Nel segno del nulla: Critica dell'ateismo moderno (Italian...

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Nel mondo contemporaneol’area della non credenza siallarga ogni giorno di più e,anche nell’ambito di coloroche si dicono credenti, sistanno diffondendo icomportamentitipicidell’ateopratico.L’ateismosipresentacomel’elementounificantediculture e concezionifilosofiche spessoprofondamente diverse traloroedè riuscitoa insinuarsi

in alcune teologie, comequelledellamortediDio.In una rivisitazionecomplessiva dell’ateismonella sua evoluzione storica,Roberto Timossi analizza ilpensiero dei principalinegatoridell’esistenzadiDioe della religione (daD’Holbach a Feuerbach, daNietzsche a Heidegger, daSartre aFoucault, daMesliera Proudhon, da Stirner a

Marx, da Bloch ad Adorno,da Sade a Freud, daSchopenhauer a Leopardi eCamus,daRussellaCarnapeAyer), dedicandoun’attenzione particolare agliatei «scientifici» e aicosiddetti atei moderni,perchénegliultimidecennisiè diffusa una forma diateismo che vede comeprotagonisti molti celebriuomini di scienza, quali

Steven Weinberg, RichardDawkinseStephenHawking.Nel segno del nulla offredunque una visione completadell’orizzonte ateo eun’interpretazione delledirettrici principalidell’ateismo alla lucedell’attuale condizioneumana, perché di fronte aogni singolo uomo si ponesemprelaquestionedelsensodell’esistenza, del confronto

con il rischio dell’assurdo edelnulla.

ROBERTO GIOVANNITIMOSSI è un filosofo datempo impegnatoprincipalmente sulle«questioni di frontiera» equindi a sviluppare ilconfrontointerdisciplinaretrafilosofia, teologia, religioneescienza.ViveaGenovaesièdedicato in particolare aiproblemi dell’esistenza diDio, della razionalità dellafede e dell’ateismo nel loro

rapporto con le moderneconoscenze scientifiche.Collabora con diversiquotidiani e fa parte delComitatoscientificodiSISRI(Scuola InternazionaleSuperiore per la RicercaInterdisciplinare). HapubblicatoDioèpossibile?Ilproblema dell’esistenza diun’Entitàsuperiore;Dio e lascienza moderna. Il dilemmadella prima mossa; Prove

logiche dell’esistenza di Dioda Anselmo d’Aosta a KurtGödel; L’illusionedell’ateismo. Perché lascienza non nega Dio;Imparare a ragionare. Unmanuale di logica;Decideredi credere. Ragionevolezzadellafede.

Biblioteca

Incopertina:KazimirMalevič,BlackCircle,1915,MuseodiStatoRusso,SanPietroburgo

©2015Lindaus.r.l.corsoReUmberto37-10128Torino

Primaedizione:gennaio2015ISBN978-88-6708-378-7

RobertoGiovanniTimossi

NELSEGNODELNULLACriticadell’ateismo

moderno

NELSEGNODELNULLA

Contro ogni Dio,l’ateismoasserisce e fondala sua causa consicurezzaincrollabile e

trionfale. Negarel’ateismo ècaderenell’allucinazione,nella pazzia,nella mentalitàcorpuscolare deibambini e deiselvaggi.

GiuseppeRensi,Apologiadell’ateismo

Prefazione

Uno spettro si aggira peril mondo globalizzato: lospettro dell’ateismo.Parafrasando un famosoincipit diMarx ed Engels, sipuòdescriveresinteticamentecosì l’estensione crescentenella nostra epoca della noncredenza, che le ricerche piùaccreditate stimano ormaiintorno al miliardo dipersone. L’ateismo apparesempre più come la

caratteristica unificante didiverse culture e concezionifilosofiche perché sembracostituire l’unico terrenocomune di indirizzi dipensiero e di azione distantitra loro, se non addiritturacontrapposti, che possonoandare dalle filosofieanalitiche a quellecontinentali, dalneopositivismoall’ermeneutica, dallo

strutturalismoallostoricismo,dall’esistenzialismo alpragmatismo,dalnaturalismoalla fenomenologia, pergiungereainteressareperfinoalcune teologie come quelledellamortediDio.

Nelloscenarioquantomaiincerto seguitoalla finedellegrandi ideologie laiche sortedall’Illuminismo e più direcente dominato dalla«condizione postmoderna»,

l’elemento accomunanteconsiste infatti spesso neldichiararsiateiononcredentie nel considerare indifferenteo superfluo il problema diDio.Nell’etàdelpluralismoedel relativismo dei punti divista e delle idee, l’ateismocercadiimporsicomel’unicopostulatodiordinegeneraleoperlomeno come una dellepoche convinzioni umanedavverotrasversali.

Essendo oggi la scienzamoderna un faro diriferimento obbligato per ilprogresso della conoscenzaumana, non manca chipretendediassumereilsaperee i metodi scientifici qualisistemi interpretativiuniversali, capaci cioè dispiegare e risolvere questioniesistenziali come quella delsignificato della vita equestioni etiche come

l’originedelbeneedelmale,rendendo metodologicamenteinutile l’ipotesi dell’esistenzadiDio.SièaffermatanelXXsecolo unamaniera di essereatei strettamente collegatacon la ricerca scientifica econ la filosofiadella scienza,che ha trovato in moltiscienziati e filosofi deiconvinti e autorevoli teorici,per altro anche piuttostoaggressivi e motivati, come

Steven Weinberg, RichardDawkinseDanielC.Dennett.

L’ateismo moderno ètuttavia in primo luogo unamanifestazionepratica,valeadire un modo concreto divivere nel quotidiano etsiDeus non daretur (come seDio non ci fosse), magaritalvolta dichiarandosi ancoracredenti e perfinoappartenenti a una specificaconfessione religiosa.

L’attuale diffusoatteggiamento ateo èsicuramente uno dei prodottidella secolarizzazioneedeglieffetti di uno stile di vitadisincantato rispetto altrascendente, nonchépredisposto dai progressidella tecnologia e dallebanalizzazioni delconsumismo a coglieremaggiormente opreferibilmente le esigenze

pratiche piuttosto che quelleteoretiche o di valenzasuperiore. Sia pure conposizioninonsempretraloroconvergenti, tale processo èstato a suo tempo colto nelsuo generarsi e nei suoiriflessi filosofici da duepensatori italiani comeCornelio Fabro e AugustoDelNoce.Partendodalleloroanalisi e spingendoci oltre,possiamo oggi vedere bene

come l’ateismocontemporaneoiniziatoconilpensiero moderno abbiapercorso una parabola chedall’esaltazionedell’uomofinquasi alla divinizzazione l’hacondotto a esitioggettivamentenichilistici.

Da un simile angolovisuale l’ateismo attuale puòessere interpretato come ilsegno della crisi dellamodernità e della

postmodernità, come lacondizione in cui l’essereumanoallafinesiritrovasoloa tuper tu con laprospettivadel nulla. È evidentementedifficile rassegnarsi a questaconclusione;maseesisteunavia di uscita, siamo convintipossa essere conseguitasoltanto dopo un’indaginecritica delle ragionidell’ateismo.

RobertoGiovanniTimossi

1

Lasfidadello«stolto»

1.«Deusnonest!»

A molti credentil’esistenza di Dio apparecome un fatto scontato chenon ha bisogno di esseredimostrato. Il loro rapportocon il divino è talmenteinteriore e profondo da nonsentireneppurelanecessitàdiacquisire delle prove per ciòin cui credono, masemplicemente lovivonocon

trasporto e partecipazione.Nel caso dei mistici poi, larelazione con Dio è tantodirettadafarlorosembraredipercepirne fisicamente lapresenza, di averne in estasiunachiaravisione,disentirlodentro di sé e di diventareaddirittura una cosa sola conLui. Così predicava adesempio Meister JohannesEckhart (1260-1328), ungrandemisticocristianoperil

quale Dio e il singolo uomocredente diventano un’unicarealtà:«L’uomodevecogliereDioinognicosaeabituare ilproprio spirito ad aver Diosempre presente in sé. […]Ma l’uomo in cui Dio nonabita veramente, e che devecercare Dio all’esterno, inquesta cosa e in quest’altra,[…] non possiede Dio»1. Inespressioni come questequalcuno ha voluto leggere

perfino una forma dipanteismo, ma forse èeccessivo; di certo siamo inpresenza di un misticismofortemente speculativo, chenega ogni intromissione tral’anima umana e il divino(«Qualsiasi mediazione èestranea a Dio»)2 e dà peracquisita la presenza di Diocon la stessa spontaneità concui ciascuno di noi ritienecerta l’esistenza del mondo

esterno.Se analizziamo con un

minimo di attenzione questomododicredereneldivino,cirendiamo facilmente contoche si tratta di unamanifestazione a caratteresoggettivo, estremamenteimportante per chil’esperisce, ma palesementeinadeguata ad avvalorare inmanieraobiettivaeuniversalel’effettiva esistenza diDio; a

fornire cioè punti diconfronto intersoggettiviancheacolorochenonhannola fortuna di viverladirettamenteepersonalmente.Pur meritando il nostromassimo rispetto, siamoinfatti al cospetto di vicendedel tutto peculiari eindividuali, che risultanospesso inesprimibili collinguaggio umano e quindidifficilmente comunicabili al

prossimo,speciesesitrattadiintuizioni; e non a casoquanto accomuna imistici diqualsiasireligioneocredenzaè la convinzione dellaineffabilità della loropersonale esperienza, tantoessarisultatotalmentediversadalle normali esperienzeumane.

Al di fuori di questeforme soggettive o personalidicredenzainunEntedivino,

l’esistenza di Dio è tutt’altrocheimmediatamenteevidentealla ragioneumana.Essanonpuòinfattiritenersiunaveritàintuitiva per il sapere umanoallo stesso modo dellanecessaria presenza di duegenitori naturali per ciascunindividuo della nostra specieo del fatto che siamo tuttimortali; esige pertanto divenire adeguatamentedimostrata con l’ausilio

indispensabiledellaragioneedell’esperienza. È pur verochecisonostatideipensatoriche hanno razionalmenteteorizzato la percezioneimmediata di Dio da partedell’uomo e la conseguenteinutilitàdicercaredelleproveo di inseguire delledimostrazioni, come adesempio il filosofoontologista NicolasMalebranche (1638-1715).

Per quest’ultimo «soloDio èconosciuto per se stesso»3 epossedere nella mente l’ideadi un Ente soprannaturale ècome vedere Dio vis-à-vis,ossiaperpercezionedirettaesenza bisognodell’intermediazione delragionamento.Ma la dottrinaontologista, così comequalsiasi altro tentativo diproclamare l’esistenzadiDiocomeautoevidente,siscontra

sempre con due datioggettivi: la presenza nelmondo di persone che noncredono in Dio e i diversimodi di concepire il divino.Se da un lato le differentimaniere di intendere eraffigurare un’entità divinadimostrano che non tutte lementi la descrivono allostessomodo, come dovrebbeinvecenormalmenteaccaderequalora la conoscessero

direttamente, dall’altrobisogna pragmaticamenteprendere atto che gli ateicostituisconolaprovaviventedel fatto che la realtà diDionon risulta per nulla scontatao intuitivamenteprovata,nonfoss’altroperchémolteformedi ateismo rifiutano perfinol’ideastessadiunEntedivinoodiunCreatore.

Come lo scettico,dubitando radicalmente della

possibilità di conoscere lecosequaliesseeffettivamentesono e quindi di conseguirecertezza in ordine alla verità,rende indispensabile porsi ilproblema di fondare inqualche modo la nostraconoscenza delmondo che ilsenso comune dàspontaneamenteperassodata,alla stessa maniera lasemplice presenza dell’ateometteindiscussionequalsiasi

pretesa di conoscenzaimmediata dell’esistenza diDio e impone alla ragione diinterrogarsicriticamentesudiessa. Né vale a depotenziarela sfida dell’ateismo neiconfronti del credentesostenere, come faceva ilfilosofo spiritualista franceseJules Lagneau (1851-1894)4,che non esistono autenticiatei,ma semplicemente degliindividui che non riescono a

vedere nell’immagine di Dioproposta dalle diversereligioni il senso del divinoche tutti gli uomini portanodentro di sé. La questionedellapresenzaedelcrescentevigore dell’ateismo non puòcerto essere aggiratacooptando gli atei tra icredenti per disconoscernel’esistenza, ma va inveceanalizzata con attenzione,senza sottovalutazioni e

perfino con intelligenterispetto, se gli argomentipresentati contro la realtà diDio manifestanoun’intrinseca dignitàteoretica.

L’accostamento tra loscetticismoe l’ateismononècasuale,dalmomentocheunoscettico integrale è spessoancheunateoocomeminimounagnostico(seinfattidubitadi tutto, come fa a non

dubitare di Dio o perlomenodellapossibilitàdistabilireseesisteveramente?);mentregliatei e gli agnostici che nonsono degli scettici radicaliaderisconoquantomenoaunaforma di scetticismometodologico rispetto allepossibilità della conoscenzaumanadispingersitantooltreildatoempirico.Ladifficoltàdi considerare intuitival’esistenza diDio, specie nei

confrontideldubbio scettico,eraparticolarmentepresenteauna mente analitica comequelladiTommasod’Aquino(1225-1274): egli dedicainfatti il primo articolo dellaseconda questione (intitolatasignificativamente An Deussit – «Se Dio esista») dellaSumma Theologiae alproblema «Se sia di per séevidente che Dio esiste».Partendo dall’affermazione

del teologo arabo-cristianoGiovanni Damasceno (675-749 ca) secondo cui «laconoscenza dell’esistenza diDio è in tutti naturalmenteinsita»5, Tommaso osservacome per confutare unasimiletesisiasufficientefarericorsoproprio all’argomentodellapresenzadell’ateo,ossiadello «stolto» che secondo ilSalmo 52 «dice in cuor suoDio non esiste» (Dixit

insipiens in corde suo: nonest Deus), per concludere:«DunquecheDioesistanonèdiperséevidente»6.

Chi nega l’esistenza diDiopuòancheesserereputatodal credente ebraico-cristianoun «insipiente», perché nelleSacre Scritture l’ateismo ècontrassegnato come un non-senso,ma resta a ognimodoil fatto che l’ateismorappresenta una posizione

razionalmente ammissibile,poiché il divino non èspontaneamente evidente allaragione; fatto quest’ultimocheprospettaal credenteunasfida radicale. Una sfidainiziata probabilmente nelmomento stesso in cui difronteallacredenzadiffusainqualche entità religiosamisteriosaosoprannaturalesiè presentato qualcuno ametterla risolutamente in

discussione, a negarerecisamentel’esistenzadiDioo degli dei. E se all’iniziodella vicenda umana sullaTerra i «negatori del divino»erano probabilmenteun’esigua minoranza, colpassare dei secoli essi sonoaumentati costantemente dinumero, fino a rappresentarein età contemporanea unamassa di individuiconsiderevolmente ampia e

difficile da calcolare (imovimenti dell’ateismomilitante parlano di oltre unmiliardo di persone). Delresto l’ateismo è sempre piùun protagonista della nostraepocaeilconfrontodialetticoserrato tra atei, agnostici eteisti è il fulcro di molticonvegni, articoli e dibattitianche intellettualmenteelevati. Perfino l’autorevoleteologo Karl Rahner (1904-

1984), che con la sua tesiteologica dell’«esistenzialesoprannaturale» sostenevache anche i non credenti ecoloro che non conoscono laRivelazionesonocomunqueapriori sotto la volontàsalvifica diDio, ha dovuto asuotempoprendereattoche

l’ateismoconcuinoioggiabbiamo a che fare, al dilà di alcune

corrispondenzeinnegabili, non èl’ateismodell’Illuminismo eneppure l’ateismo che lacritica della religionedell’800, soprattutto diFeuerbach e Marx, davaper scontato oppurepropagandava. […]Dappertutto troviamo unateismo condizionatodall’odierna società

razionalisticaetecnica.7

Purnellacontinuitàconlatradizione illuministica eottocentesca, l’ateismocontemporaneo presentaalcune peculiarità, la primadelle quali consiste nelcercare spesso i proprifondamenti o la propriagiustificazione nella scienzamoderna, in particolare nellescienzenaturali, e la seconda

è la sua estensione capillaresu tutto il pianeta. «C’è oggi– ha ancora affermato KarlRahner – ciò che mai ci funella Storia: un ateismomondiale dovunque diffuso,chenonèpiùaffaredisingoliuomini, ma un fenomenosociale dovunquericonosciuto comelegittimo».8 Le parole delteologo tedesco sono statepronunciate nel corso di un

congresso suEvangelizzazione e ateismodel lontano 1980 e da allorala situazione si èulteriormente evoluta nelladirezione di un’ulterioreproliferazione globale delfenomeno dell’ateismo, chenon sembra demordereneppure nelle fasi delcosiddetto«ritornodelsacro»o«riscopertadelreligioso».

Dovremo certamente

affrontare il problema dellalegittimità del ricorso alsapere scientifico al fine didimostrare la razionalità e laveridicità dell’ateismo; macomunque la sipensi, è fuoridiscussione che la nascitadella scienza moderna harappresentato uncambiamentoculturalediunataleportata chenonpoteva enon può non avere avutoripercussionisianeiconfronti

del problema razionaledell’esistenzadiDio,siadellamentalità religiosa in sensolato e di quella cristiana inparticolare.NelmondoanticoquantonelMedioevol’ideadiDio e del soprannaturaleapparivanononsoltantocomearmonicamente compatibilicon l’«immagine scientificadelmondo»diquelleepoche,ma addirittura comepresupposti imprescindibili,

senzaiqualilascienzastessarischiavadirimanereprivadiun principio esplicativo equindi sospesa nel vuoto. Èsufficiente menzionare ilpassaggio dal modellotolemaico a quellocopernicano del cosmo,accompagnato dal quasicontestualesuperamentodellafisica aristotelica da partedella nuova fisica galileiano-newtoniana, per capire

l’impatto che la cosiddetta«rivoluzione scientifica» haavutosullacredenzainDioesulla fede religiosa. Ilparadigma scientificoaristotelico-tolemaico, con lasuaesigenzadiunsistemadicause o «motori» culminanteinunaCausaprimaincausatao Motore immobile e nellostesso tempo di un naturalefinalismo, non soloammetteva la presenza di un

Ente soprannaturale comeprincipioefinedell’universo,maloindicavacomel’Esserenecessario senza il qualenullasarebbeesistitoenientesi sarebbe potuto spiegarescientificamente. Il nuovoparadigma scientifico cheprende forma tra il XVI e ilXVII secolo non concepisceinvecenessunacausaprimaetantomeno nessuna causafinale, non pone l’uomo al

centro del cosmo, ma spiegal’ordine fisico del mondoricorrendosemplicementealleleggi della natura, al motomeccanico e allecaratteristiche intrinsechedella materia; quindi senzadover ricorrere – secondo lafamosa rispostadell’astronomo e matematicoPierre-Simon de Laplace(1749-1827) a Napoleone –all’«ipotesidiDio».

Da questa conclusione diLaplaceall’ateismoilpassoèevidentementedavverobreve,poiché facile risulta ilpassaggio dalla convinzioneche l’idea diDio è superfluaperlaspiegazionedell’ordinecosmico alla conclusione cheallora è totalmente priva disignificato, come peraltro sisono incaricate di dimostrarele vicende storiche efilosofiche successive

all’avvento della scienzamoderna. Ciò accade adesempio con la filosofianeopositivistae inparticolareconillogicoefilosofoRudolfCarnap (1891-1970), il qualeriferendosi alla parola «Dio»sostiene che «nell’usolinguisticometafisicodesignaqualcosa di extraempirico» eche,senonlesiattribuisceunsignificato nuovo, «essadiventa priva di significato»;

infatti, «una cosa perprincipio posta al di làdell’esperibile non potrebbeesserenédetta,népensata,néindagata».9 Insomma,solamente assegnando altermine «Dio» un significatoreferenzialediversodaquellodi ente incorporeo o meta-empiricochenormalmentegliviene attribuito esso diventasensato, altrimenti leproposizioni in cui viene

inserito (per esempio «Dioesiste», «Dio è onnipotente»,«Dio è buono») non dicononulla, non comunicanonessunaverainformazione,alpunto che il soggetto «Dio»non può neppure esserepensato e quindi tantomenoindagato. È poi evidente chese alla parola «Dio» cosìcomevienelargamenteintesanella cultura occidentaleassociamo un significato

diverso da quello di esseretrascendente, non esprimeràpiù il contenuto concettualeche le vogliamo attribuire equindi finirà per risultareaffatto inutile tanto sottol’aspetto filosofico-teologicoquanto sotto quello dellinguaggio quotidiano. Sitratta in altri termini di unnon-cognitivismo teologico,in base al quale alcunivocaboli inusonelledottrine

religiose, nei ragionamentiteologici e nelle espressionimistiche sono in tutto e pertutto privi di un realesignificato, salvo ovviamentein un contesto mitologico ofantastico.10

Un analogo processo chedal piano scientifico transitapiùomenoimpropriamenteaquello filosofico si èverificato a partire dal 1859,data di pubblicazione

dell’Origene delle specie diCharlesDarwin (1809-1882),allorché pure i fenomenibiologici iniziarono a essereinterpretati come il risultatodi meri accadimenti selettivinaturali, con la conseguenzache tutti i viventi (essereumani inclusi) divennero ilrisultato non di un attocreativo divino, bensì di«caso e necessità»11. Fu cosìche alla fine i processi

normatidellescienzenaturalisostituirono definitivamentela divina provvidenza:«Storicamente, si puòconsiderare l’idea deldeterminismo “scientifico”come il risultato dellasostituzione dell’idea di Diocon l’idea di natura, edell’idea di legge divina conquelladileggenaturale»12.Aconti fatti, appare perciòevidente come al legittimo

superamento nelle moderneconoscenze scientifichedell’ipotesi Dio qualespiegazione dei fenomeninaturali abbia fatto seguito iltentativo da parte di alcuniscienziati atei di obliterarecompletamente la nozione diDio da tutti i contesti dellavitaumana,inquantoinutile,insensataeperfinodannosa.

Per altro anche quellaparte della filosofia

contemporanea che non èdirettamente influenzatadallastoria della scienzamoderna,e anzi in alcuni casi sipronunciaapertamentecontrodi essa, appare seguire unalinea parabolica che conduceprogressivamente aconsiderare quantomenosuperfluo o comunqueinsignificante il discorsointornoaDiopostoalungoalcentro dell’indagine

filosofica, quando non ègiunta perfino a negarne convigore la consistenza comenel caso del nichilismo,oppure a ritenerlo unfenomeno pericoloso per lalibertàumana,comenel casodell’esistenzialismo sartrianoe dell’anarchismo. E se ilproblemadelsensodellavitaancora talvolta assilla ifilosofi, nell’epoca dellafilosofia postmetafisica e

postmoderna si tenta dirisolverlo trovando unarisposta all’interno delmondano ordine naturale,cioè inciòcheper lascienzanonhaalcun fine teleologicoo scopo ultimo, in quellaNatura naturans del filosofopanteista Baruch Spinoza(1632-1677), che per ilpensatore tedesco e storicodella filosofia Karl Löwith(1897-1973) rappresenta

l’autentico «fondamento dituttochenontendeanulla»13.

Insieme con lamodernizzazione tecnologica,tanto il sapere scientificoquanto la propensioneantimetafisica e antireligiosadi molta filosofiacontemporanea hanno avutorilevantiriflessisuicostumiesugli stili di vita occidentali,dove l’espansione delconsumismo accompagnato

daunacertadosediegoismoedonistico ha contribuitoall’affermarsidiquellachedirecente il filosofo cattolicocanadese Charles Taylor hachiamato«etàsecolare»;valea dire una rappresentazionedell’esistenzasostanzialmenteimmanentistica, che fadell’istanza religiosa unaquestione secondaria oaddirittura indifferenterispetto alla dimensione dei

valori e dei comportamentiindividuali, con gli spazipubblici«svuotatidiDioodiqualsiasi riferimento allarealtà ultima». «Lasecolarizzazione – sostieneancora Taylor in quella chechiama “Grande narrazionedella Riforma” (GNR) –nasce all’internodell’Occidente cristianosoprattutto con la Riforma,che afferma una concezione

antropocentrica dellareligione,unavisioneavversaal magico e attenta ai dirittiindividuali. È questo ilterreno fertile per l’emergeredel mondo secolarizzato».14A porre le basi del pensierosecolarizzato,liberaleelaico,contribuisce inoltre inmaniera decisiva ilTractatustheologico-politicus,pubblicato nel 1670 daBaruch Spinoza in forma

anonimaperchévisiaffermacondoviziadiparticolarichela Bibbia non sarebbe paroladi Dio, ma una meracreazione dell’ingegnoumano.15

Èrisultatocosìpossibileeperfino necessario concepire«un’etica senza Dio»,16 unamorale tanto individualequanto pubblica capace difondare la distinzione trabene e male su postulati

esclusivamente mondani equindi in fin dei contirelativisticieutilitaristici.Delresto, nell’attuale societàmultietnicaemulticulturaleincui confluiscono e siconfrontanocostumidiversiedifferenti credenzeconfessionali, la concezionestessa del divino rischia dismarrire la propria identità,fino al punto di diffonderel’idea che poiché ci sono

tantereligionichepretendonotutte di essere l’unica verareligione,forsealloranessunareligione è vera; ovvero chepoiché sussistono tanteimmagini differenti di Dio,forse allora esistono piùdivinità (neopaganesimo)17 opiù semplicemente Dio nonesiste (ateismo), oppure seesiste non è conoscibile(agnosticismo). Nonostante iricorrenti proclami di una

rivalsa del sacro, sembra chel’attuale contesto storico-socialerendanonsoltantopiùfacile la scelta di dirsi atei oagnostici, ma modifichi pureprofondamente il modo diesserlorispettoalpassato.

Reputiamocorrettotenerequi conto della tradizionaledistinzionetraagnosticismoeateismo, anche per rispettointellettuale nei confronti ditutti coloro che

motivatamente si diconoagnostici; tuttavia dobbiamoessere contemporaneamenteconsapevolichenonsempreèfacile effettuare una nettaseparazionedalpuntodivistadei comportamenti pratici. Ècomunque teoricamente veroche nei confrontidell’esistenza o dellacredenza in Dio si possonocontrapporre due differentiposizioni:

• si può affermare concertezza,equindidimostrare,cheDiononesiste(ateismo);• si può sostenere che Diononpuòesserenédimostratoné confutato con la ragione(agnosticismo).

Risulta però ugualmentecerto che, posti in modoincalzante di fronteall’interrogativo sulla realtàdi Dio, pressoché tutti gliagnostici faticano a restare

completamenteasettici,anonmanifestare quantomeno unsentimento o unapredisposizione prevalente afavore o contro il teismo;tantoèverocheunapproccioagnostico integrale, ossiaeffettivamente equidistantetra leposizionideicredentiedegliatei,siriscontraassaidirado sia nella storia delpensiero filosofico sia nellanostra esperienza quotidiana:

infatti in molti casi in unagnostico dichiarato sipalesano comportamenti nondissimilidaunateopratico.

2.QualeDio?

Il termine «ateo» derivadal greco ἄϑεος (átheos) esignifica «senzaDio» (la á èl’alfa privativo che esprimel’assenza o la negazione del

theós, della divinità); e daesso dipende pure la parolagrecaἀϑεότης(atheótes)ossia«ateismo». In breve, sotto ilprofiloetimologicol’ateopuòessere identificato con coluiche non ha dei, che nonriconosce nessuna divinità,chenegaDio.Ilvocaboloeragià in uso nella Greciaclassica e compare in poeticome Bacchilide (516-451a.C.), Pindaro (518-438 a.C.

ca) e Sofocle (496-406 a.C.)per indicaredisolito la folliaquale condizione di chi èstato abbandonato dagli dei.Si trova inoltre al pluralenella Lettera agli Efesiniattribuita a Paolo di Tarso(5/10-65/67 d.C.), laddoveparlando ai «pagani nellacarne»sidice:«EravatesenzaCristo […], senza speranza esenzaDio[ἄϑεοι (atheoi)]»18.Per altro nella Bibbia

l’ateismo è considerato nelsuo aspetto pratico o etico,piuttosto che teoretico: l’ateonon è colui che negateoricamente Dio tramiteprecise argomentazionirazionali,quantochiviveesicomporta come se non cifosse(comeappuntolostoltoin Sal 14,1 e 53,2) o non sicurasse delle azioni umane,buone o cattive che siano(comeinIs29,15-16).L’ateo

insomma, secondo le paroledi Clemente di Alessandria(150-215 ca), èsemplicemente «chi affermache non esiste Dio»19; diconseguenza l’ateismo èl’atteggiamento o il punto divistadichinegaapertamenteDio oppure vive e sicomporta come se nonesistesse.

Detto così, definire chi èl’ateo e che cos’è l’ateismo

sembra facile, ma in realtàrisulta piuttosto complessoper il banale motivo che lanozione di Dio nelle diverseconcezioni o espressioniumane non appare sempreunivoca e manifestanumerose variazioni disignificato. Anche se cisembraesageratalaposizionedichisièspintoadichiarareambiguo il termine «Dio»20,poiché riteniamo che

all’interno di un determinatocontesto linguistico-culturaleè certamente possibile unasua disambiguazione ochiarificazione, apparetuttaviafuordidubbiochenelcorso della Storia e nellediverseciviltàessohaassuntoe tuttora assume significatiquantomeno articolati. Bastain proposito interrogare afondo un certo numero diindividuidiambienticulturali

diversioppuredidiverseareegeografiche per rendersiconto di quanti svariatimodidi concepire Dio sussistanofrailgenereumano.

Unconfrontodialetticodiquesto tipo ha provato aimmaginarlo il filosofoilluminista Francois-MarieArouet, meglio noto comeVoltaire(1694-1778),ilqualeproprio alla celebre voce«Dieu» del suo Dizionario

filosofico (1764) raccontache, ai tempi dell’imperatorebizantino Arcadio (395-408),un teologo di nomeLogomacosi imbattéaipiedidel Caucaso in un allevatoredi ovini di origine scita e dinome Dondinac. Logomaco,dall’altodella sua spocchiosaformazione teologica e dopoaver dato dell’idolatra alpastore, incomincia achiedergli:«Cheideahaitudi

Dio?». Dondinac glirisponde: «Che è il miocreatore, il mio signore, chemi ricompenserà se farò ilbene, mi punirà se farò ilmale». Il teologo allorareplica: «Bagattelle, miserie.Veniamoall’essenziale.Dioèinfinito secundum quid osecondo l’essenza?». Ilmalcapitato allevatoreovviamente risponde: «Noncapiscoquelchevoletedire».

LoincalzaancoraLogomaco:«Che cos’è Dio? […] Ècorporeo o spirituale?». EDondinac: «E come voletechelosappiaio?».«Come!–ribatte ancora il teologobizantino – Tu non sai cos’èuno spirito?». «Neanche unpo’ – risponde lo scita – Ache mi servirebbe [saperlo]?Quando lo saprò, sarò forsepiùgiusto[…]?».21

Voltaire fa emergere qui

chiaramente come per alcuni(per esempio Logomaco) sianecessario attribuiresignificati profondi ometafisici a Dio (è infinitosecundum quid ossiarelativamente a qualcosaoppure per essenza? Ècorporeo, ossia in qualchemodo immanente, oppure èspirituale? E via dicendo),come per altri (comeDondinac) sia sufficiente

pensare che è il nostrocreatoreecheèlafontedellagiustiziaedell’eticaperchécipremiaocipuniscesullabasedelle nostre azioni buone omalvagie.Peraltroinuntestosistematico come il Trattatodimetafisica (1734),Voltaireavevaespressochiaramentelasua teoria: «Gli uominicontinuano spesso apronunziarepertuttalavitalaparola“Dio”senzaassociarvi

nessunaideabendefinita.Voisapete,d’altronde, che tragliuomini i modi di concepireDio differiscono quanto lereligioni e le leggi»22. Ineffetti, il modo di concepireDio degli illuministi comeVoltaire raffrontato al modocon cui lo concepiscono icredenti di una delle tregrandireligionimonoteistiche(ebraismo, cristianesimo eislamismo) risulta piuttosto

differente.Se ci soffermiamo in

maniera comparativa sullastoria della filosofia e dellareligione in Occidente,secondo il filosofo italianoCornelio Fabro si possonodistinguerealmenotrestadiolivelli evolutivi connessi conilconcettodiDio:1.popolare-mitico;2.filosofico-speculativo;3.rivelato-personale.

Nel primo stadiopossiamo identificaresoprattutto la concezione deldivino desumibile dallareligione greco-romana equindi dai culti pagani nelleloro svariate forme. Ilsecondolivelloèquellodellaspeculazione filosofica equindi del cosiddetto «Diodei filosofi». Il terzo stadioinfinerichiamalanozionedelDio personale delle religioni

rivelate, in particolare quelledell’ebraismo e delcristianesimo.23

Procedendo da questi trelivelli, nella tradizioneteologico-filosoficaoccidentaleintornoall’ideadiDioèpossibilerintracciaretreposizioni fondamentali: ilteismo, il deismo e ilpanteismo.

Queste tre concezioni diDio interpretano in diversa

maniera alcuni concettiricorrenti e centrali neldibattito sulla natura deldivino o della divinità, chesono essenzialmente iseguenti: immanenza,trascendenza, onnipotenza,onniscienza, bene supremo,causa prima o fondante,creatore, ordinatore cosmico(demiurgo), primo motore,essere necessario, principioprimo, artefice intelligente,

provvidenza. Con essi si ètentato di affrontare erisolvere due questioniimmediatamente aperte dallasemplice ipotesidell’esistenza di Dio: la suarelazione col mondo; la suainterazioneconl’uomo.Sottoquesto profilo, il teismo e ildeismo si distinguonoprincipalmente per undifferente punto di vistasull’intervento dell’Ente

divino nelle cose mondane,sulla sua natura provvidentenei confronti degli esseriumani e sul fatto checostituisca o meno unfondamento per l’etica. Ilpanteismo si pone invece inun’otticadel tuttodivaricanterispetto sia al deismo sia alteismo, in quanto tende aidentificareDio e lanaturaoilmondo.

Per chiarire ladistinzione

tra teismo e deismo èimpensabilenonprocederedaciò che Immanuel Kant(1724-1804) ha scritto nellaCritica della ragion pura(1781):

Chi ammetteesclusivamente una teologiatrascendentale [ossia fondatasulla pura ragione] è definito«deista», chi ammette ancheunateologianaturale«teista».

