davanti al petto
Saltellare e urtare con le mani le mani del partner cercando di fargli perdere I equilibrio
29) Di fronte, guardia bassa, cercare di colpire con le mani i glutei del partner
30) Di fronte, guardia bassa, mani sulle spalle, cercare di pestare i piedi del partner
31) Supini, in appoggio sulle braccia tese, cercare di colpire Corpo teso dietro, gambe appena divaricate con le mani le mani del partner
32) Passaggio dietro il partner che sta in greca, dopo avergli appoggiato le mani sulla testa, braccia tese
33) es . con mani appoggiate sulla schiena
34) es . con mani dietro la schiena e petto appoggiato sulle
spalle
Il partner deve cercare di ostacolare il passaggio dietro spostandosi e annullando la rotazione dell' esecutore. L'esecutore deve riuscire a passare dietro invertendo velocemente il senso di rotazione
ESERCIZI DI PREACROBATICA ED ACROBATICA
La terminologia è quella propria della ginnastica artistica, può accadere quindi che alcuni esercizi siano indicati con nomi diversi da quelli che siamo soliti usare.
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE
1) Capovolta avanti (capriola) Flettere la testa sul petto, la testa non deve mai entrare in contatto con il tappeto
2) Capovolta saltata (da fermo) es. staccarsi dal tappeto, eseguendo un salto, prima di prendere contatto con le ma-
3) Tuffo sviluppato in lungo
%e*£~ Corsa coordinata e senza variazioni di ritmo, battuta a piedi uniti, testa es.
5) Verticale ritta in appoggio sulle mani, piedi al muro, con partenza prima dal basso, poi dall'alto
148
. Cercare la posizione di equilibrio portando le gambe a «compasso» poi riunirle; per mantenere la posizione «lavorare di polso»
ì cercando di non spostare le mani
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE
6) Verticale ritta in appoggio sulle mani, con l'aiuto del partner, con partenza prima dal basso, poi dall'alto
7) es. senza l'aiuto del partner, con partenza prima dal basso, poi dall alto
8) Capovolta avanti passando dalla verticale
10) Capovolta dietro passando dalla verticale
Cercare la posizione di equilibrio portando le gambe a «compasso» poi riunirle; per mantenere la posizione «lavorare di polso-cercando di non spostare le mani
Eseguita la verticale a gambe riunite, piegare le braccia, flettere la testa sul petto e, prendendo contatto col tappeto prima con le spalle e poi con la schiena, rialzarsi in piedi senza l'aiuto delle braccia
Dalla mezza accosciata lasciarsi cadere seduti, quindi, portando le mani ai lati della testa, capovolgersi dall'altra parte
Partire in piedi, lasciarsi cadere seduti, quindi, portando le mani ai lati della testa, spingersi in verticale
149
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE
11) Capovolta avanti passando dalla verticale e di seguito capovolta dietro tornando in verticale s^..
