PENE, CRIMINALI E CRIMINI NELL EPOCA DEI LUMI...PENE, CRIMINALI E CRIMINI NELL’EPOCA DEI LUMI Le...

Post on 21-Feb-2020

6 views 0 download

Transcript of PENE, CRIMINALI E CRIMINI NELL EPOCA DEI LUMI...PENE, CRIMINALI E CRIMINI NELL’EPOCA DEI LUMI Le...

PENE, CRIMINALI E CRIMINI NELL’EPOCA DEI LUMI

Le sentenze criminali del Senato di Piemonte nel XVIII secolo

Percorso didattico dell’Archivio di Stato di Torino

A cura di Rosanna Ferrarotti e Edoardo Garis

Torino 2009

INTRODUZIONE

Da molti anni la Sezione Didattica dell’Archivio di Stato di Torino consente alle classi che ne fanno

domanda di effettuare visite guidate all’Istituto. Durante alcune di queste visite si è fatta una breve

indagine per capire quali fossero, tra i problemi della società attuale, quelli maggiormente avvertiti

dai ragazzi della vostra età. Tra le tante risposte fornite, il problema della sicurezza è risultato tra i

più sentiti.

Ci siamo domandati allora se furti, rapine, omicidi e altri reati di cui ti presentiamo una breve

antologia tratta da quotidiani nazionali siano tipici solo della nostra epoca, o se invece fossero

presenti anche in società precedenti alla nostra. Ci siamo poi chiesti se e in quale modo chi è vissuto

prima di noi abbia difeso la legalità e protetto i diritti “naturali” degli uomini della sua epoca.

Una risposta a tali interrogativi è stata fornita dalla lettura di alcuni registri settecenteschi di

sentenze criminali emanate dal Senato di Piemonte1. Da questi documenti è possibile ricavare 1 Il Senato fu istituito ufficialmente dal duca di Savoia Emanuele Filiberto nel 1559; esso affonda le sue radici in età

medievale: i documenti dimostrano che nella contea di Savoia, diventata nel 1416 ducato, esisteva un “Consiglio

residente a Torino” dotato di competenza in grado di appello per il territorio piemontese. Questo significa che chi

veniva condannato da un tribunale del ducato poteva chiedere al Consiglio di riesaminare il suo caso: il Consiglio

poteva confermare la sentenza precedente, oppure modificarla in meglio o in peggio. Essendo il ducato di Savoia

composto nel medioevo da due grandi territori, la Savoia e il Piemonte, parallelo al Consiglio residente a Torino

esisteva un Consiglio residente a Chambéry (capoluogo della Savoia e capitale medievale del ducato) che aveva gli

stessi compiti.

Anche il Senato di Piemonte aveva la sua sede a Torino, dal 1562 capitale del ducato di Savoia, e come compito

principale aveva quello di decidere le cause in appello. Le sue sentenze erano per lo più inappellabili, non esisteva cioè

un tribunale superiore a cui si potesse fare ricorso: solo una decisione del duca, dotato di potere assoluto, poteva di

solito modificare una sentenza del Senato. Parallelamente al Senato di Piemonte si erano formati un Senato di Savoia e

uno della contea di Nizza.

Nella prima metà del ‘700 si assiste in Italia a una forte azione di riforma legislativa, di cui in Piemonte, che dal 1717

faceva parte del Regno di Sicilia, poi Regno di Sardegna, governato dai Savoia, sono testimonianza le “Leggi e

Costituzioni di Sua Maestà”. Esse furono volute dal primo re di Sardegna Vittorio Amedeo II nel 1723, furono

migliorate dallo stesso nel 1729 e vennero infine revisionate dal figlio, re Carlo Emanuele III, nel 1770. Le “Regie

Costituzioni” cercavano di ammodernare, mettere in ordine e porre per iscritto le principali leggi su cui si doveva

reggere il Regno di Sardegna, affiancandosi a norme di varia provenienza utilizzate fino a quel momento: leggi ricavate

dagli antichi testi del diritto romano e da quello della Chiesa, norme diverse per luoghi diversi dello Stato oppure leggi

risalenti a volte fino al medioevo ma considerate valide per la forza dell’abitudine e della tradizione.

Secondo le Regie Costituzioni il Senato era considerato all’interno del Regno di Sardegna come il giudice preminente,

dotato del potere di emanare in appello sentenze definitive. Il Senato di Piemonte era composto da due gruppi distinti, o

“classi”, di 7 senatori ciascuno: una doveva occuparsi delle sentenze criminali, cioè penali, l’altra delle sentenze civili;

a partire dal 1775, a causa delle molte sentenze da trattare, la classe civile venne sdoppiata, mentre quella criminale fu

portata a 10 senatori.

Dopo l'epoca napoleonica, durante la quale venne soppresso, il Senato di Piemonte fu ripristinato nelle sue funzioni

notizie su avvenimenti realmente accaduti in un tempo molto lontano da noi: alcuni tragici, altri ai

nostri occhi quasi comici, tutti utili a ricostruire alcuni aspetti di un’epoca e della sua vita

quotidiana. Trattandosi di sentenze collegate a qualche reato commesso o presunto tale, una lettura

attenta consente di cogliere il diverso modo di concepire la giustizia che si aveva nei tempi antichi

rispetto a oggi.

Una lettura attenta di documenti antichi: per questo motivo abbiamo deciso di proporti una copia

dei documenti originali e la loro trascrizione, perché tu possa entrare in contatto più diretto con

documentazione scritta da qualcuno circa trecento anni fa; abbiamo poi pensato a una serie di

schede e domande che, speriamo, ti possano aiutare a ragionare meglio su quanto hai letto,

ricavando da quello che sembra un semplice pezzo di carta scritto (a volte neppure troppo bene!)

una parte di quelle informazioni di cui ogni documento rappresenta un’autentica miniera.

Se, come speriamo, la nostra proposta si rivelerà per te interessante, potrai fare degli

approfondimenti su diversi temi servendoti dei suggerimenti bibliografici e sitografici che troverai

in appendice.

Aiutato dal tuo Insegnante potrai infine rileggere i documenti per ricavarne sempre notizie nuove e

diverse: un documento infatti è in grado di fornire a chi o interroga risposte sempre nuove, in base

alle domande e agli interessi che l’interrogante si pone.

Ci aguriamo che questa proposta si riveli utile alla tua crescita e stimolante per i tuoi interessi e ti

auguriamo un buon lavoro.

dalla Restaurazione. Nel 1848 re Carlo Alberto, emanando lo Statuto Albertino, chiamò col nome di Senato una delle

due Camere dotate di potere legislativo (incaricate cioè di proporre e discutere le leggi) da lui create. La funzione

legislativa venne poi ereditata dal Senato del Regno d'Italia e da quello, attuale, della Repubblica Italiana.

PREMESSA

Perché di questa proposta.

Il progetto, prendendo lo spunto da un problema sociale molto avvertito ai nostri giorni, intende

proiettare la medesima problematica nel passato per verificarne esistenza, consistenza e metodi di

soluzione.

Linea guida del percorso sarà il problema della “sicurezza”, sentito oggi come prioritario, a tal

punto da indurre la convinzione di vivere in un’epoca particolarmente difficile sotto questo aspetto.

L’idea di questo tema nasce da alcuni rapidi sondaggi a carattere informale, avvenuti nel corso di

visite didattiche in merito alle problematiche maggiormente avvertite dagli studenti.

A chi è rivolta.

L’offerta si rivolge agli studenti dell’ultimo anno della Scuola Primaria di Primo Grado, a quelli

della Scuola Primaria di Secondo Grado e a quelli del biennio della Scuola Secondaria.

L’apparente ampiezza dell’utenza si giustifica con:

-il carattere del tema, in grado, si spera, di interessare ragazzi di età diverse;

-la modularità della proposta, che consente di affrontare le problematiche individuabili a livelli

diversi di complessità;

-il collegamento non vincolante rispetto ai programmi di Storia dei vari ordini di Scuola; i

documenti presentati, infatti, pur essendo tutti del XVIII secolo, non richiedono particolari

conoscenze di tipo nozionistico per essere analizzati e interpretati;

-la possibilità di elaborare percorsi interdisciplinari.

Il percorso, in virtù della sua modularità, lascia agli Insegnanti ampi margini di scelta metodologica

e di interventi didattici.

Le schede attuali vogliono essere un modello propedeutico aperto a eventuali esperienze di lavoro

supplementari. Si sta per esempio valutando l’opportunità di proporre, alle classi che rivelino

particolari interessi verso il percorso, copia digitale di uno o più registri di sentenze nella loro

integrità, che potranno essere oggetto di analisi sulla base dei suggerimenti qui proposti.

Struttura del percorso.

Prendendo spunto dal presente per riflettere sul passato, il percorso affianca casi di cronaca attuale

riportati dai giornali, a proposito dei quali si è cercato di rifuggire il più possibile dall’orrido e dalla

morbosità, ad alcune sentenze criminali estratte dai registri settecenteschi del Senato di Piemonte,

per le quali si sono seguiti i medesimi criteri di scelta: questo non per trasmettere agli studenti un

messaggio negativo di rassegnazione (nulla cambia mai nelle situazioni e nei comportamenti) di

fronte all'illegalità, ma per fornire stimoli positivi di riflessione sulla giustizia nelle sue modalità di

applicazione passate e presenti.

Suggerimenti metodologici per il lavoro.

Di ogni sentenza selezionata vengono riportate la riproduzione dell’originale e la sua trascrizione:

questo perché è sembrato opportuno mettere gli studenti a contatto il più possibile diretto con la

fisicità dei documenti.

Per ogni sentenza è stata elaborata una scheda interpretativa, organizzata su due piani: una griglia

da compilare per favorire la lettura testuale e una serie di domande utili alla comprensione

semantica del testo e ad eventuali ragionamenti sul medesimo e approfondimenti. Due delle

domande vogliono indirizzare l’attività dello studente sul piano linguistico-espressivo: ricostruzione

visiva del fatto attraverso una tecnica grafica e descrizione con parole proprie di quanto narrato dal

documento.

Ulteriori dati e citazioni bibliografiche utili all’interpretazione delle sentenze e agli approfondimenti

sono posti in appendice.

Obiettivi.

-Sviluppare lo spirito critico per costruire abilità di lettura, interpretazione e decodificazione;

-stimolare negli alunni processi individuali e creativi;

-acquisire l’uso della fonte come tramite “problematico” con il passato;

-incentrare l’attenzione degli alunni sui documenti: aspetto fisico e struttura logica, valenza

giuridica e importanza storica;

-confrontare aspetti caratterizzanti le diverse società studiate, anche in rapporto al presente;

-elaborare in forma di racconto-orale e scritto-gli argomenti studiati;

-utilizzare conoscenze, selezionate e schedate da fonti di informazione diverse, manualistiche e non;

-fornire spunti per lettura e approfondimenti della Costituzione italiana;

-stimolare collegamenti tra diverse aree disciplinari (storia, educazione civica, italiano, educazione

alla legalità….).

1. Archivio di Stato di Torino, Senato di Piemonte, Criminale, Registro 40, sentenza 4 a carta 4

Scheda 1: Archivio di Stato di Torino, Senato di Piemonte, Criminale, Registro 40, sentenza 4 a carta 4

Sentenza nella causa del Fisco di Envie contro Chiafredo Antonio Giacosa, figlio di Giuseppe, abbitante nelle fini di Barge, dittenuto ed inquisito d’avere il dì da 22 maggio ultimo scorso, circa le ore 22 rubbato sale nella bottega di Bartolomeo Rubiolo Gabalotto in detto luogo, coll’essersi posto detto sale in quantità di libre 3, oncie 2 nella sacoccia di suo vestito, stato ritrovato a commetter tal furto da Andrea Guglielmo, servo di detto Rubiolo, coll’essere detto dittenuto dalla strada per introdursi in detta bottega passato per la finestra esistente all’uscio di detta bottega in altezza da terra un mezzo trabucco circa.Il Senato, udita la rellazione degli atti, ha pronunciato, e pronuncia doversi condannare, come condanna, detto dittenuto Chiafredo Antonio Giacosa nella pena d’un mese di cattena, precedente l’esemplarità d’essere condotto per i luoghi soliti colla cattena al piede, nell’indennizzazione verso il suddetto derrubbato e nelle spese.Torino, li 25 agosto 1752

Percorsi di lettura scheda 1.

• Dopo aver letto attentemente la sentenza, prova a compilare la seguente griglia, poi rispondi alle domande e svolgi le attività proposte.