Secondo il primo noipossiamo in ogni casoconoscere l’esistenza di unessere originarioesclusivamente per mezzodella ragione […], un essereche ha ogni realtà,ma non èulteriormente determinabile.Il secondo ritiene che laragione sia in grado di poterdeterminare più strettamentel’oggetto in base all’analogiacon la natura, definendolo

come l’essere che racchiudeinsé, invirtùdell’intellettoedella volontà, il principio ditutte le cose. Il primo vededunque in un tale essere unacausa del mondo (lasciandoindeciso se per la necessitàdellasuanaturaoperlibertà),il secondo un creatore delmondo.[…]IldeistacredeinunDio,mentreil teistacredein un Dio vivente (summaintelligentia).24

Non entriamo qui nelcomplessodibattito sulmodopiù corretto di definire laposizionediKantinrapportoall’esistenza di Dio, ma cilimitiamo a ricordare chesono presenti tra gli studiositutteleposizionipossibili:c’èchiloconsideraunagnostico,chi un deista e chi un teistacristiano. Karl Löwith parlaaddirittura di una duplicesoluzione: «ateismo

attenuato»nellaCritica dellaragion pura e «fideismo»nella Critica della ragionpratica.25Tornandoinvecealtestocitato,purdalladifficileprosa del filosofo diKönigsbergsievincecomeilteismo e il deismo sianoaccomunatidallaconvinzionedell’esistenza di un Esseretrascendente od originarioartefice dell’ordine cosmico,mentre divergono sulla sua

naturadicreatore«personale»(quindi libero e nonnecessitato) e sulla suarelazione col mondo dopo lacreazione.Detto altrimenti, ilteista concepisce un Diopersonale,creatoreenonsoloordinatore, positivamentepresente nel divenirecosmico, garante dell’ordinemorale e talvolta artefice diuna rivelazione. Il deista èdispostoinveceadammettere

soltanto un Ente supremoqualespiegazionedell’originee dell’ordine dell’universo,ossia una specie di«Architetto divino» od«Orologiaio cosmico»,spingendosi talvolta apostularloqualegarantediunsupremo e perfetto ordinemoraleosommobene,anchese non necessariamenterealizzabilesuquestaTerra.26Il deista rifiuta però con

decisione la perduranteingerenzadiDioneldiveniredel mondo, perché in talmodosiviolerebberolestesseleggi naturali da lui imposte;o comunque ritieneimpossibile conoscerequalcosa di certo su questoaspettodellanaturadivina.Inepocacontemporaneaetragliscienziati sembrarappresentare bene laposizionedeldeistailpremio

Nobel per la fisica ArnoAllan Penzias – scopritorecon Robert Wilson dellaradiazionecosmicadifondo–quando afferma «non possocredere in un Dioantropomorfo», macontestualmentenonnegachel’origine dell’universo possarinviare «all’esistenza diun’entità trascendente»,anche se si tratterebbe di unordinedelcosmo«incuiDio

noninterviene».27Per il deista è dunque

impossibile con la solaragione teorizzare o saperealcunché di più sulla realtàspecifica di Dio ricorrendoalle conoscenze naturali, ivicompresi eventuali specialirapporti con gli esseri umanipropri di un «Dio vivente»;motivo per cui di solito nonaderisce a nessuna religionepositivaostoricaetantomeno

aunareligionerivelata,maalmassimo professa una«religione naturale». Il Diodeista è insomma comequello del filosofo Epicuro(341-270 a.C.) che «non fanulla, non è coinvolto innessuna attività»28, e quinditantomeno gli si puòattribuireunruolonell’ordinedell’universooneimotidegliastri: «In nessun caso deveessere addotta per una

spiegazione del genere lanatura divina, che invecedeve essere conservata liberada ogni compito».29 Il teistaper contro assegna a Dio unruolo attivo e partecipe nelmondo,nonnefauncreatorelontanoodistaccatodallasuacreatura cosmica, anzi lodescrive come un essereprovvidentechesioccupaesipreoccupa della condizionedegli esseri umani con

rivelazioni, miracoli e attisalvifici.L’esempioditeismopiùnoto,eprobabilmentepiùparadossale, è quello delDiocristiano che arriva aincarnarsi nella figura diGesù Cristo e a sacrificarsisulla croce per salvarel’umanitàintera.

Restaovviamentecomunetanto al teismo quanto aldeismo il rifiuto e la criticadell’ateismo, sebbene i deisti

dell’epocadell’Illuminismosisianocontestualmenteopposticon convinzioneall’intolleranza di certi teisti,in particolare cristiani. Il giàmenzionato Voltaire peresempio, mentre stigmatizzale feroci persecuzioni neiconfronti di non credenticome il filosofo e naturalistalibertino Giulio CesareVanini30, prende pure ledistanzedagliateiconsiderati

«studiosi audaci e fuorviati,che ragionanmale e che nonpotendo spiegare lacreazione, […] ricorronoall’ipotesi dell’eternità dellecose e della necessità».Voltaire non vorrebbe mai«averdafareconunprincipeateo», perché considererebbedi non dover rispondere anessuno per le azionicompiute nell’esercizio delpotere, e in perfetto spirito

deista conclude che per ilbenetantodeiprincipiquantodei popoli è assolutamentenecessaria «l’idea di unEssere supremo, creatore,reggitore, remuneratore evendicatore».31

Sepertanto il deismoe ilteismodivergonosullanatura«personale»diDioesullasuapresenza attiva nel cosmo,concordano tuttavia sul fattoche si tratti di un ente

totalmente trascendente edistinto dal mondo; ed èpropriosuquestopuntochesidifferenziano entrambi dallaterza concezione filosofico-teologica menzionata: ilpanteismo. Quest’ultima,com’èrisaputo,èlaposizionedi chi tende a identificare ilmondo con Dio o Dio colmondo, di chi crede che ildivino compenetri tutte lecose unificando causalità

divinaecausalitànaturale.Aldualismo Dio-natura sisostituisce un monismo, dacui discende palesementel’improponibilità di associarequesta concezione del divinoconquellateisticadicreatorepersonale, anche se non èmancato chi ha provato afarlo. Il termine «panteismo»deriva da due parole greche(πάν [pan] = «tutto» e ϑεóς[théos] = Dio) e significa

«tutto [è]Dio».Essoaffondaprobabilmente le sue origininell’Illuminismo del liberopensatore irlandese JohnToland (1670-1722), che sidefinì«panteista»proprioperdistinguere il suo punto divista sia dal «teismo» siadall’«ateismo».32

Nonostante il significatoetimologico del termine siapiuttosto chiaro e altrettantoesplicito risulti il motivo per

cui è stato coniato, latradizionepanteisticaèmoltopiù antica e si è manifestatainunamolteplicitàdiformeedi dottrine. Possiamo infattiriconoscere almeno quattrotipidipanteismo:– spiritualistico oemanazionistico;– sostanzialistico ospinoziano;– immanentistico onaturalistico;

– panenteistico o panteismodelprocesso.

Per il panteismospiritualistico oemanazionistico (dettotalvolta «acosmistico» o«anicosmico») il mondo èuna pura manifestazione deldivino come in moltereligioniorientaliqualiquellevediche, induistiche ebuddhistiche, oppure è unasua emanazione come nella

filosofianeoplatonica.Perchiad esempio considera quelladi Plotino una filosofiaemanazionistica, il cosmo eogni altra entità procedonospontaneamente dall’Uno(l’unità perfetta, semplice einfinita), sono cioè una suaemanazione e quindi unaforma di panteismoacosmistico;33 infatti, «l’Unoètuttelecoseenonènessunadi esse».34 Può definirsi

panteismo spiritualisticoanchequellodialcunifilosofiidealisti per i quali loSpirito(Geist), come infinita attivitàcreatrice,èDiocheoperanelmondo.

Secondo il panteismosostanzialistico o spinoziano,invece, Dio e il mondo sonoriconducibiliaunamedesimaessenza. Per Baruch Spinozal’unica sostanza è Dio, a cuiperciò appartengono

necessariamente tutte le coseesistenti: «Nella natura dellecose non c’è niente dicontingente, ma tutte le cosesono determinate dallanecessitàdelladivinanaturaaesistereeaoperareinqualchemodo. Tutto ciò che è, è inDio;Diononsipuòdirecosacontingente».35 Sulla stessastrada del celebre e chiaroassunto Deus sive Natura(Dio ossia la Natura) si

porranno poi molti filosofisuccessivi ispirati dallospinozismo.

Nel panteismoimmanentistico onaturalistico il divino è difatto ridotto a una specialeforma di energia o difinalismo all’interno dellamateria ed è per questocomprensibile che siapropugnato da molti uominidi scienza, tra i quali si

possono collocare anchealcuni sostenitori delcosiddetto principioantropico. La sua più anticafonte può essere fatta risalirealla filosofia stoica, nellaquale Dio e il mondosembrano pressoché la stessacosa: «“Cosmo” ha per glistoici un triplice significato:primo, Dio stesso la cuisingola qualità è identica aquella di tutta la sostanza

dell’universo; egli è perciòincorruttibile e ingenerato,creatore dell’ordineuniversale, che […] assorbein sé tutt’intera la sostanzadell’universo e a suavolta lageneradasé».36

Il panenteismo è infineuna formamoltopeculiaredipanteismo,collocabileforseametà strada tra quellonaturalistico e quellospinoziano; mentre qualche

suo esponente è giuntoaddirittura a riconoscere aldivino così concepito unanatura«personale».Del restola parola «panenteismo»etimologicamente significa«tutto inDio» (dalgrecoπάν[pan]=«tutto»,ἐν[en]=«in»e ϑεóς [théos] = Dio). Inquesta dottrina il mondo ècome incastonato nell’esserestessodiDio:essiprocedonoinsieme, si sviluppano

insieme,perché ildivinononè immutabile, bensì inevoluzione(Deusevolutor).37Unesempiodipanteismodelprocesso lo troviamo inAlfred North Whitehead(1861-1947), pensatoreparticolarmente impegnatonel campo della logicamatematica e della filosofiadella scienza, il quale in unadellesueoperepiùimportantiafferma: «È vero sia che il

mondo è immanente in Dio,sia cheDio è immanente nelmondo. È vero sia che Diotrascendeilmondo,siacheilmondo trascendeDio.ÈverosiacheDiocreailmondo,siache il mondo crea Dio»38.Come ha poi spiegato alcunianni dopo, pensava «chel’universo avesse un lato cheè intellettivo e permanente,che è quel primo sforzoconcettuale che si chiama la

natura primordiale di Dio.[…] D’altra parte tale realtàpermanente si trasforma ed èimmanente nell’aspettomutevole».39 Questa visionedel divino come processoconnesso con quello dellanatura,dalqualesigeneranelcosmo una specie di polaritàtraDioemondo,appartenevaprobabilmente anche adAlbertEinstein.

Queste quattro

manifestazioni panteistichesono tutte caratterizzate dallarisoluzione della pluralità deifenomeni naturali o delleforme divine nel monismo,del molteplice nell’Uno;difatti,«perchépossaparlarsidi panteismo debbonosussistere quelle condizionimentalie/oteologichepercuile eventuali, molte divinitàcosmiche risultino sempre ecomunque riconducibili alla

Divinità Una».40 Indefinitiva, ogni forma dipanteismo è una concezioneantidualistica, con duevariabiliprincipali:o ilTuttosiidentificaconlospiritoelanatura risulta una suamanifestazione, oppure ilTuttosiriduceallanaturaelospirito diventa un suoepifenomeno.

Come si può notare leideesuDiodeifilosofi,anche

se sono tutte riconducibili adalcuni filoni fondamentali,risultano perlomeno plurimeoplurali.Tuttavia la nozionediDio o del divino ha avutosicuramenteorigineinambitoreligioso. Sulla provenienzareligiosa del nostro concettodiDioomegliodi«divinità»sonod’accordotuttiglistoricidella religione e quasi tutti ifilosofi. Étienne Gilson(1884-1978) in particolare,

polemizzandoconunfilologoe storico della filosofia delcalibrodiJohnBurnet(1863-1928)41, ha sostenuto che«poche parole hanno unaconnotazionepiùchiaramentereligiosa della parola“dio”».42

Maunavoltaammessa laprovenienza della nozione diDio dalla religione, occorrecontestualmente riconoscereche all’interno delle svariate

formedella religiositàumanal’idea del divino assumeconnotazioni non univoche,se non financo divaricanti.«Quando diciamo che Dio èl’oggetto dell’esperienzareligiosavissuta–hascrittoilfenomenologo delle religioniGerardus van der Leeuw(1890-1950) – dobbiamotener presente che “Dio” èspesso una nozione assaipoco precisa».43 È però la

dimensione del sacro intesocome «alteritàsoprannaturale» o come«realtà ulteriore» rispetto aquellanaturaledegliuominiaprevalere; dimensione cheesprime il senso diincompiutezza, ditransitorietà, di finitudinetipicodellacondizioneumanaditutteleepochestoricheeditutte le regioni geografiche.Sicuramente da qui inizia il

processo che conducesuccessivamente a concepirelapresenzadiunoopiùesseritrascendenti o di unadimensione fondamentaleassoluta da cui l’universodipende e in cui gli esseriumani possono trovare unsignificato per la loroesistenza. La credenzareligiosa tenta di rispondereal nostro bisogno di sensoglobale e lo fa con una

struttura verticale, che divideprima la realtà in sacro eprofano e poi in un secondotempo in assoluto econtingente, per cercaresempre alla fine un punto diraccordotra loro,unaviapersuperare la dimensione dellamutevole contingenza versol’Incondizionato.

Guardando alla storiadelle religioni, notiamo nellecredenzeorientalilatendenza

a esaurire o dissolvereprogressivamente ilmomentocontingente e fenomeniconella realtà assolutafondamentale. Infatti, purnella sua varietà di dottrine,l’induismo e la tradizionevedica individuano nelconcettocentralediBrahman(l’Assoluto) il principio e ilfondamento trascendente delmutevolediveniredelle cose,alqualecorrispondelafigura

di una sorta di demiurgoposto all’apice del pantheoninduista e chiamato Brahma.Nell’induismo,comeperaltronelbuddhismo,ricorrepurelanozione di Dharma, cheesprime l’ordine eterno, larettitudine, la legge: tuttielementi questi chepresiedono all’armoniacosmica e alla strutturadell’universo, ma soprattuttoattribuiscono senso

all’esistenza degli uomini edellecose.

Più difficile per glioccidentali rintracciare nelladottrina del Buddha un’ideaprecisa del divino, tanto chepossiamo registrare tra glistudiosi opinioni discordanti:c’è chi la definisce un«ateismo religioso»44 e chiuna formadi ideologiaetico-politica. Certamente nelbuddhismononc’è tracciadi

un dio personale e di unprincipio assoluto che gliassomigli, ma lo spazio deldivino sussiste ed è totale,onnicomprensivo, perchéracchiude ogni realtàesistente, ossia il Tutto.Anche l’essere umano faparte di questo Tutto, comedelrestoilmondo;einquestaunità che assorbe qualsiasisingola identità perdonovalore e non sono applicabili

le classiche dicotomie diimmanenza-trascendenza e dinaturale-soprannaturale,perché il Tutto è al tempostesso immanente-trascendente, naturale-soprannaturale.Nonacaso ildalai lama Tenzin Gyatso,trattando del rapporto tral’insegnamentobuddhistacheinvita a superarel’individualità, ovvero asbarazzarsidel«Sé»,eilDio

personale del monoteismooccidentale ha concluso: «SeDio viene considerato unarealtà o una verità definitiva,alloralamancanzadiidentitàpuò essere considerata comeDio».45 Ciononostante, lareligione buddhista riconosceun gran numero di divinità,consentendone l’adorazione,e questo impedisce diritenerlaa tuttigli effettiunacredenzaatea.

Decisamente più facileper noi è invece definire ilpercorso verso l’assolutonelle tre grandi religionimonoteistiche: ebraismo,cristianesimo, islamismo.Siamo infatti qui al cospettodi un Dio unico etrascendente,creatoredi tuttelecose,dinaturapersonaleelatore di una Rivelazione;quindi chiaramente distintodal mondo da lui creato, ma

profondamente interessato aesso e in particolare a quelvivente fatto a sua immaginee somiglianza che è l’essereumano. Un altro importanteelementocomunealletrefedimonoteiste è il fatto di dirsifondate su sacre scritturedirettamente rivelate. Ilparticolare rapporto di Diocongliuominiassumecosìlaveste e il vigore di quellafacoltà della specie umana

che la distingue nettamentedagli altri esseri viventi: illinguaggio. La parola divinasecondo gli ebrei vienetramandata dai profeti, cheparlano come fossero la«bocca di Dio», e ha il suocentro nella Torah, la leggemosaica. Per i cristiani ilverbo divino, oltre che nellatradizione profetica escritturistica ebraica, èpresente nell’annuncio

evangelico, nella BuonaNovella che Dio stesso,incarnatosiinGesùCristo,hacomunicatoaidiscepoliechepoi è stata tramandata nelNuovo Testamento. Per imusulmani la rivelazioneproviene direttamente daAllahedèstatacomunicataaMaometto (570 ca-632), lorosommo profeta e fondatorereligioso, tramite l’angeloGabriele e infine depositata

nelCorano.In conclusione, sotto

l’apparente eterogeneità delledottrine religiose d’Oriente ed’Occidente, sotto il velo diun concetto non univoco diDio che proviene da questeduegranditradizionireligioserisiede una medesimapropensione: attribuire unsenso unitario ed eterno almondo e fornire unarappresentazione non

ordinaria o non«naturalistica» del destinoumano. La via scelta inOriente per rispondere a talescopo è quella monista; unmonismo a carattere nonriduzionista, bensì olistico: iltuttoèsemprequalcosadipiùdellasommadellesuepartienon si può mai ridurretotalmente a esse. Le trereligionimonoteistichehannoinvece preferito la strada del

dualismo, che le ha condotteadistinguerelanaturadiDioda quella delle cose da luicreate, ma non a fare di taledistinzione un ostacoloall’azione del divino nelcosmo,comepretendeinveceildeismo,esoprattuttoanontrasformarla in fattore dicompletaincomunicabilitàtral’umanoeildivino.

3.L’ateismoclassico

Abbiamo detto che l’ateoè colui che nega, rifiuta opensadipoterfareamenodiDio. Dopo aver peròverificato i tanti e diversisignificatiriferitieriferibilialtermine «Dio», vienespontaneo chiedersi quale siala nozione prevalente di entedivino a cui si contrapponel’ateismo teoretico.

Potremmo cavarcelafacilmente dicendo che gliatei negano qualsiasi idea didivinità o del divino, masarebbe una soluzione tantobanale quanto vaga. Ci pareinvece più corretto assumereun atteggiamento simile aquello che il filosofo tedescoWilhelm Weischedel (1905-1975) ha utilizzato perdelineare il concetto di ϑεόςnel momento in cui si è

trovato di fronte al fatto che,non appena si cerca unadefinizione univoca, «ci siimbatte in una confusione dinozioni differenti, se nonspesso opposte» per lasempliceragionechecomesiè spiegato «nel corso dellaStoriataleterminehaassuntouna molteplicità disignificati». Egli si è cosìrassegnato a «lasciare unposto vuoto»46, a non

formulare cioè unadefinizione preventiva dellaparola «Dio», ma aconnotarla di volta in voltasulla base del contesto e delperiodo storico in cui vieneconcretamenteutilizzata.Allostesso modo noi possiamoattribuire un’identità all’ateoriferendoci all’ambientestorico-culturaleincuieglisitrova o si è trovato inserito,quindi all’idea storicamente

determinata di Dio da luinegata, riconoscendo in talemaniera il carattererelazionale o referenzialedella nozione di «ateismo»,ossia che essa si struttura inrapportoall’ideadeldivinoacui si contrappone e conriferimento specifico a unatipologia storico-teoretica dinoncredenti.

Applicando il criteriodella contestualizzazione

storico-culturale, possiamofacilmentecomprenderecomenell’alveo delle religioniorientali l’ateo sia da semprecolui che rifiuta un culto eunadottrinareligiosapiùcheunanozione teoretica diDio,cheineffettiquinonsussiste;sia insomma colui che nellacultura occidentale sidefinirebbe un«miscredente». Diverso èinveceilcasodell’Occidente,

dove a partire dall’anticaGrecia è iniziata unariflessione razionale sulconcettodidivinitàodiEntesupremo.Peraltrolenotizieanoipervenutesull’ateismonelmondo greco ci dicono chevenivano considerati «empi»coloro che osavano negarel’esistenza degli dei ocomunque rifiutare il cultodella religione olimpica e letradizioni che orbitavano

intorno a essa. Il filosofoAnassagora di Clazomene(500-428 a.C. ca) peresempio, dal momento chedal 432 a.C. (o secondoalcuni dal 438 a.C.) undecreto proposto da unindovino di nome Diopiteconsentiva il deferimento agiudizio con procedurad’urgenzadi«colorochenoncredevano negli dei oinsegnavano dottrine sui

fenomeni celesti»47, fuaccusato inAtene di empietà(ἀσέβεια – asébeia) dagliavversari di Pericle (495-429a.C.), suoallievoeprotettorepolitico. Si trattava diun’accusapiuttostogenericaequindi di estensionepotenzialmente ampia; essaveniva formulata controcolorochenonpraticavanooinsegnavano a non praticarelareligionericonosciutadallo

Stato oppure chepromulgavano straneconcezioni sui fenomeniastronomici (per esempio «IlSole è una massaincandescente»).48 In breve,contro chi non si dimostravasufficientemente rispettosoverso le divinità pubbliche ole tradizioni religioseunanimemente riconosciute.In realtà non si può dire seAnassagora abbia negato o

menol’esistenzadiDioodeldivinocomeliintendiamonoioggi, anche perché «nonpossedeva il concettodell’immateriale così comenonpossedevailconcettodelmateriale», non fosse altroper il fatto che «l’orizzontespeculativo dei Presocraticiignora le due categorie dimateriaespirito».49

Unaltronotopersonaggioattivo ad Atene nel periodo

pericleo e verso il qualevenne formulatal’imputazionediempietàfuilsofista Protagora di Abdera(486-411 a.C. ca). Questiperòpiùcheunateodovrebbeessere considerato unagnostico,seèverochenellasuaoperaintitolataSuglideieandata perduta avrebbescritto: «Riguardo agli dei,non sono in grado di saperenéchesononéchenonsono,

né che natura abbiano: moltiinfatti sono i fattori cheimpediscono di saperlo, sial’oscurità della questione siala brevità della vitaumana»50. Si spinse inveceben oltre il quasi coetaneoEuripide (480-406 a.C.) inuna tragedia in gran parteperduta (ne restano infattisolo 90 versi) intitolataBellerofonte, facendo in essaporre in dubbio tanto la

credenza positiva nel divinoquanto l’esistenza degli dei:«Chi può affermare cheesistonodeilassù?Nonvenesono,no,nonvenesono!».51

In maniera pressochéanaloga a quella diAnassagoraediProtagora,fuaccusato di asébeia ancheSocrate,inquanto«colpevole–secondolatestimonianzadiSenofonte(430/425-355a.C.)– di non credere negli dei in

cui la città crede»52. Questaaffermazione sembrerebbedipingerlo ai nostri occhicomeun ateo, specie se la sicollega a quanto Platone(427-347 a.C.) nella suaApologia fa sostenereall’accusatore Meleto: «Dicoquesto: che tu [Socrate]assolutamentenoncredineglidei»53. Senofonte aggiungeche a Socrate sarebbe statoinoltre contestato il reato di

«introdurre altre nuovedivinità»54,motivo inbasealquale lo stesso maestroateniese nel citato dialogoplatonicoavrebbeevidenziatocome l’accusa nei suoiconfronti risultassecontraddittoria, dal momentoche di fatto suonava così:«Socrate ha la colpa di noncredereneglidei[quellidelloStato ateniese], ma anche dicredere negli dei [le sue

nuove e personalidivinità]»55.

Èevidentecometuttociònoncorrispondapernullaallanostra attuale nozionecorrentediateismo.L’ideadiempietà degli antichi greci èbendiversadaquellaodiernadi ateismo, perché nonimplica la negazione toutcourt di Dio o del divino; esotto questo profilo perfino ipensatori atomisti come

Democrito (460-360 a.C.) edEpicuro, classificabili conlinguaggio moderno tra i«materialisti», non possonodirsi stricto sensu atei: nonrifiutavano infattiespressamente la presenzadegli dei, anche se magari liconcepivano come fatti diatomi alla stregua di tutte lealtre cose. Marco TullioCicerone (106-43 a.C.), adesempio, testimonia

chiaramente che Epicuro «èconvintocheglidei esistano,perché deve necessariamenteesistere una natura eccellentea cui nulla è superiore»; masiccome«nullaèsuperiorealmondo […], questoragionamento porta allaconclusione che il mondo èdio»,56 cosa che –aggiungiamo noi – ricordatanto una posizionepanteista57.

Comunque sia, gliepicurei respingevano gliaspettinegatividellareligioneper salvaguardare la libertà ela dignità umane, come deveaver fatto anche Filodemo diGadara (110-35 a.C. ca),divulgatore dell’epicureismoinItaliaapartiredal75a.C.eamico di uominidell’entourage di Cesare.Ancor più dura nei confrontidella religione e dei mali

prodotti dalla superstizionereligiosa fu la versionedell’epicureismo di TitoLucrezio Caro (98-55 a.C.ca):Tantum religio – si dicenel De rerum natura aproposito del sacrificioumanodellamiticaIfigenia–potuit suadere malorum (atali mali poté indurre lareligione).58 Tuttavia unanegazione esplicitadell’esistenza degli dei non

viene avanzata neppure dalui;ementreesaltailmaestroEpicuroperlasualottacontrola paura delle divinitàolimpiche,silimitaaribadireche esse non hanno creato ilmondo e si disinteressanodella condizione umana.59Nemmeno la dottrina delcinismofilosoficosipuòdireper principio atea, anche secertamente è contraria allasuperstizione che genera un

timore sconsiderato per ildivino e compromette lapiena libertà umana ol’autarchia dell’uomo saggio.Così pare la pensasseDiogene di Sinope (412-323a.C. ca), uno degli iniziatoridella scuola cinica, chemettevainguardiadallefalsecredenzesuglidei,manonnenegava apertamentel’esistenza: «Tutto appartieneagli dei […]. Andava

gridando [Diogene]ripetutamente che gli deihanno concesso agli uominifacilimezzidivita,maanchetuttavia li hanno tolti dallavistaumana».60

Sulle difficoltà razionalidi accettare l’esistenza deglideisisonopronunciatianchegliscettici,almenoastareallatestimonianza di SestoEmpirico (180-220 d.C. ca)che ricorda come Carneade

(214-129 a.C.) e altri dellascuola scettica avesserosviluppatoun’argomentazione logica diquesto genere: «Se davverogli dei esistono, essi sonoesseri viventi e […] si potràsostenerecheancheDioèunvivente qualsiasi. […]Ma sele cose stanno così, egli ècorruttibile. Di conseguenza,se davvero esistono dei,questi sono corruttibili.

Perciò gli dei nonesistono».61 Ci imbattiamoqui in qualcosa di simile aquello che Antonio RosminiSerbati (1797-1855) hadefinitoil«sofismadell’ateo»echesarebbecosìstrutturato:

Glideiseesistonodevonoaverelevirtù[tipicamenteumane];Ma non possono avere levirtùumane;

Dunque:nonesistono.62

Come nel casodell’argomento di Carneade,la falsità di questoragionamentorisiedenelfattoche si vuole attribuirenecessariamenteaDio(oaglidei) delle caratteristicheumane o simili a quelleumane, mentre non si vuole«confessaredi ignorarequalesia la virtù propria della

divinità».63 Il cinismopirroniano fondato sull’ἐποχή(epoché), sulla sospensionedel giudizio, è tuttavia piùvicino all’agnosticismo cheall’ateismo, ossia allaposizione di chi ritiene chenon si possa né affermare nénegare l’esistenza di Dio:«Non si può comprendere sela divinità esista».64D’altronde davanti allecredenze religiose, perfino

uno scettico modernodichiaratamente nonpirronianocomeDavidHume(1711-1776) concludeva daagnostico la sua Storianaturale della religione:«Tutto è ignoto: un enigma,un inesplicabile mistero.Dubbio, incertezza,sospensione del giudizioappaiono l’unico risultatodella nostra più accurataindagineinproposito».65

In ultima analisi, restaincerta la presenza in Greciadi pensatori integralmente«atei» secondo il sensomoderno del termine. Èprobabile che se in queltempo degli atei dichiarati cisono effettivamente stati, sisia trattato comunque dipochi casi; e a ognimodo lenostre fonti sono talmentescarse che non possiamospingerci oltre questa

sommaria valutazione.66 Aquesto giudizio si può forsefare qualche modestaeccezioneperinomidifiguretradizionalmente annoveratenelle storie dell’ateismo edefiniti già in antico ἄϑεοι(atheoi), di cui ci parlaespressamente SestoEmpirico. Essi sono:Evemero di Messina (340-260a.C.ca),DiagoradiMelo(465-410a.C.ca),Prodicodi

Ceo (460-380 a.C. ca),Teodoro di Cirene (340-250a.C. ca) e Crizia il Giovane(460-403a.C.).67

Mentre di Evemero sidice che reputasse gli deiuomini deificati, il sofistaProdico avrebbe invecericondotto il culto delledivinità a scopi utilitaristici,ossia«perilvantaggiochenetraevano» gli umanipersonificando tutte le cose

(«Sole e Luna e fiume efonti»)68 al fine di dominarela natura. Crizia, un altrosofista, sosteneva a sua voltache l’ideadiundioche tuttovede e punisce fosseun’invenzione politica degli«antichi legislatori […]affinché nessuno di nascostocommettesse ingiustizia».69Teodoro fu apertamentesoprannominato «l’Ateo» etra i componenti della scuola

cirenaica greca è statoindicato come colui che«eliminò radicalmente lecomunicredenzeneglidei».70Notizia quest’ultimaconfermata anche daCicerone ed estesa pure alpoeta Diagora di Melo,poiché entrambi «ritenneroche gli dei non esistono perniente» e «negaronoapertamente la naturadivina».71PerTeodoro,come

per Diagora, tutti i discorsisulla divinità sono dunquechiacchiere inutili e fondatesulnulla.Pareinoltrecheeglisi sia sbilanciato nelladirezione del relativismoetico, per cui il saggio inassenza degli dei poteva fareal momento opportuno tuttoquello che riteneva: perfinorubare,dichiarareilfalso,nonrispettare i doveri verso lapatria e quant’altro ancora (è

la cosiddetta ἀναίδεια -anáideia, la sfrontata libertàcinica). D’altronde il fineetico dell’uomo per Teodoronon risiedeva tanto nelpiacere immediato, quanto inuno stato d’animo dipiacevolezzaodi«gioia»chesi può appunto raggiungeresoltantoconlasaggezza.

Che in epoca greco-romanalanozionediateismofosse piuttosto diversa dalla

nostralodimostralacondottatenuta dai romani neiconfronti dei primi cristiani,reputati atei in quanto nonseguivano il culto degli deipagani e non facevanosacrifici all’imperatore.Qualcosadianalogodevedelresto essere accaduto per igiudei, se è vera latestimonianza dello storicoFlavioGiuseppe(37-100d.C.ca) secondo cui sarebbero

stati considerati «atei emisantropi» dai pagani.72Contro l’accusa di ateismorivolta ai credenti in Cristosentì il dovere di difendersicon vigore un padreapologista dellaChiesa comeGiustino (100-165 d.C.), ilqualesedaunlatononavevadifficoltà ad ammettere che icristiani «sono atei rispetto aqueste sedicenti divinità»pagane,dall’altronegavache

potesserodirsitali«rispettoalDio della somma verità» econcludeva: «Pertanto nonsiamoatei,datocheadoriamoilCreatorediquestouniverso,di cui diciamo, secondo quelche ci è stato insegnato, chenon ha bisogno né di sanguesacrificale,nédilibagioni,nédiincensi».73

Per altro anche nellafilosofia contemporanea ètornata l’idea di un

cristianesimopermeatodauncerto tipo di ateismo e inparticolare ciò si è verificatocol pensatore filomarxistaErnstBloch,chehacompiutonella nostra epoca una sortadi secolarizzazione dellasperanza.Eglihainnanzituttorammentatocomecoltermineatheoi «vennero per la primavolta denominati i martiricristianiallacortediNerone»e come il messaggio

evangelicoapraunpotenzialepercorso di liberazione dallaoppressiva teocrazia delDio-Jahvè dell’AnticoTestamento,mentre laBuonaNovella di Gesù sicaratterizzerebbe come una«mossacontrariaal timorediDio».Pertanto,«solounateopuòessereunbuoncristianoeanche solo un cristiano puòessere un buon ateo», perchésolamente negando la

concezione jahvista delladivinità «il figlio dell’uomo»ha potuto dirsi «identico aDio».74

Se l’ebreo Filone diAlessandria (20/10 a.C-45/50d.C. ca) considerava atei ipagani,75 alcuni dei primicristiani considereranno ateitantoipaganiquantoigiudeiperché entrambi rifiutavanoCristoqualefigliodiDio:

Atei – scrive il Padredella Chiesa ClementeAlessandrino (150-215d.C. ca) – giustamente iochiamo costoro che nonhanno conosciuto ColuicheèveramenteDio[…].Duplice è la forma diateismo di cui essi sonoaffetti, la primaconsistente nel fatto cheignorano Dio, in quantonon riconoscono come

Dio quegli che èveramente Dio; l’altra, laseconda, di credere cheesistano coloro che nonesistonoedichiamaredeiquesti […] che non sonochesemplicinomi.76

Secondo Clemente sonoperciòdapreferireaipaganieagli ebrei gli atei come«Evemero di Agrigento eNicanorediCiproeDiagorae

Ippone,tuttieduediMelo,einoltre quello di Cirenechiamato Teodoro [l’Ateo]»,perché hanno smascherato lefalsedivinitàsiagrechesiadiogni altra parte della Terra,mentre non hanno potutorifiutareCristo inquantononl’hanno conosciuto: «Essi, èvero,nonhannoconosciutolaverità stessa [Gesù Cristo],ma almeno hanno sospettatol’errore, il che non è piccola

scintilladisaggezza, laqualecresce, come seme, verso laverità».77

Sebbene nel corso delMedioevo l’ateismo sembriquasi scomparso o venga alpiù relegato tra le ipotesilogiche per assurdo, perchésecondo Giovanni DunsScoto (1266-1308) della nonesistenza di Dio si puòtrattare solo «perimpossibile»,78 in effetti il

fenomenonella realtàdovevapermanere quantomeno sottotraccia. Ce lo confermaindirettamente Anselmod’Aosta (1033-1109),quandonel suo famoso Proslogion(1077-1078) tira in balloqualesuointerlocutorecriticoun’insipiente che negal’esistenza di Dio: «Ora –scriveilteologoaostano–noicrediamo che tu [Dio] siaqualcosa di cui non si possa

pensarenulladipiùgrande.Oforsenonvièunatalenatura,perché disse l’insipiente incuor suo: Dio non esiste?[Dixit insipiens incordesuo:non est deus]».79Equalcunoha voluto intravedere tantonella ricerca anselmiana diuna prova inconfutabiledell’esistenza di Dio, di «ununico argomento [unumargumentum] che si provasseda se stesso»80 e quindi

logicamenteincontrovertibile,il segno di una insicurezzaforse determinata dalpermanere dell’insidiosapresenza degli atei.81 Noiinvece preferiamo pensareche certamente il rifiuto diDio, in questo caso di quellocristiano, non fosse certototalmente sparito, cosaquesta impensabile perqualsiasi epoca storica, marisultasse piuttosto confinato

adalcuniintellettuali,sultipodi quelli che poifrequenteranno la corte diFederico II di Svevia (1194-1250) in Sicilia. Come hainfatti acutamente rilevato lostorico francese JeanDelumeau trattando dellacontroversa questione sulsuccessoo il fallimentodellacristianità medievale, dopol’anno1000sièverificatoun«disimpegno progressivo di

un’élite cristiana»82 e quindiuna crescente laicizzazionedegli stessi teologi e uominidi cultura cristiani delMedioevo.