Eseguire di seguito, passando dalla verticale alla posizione in piedi e viceversa
12) Ruota con l'aiuto del partner che sostiene l'esecutore afferrandolo per la vita
L'appoggio delle mani deve essere non troppo lontano, le braccia devono essere
g tese cosi come le gambe; le gambe, aperte a compasso, devono prendere contatto con la materassina sulla stessa linea di appoggio delle mani
14) Rondata con I aiuto del partner che sostiene l'esecutore afferrandolo per la vita
Nella parte iniziale è come la ruota, passando dalla verticale però le gambe si riuniscono e il contatto con la materassina avviene a gambe unite dopo aver eseguito una rotazione di 90° verso la direzione di provenienza
15) Rondata senza l'aiuto del partner W^
150
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE
16) Rovesciata avanti (passando a braccia tese)
17) Rovesciata dietro (passando a braccia tese)
18) Pre-slancio «Kippe» sulla nuca, con l'aiuto del partner che sostiene l'esecutore con una mano sotto la schiena e una sotto le cosce
Andare in verticale con le gambe aperte a compasso, quindi lasciarsi cadere arcuandosi il più possibile e, preso contatto con il tappeto con un piede, richiamare in avanti braccia, testa e tronco
Da «in piedi» arcuarsi indietro andando in ponte sulle braccia, quindi, senza soluzione di continuità, slanciare le gambe, aperte a compasso e uscire dal ponte passando per la verticale
Da supini portare le gambe tese verso la testa, quindi slanciarle di scatto verso l'a-vanti-alto, spingendo contemporaneamente con le braccia che erano in appoggio ai lati della testa
19) «Kippe» partendo su un livello più alto dell'arrivo, con l'aiuto del partner
20) «Kippe- con l'aiuto del partner
Dopo aver eseguito i movimenti descritti richiamare di scatto braccia, testa e tronco, terminando l'es. in piedi
151
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE
21) «Kippe Dopo aver eseguito i movimenti descritti richiamare di scatto braccia, testa e tronco, terminando l'es in piedi
22) Ribaltata (ribaltamento di slancio in avanti con appoggio delle mani al suolo) da fermo appoggiandosi sul dorso del partner
23) Ribaltata poggiando le mani su un rialzo (manichino) con l'aiuto del partner che con una mano dietro la nuca facilita il ribaltamento
Andare in verticale, appoggiarsi col dorso sul partner in quadrupedia e, richiamando di scatto braccia, testa e tronco, ricadere in piedi dall'altra parte
Eseguita una breve rincorsa poggiare le mani sul manichino e, dopo essere passati in verticale, richiamare di scatto testa, braccia e tronco ricadendo in piedi dall altra parte a gambe unite
24) Ribaltata poggiando le mani su un rialzo (manichino)
^ ^ - ^
25) Ribaltata^ poggiando le mani sul tappeto
91 Richiamare di scatto testa, braccia e tronco ricadendo in piedi dall'altra parte a gambe unite
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE
26) Ribaltata con battuta a piedi pari (ribaltata saltata)
fr fr
27) Rovesciamento del partner indietro, dopo averlo sollevato entrandogli con la testa fra le gambe; (es. preparatorio per il flic-flac)
Richiamare di scatto testa, braccia e tronco ricadendo in piedi dall'altra parte a gambe unite
28) Rovesciamento del partner indietro, spingendolo, da supini, con le gambe (piedi in appoggio sui glutei) e sostenendolo con le braccia (tese in appoggio sulle spalle); (es. preparatorio per il flic-flao)
Si entra dal di dietro con la testa fra le gambe dell'esecutore e lo solleviamo scaricandolo dietro; l'esecutore, dopo essere passato in verticale, richiama le gambe di scatto e arriva in piedi
L'esecutore, dopo essere passato in verticale, richiama le gambe di scatto e arriva in piedi
29) Flic-flac con l'aiuto del partner chesostiene e spinge l'esecutore
Sedersi, spingere con le gambe verso l'in-dietro-alto, slanciare violentemente le braccia e la testa verso l'indietro-alto, arcuarsi indietro, passare dalla verticale, spingendo con le braccia, richiamare le gambe di scatto terminando l'es. in piedi