Fisco di Nome dell’accusato

Soprannome Figlio di Abitante a Età Condizione (es. detenuto, libero, contumace…)

Accusa Sentenza-Data

1) Individua su una cartina del Piemonte il luogo in cui risiede l’accusato e il luogo in cui è avvenuto il reato.2) Facendo riferimento alle tabelle allegate, a quanto corrispondono 3 libbre e 2 once di sale? Quanto costa oggi una quantità di sale più o meno equivalente a quella rubata?3) La pena comminata per questo furto ti sembra proporzionata all’entità del reato? Documentati sull’importanza del sale nella vita quotidiana delle società preindustriali.4) Cosa significa il termine “sacoccia”?5) Che percorso ha compiuto il ladro per commettere il furto?6) Quali sono le modalità con cui è avvenuto?7) Secondo te, il “colpo” è riuscito perfettamente? Perché?8) Facendo riferimento alle tabelle allegate, a quanto corrisponde mezzo trabucco, cioè l’altezza della finestra da cui è passato il ladro? Secondo te, il ladro ha

avuto bisogno di una scala, di uno sgabello o solo della sua agilità per arrivare alla finestra? 9) Facendo riferimento agli articoli allegati nella sezione antologica, che cosa significa “esemplarità della pena”? Quale era lo scopo delle esemplarità? Questo scopo veniva raggiunto? 10) Cosa significa “indennizzazione”?11) Immagina di essere un detective incaricato di rappresentare la scena del delitto: in base alla descrizione del reato illustra quanto accaduto.12) Immagina di essere un giornalista di cronaca locale: scrivi un articolo su quanto accaduto.

2. Archivio di Stato di Torino, Senato di Piemonte, Criminale, Registro 40, sentenza 10 a carta 17

Scheda 2: Archivio di Stato di Torino, Senato di Piemonte, Criminale, Registro 40, sentenza 10 a carta 17

Sentenza nella causa del Fisco di Caselle contro Gioanni del fù Antonio Chiapusso, delle fini di Corio, fattosi nelle sue risposte d’anni 20 in 25, pronunciato maggiore di 25, ditenuto, ed inquisito come confesso d’avere la mattina de’ 22 giugno 1752 derubbato un rasoio nella bottega ed a pregiudizio del cerusico Luora in detto luogo di Caselle.Il Senato, udita la relazione degli atti, ha pronunciato e pronuncia doversi condannare, come condanna il detto dittenuto Giovanni Chiapusso nella pena di un mese di cattena, precedente l’esemplarità d’essere condotto per i luoghi soliti colla cattena al piede, e nelle spese, mandando restituirsi al derubbato il rasoio esiste presso l’ufficio. Torino, li 28 agosto 1752

Percorsi di lettura scheda 2.

• Dopo aver letto attentemente la sentenza, prova a compilare la seguente griglia, poi rispondi alle domande e svolgi le attività proposte.

Fisco di Nome dell’accusato

Soprannome Figlio di Abitante a Età Condizione (es. detenuto, libero, contumace…)

Accusa Sentenza-data

1) Indica su una cartina del Piemonte il luogo in cui risiede l’accusato e il luogo in cui è avvenuto il reato.2) Cosa significa il verbo “fu” davanti al nome del padre?3) Che cosa significa l’espressione “fattosi nelle sue risposte d’anni 20 in 25, pronunciato maggiore di 25”? Perché secondo te l’età della persona è incerta? Al

giorno d’oggi esistono strumenti che consentono di conoscere con certezza i dati di una persona? Verifica se tali strumenti esistevano già nel ‘700.4) Che cosa significa il termine “confesso”?5) Cosa vuol dire “cerusico”? Il fatto che lavorasse in una “bottega” e che usasse un “rasoio” a quale altra professione ti fa pensare? Prova a fare una breve

ricerca sulle funzioni dei cerusici nelle comunità del ‘700. 6) Dove viene conservato il corpo del reato dopo l’arresto del ladro? Cosa accadrà dell’oggetto secondo la sentenza?

7) Immagina di essere un detective incaricato di rappresentare la scena del delitto: in base alla descrizione del reato illustra quanto accaduto.8) Immagina di essere un giornalista di cronaca locale: scrivi un articolo su quanto accaduto.

3. Archivio di Stato di Torino, Senato di Piemonte, Criminale, Registro 40, sentenza 13 a carta 24 verso

Scheda 3: Archivio di Stato di Torino, Senato di Piemonte, Criminale, Registro 40, sentenza 13 a carta 24 verso

Sentenza nella causa del Fisco della Giudicatura di questa Città contro Vittorio Bossola, figlio di Bartolomeo di questa città, contumace ed inquisito d’avere la sera delli 24 caduto marzo, circa le ore cinque di Francia, aspettato nella contrada tendente dalla Chiesa di S. Dalmazzo a quella delle Orfanelle l’avvocato Ignazio Lanzetti, e contrapassato che questo fu per restituirsi alla di lui casa d’abitazione posta in poca distanza dalla Chiesa delle Orfanelle, senza dir cosa alcuna e per dietro averlo percosso con colpi di canna sul capo, facia, e brachi e causato colli medesimi varie contusioni tutte sanabili, e ciò in seguito a qualche parolla tra essi avuta la sera antecedente.Il Senato, vista la relazione degli atti, in grado di confermazione o riparazione della sentenza del Primo Giudice delli 9 agosto corrente, ha pronunciato e pronuncia doversi condannare, come condanna, il detto inquisito Vittorio Bossola nella pena di un tratto di corda da darseli in pubblico, nell’indennizzazione verso il detto avvocato Ignazio Lanzetti e nelle spese.Torino, li 29 agosto 1752

Percorsi di lettura scheda 3.• Dopo aver letto attentemente la sentenza, prova a compilare la seguente griglia, poi rispondi alle domande e svolgi

le attività proposte.

Fisco di Nome dell’accusato

Soprannome Figlio di Abitante a Età Condizione (es. detenuto, libero, contumace…)

Accusa Sentenza-data

1) Che cosa significa la parola “Giudicatura”?2) Quando la sentenza riporta la formula “di questa città”, a quale città si riferisce? Da cosa lo puoi dedurre?3) Nelle scritture antiche, come ad esempio negli SMS moderni, certe parole venivano scritte in forma abbreviata: come scioglieresti allora l’abbreviazione “Bartol.o”?4) Che cosa significa la parola “contumace”?.5) Nel testo della sentenza si fa riferimento all’ “ora di Francia”; con tale termine si intendeva un computo delle ore dall’una di notte a mezzogiorno e dall’una del pomeriggio a mezzanotte; tale sistema si contrapponeva all’ “ora d’Italia” che copriva l’intero arco delle 24 ore. Se studi la lingua inglese, avrai avuto modo di verificare che anche oggi…. Prova a calcolare l’ora del reato secondo l’ora “italiana”.

6) Che cosa significa, nel contesto torinese di Età Moderna, la parola “contrada”? Aiutati con le carte di Torino nel Settecento che trovi in appendice. 7) Le due chiese citate nella sentenza, esistono ancora oggi?

8) In base alle informazione della fonte, prova a ipotizzare il nome antico e quello moderno di quella zona e a localizzare l’abitazione della vittima, segnandoli su una carta della Città. 9) Immagina di essere un detective incaricato di rappresentare la scena del delitto: in base alla descrizione del reato illustra quanto accaduto.

10) Immagina di essere un giornalista di cronaca locale: scrivi un articolo su quanto accaduto.

4. Archivio di Stato di Torino, Senato di Piemonte, Criminale, Registro 40, sentenza 16 a carta 27

Scheda 4: Archivio di Stato di Torino, Senato di Piemonte, Criminale, Registro 40, sentenza 16 a carta 27

Sentenza nella causa del Fisco di Pino Torinese contro Antonio Viola, figlio di Spirito, dal luogo di vicino di San Damiano, fattosi nella risposta d’anni 20 in 21, detenuto, ed inquisito:o primo d’avere la mattina di 25 ultimo scorso aprile circa la ora due di sole derubbato tre galline, cioé una alla cassina

detta “Della Comanda”, altra al palazzo detto “Di Cassalvecchio”, ed altra alla cassina detta “Dell’Ogliero”, tutte e tre sulle fini di Pino Torinese;

o 2odella qualità d’ozioso e vagabondoIl Senato, udita la relazione degli atti, ha pronunciato e pronuncia doversi condannare, come condanna, il detto detenuto Antonio Viola nella pena di un anno di cattena, precedente l’esemplarità d’essere condotto per i luoghi soliti colla cattena al piede, e spirato detto tempo a dover passare sottomissione d’applicarsi a qualche lavoro stabile sotto pena arbitraria a questo Magistrato, e nelle spese.

Torino, li 29 agosto 1752

Percorsi di lettura scheda 4.

• Dopo aver letto attentemente la sentenza, prova a compilare la seguente griglia, poi rispondi alle domande e svolgi le attività proposte.

Fisco di Nome dell’accusato

Soprannome Figlio di Abitante a Età Condizione (es. detenuto, libero, contumace…)

Accusa Sentenza-data

1) Indica su una cartina del Piemonte il luogo in cui risiede l’accusato e il luogo in cui è avvenuto il reato.2) Che cosa significa l’espressione “fattosi nelle sue risposte d’anni 20 in 21” ?. Perché secondo te l’età della persona è incerta? Al giorno d’oggi esistono

strumenti che consentono di conoscere con certezza i dati di una persona? Verifica se tali strumenti esistevano già nel ‘700. 3) Nel testo della sentenza si fa riferimento alle “ore due di sole”. Calcola l’ora del reato.

4) Che cosa significa, l’espressione “essere ozioso e vagabondo”? Perché a tuo avviso viene sottolineata la condizione sociale dell’inquisito? 5) Secondo te, la pena comminata al detenuto, è proporzionata all’entità del reato? Prova a trovare una giustificazione di questo criterio di giudizio, dopo aver svolto una breve ricerca sulla situazione economica del Piemonte settecentesco.

6) Che cosa significa, in questo contesto, la parola, “sottomissione” che trovi in forma abbreviata? 7) Perché il detenuto deve impegnarsi, una volta scontata la pena, ad “applicarsi a quache lavoro stabile”? Secondo te lo Stato sabaudo fornisce un aiuto al reinserimento del detenuto nella società, come deve fare uno Stato democratico dei nostri giorni? 8) Che cosa significa l’espressione “sotto pena arbitraria a questo Magistrato”? A quale magistratura si fa riferimento? 9) Immagina di essere un detective incaricato di rappresentare la scena del delitto: in base alla descrizione del reato illustra quanto accaduto.

10) Immagina di essere un giornalista di cronaca locale: scrivi un articolo su quanto accaduto.

5. Archivio di Stato di Torino, Senato di Piemonte, Criminale, Registro 40, sentenza 26 a carta 53

Scheda 5: Archivio di Stato di Torino, Senato di Piemonte, Criminale, Registro 40, sentenza 26 a carta 53

Sentenza nella causa del Fisco di San Damiano in Asteggiano contro Giuseppe Marello, Giovanni Antonio Bio e Michele Angelo Monticone, tutti delle fini dello stesso luogo, contumaci et inquisiti d’essersi portati con altri uomini circa le hore tre della notte de’ 15 genaio ultimo scorso alla cassina di Giovanni Sallasco nelle fini di detto luogo e regione di Lavezzole ed averne abdotta con violenza Maria Cattarina Sallasca di Luisonella e figlia nubile già promessa per sposa a Giuseppe Vercelli delle fini di Celle, con averla obligata a transferirsi alla casa del signor paroco della Parochiale del Cantone di Gorsano, fini di detto luogo di San Damiano, dove trattenutasi alcuni giorni fu poi sposata al detto Giuseppe Marello.Il Senato, udita la relazione delli atti, in grado di confermazione o riparazione della sentenza del Primo Giudice delli 26 giugno ultimo scorso, ha pronunciato e pronuncia doversi condannare come condanna li detti inquisiti Giuseppe Marello, Gioanni Antonio Bio e Michele Angelo Monticone e ciascheduno d’essi nella pena di anni due di bando dalla Provincia del commesso delitto, e tutti e tre sollidariamente nella spesa.

Torino, li 2 settembre 1752.

Percorsi di lettura scheda 5.

• Dopo aver letto attentemente la sentenza, prova a compilare la seguente griglia, poi rispondi alle domande e svolgi le attività proposte.

Fisco di Nomi degli’accusati

Soprannome Figlio di Abitante a Età Condizione (es. detenuto, libero, contumace…)

Accusa Sentenza-data

- -

1) Indica su una cartina del Piemonte il luogo in cui risiede l’accusato e il luogo in cui è avvenuto il reato. Come si chiama oggi il Comune in cui si sono svolti i fatti?

