Pagine da inganno della perfezione corporea

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L'inganno della perfezione corporea

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Riccardo

CAPITOLO 1

SCHEMA CORPOREO

E IMMAGINE CORPOREA

Il concetto di schema corporeo nasce all’interno della neurologia, per spie-gare alcuni disturbi singolari e di difficile comprensione, almeno per la neu-rologia associazionistica e localizzatrice dell’800. Alla fine dell’Ottocento,infatti, alcuni autori propongono che a partire dalle varie sensazioni ce-nestesiche, o di altro genere, si costituisce lo schema unitario del nostrocorpo: schema che può essere alterato in particolari condizioni patolo-giche come l’arto fantasma, la somatoagnosia, eccetera. Questo vissutodel proprio corpo riceverà nomi diversi, a secondo delle diverse con-cezioni che rimangono fondamentalmente neurologiche. Pick lo chia-merà autotopognosia; Head modello o schema posturale; Von Bogaertimmagine di Sé; Lhermitte immagine corporea, fino alla fortunata for-mulazione di Schilder di schema corporeo.

Lo schema corporeo è una vera e propria “costruzione” che il sog-getto fa di sé stesso, attraverso la rappresentazione che ha del pro-prio corpo. Esso dipende dalle sensazioni tattili, visive, cenestesiche,per arrivare alla componente sociale, ovvero al confronto fra la pro-pria immagine corporea e le immagini corporee degli altri.

In psicologia, afferma Lhermitte, «per immagine si intende la rivivi-scenza di una percezione, di un ricordo. Ora ciò che si intende per im-magine corporea, appare chiaramente come percezione, vale a direuna immagine attuale legata alle varie afferenze sensoriali, cioè unaimmagine-ricordo. E ciò che si intende per immagine corporea com-prende ad un tempo una percezione ed una rappresentazione»(Lhermitte M. J., 1942).

Negli anni Venti, P. Schilder elaborò delle teorie sullo schemacorporeo che ebbero grande successo, in quanto propone-vano una visione interdisciplinare che superava la dicotomiacartesiana fra res extensa e res cogitans, ovvero il dualismosoma-psiche.

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Riccardo

CAPITOLO 2

APPARENZA FISICA E

IMMAGINE CORPOREA

Bisogna saper distinguere l’apparenza dalla sostanza: quando si muore di sete, è inutile cercare un calice d’oro.

Orazio

Negli ultimi 30 anni le donne e via via anche gli uomini hanno sviluppatouna crescente preoccupazione rispetto al proprio corpo. Sfortunata-mente però questo esame meticoloso del corpo non ha portato le per-sone a vedersi in modo più chiaro, a “sentirsi corpo”, fino al punto chel’insoddisfazione corporea è la norma. La magrezza è diventata il sim-bolo universale della felicità personale a fronte di una crescente obe-sità nella popolazione. Sfortunatamente il contrasto tra biologia ecultura ha penalizzato le donne che, come mai in passato, sono in-soddisfatte del loro corpo e lo combattono duramente attraverso ladieta e l’esercizio fisico. La ricerca indica che la dieta fatta per perderepeso e la paura dell’essere grassi sono comuni tra le ragazze di noveanni e crescono drammaticamente durante l’adolescenza. All’in-terno della nostra cultura le donne che sono esposte ad una mag-giore pressione rispetto alla dieta sono a più alto rischio disviluppare un disturbo del comportamento alimentare.

Un’indagine fatta da Psychology Today (Gennaio-Febbraio, 1997),ha documentato la diffusa insoddisfazione corporea presente trale donne e gli uomini. Circa 4000 persone hanno risposto (l’86%del campione era costituito da donne). Più della metà delledonne si sono dichiarate insoddisfatte del loro aspetto (55%).

I punti del corpo maggiormente discriminati sono stati l’addome(71%), il peso corporeo (66%), i fianchi (60%) e il tono mu-scolare (58%). Gli uomini invece si mostravano insoddisfattidel loro tono muscolare, addome, dei pettorali, del loroaspetto fisico in generale e del peso.

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Riccardo

CAPITOLO 3

CENNI DI PSICOPATOLOGIA

3.1 Disturbo di Dismorfismo Corporeo (BDD, Body Dysmorphic Disorder)

L’interesse sociale nei confronti del Disturbo di Dismorfismo Corporeo(BDD) è cresciuto solo recentemente nonostante sia stato documentatoper la prima volta nel 1886 dal ricercatore italiano Morselli sotto la de-nominazione “Dismorfofobia”.