153
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE
31) Salto «mortale» avanti arrivando su un taooetone Dopo breve rincorsa battere spingendosi verso lavanti-alto, slanciare le braccia in alto, quindi raccogliersi e andare con le mani verso le caviglie; effettuato il «giro», aprirsi e arrivare sul tappeto a piedi uniti ammortizzando con le gambe
32) Salto «mortale» avanti con l'aiuto del partner che facilita la ro- es. fazione
33) Salto «mortale» avanti
34) Salto «mortale» dietro con partenza da un rialzo e con l'aiuto del partner che sostiene e facilita la rotazione
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Spingere con le gambe verso l'indietro-alto, slanciare le braccia e la testa violentemente verso l'indietro-alto e chiudersi raccogliendo le gambe al petto; effettuato il «giro», aprirsi ed arrivare sul tappeto a piedi uniti ammortizzando con le gambe
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE
35) Salto «mortale» dietro con partenza da un rialzo Spingere con le gambe verso l'indietro-alto, slanciare le braccia e la testa violentemente verso l'indietro-alto e chiudersi raccogliendo le gambe al petto; effettuato il «giro», aprirsi ed arrivare sul tappeto a piedi uniti ammortizzando con le gambe
36) Salto «mortale- dietro con I aiuto del partner che sostiene e facilita la rotazione
37) Salto «mortale» dietro
155
UNIONE FRA ALCUNI DEGLI ESERCIZI DESCRITTI
38) Ribaltata e tuffo
39) Ribaltata e successiva ribaltata con battuta a piedi pari
40) Ribaltata e salto «mortale- avanti
41) Rondata e flic-flac
156
42) Rondata e salto «mortale» dietro
43) Rondata, flic-flac e salto «mortale» dietro
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ESERCIZI IN PONTE E PER IL PONTE
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE
Dalla posizione in ginocchio con testa appoggiata sul tappeto, flessioni ed estensioni, inclinazioni laterali e circonduzioni della testa
2) es . dalla posiz. a gambe divaricate e tese, testa in appoggio sul tappeto il più vicino possibile alla linea passante per i piedi
Mani sulla materassina all'altezza della testa; aumenta la mobilità dell'articolazione, serve come es. di riscaldamento specifico
Mani dietro la schiena, es.
3) Dalla posiz. di «greca- esecuzione del ponte con ribaltata in avanti (attraverso la testa)
Spingersi con le gambe, arcuarsi bene e cadere con i piedi sulla materassina in posizione corretta
4) In ponte, flessioni, iperestensioni, inclinazioni laterali e circonduzioni del capo
5) In ponte, «corsa- intorno alla testa, mantenendo fissa la fronte sul tappeto; compiere l'es. nei due sensi
6) In ponte, ribaltate successive con uscita attraverso la testa
Forzare man mano i movimenti fino a raggiungere la max. escursione possibile in ciascuno di essi
Piedi piu «sotto possibile», compiere alcuni passi prima di ogni «scavalcamento», nello scavalcamento un piede deve rimanere in appoggio sul tappeto
Trovato il ritmo esecutivo, eseguire le ribaltate slanciando prima una sola gamba ed in seguito le due gambe unite
158
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE
7) Dalla posiz di «greca» andare in ponte con ribaltata in avanti e di seguito uscire in avanti dalla parte dei piedi
Non fermarsi in ponte
8) Eseguire l'es. n. 7, ma ripetendo le ribaltate di seguito, cosi da percorrere una striscia di tappeto
9) Dalla posiz. in piedi eseguire una iperestensione indietro, con caduta in ponte sulle braccia
10) Dalla posiz. di ponte in appoggio sulle braccia, deambulazione in tutte le direzioni
11) Dalla posiz. in piedi andare in ponte sulle braccia e di seguito eseguire una uscita dal ponte con ribaltata dalla parte della testa