2) In che data e a che ora è avvenuto il fatto? 3) Che cosa significa l’espressione “averne abdotta con violenza”?.

4) In quale passo di un famoso romanzo della letteratura italiana (che trovi anche in appendice) è stato narrato un episodio analogo? Prova a valutare analogie e differenze tra realtà e finzione. 5) Perché viene sottolineato il fatto che la rapita fosse già fidanzata con Giuseppe Vercelli?

6) Prova a ipotizzare il motivo per cui la ragazza rapita è stata custodita nella casa di un parroco. 7) In che cosa consisteva la pena del bando? Quali potevano essere le conseguenza sociali e private per i condannati a tale pena? 8) Che cosa significa l’espressione “solidariamente nelle spese”? 9) Immagina di essere un detective incaricato di rappresentare la scena del delitto: in base alla descrizione del reato illustra quanto accaduto.

10) Immagina di essere un giornalista di cronaca locale: scrivi un articolo su quanto accaduto.

6. Archivio di Stato di Torino, Senato di Piemonte, Criminale, Registro 40, sentenza 35 a carta 71

Scheda 6: Archivio di Stato di Torino, Senato di Piemonte, Criminale, Registro 40, sentenza 35 a carta 71

Sentenza nella causa del Regio Fisco della città di Pinerolo contro Giacomo Cardone detto per sopranome Barotto del fu Benedetto del luogo d’Osasco, contumace ed inquisito d’avere la notte delli 8 a 9 settembre 1749 tagliate e rispettivamente danneggiate viti mille di mille trenta cinque che esistevano in un alteno di giornate cinque, tavole sette, piedi otto proprio del signor conte Carlo Giovanni Battista d’Osasco, situato nelle fini dello stesso luogo, regione detta “Del Chiabotto”.Il Senato, udita la relazione degli atti, in grado di confermazione o riparazione della sentenza del primo giudice delli 2 gennaio dell’anno ora scorso, ha pronunciato e pronuncia doversi condannare come condanna il detto signor Giacomo Cardone nella pena di sei mesi di carcere, nell’indennizzazione verso il danneggiato signor conte d’Osasco e nelle spese.

Torino, li 6 settembre 1752

Percorsi di lettura scheda 6.

• Dopo aver letto attentemente la sentenza, prova a compilare la seguente griglia, poi rispondi alle domande e svolgi le attività proposte.

Fisco di Nome dell’accusato

Soprannome Figlio di Abitante a Età Condizione (es. detenuto, libero, contumace…)

Accusa Sentenza-data

1) Indica su una cartina del Piemonte il luogo in cui risiede l’accusato e il luogo in cui è avvenuto il reato.2) Che cosa significa nel dialetto piemontese il termine “barotto” con cui è soprannominato l’inquisito? Da cosa deriva tale termine? 3) Quando viene commesso il reato?

4) Che cosa è un alteno? 5) In base alla tabella che trovi in allegato, prova a calcolare, secondo le misure moderne, l’estensione dell’alteno danneggiato.

6) Considera questa norma proveniente dagli Statuti comunali di Benevagienna del 1293: “Chi taglia le vigne o un alteno formato da 20 o più viti di proprietà del comune di Benevagienna, o chi commette una devastazione, contro le vigne o gli alteni del valore di 60 soldi o oltre sia multato dal Comune; chi ha causato il predetto danno, paghi la multa di 5 soldi per ogni unità rovinata e rimborsi con una cifra pari al doppio il danno che sarà stato valutato dai periti del Comune”. Quali analogie trovi tra questa norma e la sentenza che stai analizzando? Perché, secondo te, a distanza di quasi 500 anni il problema si pone in termini e con soluzioni analoghe? Nella giustizia di Antico Regime, accanto a norme scritte, vigevano spesso leggi ricavate dalla tradizione: nella sentenza che stai analizzando si può intravvedere una situazione di questo genere? Perché?

7) Svolgi una ricerca sulla coltivazione della vite per valutare l’entità del danno inferto al proprietario dell’alteno. 8) Quale ruolo sociale e politico rivestiva, all’interno della Comunità di Osasco, il danneggiato? Di quali prerogative godevano ancora i feudatari del ‘700 all’interno dei loro domini? 9) Immagina di essere un detective incaricato di rappresentare la scena del delitto: in base alla descrizione del reato illustra quanto accaduto.

10) Immagina di essere un giornalista di cronaca locale: scrivi un articolo su quanto accaduto.

7. Archivio di Stato di Torino, Senato di Piemonte, Criminale, Registro 40, sentenza 52 a carta 108

Scheda 7: Archivio di Stato di Torino, Senato di Piemonte, Criminale, Registro 40, sentenza 52 a carta 108

Sentenza nella causa del Fisco di Cumiana contro Carlo Veramino del fu Domenico, dittenuto ed inquisito di furto di dieci gradini di pietra formati e destinati per la costruzione d’una scala e del valore di soldi dodici, dinari sei caduno, stati trasportati in più volte dalla pietrera situata nella regione di Changros nelle fini di detto luogo propria ed a pregiudicio del piccapietre Giovanni Battista Piazzolo residente nel medesimo luogo, circa il principio di ottobre dell’anno scorso 1751.Il Senato, udita la rellazione degli atti, ha pronunciato e pronuncia doversi condannare come condanna il suddetto Carlo Veramino nella pena di mesi tre di cattena, preccedente l’esemplarità d’essere condotto per i luoghi soliti colla catena al piede, nell’indennizzazione verso il suddetto derrubbato e nelle spese.

Torino, li 23 settembre 1752

Percorsi di lettura scheda 7.

• Dopo aver letto attentemente la sentenza, prova a compilare la seguente griglia, poi rispondi alle domande e svolgi le attività proposte.

Fisco di Nome dell’accusato

Soprannome Figlio di Abitante a Età Condizione (es. detenuto, libero, contumace…)

Accusa Sentenza-data

1) Indica su una cartina del Piemonte il luogo in cui è avvenuto il reato.2) Cosa significa il verbo “fu” davanti al nome del padre?3) Perché tutte le sentenze riportano, se conosciuta, la paternità?

4 ) Dopo avere svolto una breve ricerca sulla monetazione sabauda del Settecento, sapresti dire se, a tuo avviso, il valore della refurtiva era considerato alto o meno? 5) Che cosa significa l’abbreviazione “Cado”?.

6) Cosa era la “pietrera”? Raccogli notizie su zone del Piemonte famose per le loro cave di pietra. 7) Raccogli informazioni sull’antico mestiere del piccapietre. Al giorno d’oggi questa attività esiste ancora?

8) Quando è stato commesso il reato? Secondo te, la pena comminata al detenuto, è proporzionata all’entità del reato? Prova a trovare una giustificazione di questo criterio di giudizio, tenendo presente la situazione economica del Piemonte settecentesco. 9) Immagina di essere un detective incaricato di rappresentare la scena del delitto: in base alla descrizione del reato illustra quanto accaduto. 10) Immagina di essere un giornalista di cronaca locale: scrivi un articolo su quanto accaduto.

8. Archivio di Stato di Torino, Senato di Piemonte, Criminale, Registro 40, sentenza 53 a carta 109

Scheda 8: Archivio di Stato di Torino, Senato di Piemonte, Criminale, Registro 40, sentenza 53 a carta 109

Sentenza nella causa del Fisco di Grassano contro Paolo Piccinino fu Giovanni Antonio di detto luogo, minore d’anni 25, contumace ed inquisito d’omicidio precedente contrasto seguito circa le ore due della notte de’ 23 maggio ultimo con sparo di fucile nella persona dell’or fu Vincenzo Lessona di detto luogo.Il Senato, udita la relazione degli atti, in grado di confermazione o riparazione della sentenza del primo giudice delli 31 luglio scorso, ha pronunciato e pronuncia doversi condannare come condanna il detto Paolo Piccinino a dover servire per remigante forzato sovra le galere di Sua Maestà per anni dieci continui e nelle spese; dichiarandolo incorso in tutti li pregiudizi imposti dalle Regie Costituzioni contro li banditi di secondo cattalogo, sovra del quale manda il medesimo descriversi.

Torino, li 23 settembre 1752

Percorsi di lettura scheda 8.

• Dopo aver letto attentemente la sentenza, prova a compilare la seguente griglia, poi rispondi alle domande e svolgi le attività proposte.

Fisco di Nome dell’accusato

Soprannome Figlio di Abitante a Età Condizione (es. detenuto, libero, contumace…)

Accusa Sentenza-data

1) Segna su una cartina del Piemonte il luogo in cui è avvenuto il reato.2) Cosa significa il verbo “fu” davanti ai nomi del padre dell’inquisito e della vittima?3) Perché secondo te l’età della persona è incerta? Al giorno d’oggi esistono strumenti che consentono di conoscere con certezza i dati di una persona? Verifica se tali strumenti esistevano già nel ‘700. 4 ) Che cosa significa la parola “contumace”?

5) Che cosa significa l’espressione “omicidio precedente contrasto”? 6) Quando è stato commesso il reato? 7) Considerando che il Senato di Piemonte era l’organo al quale ci si rivolgeva per l’ultimo grado di giudizio, spiega l’espressione “in grado di confermazione o riparazione della sentenza del primo giudice del 31 luglio scorso”. A quale organo giudiziario dello Stato italiano moderno corrisponde all’incirca l’antico Senato di Piemonte? 8) Prova a spiegare con parole tue la pena che è stata comminata in contumacia all’inquisito. Che cosa erano le galere? Quale termine del linguaggio attuale ti ricorda la parola “galera”? Da cosa nasce questa metonimia? Leggi la norma delle Regie Costituzioni in appendice e cerca di spiegare l’espressione “incorso in tutti li pregiudizi imposti dalle Regie Costituzioni contro li banditi di secondo cattalogo, sovra del quale manda il medesimo descriversi”. In quali situazioni, descritte anche da molti film, si possono trovare esempi di segnalazioni di persone ricercate?9) Immagina di essere un detective incaricato di rappresentare la scena del delitto: in base alla descrizione del reato illustra quanto accaduto.10) Immagina di essere un giornalista di cronaca locale: scrivi un articolo su quanto accaduto.

9. Archivio di Stato di Torino, Senato di Piemonte, Criminale, Registro 40, sentenza 74 a carta 158

Scheda 9: Archivio di Stato di Torino, Senato di Piemonte, Criminale, Registro 40, sentenza 74 a carta 158

Sentenza nella causa del Fisco di Piasco contro Filippo Cuniglio del fu Giovanni Antonio e Giacomo Andrea Borgarino figlio di Tomaso minore di anni 20, maggiore però di 19, amendue delle fini di Busca, dettenuti ed inquisiti d’avere la sera delli 26 febraro corrente anno, circa mezz’ora di notte, sulle fini del Piasco, e sulla strada publica tendente da’ quel luogo a quello di Venasca, in un sitto in cui discorre un bealeroto, amendue armati di pistola assalito Giuseppe Bassonero di Brosasco, il quale era a’ cavallo di ritorno da’ Saluzzo, ed appontatagli tutti due la detta loro pistola allo stomaco, tenendo anche il Cuniglio un coltello da fodro alla mano, nel mentre che il Borgarino teneva fermo per la briglia il detto cavallo, avere il detto Cuniglio rugato indosso il Bassonero suddetto e levatagli una maglia con tré zechini di Firenze ed una doppia effettiva di Spagna.Il Senato, udita la rellazione degli atti ha pronunciato e pronuncia doversi condannare come condanna li detti dettenuti, cioè il Filippo Cuniglio a dover essere publicamente appiccato per la gola sino a che la di lui anima sia separata dal corpo, e questo fatto cadavere doversi ridurre in quarti da affiggere a’ luoghi soliti, et il Giacomo Andrea Borgarino a’ dover servire per remigante forzato sovra le galere di Sua Maestà sua vita natural durante, precedente l’esemplarità d’essere condotto per i luoghi soliti col remo in spalla, torquiti prima l’uno e l’altro nel capo de’ complici anche in conformità del Regio Editto de’ 5 gennaio 1740, e condannandoli pure nella solidaria indennizzazione verso il grassato Bassonero e nelle spese anche solidariamente.

Torino, li 21 ottobre 1752

Percorsi di lettura scheda 9.

• Dopo aver letto attentemente la sentenza, prova a compilare la seguente griglia, poi rispondi alle domande e svolgi le attività proposte.