4.L’ateismomoderno

Dalle nuove riflessioniteologico-filosofico degliintellettuali cattolicimedievali prenderanno forma

prima il Rinascimento e poil’epocamodernaconifilosofirazionalisti ed empiristiseicenteschi, la rivoluzionescientifica e infine la grandestagione dell’Illuminismo. Èin questi movimenti culturaliche si collocano la finedell’ateismo classico el’origine del concettomodernodi ateismo,quelloacui noi qui facciamoriferimento e nel quale si

riconosce normalmente chioggisiproclamaateo.Gliateidelnostro temposonocoloroche innanzitutto rifiutanol’idea ebraico-cristiana diDio, vale a dire di unadivinità creatrice eprovvidente, e in secondabattuta il teismo sottoqualsiasiforma.Illororifiutotuttavianon si fermaqui,masi estende anche al Dio deideisti,ossiaallafiguradivina

di unGrandeArchitetto o diun Orologiaio cosmico cheavrebbe se non creato,quantomeno progettato emesso in moto l’universo,mentre una certa tolleranzaviene riservata al panteismo,perlomeno nella sua versionenon spiritualista oemanazionistica.

Sel’ateismoclassiconellesue manifestazioni piùradicali non accettava

l’esistenza di Dioessenzialmente per motivicosmologici o di filosofiadella natura, in quantoconcepiva il cosmo o comeautosussistente (i filosofinaturalisti e gli atomisti)oppure come coincidente coldivino (gli stoici), l’ateismomodernonegaDiopermotiviprevalentementeantropologici o umanistici,vale a dire per una

concezione autarchicadell’uomo, in special mododella sua ragione e della sualibertà. Prima con la svoltarazionalistica di RenéDescartes (1596-1650) e poisuccessivamente con larivoluzione copernicana diImmanuel Kant si affermainfatti una concezionefilosofica dell’essere umanoche da un lato esalta le suefacoltà razionali fino a

renderlo autonomo da Dio ocomunque in grado di viverecome se non ci fosse (etsiDeus non daretur)83 edall’altro pone dei limiti allacapacità della ragione diconoscere con certezzal’esistenza del trascendente,di ciò che va oltrel’esperienzapossibile.

Dal punto di vistafilosofico l’ateo moderno èpertanto colui che nega

l’esistenza di un Entetrascendente quale origine efondamento di tutto quantoesiste, che crede nella solaesistenza del nostro mondo,dove gli uomini sono esserifiniti come tutti gli altriviventi, ma che possonogestire in assoluta autonomiabuona parte del loro destino.La migliore definizionedell’ateismo nel solco dellafilosofia occidentale ce l’ha

ancora una volta tramandataÉtienne Gilson, il quale hachiarito che l’ateopropriamente detto devenegare un concetto di Diointeso come «entetrascendente, vale a dire unessere che esisteindipendentemente» da noi edal mondo, come «entenecessario, tale che dopoaverlo trovato non se nedebba cercare la causa»

essendo la prima «causa ditutto quanto esiste».84 È quiesplicito il riferimento a unanozione monoteistica di Diotipica della filosofiaaristotelico-cristiana e inparticolaretomista.

Da un’altra ottica ilfilosofo di origini russe eimportante studiosodell’hegelismo AlexandreKojève (1902-1968), dopoaver precisato che non basta

dire che l’ateismo è lanegazione di Dio senzachiarire«qualeDioneghiamoe che tipo di negazione è lanostra»85, ha propostoun’interpretazione filosoficadell’ateismo quale rifiuto diuna divinità concepita come«un qualcosa d’altro» dalmondo e «dall’uomo nelmondo»,86ocomunquediciòche appartiene alla realtàmondana: «Dio è qualcosa e

questo qualcosa è, esiste,main modo suo peculiare,diverso dagli altri qualcosa[le entità mondane], ed èproprio questo suo “essere”chel’ateononconosce»87. Inuna simile prospettiva, ildeista e il teista sono colorochepropugnanol’esistenzadiun «qualcosa d’altro» oltre ilmondo e l’uomo, i panteistiquelli che pensano a unaidentità tra il qualcosa che è

la natura e il «qualcosad’altro»cheèDio,mentregliateiaffermanochenonesisteniente al di fuori degli esserimondani così come liconosciamo nella lorodimensione naturale econtingente, quindi negano«che Dio sia qualcosa didiversodalnulla».88

Ma a questo puntol’ateismo, se non vuolerisolversinelpuronichilismo

(evento che Kojèverespingeva), deve meglioprecisare il principio e ilfondamento degli entimondani; in breve, devespiegare da dovescaturiscono,dichecosasonofatti e qual è il loro esitofinale.Le ragioniaddotteperrifiutare Dio da parte degliatei sono state molteplici etalvolta degne della piùstrabiliante creatività della

mente umana: per alcuni èuna mera proiezione dellavera essenza dell’uomo(Feuerbach); per altri è ilprodottodiunasovrastrutturadi potere e l’oppio per glioppressi (Marx ed Engels);perqualcunoèunconcettoincontraddizione con la liberacapacità umana di progettarela propria esistenza (Sartre);per qualcun altro è un non-senso linguistico (i

neopositivisti); eprobabilmente per tutti èsemplicemente inconcepibiledi fronte allo scandalo dellasofferenza degli innocenti eingeneraledellapresenzadelmale nel mondo. Maqualunque sia il motivo ol’argomento con cui sirespingel’esistenzadiDio,sidevono comunque affrontaregli interrogativi metafisicisulla struttura ontologica

della realtà e sull’origine dituttoquantoesiste.

Inrispostaataliquestionimetafisiche viene di solitoposto in primo piano dagliateimoderniun«principiodiimmanenza» per cui ognispiegazione o giustificazioneva cercata all’interno delmondo stesso così come loconosciamo e giammai fuoridi esso. Nell’ambito delprincipio di immanenza

coniugato nella formadell’ateismo, nellamaggioranza dei casi ci siimbatte in un monismomaterialistico, ossia in unafilosofia radicalmentematerialistica, oppure in unaconcezione scientifica che fadella materia in senso fisicol’unica realtà esistente. Ciòvuol dire che tutto ciò cheesiste nel cosmo è fattoesclusivamente di materia e

inoltre esistenecessariamente, perché lamateria non ha bisogno dicause esterne per giustificarela propria esistenza (è causasui) e neppure le occorronoprincipi trascendenti perspiegareilproprioessere,masi fonda da sé ossia èautofondata. Allo stessomodo il problema del sensodellecose,quandononrisultaapertamente ricusato in

quanto privo di significato odi valore, viene ridotto dagliatei al perenne divenire dellamateria e al dispiegarsi delleleggi naturali, all’internodellequaliognisingolouomodeve ritagliarsi una propriapersonale e immanente«ragioneesistenziale».

Questa direttaconnessione tra visionematerialistica del mondo eateismomodernovenneposta

in rilievo dal filosofo evescovo irlandese GeorgeBerkeley (1685-1753), ilquale anche per tale motivoscelse la via di una filosofiaanticipatrice dell’idealismo eda lui definita«immaterialista». Berkeleyinfatti scrive: «La dottrinadella materia o sostanzacorporea è stata la principalecolonna, il principalesostegno dello scetticismo,

ma sulle stesse fondamentasono stati innalzati in modoanalogo gli empi programmidell’ateismo edell’irreligione». Tutti i«sistemi mostruosi»dell’ateismo hanno dunqueper lui come pietra angolareuna teoria materialista cheesclude dalla realtà qualsiasiente immateriale otrascendente, a iniziareovviamente da Dio. Per

confutare il materialismooccorre pertantocontrapporgli una concezionedella realtà non materialista,scalzando così dallefondamenta la non credenza,percuiaquelpunto«nonsaràpiù necessario considerare indettaglio le assurdità di ognidisgraziatasettadiatei».89

La nostra attualeconoscenza storica tanto delmaterialismo filosofico

quanto dell’ateismonelle suediversemanifestazionienellediverse culture, ci consenteoggi di concluderecorrettamente che se tutte leconcezioni materialistichemoderne implicano perconsequenzialità logical’ateismo, non fosse altroperché chi interpreta il realenell’ottica della puramaterialità o della sola fisicadella materia non ha certo

bisogno di ricorrereall’ipotesiDio(èquellocheèstato definito «ateismo diconseguenza»)90,nontuttigliatei sono tuttavianecessariamente deimaterialisti radicali, comedimostranoperesempiocertefilosofieorientaliqualequelladellascuolainduistaSāṃkhya.IltermineSāṃkhyaèsanscritoe il suo significato letteraleequivale a «(sapere)

dell’enumerazione» riferito auna scienza catalogatrice deiprincipi cosmici e individualidel reale. Gli appartenenti aquesta scuola filosofico-religiosaseguonounadottrinadualistica (esistono i Séspirituali o puruṣa e lamateria/natura o prākṛti) enonteistica.Si trattapertantodiunaposizioneateistica,manon irreligiosa ematerialista.La questione si presenta

ancora diversamente qualorasi faccia riferimento a certeformeantichedimaterialismocome quella dell’atomismogreco: come accennato, tantoDemocrito quanto Epicuronon negavano la presenzadeglidei,maliconsideravanocostituiti di atomi «piùsottili». In un panorama cosìcomplesso,nelqualeastrettorigore storico-critico non èpossibile ritenere sempre

coincidenti le figuredell’ateoedelmaterialista,risultaforseutile per mettere meglio afuocol’ateismomodernofarericorso a una descrizione«insiemistica», ovverodefinendolo come l’insiemedi tutte le persone che noncredono nell’esistenza diDioo del divino o comunque dientità, principi e dimensionimeta-naturali, siano essitrascendenti (come nel

deismo e nel teismo) oimmanenti (come nelpanteismo); quindi l’uomo èsolo con i limiti e lepotenzialità che gli sonopropripernatura.

Nella nostra epocadominatadallascienzaedallatecnologia, al paradigmaantropologico o umanisticodell’ateismo si è aggiuntoquelloscientificooscientista.Pur mantenendo

l’impostazione di fondomaterialista, ammantatatutt’alpiùdiunanuovaformadi naturalismoevoluzionistico, colparadigma scientista gli ateiteoricihannoritenutodipoterdare una veste «scientifica»alle loro tesi. Tuttavia,l’ateismo di gran lungaprevalente nell’attuale civiltàsecolarizzata resta quello«pratico» e comunque in

generale quellodell’indifferenza o diun’incredulità di fondo neiconfronti del problemadell’esistenza di Dio e dellareligione.Sucosarappresentila secolarizzazione nelcontesto dell’ateismo si èdiscusso molto sia dal puntodi vista teologico sia dalpunto di vista sociologico.Per un sociologo e al tempostesso teologo come

l’austriaco Peter LudwigBergerèdaintendersicomeil«processo attraverso il qualesettori della società e dellacultura diventano estranei aldominiodelleistituzioniedeisimboli religiosi»91. Taleprocesso, considerato sotto ilprofilo individuale, sipresenta come uno stile divita delle persone cheneppure percepiscono ilbisogno di credere nella

presenza di un Entetrascendente o di cercare ilproprio senso in una rispostareligiosa, come unospontaneo e abitudinariodistacco dalle grandiquestioni metafisiche edesistenziali (Chi siamo?Perché esistiamo? Chesignificato hanno la nostravita e l’universo? Perché c’èl’essere piuttosto che ilnulla?).

L’ateismo pratico non hanormalmente dietro di sé unparticolare approfondimentodelle motivazioni del rifiutodi Dio e non si fondanemmeno su preciseargomentazioni razionali, masi caratterizza come unatteggiamento individuale,una forma di comportamentoquotidiano che esclude difatto l’idea stessa del divino,«senzapreoccuparsidellasua

esistenza e organizzando lapropriavitaprivataepubblicaprescindendodall’esistenzadiqualsiasi Principioassoluto»92. Per questotalvolta viene anche definito«apateismo», sincrasi di«apatia» e «ateismo», persegnalare come l’ateopraticosi dimostri apatico neiconfrontidelproblemadiDioe reputi irrilevante qualsiasidiscussione sull’esistenza del

divino o di un Creatore.Come emblema di questomododiessereateiè rimastacelebre un’osservazionedell’illuminista franceseDenis Diderot (1713-1784)all’amicodeistaVoltaire,cherecita così: «È moltoimportante non prendere lacicuta per il prezzemolo, manonloèaffattocredereinDioo non crederci».93 Quellodell’ateo pratico, secondo il

cattolico convertito AndréFrossard (1915-1995), si puòdefinire «ateismo perfetto»perché viene vissuto comefosse uno stato del tuttonaturale, come una tranquillae scontata abitudine: «Mianonna era ebrea, mia madreprotestante, mio padre nonera battezzato. […] In casanostranonsisfioravaneppureper sbaglio l’argomento“religione”. […] Eravamo

degli atei perfetti, di quelliche non si pongono piùinterrogativi sul loroateismo».94

Per altro può succederechel’ateopraticosidichiariesi ritenga ufficialmente uncredente, magari perché sisposa inChiesaeapprezza ilfascino di certe ricorrenze ocerimoniereligiose,mentreineffetti si comporta nella vitaquotidiana come un non

credente, visto che agisce epensa etsiDeus non daretur,comeseDiononcifosse.Direcente è poi entrata in augela stramba categoria deicosiddetti«ateidevoti»,ossiadei laici non credenti chetuttavia ritengono la ragionemoderna strettamenteimparentata col cristianesimoe vedono nella Chiesa unadifesa dell’identitàdell’Occidente, che in

sostanzanoncredono inDio,ma fanno propri i valoricristiani. Gli ultimi sviluppiin Italia del cosiddetto«pensiero debole» di GianniVattimo sono una buonaesemplificazione di questofenomeno, dove una ragioneindebolitaingradosoltantodi«credere di credere»concepisce addirittura unastratto «cristianesimo nonreligioso», il quale a conti

fatti rappresenta un modopratico di negare non solol’esistenza di Dio, ma anchequalsiasi discorso sensato sultrascendente.95

L’individuo secolarizzatoè in definitiva un «uomopratico» che non dà ascoltoalle ideologie di nessungenere, tantomeno a quellepolitiche, ma neppure allereligioni e alle spiegazionimetafisiche. È un «uomo

autarchico», che pensa dipoter decidere da solo e inautonomia ciò che è bene eciò che è male, ciò che ègiustoeciòcheèsbagliato.Èun «uomo disincantato», chenon crede a nessuna visionedel mondo, ma ripone nelcontempo nella scienza enella tecnica una fiduciapressoché sconfinata. Questo«uomo pratico» spessoassume pregiudizialmente

una posizione contraria alproblema di Dio, perché loritiene fondato su un’ipotesiinutile, quindi una questioneirrilevante rispetto al propriolifestyle.

Conlamodernitàprimaela postmodernità dopo l’ateoè passato progressivamentedal banco dell’imputato sucui l’aveva posto ilMedioevo, incolpandolo diessere un insipiente o un

folle,albancodell’accusadalquale si scaglia soprattuttocontro i credenti e irappresentanti istituzionalidelle diverse religioni, ainiziaredaquellacristiana.Latraduzione di questo ateismomilitante in campo politico-sociale si è concretizzata inun primo momento conalcune terribili vicende dellaRivoluzione francese,dove ildeismo di facciata si

confondeva facilmente conl’intolleranza antireligiosa eantiteista, a tal punto che ilromanziereHonorédeBalzac(1799-1850)giunseascrivereche «il deista è un ateo colbeneficio d’inventario»96. Lasua seconda fase è statainvece quella dell’avvento alpotere del comunismo inRussia, nei paesi dell’EstEuropa,aCuba,inCina,nellaCoreadelNordenelSud-est

asiatico; Paesi quest’ultimidove si è assistito o allaproclamazione ufficialedell’ateismo di Stato oppureallacreazionediunsistemadiateismo governativo basatosulla persecuzione strisciantee l’emarginazione deicredenti. In ultima istanza,queste esperienze storichedimostrano che l’ateo nonsoltantoritienedipoterfareameno di Dio, ma spesso

reputa anche di diventaremigliore e più libero se gliriesce di eliminarne lacredenzadallamentedeisuoisimiliedallasocietàumana.1MeisterEckhart, Istruzioni spirituali,inDell’uomonobile. Trattati,Adelphi,Milano1999,pp.64-65.2MeisterEckhart,Trattati,inTrattatieprediche, Rusconi, Milano 1982, p.163.Eckhartèstatovalidamentedifesodall’accusa di panteismo dal filosofo eumanista Nicolò Cusano, il quale traedaluidiversispuntiperilsuoDedoctaignorantia (vedi N. Cusano, La dotta

ignoranza,Rusconi,Milano1988).3 N. Malebranche, La ricerca dellaverità, Laterza, Bari 1983, p. 329.Sull’ontologismo vedi R.G. Timossi,Dio è possibile? Il problemadell’esistenza di un’Entità superiore,Muzzio, Padova 1995, pp. 9-13, eProve logiche dell’esistenza di Dio daAnselmo d’Aosta a Kurt Gödel. Storiacritica degli argomenti ontologici,Marietti,Genova-Milano2005,pp.23-27.4 Vedi J. Lagneau, De l’existence deDieu,FelixAlcan,Paris1925.5 Giovanni Damasceno, De fideorthodoxaI,c.1,3.6 Tommaso d’Aquino, Summa

TheologiaeI,q.2,a.2.,ESD,Bologna1996. Nelle versioni delle SacreScritturecheseguonolaBibbiaebraicailsalmo52corrispondeinrealtàal53.7 K. Rahner, Chiesa e ateismo, inAA.VV., L’ateismo. Natura e cause,Massimo,Milano1981,pp.165-66.8Ivi,p.166.9 R. Carnap, Il superamento dellametafisicamediantel’analisilogicadellinguaggio, in Il neoempirismo, Utet,Torino1969,pp.512e525.10 Simile a questa posizione è quelladel cosiddetto «ignosticismo». Iltermine è stato coniato dal rabbinostatunitense Sherwin T. Wine (1928-2007), fondatore dell’ebraismo laico

umanista, per indicare il puntodi vistadichireputalaquestionedell’esistenzadiDioprivadisignificatoinquantononprospettaconseguenzeverificabili.11 Vedi J. Monod, Il caso e lanecessità,Mondadori,Milano1997.12 K.R. Popper, Poscritto alla logicadellascopertascientifica,IlSaggiatore,vol.II,p.25.13K.Löwith,HegelunddieAufhebungderPhilosophie im19.Jahrhundert, inSämtliche Schriften, J.B. MetzlerscheVerlagsbuchhandlung, Stuttgart 1981-1988, vol. V, p. 196. L’espressioneNatura naturans è traducibile con«natura naturante» e si riferisce allanaturacomegeneratricedellacosiddetta

Natura naturata, la natura in quantogenerata.14 Le citazioni da Ch. Taylor, L’etàsecolare, Feltrinelli, Milano 2009, pp.12 sgg. Per Taylor l’inizio della«Grande narrazione della Riforma» vafatto risalire a ben prima di Lutero,forse addirittura a papa Gregorio VII(1073-1085).15VediB.Spinoza,Trattatoteologico-politico,ETS,Pisa2011.Sugli influssisecolarizzanti del Tractatus spinozianovedi S. Nadler, Un libro forgiatoall’inferno,Einaudi,Torino2013.16 Vedi E. Lecaldano,Un’etica senzaDio,Laterza,Bari2006.17SulneopaganesimovediJ.R.Lewis,

TheOxfordHandbookofNewReligiousMovements, Oxford University Press,London-NewYork 2004; P. Gilbert (acura di), La terra e l’istante. Filosofiitaliani e neopaganesimo, Rubbettino,SoveriaMannelli2005.18 Lettera agli Efesini 2,11-12. Salvodiversa indicazione, l’edizionedei testibibliciutilizzataèLaBibbia.Via,veritàe vita, San Paolo, Cinisello Balsamo2009,contenentelanuovaversioneCEIdel2008.19ClementeAlessandrino,Glistromati.Note di vera filosofia, VII, 1,4,3,Paoline,CiniselloBalsamo2006.20VediD.Morin,L’ateismomoderno,Queriniana,Brescia1996,p.11.

21 Voltaire, Dizionario filosofico, inScritti filosofici, Laterza, Bari 1972,vol. II, pp. 212-13. «Logomaco», ilnomedelteologobizantino,rappresentaun chiaro riferimento polemico alla«logomachia», ossia a una disputainconcludente.22 Voltaire, Trattato di metafisica inScrittifilosoficicit.,vol.I,p.134.23 Vedi C. Fabro, Introduzioneall’ateismo moderno, Studium, Roma1969,p.86.24I.Kant,Criticadellaragionpura,B659/A631eB661/A633,Utet,Torino1967,pp.501-02.25VediK.Löwith,Dio,uomoemondo

nella metafisica da Cartesio aNietzsche, Donzelli, Roma 2000, pp.53-67.26I.Kant,Criticadellaragionpratica,A223-237,Utet,Torino1970,pp.271-80.27 Le citazioni di Penzias in R.Chiaberge, La variabile Dio,Longanesi,Milano2008,pp.35-36.28M.T.Cicerone,Denaturadeorum,I,19,51,Rizzoli,Milano1992,p.87.29DiogeneLaerzio,Vitedeifilosofi,X,97,Laterza,Bari2000,vol.II,p.432.30 Considerato ateo, a Giulio CesareVaninivennetagliatalalinguaefupoigiustiziatoperstrangolamentoaTolosa.

Il suo cadavere venne infine arso sulrogo.VediG.C.Vanini,Tutteleopere,Bompiani,Milano2010.31 «Athée-Athéisme» in Voltaire,Dizionariofilosofico,inScrittifilosoficicit.,vol.II,pp.58-59.32 Vedi J. Toland, Pantheisticon, inOpere, Utet, Torino 2002. Toland si ètuttavia definito per la prima volta«panteista»nel1705,inunbrevescrittointitolatoSocinianismTrulyStatedbyaPantheist. L’epiteto di freethinker(liberopensatore)glifupolemicamenteattribuito dal vescovo e connazionaleGeorgeBerkeley(1685-1753).33VediS.VanniRovighi,Elementi difilosofia,LaScuola,Brescia1962,vol.

I,p.14.34 Plotino,Enneadi, V, 2, 1, Rusconi,Milano 1992, p. 815. A contestare ilcarattere emanazionistico e panteisticodel pensiero plotiniano è stato adesempiolostoricodellafilosofiaanticaGiovanni Reale, per il quale «quandoPlotinoaffermachetuttelecosesonoinDio, intende dire non che coincidonoconlasostanzadiDio,machederivanoo dipendono tutte dalla sua potenza»(G.Reale,Storiadella filosofiaantica,Vita e Pensiero,Milano 1989, vol. IV,p. 608). Permotivi analoghi, il grandestorico tedesco della filosofia grecaEduard Zeller (1814-1908) nonreputava il sistema plotiniano un

emanazionismoetuttavialodefinivaun«panteismo dinamico» (E. Zeller,Compendio di storia della filosofiagreca,LaNuovaItalia,Firenze1975,p.256).35 B. Spinoza, Etica dimostratasecondo l’ordine geometrico, BollatiBoringhieri,Torino1971,p.49.36 Diogene Laerzio, Vite dei filosofi,VII,137,ed.cit.,vol.I,p.290.37 Vedi J.F. Haught,Un Dio evoluto.La teologia dopo le teorie di Darwin,Levespe,Milano2002.38 A.N. Whitehead, A.N. Griffin, D.Ray, D.W. Sherburne, Process andReality. An Essay in Cosmology, FreePress,NewYork1979,p.528.

39A.N.Whitehead,Scienzae filosofia,IlSaggiatore,Milano1966,p.126.40 A.C. Ambesi, Il panteismo, Xenia,Milano2000,p.4.41VediJ.Burnet,Iprimifilosofigreci,Mimesis,Milano2013.42 É. Gilson, Dio e la filosofia,Massimo,Milano1990,p.27.43 G. van der Leeuw, Fenomenologiadella religione, Bollati Boringhieri,Torino1975,p.7.44VediR.Schröder,Liquidazionedellareligione? Il fanatismo scientifico e lesue conseguenze, Queriniana, Brescia2011,pp.193-95.45 Tenzin Gyatso (Dalai Lama), I

sentieri della sapienza e dell’incanto.Lezioni all’Università di Harvard,Mondadori,Milano2011,pp.142-44.46 Vedi W. Weischedel, Il Dio deifilosofi. Fondamenti di una teologiafilosofica nell’epoca del nichilismo, IlMelangolo,Genova1988,vol.I,pp.36e39.47 Plutarco, «Vita di Pericle», 32,2, inViteParallele,Rizzoli,Milano2009,p.599.48 I Presocratici. Testimonianze eframmenti,DK59,A1(12),Bompiani,Milano2006,p.1005.49 G. Reale, Storia della filosofiaantica, Vita e Pensiero, Milano 1975,vol.I.p.169.

50 I Presocratici. Testimonianze eframmenti,DK80,B4,ed.cit.,p.1577.51 Euripide, Bellerofonte, fr. n. 286.Vedi M. Curnis, Il «Bellerofonte» diEuripide, Edizioni dell’Orso,Alessandria2003.52 Senofonte, Memorabili, I, 1, inSocrate.Tutteletestimonianze,Laterza,Bari1986,p.77.53 Platone,Apologia di Socrate, 26C,in Tutti gli scritti, Rusconi, Milano1991,p.32.54Senofonte,Memorabili,I,1,ed.cit.,p.77.55 Platone,Apologia di Socrate, 27A,inTuttigliscritticit.,p.33.

56Cicerone,Denaturadeorum, II,17,46-47,ed.cit.,p.191.57 Sulla «teologia» diEpicuro vediG.Reale, Storia della filosofia greca eromana, Bompiani, Milano 2008, vol.5,pp.195sgg.58 Lucrezio,De rerum natura, I, 101.Vedi Lucrezio, La natura delle cose,Mondadori,Milano1992.59VediLucrezio,De rerum natura, I,62-101e III, 1,93. Chi invece haconvintamente considerato atei tantoEpicuro quanto Lucrezio è stato KarlMarx e con lui tutta la successivatradizionedelpensierocomunista(vediad esempio la voce «Ateismo» dellaGrande enciclopedia sovietica, terza

edizionedel1978).60 Diogene Laerzio, Vite dei filosofi,VI, 37 e 44, ed. cit., vol. I, pp. 216 e219.61 Sesto Empirico, Contro i fisici I,138-141,Laterza,Bari1990,pp.52-53.62 A. Rosmini, Logica, Città Nuova,Roma1984,p.289.63Ivi.64 Sesto Empirico, Schizzi pirronianiIII, 11, Laterza,Bari 1988, p. 124. Loscetticismo pirroniano è detto cosìperché ispirato all’insegnamento delfilosofo scettico grecoPirrone diElide(360-270 a.C. ca), il quale pare peròabbia preferito al termine epoché il

termine ἀδοξία (adoxìa), che significaassenza di opinione e quindiindirettamente rinuncia a esprimeregiudizi.65 D. Hume, Storia naturale dellareligione,inOpere,Laterza,Bari1971,vol.I,p.753.66 Dell’opinione che non si potesseparlare in sensopropriodi ateismoperil pensiero antico era ad esempioAugustodelNoce.VediA.DelNoce,Ilproblema dell’ateismo, Il Mulino,Bologna1990,p.17.67 Sesto Empirico, Adversusdogmaticos, III, 51-54. Vedi SestoEmpirico,Contro i fisici, I, 51-54, ed.cit.,pp.30-31.

68Ivi,I,18,p.23.69Ivi,I,54,p.31.70DiogeneLaerzio,Vitedeifilosofi,II,97,ed.cit.,vol.I,p.81.71Cicerone,Denaturadeorum,I,1,2,eI,23,63,ed.cit.,pp.42-43e95.72 Flavio Giuseppe, Contra Apionem,II,148,Marietti,Milano2007.73Giustino,Primaapologia,6,1e13,1,inApologie,Rusconi,Milano1995,pp.45e57.74E.Bloch,Ateismonelcristianesimo,Feltrinelli, Milano 2005, pp. 32, 169sgg.SuBlochvediinfra,cap.4,par.5.75 Vedi Filone di Alessandria, LacreazionedelmondosecondoMosè,1-

12, inTutti i trattati del commentarioallegoricoallaBibbia,Rusconi,Milano1994,pp.11-12.76 Clemente Alessandrino,Protreptikos,II,23,CittàNuova,Roma2004.77Ivi.78G.DunsScoto,Ordinatio,I,dist.43,q. unica, in Opera Omnia, vol. II,Poliglotta Vaticana, Città del Vaticano1950.79 Anselmo d’Aosta, Proslogion, inAnselmo d’Aosta, Monologio eProslogio, Bompiani, Milano 2002, p.317.80Ivi,p.305.

81VediG.Minois,Storiadell’ateismo,EditoriRiuniti,Roma2003,pp.82-86.82J.Delumeau,Ilcristianesimostapermorire?,SEI,Torino1978,p.88.83L’espressioneetsiDeusnondaretur,definita poi «ateismo metodico» o«metodologico», è attribuita al giuristaUgo Grozio (1583-1645): nell’ambitodel giusnaturalismo, sosteneva infattiunaragionenaturalebasatasuenunciativalidi indipendentemente dall’esistenzadiDio.84 É.Gilson,L’athéisme difficile, Vin,Paris1979,p.12.85 A. Kojève, L’ateismo, Quodlibet,Macerata2008,p.21.

86Ivi,p.44.87Ivi,p.39.88Ivi,p.23.89 G. Berkeley, Trattato sui principidella conoscenza umana, par. 92,Laterza,Bari1991,pp.93-94.90 G. Cottier, Definizione e tipologiadell’ateismo, in AA.VV., L’ateismo.Naturaecause,Massimo,Milano1981,p.22.91 P.L. Berger, The Social Reality ofReligion,AllenLane,London 1973, p.113.92C.Fabro,L’uomoeilrischiodiDio,Studium,Roma1967,p.33.93 Vedi D. Diderot, Lettera sui ciechi

per quelli che ci vedono, La NuovaItalia,Firenze1999.Com’ènoto,pergliinesperti è facile confondere la cicutaconilprezzemolooppureconl’anice.94 A. Frossard, Dio esiste, io l’hoincontrato, SEI,Torino 2002, pp. 17 e30.95 Vedi G. Vattimo, Credere dicredere,Garzanti,Milano1996,eDopolacristianità.Peruncristianesimononreligioso,Garzanti,Milano2002.96VediH.deBalzac,OrsolaMirouet,Corbaccio,Milano1932.

2

Fedeeateismo

1.Interpretazionidell’ateismo

Molti psicologi e moltineurobiologi condividono laconvinzione secondo cui gliesseriumanisonopredispostiper natura a essere religiosi.Per sostenerlo si fondanosulla tesi evoluzionistica cheidentifica nella religione unarisposta alla pressioneselettiva dell’ambiente

esterno; risposta cheservirebbe appunto acontrastare gli effettipsicologicinegatividei rischidellacompetizioneperlavitanei singoli individui umani equindi a fare della religiositàunasortadiantidotoall’ansiaquotidiana. E del resto,l’appartenenza religiosa e lacredenza in entitàsovrannaturali svolgerebbepure una funzione sociale

adattativa rendendo gliindividui più rispettosi delleregolemoralidiunacomunitàe più predisposti allacooperazione coi proprisimili; comportamenti da cuidiscenderebbe una maggiorecoesione collettiva e quindiunaforzastrutturalemaggioredella compagine sociale.Dettoaltrimenti,dalpuntodivista della selezione naturalegli esseri umani religiosi

hanno un chiaro vantaggiocompetitivo rispetto ai noncredenti, inquantonella lottaper la sopravvivenza la federeligiosa infonde loroenergiapsicologica, propensione allasolidarietàdigruppoefiducianei propri mezzi. Standoinoltreadalcunistudirecenti,i credenti godrebberoindividualmente di unbenessere psico-fisicomaggiore, di una salute

migliore e quindi di una vitapiù lunga rispetto ai noncredenti.1

Chi sostienequesta teoriasi è spinto perfino aprefigurare una nuovadisciplina scientifica,denominata«neuroteologia».2Per il neurobiologo egenetista Dean Hamer, peresempio, esisterebbeaddiritturaungeneumano(ilVMAT2) responsabile di

questa propensione allareligiositàoallacredenzaneldivino, che haincredibilmente denominato«gene di Dio».3 Ma senzaarrivareatalicongettureadirpoco azzardate e noncorroborate scientificamente,alcuni scienziati cognitivihanno constatato che ibambiniconsideranodeltuttoplausibile e«indipendentemente

dall’opinionedegli adulti chestanno intorno a loro, l’ideadiuncreatorenonumanodelmondo, un creatore chepossiederebbe super-poteri».4Eanchechitraquestistudiosimette in discussione che lecredenzereligioseabbianounvalore adattativo diretto,mantiene comunque laconvinzione cherappresentino l’effetto dipredisposizioni cognitive

secondarie evolutivamentevantaggiose.5 In generale icognitivisti hanno conclusoche le credenze religiose equelle nel sovrannaturaleesprimono una caratteristicaspecifica o un’inclinazionenaturale della nostra mente,quindi in ultima analisiun’«architettura cognitivadellanostraspecie».6

Quanto risulta comunquestoricamente certo è che fino

a oggi non si conosce unapopolazione passata epresente della Terra nellaquale non siano attive dellemanifestazioni di ordinereligioso. Alla luce di tuttociò e se si tiene conto cheanche per molti filosofi atei(per esempio Feuerbach,Sartre e Bloch) gli uominisarebbero spontaneamentereligiosi, vienenecessariamentedachiedersi:

«Perché un individuonaturalmente religioso epredisposto al soprannaturalediventa ateo?». Più ingenerale, perché si sceglie diessere atei? A questedomande si è tentato in tutteleepochedidareunarispostaadeguatamenteargomentataea provarci sono statisoprattutto i credenti, forseperché per i non credenti ilproblema delle cause

dell’ateismo sembraapparentemente pocosignificativo o quantomenosembrano aver già trovatouna risposta nelle loropersonali motivazioniesistenziali. Con l’esplosionenell’età contemporanea degliateismi teorici e pratici, chetrova per altro riscontro intutte le statistiche mondiali,7le analisi del fenomeno sonodecisamenteaumentateecosì

pure i tentativi di una suaspiegazione che hanno vistocome principali protagonistile Chiese cristiane e ipensatoriattentiallequestionidel senso religiosodell’esistenza. Di recenteperfino le scienze cognitive,dopo essersi dedicate quasiesclusivamente a indagare lacredenza religiosa o teistica,hanno iniziato a occuparsidell’ateismo.8

In ambito cristiano giàTommaso d’Aquino, nellaSumma Theologiae, siinterroga sulle ragionidell’ateismo e le condensasostanzialmenteinduefattori:la realtà del male e ilriduzionismo naturalistico.Per l’Aquinate gli ateiragionanocosì:

Se Dio esistesse nondovrebbe esserci il male.

Viceversa nel mondo c’èil male. Quindi Dio nonesiste. […] Tutti ifenomeni che avvengononel mondo potrebberoessere prodotti da altrecause, nella supposizioneche Dio non esistesse:quelli naturali siriportano, come a loroprincipio, alla natura,quelli volontari invecealla ragione umana o alla

volontà. Nessunanecessità, quindi,dell’esistenzadiDio.9

AquesteobiezioniDoctorAngelicus replica com’è notocon le sue illustri cinque vieperprovarel’esistenzadiDio,quindi in termini del tuttorazionali e con dimostrazionia posteriori, ossia fondatesull’esperienza.10

Il male e il naturalismo

filosofico sonoindubbiamenteda annoveraretra idueprincipaliargomentidell’ateismo teoretico, coiquali da un lato si ritieneinconciliabile l’idea positivadiDiocomebeneinfinitoconla presenza dell’iniquità nelmondo (il cosiddettoMysterium iniquitatis) edall’altro si considera lanaturaautosufficiente,cioèingrado di spiegare da sola se

stessa ovvero di esisteresenza la necessità di unacausaesterna,diunCreatore.Nel contesto contemporaneo,tuttavia, la teologia cristianaha sentito l’esigenza diandare più a fondonell’indagine dellecaratteristiche e deipresupposti dell’ateismomoderno.