Una delle fonti di descrizione più complete è senza dubbio il “Manualeper la diagnosi dei disturbi mentali” (DSM-IV TR), secondo il quale esi-stono almeno tre criteri necessari ad effettuare una diagnosi di BDD:

✓ Criterio A: la preoccupazione per un difetto nell’aspetto fisico, ilquale può essere immaginario, oppure, se è presente una piccolaanomalia fisica, la preoccupazione del soggetto è di gran lunga ec-cessiva.

✓ Criterio B: la preoccupazione deve causare disagio significativoo menomazione nel funzionamento sociale, lavorativo, oppure inaltre importanti aree di funzionamento dell’individuo.

✓ Criterio C: la preoccupazione non è meglio attribuibile ad unaltro disturbo mentale (per es. l’insoddisfazione per la forma e lemisure corporee nei Disturbi del Comportamento Alimentare).

La caratteristica essenziale del Disturbo di Dismorfismo Cor-poreo è la preoccupazione per un difetto nell’aspetto fisico. Ildifetto può essere immaginario, oppure, se è presente una pic-cola anomalia fisica, la preoccupazione del soggetto è di granlunga eccessiva.

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CAPITOLO 4

COMUNICAZIONE

Le relazioni umane sono costituite da varie forme di comunicazione. Dallacapacità degli interlocutori di scambiarsi adeguatamente le informazioni di-pende il rapporto interpersonale, l’efficacia della comunicazione e la pro-babilità che venga raggiunto l’obiettivo comune.

Ogni messaggio non è mai neutro, porta sempre un contenuto che ècaratteristico della personalità che lo ha emesso. Allo stesso modo, chilo riceve lo integrerà con la propria personalità e struttura una rispo-sta.

Affinché la comunicazione sia andata a buon fine, bisogna essere sicuriche questi messaggi siano stati recepiti dal nostro interlocutore cosìcome sono stati pensati da colui che li ha emessi, senza fraintendi-menti di sorta, onde evitare conflittualità tra comunicazione verbale(CV) e comunicazione non verbale (CNV). È importante altresì ac-certarsi che il nostro interlocutore abbia capito e di conseguenzaformulato una risposta in sintonia col messaggio ricevuto e deci-frato (meccanismo del feedback). Per essere sicuri di tutto ciò, bi-sogna monitorare costantemente la propria ed altrui CV e CNV.

Il termine comunicare è storicamente collegato alla parola comune,che deriva dal verbo latino communicare (“condividere”, “renderecomune”); la radice latina del verbo pone in risalto la “profon-dità” del comunicare qualcosa, diversamente dalla superficialità diinformare qualcuno su qualcosa.

Per Anolli la comunicazione è “...uno scambio interattivo osserva-bile fra due o più partecipanti, dotato di intenzionalità reciprocae di un certo livello di consapevolezza, in grado di far condividereun determinato significato sulla base di sistemi simbolici e con-venzionali di significazione e di segnalazione secondo la culturadi riferimento”.

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Riccardo

CAPITOLO 5

PERSONALIT¤

Il più antico precursore dello studio della personalità fu Ippocrate che de-finì quattro tipi personalità, in base all’umore di base presente nel suocorpo:

il collerico, il sanguigno, il melanconico, il flemmatico.

Cicerone definì la “personalitate” come l’aspetto e la dignità di un essereumano, oppure, in un’altra definizione, quella parte che si recita nellavita, e non a caso “per-sona” rappresentava la maschera indossata dagliattori, attraverso (per) la quale usciva la voce amplificata (sona) dell’at-tore.

Alla soglia del XX secolo si affermò la convinzione che la perso-nalità del soggetto si rispecchia nel modo in cui la realtà gli apparee nelle idee che esprime. Questo modello, che in Kurt Lewin eKurt Koffa ebbe i suoi migliori esponenti, venne definito “feno-menologico”.

Lo psicologo anglo-tedesco Hans Eysenck (1916-1997), stu-dioso della struttura della personalità, nella sua opera “The struc-ture of Human Personality” afferma che: « La personalità è la piùo meno stabile e durevole organizzazione del , del , dell’ e del diuna persona: organizzazione che determina il suo adattamentototale all’ambiente.»

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