Fisco di Nome dell’accusato

Soprannome Figlio di Abitante a Età Condizione (es. detenuto, libero, contumace…)

Accusa Sentenza-data

1) Segna su una cartina del Piemonte il luogo in cui è avvenuto il reato.2) Cosa significa il verbo “fu” davanti al nome del padre? Perché solo il patronimico di uno dei due inquisiti presenta “fu” davanti?3) Perché secondo te l’età della persona è incerta? Al giorno d’oggi esistono strumenti che consentono di conoscere con certezza i dati di una persona? Verifica se tali strumenti esistevano già nel ‘700. 4 ) Che cosa significa in dialetto piemontese la parola “bealeroto”?

5) Avrai notato che la tabella in appendice parla di “lire di Piemonte”: perché allora nel documento sono nominati gli “zecchini di Firenze” e le “doppie di Spagna”? Quali riflessioni sulla situazione politica italiana di metà del Settecento ti suggerisce questo dato? Nell’anno 1733 una doppia di Spagna equivaleva a circa 16 lire piemontesi e uno zecchino di Firenze valeva circa 9 lire piemontesi; dopo aver svolto una breve ricerca sula monetazione sabauda del Settecento, sapresti dire se il valore della refurtiva era considerato alto o meno?

6) Metti in relazione l’espressione “aver…armati di pistola assalito” con il termine “grassato” che trovi nella penultima riga della sentenza e spiega il termine “grassazione” con il quale in genere venivano indicati reati di questo tipo. Quando è stata commessa la grassazione? Facendo riferimento alle norme sulla grassazione previste dalle Regie Costituzioni del 1729 che trovi in appendice, spiega la severità della pena comminata. Tale pena è legata all’entità della refurtiva? Perché? 7) Secondo te, che cosa significa “esemplarità della pena”? In questa sentenza, in cosa consistono le esemplarità comminate ai detenuti? Quale era lo scopo delle

esemplarità? Secondo te, questo scopo veniva raggiunto?8) Prova a spiegare con parole tue la pena che è stata comminata al secondo inquisito. Che cosa erano le galere? Quale termine del linguaggio attuale ti ricorda la parola “galera”? Da cosa nasce questa metonimia? Perché i due detenuti, che hanno commesso lo stesso reato, sono puniti in maniera diversa, uno con la morte, l’altro con la galera a vita?9) Spiega l’espressione “torquiti prima l’uno e l’altro nel capo dei complici”. Apri una dicussione approfondendo il tema con compagni ed Insegnanti.

10) Immagina di essere un detective incaricato di rappresentare la scena del delitto: in base alla descrizione del reato illustra quanto accaduto. 11) Immagina di essere un giornalista di cronaca locale: scrivi un articolo su quanto accaduto.

10. Archivio di Stato di Torino, Senato di Piemonte, Criminale, Registro 40, sentenza 85 a carta 169

Scheda 10: Archivio di Stato di Torino, Senato di Piemonte, Criminale, Registro 40, sentenza 85 a carta 169

Sentenza nella causa del Fisco di Dorno nella Lumellina contro Maria de Aldenghi vedova del fu Simone Serra, abittante in detto luogo dettenuta ed inquisita d’avere circa le hore 17 del primo settembre or scorso rubato due polli d’India del valore di L. 3 di Piemonte a pregiudizio di Ferdinando Poggio abittante in detto luogo nel mentre che detti polli si trovavano ne fossi che circondano la casa del suddetto Poggio. Il Senato, udita la relazione delli atti ha pronunciato e pronuncia doversi condannare come condanna la detta Maria de Aldenghi vedova Serra nella pena di mesi due di carcere, nell’indennizzazione verso il derubato Ferdinando Poggio e nelle spese.

Torino, li 4 novembre 1752

Percorsi di lettura scheda 10.

• Dopo aver letto attentemente la sentenza, prova a compilare la seguente griglia, poi rispondi alle domande e svolgi le attività proposte.

Fisco di Nome dell’accusato

Soprannome Figlio di Abitante a Età Condizione (es. detenuto, libero, contumace…)

Accusa Sentenza-data

1) Indica su una cartina il luogo in cui è avvenuto il reato.2) Individua lo stato civile dell’inquisita: cosa significa il verbo “fu” davanti al nome del marito? 3) Quando è avvenuto il reato?

4 ) Che cosa sono i “polli d’India”? Perché tale nome? 5) Dopo avere svolto una breve ricerca sulla monetazione sabauda del Settecento, sapresti dire se il valore della refurtiva era ritenuto alto o meno?

6) Il furto ha richiesto accorgimenti particolari, o è stato facilitato da….7) Oggi si suol dire “Ladro di polli” rispetto a un furto di piccola entità: considerando la pena comminata all’inquisita, questa espressione ti sembra applicabile alla mentalità del Settecento? Perché? 8) Prova a ragionare su cosa poteva significare per una famiglia contadina del Settecento piemontese un furto come quello descritto; prova anche a ipotizzare i

motivi che possono aver indotto la vedova a commettere il furto. 9) Immagina di essere un detective incaricato di rappresentare la scena del delitto: in base alla descrizione del reato illustra quanto accaduto. 10) Immagina di essere un giornalista di cronaca locale: scrivi un articolo su quanto accaduto.

11. Archivio di Stato di Torino, Senato di Piemonte, Criminale, Registro 40, sentenza 96 a carta 195

Scheda 11: Archivio di Stato di Torino, Senato di Piemonte, Criminale, Registro 40, sentenza 96 a carta 195

Sentenza nella causa del Fisco di Gattinara contro Ludovico Paglino del luogo d’Arboro ed Antonio Dato residente in Albano, ditenuto il primo e contumace l’altro ed inquisiti d’essersi serviti d’un libro superstizioso già dal coinquisito Paglino accomprato e ritenuto, e chiamato “Del Commando”, con essere ambi essi inquisiti andati in cerca di tesori, per quali a tal effetto circa il mese di febbraio 1750 devennero nelle fini d’Oldenico ad escavazione di terra nel castello di detto luogo proprio del signor conte Signoris, senza però siali riuscito di ritrovar cos’alcuna, motivo per cui detto coinquisito Dato obbligossi d’andare a Maglione per ivi da qualche mago far soscrivere tal libro; onde sparsasi voce della ritenzione et uso di tal libro in detto luogo d’Arboro, ne sii derivato negli abitanti d’esso un pubblico e grave timore di disgrazie. Il Senato, udita la relazione degli atti, in grado di confermazione o riparazione della sentenza del primo giudice delli 26 febbraio ora scorso ha pronunciato e pronuncia doversi condannare come condanna li detti ditenuti Ludovico Paglino e Antonio Dato nella pena di mesi due di carcere caduno e nelle spese e a dover anche prestare sottomissione di vivere da uomini dabbene e di astenersi da fatti simili, sotto pena arbitraria a questo magistrato.

Torino, li 17 novembre 1752

Percorsi di lettura scheda 11.

• Dopo aver letto attentemente la sentenza, prova a compilare la seguente griglia, poi rispondi alle domande e svolgi le attività proposte.

Fisco di Nome dell’accusato

Soprannome Figlio di Abitante a Età Condizione (es. detenuto, libero, contumace…)

Accusa Sentenza-data

1) Indica su una cartina i luoghi di cui si parla nella sentenza.2) Che cosa significa la parola “contumace”?3) Cosa si intende con l’espressione “libro superstizioso”? Come erano denominati libri del genere? E’ normale che nel Settecento delle persone “comuni” possedessero dei libri? Quale dato si può immaginare dal possesso di un libro da parte degli inquisiti?4 ) Che cosa significa il termine “accomprato”?

5) Perché i due inquisiti effettuano una “escavazione di terra” nel castello di Oldenico? 6) Quando avviene la “caccia al tesoro” dei due inquisiti?

7) Per quale motivo i due hanno sentito il bisogno di rivolgersi a dei maghi? 8) Che tipo di reazione ha la popolazione di Arborio quando scopre l’esistenza del libro? Tutta la vicenda è caratterizzata da “credulità” e timore: questo in quella che in genere è chiamata “Età dei Lumi”; fai le tue riflessioni in proposito.

9) Immagina di essere un detective incaricato di rappresentare la scena del delitto: in base alla descrizione del reato illustra quanto accaduto. 10) Immagina di essere un giornalista di cronaca locale: scrivi un articolo su quanto accaduto.

12. Archivio di Stato di Torino, Senato di Piemonte, Criminale, Registro 40, sentenza 37 a carta 73

Scheda 12: Archivio di Stato di Torino, Senato di Piemonte, Criminale, Registro 40, sentenza 37 a carta 73

Sentenza nella causa del Fisco di Cavor ed altri luoghi, delegata al giudice d’esso luogo di Cavor contro Pietro Franco fu Barnaba del luogo di Vodier Provincia di Cuneo, denominato Mezzamula o sia Mezzamira, dettenuto ed inquisito: Primo della qualità d’ozioso, e vagabondo, reccidivo doppo aver già subita la pena d’anni dieci di galera per detta caggione in vigor di sentenza di questo Magistrato delli 22 dicembre 1740.2° di complicità con Domenico Bellaudi di Bricherasio nell’attentato furto con rottura di muraglia la notte delli 9 a 10 dicembre 1751 nella casa ed in pregiudicio di Marco Antonio Lisdero delle fini di detto luogo di Cavor.3° d’abbusiva delazione di coltello da fodero.4° d’avere sotto il primo dicembre 1751, nel luogo di Cavor, giorno di fiera,rubbato due pelizze, due pellizzoni, un paia calze di pelle gialla e quattro fassoletti a pregiudicio di persone incognite; come altresì in detto giorno un paia calzetti drapé solor griggio al banco, ed in pregiudicio del mercante Marcia.5° d’avere nel luogo di San Front anche sulla fiera ivi tenuta li 6 medemo mese di dicembre derubbato 19 in 20 rasi di stoffa crotié color tanetto al banco, ed in pregiudizio di Honorato Signoretto mercante residente in Saluzzo, e ciò di complicità con altri.6°d’aver pure di complicità con altri la notte de’ 7 a 8 suddetto dicembre con apposizione di scala, e precedente rottura di muraglia, rubbato nella stalla, e a pregiudizio di Domenico Rebuffo [di] Bricherasio una di lui cavalla e nello stesso tempo la bastina d’essa.Il Senato, udita la relazione degli atti, ha pronunciato e pronuncia doversi condannare come condanna il detto ditenuto Pietro Franco a dover servire per remigante forzato sovra le galere di S.M. sua vita naturale durante, torquito prima nel capo dei complici anche in conformità del Regio Editto 5 gennaio 1740 e precedente l’esemplarità d’essere condotto per i luoghi soliti col remo in spalla, condannando altresì detto ditenuto nell’indennizzo verso li danneggiati e nelle spese.

Torino, li 9 settembre 1752.

Percorsi di lettura scheda 12.

• Dopo aver letto attentemente la sentenza, prova a compilare la seguente griglia, poi rispondi alle domande e svolgi le attività proposte.

Fisco di Nome dell’accusato

Soprannome Figlio di Abitante a Età Condizione* Accusa Sentenza-data

Cavour e altri luoghi

Pietro Franco Mezzamula o Mezzamira

Fu Barnaba Valdieri(in occitano Vodier)

- Detenuto 1.Essere ozioso e vagabondo recidivo 2.Complicità con Domenico Bellaud di Bricherasio nel tentato furto con rottura di muraglia nella casa e ai danni di Marco Antonio Lisdero di Cavour3.Abusiva delazione di coltello da fodero4. Furto alla fiera di Cavour di 2 pellicce, 2 pellicciotti, un paio di calze di pelle gialla e quattro fazzoletti ai danni di ignoti e di un paio di calze drapé di colore bianco e giallo ai danni del mercante Marcia5. Furto in complicità con altri alla fiera di Sanfront di 19 o 20 rasi di stoffa crotié di colore tanetto al banco e ai danni del mercante Onorato Signoretto di Saluzzo.6. Furto nella stalla di Domenico Rebuffo di Bricherasio, in complicità con altri, con apposizione di scala e

Servizio a vita come rematore sulle navi regie, precedenti l’esemplarità di essere condotto in pubblico con il remo in spalla e la tortura per conoscere il nome dei complici

rottura di muraglia, di una cavalla e del suo basto

Torino, 9 settembre 1752

Fisco di Nome dell’accusato

Soprannome Figlio di Abitante a Età Condizione* Accusa Sentenza-data

1) Indica su una cartina i luoghi di cui si parla nella sentenza.2) Il nome di Valdieri, località di origine dell’inquisito, è riportato nel documento nella forma “Vaudier”: tale forma deriva dalla lingua occitana. Documentati su questa lingua e sulla zona in cui ancora viene parlata.3) L’nquisito risulta già condannato in precedenza per il reato di essere “ozioso e vagabondo”? In caso affermativo, quale pena gli era stata comminata in precedenza? Secondo i tuoi criteri di giudizio, questa pena ti sembra proporzionata al reato? Aiutandoti con la lettura del testo delle Regie Costituzioni del

1729 relativo a questo reato, prova a spiegare quali possono essere i motivi di tale severità verso i vagabondi4 ) Quale reato è indicato dall’espressione “abusiva delazione di coltello da fodero”? Che nome assume questo reato al giorno d’oggi? Confronta anche in questo caso il testo delle Regie Costituzioni in allegato e fai le tue riflessioni in merito.