Tra i primi cristiani delXX secolo che prendono

posizione sull’ateismo nellasua forma modernaincontriamoJacquesMaritain(1882-1973), ilqualeè senzadubbio un intellettualecredente particolarmentesensibileaglisviluppiateisticidellaculturadall’Illuminismoa oggi; perciò assiste conangoscia e forsanche condisperazione all’eclissinichilistica di Dio nellacontemporaneità:«Provaiuna

sorta di orrore – scrive neisuoi ricordi di fronte allaprospettiva esistenziale delnulla – come quando si hapauranelbuiopiùprofondoenon si ha il coraggio digridare, un orrore della vita,dellamiavitacheavanza»11.Perquestomotivonel saggiodel 1949 intitolato Lasignification de l’athéismecontemporain si propone di«scoprire il senso spirituale

nascosto della presenteagonia del mondo»12, ancheperché lui non è d’accordoconchi,essendoconvintocheciascunuomohaquantomenouna conoscenza implicita diDio, nega pregiudizialmentela possibilità psicologica edetica dell’ateismo,trasformandolointalmanierain una mera colpa moraledell’individuo ateo.13L’ateismo è infatti

psicologicamente possibileperché Dio non èimmediatamenteevidenteallaragione (come affermava giàsan Tommaso) e, in quantotale, può essere oggetto dinegazione razionale o dirifiuto pratico; mentre laresponsabilità eticadell’ateismo è attenuata, senon annullata, dal fatto chenellanostraetàsecolaremoltiindividuinonsonoingradodi

formarsi un’adeguataconsapevolezza della realtàdeltrascendente.

Se Dio nell’epocapresente diventa un misterototale, una specie disconosciuto per l’uomo,allora perMaritain è correttodistinguere tra gli «atei veri»che consapevolmente lonegano,ossianerespingonoilconcetto con cognizione dicausa e sono pertanto

moralmente responsabili delproprio atto, e gli «pseudo-atei» che non sanno a cosaeffettivamente si oppongono,come nel caso di «unfanciullo allevatonell’ateismo» e diventatoadulto senza avere unaconoscenzaprecisadiciòcherigetta.Visonoinsommaduespecie di atei: coloro checredonodiesserlo,manonlosono, e coloro che lo sono

effettivamente. «Non è facile–scriveilfilosofofrancese–essere veramente atei […].Diremo che lo “pseudo-ateo”negando l’esistenza di Dionega l’esistenzadiunentediragione che lui chiama Dio,ma che non è Dio […]. Ediremo che il “vero ateo”negando l’esistenza di Dio,nega realmente […]l’esistenza di quel Dio che èl’oggetto autentico della

ragioneedellafedeecheegliconcepisce nella sua esattanozione».14

In sintesi, secondoJacques Maritain perconoscere e capire benel’ateismo del nostro temponon ci si può limitare aosservarlo dall’alto dellafilosofia o della teologiacristiane, ma è necessarioimmergersi nella storiacontemporaneaequindinella

condizioneattualedell’uomo.In questo contesto l’ateismoodierno risulta l’espressionedell’umanesimocontemporaneo, il quale poialtro non sarebbe se nonl’ultimo prodottodell’umanesimoantropocentrico sorto colRinascimento e con laRiformaprotestante,inchiaracontrapposizioneall’umanesimo teocentrico

cristiano, e che ha finito coldominare per un lungoperiodostoricotuttalaculturamoderna. Nel XX secolo,ossia nel pieno della fasematerialisticadell’umanesimoantropocentrico, «per regnaresulla natura senza tenereconto delle leggi intrinsechedella suanatura, l’uomo […]è costretto in realtà asubordinarsi sempre più anecessità non umane, ma

tecniche, a energie d’ordinemateriale […]. Dio muore;l’uomo materializzato pensache può essere uomo, osuperuomo,soloseDiononèDio».15

Unaltroillustreinterpretecattolico dell’ateismo è statoCornelio Fabro (1911-1995).Meritorio divulgatore delleopere di Søren AabyeKierkegaard (1813-1855) inItalia,eglihadedicatodiverse

riflessioni alla questionefilosofica e religiosa dellanon credenza in Dio,culminate nel suo testofondamentale e ormaiclassico intitolatoIntroduzione all’ateismomoderno,pubblicatoinprimaedizione nel 1964 (secondaedizioneaumentatanel1969).Si tratta di un’operamonumentale,chetuttoranonha paragoni per chiarezza e

completezza nel panoramabibliograficoitaliano,emadaconsiderarsipureunpuntodiriferimento nel dibattitointernazionalesull’argomento; infatti glistudiosi del suo pensiero laconsideranoindiscutibilmente«l’opus maius fabriano»16.Nellaprefazionevisiaffermasenza mezzi termini chenell’evoluzione del pensieromoderno la libertà

intellettuale umana «hapercorso ormai l’intero arcodelle sue contrastantipossibilità» culminatenell’«oblio dell’essere», conla conseguente «perditadell’Assoluto per cadenzainarrestabile» e il dissolversidel senso dell’esistenzaumana; perciò «l’uomo erraramingo nel mondo che nedefinisce i limiti e il suopercorso mortale». In breve,

il pensiero contemporaneo«ha fatto del nulla ilfondamento dell’essere» e hareso l’uomo autoreferenzialesaldando «il cerchio dellacoscienzainsestessa».17

Per Fabro l’ateismo è giàimplicito nel cogitocartesianoenelsuoprincipiodi immanenza, che prosegueperunalineaininterrottafinoal nichilismo di Nietzsche,passando attraverso altri

grandi«apostoli»delpensieroateo quali Spinoza, Voltaire,Rousseau, gli idealistitedeschi, Feuerbach, Marx,Schopenhauer, per approdareinfine agli esistenzialistiSartre, Camus, Jaspers eHeidegger. Ne consegue cheFabro come Maritainqualifica l’ateismo come«umanistico», al qualetermine però aggiungel’aggettivo «radicale» perché

lo concepisce come unumanesimo ateo che fadell’uomo il valore supremo,il quale inevitabilmente«esige, postula come suacondizione la negazione diDio» o, ancor meglio, «ilrifiuto di Dio».18 L’obliodell’essere avviato dal cogitoaltro dunque non è se non laseparazione netta dellagnoseologia dall’ontologia,percuinonèpiùl’essereche

fonda e legittima il pensiero,bensì la mente umana che siscopreassoluta.

Cornelio Fabro si spingetuttavia ancora più avanti escandaglia nel profondo lasituazione esistenziale di noimoderni per concludere chenonostante la nostra vita siamigliorata grazie alla scienzae alla tecnologia, e la specieumana sia al massimo dellesue potenzialità rispetto al

dominio del mondo esterno,l’individuo umano non sisente realizzato, anzi siscopresperdutoeimpotente.

Oggi la scienza per laprima volta nella Storiadell’umanità è riuscita ascandagliare le forzeabissalidelcosmoegiàsiapprestaaimbrigliarleperviolare gli eterni silenzidegli spazi infiniti.

Eppure, mai come oggi,l’uomo ha sentitol’incombente minacciadella scomparsa totaledella sua civiltà e dellastessa distruzione delgenere umano: infatti iltraguardo che ha datoall’uomo moderno ildominio delle forzedell’universo, l’haaccostatoalnullachepuòsprigionarsi a ogni

momento da una volontàche più non conoscefondamento e vincolo diverità.

E con l’emergere delnullaalcentrodellacoscienza«non solo la filosofia si èfattadesertadelDiovivo,maanche la letteratura, l’arte, lapolitica e l’intero complessodelle scienze dello spirito ingenerale hanno bandito dalla

loro prospettiva l’Iddio vero[…], l’unico desiato rifugioneldubbioeneldolore».19 Inquesto scenario desolante,teismo e ateismo non vannointesi tanto come dei sistemiideologici quanto comeespressioni dell’oppostovalorecheognisingolouomoattribuisce originariamenteall’essere, quindi di unadivaricante decisione assuntao da assumere nei confronti

delproblemadel fondamentodell’esistenza.

Tanto con le tesi diMaritainquantoconquellediFabrosiconfrontaeprendeinparte le distanze un altroinsigne interprete italianodell’ateismo: il filosofocattolico Augusto Del Noce(1910-1989). Questi cogliealcuni punti di debolezzanell’analisi del pensatoretomista francese, specienella

definizione dell’ateismopratico considerataapertamente inadeguata;20 epreferisce pertantoconcentrarsi nonesclusivamente sugli aspettiteoretici dell’atteggiamentoateo, ma anche su quellietico-politici. Il problemadell’ateismo è dunqueimportante per la filosofiacontemporanea non solo sulpiano speculativo,ma pure e

soprattutto per i suoi risvoltietico-sociali.

D’altro canto Del Nocenon accetta la posizione diCornelioFabrosecondocuilafilosofia modernarappresenterebbe un’unicalinea ininterrotta di tipoimmanentista che va daCartesioaNietzscheeatuttiipensatori posteriori in variomodoinfluenzatidalpensieronietzschiano, ma individua

unasecondalineadiscendentedi tipo trascendentalista chepartendo sempre da CartesioapprodaaRosmini, passandoper Vico, Leibniz, Pascal,Malebranche e altri ancora.D’altronde,sostienesempreilnostrofilosofo,«l’ateismoèiltermineconclusivoacuidevenecessariamente pervenire ilrazionalismoalpuntoestremodella sua coerenza»21, che èperò pure il punto estremo

della sua crisi, del suodegradarsi in scetticismo einfine in irrazionalismo. Diqui anche il passaggioobbligato «dell’ateismo dallasua forma scientista a quellapostulatoria», che affida cioèalla negazione di Dio lapossibilità della libertàillimitata dell’uomo, e ilconseguente sorgere nel ’900di un nuovo laicismointegralmente ateo, con cui

Del Noce non manca dipolemizzareapiùriprese.

Sempre in ambitocattolico e tomista, effettuauna sua valutazione criticadell’ateismomodernoÉtienneGilson;elofaponendoasuavoltal’attenzionesugliaspettiesistenziali, apparendogliquelli propriamente teologiciormai ben definiti esviscerati. Il suo giudizio sifonda soprattutto sulla

difficoltàteorico-praticadellaposizione atea, che sarebbeforiera di una evidente einsanabile contraddizione: daun lato l’ateo devecostantemente argomentare imotividellasuasceltadinoncredere e dall’altro,continuando a ragionare diDio, finisce per perpetuarnel’idea e per dimostrarne lapresenzanelconsessoenellamente degli uomini. Questa

condizione filosofico-esistenziale è ciò che ilpensatore francese definisce«ateismodifficile»ecosìperaltro intitola un suo famososaggio del 1970. Laproblematicità dell’ateismorisulta tanto forte nell’epocache dovrebbe segnare –secondo le profetiche paroledi Friedrich Nietzsche – la«mortediDio»perché«se lamorte diDio significa la sua

mortefinaleedefinitivanellospirito degli uomini, lavitalità persistentedell’ateismo costituisce perl’ateismo stesso la sua piùseria difficoltà. Dio saràmorto negli spiriti soloquandonessunopenseràpiùanegare la sua esistenza. […]La morte di Dio rimaneancora un rumore chenessunoconferma».22

Per altro Gilson ritiene

praticamente impossibileimbattersi in atei autentici,vale a dire in persone ingrado di dimostrarerazionalmente la nonesistenza di Dio, ancheperché a suo dire taleesistenza è immediatamenteevidente; e quindi se nonnecessita più di venireprovata dalla ragionenaturale,neppurepotràesseredefinitivamente confutata.

Benché sussistano «molteoccasioni di dubbio, diesitazione e di incertezza nelprocedere di uno spirito allaricerca»deldivinodellequalisi alimenta l’ateismo, lapercezionediDioedellasuaesistenza non vengono allafinescalfite,anziperduranoesi rafforzano nel tempo dabenventiquattrosecoli.

Sulla stessa linea si èspinto anche più in là il

teologo francese ClaudeTresmontant (1925-1997),conlatesisecondocuigliateiintegralinonesistono,mentrechi si professa tale o nonconosceveramentequellochenega o è un credenteinconsapevole; e comunquecostituisce un’anomalia dalpunto di vista della ragioneperché «l’ontologiadell’ateismo, ossia lacosmologia atea, è

impensabile»23. In altreparole, «l’ateismo puro nonesiste. Di contro esiste unareligione della natura che sioppone al monoteismoebraico. L’ateismo non hanulla da spartire con ilrazionalismo […]. L’ateismoè una fede irrazionale». Daquestaprospettiva,essereateioggi significa essere deicredenti, ma non in manierarazionale come i cristiani,

bensì fideistica; difatti«l’ateismo moderno èessenzialmente fideista». Mase la scelta dell’ateo èirrazionale perché crede inqualcosa di irrealistico oillusorio, allora perTresmontant siamo inpresenza di un caso più dapsicologi che da teologi, diuna manifestazionecomportamentale o sindromeinfantile che «compete alla

psicologia. Spetta aglipsicologi darci un’analisiapprofondita che ci permettadi comprendere la genesi el’esistenzadell’ateismo».24

Per altro l’idea chel’ateismo sotto il profilopsicologico sia una forma difede è condivisa anche dalsacerdote cattolico AntoineVergote (1921-2013), giàtitolare della cattedra dipsicologia della religione

all’Università di Lovanio, ilquale ha dedicato particolareattenzione al fenomeno delladiffusionedellanoncredenza.Egli ritiene che «di fatto, sel’affermazione di Dio è unacertezza di fede, la suanegazione è essa pure ungiudizio dell’ordine dellafede»;infatti«lanegazionediDio è inevitabilmentepartecipe della complessitàdell’affermazione di Dio».25

Nonèdel resto casuale se lapsicologia della religione sioccupa congiuntamente delcredente quanto del noncredente, dal momento che«non si può comprenderepsicologicamente la credenzasenza l’incredulità, néquest’ultima senza laprima»26. Idueatteggiamentioleduesceltedicredereedinon credere sono in qualchemodo collegati

psicologicamente tra loro,perché «il confine tra teismoeateismoèmobile»27.Ma lacontiguità tra l’essere ateo el’essere credente è fortissimaanche dal punto di vistaesistenziale, per cui da unateismointegralepuònascereunafedepuraedaun teismoirragionevole possonoscaturire azioni contrarie aDio.

Riflessioni sull’ateismo

lucide e ricolme di saggezzasi trovano pure in un altrogrande filosofo cattolicofrancesechenonhamaipersooccasione per confrontarsicon credenti e non credenti:Jean Guitton (1901-1999).Pur avendo in un primotempo considerato l’ateismo«macchinoso e raro, unfenomeno recente, unabizzarriasostenutadapochieda poco tempo nel solo

ambiente di certaintellighenzia occidentale»28,accettatuttaviailpresuppostocheilverocredenteèsemprealle prese con la sfidarappresentata dall’ateomaterialista: «Conosco benela non credenza e ciò chetalvolta i credenti chiamanomaterialismo.L’ateismonellasua forma più comune miviene proposto in ognimomento dal mio cervello

cosìbeneadattatoalmondo».Non stenta dunque ariconoscere che per chi noncrede la fede in Dio vieneintesa come un eventoanomalo, una specie didissociazionementale,senonaddiritturaunaveraepropriamanifestazionedi follia:«Peril non credente – confessaGuitton – io rappresento unostrano fenomeno, checostituisce un’ulteriore

conferma dell’infermitàdell’intelletto umano e dellasua tendenza all’alienazione,neiduesensidiquestaparola,quello psichiatrico e quellomarxista,peraltroabbastanzasimili. […] Il credente agliocchi del non credente è unpo’pazzo».

Secondo Guitton gli ateipensanosidebbacrederesoloin ciò che si tocca e si vedecoi sensi o ci viene

comunicato dalle scienzenaturali.Inquestadirezionesipuòaffermareche«l’ateismosemplificaerendevivi.Epercolorochesiaccontentanodivivere, l’ateismo è unasoluzione facile», ma nonbasta a rendere tranquilli gliatei della validità razionaledellapropriascelta.Seinfatti«gli atei fossero sicuri diavere ragione, non sarebberoaggressivi […]:c’è in loro la

paura che l’ateismo siafalso». Chi crede allora deveaffrontare con serenità ilconfronto con l’ateo, perchéla sua fede gli comunicachiaramente che lo stato dicecità del non credente neiconfrontidell’assolutoedellagrazia divina è destinato anon durare: anche lui infatti«èunesserecheè stato fattopervedereepergioirediciòchevede»eprestootardi, in

questa vita o in un’altra,«vedrà in modo più acuto ene ricaverà una sorpresa piùgrande, […] e dirà [delcredente]: “Come avevaragione a credere senzavedere!”».29

2.Cristianesimoeateismo

Indefinitiva la riflessionesull’ateismo in ambito

cristianosièdivisatrachihateso a considerarlo unproblema a cui èindispensabile rispondere echi invece ha preferitointerpretarlo come unasollecitazione a ripensare leproprie convinzioni dicredente di fronte al mondomoderno, tra chi cioè l’haconcepito sotto l’aspettodell’apologetica cristianachiamata a reagire alle

critiche degli atei e chi percontro l’ha assunto comeun’occasionedi purificazionedella propria fede. Non sonoovviamente mancate pure leposizioniintermediedicoloroche l’hanno accolto al tempostessocomeunasfidaecomeun’opportunità dirinnovamento culturale per icredenti. Un aspettoparticolare e originalenell’ermeneutica

novecentesca dell’ateismoall’interno della teologiacristiana è infinerappresentatodallatendenzaaindividuare nel cristianesimostesso una delle principalicause scatenanti dellacrescente diffusione dellanegazione di Dio nell’epocamoderna. In sintesi, sonosostanzialmente tre leposizioniprevalentiinambitocristiano:

1. l’ateismo è una reazionealla dottrina etico-religiosacristiana;2. l’ateismo è il prodottoinvolontario della visione delmondo diffusa dalcristianesimo;3. l’ateismoèlaconseguenzadel declino e della perdita dicentralità della culturacristiana.

Perilprimopuntodivistapossiamo citare il teologo

riformato Jürgen Moltmann,secondo il quale «l’ateismomodernoèunfenomenopost-cristiano. Esso costituiscesostanzialmente una criticaalla religione cristiana e allaChiesa ed è pertanto unadefezione dal cristianesimo.[…] Il teismo astratto e ilprincipio d’autorità che fissagli uomini nella minoritàsono il punto di partenzacostante dell’ateismo post-

cristiano».30La seconda impostazione

tende a individuare nellastessa dottrina cristiana unapremessa inconsapevoledell’ateismo, per cui «il Diosenza mondo della teologiascolasticahalaresponsabilitàmetafisicadiunmondosenzaDio».31 Essa è presente nelgrande teologo dellademitizzazione RudolfBultmann (1884-1976), che

attribuisce l’atteggiamentoateo a un effetto indirettodella Weltanschauung deicristiani, del cambiamento diparadigma nel modo diconcepire la realtà apportatodal cristianesimo, poiché «lafedecristianasdivinizzandoilmondo, lo ha fatto apparirenella sua mera mondanità[Weltlichkeit]». Ilcristianesimo risulta pertanto«un fattore decisivo per la

formazione [Ausbildung]della secolarizzazione delmondo», mentre a sua voltal’ateismo che sfocia nelnichilismoè«la conseguenzadella secolarizzazione delmondo, di cui l’osservazioneobiettivante della natura èsoltanto un fenomenoparticolare».32 Dettoaltrimenti, il cristianesimohacontribuito in manieradecisiva alla costruzione di

una concezione secolarizzatadellarealtà, laqualehaasuavolta prodotto il nichilismoateo: in tal senso, l’ateismosarebbe un effetto indirettodellafedecristiana.

La terzaposizioneè statasostenutainItaliadalfilosofocattolico e studiosodell’esistenzialismo PietroPrini (1915-2008),secondo ilqualel’ateismomodernoèun«male cristiano» e, in quanto

tale, rappresenta il paradossostorico del cristianesimo.Esso infatti sarebbe il fruttoindesiderato e inatteso delprogressivo sgretolarsi dellacultura cristiana sotto i colpidi uno spirito borghese, cheprivilegia il fare e l’averesull’essere. La nietzschiana«morte di Dio» allora sispiegherebbe con il fatto che«la civiltà platonico-cristianadell’Occidente sta

percorrendo l’ultima tappadella sua decadenza», perchésta venendo meno «ilfondamentodi tuttoquello incui essa ha creduto perventicinquesecoli».33

L’assunzione delpresupposto delle «radicicristiane» dell’ateismomoderno ha condotto alcuniautori a pensare che lapresenza degli atei puòsvolgere e ha svolto perfino

una funzione positiva neiconfrontidiun rinnovamentodel modo di credere e dipresentare il messaggioevangelico da parte deicristiani, nonché verso ilsuperamento di certeimmagini di Dio lontane daquelle bibliche. Il teologocattolico Romano Guardini(1885-1968) ha in propositoaddirittura parlato di un«ateismopurificatore»capace

di confutare gli eccessi dirazionalismo teistico edeistico, nonché divalorizzare indirettamentel’idea del Dio personale, delDio vivente della religioneebraico-cristiana. In altreparole, l’ateo senza volerlofavorirebbe l’incontroesistenzialediogni individuoconilveroDio,col«Dio-per-noi» (Cristo) che ci fa donodellafedestessa.Intalmodo

l’ateismo può svolgereindirettamente un ruolo«positivo,anchecomefattorestorico che risveglia unareligiositàottusaesonnolenta[…]epuòportarelequestionivitali a un livellosuperiore»34. Qualcosa disimile insomma a quantopensavailcristianoortodossoFëdor MichailovičDostoevskij(1821-1881),unoscrittore sul quale Romano

Guardinihameditatoalungo.Dostoevskij nei suoi romanziha a più riprese affrontato inprofondità il temadell’ateismo contemporaneo,giungendo a concludere perbocca di un personaggio nelsuo I demoni (lo starecTichon) che«l’ateismopienoè più rispettabiledell’indifferenza mondana»perché più vicino alla fede,mentre«l’indifferentenonha

nessuna fede, fuorché unamala paura, e anche questasolo a tratti, se è un uomosensibile».35

L’ateismo può tradursi inun fattore positivo anche perun altro importante teologodel ’900: il pastoreprotestante tedesco DietrichBonhoeffer(1906-1945).Egliritiene, insieme al fondatoredella teologia dialettica KarlBarth (1886-1968), che la

sfida provenientedell’ateismoservaalcredenteper superare la nozionemetafisica di Dio cometrascendenza, ormai troppodistante dall’effettiva realtàumana e mondana, eabbracciare l’idea del «Dio-per-noi» della Rivelazione.Benché Barth reputasseimpossibile per l’ateo parlaredi Dio, perché l’idea di unente assolutamente

trascendente (das ganzAndere – «il totalmenteAltro»)eundiscorso intornoaessohannoragioned’esseresolo per chi crede nella suaesistenza, consideravatuttavianonsolocorretta,madoverosa la ripulsa di unanozione ideologica ocomunque falsa del divino:«Contro Zeus, il non Dio[…], Prometeo si ribella abuon diritto»36. Alla stessa

maniera,Bonhoefferapprezzal’ateismo che respinge l’ideadel«Diooggetto»tipicadellareligione tradizionale, del«Dio tappabuchi» (Gott alsLückenbüsser) utilizzato perporre rimedio alleimperfezioni della natura ealle debolezze umane, nonpiù comprensibile eaccettabile dall’uomocontemporaneo divenutoadultoesecolarizzato:

È nuovamente evidenteche non dobbiamoattribuireaDioilruoloditappabuchi nei confrontidell’incompletezza dellenostre conoscenze; seinfatti i limiti dellaconoscenzacontinuerannoad allargarsi, il che èoggettivamenteinevitabile,conessiancheDio viene continuamentesospintovia[…].Dionon

deve essere riconosciutosolamente ai limiti dellenostre possibilità, ma alcentrodellavita.37

Il Dio tappabuchiequivale dunque al «Diofazzoletto» da cui ci siattende protezione econsolazione, al «Dio mazzodichiavi»cuil’essereumanosi rivolge per avere unarisposta agli enigmi della

natura e al «Dio portamonete»cheinfondelafacilesicurezzadi cuihaparlato loscrittore francese GeorgesBernanos (1888-1948);infatti, «la verità nonrassicura nessuno: la veritàimpegna!».38

Per comunicarecristianamente con l’umanitàdelnostrosecolo,Bonhoefferritiene sia indispensabileun’interpretazione non

religiosadeiconcettibibliciein una celebre lettera dalcarcere del 16 luglio 1944sembra sposare il cosiddetto«ateismo metodologico»:«Dio inteso come ipotesi dilavoro morale, politica,scientifica, è eliminato,superato;maloèugualmentecome ipotesi di lavorofilosofica e religiosa(Feuerbach!). Rientranell’onestà intellettuale

lasciar cadere questa ipotesidi lavoro […]. E nonpossiamo essere onesti senzariconoscere che dobbiamovivere nel mondo etsi Deusnon daretur. […] Davanti econ Dio viviamo senzaDio»39.Inconclusionel’ateo,negando ilDiometafisico, ciconsente di riscoprire il Dioveroche inGesùCristo si facarneeviveconnoiladebolecondizione umana, fino

all’esperienza estrema dellasofferenza e della morte incroce: «Dio è impotente edebole nel mondo e appuntosolocosìeglicistaalfiancoeciaiuta»40.

SimilmenteaBonhoeffer,il teologo cattolico KarlRahner mette in guardia daldiffusoconcettodiDiointesocome «funzione» ossia comesostituto di qualcosa d’altro,in breve come «tappabuchi».

Se serve a superare questaconcezione fuorviante deldivino, l’ateismo diventaanche per lui unasollecitazione positiva per iteologi cristiani, chiamati aevitare un’interpretazioneteologicachepresentiun’ideadi Dio direttamentefunzionale alla soluzione deibisogniimmediatidegliesseriumani, distorcendo così lasalvezza divina da dono

gratuito a soddisfazioneutilitaristica del singolouomo. Si sviluppa da qui lateoria del cristianesimoanonimo di Rahner, per cuichi è ateo in sensocategoriale, ovverostoricamente dichiarato, puòrisultare un teista (cristiano)in senso trascendentale senzaesserne consapevole.D’altronde nella sua essenzaprofonda «l’uomo è

spirituale, cioè vive la suavita in una continua tensioneverso l’Assoluto, in unaapertura a Dio. È lacondizione che fa esserel’uomo ciò che è e deveessere», vale a dire incammino verso iltrascendente, «lo sappia o noespressamente, lo voglia ono».41

Un altro filosofo eteologo che ha inteso

l’ateismo come stimolopositivo per trovare la veravia all’autentica immagine diDio è Martin MordechaiBuber (1878-1965), uno deiprincipali esponenti delpensiero ebraicocontemporaneo.Autorediuncelebre saggiodel1953sullacrisi del teismo e della fedeintitolato L’eclissi di Dio.Considerazioni sul rapportotra religione e filosofia, egli

si è detto convinto che ilrapporto col divino è quellodi un Io con un «Tuassolutamente originario»perché, come ha sostenutoImmanuelKantinalcunisuoiscritti postumi, «un Dio chenon è persona vivente è unidolo».42 È pertantounicamente «la relazione Io-Tu quella in cui possiamoincontrare Dio poiché di lui,in contrasto con ogni altro

esistente, non possiamoscorgere nessun aspettooggettivo».43 Orbene, inquestoscenariol’ateismopuòcontribuire a mettere indiscussione le false idee diDio, a contrastare delleraffigurazioni del divino cheassomigliano agli idoli, checioè lo rappresentano comeun Esso. Su questa spuriarelazione «Io-Esso», che hasegnato appunto l’eclissi

dell’autentico rapporto «Io-Tu» si concentra l’azionedegli atei contemporanei, iquali acclamando conFriedrich Nietzsche la mortedi Dio, in effetti proclamanola fine solo dei simulacri delvero Dio: «Bisognaannunciare che Dio è morto.Ma con tale annuncio inrealtà nient’altro è detto senon che l’uomo è diventatoincapace di afferrare una

realtà per antonomasiaindipendente da lui e dirapportarsiaessa»44.

Hanno accolto come unvalorepositivoperlateologiacristiana le celebri asserzioninietzschiane «Dio è morto!Dio resta morto!»45 alcuniautori cristiani definiti, aseconda dei casi, «teologidella secolarizzazione»,«teologi radicali», oppureesplicitamente «teologi della

morte di Dio». Si trattasoprattutto di personalitàprovenienti dal mondoanglosassone, alcune dellequali influenzate dalle tesiteologichediBonhoeffer,maanchedalpensierodiBarthedi Bultmann, come adesempioJohnArthurThomasRobinson (1919-1983),William Hamilton (1924-2012), Thomas JonathanJackson Altizer, Gabriel

Vahanian (1927-2012),HarveyCoxePaulvanBuren(1924-1998). Alla lucedell’annuncio della morte diDio, anche per questipensatori l’ateismo puòassumere una valenzapositiva, per cui confermanopure l’opinionebultmannianasecondo la quale ilcristianesimo avrebbecontribuito in manieradecisiva alla

desacralizzazione della realtàmondana. Nella radicalitàdellalororiflessione,lamortedi Dio costituisceun’occasione straordinariaper recuperare la funzioneunicadiGesùCristochesièsmarrita nel corso dellateologia occidentale, perabbandonare l’immaginefuorviante del Dio dellatradizione cristiana negatodagli atei e ritrovare tutti

l’autentico Dio. L’annunciodellamortediDiovadunqueinterpretato in sensoottimistico, perché crea lepremesse di una nuova fasedellafede.ThomasAltizerhaaddirittura scritto un saggioemblematicamente intitolatoIl vangelo dell’ateismocristiano (1966), nel qualel’era dell’ateismo di massaviene concepita come una«buonanovella»: infatti «una

nuova rivelazione sta perirrompere nella nuova epocaequestarivelazionedifferiscedal Nuovo Testamento tantoquanto differisce dalVecchio».46 Si tratta dellaprofezia per cui, come neiVangeli la morte di Cristoprelude alla risurrezione, lamorte di Dio nel mondocontemporaneo preludeall’avvento di quella cheprima Gioacchino da Fiore

(1135-1202) e poi GeorgWilhelm Friedrich Hegel(1770-1831) hannodenominato «terza età delloSpirito».47

Alcuni tra i credentihanno accolto l’annunciodella morte di Dio come un«orrore cosmico», come unevento terribile che «esigelacrime e discorsi funebri»,mentre altri hanno preferitorelegarlo tra le metafore

aforistiche o i paradossiirrealistici di un filosofo(Nietzsche) sull’orlo dellafollia. Ma per il teologoprotestanteWilliamHamiltone per i propugnatori dellateologiaradicale«lamortediDio è realmente avvenuta» erappresenta tutt’altro che unpericolo per i cristiani, anzi«è un evento di grandeliberazione e di gioia; unevento che non ci sottrae

qualcosa, ma che finalmenterendequalcosadipossibile:lafede cristiana». Insommal’affermazione «Dio èmorto!», benchéindubbiamente atea,consentirebbe ai teologicristiani di aprire nuoviorizzonti, di venire«illuminati da una nuovaaurora»,dipredisporreillorocuore «colmo di gratitudine,di stupore,dipresentimenti e

di attesa»48 a una nuovaimpostazione teologico-religiosa che consenta dicontinuare a vivere dacristiani in un mondodisincantatoesecolarizzato.

Va detto però conchiarezza che una cosa èprendere correttamente erealisticamente atto del«clima intellettualmente espiritualmente relativistico dioggi» e un’altra è accettarlo

«senzariserve»49comefannoiteologidellamortediDio.Illoro modo di impostare ildiscorso teologico imponeinfatti al cristiano un caroprezzo che ben difficilmentepuòesseredispostoapagare:quello della relativizzazionedella propria fede, dellariduzione della propriareligione a una credenza nonpiùveraenonpiùfalsadellealtre. In epoche diverse

questo fenomeno ha prodottodelle aberrazioni, come ilsorgeredinuoveestravagantireligioni quale quella della«deaRagione»odell’«Esseresupremo» dei rivoluzionarifrancesi.Peraltroproprioperquesti motivi il sociologocattolicoGianfrancoMorra ègiunto a definire «ateismo diassimilazione» tanto ildeismo illuminista quanto ilpanteismo; difatti il primo

propone l’idea di un dio«astratto»rappresentato–perusareunadefinizionediMaxScheler (1874-1928) – come«ingegnere e macchinista»dell’universo50, mentre ilsecondo mira ad assimilareDioelanatura51.

Da questa letturapolarizzata di cristianesimo eateismo,conlaqualesitendeafarneduepoli(unopositivoel’altronegativo)dellostesso

magnete, ha tratto infinespunto chi ritiene necessarioinstaurare un dialogo tracredenti e non credenti inDio. Tra i primi convintisostenitori del dialogopossiamo ricordare il teologoprotestante Paul Tillich(1886-1965), perché ritenevacheilmessaggiocristianoperrisultare valido per legenerazioni di tutti i tempideve essere mediato, pur

preservando la sua veritàatemporale, con le differentiforme di pensiero e diespressione che sonospecifiche delle diverseepoche; e ciò in modo daessere in grado di realizzareun rapporto aperto anche esoprattuttoconinoncredenti.Per questo nell’epoca dellasecolarizzazione, della crisisemantica del linguaggiometafisico-religioso, si deve

tentare perfino di parlare di«Dio oltre Dio». Tillich peraltro pensava, come ilcattolico Jean Daniélou(1905-1974), che l’ateismosiaintenzionale,checioènonpossaessereconseguenteallanatura o alla realtà effettivadell’uomo,masiaquindiunaconseguenza di un’ideasbagliata o comunque di unostravolgimento della veracredenza cristiana; infatti

«l’ateismo el’anticristianesimo non sonopagani. Sono anticristiani intermini cristiani. Il marchiodella tradizione cristiana nonpuò essere cancellato: è uncharacter indelebilis».52 Vaper altro rimarcato che, dopol’avvento della nuovateologiadiTillichediquelladeiteologidellamortediDio,c’è stato chi ha visto proprioin queste concezioni

teologiche, insieme con lateologia esistenzialista edemitizzante di Bultmann equella dialettica di KarlBarth, una forma dipreoccupante apertura delpensiero cristianoall’ateismo.53

La nuova via del dialogopare costituire l’ultimafrontiera del rapporto tracredentienoncredenti.Enonsipuònegarechetaledialogo

ècertamenteresopiùagevoledal nuovo modo diinterpretarel’ateismodapartedella riflessione cristiana: «Ildialogo cristiano-ateo trovasenza dubbio il suosignificato in relazione a undecisivo riorientamentonell’ambitodellateologiacheloharesopossibile;esso,conla sua sfida salutare, hacostretto il cristianesimo acorreggere alcune posizioni

teologiche e a esercitarel’autocritica».54 Non ci sideve nascondere tuttavia chesi tratta pur sempre di unpercorso difficile el’ottimismocheallafinedeglianni ’60 del XX secolospingeva a ritenere vicini nelloro sentire il credente el’ateo,perché«l’unoe l’altrosono animati dallamedesimasollecitudine per l’uomo»55,deve oggi essere

ridimensionato di fronte alnuovo ateismo militante,provocatorio eparticolarmente aggressivo etranchant nei confronti ditutti i credenti di fedecristiana. Si tratta, comevedremo, di una forma diateismo arroccato dietro ilpreconcetto secondo cui lemoderne conoscenzescientifiche rivelano la totaleirrazionalità e l’infondatezza

diqualsiasicredoreligioso;sitratta soprattutto di un mododi dirsi atei che rifiuta laconcezionebiblicadell’essereumano come immagine diDio sulla base della teoriadarwiniana dell’evoluzionedelle specie per selezionenaturale.