Prima eseguire serlza staccarsi mai dal tappeto, sfruttando soprattutto la mobilità; in seguito eseguire più velocemente, richiamando il tronco in avanti prima di arrivare con i piedi sulla materassina (maggior coordinazione)
Testa bene iperestesa indietro, non andare in avanti con le ginocchia
Eseguire l'es. più volte e senza soluzione di continuità
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ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE
12) Dalla posiz di ponte in appoggio sulle braccia eseguire una «corsa» intorno al punto di appoggio delle braccia
Vedi es. n. 5
13) Dalla posiz. in piedi eseguire una iperestensione indietro, con caduta in ponte
14) Dalla posiz. in piedi andare in ponte all'indietro e di seguito eseguire una uscita dal ponte, con ribaltata dalla parte della testa, tornando in piedi
Vedi es n. 9
Vedi es. n. 11
15) Dalla posiz. «sdraiati su di un fianco», passare in ponte e uscire sull'altro fianco
Gamba verso il tappeto raccolta con ginocchio alto, fare un passo con l'altra, raccogliendola più possibile, spingere verso la testa passando in ponte
16) In ponte con partner seduto sulle cosce eseguire delle flessioni e successive iperestensioni
160
•Caricare» al max. il ponte raggiungendo la max. escursione possibile
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE
17) Da supini, con partner posto trasversalmente sul petto, andare di scatto in ponte scaricando il partner
Vedi es. n. 16, è possibile tenere le mani di fianco alla testa
18) Dalla posiz di ponte con partner che afferra un braccio, con due braccia «corsa» intorno (descrivendo un semicerchio) con uscita dal ponte per mezzo di uno «scavalcamento»
Eseguire la «corsa» verso l'esterno, usciti dal ponte riandarci, con ribaltata attraverso la testa, ed eseguire di nuovo
19) es. con partner che afferra un braccio ed il collo dall'alto
20) Dalla posiz. di ponte, con partner sopra, petto contro petto, piedi in direzione opposta e presa reciproca sotto le ascelle, eseguire dei rotolamenti passando alternativamente in ponte
Eseguire l'es. più volte e senza soluzione di continuità, raccogliere bene le gambe per poter spingere e caricare al max. il ponte
161
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE
21) In ponte, il partner si pone di fianco, presa reciproca di tronco e collo, uscire dal ponte portandoci il partner il quale esegue a sua volta l'es.
Eseguire più volte di seguito senza soluzione di continuità, il partner deve cadere perpendicolarmente all'esecutore
22) Dalla posiz. «sdraiati su di un fianco» con il partner in presa di braccio e di collo (conclusione di una proiez. attr. la schiena), effettuare la presa al tronco e quindi un rovesciamento del partner passando in ponte
23) Da supini, con partner in presa di braccio e di tronco, andare in ponte ed eseguire una corsa con le gambe verso l'esterno, liberandosi dalla presa ed uscendo dal ponte per mezzo di uno «scavalcamento»
162
Andare bene «sotto» al partner, raccogliere i piedi e spingere verso la testa passando in ponte
•Caricare» al max. il ponte, quindi, senza soluzione di continuità, eseguire la corsa e lo scavalcamento
ESERCIZI PER LA MOBILITA' ARTICOLARE
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE ARTICOLAZIONI INTERESSATE
1) Flessioni ed estensioni della testa sul piano sagittale
2) Inclinazioni laterali della testa sul piano frontale
3) Circonduzioni della testa
Posizione di partenza in piedi, testa eretta; max. escursione dei movimenti
Posiz. di part, es., il lobo dell' orecchio deve andare a toccare la spalla
Posiz. di part, es., portare la testa sulla spalla destra, indietro, sulla spalla sinistra, sullo sterno, senza soluzione di continuità, quindi invertire il movimento; max. escursione dei movimenti
Occipito-atlantoidea (testa-colonna vertebrale), tratto cervicale del rachide (colonna vertebrale)
4) Torsioni della testa
5) Flessioni ed estensioni, inclinazioni laterali, circonduzioni della testa
6) es .