5) La varietà di furti avviene in ambiti diversi: individuali. 6) Alcuni furti avvengono nel corso di fiere locali: documentati in merito a tali manifestazioni diffuse dall’epoca medievale fino ai nostri giorni.

7) Elenca la refurtiva frutto dei vari furti e fai le tue riflessioni “economiche” in merito, confrontandole con alcune considerazioni sulla situazione economica di alcuni tra i Paesi più poveri del Mondo attuale e trai le tue conclusioni. 8) Secondo te, che cosa significa “esemplarità della pena”? In questa sentenza, in cosa consistono le esemplarità comminate al detenuto? Quale era lo scopo delle esemplarità? Questo scopo veniva raggiunto?9) Prova a spiegare con parole tue la pena che è stata comminata all’inquisito. Che cosa erano le galere? Quale termine del linguaggio attuale ti ricorda la parola “galera”? Da cosa nasce questa metonimia? A tuo parere l’entità della pena, secondo gli attuali canoni di giustizia, è commisurata alla gravità del reato?

10) Immagina di essere un detective incaricato di rappresentare la scena dei reati: in base alla descrizione dei reati illustra quanto accaduto. 11) Immagina di essere un giornalista di cronaca locale: scrivi un articolo su quanto accaduto.

ALLEGATI

ALLEGATO 1: Note cronologiche sulla storia della dinastia dei Savoia dal 1000 al 1799

DATE EVENTIInizio XI secolo Umberto “Biancamano”, primo personaggio storicamente attestato della dinastia, diviene, tra il resto, conte di Aosta (1025) e conte di Moriana

(1034).Secoli XI-XIV Sotto i conti Oddone, Amedeo II, Umberto II, Amedeo III, Umberto III, Tommaso I, Amedeo IV, Bonifacio, Pietro II, Filippo I, Amedeo V,

Edoardo il Liberale, Aimone il Pacifico, Amedeo VI detto il Conte Verde e Amedeo VII detto il Conte Rosso i Savoia estendono progressivamente i loro domini fino al mare (Nizza), in territori appartenenti agli attuali Piemonte, Francia e Svizzera, favoriti anche da privilegi e concessioni imperiali.

19 febbraio 1416 Il conte Amedeo VIII è nominato duca: nasce il Ducato di Savoia1536 Sotto il duca Carlo II il Ducato di Savoia è quasi completamente cancellato da un’invasione della Francia: restano in mano ai Savoia poche città,

tra cui Aosta, Vercelli e Nizza.10 agosto 1557 Nella battaglia di San Quintino tra francesi e spagnoli questi ultimi, comandati dal duca Emanuele Filiberto figlio di Carlo II, ottengono una

schiacciante vittoria.

1559 La pace di Cateau-Cambresis tra Francia e Spagna restituisce ad Emanuele Filiberto gli antichi territori occupati dai francesi, consentendo di fatto la rinascita del Ducato di Savoia.

1563 Emanuele Filiberto trasferisce la capitale del Ducato da Chambéry in Savoia a Torino.1580 Alla morte del duca Emanuele Filiberto gli succede il figlio Carlo Emanuele I1630 A Carlo Emanuele I succede il figlio Vittorio Amedeo I1637 Alla morte di Vittorio Amedeo il Ducato è dilaniato, fino al 1643, da una guerra civile tra Cristina di Francia, vedova di Vittorio Amedeo e

reggente dei suoi figli, e i cognati Tommaso e Maurizio1648 Carlo Emanuele II, figlio di Vittorio Amedeo I e Cristina di Francia, raggiunge la maggiore età (14 anni) e diventa Duca, pur se ancora sotto la

pesante influenza della madre (morta nel 1663)1675 A Carlo Emanuele II succede il figlio Vittorio Amedeo II1706 Nel corso della guerra di successione spagnola, la città di Torino subisce per circa tre mesi un durissimo assedio da parte delle truppe francesi e

spagnole, liberandosene con successo il 7 settembre1713 Con il trattato di Utrecht che pone fine alla guerra di successione spagnola, Vittorio Amedeo II, oltre ad alcuni ampliamenti territoriali, ottiene il

titolo di re di Sicilia: il Ducato di Savoia si trasforma in Regno di Sicilia.1720 Vittorio Amedeo II “scambia” con gli austriaci la Sicilia con la Sardegna: nasce il Regno di Sardegna1730 Vittorio Amedeo II abdica a favore del figlio Carlo Emanuele III1773 A Carlo Emanuele III succede il figlio Vittorio Amedeo III1789 Scoppia la Rivoluzione francese1796 Diventa re di Sardegna Carlo Emanuele IV1798 Dopo diverse sconfitte subite nella guerra contro l’armata francese repubblicana guidata da Napoleone Bonaparte, Carlo Emanuele IV si allontana

da Torino e si reca a Cagliari: la Savoia e il Piemonte vengono uniti alla Francia.

ALLEGATO 2: Misure di peso in vigore nel Regno di Sardegna prima del 1818 (da A. MARTINI, Manuale di Metrologia, ossia Misure, Pesi, e monete in uso attualmente e anticamente presso tutti i popoli, Torino 1883), voce Torino

Misura di peso antica Multipli e sottomultipli antichi Misura di peso moderna (in chilogrammi)Quintale 4 Rubbi o 100 libbre 36,884451Rubbo 25 libbre 9,221113Libbra 12 once 0,368845Oncia 8 ottavi 0,030737Ottavo 3 denari 0,003842Denaro 24 grani 0,001281Grano 24 granotti 0,000053Granotto 0,000002

ALLEGATO 3: Misure di lunghezza in vigore nel Regno di Sardegna prima del 1818 (da A. MARTINI, Manuale di Metrologia, ossia Misure, Pesi, e monete in uso attualmente e anticamente presso tutti i popoli, Torino 1883), voce Torino

Misura di lunghezza antica Multipli e sottomultipli antichi Misura di lunghezza moderna (in metri)Miglio 800 trabucchi 2.466,076656Pertica 2 trabucchi (12 piedi) 6,165192Tesa (per misurare muri, legname, ecc…) 5 piedi manuali (40 once) 1,712553Raso (per le stoffe) 14 once 0,599394Piede di Piemonte 12 once 0,513766Piede manuale 8 once 0,342511Oncia 12 punti 0,042814Punti 12 atomi 0,003568Atomo 0,000297

ALLEGATO 4: Misure di superficie nel Regno di Sardegna prima del 1818 (da A. MARTINI, Manuale di Metrologia, ossia Misure, Pesi, e monete in uso attualmente e anticamente presso tutti i popoli, Torino 1883), voce Torino

Misura di superficie antica Equivalenza Misura di superficie modernaGiornata 100 tavole 38,009599 areStaro 12 tavole 4,561152 areTavola 4 trabucchi quadri o 144 piedi quadri 38,009599 metri quadriTrabucco quadro 36 piedi quadri 9,502400 metri quadriPiede quadro 144 once quadre 0,263956 metri quadriOncia quadra 144 punti quadri 0,001833 metri quadriPunto quadro 0,000013 metri quadri

ALLEGATO 5: Articolo 27 della Costituzione della Repubblica Italiana

La responsabilità penale è personale. L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte.

ALLEGATO 6: Disposizioni delle Regie Costituzioni del 1729, libro IV, titolo XXXIV, capo VI. Delle Grassazioni e de’ riscatti.

1. Chiunque ammazzasse alcuno per depredarlo, o che tentasse d’assassinarlo, e depredarlo tanto in casa, che fuori, o sopra le strade pubbliche, o in qualsivoglia altro luogo, o strada, ancorché non seguisse offesa alcuna della persona assalita, o depredata, caderà in pena della morte, quantunque si trattasse della prima vota, e sarà ad essa unita qualche altra particolare esemplarità, secondoché stimerà il Senato.

2. Averà luogo la pena sopra prescritta non solo pei maggiori di anni venti, ma pe’maggiori di diciotto ancora, se colla grassazione vi concorresse la circostanza dell’omicidio, o delle ferite.

6. Il solo detto giurato dell’offeso ne’ suddetti delitti, non solo servirà per proceder alla cattura, ma sarà anche sufficiente per la tortura, se vi concorra qualche indizio, o altro amminicolo all’arbitrio del Giudice

ALLEGATO 7: Disposizioni delle Regie Costituzioni del 1729, libro IV, titolo XXXIV, capo IX. De’ furti e latrocinj

1. Per il primo furto, se sarà semplice, e non eccederà la somma o valore di scudi due d’oro (verificare valore) si punirà il ladro collacatena a tempo, e se eccederà la suddetta somma, o valore, colla fustigazione in pubblico; per il secondo furto, ancorché non ecceda la somma, o valore suddetti, sarà bollato in un braccio, e gli si darà la galera a tempo, conforme alla qualità del furto, purché non sia minore di anni cinque, per il terzo la galera a vità, e per il quarto si punira colla morte.

2. Quando i ladri sieno minori d’anni dieciotto, e maggiori di quattordici, si puniranno colla catena a tempo, e se minori di quattordici, col carcere a proporzione del numero e qualità de’ furti.

3. Non sarà necessario, che per dare luogo alle pene del secondo, terzo e quarto furto rispettivamente, sia stato il ladro accusato, processato, punito, o condannato per furti antecedenti, volendo, che le medesime abbiano effetto ogni volta, che si troverà essere stati dal ladro commessi più furti distinti di luogo e tempo.

ALLEGATO 8: Disposizioni delle Regie Costituzioni del 1729, libro IV, titolo XXXIV, capo XV. Degli oziosi, vagabondi e zingani

1.Non potrà veruno de’ zingani e vagabondi sì maschj, che femmine, tanto de’ nostri Stati, che d’alieno dominio, entrar, ed introdursi, sotto qualunque pretesto, ne’ nostri Stati, sotto pena, quanto agli uomini che saranno maggiori d’anni venti, della galera per anni dieci, e d’anni cinque, se saranno maggiori di dieciotto,e minori di venti; e quanto alle donne maggiori d’anni venti, della pubblica fustigazione, ed essendo minori di dieciotto, o sieno maschj, o sieno femmine, per la prima volta si discaccieranno colla comminazione della detta pena, la quale, in caso di recidiva, dovrà anche contro di essi esequirsi. 2. S’avranno per zingani e vagabondi tutti quelli che sani e robusti senza beni stabili, e sufficienti al loro mantenimento, e senza esercizio di professione andranno vagando, o che si troveranno aver presso di essi grimaldelli, o chiavi false, ovvero scarpelli, e ferri simili, o che si fingeranno storpiati, o ciechi, eziandio che non andassero questuando. 3. Allegando un vagabondo, o il possesso de’ beni, o l’esercizio di qualche professione ne’ nostri Stati dovrà nello stesso tempo individuare precisamente, dove possede i beni, od ha esercitata la pofessione, altrimenti non s’avrà alcun rigurado alla di lui allegazione, e se ‘l Fisco proverà’l contrario s’avrà ‘l reo per convinto, e non sarà più ammesso ad addurre, che o posseda altri beni, od abbia esercitata altrove la suddetta, o altra professione.4. Se poi il vagabondo allegasse, che o possede beni, od ha esercitata una professione ne’ Stati alieni, dovrà esso giustificarlo, altrimenti s’avrà per non fatta la di lui eccezione. 5.Non sarà lecito a veruno di somministrar a’ suddetti zingani e vagabondi alcuna sorta di viveri, ricovero e assistenza,anzi dovranno le città, terre e comunità dei Stati nostri procurare l’arresto, e traduzione loro in carceri sicure, sotto pena a’ Sindaci e Consiglieri di scudi cinquanta d’oro in proprio, e di venticinque per ogni particolare, da incorrersi qualunque volta si contravvenga alle presenti disposizioni.6. Occorrendo che alcuno di detti zingani o vagabondi delinquesse ne’ nostri Stati, intendiamo, che la qualità di zingano e vagabondo sia aggravante il delitto

ALLEGATO 9: Disposizioni delle Regie Costituzioni del 1729, libro IV, titolo XXXII. Dell’estirpazione de’ banditi, e de’ premj in tal caso concessi