3.Chiesacattolicaeateismo

In età contemporanea laChiesa cattolica, più diqualsiasi altra confessionereligiosa cristiana e noncristiana, ha dedicato grandeattenzione al fenomenodell’ateismo edell’indifferenza religiosa insenso lato. Una primaorganica riflessione dellaChiesa cattolica sull’ateismosi trova nella Costituzionedogmatica Dei Filius del

Concilio Vaticano I (1868-1870),laddovelosiconsiderauna manifestazione deterioredella modernità e il peggiorprodotto della filosofiarazionalistamoderna.Sitrattainfatti di un’impostazione dipensiero capace di bandiredall’intelletto umano lanozione stessa di Dio comeente supremo creatore elegislatore:

Alloranacqueesidiffuseper la Terra ampiamentela dottrina delrazionalismo onaturalismo, la qualeavversando in tutto allacristiana religione, […]con sommo studio sisforzadiottenereche[…]si stabilisca il regno,come dicono, della meraragione o della natura.Abbandonata poi e

rigettata la religionecristiana,rinnegatoilveroDio e il suo Cristo, lamente di molti èfinalmente precipitata nelbaratrodelpanteismo,delmaterialismo,dell’ateismo, cosicché[…] negando la stessanatura razionale e ogninorma di giustizia e direttitudine, arrivano adabbattere i fondamenti

essenziali della societàumana.56

Siamo qui ancoranell’ambito della dottrinatradizionale della Chiesapost-tridentina, che più cheanalizzare e interpretare ilfenomeno dell’ateismo sipreoccupa di condannarlosenzaappello,comedelrestolaDeiFilius tendeafareconpressoché tutte le novità

presenti nel pensieromoderno, sia in materiafilosoficasiaincamposocio-politico.Si scorge invecenelConcilio Vaticano II (1962-1965) e in particolare nellaCostituzione pastoraleGaudium et Spes un modonuovo di approcciare estudiare la realtàdell’ateismocontemporaneo da parte delmagistero ecclesiastico. Giàpapa Paolo VI (Giovanni

Battista Montini, 1897-1978)nell’enciclica EcclesiamSuamdel1964avevadefinitol’ateismo «il fenomeno piùgrave del nostro tempo» e siera detto «fermamenteconvinto che la teoria su cuisifondalanegazionediDioèfondamentalmente errata».Ne aveva poi spiegato leragioni, individuate nellalontananza abissale dalleistanze più profonde della

riflessione umana e nellatendenza a privare l’ordinerazionaledelmondodellesuebasi autentiche e fecondeintroducendo nella vitaumana non una formularisolutrice, ma «un dogmacieco che la degrada, larattrista e indebolisce allaradice ogni sistema socialeche su di esso pretendefondarsi». Perciò l’ateismonon libera l’uomo come

pretende certa filosofiadell’umanesimo ateo, «ma èdrammachetentadispegnerelalucedelDiovivente».Edifronteaitentatividegliateididiffondere le proprieperniciose convinzioniperfino attraverso un«programma di educazioneumanaedicondottapolitica»,laChiesae icredentidevono«resistere con tutte le loroforze a questa irrompente

negazione» contraria alVangelo e quindi allaverità.57

La Gaudium et Spes delVaticanoIIriprendeilfilodeldiscorso di Paolo VIsull’ateismo annoverandolo asua volta «fra le realtà piùgravi del nostro tempo»,quindi meritevole di venire«esaminato con diligenzaancor maggiore» econsideratononsoloneisuoi

aspetti ideologico-filosofici,ma pure nei suoi risvoltistorici e pratici. Per altroquesta costituzione pastoraleponesubitoinevidenzacomel’ateismosiacaratterizzatodaesternazioni pluriformi:«Alcuni atei neganoesplicitamente Dio; altriritengono che l’uomo nonpossa dir niente di lui; altripoi prendono in esame iproblemirelativiaDioconun

metodo tale che questisembra non avere un senso».Il documento conciliare nondimentica inoltre il fatto chenel mondo moderno si fasoprattutto ricorso al saperescientifico per vanificare lanecessità stessa di Dio eall’epistemologia fallibilistaper mettere in discussione lapresenzadicertezzeassolute:«Molti, oltrepassandoindebitamente i confini delle

scienze positive, opretendono di spiegare tuttosolo da questo punto di vistascientifico, oppure alcontrario non ammettono piùnessuna verità oggettiva».Non si trascura infine ilproblema del male comestrumento ateo di «protestaviolenta» e la presenza di uncrescentenumerodiindividuiche «non sembrano sentirealcuna inquietudine

religiosa»58, ovvero di ateipratici.

Il problema dell’ateismonon è pertanto più concepitosolo come una questioneteoretica, per cui si negarazionalmente Dio e sicontrappone a una visionetrascendente della realtà unaconcezione immanentistica omaterialista, ma viene coltopurenelsuoaspettopraticoevitale che concerne

direttamente il rapportodell’uomo con ilsoprannaturale,dalcuirifiutoderiva la negazione di tutti ivalori fondanti dellacondizioneumana.Sitrattainsostanza di un approccioall’analisi teologico-metafisica dell’ateismoparzialmente innovativonellatradizione cattolica, diun’interpretazioneantropologica-assiologica e

per certi versi esistenziale,che conclude affermando ilprevalente carattereumanistico e postulatoriodella non credenza in epocamoderna. Invece «se l’uomoesiste è perché Dio lo hacreato per amore e, peramore, non cessa di darglil’esistenza;el’uomononvivepienamente secondoverità senon riconosce liberamentequell’amore e se non si

abbandona al suoCreatore».59

La Gaudium et Spesinsomma, pur confermandocom’era inevitabile lacondanna dell’ateismo, siinoltra più a fondo nelladiagnosi delle sue diversemanifestazioni (sistematico,pratico, agnostico,umanistico-prometeico ecc.)teseaesaltarelalibertàdiunuomo«fineasestesso,unico

artefice e demiurgo dellapropria storia»60, nellaconsapevolezzachegli atei el’indifferenza religiosarappresentano per la Chiesacontemporanea degliantagonisti molto piùpericolosi di quanto fu ilpaganesimo per la Chiesadelleorigini.LaCostituzionesisoffermainoltresullecausegenerative dell’ateismo, cheancor prima che teoriche o

teoretiche sono storico-esistenziali, sono cioèstrettamente correlate allacondizione esistenziale eculturaledell’uomodelnostrotempo: un eccesso dirazionalismo e di scientismoconduce i singoli individui aritenersi essi stessi un valoreassoluto e a fare di Dioun’illusione o un’ipotesitipica di un’epocaprescientifica.Peraltrononsi

trascuranemmenoilfattochel’ateismo universalmenteinteso deriva da fattorimolteplici e tra questi «vaannoverata anche unareazione critica contro lereligioni», specialmentequella cristiana. Non èdunque ammissibilenascondereenascondersichealla «genesi dell’ateismopossonocontribuirenonpocoi credenti», soprattutto se

hanno mancato di curare lapropria fede, mettendo inmostrai«difettidellapropriavita religiosa, morale esociale»61.

Nel trattare quello cheviene definito «ateismosistematico», dopo averesaminato la sua versioneantropologica eantropocentrica laCostituzioneGaudiumetSpesnon dimentica quella socio-

politica, che punta allaliberazione economico-sociale degli esseri umani eche considera la religione unpericoloso ostacolo daeliminare condeterminazione, com’èappunto accaduto nei regimitotalitari. Alla Chiesacattolicanonèevidentementeconsentito di non assumereverso queste dottrine atee unatteggiamento di ferma

riprovazionecomeinpassato;e tuttavia, rispetto a quantoavvenuto in precedenza, sideve sforzare di più per«scoprire le ragioni dellanegazione di Dio che sinascondononellamentedegliatei»epersuadereancheinoncredenti che «ilriconoscimentodiDiononsioppone in alcun modo alladignità dell’uomo, dato chequesta dignità trova proprio

inDioilsuofondamentoelasuaperfezione».

Nel nuovo spiritoecumenicodelVaticanoII,lacostituzione pastoraleGaudiumetSpesconcludesultema dell’ateismo conun’apertura al dialogo ancheversoinoncredentieconunacondanna di qualsiasidiscriminazioneideologicadaqualunque parte provenga:«La Chiesa, pur respingendo

inmanieraassolutal’ateismo,tuttavia riconoscesinceramente che tutti gliuomini, credenti e noncredenti, devono contribuirealla giusta costruzione diquesto mondo […]. Ciò nonpuòavveniresenzaunlealeeprudente dialogo. Essapertanto deplora ladiscriminazionetracredentienon credenti»62. Tuttaviadopo ilConcilioVaticano II,

contestualmente con iltentativospessonaufragatodiaprire un confrontocostruttivo con gli atei e gliagnostici, è costantementeaumentata nel Magistero lapreoccupazione perl’estendersi di unasecolarizzazione che tendecome minimo a «mettere traparentesi» Dio. Paolo VI,nell’esortazione apostolicaEvangeliiNuntiandidel1975,

ha ad esempio sottolineato ilpericolo insito in «unaconcezione del mondo, nellaquale questo si spiega da sésenza che ci sia bisogno diricorrere a Dio, divenuto intal modo superfluo eingombrante. Un similesecolarismo, per riconoscereil potere dell’uomo, finiscedunque col fare a meno diDio e anche col negarlo». Atale fenomeno fanno seguito

le nuove forme di ateismo«nonpiùastrattoemetafisico,ma pragmatico,programmatico emilitante»63,chetrovaterrenoassai fertile nella modernasocietà consumistica ededonistica.

Nell’ambito magisterialedel post-concilio èintervenuto a più riprese sulproblema dell’ateismo papaGiovanni Paolo II (1920-

2005). Karol Wojtyła si eragià occupato da teologomorale delle questioni postealla coscienza cristiana dallaforte presenza nellamodernità di individui chenegano apertamentel’esistenza di Dio; vi ritornaquindi da ponteficenell’enciclica Dominum etVivificantem del 1986, dovecritica il pensieromaterialistico che ha portato

l’uomo contemporaneo aperderedivistaladimensionedellospirito.Quisisottolineacome «un vero e propriomaterialismo, inteso cometeoria che spiega la realtà eassunto come principio-chiavedell’azionepersonaleesociale, ha carattere ateo»,sebbene tuttavia non simanchi poi correttamente diprecisare «che non si puòparlare dell’ateismo in modo

univoco, né si può ridurloesclusivamente alla filosofiamaterialistica»64. Sui riflessiatei del materialismo e delsocialismo reale GiovanniPaolo II torna nell’enciclicaCentesimus Annus del 1991(pubblicata nella ricorrenzadel centenario della RerumNovarumdipapaLeoneXIII)e qui affronta il problemadell’ateismo moderno qualeriflesso del razionalismo

illuministico,«checoncepiscela realtà umana e sociale inmodo meccanicistico». Vi siafferma con nettezza che «lanegazione di Dio priva lapersona del suo fondamentoe, di conseguenza, induce ariorganizzare l’ordine socialeprescindendo dalla dignità eresponsabilitàdellapersona»,negando così nel contempo«l’intuizione ultima circa lavera grandezza dell’uomo, la

sua trascendenza rispetto almondodellecose»65.

Nella lettera enciclicaFides et Ratio pubblicata nel1998 s’incontra infineun’interessante letturadell’ateismoincontinuitàconla tradizione cattolicaprecedente.Inessa,dopoavernotatocomenonsiaesagerato«affermare che buona partedel pensiero filosoficomoderno si è sviluppato

allontanandosiprogressivamente dallaRivelazionecristiana»enellascienza si sia imposta «unamentalità positivista che […]ha lasciato cadere ognirichiamo alla visionemetafisica e morale», sirimarca maggiormente larelazione tra ateismo enichilismo inteso quale«conseguenza della crisi delrazionalismo». Si mette

inoltre in luce come talefilosofia del nulla, negandoDio, finisca per trasformarsiin «negazione dell’umanitàdell’uomo e della sua stessaidentità».Tuttofacapoinfattial dominante «principio diimmanenza», che se da unlatohaportatoalripudiodellatrascendenza eall’irrazionalismo, dall’altroha reso senza fondamentil’esistenzaumana.66

Guardano alla condizionedell’uomo contemporaneo ealla crisi dei valoriconseguentiallefilosofieateeo agnostiche anche moltedelle altre interpretazioni piùrecenti dell’ateismo espresseda pensatori cristiani e chehanno sicuramenteinfluenzato il magisterocattolico dopo il ConcilioVaticano II. Uno di questipensatori è probabilmente il

già menzionato CharlesTaylor, che ha di recentecontribuito a condurre lariflessione teologica verso lapresad’attodellanecessitàdiconfrontarsi, con altro spiritoe con altri mezzi, con unasocietà moderna che haradicalmente cambiato ilmodo di vivere e soprattuttodi concepire se stessi degliesseri umani. Il filosofocanadese si preoccupa infatti

che«nellanostraChiesacisiasempre il pericolo diricondurre a un numerolimitato la diversità dellevocazioni, dei modi divivere»67, mentre lasecolarizzazione imperantetrasforma perfino gli spazipubblici, che risultano«svuotatidiDioodiqualsiasiriferimento alla realtàultima», muta «le norme e iprincipi che seguiamo, le

deliberazioni in cui ciimpegniamo allorchéoperiamo all’interno dellediverse sfere di attività(economica, politica,culturale, educativa,professionale, ricreativa)»68,che in genere non fanno piùalcunriferimentoaDiooallecredenze religiose, bensì allarazionalità del singolocontesto, se non all’arbitriodella singola coscienza. Per

rispondere al meglio dacristiani a questostravolgimento secolareoccorre invece concepire laChiesa in modo aperto eplurale, ossia come «unvivaio di iniziative»69 che fairraggiarel’agapenelmondo.

4.Vecchienuoviateismi

Sebbene per qualcuno

l’ateismo risulti«estremamente facile dadefinire perché èsemplicemente la credenzache non esistano Dio o glidei»70, la sua nozionepresenta in realtà comesappiamounacertavarietàdisfaccettature e sfumature chevanno dalla distinzionepropostadalteologocattolicoMarcel Neusch tra «ateismorelativo» (si limita a negare

unacertaideaoimmaginedeldivino, per esempio quellateista) e «ateismo assoluto»(negaradicalmentel’esistenzadi qualsiasi divinità)71, aquella ormai classica di«ateismopratico» e «ateismoteorico o teoretico». Noipensiamo che l’ateismorelativooinsensodebolenonsia necessariamente unaforma autentica di ateismo,perché anche il deista rifiuta

le divinità teistiche o dellereligioni positive, ma nellostesso tempo affermal’esistenza di un Dio dellaragione principio o causa delmondo.L’ateismopraticoèasua volta, come si è visto,sicuramentemeritevole di unapprofondimento psicologicoe sociologico, ma si prestameno a essere oggetto diun’analisi speculativa, comesi può effettuare invece per

l’ateismo teorico o teoretico.D’altrondec’èstatochitraglistessi esponenti dell’ateismoha messo apertamente indiscussione il fatto che i noncredentipraticiogliindividuiindifferenti al problemateologico siano daconsiderarsi veri atei e haconcluso che «una vitavissuta semplicemente senzaDio non basta per definirequalcuno ateo».72

Considerato tutto questo,d’ora in poi ci interesseremoin maniera pressochéesclusiva degli ateiintellettualmenteconsapevoli,ossia quelli che contro Dioapportano tesi o ragioniesplicite; in breve cioccuperemo del solo ateismoteoretico.

Gli atei teoricinormalmente neganol’esistenza di un Ente

supremo o ne respingonol’ipotesi seguendo unprocesso argomentativo chepretendediessererazionaleequindi logico, rispetto alquale deve pertanto risultaresempre possibile un esamecritico e confutatorio. Disolito il punto di partenzadelle loro argomentazioni ècostituito da un tentativo difalsificare le provetradizionali dell’esistenza di

Dio o comunque didimostrarle inconcludenti,tanto che in questo casopossiamoparlare di «ateismocritico»; tuttavia come alsolito non mancano anchepercorsidiversiedeterodossi.Addentrandoci nelle intricateviedell’ateismoteoretico,nelsostenere l’impossibilitàdell’esistenza di Dioincontreremo da parte degliatei un impegno e una

passioneparagonabiliaquelledi molti credenti in difesadella loro fede. Sicuramentealcuni atei teorici sono statiuominidigrandeingegnochedopoaverragionatointornoainterrogativi metafisici edesistenziali, dopo avermentalmente indagato lanozione di Dio, non hannoconseguito una rispostapositiva e l’hanno pertantorespinta come falsa o

infondata. Il loro mottopotrebbe essere questo:Quaesivi et non inveni: deusnonest!(Hocercatoenonhotrovato:Diononesiste!).73

Prima di procedere oltre,dobbiamo però tentare unaclassificazione almeno dimassima delle diversetipologie di ateismo; epurtroppo l’impresa ètutt’altro che semplice,almenoagiudicaredaquanto

èstatoprodottodacolorochenel corso dei secoli ci hannoprovato.Andandoindietroneltempo, il primo grandefilosofochehaformulatounadistinzione tra i possibilimodi di essere ateo è statoPlatone nel dialogo intitolatoLeggi, dove si pone laquestione della necessità cheil buon legislatore sappiadimostrare e difenderel’esistenza degli dei. In esso

si individuano almeno treformediateismo:– la negazione dell’esistenzadi qualsiasi divinità («Alcunidei nostri non credono pernullaneglidei»);– il rifiuto della divinaprovvidenza («Essi [gli dei],pur esistendo, non sioccupano delle faccendeumane»);– lo scetticismo radicalerispetto al fatto cheglidei si

mostrino sensibili allepratiche di culto («Puroccupandosene [del genereumano], non sono facilmenteplacabili con sacrifici epreghiere»).74

Parequideltuttoesplicitoche la forma di ateismocorrispondente alla nostraodiernaconcezioneèsoltantola prima (il diniegodell’esistenza di qualsivogliadivinità), la quale implica

pure la negazione di unprincipiorazionaleordinatoredelle cose perseguito tantodalla filosofia platonicaquanto da quella aristotelica.Lealtredueformeinfattinonnegano espressamente lapresenza degli dei, ma sioppongono a specifichecredenze sulla loronatura (laprovvidenzaelamisericordiaa seguito di atti didevozione),delcuivaloreper

altrohannodiscussoetuttoradiscutono tanti teologi efilosofi credenti e noncredenti.

Saltando invece all’epocadell’Illuminismo ciimbattiamo inDenisDiderot,il quale pensò bene disuddividere gli atei in tregruppi:– atei autentici (les vraisathées);– atei scettici (les athées

sceptiques);–ateipratici(lesfanfaronsduparti).75

Iveriateisonocolorochechiaramente e apertamenteaffermanocheDiononesiste,mentre gli atei scetticiricordanogliagnosticiperchéritengono di non potersiesprimere sull’argomento.Quelli che noi oggiconsideriamoateipraticisonoinveceapostrofatidalfilosofo

illuministacome«fanfaroni»,essendo coloro che contanosulfattocheDiononcisiainquanto si comportano giàcome se non esistesse.Quando effettua questaclassificazione Diderot èancora nella fase deista(successivamente approderàall’ateismoprobabilisticoealmaterialismoevoluzionistico), pertantocommisera gli atei autentici

per la loro esistenza priva diqualsiasi consolazione e«prega Dio» per gli ateiscettici «privi di lumi(manquentdelumières)»,chemagaripensanodirisolverelaquestione ricorrendo allasorte ovvero al pari e aldispari. Inutile dire, infine,cheeglidisprezza fortementegli atei pratici o fanfaroni,perchésonofalsipureconsestessi e presuntuosi oltre

misura.Venendo rapidamente ai

giorni nostri, rintracciamoqualcosa di simile alladistinzione platonica nelfilosofoWilhelmWeischedele nella sua dicotomia tra«ateismo moderato» (dettotalvolta «ateismo debole») e«ateismo estremo» (dettoanche «ateismo forte»): ilprimosilimitaarespingereladottrina cristiana su Dio, in

particolare l’idea di un Dio-persona che per essenza èprovvidenteemisericordioso;ilsecondonegaogniesseredicarattere divino e quindirifiuta l’esistenza di Dio aprescindere dallaspecificazione dei suoiattributi. Come tuttaviariconosce lo stesso pensatoretedesco, per l’ateismomoderato o debole èinappropriato impiegare il

concetto di ateismo: èsoltanto «unopseudoateismo» perché puòincludere in sé tanto ipanteisti alla Spinoza ol’ateismo anomalo di Fichte(1762-1814)76,quantoideistiallaVoltaire che sicuramentenon sono atei. Weischedelritiene che tutti coloro checome lui intendono porsinellaposizionediun«onestofilosofare che si impegni a

evitareognipresupposto»nonpossono «neppure partiredall’idea di un Diopersonificato» e quindi sidevono mettere inizialmenteproprio «dal punto di vistadell’ateismo moderato»77; ilcherammentamoltolaformadiateismodell’etsiDeusnondaretur, ossia«metodologico» o«metodico», talvolta peròassai simile all’ateismo

praticooall’agnosticismo.78Questa ambiguità è ancor

più evidente nel filosofoinglese Antony Flew (1923-2010), passato in variemaniere all’onore dellecronache per essere statoprimaateomilitanteepoiperessersi ricreduto diventandonel2005ufficialmentedeista.Anch’egli ha infatti distintotra un «ateismo forte» o«positivo», che nega

apertamente l’esistenza diqualsiasi divinità ovverol’idea diDio in senso lato, eun «ateismo debole» o«ateismonegativo»,standoalqualenonsipuònéverificarené falsificare qualsiasiaffermazionesull’esistenzadiDio e in particolare non sipuòdimostrarelapresenzadiuna specifica divinità, comead esempio il Dio cristiano.Quest’ultima forma di

ateismo viene detto«negativo»nelsensodi«nonaffermativo»,poichésilimitaanonammettereperverounconcetto altrui diDio ovveronello specifico quello deiteisti (ebrei, cristiani,musulmani). È pertantodenominato da alcuni «a-teismo»: qui l’alfa privativosignifica che l’ateo non puòasserire o accettare le tesiteiste, in quanto le reputa

falseoinfondate.79Vatuttaviaribaditochese

è ammissibile l’ateismodellaversione positiva o forte,meno probabile è l’ateismodella versione negativa odebole, perché come si èdetto vi potrebbero rientraretranquillamente tanto gliagnostici quanto i deisti e ipanteisti.80DelrestolostessoFlew nel Dictionary ofPhilosophy (1979) da lui

curato, pur riportando la tesisecondo la quale «l’ateismoesiste solo in relazione aunacerta concezione delladivinità», riconosce che«l’etichetta “ateo” ècomunemente […] applicatasenza specificazioni solo achi nega Dio in tutti i sensiammessidagliusicorrentideltermine»81, quindiesclusivamente agli atei insenso forte o positivo. Per

completezza rammentiamoche la distinzione tra«ateismo negativo» e«ateismo positivo» è statautilizzata con altri significaticoncettuali e probabilmenteperlaprimavoltadalteologoprotestante DietrichBonhoeffer. Costuiconsiderava«senzasperanza»il modo negativo di essereateo,perchésirinchiudenellapura negazione di Dio e

sfocia nel nichilismo;mentreriteneva «pieno di speranza»l’ateismo positivo, in quantopuò contribuire a purificareuna nozione troppostrumentale del divino (il giàmenzionato «Diotappabuchi»).82

Antony Flew da ateo èstato pure un sostenitore delcosiddetto «ateismostratoniano» (da Stratone diLampsaco, filosofo e

naturalista peripatetico attivonel IV-III sec. a.C., forse diorientamento empirista), cheafferma che l’onere dellaprovacircal’esistenzadiDioe in particolare di unaspecifica divinità ricadetotalmente sul teista: «Toccaa lui introdurrequelconcettodiDioche ritenganecessarioe toccaa lui trovare laprovaperdimostrarecheilconcettoda lui scelto ha una

corrispondenza nellarealtà»83. Questo stessoargomento da brocardogiuridico è rintracciabile inuno straordinario scritto delpoeta panteista PercyByssheShelley (1792-1822)intitolato La necessitàdell’ateismo (1811), in cuilapidariamente si dichiara:«Dio è un’ipotesi e, cometale, abbisogna di prove:l’onus probandi spetta al

teista»; infatti «sir IsaacNewton dice “Hypothesesnon fingo” […] e ilnewtoniano convinto ènecessariamenteateo»84,cioènon formula congetture disortasuldivino.

Se il richiamo a IsaacNewton avviene in parte asproposito dal momento cheil grande scienziato ingleseera in realtà un ferventecredente, la tesi stratoniana è

tuttavia conseguente alconcetto di ateismo negativocosì come l’abbiamodelineato, perché se l’ateo silimitaanonasserirealcunchédi quanto sostiene il teista,ricade allora solo suquest’ultimo l’obbligo diprovareciòcheafferma,ossial’esistenza di un Diopersonale.Questaposizioneèstata denominata da Flew«presunzione di ateismo»,

perchévisipostulache«unadiscussione sull’esistenza diDio debba iniziare colsupporre [presumere]l’ateismo». Tuttavia, la suaforza confutatoria neiconfronti del teismo è stataridimensionata dallo stessofilosofo inglese dopo la suaconversionealdeismocon leseguentichiareparole:

Dovrei puntualizzare ora

che, diversamente dallemie altre tesiantiteologiche,l’argomentazioneafavoredella presunzione diateismo può essereaccettata dai teisti inmodo coerente. Date leragioni appropriate percredere in unDio, i teistinon commettono alcunpeccato filosofico nelcredervi! L’ipotesi di

ateismo è al meglio unpunto di partenzametodologico, non unaconclusioneontologica.85

Dell’ateismometodologico ha trattatoCornelio Fabro, acutoindagatore dell’ateismocontemporaneo. Nel giàmenzionato saggio intitolatoIntroduzione all’ateismomoderno effettua infatti

un’analisi penetrante dellediversemodalitàdiessereateinellasocietàcontemporaneaepervieneall’individuazionediquattrocategoriediateismo:–fenomenologico;–psicologico;–pedagogicoodidattico;–metodologico.

Per le prime tre tipologieindicate da Fabro ricordiamoin breve che nell’ateismofenomenologico la coscienza

del singolo individuonel suoprimo manifestarsi «sipresenta vuota di ognicontenuto» e tende quindi adautofondarsi senza ricorrerealla nozione di Dio.Nell’ateismo psicologicoDioviene invece accantonato,perché nella suaincommensurabilità esorbitaqualsiasi nostra possibilità diintuizione mentale; mentrecon l’ateismo pedagogico o

didattico viene escluso che«l’esperienza, la conoscenzae il sentimento dell’uomo»possano incontraredirettamente Dio, bensìsoltanto entità finite,mondane, che sono pure ilsolo contesto della vitaimmediata.

È appunto alla quartatipologia dell’ateismometodologico, inteso comeesclusione dell’ipotesi diDio

nella spiegazione delmondo,che Fabro dedica maggioreattenzioneperchéesercitaunaforte influenza sul saperescientifico che domina lamodernità.Con questa formadi ateismo un metodo validosoltanto nell’ambito dellescienzenaturali e in generaledello studio degli oggettiempirici vieneillegittimamente trasformatoin un’affermazione di portata

ontologica ed esistenziale,quindi tanto extra-metodologica quanto extra-scientifica. Occorre invecedistinguere lecompetenzee imetodi della scienza daiproblemi ontologici e disenso; questi ultimi se noninvestono il metodoscientifico, interessanotuttavia l’individuo umano inquanto perennementecoinvolto in un search for

meaning, in una ricerca ebisogno di significato per lapropria esistenza. «Se lascienza come tale – osservacorrettamenteCornelioFabro– non trova Dio nell’oggettoproprio della sua indagine,ciò non esclude […] che loscienziato stesso come uomosi ponga il problema di Dio,ossia il problemadel sensoefondamentoultimodelleleggiedeifenomeninaturali»86.

Anche Étienne Gilsoncontesta qualsiasi valore aquello che chiama «ateismoscientifico» e che in effetticorrisponde per luiall’ateismo metodologico,perché lo reputa unatteggiamento personale dialcuni soggetti che ritengonoimportanti soltanto lequestioni che possono esseretrattate con metodoscientifico, mentre

respingono come insensate omitologiche tutte le credenzedi tipo teologico e religioso.In realtà secondoGilson «glispiritireligiosisonoabituatiapensare che le rivoluzioniscientifichenonriguardanoinnulla la verità religiosa» equindi che i risultati dellascienzanoncompromettonoenonconfutanoinalcunmodolafedereligiosaolacredenzainDio:

Che il mondo dellacreazione sia quello diTolomeo, di Galileo, diCartesio, di Newton, diDarwin, di Einstein, inattesa di divenire quellodi qualche altro, lacoscienzareligiosanonhada preoccuparsene. Fattoesperto di tante crisi, ilcredenteanchenonmoltoistruito si è abituatoall’ideachel’universoche

Dio ha creato è quellodella scienza, almenonella misura in cuiquest’ultimo è anchel’universoreale.87

AncorprimadiFabroediGilson, ha proposto una suapersonale distinzione degliateismi Jacques Maritain.Rispettoall’ateismoteoretico,ovvero al «contenuto logicodelle diverse filosofie atee»,

Maritain distinguesostanzialmente due forme:un «ateismo negativo» e un«ateismo positivo».L’ateismo negativo consistein un rifiuto puro e semplicedell’idea di Dio, «sostituitameramentedaunvuoto»,edètipico di pensatori come ilibertini delXVII secolo o ilmarcheseDeSade,nonfossealtroperchédalpuntodivistaetico consente all’individuo

unalibertàtotale,glipermette«di fare tutto ciò che piace».L’ateismo positivo siconcretizzapercontro inunavera e propria «lotta attivacontro tutto ciò che richiamaDio» ed è quindi prima ditutto un «anti-teismo»: essosostituisce la fede in un entedivinoconquellainun’utopiaterrena o in un’ideologiapolitica, come ad esempiocapita nell’ateismo tragico di

Friedrich Nietzsche oppurenell’ateismo esistenzialista diJean-Paul Sartre o di AlbertCamus o ancora nell’ateismorivoluzionariomarxista.88

Dei termini «positivo» e«negativo» per distinguere ledifferenti maniere di essereateo si avvale a suo modol’altro grande interpreteitaliano dell’ateismo:Augusto Del Noce. A lui sidevono però altre numerose

distinzioni e puntualizzazioniall’internodellagalassiadegliateismi contemporanei, dellequali la più conosciuta è laclassificazione fondata su trearchetipi:– ateismo negativo onichilistico;–ateismopositivoopolitico;– ateismo tragico o «folliafilosofica».

L’ateismo negativo onichilistico è anche detto da

Del Noce «notturno» e haquale suo esponenteesemplare il filosofo tedescoArthur Schopenhauer, con lasua filosofia pessimistica etalvolta definita in modoapparentementecontraddittorio «ateismoreligioso». Viene consideratoinvece «diurno» l’ateismopositivo o politico, che hacome suoi campioniesemplari gli illuministi alla

Denis Diderot o l’umanismodi Ludwig Feuerbach.L’ateismo tragico, ovvero«quella particolare “folliafilosofica” inaccessibile aglipsichiatri», è la forma piùrara poiché in tutta la storiaumana sarebbe rintracciabilesolo in due figure di atei:l’insuperabile FriedrichNietzsche e il solitariofilosofo francese Joseph-Louis-Jules Lequier (1814-

1862).89Di ateismo politico ha

parlato pure il teologocontemporaneo Hans Küng,al quale si deve una doppiaclassificazionedegliateismi:– umanistico, politico escientifico;– antropologico, politico epsicoanalitico.

La prima distinzione siriferisceaitretipididomandechefinisceperporsichideve

decideretralafedeinDioeilsuo rifiuto; precisamente:domande della morale perl’ateismo umanistico,domande della politica perl’ateismo politico e domandedella scienza per l’ateismoscientifico. La secondaclassificazione rimanda allefigure di alcuni rilevantipensatori atei dell’etàcontemporanea, ovvero:Ludwig Feuerbach per

l’ateismo antropologico,KarlMarxper l’ateismopoliticoeSigmundFreud per l’ateismopsicoanalitico. Singolare èpoi il fatto che Küngconsideri il nichilismo diNietzsche come unaconseguenza dell’ateismopiuttosto che come unamaniera peculiare di essereateo.90

Di recente leinterpretazioni del nuovo

ateismo hanno fatto ancoraricorso alla distinzione tra«ateismo negativo» e«ateismo positivo» perindividuarenellaprimaformail modo di essere atei tipicodel passato e nella secondal’atteggiamento dell’ateoteoricodelXXsecolo.Primadel ’900 l’ateismo sarebberisultatonegativointremodi:«In primo luogo definiva lasuavisionedelmondopiùnei

termini di ciò che non era,cheneiterminidiciòcheera[…]; in secondo luogo l’ateospessoguardavaasestessoinmodo negativo […]; in terzoluogo difendeva la propriaposizionenegativamente,cioèattaccando la religione». Ilcambiamento operato dainuovi atei consisterebbeinvece nello «sviluppare epresentare le loro visioni delmondo in positivo»91; e ciò

avrebbe prodotto quello cheviene definito «secolarismo»,qui di fatto concepito comesinonimo di naturalismo.Questa è tuttaviaun’interpretazione discutibilesia perché in passato nonsono mancati gli atei chehannosostenutoinpositivolaloro concezione di un ordinecosmicosenzaDio,siaperchéidentificare secolarismo enaturalismo fino a renderli

terminisinonimicièscorrettotanto storicamente quantoteoricamente.

Di altri studiosi italianiche hanno riflettutosull’ateismo meritano infinedi essere almeno citate leclassificazioni di NicolaAbbagnano (materialistico,scettico, panteistico,pessimisticoeumanistico),diGianfranco Morra(scientifico, postulatorio,

della sofferenza; oppureassimilatorio, dissolutorio, disostituzione) e BattistaMondin (antropologico,scientifico, socio-politico,semantico, utopico, teologicoe nichilistico).92 Influenzatadal pensiero di Rosmini e diMichele Federico Sciacca(1908-1975), Anna MariaTripodi preferisce infineparlare di tre «vieall’ateismo”: la via

dell’oscuramentodellaverità;la via della reificazioneantropologicaematerialistica;la via fattizia delpragmatismo.93

5.Metamorfosidell’ateo

Da questo sinteticoexcursus su alcuneclassificazioni proposte perl’ateismo,dobbiamoprendere

atto dell’obiettiva difficoltà acui va incontro qualsiasitentativo di catalogare idiversi modi di essere ateo.Reputiamo comunqueopportuno per una miglioreesposizione criticadell’ateismo procedere sullabase di una classificazionequantomenoorientativa,ossiada assumere quale strumentoipotetico di analisi di unfenomeno assai complesso e

in continua evoluzione. Vaaltresì ribadito in premessachepernoi l’ateoècoluiche– secondo le parole delfilosofo inglese ThomasHobbes (1588-1679)94 –«directe negaverit Deumesse» (avrà direttamentenegato l’esistenza di Dio); epertanto confermiamo di nonincludere qui tra gli atei ipanteisti e gli agnostici.L’ateismo autentico si

caratterizza allora non tantoperilrifiutodiunacertaideatradizionale di Dio o diopporsi a una determinataconfessione religiosa, quantoper la negazione esplicita diqualsiasiformadidivinità.