Posiz. di part, es., ruotare la testa alternativamente a destra e a sinistra intorno ad un asse passante all'incirca al centro dell'articolazione; max. escursione dei movimenti
Posiz. di part, in ginocchio a terra, testa appoggiata sul tappeto, mani sulla materassina all'altezza della testa; max. escursione dei movimenti
Posiz. di part, a gambe divaricate e tese, testa in appoggio sulla materassina il più vicino possibile alla linea passante per i piedi, mani dietro la schiena; max. escursione dei movimenti
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ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE ARTICOLAZIONI INTERESSATE
7) Inclinazioni laterali tronco
del
8) Torsioni del tronco
Posiz. di part, eretta, gambe leggermente divaricate, mani dietro la nuca; max. e-scursione del movimento; eseguire anche con bastone dietro la testa
Posiz. di part, eretta, gambe divaricate, braccia in fuori; eseguire anche con bastone dietro la testa
Tratto dorsale e lombare del rachide
9) Flessioni del tronco in avanti
Posiz. di part, eretta, gambe unite e tese, mani dietro la nuca; mantenere le gambe tese durante l'esecuz.; forzare il movimento con leggeri molleggi
10) Iperestensioni del tronco indietro
Posiz. di part, eretta, gambe leggermente divaricate, mani dietro la nuca, non piegare le gambe venendo avanti con le ginocchia
11) Torsioni e flessioni del tronco
12) Torsioni ed iperestensioni del tronco
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Posiz. di part, eretta, gambe divaricate, mani dietro alla nuca; dopo aver effettuato la torsione effettuare la flessione senza soluzione di continuità
Posiz. d ; part, eretta, gambe divaricate, cercare di andare con la mano a toccare il tallone del piede opposto
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE ARTICOLAZIONI INTERESSATE
13) Circonduzioni del tronco
14) Circonduzioni del bacino
Posiz di part eretta, gambe divaricate, mani dietro la nuca, effettuata la flessione eseguire le circonduzioni prima in un senso, poi nell'altro
Posiz. di part eretta, gambe appena divaricate, mani sui fianchi; cercare di mobilizzare il bacino, tenendo, per quanto possibile, bloccate le gambe e il petto
Tratto dorsale e lombare del rachide
Tratto lombare del rachide
15) Torsioni del tronco dalla posizione di greca
Cercare di entrare il piu possibile «sotto», con la spalla, portandola verso il ginocchio opposto
Tratto dorsale e lombare del rachide
16) Torsioni del tronco dalla posizione di seduta su di un fianco
17) Flessioni del tronco da seduti a gambe unite
18) Flessioni del tronco da seduti a gambe divaricate
19) Torsioni e flessioni del tronco da seduti a gambe divaricate
20) Flessioni degli arti inferiori, dal decubito supino (es. dell'aratro)
Seduti su di un fianco con appoggio sulle braccia; forzare il movimento con leggeri molleggi
Posiz. di part, seduti a gambe unite e tese; effettuare una flessione in avanti con molleggio mantenendo le gambe tese (l'es. può essere eseguito anche con l'ausilio del partner)
Posiz. di part, seduti, gambe divaricate e tese; esecuzione es .
Posiz. di part, es.; effettuare una torsione e una flessione su di una gamba, quindi sull'altra, con molleggio (l'es. può essere eseguito anche con l'ausilio del partner)
Portare i piedi sopra la testa, gambe lese punte in estensione, braccia parallele rivolte verso il basso, palme sul tappeto
Se le gambe sono molto divaricate si mobilita anche I articolazione coxo-femorale oltre al tratto dorsale e lombare del rachide
es.
Tratto dorsale e lombare del rachide
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ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE ARTICOLAZIONI INTERESSATE
21) Flessioni del tronco alla spalliera
22) Flessioni del tronco con una gamba in appoggio alla spalliera
23) Inclinazioni del tronco con una gamba in appoggio alla spalliera
24) Torsioni e flessioni del tronco con una gamba in appoggio alla spalliera
25) Iperestensioni del tronco alla spalliera
Posiz. di part con mani e piedi in appoggio alla spalliera, gambe e braccia larghe e tese; scendere con l'impugnatura avvicinando sempre più le mani all'appoggio dei piedi
Tratto dorsale e lombare del rachide
Gambe tese a 90°, portare possibilmente la fronte a toccare sul ginocchio
Gambe tese a 90°, non venire in avanti con il busto eseguendo l'inclinazione
Gambe tese a 90°, prima fare la torsione poi la flessione, su una gamba e sull'altra
166