[…]8.Perché i banditi non sieno in alcun luogo, né da veruna persona di qualunque grado e condizione si sia tollerati, o assistiti, ma che, come perturbatori della pace comune, si perseguitino, e vengano carcerati, sarà obbligo de’ Giudici, o loro Luogotenenti di far descrivere in un registro i banditi; e tanto detti Giudici, quanto i Segretari delle Comunità dovranno far affiggere nel tribunale, e nella stanza rispettivamente, dove si fa il consiglio, la nota di essi nella medesima forma prescritta per i due cataloghi de’ nostri Supremi Magistarti, obbligandogli ad invigilare, che non sia mai la medesima o accidentalmente, o maliziosamente rimossa; ed in caso, che ciò seguisse, dovranno subito sostituirne un’altra simile, e tutto sotto pena della privazione del loro uffizio.9. Dovrà perciò il Senato, immediatamente che avrà fatto descrivere un qualche contumace nel catalogo, trasmetterne la nota ad ognuno de’ Prefetti, e Giudici dipendenti da se, come pure agli altri Senati de’ nostri Stati, i quali quella trasmetteranno altresì ai Prefetti, e Giudici della loro rispettiva giurisdizione.[…]

18. Non potranno impunemente uccidersi, se non que’ banditi per delitti atrocissimi, che il Senato avrà ordinato descriversi nel primo catalogo, ed esporsi alla pubblica vendetta, come nemici della patria e dello Stato, eccettuato, rispetto agli altri, il caso della resistenza da essi fatta con armi.21. […] coloro che presenterano i banditi […] otterranno dalle nostre finanze il premio in contanti, cioè per ogni bandito di quelli che si possono uccidere, se si sarà presentato vivo, scudi cento d’oro, e se morto, scudi sessanta simili.27. Rispetto poi a quelli dell’altro catalogo, che solamente si possono presentar vivi, se sarà un bandito di morte, avranni lire trecento settantacinque; se di galera perpetua, lire trecento; se d’anni dieci, lire duecento venticinque; se d’anni cinque, o minor tempo, lire cento e cinquanta

ALLEGATO 10: Disposizioni del Regio Editto del 5 gennaio 1740 (Carlo Emanuele III). Editto di provvedimenti a riguardo de’ furti.

[…]27. Le sentenze che condanneranno il reo alla galera […] prescriveranno sempre la tortura nel capo de’ complici, ed eziandio quando, rispetto alle donne, la pena sarà solamente della fustigazione, carcere o bando, ma in sussidio di quella della galera; e la tortura in detti casi si darà anche per altri furti non didotti in processo per iscoprirne i complici; senza però che la confessione del reo possa mai in alcun tempo retorquirsi in pregiudizio del medesimo.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

1. Dalla voce “CRIME, FAUTE, PECHE’, DELIT, FORFAIT” dell’ “Encyclopédie ou dictionnaire raissonné des sciences, des arts et des métiers”, a cura di M. Diderot e M. D’Alembert, XII edizione, Livorno 1774, tomo IV, pp. 426.

“CRIME [diritto naturale]: azione atroce commessa per inganno, che colpisce direttamente l’interesse pubblico o i diritti del cittadino. Si possono raggruppare tutti i crimini in quattro classi: quelli della prima riguardano la religione; quelli della seconda i costumi; quelli della terza la tranquillità; quelli della quarta la sicurezza dei cittadini….I crimini della terza classe sono quelli che colpiscono la tranquillità dei cittadini: le pene, come la prigione, l’esilio, le correzioni e altre pene che ricuperano gli spiriti inquieti e li fanno rientrare nell’ordine stabilito, devono essere ricavate dalla tipologia del reato e essere proporzionate al turbamento di questa tranquillità,.I crimini della quarta classe sono quelli che turbando la tranquillità, attaccano la sicurezza dei cittadini: sono il rapimento, lo stupro, l’omicidio, l’assassinio e l’avvelenamento, ecc. La pena di questi ultimi crimini è la morte: questa pena è giustificata dalla natura del reato, dalla ragione e dall’idea di bene e di male…La pena di morte è come il rimedio della società malata….I crimini…non sono tutti uguali, li si può giudicare in base allla tipologia, all’intenzione e alla malizia del colpevole, al danno che ne viene alla società…Bisogna dunque mettere al primo posto i crimini che interessano la società umana in generale, in seguito quelli che turbano l’ordine della società civile, infine quelli che riguardano i privati; e questi ultimi sono più o meno grandi, a seconda che il danno causato sia più o meno considerevole, in base al rango e al legame del cittadino con il colpevole. Così chi uccide suo padre, commette un omicidio più grave che se avesse ucciso un estraneo; un prete sacrilego è più colpevole di un laico; un ladro che assassina i passanti è più colpevole di chi si limita a derubarli; un domestico ladro è più colpevole di un ladro che deruba un estraneo…Finiamo con alcuni dei principi più importanti che è bene ancora stabilire su questa materia:1. I legislatori non possono determinare a loro arbitrio la natura dei reati.2. Non bigna confondere i crimini con gli errori dettati dalla superstizione e dalla fantasia, che richiedono più pietà che indignazione, come la magia…3. La severità dei supplizi non è il mezzo più efficace per arrestare il corso dei crimini.4. I crimini contro i quali è più difficile difendersi meritano maggior rigore di altri della stessa specie.5. I crimini commessi in passato non devono essere puniti con la stessa severità di quelli recenti.6. Non si può essere puniti per crimini commessi da altri.7. Sarebbe molto ingiusto rendere responsabile di un crimine commesso da altri una persona che, non potendo prevedere quello che succederà e non potendo

impedire questo crimine; in questo caso non può essere considerato complice del reato che sta per essere commesso 8. Gli stessi crimini non meritano sempre le stesse pene e la stessa pena non può essere comminata per crimini non uguali.9. Gli atti puramente interiori non saranno soggetti a pene umane; qusti atti conosciuti da Dio solo, hanno Dio come giudice e vendicatore.10. Gli atti esteriori, anche se criminali, che dipendono unicamente dalla fragilità della nostra natura esigono moderazione nelle pene.11. Non è sempre necessario punire i crimini che dovrebbero essere puniti; a volte è pericoloso rendere pubblici crimini nascosti con delle punizioni pubbliche.

12. Sarebbe un’ultima assurdità, come sottolinea l’autore dello Spirito delle leggi [il filosofo Montesquieu], violare nella punizione dei crimini il senso del pudore che deve sempre avere come oggetto la restaurazione dell’ordine.

13. Un principio che non ci si deve mai stancare di ribadire è quello che nel giudicare i crimini è meglio rischiare di liberare un criminale piuttosto che punire un innocente….Un colpevole punito è un esempio per la canaglia; un innocente condannato è affare che riguarda tutti gli uomini onesti.

14. Non si deve mai commettere un crimine per obbedire a un superiore….”

2. Da C. Beccaria, “Dei delitti e delle pene”, capitolo 16

DELLA TORTURA Una crudeltà consacrata dall'uso nella maggior parte delle nazioni è la tortura del reo mentre si forma il processo, o per constringerlo a confessare un delitto, o per le contradizioni nelle quali incorre, o per la scoperta dei complici, o per non so quale metafisica ed incomprensibile purgazione d'infamia, o finalmente per altri delitti di cui potrebbe esser reo, ma dei quali non è accusato. Un uomo non può chiamarsi reo prima della sentenza del giudice, né la società può toglierli la pubblica protezione, se non quando sia deciso ch'egli abbia violati i patti coi quali le fu accordata. Quale è dunque quel diritto, se non quello della forza, che dia la podestà ad un giudice di dare una pena ad un cittadino, mentre si dubita se sia reo o innocente? Non è nuovo questo dilemma: o il delitto è certo o incerto; se certo, non gli conviene altra pena che la stabilita dalle leggi, ed inutili sono i tormenti, perché inutile è la confessione del reo; se è incerto, e' non devesi tormentare un innocente, perché tale è secondo le leggi un uomo i di cui delitti non sono provati. Ma io aggiungo di più, ch'egli è un voler confondere tutt'i rapporti l'esigere che un uomo sia nello stesso tempo accusatore ed accusato, che il dolore divenga il crociuolo della verità, quasi che il criterio di essa risieda nei muscoli e nelle fibre di un miserabile. Questo è il mezzo sicuro di assolvere i robusti scellerati e di condannare i deboli innocenti. Ecco i fatali inconvenienti di questo preteso criterio di verità, ma criterio degno di un cannibale, che i Romani, barbari anch'essi per più d'un titolo, riserbavano ai soli schiavi, vittime di una feroce e troppo lodata virtù. […]

3. Da C. Beccaria, “Dei delitti e delle pene”, capitolo 28

DELLA PENA DI MORTE Questa inutile prodigalità di supplicii, che non ha mai resi migliori gli uomini, mi ha spinto ad esaminare se la morte sia veramente utile e giusta in un governo bene organizzato. Qual può essere il diritto che si attribuiscono gli uomini di trucidare i loro simili? Non certamente quello da cui risulta la sovranità e le leggi. Esse non sono che una somma di minime porzioni della privata libertà di ciascuno; esse rappresentano la volontà generale, che è l'aggregato delle particolari. Chi è mai colui che abbia voluto lasciare ad altri uomini l'arbitrio di ucciderlo? Come mai nel minimo sacrificio della libertà di ciascuno vi può essere quello del massimo tra tutti i beni, la vita? E

se ciò fu fatto, come si accorda un tal principio coll'altro, che l'uomo non è padrone di uccidersi, e doveva esserlo se ha potuto dare altrui questo diritto o alla società intera? Non è dunque la pena di morte un diritto, mentre ho dimostrato che tale essere non può, ma è una guerra della nazione con un cittadino, perché giudica necessaria o utile la distruzione del suo essere. Ma se dimostrerò non essere la morte né utile né necessaria, avrò vinto la causa dell'umanità. La morte di un cittadino non può credersi necessaria che per due motivi. Il primo, quando anche privo di libertà egli abbia ancora tali relazioni e tal potenza che interessi la sicurezza della nazione; quando la sua esistenza possa produrre una rivoluzione pericolosa nella forma di governo stabilita. La morte di qualche cittadino divien dunque necessaria quando la nazione ricupera o perde la sua libertà, o nel tempo dell'anarchia, quando i disordini stessi tengon luogo di leggi; ma durante il tranquillo regno delle leggi, in una forma di governo per la quale i voti della nazione siano riuniti, ben munita al di fuori e al di dentro dalla forza e dalla opinione, forse più efficace della forza medesima, dove il comando non è che presso il vero sovrano, dove le ricchezze comprano piaceri e non autorità, io non veggo necessità alcuna di distruggere un cittadino, se non quando la di lui morte fosse il vero ed unico freno per distogliere gli altri dal commettere delitti, secondo motivo per cui può credersi giusta e necessaria la pena di morte. Quando la sperienza di tutt'i secoli, nei quali l'ultimo supplicio non ha mai distolti gli uomini determinati dall'offendere la società, quando l'esempio dei cittadini romani, e vent'anni di regno dell'imperatrice Elisabetta di Moscovia, nei quali diede ai padri dei popoli quest'illustre esempio, che equivale almeno a molte conquiste comprate col sangue dei figli della patria, non persuadessero gli uomini, a cui il linguaggio della ragione è sempre sospetto ed efficace quello dell'autorità, basta consultare la natura dell'uomo per sentire la verità della mia assersione. Non è l'intensione della pena che fa il maggior effetto sull'animo umano, ma l'estensione di essa; perché la nostra sensibilità è più facilmente e stabilmente mossa da minime ma replicate impressioni che da un forte ma passeggiero movimento. L'impero dell'abitudine è universale sopra ogni essere che sente, e come l'uomo parla e cammina e procacciasi i suoi bisogni col di lei aiuto, così l'idee morali non si stampano nella mente che per durevoli ed iterate percosse. Non è il terribile ma passeggiero spettacolo della morte di uno scellerato, ma il lungo e stentato esempio di un uomo privo di libertà, che, divenuto bestia di servigio, ricompensa colle sue fatiche quella società che ha offesa, che è il freno più forte contro i delitti. Quell'efficace, perché spessissimo ripetuto ritorno sopra di noi medesimi, io stesso sarò ridotto a così lunga e misera condizione se commetterò simili misfatti, è assai più possente che non l'idea della morte, che gli uomini veggon sempre in una oscura lontananza.La pena di morte fa un'impressione che colla sua forza non supplisce alla pronta dimenticanza, naturale all'uomo anche nelle cose più essenziali, ed accelerata dalle passioni. Regola generale: le passioni violenti sorprendono gli uomini, ma non per lungo tempo, e però sono atte a fare quelle rivoluzioni che di uomini comuni ne fanno o dei Persiani o dei Lacedemoni; ma in un libero e tranquillo governo le impressioni debbono essere più frequenti che forti.La pena di morte diviene uno spettacolo per la maggior parte e un oggetto di compassione mista di sdegno per alcuni; ambidue questi sentimenti occupano più l'animo degli spettatori che non il salutare terrore che la legge pretende inspirare. Ma nelle pene moderate e continue il sentimento dominante è l'ultimo perché è il solo. Il limite che fissar dovrebbe il legislatore al rigore delle pene sembra consistere nel sentimento di compassione, quando comincia a prevalere su di ogni altro nell'animo degli spettatori d'un supplicio più fatto per essi che per il reo.Perché una pena sia giusta non deve avere che quei soli gradi d'intensione che bastano a rimuovere gli uomini dai delitti; ora non vi è alcuno che, riflettendovi, scieglier possa la totale e perpetua perdita della propria libertà per quanto avvantaggioso possa essere un delitto: dunque l'intensione della pena di schiavitù perpetua sostituita alla pena di morte ha ciò che basta per rimuovere qualunque animo determinato; aggiungo che ha di più: moltissimi risguardano la morte con viso tranquillo e fermo, chi per fanatismo, chi per vanità, che quasi sempre accompagna l'uomo al di là dalla tomba, chi per un ultimo e disperato tentativo o di non vivere o di sortir di miseria; ma né il fanatismo né la vanità stanno fra i ceppi o le catene, sotto il bastone, sotto il giogo, in una gabbia di ferro, e il disperato non finisce i suoi mali, ma gli comincia. L'animo nostro resiste più alla violenza ed agli estremi ma passeggieri dolori che al tempo ed all'incessante noia; perché egli può per dir così condensar tutto se stesso per un