In tale ottica,l’agnosticismosottoilprofiloteorico non rappresentaun’aperta negazionedell’esistenza diDio,ma piùsemplicemente una

sospensione del giudiziosull’argomento (scetticismometodico) oppure unademarcazione dei limiti dellaconoscenza umana tale daimpedirci tanto di provarlaquanto di confutarla(kantismo). In breve, di Dio«non solo non possiamo direcos’è, ma siamo parimentiincapacididirechecosanonè».95 Quanto al panteismo,reputiamo sia in generale

sbagliatofarlocoincidereconl’ateismo o considerarlo unasuaformadissimulata,perchéin quasi tutte le suemanifestazioni storiche ildivino assume in essoun’identità diversa eautonoma dal mondoconcepito in senso naturale.Volendoportaresoloqualcheesempio, per gli stoici Diopervadesìtuttoilcosmoedèimmanente in tutte le cose,

marimanecomunquedistintoquale principio attivo eprovvidente. Questamedesima distinzione diprincipio si ritrova in altriillustri panteisti acosmisticiquale ad esempio Hegelreputava essere BaruchSpinoza, perché nel suosistema filosofico «il mondoviene determinato come unsemplice fenomeno [di Dio],a cui non spetta realtà

effettiva»96; e pressoché lastessa cosa possiamoaffermare di Plotino. Puòinvece dirsi controversa ladefinizione della filosofia diGiordanoBruno(1548-1600),dovesiincontraunpanteismonaturalistico che parrebbetendere a divinizzare lanatura. Cionondimeno, incerte sue espressioni ilfilosofo nolano sembradistinguerechiaramenteDioe

il cosmo, come nel passoseguente:«IodicoDio“tuttoinfinito”,perchédaséescludeogni termine, et ogni suoattributo è uno et infinito; edico Dio “totalmenteinfinito”,perchétuttoluièintutto ilmondo, e in ciascunasua parte infinitamente etotalmente; al contrariodell’infinità dell’universo, laquale è totalmente in tutto, enon in queste parti […] che

noipossiamocomprendere inquello».97Soltantoqualora sireputassero atei tutti colorochenegano lapresenzadiunDio personale come quelloebraico-cristiano oppure didivinità antropomorfe comegli dei pagani o teriomorfe ezoomorfecomequelleegizie,si potrebbe includere tra gliateismi anche il panteismo;ma in questi casi siamopiuttostoinpresenzadiforme

di anti-teismo e non diateismo, almeno secondol’estensione concettuale concuil’abbiamodefinito.Nonèpertanto condivisibile unaposizione come quella delneopositivista Ernest Nagel(1901-1985), che col termine«ateismo» intendeva «unacritica e un rifiuto delle piùimportanti affermazioni ditutte le varietà di teismo»98,perché in questo modo

andrebberoinclusi tragliateipure i deisti che invece ateinonsono.

Lesvariateinterpretazionidell’ateismo in precedenzaesaminate hanno messo inlucecome l’individuoumanopossa diventare ateo a causadi esperienze personali o diconcezioni delmondo che loportano a rifiutare Dio perindifferenza verso un sensotrascendente della propria

esistenza,perunaesigenzadilibertà assoluta, pertracotanza o sovrastima dellapropria condizione, per loscandalo della sofferenzainnocente in natura, per lapresenzadell’ingiustiziaedelmale morale. Sotto il profilostrettamente teoretico, nellediverse connotazionidell’ateismo ricorronoessenzialmente tre critichecontro l’esistenza di Dio:

l’indimostrabilità,l’impossibilità, el’inopportunità.

Nel primo caso si poneuna questione gnoseologica:la presenza di Dio non puòessere conseguita per viadimostrativa e, a differenzadegli agnostici, si ritiene dipossederesufficientielementioggettivi ingradodispiegarein altro modo l’esistenza delmondo.Nella seconda critica

si fa ricorso adargomentazioni logiche: ilconcetto di Dio è in sécontraddittorio (come nelcaso del paradossodell’onnipotenza)99 o incontraddizioneconalcunidatidi fatto quali quellodell’inconciliabilitàdell’onniscienzaconlalibertàumana e della bontà assolutacon la sofferenza degliinnocenti. La terza critica

infine è di tipo etico-antropologico:larealtàdiDioè inopportuna perchécontrasta nell’aspetto praticocon la possibilità dell’uomodi essere libero (se esistesseun Essere onnipotente eonnisciente, gli uominisarebbero suoi burattini) econ la presenza delmale nelmondo.

Preso atto di queste treargomentazioni critiche, per

classificare i differentiateismi occorre tuttaviaassumere un criterio piùampio, che tenga conto deifondamenti razionali da cuiesplicitamente procedono letesi principali di chi negaconsapevolmente l’esistenzadi Dio. Essi sono per noi iseguenti:– la specificità della naturaumana;–ilcontestopolitico-sociale;

– la scienza e la culturamoderna;– il problema del male edell’iniquità.

Insostanzavièstatoevièchitrovaiproprimotivipernon credere in Dio nellaspecificità della condizionedell’uomorispettoaquelladitutti gli altri viventi; inparticolare–perusareancorale parole del filosofo tedescoMax Scheler – nella sua

«posizionenelcosmo»,chelorende «un problema per sestesso»100,maneesaltaanchela libertà e la centralitàontologica. Vi sono poicoloro che si dicono ateipartendodall’aspettopolitico-sociologico, ovveroconcentrando l’attenzionesull’essere umano in quanto«animalepolitico», inquantosoggetto che vive e opera inuna comunità nella quale

l’idea dell’esistenza di Dio edi un’istituzione religiosahannoinevitabiliriflessisugliequilibri politici esull’organizzazione delpotere. Dall’800 in poi, masoprattutto a partire dallaseconda metà del ’900 èinoltre progressivamentecresciuto fino a diventarepredominante ilnumerodellepersone che fondano ilproprio ateismo sui risultati

della scienza moderna, sulfatto cioè che le conoscenzescientifiche renderebberosuperflua l’ipotesi Dio perspiegarelarealtàdelmondoesmentirebbero inoltrepalesemente i contenuti dellesingole credenze religiose, inparticolar modo quellesull’esistenza dell’anima odellospirito,sullapresenzadiuna vita oltre la morte, sullacreazione divina

dell’universo e della specieumana, sui miracoli e sulsoprannaturale. In tal senso,può essere considerata ateabuonapartedellaculturaoggidominante in quantotendenzialmente mondana,naturalistica e influenzatadallo strapotere dellatecnologia.

Riassumendo,oggisipuòessere atei in nome dellalibertà e della dignità

dell’uomo, della giustiziapolitica e della conoscenzascientifica. In tutte questemetamorfosi dell’ateo ètrasversalmente presente unaltro argomento su cui sifonda il rifiuto di un entedivino positivo o buono: lapresenza del male,dell’ingiustizia, dellasofferenzaumanainnocenteepertalunidellastessacrudeltàpresente nell’ordine naturale.

Quello dell’iniquità del maleodeldoloreincolpevoleèdelresto l’argomento al tempostesso più universale e piùforteasostegnodell’ateismo;talmente forte darappresentare da sempre unproblemaanchepericredentipiùrisoluti.

Con queste premesse èpossibile individuare almenoquattrotipologieprevalentidiateismoteoretico:

–antropologico,–socio-politico,–scientistaoscientifico,–antiteodicetico.

L’ateismo antropologicosi basa sulla peculiarestrutturadellanaturaumanaedell’esistenza degli individuidella nostra specie,interpretandola comecontrariao incompatibile conla presenza della nozionestessa di Dio della cultura

occidentale.Neisuoisviluppipiùestremi,noncisilimitaanegare teoreticamentel’esistenza di Dio, ma ci sicontrapporrà radicalmenteall’idea stessa del divino. Inquesta categoria va pertantoincluso anche il cosiddetto«ateismonichilistico».

L’ateismo socio-politicovede inDio e nella religionedei prodotti della società esoprattuttodelpoterepolitico,

degli strumenti concettuali eculturali atti a opprimere esfruttare il popolo rispetto aiquali, se si vuole conservarela propria libertà e dignità,non si può non esprimere undrasticorifiuto.FormetipichediquestomododinegareDiosono le ideologieottocentesche enovecenteschedell’anarchismo e delmarxismo nelle sue diverse

espressioni (leninismo,stalinismo, maoismo ecc.),per altro anticipate da alcunipensatori illuministi e pre-illuministi.

L’ateismo scientista oscientificosibasasuirisultaticonseguitidalla scienzae sulvalore pressoché esclusivodel metodo scientifico qualeforma di conoscenza o didimostrazionedellaverità.Leconoscenze e le metodologie

scientifiche moderne sonocosì assunte come i postulatiin grado di rendere nonsoltanto superflua, ma anchefalsa l’ipotesiDio.L’ateismoscientifico di cui parliamonon va confuso con quellopropagandato nei regimicomunisti del passato, inparticolare dell’ex UnioneSovieticanellaqualesieranoaddirittura istituite dellecattedre universitarie per

insegnarlo: quest’ultimorisultava infatti fondato piùsul materialismo dialetticomarxista-leninista che sulricorso alle moderneconoscenze scientifiche.Nell’ateismo scientistafaremo rientrare anche ilcosiddetto «ateismosemantico»,professatodachiritiene qualsiasi discorso suDio o sul soprannaturale deltutto privo di significato; e

ciò a partire da concettiteologico-filosofici quali«essere necessario», «causaprima incausata», «motoreimmobile», «anima»,«spirito»eviadicendo.

L’ateismo antiteodicetico,infine, è quello riconducibilealla presenza del male nelmondo e in particolare deldolore innocente edell’iniquità, cherenderebberoassurdalastessa

idea di un Dio buono. Iltermine«teodicea»derivadalgrecoϑεóςeδίκη(giustiziaogiustificazione o difesa),quindi può venire intesocome «giustizia (o difesa) diDio», edè statoper laprimavolta utilizzato dal filosofotedesco Gottfried WilhelmLeibnizperintitolareunasuafamosa opera teologico-filosofica: Saggi di teodiceasulla bontà diDio, la libertà

dell’uomo e l’origine delmale (1710).DopoLeibniz ilvocabolo«teodicea»hafinitoper diventare sinonimo diteologia naturale ed è ancoraoggiusatocontalesignificatodaalcunistudiosiperindicarel’indagine razionale su Dio,cheovviamenteincludeancheil problema delmale. Standoagliateidell’antiteodicea,perun qualsiasi essere divinoconcepito come giusto e

addiritturacomequintessenzadel bene non vale nessunagiustificazionealcospettodelmale, non è possibile trovarenessun argomentoragionevole a sua difesa o asua discolpa, se non la suanonesistenza.

Come si può facilmenterilevare, tre di queste formedi ateismo hannoprevalentemente per oggettol’uomo e precisamente:

l’antropologica, la socio-politico e l’antiteodicetica.Risulterà pertanto normaletrovarsi di fronte a dellesovrapposizioni ocommistioni tra questi tremodi di essere atei; e pergiunta molto spesso nellarealtà ci si imbatte in ateiteorici che fannocontestualmentericorsoatuttigli argomenti delle quattrotipologie di ateismo sopra

indicate. Inoltre, daqualunque parte ci si volti eda qualsiasi ottica si affrontiilproblema,emergeràsempreche l’ateismo teoretico sicaratterizza principalmenteper essere una filosofiadell’immanenza, un tipo diumanesimo volto aemancipare l’essere umanodall’idea stessa dellatrascendenza o dell’Assoluto,un’antropologia che vuole

fondarsi senza Dio e che fadella scienza uno dei pilastridell’autonomia del saperedalla metafisica e dallareligione.1 Vedi S. Upson, Più credenti piùsani?, «Mente & Cervello», n. 99(marzo2013),pp.24-31.2VediA.Newberg,E.G.D’Aquili,V.Rause, Why God Won’t Go Away,BallantineBooks,NewYork2001.3D.Hamer,TheGodGene:HowFaithis Hardwired into Our Genes,Doubleday,NewYork2004.

4 G. Vallortigara, V. Girotto, Perchécrediamo? Le basi biologiche delsovrannaturale, «Micromega», n.5/2013,p.162.5VediS.Atran,InGodWeTrust.TheEvolutionary Landscape of Religion,OxfordUniversityPress,Oxford2002;P. Boyer, Religion Explained, BasicBook,NewYork2001.6 Vallortigara, Girotto, Perchécrediamo? cit., p. 162. Vedi anche V.Girotto, T. Pievani, G. Vallortigara,Nati per credere. Perché il nostrocervello sembra predisposto afraintendere la teoria di Darwin,Codice, Torino 2008; D.S. Wilson,Darwin’s Cathedral. Evolution,

Religion and the Nature of Society,University of Chicago Press, Chicago2003; J.L.Barrett,WhyWouldAnyoneBelieve in God?, Altamira Press,Lanham 2004; J. Bering, The BeliefInstinct, Norton & Co., New York2011.7 Vedi P. Zuckerman, Society withoutGod,NewYorkUniversityPress,NewYork2008.8 Vedi V. Girotto, Se siamo nati percredere, da dove vengono gli atei?,«Micromega»,1/2014,pp.163-73.9 Tommaso d’Aquino, SummaTheologiae,I,q.2,a.3.VediLasommateologica,ESD,Bologna1996,vol.1.10LecinqueviediTommasod’Aquino

(dettoancheDoctorAngelicusoDoctorCommunis) sono: 1. «ex parte motus»(dalmovimentoodal divenire); 2. «exratione causae efficientis» (dalla causaefficiente); 3. «ex possibili etnecessario» (dal possibile e dalnecessario); 4. «ex gradibus qui inrebus inveniuntur» (dai gradi [diperfezione] presenti nelle cose); 5. «exgubernationererum»(dalgovernodellecose, ovvero dall’ordine finalistico delmondo).11 J. Maritain, Ricordi e appunti,Morcelliana,Brescia1967,p.22.12 J. Maritain, Il significatodell’ateismo contemporaneo,Morcelliana,Brescia1967,p.10.

13 In proposito vedi E. Nicoletti, Lapossibilità dell’ateismo, in AA.VV.,L’ateismo contemporaneo, SEI,Torino1967-1970,vol.II,pp.289sgg.14J.Maritain,Ragioneeragioni,VitaePensiero,Milano1982,pp.126-31.15 J. Maritain, Umanesimo integrale,Borla,Roma1980,pp.84-85.16C.Ferraro,CornelioFabro, LateranUniversity Press, Città del Vaticano,2012,p.192.17 C. Fabro, Introduzione all’ateismomoderno,Studium,Roma1969,p.9.18 C. Fabro, Editoriale, «CiviltàCattolica»,5maggio1984,p.21019 Fabro, Introduzione all’ateismo

modernocit.20 Vedi A. Del Noce, Il problemadell’ateismo, IlMulino,Bologna1990,p.336.21Ivi,p.14.22É.Gilson,L’ateismodifficile,VitaePensiero, Milano 1983, p. 22. Laproclamazione della «morte diDio» sitrova inF.Nietzsche,Lagaia scienza,libro III, par. 125, Adelphi, Milano1997,pp.129-130.Vedereinfra,cap.3,par.4.23C.Tresmontant,L’ateismo inquestafine di XX secolo dal punto di vistascientifico e razionale, in AA.VV.L’ateismo. Natura e cause, Massimo,Milano1981,p.138.

24 C. Tresmontant, Les problèmes del’athéisme,Seuil,Paris1972,p.438.25 A. Vergote, Psicologia religiosa,Borla,Roma1979,pp.261-62.26 A. Vergote, Religione, fede,incredulità.Studiopsicologico,Paoline,CiniselloBalsamo1985,p.33.27Vergote,Psicologiareligiosa cit., p.262.28 Intervista a Jean Guitton in V.Messori, Inchiesta sul cristianesimo,Mondadori,Milano1993,p.72.29LecitazionidaJ.Guitton,Che cosacredo,Bompiani,Milano1993,pp.21-23e82-83.30 J. Moltmann, Le radici cristiane

dell’ateismo moderno, in AA.VV.,L’ateismo.Natura e cause cit., p. 158.Suposizionianaloghesi sonocollocatianche Karl Rahner, Henri de Lubac eHansUrsvonBalthasar.31 M. Ruggenini, Il Dio assente. Lafilosofia e l’esperienza del divino, B.Mondadori,Milano1997,p.57.32R.Bultmann,L’ideadiDioel’uomomoderno, in AA.VV., Dibattitosull’ateismo,Queriniana,Brescia1967,pp.187-88.33 P. Prini, Storia dell’esistenzialismodaKierkegaardaoggi,Studium,Roma1989, p. 8. Vedi anche P. Prini, Loscisma sommerso, Garzanti, Milano1999(nuovaedizione2002).

34R.Guardini,Fenomenologiaeteoriadellareligione, inScritti filosofici, vol.II,Fabbri,Milano1964,p.280.35F.M.Dostoevskij,Idemoni,Einaudi,Torino 1994, p. 402. È effettivamenteesistitounmonacoevescovorussonotocome Tichon di Zadonsk (1724-1783),a cui probabilmente Dostoevskij si èispirato a più riprese nelle sue opere(per esempio anche lo starec Zosimadei Fratelli Karamazov). Vedi R.Guardini, Dostoevskij. Il mondoreligioso,Morcelliana,Brescia1995.36 K. Barth, L’Epistola ai Romani,Feltrinelli,Milano1974,p.23.37 D. Bonhoeffer, Resistenza e resa.Lettere e scritti dal carcere, Paoline,

CiniselloBalsamo,pp.382-83.38VediG.Bernanos,Conferenzasullasantità,del1847.39 Bonhoeffer, Resistenza e resa cit.,pp.439-40.40Ivi,p.440.41 K. Rahner, Uditori della parola,Borla, Roma 1988, pp. 97-98. Vedianche K. Rahner, Ateismo ecristianesimoimplicito, inNuovisaggi,Paoline,Roma 1969, vol. III, pp. 217-48; Riflessioni teologiche sullasecolarizzazione e l’ateismo, in Nuovisaggi,Paoline,Roma1973,vol.IV,pp.227-52.42 M. Buber, L’eclissi di Dio.

Considerazioni sul rapporto trareligione e filosofia, Mondadori,Milano1990,p.59.43Ivi,p.126.44Ivi,p.26.45Nietzsche,Lagaiascienzacit.,libroIII,par.125,p.13046 Th. Altizer, Il vangelo dell’ateismocristiano, Astrolabio-Ubaldini, Roma1969, prefazione di Sergio Quinzio, p.23.47VediG.W.F.Hegel,Fenomenologiadello spirito, La Nuova Italia, Firenze1973; Filosofia dello Spirito, Utet,Torino 2010;M.Borghesi,L’età delloSpiritoinHegel.Dal«Vangelostorico»

al «Vangelo eterno», Studium, Roma2013.48W.Hamilton,MortediDioeateismonel pensiero religioso americano inAA.VV.,Dibattitosull’ateismocit.,pp.78-79.49Ivi,p.81.VediancheTh.Altizer,W.Hamilton, La teologia radicale e lamortediDio,Feltrinelli,Milano1969.50 Vedi M. Scheler, Sociologia delsapere,Abete,Roma1976,p.274.51G.Morra,L’ateismo framoderno epost-moderno, in S. Burgalassi, C.Prandi,S.Martelli(acuradi),Immaginidella religiosità in Italia, FrancoAngeli,Milano1993,pp.38-41.

52 P. Tillich, Teologia sistematica,Claudiana,Torino2001,vol.I,p.40.53 Vedi K. Bockmühl, Ateismo dalpulpito.L’irrealtàdiDionellateologiaenellaChiesa,Claudiana,Torino1981;B. Mondin, Dio: chi è? Elementi diteologia filosofica, Massimo, Milano1990,pp.156-61.54 H. Flügel, Aspetti del dialogo tracristiani e atei, in AA.VV., Dibattitosull’ateismocit.,pp.158-59.55 B.H.H. Dechesne, Domanda senzarisposta: l’ateismo del credente, inAA.VV.,Dibattito sull’ateismo cit., p.171.56 Concilio Vaticano I, Dei Filius,

Costituzione dogmatica sulla fedecattolica,«Proemio»,DH3021-3025.57 Paolo VI, Ecclesiam Suam, Letteraenciclica,nn.103-104.58 Concilio Vaticano II, Gaudium etSpes,Costituzionepastorale,n.19.59Ivi,n.19.60Ivi,n.20.61Ivi,n.19.62Lecitazionidaivi,n.21.63 Paolo VI, Evangelii Nuntiando,EsortazioneApostolica,n.55.64 Giovanni Paolo II, Dominum etVivificantem,LetteraEnciclica,n.56.65 Giovanni Paolo II, Centesimus

Annus,Letteraenciclica,n.13.66 Giovanni Paolo II, Fides et Ratio,Letteraenciclica,nn.46,90e91.AltriinterventimagisterialidiKarolWojtyłasull’ateismo si trovano in due discorsisulle radici cristiane dell’Europa(DiscorsoalConsigliodelleconferenzeepiscopali d’Europa, Roma 1982;Discorso nella sede della ComunitàEuropea,Bruxelles1985).67 Ch. Taylor, intervista al quotidiano«Avvenire» del 26 luglio 2012. SuTaylorvedisupra,cap.1,par.1.68 Ch. Taylor, L’età secolare,Feltrinelli,Milano2009,pp.12sgg.69Taylor,intervistacit.

70 J. Baggini, Atheism. A Very ShortIntroduction, Oxford University Press,Oxford2003,p.3.71 Vedi M. Neusch, Aux sources del’athéisme contemporain, Cerf, Paris2001;vedianchelavoce«Ateismo»,inP.Poupard(direttoda),Dizionariodellereligioni,Mondadori,Milano2007.Perquestotipodidistinzioneconcettualesiusano talvolta anche le dizioni di«ateismoristretto»e«ateismoesteso».72 P. Cliteur, La visione laica delmondo,NessunDogma,Roma2013,p.37.73QuestoèancheiltitolocheAugustoGuerriero (detto Ricciardetto), ungiurista e giornalista italiano non

credente,hadatoaunsuocelebrelibro.Vedi Quaesivi et non inveni,Mondadori,Milano1973.74Platone,Leggi,885A-888C,inTuttigli scritti, Rusconi, Milano 1991, pp.1672-75.75 Vedi D. Diderot, Penséesphilosophiques, in Œuvresphilosophiques,Vernière,Paris1961,p.22.76 In proposito Cornelio Fabro,seguendoun’impostazionecherisalealfilosofo tedesco Friedrich HeinrichJacobi (1743-1819), ritiene che JohannGottliebFichtenelsuotrattatoDottrinadella scienza (Laterza, Bari 1987)palesiunateismoimplicito,perchéseè

vero che «pone Dio comel’Incondizionato condizionante, non èmenoverocheilsuoDiosenzal’uomo[…]non èDio […].Quindi senza l’IoDio non è Dio». Vedi Fabro,Introduzione all’ateismo moderno cit.,p.580.77 W. Weischedel, Il Dio dei filosofi.Fondamenti di una teologia filosoficanell’epocadelnichilismo,IlMelangolo,Genova1988,vol.III,pp.205-06.78 Sull’ateismo metodologico vedi N.Fischer,L’uomoallaricercadiDio.Ladomanda dei filosofi, Jaca Book,Milano1997,pp.223-25.79Sulladistinzionetraateismopositivoe ateismo negativo vedi B. Cooke,

Dictionary of Atheism, Skepticism &Humanism, Prometheus Books,Amherst,NewYork2006.80 Vedi A. Flew, A. McIntyre, NewEssays in Philosophical Theology,S.C.M. Press, London 1955; A. Flew,God and Philosophy, Hutchinson,London1966.81A.Flew(acuradi),ADictionaryofPhilosophy,PanBook,London1979,p.28.82 Vedi D. Bonhoeffer, Etica,Queriniana, Brescia 2005. Su Diotappabuchivedisupra,cap.2,par.2.83 A. Flew, La presunzionedell’ateismo stratoniano, in AA.VV.,Dibattito sull’ateismo, Queriniana,

Brescia1967,p.47.84 P.B. Shelley, La necessitàdell’ateismo, Nessun Dogma, Roma2012,pp.8-9e19.85 A. Flew (con R.A. Varghese),Dioesiste. Come l’ateo più famoso delmondo ha cambiato idea, Alfa &Omega,Caltanissetta2010,p.73.Vedianche A. Flew, The Presumption ofAtheism,Pemberton,London1976.86 Fabro, Introduzione all’ateismomodernocit.,p.23.87Gilson,L’ateismodifficilecit.,p.32.88 Vedi Maritain, Il significatodell’ateismocontemporaneocit.,pp.9-12. Vedi anche J.Maritain,Ateismo e

ricercadiDio,Massimo,Milano1982,pp.206-07.89 Vedi Del Noce, Il problemadell’ateismo cit., pp. 14-15. È quipalese che le distinzioni tra ateismonegativoeateismopositivodiMaritainediDelNoce sonodiverse tra loroedentrambedistantidaquellepropostedaWeischedel,Flewealtri.90 Vedi H. Küng, Dio esiste?, Fazi,Roma2012,pp.120-29e257-457.91 B. Sweetman, Religione e scienza.Un’introduzione, Queriniana, Brescia2014,pp.18-19.92 Vedi N. Abbagnano, Dizionario difilosofia,voce«Ateismo»,Utet,Torino1971; G. Morra, Ateismo e non

credenza nelle società occidentali, inAA.VV., L’ateismo. Natura e cause,Massimo, Milano 1981, pp. 91-94, eDio e senza Dio. Ateismo esecolarizzazione, Japadre, L’Aquila-Roma 1989; B. Mondin,Dio: chi è?,Massimo,Milano1990,p.136.93 Vedi A.M. Tripodi, L’ateismo allesoglie del terzo millennio, UrbanianaUniversity Press, Città del Vaticano2001.94Th.Hobbes,AppendixadLeviathan,in G. Wright (a cura di), Religions,PoliticsandThomasHobbes, Springer,Dordrecht2006,p.119.95 A. Kenny, A Life in Oxford, JohnMurray, London 1997, p. 230. Vedi

anche Filosofia moderna, Einaudi,Torino2013,pp.345sgg.96 G.W.F. Hegel, Enciclopedia dellescienze filosofiche in compendio, par.50,Laterza,Bari1971,vol.I,p.57.97 G. Bruno,De l’infinito, universo emondi, dialogo primo, in Opereitaliane,Utet,Torino2007,vol. II,pp.47-48.98E.Nagel,ADefenseofAtheism,inP.Edwards,A.Pap(acuradi),AModernIntroduction toPhilosophy, FreePress,NewYork1967,p.460.99 «Dio può creare una pietra cosìpesante da non poterla sollevare?».Questadomandasintetizzailcosiddettoparadosso dell’onnipotenza divina,

dibattuto in epoca medievale insiemeconl’ideadipotentiaDeiabsoluta.100 Vedi M. Scheler, La posizionedell’uomo nel cosmo, Franco Angeli,Milano2009.

3

L’uomocontroDio

1.Lanaturaumanaeisuoiprincipi

L’ateismo antropologicosi origina da un radicalerovesciamento di prospettivainiziato con l’Umanesimorinascimentale. Con ilRinascimento alla centralitàmedievale di Dio e dellasalvezza ultraterrena siaffianca e progressivamentesi sostituisce la centralità

dell’interesse per l’uomo eperilsuopercorsoterreno.Siafferma cioè una nuovavisione dell’individuo intesocome non piùnecessariamente subordinatoalla verità religiosa deldogmacristianoesivalorizzail mondo naturale non tantocome manifestazione dellacreazione, bensì per le suespecificità. Si guarda allanatura considerandola con

Bernardino Telesio (1509-1588) iuxta propriaprincipia,1 ossia secondoprincipinonastrattisultipodiquelli degli aristotelici, mache gli appartengonointrinsecamente.

Se nel corso delMedioevo l’uomo venivaconcepito quale poveropeccatore al cospetto di Dio,comeunessere ferito, fragilee incompiuto secondo il

pensiero di Agostinod’Ippona (354-430),l’Umanesimo rinascimentalevede invece un ritorno allapienaconsapevolezzadeisuoimezzi naturali e anche aqualcosa di più di questo:all’affermazione diun’identità e di una volontàche pare avvicinarsi a quellaun tempoattribuitaaldivino.Il filosofo Nicola Cusano(Nikolaus Krebs 1401-1464)

dice infatti apertamente nelDe coniecturis (1440-1445)che«l’uomoèDio,manoninsenso assoluto, perché èuomo: è dunque un Dioumano [humanus Deus]».2Mentre per l’umanistaGiovanni Pico dellaMirandola (1463-1494)l’essere umano è dotato dilibertà, possibilità eresponsabilità assolute diprogettare e soprattutto di

conquistareilpropriodestino.La dignità dell’uomo derivadalla convinzione che Diostessonehafattounmagnummiraculum, l’ha posto alcentro dell’universo, inmezzocioètrailmondodellaperfezione angelica e quellodelle bestie, consentendoglidi scegliere se elevarsi versol’alto,verso ildivino,oppurecadere verso il basso nellacondizione degli esseri più

infimi:

[L’OttimoArtefice (Dio)]accolse l’uomo comeopera di natura indefinitae, postolo nel cuore delmondo,cosìgliparlò:nonti ho dato, o Adamo, néun posto determinato, néun aspetto proprio, néalcuna prerogativa tua,perché […] tutto secondoil tuo desiderio e il tuo

consiglio ottenga econservi. La naturalimitata degli altri ècontenuta entro leggi dame prescritte. Tu te ladeterminerai senza esserecostretto da nessunabarriera, secondo il tuoarbitrio,allacuipotestàticonsegnai.3

Col Rinascimento lamaggiore attenzione per i

valori inerenti l’individuoumano conduce pure allariscoperta della classicitàgreca, in particolaredell’anticoumanesimosofistae socratico culminato conl’epoca di Pericle, con ilconseguenteamoreper i testiclassici nelle loro edizionioriginali e non più mediatidallaculturaedalleistituzionicristiane. L’uomorinascimentale vede infatti

nella filosofia platonico-aristotelica e nella culturaclassica l’ammirevoletentativo di indagare egiustificare la realtà permezzo dei soli strumentiumani dell’esperienza e dellaragione. Fu proprionell’ambito di questopercorsodi rivalutazioneedigrande attenzione per lanatura dell’uomo e per iprincipali risvolti della sua

esistenza,sempreintesicomequalcosadi straordinarioedifondamentale nel contestodell’intero cosmo, che siritenne di dover ripensareanche la relazionetradizionale tra l’essereumano e il divino, fino adapprodaretrailXVIeilXVIIsecolo a un’aperta messa indiscussione dell’esistenza diDio.SePicodellaMirandolapoteva ancora conciliare la

dignità umana con lapresenza di un «OttimoArtefice»,peralcuniumanisti«laNatura prende il posto diDio perché anch’essa haun’anima, realizza intenzionicostanti e veglia sull’uomocome la Provvidenza»4;mentre l’interesse perl’occulto, l’alchimia el’astrologiafasìchedifattoildivino, gli astri e la magianaturale si equivalgano: «Se

in luogo degli angeli e deidemoni – scrive il medico eastrologo Girolamo Cardano(1501-1576) – noi poniamoastri benefici e contrari,possiamo attribuire le stessespiegazioni ai medesimifenomeni».5

È pur vero chel’umanesimo filosofico natocon la cultura rinascimentaledi per sé non implicanecessariamente la negazione

di Dio, tuttavia è un fattostorico che nella riflessionemoderna e contemporanea lasua forma più presente e piùattiva risulta sicuramentequella a sfondo ateistico.L’umanesimo ateo punta aedificare l’essere umanoattraverso l’eliminazione delteismo,percuisesivuolechel’uomo esista, non deveesistere nessun altro sopra dilui. In altri termini, se si

intende affermarel’indispensabile autonomia ecompiuta realizzazione dellanatura umana, bisognaobbligatoriamente postularel’inesistenza di un Enteinfinito, provvidente ecreatore. Il finito è infatticonsideratoincompatibileconl’infinitoediconseguenzagliesseriumani, inquantofiniti,non possono coesistere conuna divinità per sua natura

infinita: «L’affermazione diDio come essere infinitoimplica necessariamente lasvalutazionedell’esserefinitoe, in particolare, ladisumanizzazionedell’uomo».6

L’uomo, per esserepensato come totalmenteindipendente, non devedunquerisultarecondizionatoda altro che da se stesso,ovvero deve presentarsi in

tutto e per tutto come causasui; pertanto non si puòconcepire il mondo di cui lanostra specie fa parte comecreatoesubalternoaqualcosadi sovrastante, di superiore otrascendente. In sintesi, se siintendeaffermarepienamentela realtà umana, si devenegare la presenza di Dio:«Se si vuole – ha scrittoCornelioFabro–che l’uomoesista(ecomesipotrebbenon

volerlo?), Dio non può opiuttostonondeveesistere».7Questo presunto datooggettivo ha condotto ilfilosofo Max Scheler adescrivere un simile ateismocome «un postulato dellaserietàedella responsabilità»umana e quindi a definirlo«ateismo postulatorio»8. Ineffetti l’esigenza di porrel’essere umano quale valoresupremoeassolutoimponedi

postulare la non esistenza diDio e con esso deltrascendente, di rifiutarneanche il semplice concetto,perché «solo il teocidioconsente all’uomo di esserelibero».9PerScheler,seKantnella Critica della ragionpraticaavevafattodiDio«unpostulatodellaragionepraticavalido in generale»10,nell’ateismo umanistico «ciòche è decisivo è un altro

elemento: un dio nonpuò nédeve esistere a causa dellalibertà, della responsabilità,del compito, a causa delsensodell’esseredell’uomo»;quindi occorre postularenecessariamente la nonesistenza o la morte di Dio,come hanno fatto primaFriedrich Nietzsche e poi ilfilosofo tedesco NicolaiHartmannconilsuo«ateismopostulatorio della

responsabilità».11Alla base dell’ateismo

antropologico si collocaovviamente una metafisicadell’immanenza, pocoimporta se idealistica omaterialistica, che fadell’uomo un enteautosufficiente e portatore disenso, capace cioè di trovareda sé e in se stesso unsignificato alla propriaesistenza, di fondare da solo

il proprio ordine morale, didominare la realtà con laragione e con i suoimiglioriprodotti: la scienza e latecnica.Anche ilmale fisico,la sofferenza degli innocenti,l’angoscia esistenziale e leingiustizie di questo mondodevono pertanto trovare neilimiti del possibile unarisposta umana e soltantoumana, a iniziare daicomportamenti positivi o

negativi di ogni singoloindividuodellanostra specie.Il presupposto fondamentalediventacosìnonsoltantochesipuòviveresenzacredereinDio, ma che si vivedecisamente meglio se Diononesiste.

Postulare l’inesistenza diDio è dunque in ultimaistanza la logicaconseguenzadell’antropocentrismomoderno iniziato

storicamente conl’Umanesimo e, secondoJacques Maritain e CharlesTaylor,12incoraggiatoperfinodalla Riforma protestante esuccessivamente ingigantitodall’immanentismosoggettivistico avviato dallafilosofia cartesiana.L’umanesimo ateo si èprogressivamenteimpostodal’700 a oggi anche a causadella crescente crisi della

filosofia teoretico-speculativaingeneraleedellametafisicain particolare, fino a fare delnostrotempoun’epoca«post-metafisica»13. Esso perciò sicaratterizza per unaconcezione laica e profanadell’essere umanoapertamente contrapposta aquella religiosa e cristiana,per cui se nell’umanesimocristiano l’umanità non hasenso separata da Dio,

nell’umanesimo ateo l’uomoè il tutto dell’uomo, èl’orizzontedisestessochesispiegadasé.