Seduti gambe flesse, mani all'altezza della testa; mantenere i piedi in appoggio plantare anche nel momento della max. iperestensione
Tratto dorsale e lombare del rachide e coxo-femorale
Tratto dorsale e lombare de rachide
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE ARTICOLAZIONI INTERESSATE
26) Iperestensioni del tronco su panca dal decubito prono, con partner che tiene le gambe
27) Iperestensione forzata del tronco dal decubito prono (es. del cobra)
Partire da una posizione di flessione in avanti del tronco con mani dietro la testa; quindi ipe-restendere indietro oltre al tronco anche la testa
Estendere il tronco all'indietro spingendosi con le braccia e portando più «sotto» possibile l'appoggio sulle mani
Tratto dorsale e lombare del rachide
28) Iperestensione forzata del tronco, dal decubito prono, con partner
29) Iperestensione forzata degli arti inferiori dal decubito prono, con partner
Il partner effettua la presa al di sopra delle ginocchia e forza gradatamente l'iperestensione
Il partner afferra per i polsi e fa raggiungere la iperestensione forzata; tenere le braccia tese e la testa indietro
Tratto dorsale e lombare del rachide, scapolo-omerale
Tratto lombare del rachide
30) Iperestensioni del tronco da seduti con partner
31) Piegamento del tronco all'indietro andando in ponte sulle braccia
Seduti gambe flesse il pariner afferra per le mani e sostiene l'esecutore dal di dietro mentre questi, spingendosi con le gambe, si iperestende all'indietro
Portare le mani il più vicino possibile alla verticale della testa, spingere con i piedi verso I avanti alto, arcuare al max. il ponte
Tratto dorsale e lombare del rachide
Tratto dorsale e lombare del rachide
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ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE ARTICOLAZIONI INTERESSATE
32) Flessioni ed estensioni della schiena dalla posizione in ginocchio (es. del gatto)
33) Slanci delle braccia per avanti-alto e basso-dietro
34) Slanci delle braccia in fuori
36) Circonduzioni delle due braccia nei due sensi
37) Sollevamento del tronco da seduti (es. del tavolo)
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Braccia tese, angolo gamba-coscia 90°; nella flessione si ritira la «pancia» e si arcua al max. la schiena, nell'estensione si spinge con la «pancia» in basso e si iperestende la testa indietro
Rachide (anche il tratto cervicale)
Posiz eretta, gambe leggermente divaricate, braccia tese; esecuzioni molto veloci
Scapolo-omerale
Posiz. di part, es.; durante lo slancio supinare le mani
35) Circonduzioni di un braccio nei due sensi
Posiz. di part, es.; curare che le \ circonduzioni siano più ampie ' J possibili
Seduti, gambe raccolte, braccia tese dietro più strette possibile; sollevare il tronco fino a portarlo in posizione orizzontale
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE ARTICOLAZIONI INTERESSATE
38) Circonduzione forzata delle braccia con bastone
39) Slanci forzati delle braccia indietro alla spalliera
40) Retroversione e proiezione indietro forzata degli arti superiori, con partner
41) Flessioni della coscia sul bacino sul piano frontale e su quello sagittale
42) Circonduzioni della coscia sul bacino
Braccia tese, presa più stretta possibile; sfruttare la velocità iniziale per eseguire il movimento, eseguire la circonduzione nei due sensi
Scapolo-omerale
Piegati a 90° gambe unite e tese, mani alla spalliera, forzare in basso col petto molleggiando ripetutamente
Posiz. di decubito prono, il partner seduto sopra afferra i polsi e porta le braccia gradualmente in retroversione forzata; molleggiare forzando in avanti e facendo toccare le mani tra loro
Eretti, braccia lungo i fianchi, gambe unite, gamba portante tesa; non abbassare il petto durante l'esecuzione
Coxo-femorale
Eretti, braccia lungo i fianchi, gambe unite, portare la coscia in avanti alto, in fuori, indietro; gamba portante tesa, non abbassare il petto durante l'esecuzione
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE ARTICOLAZIONI INTERESSATE
43) Slanci dell'arto inferiore in avanti e indietro sul piano sagittale
44) Slanci dell'arto inferiore in fuori e in dentro sul piano frontale
Eretti, mani sui fianchi, gambe unite, arto portante teso; non abbassare il petto durante l'ese-cuz., arto slanciato a ginocchio bloccato
45) Piegate sul piano frontale
Piedi paralleli, talloni a terra, busto eretto
46) Piegate sul piano sagittale
Coxo-femorale
es.; non inclinare il petto durante l'ese-cuz.