momento per respinger i primi, ma la vigorosa di lui elasticità non basta a resistere alla lunga e ripetuta azione dei secondi. Colla pena di morte ogni esempio che si dà alla nazione suppone un delitto; nella pena di schiavitù perpetua un sol delitto dà moltissimi e durevoli esempi, e se egli è importante che gli uomini veggano spesso il poter delle leggi, le pene di morte non debbono essere molto distanti fra di loro: dunque suppongono la frequenza dei delitti, dunque perché questo supplicio sia utile bisogna che non faccia su gli uomini tutta l'impressione che far dovrebbe, cioè che sia utile e non utile nel medesimo tempo.Chi dicesse che la schiavitù perpetua è dolorosa quanto la morte, e perciò egualmente crudele, io risponderò che sommando tutti i momenti infelici della schiavitù lo sarà forse anche di più, ma questi sono stesi sopra tutta la vita, e quella esercita tutta la sua forza in un momento; ed è questo il vantaggio della pena di schiavitù, che spaventa più chi la vede che chi la soffre; perché il primo considera tutta la somma dei momenti infelici, ed il secondo è dall'infelicità del momento presente distratto dalla futura. Tutti i mali s'ingrandiscono nell'immaginazione, e chi soffre trova delle risorse e delle consolazioni non conosciute e non credute dagli spettatori, che sostituiscono la propria sensibilità all'animo incallito dell'infelice.Ecco presso a poco il ragionamento che fa un ladro o un assassino, i quali non hanno altro contrappeso per non violare le leggi che la forca o la ruota. So che lo sviluppare i sentimenti del proprio animo è un'arte che s'apprende colla educazione; ma perché un ladro non renderebbe bene i suoi principii, non per ciò essi agiscon meno. Quali sono queste leggi ch'io debbo rispettare, che lasciano un così grande intervallo tra me e il ricco? Egli mi nega un soldo che li cerco, e si scusa col comandarmi un travaglio che non conosce. Chi ha fatte queste leggi? Uomini ricchi e potenti, che non si sono mai degnati visitare le squallide capanne del povero, che non hanno mai diviso un ammuffito pane fralle innocenti grida degli affamati figliuoli e le lagrime della moglie. Rompiamo questi legami fatali alla maggior parte ed utili ad alcuni pochi ed indolenti tiranni, attacchiamo l'ingiustizia nella sua sorgente. Ritornerò nel mio stato d'indipendenza naturale, vivrò libero e felice per qualche tempo coi frutti del mio coraggio e della mia industria, verrà forse il giorno del dolore e del pentimento, ma sarà breve questo tempo, ed avrò un giorno di stento per molti anni di libertà e di piaceri. Re di un piccol numero, correggerò gli errori della fortuna, e vedrò questi tiranni impallidire e palpitare alla presenza di colui che con un insultante fasto posponevano ai loro cavalli, ai loro cani. Allora la religione si affaccia alla mente dello scellerato, che abusa di tutto, e presentandogli un facile pentimento ed una quasi certezza di eterna felicità, diminuisce di molto l'orrore di quell'ultima tragedia.Ma colui che si vede avanti agli occhi un gran numero d'anni, o anche tutto il corso della vita che passerebbe nella schiavitù e nel dolore in faccia a' suoi concittadini, co' quali vive libero e sociabile, schiavo di quelle leggi dalle quali era protetto, fa un utile paragone di tutto ciò coll'incertezza dell'esito de' suoi delitti, colla brevità del tempo di cui ne goderebbe i frutti. L'esempio continuo di quelli che attualmente vede vittime della propria inavvedutezza, gli fa una impressione assai più forte che non lo spettacolo di un supplicio che lo indurisce più che non lo corregge.Non è utile la pena di morte per l'esempio di atrocità che dà agli uomini. Se le passioni o la necessità della guerra hanno insegnato a spargere il sangue umano, le leggi moderatrici della condotta degli uomini non dovrebbono aumentare il fiero esempio, tanto più funesto quanto la morte legale è data con istudio e con formalità. Parmi un assurdo che le leggi, che sono l'espressione della pubblica volontà, che detestano e puniscono l'omicidio, ne commettono uno esse medesime, e, per allontanare i cittadini dall'assassinio, ordinino un pubblico assassinio. Quali sono le vere e le più utili leggi? Quei patti e quelle condizioni che tutti vorrebbero osservare e proporre, mentre tace la voce sempre ascoltata dell'interesse privato o si combina con quello del pubblico. Quali sono i sentimenti di ciascuno sulla pena di morte? Leggiamoli negli atti d'indegnazione e di disprezzo con cui ciascuno guarda il carnefice, che è pure un innocente esecutore della pubblica volontà, un buon cittadino che contribuisce al ben pubblico, lo stromento necessario alla pubblica sicurezza al di dentro, come i valorosi soldati al di fuori. Qual è dunque l'origine di questa contradizione? E perché è indelebile negli uomini questo sentimento ad onta della ragione? Perché gli uomini nel più secreto dei loro animi, parte che più d'ogn'altra conserva ancor la forma originale della vecchia natura, hanno sempre creduto non essere la vita propria in potestà di alcuno fuori che della necessità, che col suo scettro di ferro regge l'universo.Che debbon pensare gli uomini nel vedere i savi magistrati e i gravi sacerdoti della giustizia, che con indifferente tranquillità fanno strascinare con lento apparato un reo alla morte, e mentre un misero spasima nelle ultime angosce, aspettando il colpo fatale, passa il giudice con insensibile freddezza, e fors'anche con segreta compiacenza

della propria autorità, a gustare i comodi e i piaceri della vita? Ah!, diranno essi, queste leggi non sono che i pretesti della forza e le meditate e crudeli formalità della giustizia; non sono che un linguaggio di convenzione per immolarci con maggiore sicurezza, come vittime destinate in sacrificio, all'idolo insaziabile del dispotismo.L'assassinio, che ci vien predicato come un terribile misfatto, lo veggiamo pure senza ripugnanza e senza furore adoperato. Prevalghiamoci dell'esempio. Ci pareva la morte violenta una scena terribile nelle descrizioni che ci venivan fatte, ma lo veggiamo un affare di momento. Quanto lo sarà meno in chi, non aspettandola, ne risparmia quasi tutto ciò che ha di doloroso! Tali sono i funesti paralogismi che, se non con chiarezza, confusamente almeno, fanno gli uomini disposti a' delitti, ne' quali, come abbiam veduto, l'abuso della religione può più che la religione medesima.Se mi si opponesse l'esempio di quasi tutt'i secoli e di quasi tutte le nazioni, che hanno data pena di morte ad alcuni delitti, io risponderò che egli si annienta in faccia alla verità, contro della quale non vi ha prescrizione; che la storia degli uomini ci dà l'idea di un immenso pelago di errori, fra i quali poche e confuse, e a grandi intervalli distanti, verità soprannuotano. Gli umani sacrifici furon comuni a quasi tutte le nazioni, e chi oserà scusargli? Che alcune poche società, e per poco tempo solamente, si sieno astenute dal dare la morte, ciò mi è piuttosto favorevole che contrario, perché ciò è conforme alla fortuna delle grandi verità, la durata delle quali non è che un lampo, in paragone della lunga e tenebrosa notte che involge gli uomini. Non è ancor giunta l'epoca fortunata, in cui la verità, come finora l'errore, appartenga al più gran numero, e da questa legge universale non ne sono andate esenti fin ora che le sole verità che la Sapienza infinita ha voluto divider dalle altre col rivelarle.La voce di un filosofo è troppo debole contro i tumulti e le grida di tanti che son guidati dalla cieca consuetudine, ma i pochi saggi che sono sparsi sulla faccia della terra mi faranno eco nell'intimo de' loro cuori; e se la verità potesse, fra gl'infiniti ostacoli che l'allontanano da un monarca, mal grado suo, giungere fino al suo trono, sappia che ella vi arriva co' voti segreti di tutti gli uomini, sappia che tacerà in faccia a lui la sanguinosa fama dei conquistatori e che la giusta posterità gli assegna il primo luogo fra i pacifici trofei dei Titi, degli Antonini e dei Traiani.Felice l'umanità, se per la prima volta le si dettassero leggi, ora che veggiamo riposti su i troni di Europa monarchi benefici, animatori delle pacifiche virtù, delle scienze, delle arti, padri de' loro popoli, cittadini coronati, l'aumento dell'autorità de' quali forma la felicità de' sudditi perché toglie quell'intermediario dispotismo più crudele, perché men sicuro, da cui venivano soffogati i voti sempre sinceri del popolo e sempre fausti quando posson giungere al trono! Se essi, dico, lascian sussistere le antiche leggi, ciò nasce dalla difficoltà infinita di togliere dagli errori la venerata ruggine di molti secoli, ciò è un motivo per i cittadini illuminati di desiderare con maggiore ardore il continuo accrescimento della loro autorità.

4. Da A. Manzoni, “I promessi sposi”, 1842, Capitolo VII

“[…]La mattina seguente, don Rodrigo si destò don Rodrigo. L'apprensione che quel verrà un giorno gli aveva messa corpo, era svanita del tutto, co' sogni della notte; e rimaneva la rabbia sola, esacerbata anche dalla vergogna quella debolezza passeggiera. L'immagini più recenti della passeggiata trionfale, degl'inchini, dell'accoglienze, canzonare del cugino, avevano contribuito non poco rendergli l'animo antico. Appena alzato, fece chiamare il Griso. - Cose grosse, - disse tra sè il servitore a cui fu dato l'ordine; perchè l'uomo che aveva quel soprannome, niente meno che il capo de' bravi, quello a cui s'imponevano le imprese più rischiose e più inique, il fidatissimo del padrone, l'uomo tutto suo, per gratitudine interesse. Dopo aver ammazzato uno, di giorno, in piazza, era andato ad implorar la protezione di don Rodrigo; questo, vestendolo della sua livrea, l'aveva messo al coperto da ogni ricerca della giustizia. Così, impegnandosi ogni delitto che gli venisse comandato, colui si era assicurata l'impunità del primo. Per don Rodrigo, l'acquisto non era stato di poca importanza; perchè il Griso, oltre all'essere, senza paragone, il più valente della famiglia, anche una prova di ciò che il suo padrone aveva potuto attentar felicemente contro le leggi; di modo che la sua potenza ne veniva ingrandita, nel fatto e nell'opinione.