È con l’Illuminismosettecentesco che inizia unacritica serrata della religionetradizionale e con essa delteismocristiano,dandoformaper lo storico francese PaulHazard (1878-1944) a unvero e proprio «processocontro Dio» o, più

precisamente, alla messasotto accusa del Dio deicristiani.14 Con laRivoluzione Francese del1789 anche in ambitopolitico-sociale la tendenzaprevalente diventa quella disostituire al diritto divino equindi a Dio la volontégénérale, esaltata nelle operedi Jean-Jacques Rousseau(1712-1778) e prestoincarnatasiper i rivoluzionari

parigini nel culto della deaRagione.Inquestomodo,conla Francia rivoluzionaria laculturaeuropeasi incamminaa passo estremamente velocesulla via dellasecolarizzazione edell’ateismo.Inaltreparole,apartire dall’età moderna esoprattutto dall’epoca delsiècle des Lumières siafferma per la prima voltauna forma di ateismo

socialmente legittimato esemprepiùdiffuso,comenonsi era visto né in Grecia onell’anticaRomaetantomenonel Medioevo. Fattaeccezione per la culturacristiana, che però diventaprogressivamente minoritariatra i dotti, Dio tende ascomparire da tutte lemanifestazioni culturali equando vi compare è peressere negato o considerato

estraneo al mondo, se nonaddirittura imputato delmalee della sofferenza innocente,di fronte ai quali i piùindulgenti chiedonoprovocatoriamente conDanielPennac«cheabbiaunascusa valida»15, mentre i piùseveri concludono comeStendhal (Marie-Henri Beyle1783-1842):«Diohaunasolascusa: quella di nonesistere»16.

I presupposti filosoficidell’ateismo antropologicomoderno maturano tuttaviapoco prima dell’etàilluministaeprecisamente trailXVIeilXVIIsecoloconilcosiddetto «libertinismo». Sitratta in effetti più di unatteggiamento intellettuale ecomportamentale che di unavera e propria scuola dipensiero. Esso si manifestatra la seconda metà 1500 e

dura fino agli inizi del 1700,quando finirà per confluire edisperdere «le sue acque nelgrande fiumedell’Illuminismo»17. Laparola«libertino»(infranceselibertine ininglese libertine)deriva con tutta probabilitàdal latino libertinus,variazione del sostantivolibertus (liberto) con cuivenivadenominatoloschiavoaffrancato dalla schiavitù.

L’estensione del termine perdesignare il movimentolibertinohaasuavoltaoriginiantiche,dalmomentocheunatracciasipuò trovarefinanconel Nuovo Testamento,precisamente negli Atti degliApostoli, laddovesi indica la«sinagoga detta dei Liberti»(nella vulgata latina«synagoga quae appellaturLibertinorum»)18 tra gliaccusatori e lapidatori del

protomartire cristianoStefano. Nell’epoca da noiconsiderata, l’appellativo dilibertino viene a significarenel sentire comune un liberopensatore o un filosofoscettico e miscredente, a cuipresto si assocerà spessol’immagine negativa di undepravato nei costumi, di unimmorale ed edonista deditoai soli piaceri corporali. Nona caso, per i detrattori del

libertinismo, e non solo perloro, il modello classico dellibertino è quello di DonGiovanni dell’omonimacommedia di Molière (Jean-Baptiste Poquelin 1622-1673)19; commediarappresentaperlaprimavoltaa Parigi nel 1665, ossia alculmine del fervorelibertinista. Qui ilprotagonista è un signore dicorte perverso e cinico; un

personaggio ipocrita ricalcatosul modello dei cortigianifrancesi dell’epoca, cheunisce alla signorilità deimodi la dissolutezza deicomportamenti privati e ildisprezzo per le leggi umanee divine, che dietro ilbell’aspetto esteriore cela ilvuoto interiore, l’immoralitàeungigantescoegoismo.

I libertini seicenteschi sicaratterizzanodinormaperla

critica radicale alle religionicostituite, per larivendicazione diun’autonomia individuale daqualsiasi forma di autorità ainiziareovviamentedaquellereligiose e morali, perun’etica razionalistica econvenzionalistica, per unavisione prevalentementematerialistica emeccanicistica del mondo,nonchéperunoscetticismodi

fondo nei confronti delproblema della verità e dellepossibilità cognitive dellaragioneumana.Influenzanoesono vicini al movimentolibertino pensatori comeGiulio Cesare Vanini (1585-1619), che benché sia statomesso amorte per ateismo eblasfemia sembra propenderepiù verso il panteismo e loscetticoMicheldeMontaigne(1533-1592), più agnostico

che ateo.20 Particolarmentestimato dai libertini è pure ilfilosofo Pierre Bayle (1647-1706), noto per la sua teoriadell’«ateo virtuoso». Questaidea ha un rilievo importantenella storia dell’ateismo,perché per la prima volta siteorizza in maniera esplicitacheancheunateopuòessereun individuo rispettoso dellamorale,mentre finoadalloraprevaleva la tesi

dell’impossibilità di fondarel’etica in assenza delriconoscimento dell’esistenzadiDio. Benché risulti tuttorain discussione se il filosofofrancese sia da considerarsiun ateo piuttosto che undeista o un credente congrande spirito critico,secondo Cornelio Fabro èproprio col diffondersi dellasuaopinioneche«ilproblemadell’ateismo entra nel vivo

delpensieromodernoeiniziala sotterranea opera dicorrosione nella sfera dellareligione e dellatrascendenza», perché siintroduce nella dimensionepratica «la dissociazione fraveritàemoralitàe fraeticaereligione».21 Bayle nei suoicelebri Pensées diverses surlacomète(primaedizionedel1682 e terza edizione del1699)osservainfatti:

Ormaièevidentecheunasocietà di atei potrebbesvolgere ogni attivitàcivile e morale comequalsiasi altra società[…]. Il fatto di ignorarel’esistenza di un primoEssere creatore econservatoredell’universo nonimpedirebbeaimembridiquesta società di esseresensibili alla gloria e al

disprezzo, allaricompensa e alla pena,così come a tutte le altrepassioni umane, enemmeno soffocherebbein loro tutti i lumi dellaragione.22

Si inganna pertanto chisostiene che coloro checredono in un qualsiasi cultoreligioso, fosse purel’idolatria, risultino

«necessariamentepiùvirtuosidegli atei», poiché entrambinelle loro azioni sicomportano «in relazione ailoro costumi, secondo unostessoprincipio».23

Da ciò derivavaovviamente pure losvuotamento del ruolo delladivina provvidenza e ingenerale di una divinitàlegislatrice,dacuiilcrescentescetticismoneiconfrontidelle

religioniedellavaliditàdellacredenza in un Diotrascendente come quellocristiano. Ma la scelta delloscetticismo filosofico nonsembrava a Pierre Bayledecisiva nel determinarel’affermarsi dell’ateismo eprobabilmente ritenevaconducesse più facilmenteall’agnosticismo. Inparticolare lo scetticismopirroniano fondato sulla

sospensione del giudizio(epoché), sulnon liquet (nonè chiaro) nei confronti diqualsiasi presuntaconoscenza, potevaaddirittura tradursi in uninvolontario sostegno allareligione perché, una voltadistruttalafiducianelleveritàconseguite con la ragione, ilnaturale umano bisogno dicertezze conduceva gliindividui a rifugiarsi nella

verità assoluta delcristianesimo: «Un similemetodo [del non liquet o disospensionedell’assenso]puòessere utile per costringerel’uomo, consapevole delletenebre in cui si trova, aimplorare l’aiutodell’Altissimo e asottomettersiall’autoritàdellafede».24

È per altro difficile esbagliato etichettare come

atei tutti i libertini, anche sealcuni certamente lo furono.Erano infatti per lo piùantiteisti e vicini al deismooppure al panteismo, senzatuttavia che mancassero traloro i credenti di religionecristiana. L’allievo diMontaigne Pierre Charron(1541-1603), per esempio, fusicuramente un cattolico chepredicava la tolleranza;mentre quello che damolti è

considerato il principaleteorico ufficiale dellibertinismo, François LaMothe Le Vayer (1588-1672), fu uno scetticopirroniano distaccato dallecredenzereligioseepropensoa seguire la massima «cuiusregio,eiusreligio»(«Dichièil potere [il regno], di lui siala religione» ovvero si deveseguire il culto di colui chegoverna), che è poi

l’anticamera del modernorelativismo in materiareligiosa. L’importantefilosofo e scienziato PierreGassendi (1592-1655),invece,dasacerdotecattolicotentòdi tenere insieme il suoatomismo epicureo con lafede cristiana, anche sequesto lo trasformò in unamente «libertina» neiconfronti delle altre credenzereligiose e perfino della non

credenza. Infine il prototipopiù noto del libertino,Savinien de Cyrano deBergerac (1619-1655),certamente mette in dubbiol’immortalità dell’anima, mapare propendere più per ilpanteismocheperl’ateismo.

Ciò che dunque rende ilibertini, più o meno loromalgrado, precursoridell’ateismo antropologiconon è un’aperta negazione

dell’esistenzadiDioolaloromiscredenza di fondo, mapiuttosto l’affermazionedellaradicaleautonomiadell’uomorispetto a qualsiasi vincoloreligioso o teologico;affermazione che giunse benpresto a reputare piùimportante la libertà umanadellapresenzadiunadivinitàcreatrice e legislatrice delmondo. In altri termini, ilibertini non sentono tanto la

necessità di negare Dio,quanto di valorizzare sopraogni cosa la propriaautonomia di pensiero e diazione; di conseguenza «ilDiochevienetranquillamentecongedato, e al quale sinotifica che esiste, certo, cheè amato, sicuro, ma chepotrebbeoccuparsiunpo’piùdi se stesso e meno degliuomini,lasciailcampoliberoallalibertà»25.

2.Ilbuonsensodell’ateo

Se l’origine effettivadell’ateismo moderno vaindividuata nell’Illuminismo,la prima manifestazione diateismo antropologicopropriamente detto varicondotta a uno degliilluministi atei più famosi: ilbarone Paul-Henry Thiryd’Holbach (1723-1789).Proveniva da una famiglia

tedesca del Palatinato (il suonome originario era infattiPaul Heinrich Dietrich) eottenuta una ricca ereditàdallo zio materno FranzAdam von Holbach, di cuiacquisì anche il titolonobiliare, decise di stabilirsidefinitivamente a Parigi efarsi naturalizzare francese.Qui aprì la sua casa aipensatori illuministi noticome Philosophes:

intellettuali e scienziati chepraticavanoilliberousodellaragione, mettendo indiscussione l’ordine politicocostituito, i costumi moraliprevalenti e la religionedominante. Da questoconsesso scaturiscono icosiddetti Encyclopédistesche, sotto la direzione diJean-Baptiste Le Rondd’Alembert (1717-1783) eDenis Diderot, e con la

partecipazione dello stessod’Holbach diedero vita aquello che forse è il piùmaturo risultato delmovimento illuministico: lacelebre Encyclopédie ouDictionnaire raisonné dessciences, des arts et desmétiers(1751-1780).26

Il nostro barone rielaborale idee materialistiche delpassato e ampiamentecircolanti tra gli illuministi

suoiamicioaluicoevi,qualiJulien Offray de La Mettrie(1709-1751)eClaude-AdrienHelvétius (1715-1771), pertentare di farne una filosofiaorganica e scientificamentefondata, in grado cioè dispiegare tutta la realtà sullabase delle sole conoscenzechimico-fisiche del mondonaturale.Questoperlomenoèl’intento della sua operafilosofica principale,

pubblicata in Francia nel1770 e intitolata Système dela nature ou des lois dumondephysiqueetdumondemoral.Si trattadi una speciedi testo sacro delmaterialismo illuministico,scritto sotto l’influsso dellateoriadellamateriaconmotointrinseco di John Toland, ilcui titolo risultaaccompagnato da unasintetica descrizione degli

argomenti trattati, che sono:la natura e le sue leggi;l’uomo; l’anima e le suefacoltà; il dogmadell’immortalità; la felicità.Da essi si evince che neltrattato holbachiano si vuoleprenderedipetto lequestionifondamentali dellametafisicae della filosofia morale perridurle al materialismonaturalistico. Difatti, dalleprimeparoledellaprefazione

si capisce subito dove sivuole andare a parare:«L’uomo è infeliceunicamente perché nonconosce la natura. […]L’uomo disdegnò lo studiodellanaturapercorreredietroafantasmi[dellametafisicaedella religione] che, simili afuochi ingannevoli […], lospaventarono,loabbagliaronoe gli fecero abbandonare lavia semplice del vero»27. È

facile allora comprendereperché tale lavoro si èguadagnato una menzionespecialedapartedelmarxistaateo Georgij ValentinovičPlekhanov (1856-1918).Questi, pur reputando ancoraarcaico e rozzo tutto ilmaterialismo monista esensista d’epoca illuminista,fece un’importante eccezioneper il pensiero del baroneD’Holbach, riconoscendolo

«molto aggiornato sullescienze della natura del suotempo»28 e antesignano dellalotta rivoluzionaria controDioeilclero.29

Nel Sistema della naturaD’Holbach afferma conchiarezza che «l’uomo è unessere puramente fisico;l’uomomorale non è che unesserefisicoconsideratosottoun certo punto di vista»30; eciò fa cadere qualsiasi

discorso religioso sullasalvezza dell’anima e ingenerale sull’esistenza dientità spirituali. È solamentea causa della paura prodottada fenomeni naturali«meravigliosi e terribili»(terremoti, vulcani ineruzione, asteroidi cadenti,inondazioni catastroficheecc.) di cui non ha pienaconoscenza e controllo chel’uomo si creò degli dei, i

quali divennero gli unicioggetti delle sue speranze edei suoi timori; quindi lespeculazioni teologiche nonhannoalcunarealtà,nonsonoche parole vuote di senso osemplicichimere.E

quando saremo in buonafede con noi stessi,saremo sempre indotti aconvenire che èunicamente la nostra

ignoranza delle causenaturaliedelleforzedellanatura che dette origineagli dei; è ancoral’impossibilità in cui lamaggior parte degliuomini si trovano diportarsi fuori di questaignoranza […] a farcredere che l’idea di undio è un’idea necessariaperrenderecontodituttiifenomeni.31

L’immagine del divinonasceinsostanzadallascarsaconoscenza delle leggi dinaturaedallostuporemistoapauraperifenomeninaturali,che fanno concepireall’intelletto umanol’esistenzadi«qualcheagentesegreto»,percui«ilconsensodegli uomini nel riconoscereun dio prova unicamente chenell’ignoranza hannoammiratoo tremato»32 finoa

escogitareconlafantasiaunaspiegazionesovrannaturale.

Come si può facilmentenotare, siamo inpresenzadeiclassici topoi dell’ateismo(esiste solo la materia,l’anima è un’invenzione, glidei sono una creazione dellamente umana, la religione èfrutto dell’ignoranza e dellapaura ecc.) e pertanto nonsorprende vedere aggiungerepure un esplicito argomento

anticipatore dell’odiernoateismosemantico:unattaccoallateologia«comescienzadiparole» che «quando le sivuoleanalizzare, si trovachenon hanno nessun sensovero». La speculazioneteologica è insomma la verafontedeimali cheaffliggonola Terra, degli errori chel’accecano,deipregiudizichela paralizzano, dell’ignoranzae dei vizi che la tormentano,

dei governi che l’opprimono.Per altro la teologia comepresunta scienza ècontroproducente per sestessa, perché «a forza diqualità contraddittorie, hamesso il suo dionell’impossibilità di agire» atal punto da non essere ingradoneppuredi«autorizzarelacondottaoiculticheglisiprescrive di rendergli».33 Iteologi infatti attribuiscono

contemporaneamente a Diol’infallibilità e i miracoli,ovvero le violazioni delleleggi naturali di cui è Luistesso il creatore. Ma se sipretendedifarlointervenireariparare la sua stessa opera,significachenonèinfallibile,che in origine ha commessoun errore, e si cade così inuna patente contraddizione.Soltanto l’affacciarsi dellaverità naturale e

dell’autentica conoscenzadelle cose della natura ponefine all’errore «che fecesoffrire in ogni tempo» gliesseri umani e con esso alle«catene opprimenti che itiranni e i preti forgiaronodappertuttoperlenazioni».34

L’opera filosoficaprincipale di D’Holbach,visibilmente suggestionatadall’epicureismo lucreziano edal sensismo, è divisa in due

parti dedicate rispettivamentealla natura e all’idea deldivino. La seconda parte èuna critica radicale dellanozione stessa di Dio, delleprove tradizionali della suaesistenza e della divinaprovvidenza, che si concludecon un capitolo riservatoall’ateismo, dove sembraanticipato l’umanismoantropologico poi sviluppatocompiutamente da Ludwig

Feuerbach, che fa delladivinità una rappresentazioneenfatizzatadell’essereumano.L’uomo liberato dall’ideainutile e dannosa di Dio puòfondare sulla ragione unamorale autentica e di portatagenerale, in grado cioè didistinguere su basi reali ilvizio dalla virtù, perché lamorale tratta dalla natura èevidente a tutti gli individuirazionali, ivi compresi quelli

che la osteggiano per motiviteologici.Gli atei sonoalloracoloro che combattono ogniforma di fanatismo religiosoo metafisico, che hanno ilcoraggio di dissolvere leperniciose illusioni cheinfestano le false credenzeumane, riportando gli esseriumanialla realtàmaterialedicuifannointegralmenteparte.Essisonoinaltreparoledeglieroici individui che

distruggono le chimerenocive al genere umano ericonducono gli uomini allanatura, all’esperienza, allaragione. Dal punto di vistalogico siamo posti così difronte a una perentoriadisgiunzione esclusiva, a unaut aut: o si è atei ematerialisti o si è degli illusiche credono in entitàinesistenti e quindi portatoridi sconvenienti pregiudizi,

tertium non datur. E daquesta stretta non puòsottrarsi ovviamente il teista,ma neppure il deista, perchéanche il deismo è unachimerae«degenereràprestoo tardi in una superstizioneassurdaepericolosa».35

Nella sua opera del 1772Il buon senso ovvero le ideenaturali opposte alle ideesovrannaturali,evidentemente polemica fin

dal titolo nei confronti deicredenti nel trascendentebollati appunto come«insensati», D’Holbachmostra di essere unestimatore del ragionamentologico presentando l’ateismocome una coerenteconclusione rigorosa di unadimostrazione logica;conclusione che sicontrappone lucidamente allecontraddizioni dei teologi e

dei deisti alla Voltaire.36Dopoaverinfattiribaditoche«tuttiglideihannoun’origineselvaggia», e «le religionisono antichi relitti diignoranza,disuperstizione,diferocia», e dopo averulteriormente sostenutol’assurditàdiognitentativodiprovare l’esistenza di Dio,introducecondeterminazionelequestionidellateodiceaperargomentarecomesiaillogico

da un lato proclamarel’onnipotenza e onnipresenzadivina e dall’altro nonidentificare in Lui la causadel male. Lo fa ricorrendo aquella che in logica sipresenta come una reductioadabsurdumodimostrazioneperassurdo;eccolainsintesi:

Dio è l’autore di tuttoeppure ci assicurano cheil male non proviene da

Dio.Maciòèassurdo.Dunque, è da Dio cheprovieneilmale.

Il buon senso intendevatuttavia essere un librodivulgativo, tanto che uncontemporaneo quale illetterato tedesco FriedrichMelchior von Grimm (1723-1807) lo interpretò come«l’ateismomesso alla portata

delle cameriere e deiparrucchieri», quindi adatto«per l’edificazione deigiovani apprendisti atei».37Non mancano perciò in essole invettive contro l’usopoliticodellacredenzaedelleistituzioni religiose, quasiantesignane del famoso«oppio dei popoli» di KarlMarx, del tipo: «I re, tirannicrudeliemaniaci,[…]nonsiservono della religione che

perabbruttireancorpiùiloroschiavi, addormentarliincatenati e divorarli confacilità».38

Se si tiene conto anchedelle altre sue pubblicazioniin cui attacca frontalmente lareligionecristiana (es. I pretismascherati o le iniquità delclerocristiano;EsamecriticodellavitaedelleoperedisanPaolo;Storia critica diGesùCristooanalisiragionatadei

Vangeli), il pensiero delnostro barone può esseredescritto come un ateismomaterialistico radicale,anticristiano e anticlericale,che non lascia trasparirealcun cedimento neppureverso il panteismospinoziano, come avvieneinvece nella filosofiamaterialistica di L’uomomacchina (1748) del medicoe filosofo Julien Offray La

Mettrie.39 Sulle orme diBayle, l’ateismo vienepresentato come unaconcezione sociale e morale,ossia compatibile con unacomunità organizzata in cuinessun individuo crede inDio: «Una società di atei,governata da buone leggi,invitata alla virtù daricompense, distolta dalcrimine da castighi, sarebbepiù virtuosa di quelle società

religioseincuituttocospiraatediare lo spirito e acorrompereilcuore».40

Sebbene il materialismodi D’Holbach sia talvolta –secondo un condivisibilegiudizio di SebastianoTimpanaro (1923-2000) –«effettivamente rozzo, omeglio frettoloso, o anchesuperficialmenteripetitivo»41,consegue tuttavia il suoprincipale obiettivo di

proclamare la non esistenzadiDioper liberare l’uomo intutte le sue potenzialitànaturali. Nonostante ilcarattere prevalentementeantropologico dell’ateismoholbachiano,per i riferimentialla teodicea e per i ripetutirichiami al potere oppressivosostenutodalla religioneessoassume pure i contorni tipicidell’ateismo antiteodicetico edi quello socio-politico.

Quello di D’Holbach èinsomma un ateismo «atuttotondo», un ateismo pertutti e rivolto a tutti, quasifosse una nuova forma dievangelizzazione ateauniversale: non dunque «unaWeltanschauung raffinata eriservataalleclassicolte»,maun’idea in grado di«espandersi per tuttal’umanità, aspirare (senzacoercizione) a quello stesso

ecumenismo a cui aspira lareligione».42

3.L’umanizzazionediDio

Il fondatoreunanimemente riconosciutodell’ateismo antropologicomoderno può esserefacilmente individuato in unfilosofo ottocentescopiuttostonotoaisuoitempi:il

bavarese Ludwig Feuerbach(1804-1872). Come moltialtri atei dell’800 e del ’900,Feuerbach ha alle sue spalleuna formazione teologica eavrebbe potuto benissimodiventareunodeitantiteologisostenitori dell’esistenza diDio e dell’importanza etico-salvifica della religionecristiana. I suoi primi studi aHeidelberg sono infattiteologici, ma a seguito della

scarsa capacità dei suoidocenti di fare breccia nellasua mente fervida e curiosa,decise ben presto di passarealla filosofia recandosi astudiare nella Berlinodominata allora dallagigantesca figura di Hegel.Feuerbach nutrì subito unasortadivenerazionespiritualeper il principale filosofodell’idealismo tedesco etuttavia la sua vivacità

intellettuale e la sua ritrosiaverso un modo di farefilosofia troppo schematiconon tardarono ad alimentarein lui i dubbi e leconsiderazioni critiche, finoad approdare a una esplicitacontestazione del maestro eallacompletarotturaufficialecon il sistema filosoficohegeliano. Rottura però soloformale, perché in realtà lafilosofiahegelianacontinuòa

influenzare profondamente ilsuopensiero.

La sua attenzioneincomincia così a trasferirsidalla centralità della ragionein senso hegeliano all’essereumano nella sua naturaleconcretezza; e difatti nel1843, facendo un primobilancio del suo percorsointellettuale, ricorda: «Dio fuil mio primo pensiero, laragione il secondo, l’uomo il

terzo e l’ultimo. Il soggettodelladivinitàèlaragione,mail soggetto della ragione èl’uomo»43.Inquestosintetico«curriculum vitae filosofico»di un ateo antropologico –come lo interpreta con laconsueta efficacia ilmarxistaPlekhanov, ascrivendoloforzatamente tra imaterialisti–44 è evidente l’intenzionedidescrivere il suo passaggiodal periodo degli studi

teologici (Dio) a quello delrazionalismo idealistico (laragione hegeliana), per poiinfineapprodarealla fasepiùmatura dell’antropologiafilosofica (l’uomo). Nellostesso anno iniziava infattil’illuminante scrittodal titoloPrincipi della filosofiadell’avvenire a questomodo:«Il compito dell’etàmodernafu la realizzazione el’umanizzazione di Dio: la

trasformazione e ladissoluzione della teologia inantropologia».45 Nella suaessenzialità, si tratta diun’affermazionechepotrebbebenissimo essere assuntaquale epigrafe dell’ateismoantropologico, perchéesplicita chiaramente da unlato la riduzione oriconduzione del divino allastessa natura umana, edall’altro proclama la

«scienzadiDio»(lateologia)risolta e contestualmentedissolta nella «scienzadell’uomo» (l’antropologia).Feuerbach non a caso laconsiderava la sua principalemissione nell’attività difilosofo e di scrittore: «Loscopodeimieilavorièdifaredegli uomini non più deiteologi, ma degliantropologisti, di condurlidall’amore di Dio all’amore

degli uomini, dalle speranzedell’aldilà allo studio dellecosediquaggiù»46.

Lastretta interdipendenzatra teologia e antropologia,per cui la prima non è altroche un travisamento dellaseconda, è per il filosofotedesco la conseguenza delconcretoprocessochestaallabase dell’origine dellareligione e della credenzanell’esistenza di una o più

divinità. Attraverso la presadi coscienza di tale processosi scopre che Dio èsemplicemente una creazionedell’essere umano, il qualeproiettafuoridiséquellecheal contrario sono lecaratteristiche fondamentalidella sua strutturaantropologica.Inaltritermini,l’ideadiDioèun’invenzione,un prodotto della nostramente, ma non per questo

risulta del tutto priva dicontenuto, di consistenzanella realtà effettuale, perchél’immagine del divino non èaltro che la rappresentazionedella vera essenza umana. Ilconcetto di Dio, una voltaspogliato degli elementiteologici, corrisponde allanozionedell’uomostessoeinquesto appunto consiste lafeurbachiana «umanizzazionedi Dio» per cui «Homo

hominideusest».47Le chiare parole di

Feuerbach non lascianospazioadalcunacontroversiainterpretativasulcaratteredelsuo ateismo: «Certamente èuna conseguenza della miadottrina che non esiste Dio[…];matalenegazioneèsolola conseguenzadell’individuazione dellarealeessenzadiDio,delfattodi avere inteso che l’essenza

divina nonmanifesta altro senon, da una parte, l’essenzadella natura e, dall’altra,l’essenza dell’uomo»48.Piuttostoespliciteintalsensosono proprio alcune parti delsuo libro più celebre,L’essenza del cristianesimo(1841): «La coscienza chel’uomo ha di Dio è laconoscenzache l’uomohadisé.Tuconoscil’uomodalsuoDio e, reciprocamente, Dio

dall’uomo; l’uno e l’altro siidentificano. […] Il nostrocompito è appunto mostrarecheladistinzionefraildivinoel’umanoèillusoria,cioèchenull’altro è se non ladistinzione fra l’essenzadell’umanità e l’uomoindividuo»49. Perciò ènormale che il filosofobavarese concluda che laquestione dell’esistenza odella non esistenza di Dio è

solo la questionedell’esistenza o della nonesistenzadell’uomo, alpuntoche occorre smascherarecome in realtà «le provedell’esistenzadiDiomiranoaestrinsecare e separaredall’uomociòcheèall’uomointeriore» e quindi a metterein evidenza come esserisultino in effetti «varie equantomaiinteressantiformedi autoaffermazione

dell’essereumano».50Nella religione o nella

teologiasipalesadunqueunaverità antropologicacapovolta, che può esserericollocata nella giustaposizione solodall’antropologia. Nellaconcezione teologico-religiosa del divino sonoinfatti racchiusi in formasublime le nostre attese, lenostrebrame,inostribisogni,

le nostre potenzialità; e se èvero che la massimaaspirazione dell’uomo sisostanzia nell’essere eterno esenza limiti, allora nonsorprende che l’essenza diDiodanoi stessi immaginataconsista nell’onnipotenza enell’infinitezza: «Nel sorgeredi questoDio non entrano ingioco anche i desideridell’uomo? Non vuole forsel’uomoessereliberodailimiti

della corporalità, essereonnisciente, onnipotente eonnipresente? Non è dunquequesto Dio l’oggettivazionedel desiderio dell’uomo dirisultare uno spiritoinfinito?»51. In uno scrittosuccessivo al suo capolavorosull’essenza delcristianesimo, nel qualeestendealfenomenoreligiosoingeneralelesueriflessionieper questo intitolato Essenza

della religione (1846),Feuerbach prova addiritturaad andare oltre la riduzionedellateologiaall’antropologiafilosofica, per approdare aunalettura«naturalistica»o–come lui stesso dice –«fisiologica» (dal grecoφύσις, physis, «natura»): «Lafede in un Dio è o la fedenella natura intesa comeun’essenza umana, ovvero lafede nell’essenza umana

intesa come l’essenza dellanatura»52. Alla fine il«sentimento di dipendenzadell’uomo»53, che sta allabase di ogni credenzareligiosa, ha come oggettoreale il mondo naturale epertantoleproprietàattribuitea Dio attraverso l’essenzaumanasonogliattributistessidellanatura.

Proposizioni tanto nitiderendono superflua qualsiasi

esigenza di ulteriorispiegazioni e non stupisceche il frasario feuerbachianoabbia suscitato l’entusiasmodei giovani pensatori della«Sinistra hegeliana», per poiessere ripreso da tuttol’ateismoposteriore.Deltuttocoerente è poi il fatto cheFeuerbach finisca per vederenella religione e nel concettodi Dio più un fenomeno diaberrazione psicologica che

un atto di vera conoscenza:«Inquesto libro– egli scrive– le immagini della religionenon vengono considerate nécome pensieri […] né comedati di fatto, ma comeimmagini; la teologia, cioè,non viene trattata né comeuna mistica pragmatologia(come fa la mitologiacristiana), né come ontologia(come fa la filosofiaspeculativa della religione),

ma come patologiapsichica»54. In altre parole,secondo un’impostazionediventata ormai comuneall’ateismo militantemoderno,Diooildivinononsononéintuizionimistichenéconcetti di entità realmenteesistenti, bensì farneticazionidegne dell’attenzione di unopsichiatra. La colpa peggioredella teologia è perciòcondensata dal filosofo

bavarese nel terminehegeliano di «alienazione»,ossia nella separazionedell’essere umano dallaproprianatura,finoarenderloestraneo a se stesso:«L’essenza della teologia èl’essenza dell’uomotrascendente, proiettato fuoridall’uomo; […] la teologiascindeealienal’uomo»55.

Stando al teologo Henri-MariedeLubac(1896-1991),

Feuerbach avrebbe «respintoil titolo di ateo»,considerando piuttosto talel’idolatra, il quale noncredendo nella divinità deivalori finisce per «fissarli aun soggetto fittizio che poiprende a oggetto delle sueadorazioni».56 In effetti, ilnostro filosofo non si è maipreoccupato di fare pubblicaprofessione di ateismo inquanto lo considerava una

categoria superata dal fattoche Dio altro non è chel’insieme degli attributi chefannogrande l’essereumano,ècioèlospecchiocheriflettel’uomomedesimo.Ma se gliattributi della divinità altronon sonochegli attributi delgenereumano,allorail«veroateo[…]nonècoluichenegaDio,ilsoggetto,macoluichenega gli attributi dell’esseredivino»57,ossiachi«venerae

si dedica interamente allamateria»58, perché cosìfinisce per negare la stessaessenza umana. Allo stessomodo, il panteismo che nondistingue Dio dall’essenzadellanaturaedell’uomo,che«fa della materia, che è lanegazione di Dio, unpredicato o un attributo diDio, dell’essenza divina» equindi«congiungeDioconlanegazionediDio»,finisceper

unire anche il teismo conl’ateismo. Ne consegue che«il panteismo è l’ateismoteologico, il materialismoteologico, la negazione dellateologia, ma dallo stessopunto di vista dellateologia».59

AncheseaFeuerbachnonpiaceva essere consideratoateo nel vecchio significatodel termine, cheprobabilmente pensava si

addicesse di più in sensopraticoaicristiani,nonsipuòtuttavia disconoscere che lasua filosofia apre la strada aun ateismo antropologicoteoricamente fondato esistematicamentecostruito,dàcorpo razionale aquell’ateismo teoricomodernoesplosopoiinformediverse, come quella socio-politica di Marx e quellapsicologico-scientista di

Freud. Come ha beneconsideratoHansKüng, «perla prima volta compare nellastoria dell’umanità unateismo programmatico, benmeditato, assolutamentedeciso» e che soprattutto«rappresenta una sfidapermanente per ogni fede inDio».60

Va dato infine merito aLudwig Feuerbach deltentativoditrasformareilsuo

ateismo antropologico in unumanesimo solidaristico,riassumibile nell’intento diconvincere gli uomini apassare dall’amore per Dioall’amore per i propri simili.Si tratta tuttavia di unumanesimo che tende asacrificare l’individuo allacollettività; e questo perché«l’uomosingolo,preso in sé,[…] non ha in sé l’essenzadell’uomo. L’essenza

dell’uomo è contenutasoltanto nella comunità,nell’unità dell’uomo conl’uomo»61. Ma proprio nellafallace identificazionedell’autentica personalitàumana non nel singoloindividuo, bensì nella specie,proprio in tale enfatizzazionedellavitacomunitariarispettoall’esistenza dell’uomosingolarmente inteso,possiamoscorgerel’elemento

critico fondamentaledell’ateismo feuerbachiano edell’ateismo antropologico ingenerale: il passaggiodall’umanizzazione di Dioalla divinizzazionedell’umanità. Poco oltre ipassicitati, infatti,Feuerbachgiunge a scrivere: «Lasolitudine è finitezza elimitatezza,lavitaincomuneè libertà e infinità; […]l’uomo con l’uomo, cioè

l’unitàdiioetu,èDio»62.Ci imbattiamo così in

quella che è stata definita la«religione dell’uomo» diFeuerbach, che nei principidella sua filosofia equivaleper l’essere umano aconsiderare sacra la proprianatura, ad affermare,oggettivare, onorare,glorificarelapropriaessenza,perché «soltanto l’amoreincondizionato e indiviso

dell’uomo e per l’uomo»63rappresenta l’autentico cultoreligioso. Ciò consente diporre tra il teismo, «che sibasasullascissionetratestaecuore», e il panteismo, chepunta a superare talescissione rendendoimmanente al mondol’essenza divina, unantropoteismo che «supera lascissione senza scissione.L’antropoteismo è il cuore

reso ragionevole […]. Lareligioneè […] lanegazione,la dissoluzione di Dionell’uomo».64 Un modoquestodiintendereilrapportoDio-uomo che finisce percontrapporre e ridurre l’unoall’altro, facendo prevalereinfine il secondo. Siamo quiagli antipodi della visionecristiana, per la quale non sidà contrapposizione oriduzione tra Dio e gli

uomini, bensì un’alleanza euna promessa dominatedall’amore, acciocché non sipossa parlare del Creatoresenzaparlare della creatura eviceversa, pur restandoentrambe due entità bendistinte.

Cheilconfinetral’attodi«umanizzare il divino» el’atto di «divinizzare l’essereumano» fosse assai labile losi poteva comprendere fin

dall’inizio della riflessionedel filosofo bavarese; e chetaleconfinepotesseessere inqualche caso valicato eraugualmente probabile, comedanno conto affermazionitantomarcate nella direzionedi una evidentedivinizzazionedell’uomo,pergiunta con un’attribuzione dionnipotenza alla specieumana. Difattil’antropoteismo

feuerbachiano si trasformainfine inevitabilmente in una«religione autocosciente, lareligione che comprende sestessa»65.