e s
Busto eretto, gamba dietro tesa
47) Divaricata, sul piano frontale
Stare con il busto verticale, per quanto possibile, il peso del tronco deve forzare la divaricata; è possibile appoggiarsi leggermente sulle mani quando la divaricata è molto pronunciata
170
ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE ARTICOLAZIONI INTERESSATE
48) Divaricata sul piano sagittale
Busto eretto, gambe, per quanto possibile, tese; cercare di arrivare a toccare per terra con il pube
Coxo-femorale
49) Adduzione e rotazione verso linterno della coscia da seduti a gambe raccolte
50) Dalla «posizione dell'ostacolista» flessione del tronco sulla gamba tesa avanti
51) Dalla «posizione dell'ostacolista» torsione e flessione del tronco sulla gamba flessa
Portare il ginocchio in avanti fino a farlo toccare per terra, restare seduti, non muovere I' altra gamba ^* ^+
Portare il ginocchio della gamba flessa piu indietro possibile, gamba avanti tesa; alternare la posizione delle gambe
Coxo-femorale, tratto dorsale e lombare del rachide
52) Dalla «posizione dell'o-stacolista» torsione e flessione del tronco dalla parte della gamba tesa
es.; cercare di non sollevare il ginocchio della gamba
essa
53) Dalla «posizione dell o-stacolista» spingersi verso l'alto e invertire la posizione delle gambe senza spostare i piedi
es.; possibilmente senza I aiuto (spinta) delle braccia ^ ^
Coxo-femorale
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ESERCIZI INDICAZIONI METODOLOGICHE ARTICOLAZIONI INTERESSATE
54) Dalla «posizione dell'ostacolista- sdraiarsi indietro
55) Dalla posizione in ginocchio sdraiarsi indietro sedendosi sui talloni
Coxo-femorale
Cercare di non sollevare le ginocchia
Coxo-femorale, artic. del ginocchio, artie della caviglia
56) Flessione forzata del tronco da seduti a gambe divaricate, con retroversione forzata degli arti superiori, con partner
Gambe tese; il partner deve ruotare le braccia dell esecutore in dentro, spingerle per avanti alto e contemporaneamente flettere in avanti il busto dello stesso
Coxo-femorale, tratto dorsale e lombare del rachide, scapolo-omerale
57) Flessione ed estensione dei piedi
Seduti, gambe sollevate; forzare al massimo il movimento
Artic. della caviglia
58) Flessione forzata del piede con punta appoggiata contro il muro
59) Rotazione dei piedi in dentro e in fuori
60) Circonduzione dei piedi nei due sensi
Piede in max flessione, avvicinarsi con il tronco il piu possibile al mu- -jflft ro; molleggiare ' •>
Seduti, gambe sollevate; \y)f forzare al massimo il mo
vimento
172
INDICE
- LO SVILUPPO DELLLE QUALITÀ FISICHE "Pag. 5 - LE QUALITÀ FISICHE: » 7
LA RESISTENZA
- RESISTENZA ORGANICA AEROBICA » 9 - METODOLOGIA DI ALLENAMENTO PER MIGLIORARE LA FUNZIONALITÀ
CARDIOCIRCOLATORIA » 10 - METODOLOGIA DI ALLENAMENTO PER MIGLIORARE L'EFFICACIA DEGLI
SCAMBI GASSOSI » 11 - RESISTENZA ORGANICA ANAEROBICA » 13 - RESISTENZA MUSCOLARE AEROBICA » 16 - RESISTENZA MISCOLARE ANAEROBICA .» 17
LA FORZA