«Griso!» disse don Rodrigo: «in questa congiuntura, si vedrà quel che tu vali. Prima di domani, quella Lucia deve trovarsi in questo palazzo.»«Non si dirà mai che il Griso si sia ritirato da un comando dell'illustrissimo signor padrone.»«Piglia quanti uomini ti possono bisognare, ordina e disponi, come ti par meglio; purchè la cosa riesca a buon fine. Ma bada sopra tutto, che non le sia fatto male.»«Signore, un po' di spavento, perchè la non faccia troppo strepito... non si potrà far di meno.»«Spavento... capisco... è inevitabile. Ma non le si torca capello; e sopra tutto, le si porti rispetto in ogni maniera. Hai inteso?»«Signore, non si può levare un fiore dalla pianta, e portarlo a vossignoria, senza toccarlo. Ma non si farà che puro necessario.».«Sotto la tua sicurtà. E... come farai?»«Ci stavo pensando, signore. Siam fortunati che la casa è in fondo al paese. Abbiam bisogno d'un luogo per andarci a postare: e appunto c'è, poco distante di là, quel casolare disabitato e solo, in mezzo ai campi, quella casa... vossignoria non saprà niente di queste cose... una casa che bruciò, pochi anni sono, e non hanno avuto danari da riattarla, e l'hanno abbandonata, e ora ci vanno le streghe: non è sabato, e me ne rido. Questi villani, che son pieni d'ubbie, non ci bazzicherebbero, in nessuna notte della settimana, per tutto l'oro del mondo: sicchè possiamo andare fermarci là, con sicurezza che nessuno verrà a guastare i fatti nostri.»«Va bene; e poi?»Qui, il Griso a proporre, don Rodrigo a discutere, finchè d'accordo ebbero concertata la maniera di condurre a fine l'impresa, senza che rimanesse traccia degli autori, la maniera anche di rivolgere, con falsi indizi, i sospetti altrove, d'impor silenzio alla povera Agnese, d'incutere a Renzo tale spavento, da fargli passare il dolore, e il pensiero di ricorrere alla giustizia, e anche la volontà di lagnarsi; e tutte l'altre bricconerie necessarie alla riuscita della bricconeria principale. Noi tralasciamo di riferir que' concerti, perchè, come il lettore vedrà, non son necessari all'intelligenza della storia; e siam contenti anche noi di non doverlo trattener più lungamente a sentir parlamentare que' due fastidiosi ribaldi. Basta che, mentre Griso se n'andava, per metter mano all'esecuzione, don Rodrigo lo richiamò, e gli disse: «senti: se per caso, quel tanghero temerario vi desse nell'unghie questa sera, non sarà male che gli sia dato anticipatamente un buon ricordo sulle spalle. Così, l'ordine che gli verrà intimato domani stare zitto, farà più sicuramente l'effetto. Ma non l'andate a cercare, per non guastare quello che più importa: m'hai inteso.»«Lasci fare a me,» rispose il Griso, inchinandosi, con un atto d'ossequio e di millanteria; e se n'andò. La mattina fu spesa in giri, per riconoscere il paese. Quel falso pezzente che s'era inoltrato a quel modo nella povera casetta, non altro che il Griso, il quale veniva per levarne a occhio pianta: i falsi viandanti eran suoi ribaldi, ai quali, per operare sotto i suoi ordini, bastava una cognizione più superficiale del luogo. E, fatta la scoperta, non s'eran più lasciati vedere, per non dar troppo sospetto.Tornati che furon tutti al palazzotto, il Griso rese conto, fissò definitivamente il disegno dell'impresa; assegnò le parti, diede istruzioni. Tutto ciò non si potè fare, senza che quel vecchio servitore, il quale stava a occhi aperti, e orecchi tesi, s'accorgesse che qualche gran cosa si macchinava. A forza di stare attento e di domandare; accattando una mezza notizia di qua, una mezza di là, commentando tra sè una parola oscura, interpretando un andare misterioso, tanto fece, che venne in chiaro di ciò che si doveva eseguir quella notte. Ma quando ci fu riuscito, essa era già poco lontana, e già una piccola vanguardia di bravi era andata a imboscarsi in quel casolare diroccato. Il povero vecchio, quantunque sentisse bene a che rischioso giuoco giocava, e avesse anche paura di portare il soccorso di Pisa, pure non volle mancare: uscì, con la scusa di prendere un po' d'aria, e s'incamminò in fretta in fretta al convento, per dare al padre Cristoforo l'avviso promesso. Poco dopo, si mossero gli altri bravi, e discesero spicciolati, per non parere una compagnia: il Griso venne dopo; e non rimase indietro che una bussola, la quale doveva esser portata al casolare, a sera inoltrata; come fu fatto. Radunati che furono in quel luogo, il Griso spedì tre di coloro all'osteria del paesetto: uno che si mettesse sull'uscio, a osservar ciò che accadesse nella strada, e a veder quando tutti gli abitanti fossero ritirati: gli altri due che stessero dentro a giocare e a bere, come dilettanti; e attendessero intanto a spiare se qualche cosa da spiare ci fosse. Egli, col grosso della truppa, rimase nell'agguato ad aspettare[…]”.

5. Da A. Manzoni, “I promessi sposi”, 1842, Capitolo VIII

“[…]Ma, prima che quelli fossero all'ordine, prima anzi che fosser ben desti, il rumore era giunto agli orecchi d'altre persone che vegliavano, non lontano, ritte e vestite: i bravi in un luogo, Agnese e Perpetua in un altro. Diremo prima brevemente ciò che facesser coloro, dal momento in cui gli abbiamo lasciati, parte nel casolare e parte all'osteria. Questi tre, quando videro tutti gli usci chiusi e la strada deserta, uscirono in fretta, come se si fossero avvisti d'aver fatto tardi, e dicendo di voler andar subito a casa; diedero una giravolta per il paese, per venire in chiaro se tutti eran ritirati; e in fatti, non incontrarono anima vivente, nè sentirono il più piccolo strepito. Passarono anche, pian piano, davanti alla nostra povera casetta: la più quieta di tutte, giacchè non c'era più nessuno. Andarono allora diviato al casolare, e fecero la loro relazione al signor Griso. Subito, questo si mise in testa un cappellaccio, sulle spalle un sanrocchino di tela incerata, sparso di conchiglie; prese un bordone da pellegrino, disse: «andiamo da bravi: zitti, e attenti agli ordini», s'incamminò il primo, gli altri dietro; e, in un momento, arrivarono alla casetta, per una strada opposta a quella per cui se n'era allontanata la nostra brigatella, andando anch'essa alla sua spedizione. Il Griso trattenne la truppa, alcuni passi lontano, andò innanzi solo ad esplorare, e, visto tutto deserto e tranquillo di fuori, fece venire avanti due di quei tristi, diede loro ordine di scalar adagino il muro che chiudeva il cortiletto, e, calati dentro, nascondersi in un angolo, dietro un folto fico, sul quale aveva messo l'occhio, la mattina. Ciò fatto, picchiò pian piano, con intenzione di dirsi un pellegrino smarrito, che chiedeva ricovero, fino a giorno. Nessun risponde: ripicchia un po' più forte; nemmeno uno zitto. Allora, va a chiamare un terzo malandrino, lo fa scendere nel cortiletto, come gli altri due, con l'ordine di sconficcare adagio il paletto, per aver libero l'ingresso e la ritirata. Tutto s'eseguisce con gran cautela, e con prospero successo. Va a chiamar gli altri, li fa entrar con sè, li manda a nascondersi accanto ai primi; accosta adagio adagio l'uscio di strada, vi posta due sentinelle di dentro; e va diritto all'uscio del terreno. Picchia anche lì, e aspetta: e' poteva ben aspettare. Sconficca pian pianissimo anche quell'uscio: nessuno di dentro dice: chi va là? ; nessuno si fa sentire: meglio non può andare. Avanti dunque: «st», chiama quei del fico, entra con loro nella stanza terrena, dove, la mattina, aveva scelleratamente accattato quel pezzo di pane. Cava fuori esca, pietra, acciarino e zolfanelli, accende un suo lanternino, entra nell'altra stanza più interna, per accertarsi che nessun ci sia: non c'è nessuno. Torna indietro, va all'uscio di scala, guarda, porge l'orecchio: solitudine e silenzio. Lascia due altre sentinelle a terreno, si fa venir dietro il Grignapoco, ch'era un bravo del contado di Bergamo, il quale solo doveva minacciare, acchetare, comandare, essere in somma il dicitore, affinchè il suo linguaggio potesse far credere ad Agnese che la spedizione veniva da quella parte. Con costui al fianco, e gli altri dietro, il Griso sale adagio adagio, bestemmiando in cuor suo ogni scalino che scricchiolasse, ogni passo di que' mascalzoni che facesse rumore. Finalmente è in cima. Qui giace la lepre. Spinge mollemente l'uscio che mette alla prima stanza; l'uscio cede, si fa spiraglio: vi mette l'occhio; è buio: vi mette l'orecchio, per sentire se qualcheduno russa, fiata, brulica là dentro; niente. Dunque avanti: si mette la lanterna davanti al viso, per vedere, senza esser veduto, spalanca l'uscio, vede un letto; addosso: il letto è fatto e spianato, con la rimboccatura arrovesciata, e composta sul capezzale. Si stringe nelle spalle, si volta alla compagnia, accenna loro che va a vedere nell'altra stanza, e che gli vengan dietro pian piano; entra, fa le stesse cerimonie, trova la stessa cosa. «Che diavolo è questo?» dice allora: «che qualche cane traditore abbia fatto la spia?» Si metton tutti, con men cautela, a guardare, a tastare per ogni canto, buttan sottosopra la casa. Mentre costoro sono in tali faccende, i due che fan la guardia all'uscio di strada, sentono un calpestìo di passini frettolosi, che s'avvicinano in fretta; s'immaginano che, chiunque sia, passerà diritto; stan quieti, e, a buon conto, si mettono all'erta. In fatti, il calpestìo si ferma appunto all'uscio. Era Menico che veniva di corsa, mandato dal padre Cristoforo ad avvisar le due donne che, per l'amor del cielo, scappassero subito di casa, e si rifugiassero al convento, perchè... il perchè lo sapete. Prende la maniglia del paletto, per picchiare, e se lo sente tentennare in mano, schiodato e sconficcato. - Che è questo? - pensa; e spinge l'uscio con paura: quello s'apre. Menico mette il piede dentro, in gran sospetto, e si sente a un punto acchiappar per le braccia, e due voci sommesse, a destra e a sinistra, che dicono, in tono minaccioso: «zitto! o sei morto». Lui in vece caccia un urlo: uno di que' malandrini gli mette una mano alla bocca; l'altro tira fuori un coltellaccio, per fargli paura. Il garzoncello trema come una foglia, e non tenta neppur di gridare; ma, tutt'a un tratto, in vece di lui, e con ben altro tono, si fa sentir quel primo tocco

di campana così fatto, e dietro una tempesta di rintocchi in fila. Chi è in difetto è in sospetto, dice il proverbio milanese: all'uno e all'altro furfante parve di sentire in que' tocchi il suo nome, cognome e soprannome: lasciano andar le braccia di Menico, ritirano le loro in furia, spalancan la mano e la bocca, si guardano in viso, e corrono alla casa, dov'era il grosso della compagnia. Menico, via a gambe per la strada, alla volta del campanile, dove a buon conto qualcheduno ci doveva essere. Agli altri furfanti che frugavan la casa, dall'alto al basso, il terribile tocco fece la stessa impressione: si confondono, si scompigliano, s'urtano a vicenda: ognuno cerca la strada più corta, per arrivare all'uscio. Eppure era tutta gente provata e avvezza a mostrare il viso: ma non poterono star saldi contro un pericolo indeterminato, e che non s'era fatto vedere un po' da lontano, prima di venir loro addosso. Ci volle tutta la superiorità del Griso a tenerli insieme, tanto che fosse ritirata e non fuga. Come il cane che scorta una mandra di porci, corre or qua or là a quei che si sbandano; ne addenta uno per un orecchio, e lo tira in ischiera; ne spinge un altro col muso; abbaia a un altro che esce di fila in quel momento; così il pellegrino acciuffa un di coloro, che già toccava la soglia, e lo strappa indietro; caccia indietro col bordone uno e un altro che s'avviavan da quella parte: grida agli altri che corron qua e là, senza saper dove; tanto che li raccozzò tutti nel mezzo del cortiletto. «Presto, presto! pistole in mano, coltelli in pronto, tutti insieme; e poi anderemo: così si va. Chi volete che ci tocchi, se stiam ben insieme, sciocconi? Ma, se ci lasciamo acchiappare a uno a uno, anche i villani ce ne daranno. Vergogna! Dietro a me, e uniti.» Dopo questa breve aringa, si mise alla fronte, e uscì il primo. La casa, come abbiam detto, era in fondo al villaggio; il Griso prese la strada che metteva fuori, e tutti gli andaron dietro in buon ordine[…]”.