- DEFINIZIONE E CENNI ANATOMO-FUNZIONALI DI MIOLOGIA Pag. 19 - RAPPORTO TRA FORZA E PESO » 22 - CLASSIFICAZIONE DELLA FORZA » 23 - ESERCITAZIONI PER L'ALLENAMENTO DI FORZA » 24 - MEZZI E METODI DELL'ALLENAMENTO PER LA FORZA » 26
La forza massimale » 26 La forza resistente » 28 La forza veloce » 28
- TEST DI VALUTAZIONE » 29 - TABELLE » 30
n. 1 - Esercizi generali per lo sviluppo della forza » 30 n. 2 - Esercizi speciali per lo sviluppo della forza » 31 n. 3 - Esempio di una tabella per la forza max basata sugli esercizi gene
rali » 31 n. 4 - Esempio di una tabella per la forza max basata sugli esercizi speciali
per atleti in via di specializzazione » 32 n. 5 - Esempio di una tabella a piramide » 32 n. 6 - Esempio di una tabella per il periodo competitivo per atleti di alta
specializzazione » 32 n. 7 - Tabella riassuntiva delle varie metodologie di incremento della
forza » 33 n. 8 - Normativa per la forza max' » 33
- LO SVILUPPO CORPOREO DEI BAMBINI E RAGAZZI E L'ALLENAMENTO PER LA FORZA » 34
- INDICAZIONI PER EVITARE DANNI FISICI O LESIONI »» 36
LA VELOCITÀ
- DEFINIZIONE E FATTORI CHE LA DETERMINANO » 37 - MEZZI E METODI PER LO SVILUPPO GENERALE DELLA VELOCITÀ . . . . » 39
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LA MOBILITÀ ARTICOLARE
TIPI DI MOBILITÀ E FATTORI CHE LA INFLUENZANO » 41 Tipi di articolazioni » 42 Movimenti articolari » 42
ARTICOLAZIONI DELLA COLONNA VERTEBRALE » 44 Caratteristiche delle vertebre » 44 Le vertebre cervicali » 44 Movimenti della colonna vertebrale » 44
ARTICOLAZIONE OCCIPITO-ATLANTOIDEA » 48 ARTICOLAZIONE SCAPOLO OMERALE » 49
Movimenti dell'articolazione scapolo omerale » 49 ARTICOLAZIONE COXO-FEMORALE » 53
Movimenti dell'articolazione coxo-femorale » 54 ESERCIZI PER LO SVILUPPO DELLA MOBILITÀ » 58
Mobilizzazione dell'articolazione occipito-atlantoidea e del tratto cervicale del rachide •. . » 58
Mobilizzazione prevalente del tratto dorsale del rachide » 59 Mobilizzazione prevalente del tratto lombare del rachide » 59 Mobilizzazione della articolazione scapolo-omerale » 60 Mobilizzazione della articolazione coxo-femorale » 61
TEST DI VALUTAZIONE PER LA MOBILITÀ » 62
LA PERIODIZZAZIONE DELL'ALLENAMENTO - CONCETTO E PRINCIPI DELLA PERIODIZZAZIONE » 65 - CONCETTO E FASI DELLA FORMA SPORTIVA » 66 - LA COSTRUZIONE DELL'ALLENAMENTO » 68
Struttura di un allenamento singolo » 68 Struttura dei microcicli » 73 Struttura dei mesocicli » 76
- IL PERIODO PREPARATORIO » 80 Prima tappa » 80 Seconda tappa : » 83
- IL PERIODO FONDAMENTALE O COMPETITIVO » 85 - IL PERIODO TRANSITORIO » 89 - TABELLA RIASSUNTIVA DEI MEZZI DA USARE NEI VARI PERIODI » 90 - CONCLUSIONI .. 92
350 ESERCIZI PER LO SVILUPPO DELLE QUALITÀ FISICHE DEL LOTTATORE
Esercizi di preatletismo » 101
Esercizi di potenziamento con pesi e attrezzi » 120
Esercizi con il partner » 132
a) da fermo » 132
b) in movimento » 142
Esercizi di preacrobatica ed acrobatica » 148
Esercizi in ponte e per il ponte » 158
Esercizi per la mobilità articolare » 163
174
Arti Grafiche San Marcello - Viale Regina Margherita, 176 - Roma