4.Lademitizzazionedell’uomo-Dio

Mentre LudwigFeuerbach appariva pocointeressato alla storicità di

Cristo e considerava ilmistero dell’Incarnazione,ossia diDio diventato uomo,come «la manifestazionedell’uomo divenuto Dio»,come l’esternazione del fattoche l’essere umano «era giàDio stesso prima che Diodivenisse uomo»,66 nelperiodo in cui egli risultaattivo si sviluppò invece unavivace indagine critica sullafigura storica di Gesù di

Nazaret,condichiaratiintentidemitizzatori. L’obiettivoesplicitoeraquellodiscrivereuna biografia di Gesùattraversounmetodocriticoorazionale, che consentisse didistinguere con sicurezza ciòche appartiene effettivamenteallaStoriaeciòche inveceèstato inventato o immaginatodai primi discepoli delNazareno.

Tra i protagonisti di

questo movimento culturaletroviamo David FriedrichStrauss(1808-1874),cheparesia stato il primo a utilizzarel’espressione «Sinistrahegeliana» riferendola a sestesso per rispondere allepolemiche di altri hegelianiriguardo al suo corpososaggio in due volumi del1835, intitolato La vita diGesù o esame critico dellasua storia. Strauss insiste in

maniera particolare sullacategoriadelmitoeindividuanei Vangeli delle opereessenzialmente mitologiche,perché ci restituisconoprevalentemente l’immaginemitica o leggendaria diGesùe non quella reale. Egli nonintendeva accusare glievangelisti o i primi apostolidi essere dei deliberatifalsificatori della veritàstorica, bensì semplicemente

applicare ai testineotestamentari la teoriahegeliana per cui dietro eoltre la religione stanno leverità filosofiche. Questo locondusse a interpretare ilcontenuto degli scritti biblicicome rappresentazionimitologiche, al di sotto dellequalisidovevanorintracciarei presupposti dialettici diconcetti autenticamentefilosofici. Proprio

interpretando hegelianamentel’idea dell’Uomo-Dio riferitaaGesùCristo,eglipromuoveuna svolta da lui stessodefinita «chiave dell’interacristologia», in base allaqualenonpuòconcentrarsiinun unico individuo l’unionedel divino e dell’umano, manell’umanità intera: «In unindividuo concepito comeUomo-Dio le proprietà e lefunzioni, che la dottrina

ecclesiastica attribuisce aCristo, si contraddicono;nell’idea del genere, invece,esse si armonizzano.L’umanità è l’unione delleduenature».67

Nel caso di DavidFriedrichStraussèdunque lacristologia a esserericonvertita in antropologia equindi, alla stregua diFeuerbach, in unadivinizzazionenondell’uomo

singolarmente inteso, madell’intero genere umano.Con questi due pensatori econ altri della stessa Sinistrahegeliana comeBrunoBauer(1809-1882), che giunseaddirittura a porre indiscussione la reale esistenzastorica di Gesù di Nazaret,68ci imbattiamo nuovamentenella prima evidenza diquellocheèillogicoapprododella negazione di Dio

attraverso la viaantropologica: si svuota ilcielodeldivinoperinnalzarvil’essereuomoedare formaauna nuova religionedell’umanità.

Nella linea delrovesciamento della teologianell’antropologia e dellatendenza a umanizzare Diopossonoessere ricondottepercerti versi le riflessioni diNicolai Hartmann (1882-

1950) sulla metafisicateleologica, sebbene il suopensierosiadistantedaquellofeuerbachiano tantotemporalmente quantostrutturalmente. Egli sicollocainfattinellatradizionefenomenologica e quindidell’intenzionalità dellacoscienza, ma è inoltreattento alla natura aporeticasia della realtà sia delpensiero. Lo studio teorico

delle aporie è secondo luifondamentaleperoltrepassarela conoscenza ingenua dellecose e confrontarsi con iperenni e ineludibiliinterrogativi della metafisica,accettandone però i limitiepistemologici in quantodisciplina protesa verso unoggettochelatrascendeechenon riesce mai a dominaretotalmente. Hartmannpresenta la sua ricerca

filosofica come un’ontologiacritica e all’internodi essa sicollocano appunto leconsiderazioni sul tema dellateleologia, ossiasull’interpretazionefinalisticadeifenomenidellanatura,maanchedellastoriaedeivalori.

Preso atto che sussisteuna «seduzione allafalsificazione teleologicadelle rappresentazioni delmondo», il nostro filosofo

deducelogicamentechese«ilprocesso cosmico è attivitàverso uno scopo, allora devestargli nascosto dietro“qualcuno”» in grado diindirizzare o pianificarel’intero universo in direzionedi un fine predeterminato;pertanto «la metafisicateleologica conduceinevitabilmente a Dio». Maquella di un esseretrascendente posto dietro il

divenire del mondo èun’ipotesi collocata «al di làdi ogni dimostrabilità»,mentresesiosservabenecisiaccorge che dietro a essa inrealtà si cela l’immagineassolutizzata dello stessoessere umano: «Questoconcetto teleologico di Dio,guardato più attentamente, èin tutto e per tutto il fedeleritratto dell’uomo, soloelevato all’assoluto. […]

Anchecosìl’umanizzazioneèevidente». Alla fine ogniconcezione teologica efinalistica del reale è unaforma di antropologia equindi di riduzione deltrascendente all’umano, alpunto che «ogni teleologiadellanatura,dell’essereedelmondo è necessariamenteantropomorfismo». Ma unantropomorfismo filosoficopuòfareamenodelconcetto

stesso di Dio, sostituibilefacilmente con una«ipostatizzazionediscopidelmondo postulatiassiologicamente», cioèsecondo un insieme di valorichesirivelanotuttiall’uomo.

D’altronde, sul terrenodell’etica, un mondo che siastato prodotto in base a unpiano da una divinità o nelquale una divinità al di fuoridell’uomo disponga in

qualche modo del futuro,l’uomo come essere morale,come persona, sarebbetotalmente annullato, nonpotrebbe più «mettersi ingara» e questo non è néaccettabilenéammissibile.Indefinitiva, per salvare lalibertà nell’agire dell’essereumano bisogna postularel’infondatezza dell’esistenzadiunDioprovvidente,dacuidiscende quello che è stato

chiamato «ateismopostulatorio dellaresponsabilità» umana.Bisogna in altri terminirifiutarequalsiasinozionedeldivino,siaessaquellateistaoquella panteista, perché sottoquesto profilo «distinzionialtrimenti significative comequellatrateismoepanteismosono assolutamenteindifferenti»: entrambi sononegativiperl’etica.69

Ma tanto il tentativo diFeuerbach di restituire algenere umano un’essenzadotata delle stesse virtùassegnate a Dio (soprattuttoinfinitezza e amoresconfinato), quanto lademitizzazione filosofica el’ateismo postulatoriohartmanniano naufragano alcospetto delle realicaratteristiche degli uominiconcreti, che ci mostrano

quotidianamente come gliindividui della nostra speciesiano in effetti limitati,imperfettinelle loropassioni,combattuti tra l’odio el’amore per i propri simili enon certo sempre razionalinelle proprie azioni. Comenon è sufficiente sostenerecheildivinoèunaproiezionedella mente umana perdimostrare che non esiste,allo stesso modo non basta

divinizzare l’essere umanoperrenderlodavverosimileaDio. In breve, per dirla conKant, l’uomo è e resta un«legno storto», un coacervodi bene e di male dalla cuistoria difficilmente puòscaturire un esito totalmentepositivo e paragonabile allaperfezione divina: «Da unlegno storto, come quello dicui l’uomo è fatto, non puòuscire nulla di interamente

diritto».70

5.LamortediDio

L’ateismo nichilisticorappresentaforselaformapiùradicale di rifiutodell’esistenza di Dio ed èl’esito più maturo a cuiapproda l’ateismoantropologico in epocacontemporanea, dopo essere

passato per il materialismoilluministico el’umanizzazione diDio degliallievi di Hegel. Esso vantacome indiscusso protagonistauno dei filosofi più grandi econtroversi dell’800:Friedrich Nietzsche (1844-1900). Non è facileinquadrareinunoschemaoinunacorrentefilosofical’operadi questo pensatore tedesco,anzi probabilmente è

impossibile; perciò nonsorprendono i tanti equivoci,le tante differenticlassificazioni e anche lestrumentalizzazioni a cuisonoandatiincontrogliscrittinietzschiani, specie da partedelle diverse ideologiepolitichedel’900.

Tutto dipende dal fattocheNietzschecostituisceunasorta di crocevia dellariflessionefilosofica,incuisi

incontrano e si scontranodiverse tendenze quali:l’idealismo romantico, ilpessimismoschopenhaueriano,l’irrazionalismo,l’evoluzionismoe la filosofiadell’esistenza. Al tempostesso però egli si proponevadisuperareotrasmutaretuttiivalori del pensierooccidentale, a iniziare daquelli della metafisica di

origineplatonicaedella fedecristiana. In uno degli ultimisuoi scritti a chiara improntaautobiografica, Ecce Homo.Come si diventa ciò che si è(1888), il nostro filosofodimostra di aver ben chiaral’inattualità o la «scomodità»della sua figura, nonchél’obiettiva difficoltà aintendere un messaggiodirompente come il suo equindilafacilitàconcuiesso

poteva essere frainteso omanipolato:

Conosco lamia sorte.Ungiorno sarà legato al mionome il ricordo diqualcosa di enorme: unacrisi, quale mai si eravista sulla Terra, la piùprofonda collisione dellacoscienza, una decisioneevocata contro tutto ciòchefinoraèstatocreduto,

preteso, consacrato. Ionon sono un uomo, sonodinamite. […] La miaverità è tremenda: perchéfino a oggi si chiamavaverità la menzogna.Trasvalutazione di tutti ivalori: questa è la miaformula.71

Già dal tono profetico edenfatico del linguaggio diNietzsche si può intuire

l’impatto devastante di unpensiero che nega in bloccotutte le visioni del mondodella tradizione occidentale,maanche ilmotivoper cui aqualcuno fece comodoutilizzare la malattia mentalechelocolpìgravementenegliultimi anni di vita perrelegare la sua filosofianell’ambito della follia. Inrealtà, come ha chiarito KarlLöwith, in quella che può

apparire pazzia (edeffettivamente già lo è inalcuni brani degli ultimiscritti nietzschiani) ècontenuta una stupefacentepremonizione dei tragicidestini dell’umanità checaratterizzeranno la primametà del ’900 con i dueterribili conflitti mondiali;infatti,«questo“EcceHomo”,che porta impresso il segnodel destino europeo, può

sembrare la megalomania diundemente,mapuòapparireanche come una sapienzaprofetica, insieme follia eprofondità»72.Ma il pensierodi Nietzsche, una voltatrasformatosi in profezia,cessa di essere soloriflessionefilosoficaediventa«in largo senso politica»73,diventa cioè un impegno euna sollecitazione per gliuomini a prendere atto della

fine di un’epoca, degli erroricorrentidellafilosofiaedellareligione, nonché della crisidi tutti i sistemi di governo:«Il concetto di politicatrapasserà alloracompletamente in quello diunaguerradeglispiriti,tuttiicentri di potere della vecchiasocietà salteranno in aria:sono tutti fondati sullamenzogna[…].Soloapartireda me ci sarà sulla Terra

grandepolitica»74.Qual è dunque il

messaggio di cui si senteportatore il filosofo tedesco?Possiamo riassumerlo in unappello ai valori vitali o«dionisiaci», in una vera epropria passione per la vitanella sua dimensione reale oterrena(anchesenegativa),inun ripudio di qualsiasiconcezione illusoria delmondo, in una ripulsa della

decadenza iniziatadaSocratee riassunta prima nellafilosofiaidealisticadiPlatonee poi nellamorale ascetica erinunciataria delcristianesimo.

Il cristianesimo – scriveNietzsche – fu findall’inizio,essenzialmente efondamentalmente,nausea e sazietà che la

vita ha della vita, nauseasoltanto travestita,soltantonascosta,soltantomascheratacon la fede inun’altra o migliore vita.[…] Contro la morale sivolse dunque allora, conquestolibroproblematico,il mio istinto, come unistinto che parla a favoredella vita, e inventò unasistematicacontrovalutazione e

controdottrina della vita,una valutazionepuramente artistica, unavalutazione anticristiana.Comechiamarla? […]Lachiamai la valutazione«dionisiaca».75

Nonstaremoquiapassarein rassegna le disparateinterpretazioni del pensieronietzschiano prodotte dallacritica filosofica dalla morte

del filosofo fino ai giorninostri. Ci interessa invece dipiù che sia ben chiara lacontrapposizione da un latotra una morale e unaconcezione del mondofondatesulrisentimentoversolavitatipicodell’uomoinetto(«Nellamoralelarivoltadeglischiavihainiziodaquandoilressentiment [risentimento]diventaessostessocreatoreegeneravalori»)76; e dall’altro

un’idea dell’esistenza umanatutta rivolta alla corporeità, aciòcheèterrenocomeneiritidionisiaci dell’antica Grecia.Taleèinfattil’appellorivoltoall’umanità nel Così parlòZarathustra (1885): «Viscongiuro fratelli, rimanetefedeliallaTerraenoncredetea quelli che vi parlano disovraterrene speranze! Losappiano o no: costoroesercitanoilveneficio»77.

Non può allora mancareinNietzscheuna fermapresadidistanzadaciòcheharesomaggiormente possibile inOccidente il distacco dallavita terrena nella prospettivadiun’esistenzaultraterrena:lareligione cristiana e la suanozione del divino. «IlconcettocristianodiDio[…]–affermailfilosofotedesco–èunodeipiùcorrotticoncettidi Dio che siano mai stati

raggiuntisullaTerra[…].Diodegenerato finoa contraddirela vita, invece di esserne latrasfigurazione».78 Questorifiuto di ogni trascendenza,questa ferma opposizionecontro la metafisica classicadell’Occidente che ha negatoil significato reale della vitacontenuto nel senso deltragico della civiltà grecapresocratica, questa criticaferocemente anticristiana

sono inspiegabili con ilsemplice ricorso altradizionale ateismo, marichiedono l’introduzionedella più radicale categoriadel «nichilismo». Come delrestoricordalostessofilosofotedesco, l’ateismo per lui«non è un risultato etantomeno un avvenimento»,infatti «come tale non loriconosco; io lo intendo peristinto. Dio è una risposta

grossolana, una indelicatezzaverso noi pensatori».79 Egliperciò vuole andare oltrel’ateismo riflettendo sulleconseguenzenichilistichecheda esso discendono, suirisvolti filosofico-esistenzialie pratici dell’oggettiva escontata«mortediDio».

Che cosa si debbaintendere col termine«nichilismo» ce lo spiega lostesso Nietzsche nei

frammenti di un’opera a cuistava lavorando allorché fucolto dalla pazzia e cheposteriormente furonopubblicati, a cura dell’amicoPeter Gast (1854-1918) edella sorella del filosofoElisabeth Förster-Nietzsche(1846-1935), col titolo Lavolontà di potenza: «Ilnichilismocomeconseguenzadell’interpretazionedelvaloresin qui accordato

all’esistenza. Che cosasignifica nichilismo?Significacheivalorisupremisisvalutano.Mancaloscopo.Manca la risposta al:perché?». Il nichilista,dunque,ècoluicherispettoalsenso della realtà, inparticolare della vita umana,non ha risposte, non vedevalori, è insommasprofondato nel «nulla» (dallatino nihil): «Il nichilismo

come condizione psicologicadovrà subentrare in primoluogo se avremo cercato un“senso” in tutto ciò cheavviene, senso che non vi sitrova: così che il cercatorefinisceperperdersid’animo».

Anchelecauseall’originedel trionfo del nichilismosono per Nietzscheabbastanzachiare;essevannoricercate nella filosofiarazionalistica e nella

decadente etica cristiana che,in quanto false, hanno finitoappunto per annichilire ilmondo reale, quellotestimoniatodall’atteggiamento dionisiacoedalverbonietzschiano:

Il nichilismo è davantiallaporta:dondecivienequesto che è il piùinquietante fra tutti gliospiti? […] In

un’interpretazioneperfettamentedeterminata[del mondo], in quellacristiano-morale, sta ilnichilismo. […] «Tutto èprivo di senso»: trattobuddhistico, l’aspirazioneal nulla. […] La fedenelle categorie dellaragione è la causa delnichilismo, noi abbiamocommisurato il valoredelmondo a categorie che si

riferiscono a un mondofittizio.80

Si intravede in filigranadietro queste parole delfilosofo tedesco ilpessimismoschopenhaueriano influenzatodallereligioniorientali,cheinsensochiaramentenichilisticovenne fatto proprio anche daEduardvonHartmann(1842-1906): un pensatore a lui

contemporaneoperilqualeilnon essere è preferibileall’essere,perchénonessereèlaperfezioneeilmondodevetendere quindi adannichilarsi, comeperaltroèdestino avvenga pure per ilcristianesimo.81Manonbastaancora, perché Nietzscheestende coerentemente gliesiti nichilistici a tutte leforme di sapere e a tutti gliatti concreti dell’uomo come

la scienza, la politica,l’economia, la storia, l’arte eviadicendo.Ealverticee,altempostesso,allefondamentadel nichilismo comefenomeno che nega qualsiasisenso alle cose, che svalutaognivalore,nonpuòchestarela totale e definitivanegazione della fontesupremadeivalori,diciòcheè stato pensato proprio perspiegare la realtà, per

attribuire un significatoall’essere;inunaparola,Dio.Aquestonichilismodisegnodecisamente negativo chedice no a Dio e altrascendente, fa dacontrappuntounnichilismodisegno positivo che per ilnostro filosofo consiste neldire sì alla realtà così comeeffettivamente è; un sì allavita che si traduce nel«rimanere fedeli alla terra»,

come perorava inZarathustra.

È soltanto alla luce diquesto duplice senso delnichilismonietzschianocheèpossibile capire a fondo ilcelebre grido: «Dio è morto[Gottisttot]».Sussiste,comesi è detto, una relazione difondotral’affermazionedella«morte diDio» (Tod Gottes)e il pensiero nichilistico cosìcom’è stato sviluppato da

Nietzsche. Due sono i testiprincipaliacuipossiamofareriferimento: uno in La gaiascienza (1882) e l’altro nelcitatoCosìparlòZarathustra.Il primo testo è unanarrazionepienadipathos:

Avetesentitodiquelfolleuomo che accese unalanterna alla chiara lucedel mattino, corse almercato e si mise a

gridare incessantemente:«CercoDio!CercoDio!».E poiché là si trovavanomolti di quelli che noncredevano inDio, suscitògrandi risa. «È forseperduto?» disse uno. […]Il folle uomo balzò inmezzoaloroelitrapassòconisuoisguardi:«Dovese n’è andatoDio?Ve lovoglio dire! Siamo statinoi a ucciderlo: voi e io!

Siamo noi tutti i suoiassassini! […] Dio èmorto! Dio restamorto!».82

Nel secondo testoZarathustra,scendendopressogli uomini dal suo eremosulla montagna per renderlipartecipi della sua sapienza,incontra per primo nellaforesta un vecchio solitariocheaffermadiamareDio,ma

nongliesseriumani;eallora«quando fu solo così parlòZarathustranelsuocuore:“Èmai possibile! Questo santovegliardo non ha ancorasentito dire nella sua forestacheDioèmorto!”».83

Un’idea questa dellamorte di Dio e dell’umanità,che si scopre da Luiabbandonata, che si trovavain parte già nelDiscorso delCristo morto (1796) del

romantico tedesco Jean Paul,pseudonimo di Johann PaulFriedrich Richter (1763-1825). Qui, all’interno di undiscorso sulla negazionedell’esistenza di Dio e sulla«fede nell’ateismo», JeanPaul fa domandare a Cristo:«Non c’è Dio alcuno?»; erispondere da Luiseccamente: «Non c’è. Hoattraversatoimondi,[…]Manon c’è Dio alcuno». E agli

uominichechiedonodel loroPadreceleste,Cristorispondefacendo intendere che ormaiDio è come fosse morto:«Siamo tutti orfani, io e voi,siamotuttisenzapadre».84

Tornando a Nietzsche,una volta annientato(assassinato) Dio e con luitutti i valori della culturaumana, si para davanti alfilosofo tedesco come a tuttinoi un enorme vuoto, un

gigantesco nulla, di fronte alqualesipone ilproblemadel«riempimento», della«trasvalutazione dei valori»,che superi quello che lostesso filosofo ha definito un«nichilismo passivo» perapprodare a un «nichilismoattivo».85Lasoluzione,laviadi uscita dal nichilismopassivo, Nietzsche sembratrovarlaa«6000piedialdilàdell’uomo e del tempo»,

mentre cammina nei boschipresso il lago di Silvaplananell’Alta Engadina(Svizzera); e gli pare comeun’illuminazione, unavvenimento del destinopregnodiconseguenzepersée per tutta l’umanità. Perannunciarealmondointerolasua scoperta sceglie ancorauna volta la figura mitico-religiosa del persianoZarathustra, ossia del

fondatore dello zoroastrismoeportatorediunarivelazionedivina. Ma questa scoperta,questa illuminazione altronon è che la dottrinadell’eternoritorno,secondolaquale tutto si riproponeincessantemente allo stessomodo. Parafrasando unversetto del vangelo diMatteodovePietroeffettualasua professione di fede inGesù(Mt16,15-16),ilnostro

filosofo scrive infatti:«Giacché le tue bestie,Zarathustra,sannobenechituseiechidevidiventare:ecco,tu sei il maestro dell’eternoritorno, questo ormai è il tuodestino! […] Vedi, noisappiamo ciò che tu insegni:che tutte le cose eternamenteritornanoenoiconesse,echenoi siamo stati già, eternevolte, e tutte le cose connoi»86. L’accogliere questa

verità equivale a ciò cheabbiamo chiamato un sì allavitacosìcomerealmenteè,afare proprio lo spiritodionisiaco con cui si accettasenza infingimenti e senzariserve il mondo nella suaimmanente realtà, anchenegativa.

Lo struttura dellariflessione nietzschianaadesso ci appare chiara epersintetizzarla ricorriamo

nuovamente alle parole diKarl Löwith: «Il pensierovero e proprio di Nietzscheconsiste in un sistema al cuiprincipio sta lamorte di Dio[Tod Gottes], nel mezzo ilnichilismo che da quelladeriva, e alla finel’autosuperamento delnichilismo verso l’eternoritorno»87. Si parte dunquedalla proclamazione dellamorte di Dio, inteso come il

Dio ideale cristiano, peresaltarelafinedituttiivaloritradizionali e la lorotrasvalutazione nella profeziadell’eterno ritorno, laddovel’attenzione è solo perl’immanente, per il«terrestre». La presa dicoscienza dellamorte di Diorappresenta così uno stadioulteriore e positivo rispettoall’ateismo storicoanticristiano; qualcosa che

Nietzschesembraconsiderareormaiconclamatoerealizzatoin un «ateismo scientifico»:«Il tramonto della fede nelDio cristiano, la vittoriadell’ateismo scientifico, è unavvenimento totalmenteeuropeoalqualetuttelestirpidevono avere il lorocontributo di merito e dionore».88

Di fronte alla morte diDio e all’esclusione dell’idea

cristianadeldivinosegueoral’introduzionediunaltronotoe spesso frainteso temanietzschiano: quello del«superuomo» o, se sipreferisce,dell’«oltreuomo»89. Ilsuperuomo è colui che «vaoltre» l’umanità precedentealla venuta di Zarathustra-Nietzsche, colui che risultadotato di spirito libero eattaccamento alla vita e alla

terra, che non ha bisogno dialcunDio perché egli stesso,nell’eterno ritornodell’uguale, hapreso il postodegli dei: «Zarathustra parlòcosìallafolla:Ioviinsegnoilsuperuomo [Übermensch].L’uomo è qualcosa che deveessere superato. […] Ilsuperuomo è il senso dellaterra. Dica la vostra volontà:siailsuperuomoilsensodellaterra!».90L’uomosuperioreè

colui che ha preso atto dellamorte di Dio e diconseguenza non riconoscepiù l’uguaglianza davanti aun ente trascendente comeimponevalamoralecristiana;noncisonoperciòpiùvincolial pieno realizzarsidell’oltreuomo: «Uominisuperiori, questo Dio era ilvostropiùgravepericolo.Daquandogiacenellatomba,voisiete veramente risorti. Solo

ora verrà il grandemeriggio,solo ora l’uomo superiorediverrà:padrone!».91

Benché ilmodo di essereateo di Nietzsche sia moltooriginale,non sfugge tuttaviaal processo tipicodell’ateismo antropologicochepuntaasostituireDiooiltrascendente con l’uomo, siapure in questo caso nellaforma dell’Oltreuomo. Comeabbiamo accennato in

precedenza, il caratterepostulatorio dell’ateismonietzschiano era già evidenteper Max Scheler, che loindividuava soprattutto inquesta argomentazione: «Sevi fossero degli dei, comepotrei sopportare di nonessere dio! Dunque, non visonodei»,doveèimplicitalaseconda premessa «Nonpotrei sopportare di nonesseredio».92

Il ragionamento diNietzsche,sebbenepresentatoin modo formalmente noninappuntabile, servebenissimo a dimostrare comeil filosofo tedesco postuli lanon esistenza di una o piùdivinità per esaltare almassimo grado l’essereumano, che secondo lui nondovrebbe mai accettare dirisultare inferiore a nessunaltro ente, Dio incluso. Sono

per altro tantissime lelapidarie affermazioni messein bocca a Zarathustra nellequali l’uomo si sostituisce aldivino, come questa: «Bastacon un dio così! Meglionessun dio […]. Meglioesserenoistessidio!».Enona caso, la figura del vecchioultimo papa con cui stainterloquendo Zarathustracosì risponde: «Che sentomai! […] O Zarathustra, sei

più devoto di quanto tu noncreda con questa tuamiscredenza!Un qualche diodentro di te ti convertìall’ateismo»93. È quindi deltuttocomprensibilechecisiachi tra gli studiosi delpensiero nietzschiano abbiacolto come «non soloNietzscheparli del sacro, deldivino, ma che addirittura ilsuo stesso filosofare puòessere considerato come

sacrale». In altre parole, allabase del suo modo di essereanti-metafisico si coglie una«nuova metafisica che puòdefinirsi come metafisicatragica».94

Il tentativo di FriedrichNietzsche,inultimaanalisi,èrivolto a unificare la volontàumana con la dimensionenecessaria del cosmo e pergiungere a tanto deveeliminare l’ostacolo più

grande che si frappone allarealizzazione del suoprogetto,ossiaall’avventodelsuperuomo.Questoostacoloèil Dio trascendente e soloallorché il volere e l’esseresaranno unificati nelsuperuomo, sarà eliminatal’idea stessa dellatrascendenza.Maè facilequiosservare che questosuperuomo od oltreuomonella realtà non esiste e non

potrà mai esistere, mentreesistono gli individui umanireali, ben diversi dagli«uomini superiori» diZarathustra. La filosofianietzschiana e il suoumanesimo ateo riesconoperciò soltanto nell’impresanichilistica di dissolverel’essere umano senzasostituirlo con alcunché,condannandocosìl’umanitàauna nullificante assenza di

valori e di senso: «Non c’èpiùuomo,perchénonc’èpiùnulla che trascendal’uomo»95.

6.Tuttoèpermesso

Nel pensierocontemporaneo,inparticolarein quello dell’immediatosecondodopoguerra,unruoloimportante è stato senza

dubbio rivestitodall’esistenzialismo ateo,perché ha contribuito più dialtre concezioni filosofiche adareconsistenzaal repertoriofondamentale delle tesidell’ateismo del XX secolo,diventando per un certotempo pure un’influentemoda culturale. Prenderemoquiprevalentementeinesamealcuni protagonistidell’esistenzialismo che

fecerodellanegazionediDioun elemento importante dellaloro riflessione e dei loroscritti. Per due filosofi comeJean-Paul Sartre e MauriceMerleau-Ponty,inparticolare,l’ateismo non è un punto diapprodo bensì un basilarepunto di partenza. Rinviamoinvece la trattazione di unaltro pensatore esistenzialistaateo, Albert Camus, alcapitolo in cui affronteremo

l’ateismo prometeico e larivolta contro il male nelmondo.96

L’ateismo di Jean-PaulSartre(1905-1980)affondalesue origini addiritturanell’infanziadelfilosofoedèluistessoaraccontarceloconespressioni moltosignificative:

La mia inclinazione aelevarmi al di sopra dei

benidiquestomondoeraforte proprio perché nonne possedevo nessuno[…].Erocredente,dicevotutti i giorni la preghiera[…]. Un giorno,consegnaiall’istruttore[direligionecheeraunprete]una composizione infrancese sulla Passione[…]. Ottenne solo lamedaglia d’argento [cioèil secondo posto].Questa

delusione mi sprofondònell’empietà. […] Hoappena raccontato lastoria di una vocazionemancata: avevo bisognodi Dio, mi fu dato, loricevetti senza capire chelo cercavo. Non potendoattecchire nel mio cuore,Egli ha vegetato in me,poièmorto.97

Se non si tratta di una

delle sue tante boutade, daquesto resoconto di una«vocazione mancata»apprendiamo che Sartre, unodegli atei più agguerriti ditutti i tempi, avrebbe potutobenissimo diventare unfervente credente se soltantoalcune circostanze della suavita infantile tutto sommatobanali,comeilmancatopienosuccesso in un concorsopoeticoperragazzi,sifossero

svolte diversamente. Ciò peraltrodimostraquantoabbianoinciso sulle sue sceltefilosoficheleesperienzedella«vita vissuta» e quanto ingenerale esse risultinodeterminanti per ogni uomoall’atto della formazione delsuo atteggiamento neiconfronti dell’esistenza diDioedellafedereligiosa.Latestimonianza del filosofofranceseinducetuttaviaanche

a un’altra considerazione.Dopo Feuerbach, ma ildiscorsopuòforsevalerepureper il giovane Marx e perNietzsche, ci imbattiamonuovamente in un ateo cheprima di diventare tale èandato vicinissimo acompiere una scelta religiosaradicale,aessereuncredentefino al midollo, forsanchefino al misticismo. Senzaaddentrarci in complesse

analisi psicologiche, ciò checi sentiamo ragionevolmentedi sostenere è che, adifferenza dell’ateismopratico, l’ateo teorico non èmai indifferente allaquestione dell’esistenza diDio; e per quanto la neghirisolutamente, il problemadella presenza di un Esseretrascendente sorgente disignificato per la vita umanal’hatoccatoel’hainteressato

profondamente. Guai dunquea confondere l’ateismospeculativoconl’indifferenzainmateriareligiosa:sonoduefenomeni molto differenti,specie dal punto di vista delvalore e della dignitàintellettuale.

Che l’ateismo sia unelemento fondantedell’esistenzialismo sartrianosinotachiaramenteallorchéilfilosofo francese distingue i

pensatoriesistenzialistiinduecategorie:quellichesidiconocristiani o credono in Dio equelli che invece siproclamano atei. Tra i primiegli colloca Karl Jaspers(1883-1969)eGabrielMarcel(1889-1973), mentre tra isecondi inserisce MartinHeideggeresestesso.Ledueforme di esistenzialismoavrebbero in comune ilprincipio secondo cui

«l’esistenzaprecedel’essenzao, se volete, che bisognapartire dalla soggettività»98,ma poi si differenzierebberosul modo di giustificare ofondaretaleprincipio,ovverosul fatto se esso sia o menocompatibileconl’esistenzadiDio. Certamente quello diSartreèunateismopresentato«comeunatesiesplicitamentemorale e non con argomentignoseologici», perché viene

presuppostocomecondizionesenza laquale«nonpotrebbedarsi un’esperienza [umana]piena, e cioè non evasivadellalibertàdiscelta».99

Nel saggio del 1945 daltitolo L’esistenzialismo è unumanismo, il filosofofrancesedàilmegliodiséperargomentarelostrettolegamedi necessità razionale cheunisce la negazione di Diocon l’affermazione della

piena libertà umana; e lo facon una verve, con unacapacità di persuasione cheancora oggi colpiscono eaffascinano il lettore. Il suoragionamento procedeinnanzituttodallaspiegazionedi che cosa significasostenere che per l’uomol’esistenza precede l’essenza.Secondo un modo diintendere di una certatradizione del pensiero

metafisico gli elementiprimaridiunoggetto,ossialecaratteristiche che fanno diuna cosa quella cosa (peresempio l’uomo è un«animale pensante»), e chepoi sono riassunti nelconcetto o nella definizionedella cosa medesima,costituiscono l’essenzadell’oggetto e in quanto talidevono venire considerati aessopreesistenti.Nelcasodel

singolo essere umano peresempio, la natura di«animale razionale»precederebbelasuaesistenza,dalmomentochetalenaturaoessenza già caratterizza tuttala specie umana ancor primache il singolo uomo compaiasulla Terra. Come spiega lostesso Jean-Paul Sartreriferendosi a questaimpostazione filosofica,«l’uomo possiede una natura

umana: questa natura, cioè ilconcetto di uomo, si trovapresso tutti gli uomini, il chesignificacheogniuomoèunesempio particolare di unconcetto universale: l’uomo.[…]Cosìl’essenzadell’uomoprecede quell’esistenzastorica che incontriamo innatura».100

Orbene, per certi sistemifilosofici il concetto ol’essenza di tutte le cose

esiste addirittura prima dellastessacreazionedelmondoedi solito si trova nellamentedel creatore, amenochenonsi teorizzi addirittural’esistenza di un «altromondo» fatto solo di pureidee, così come ritenevaPlatone. Sartre si concentraperòsoprattuttosulladottrinapiù diffusa in Occidente,ossia quella cristiana chechiama in causa un Creatore

intelligente, e afferma: «Dio,quando crea, sa conprecisionechecosacrea.[…]Diocreal’uomoispirandosiauna determinata concezione[un’ideagiàinsuopossesso].In tal modo l’uomoindividuale incarna un certoconcetto che è nell’intellettodi Dio». Ma secondol’esistenzialismo ateo questaconcezione filosoficapresenta il grave difetto di

limitare fortementel’autonomiae laprogettualitàumana, di fare del soggetto-uomo un individuo nontotalmenteliberoequindinonmolto dissimile da unqualsiasi altro ente delmondo. Quindi il filosofofrancese si domandaretoricamente: «L’uomo hauna dignità più grande chenonlapietraoiltavolo?».101

Un essere umano

totalmente determinato comeuna pietra o un tavolorisulterebbe fortementecondizionato dalla suaessenza, che ne stabilisce apriori la natura e gliimpedisce di essere «unprogetto che vive se stessosoggettivamente» eliberamente, come vorrebbeprecisamente la filosofiaesistenzialistaeprimadiessala tradizione umanistica. A

questo punto però, la via diuscita razionale da questaconcezione metafisicadell’essere umano che necompromette la piena libertàe ladignitàèunasoltanto: lanegazione assolutadell’esistenza di Dio. ScriveinfattiSartre:

L’esistenzialismo ateo,che io rappresento è piùcoerente. Se Dio non

esiste, esso afferma, c’èalmeno un essere in cuil’esistenza precedel’essenza, un essere cheesiste prima di poteressere definito da alcunconcetto: quest’essere èl’uomo. […] L’uomoinnanzitutto esiste, sitrova,sorgenelmondo,esidefiniscedopo.L’uomononèdefinibileinquantoall’inizio non è niente.

Sarà solo in seguito, esarà quale si sarà fatto.Così non c’è una naturaumana,poichénonc’èunDiochelaconcepisca.102

D’altronde Sartre ritieneinconcepibile l’ideadell’Esseredivinopuredaunpunto di vista strettamentespeculativo,ovveropiùlegatoa una riflessione criticasull’«ontologia

fenomenologica»(comeluilachiama),perchélanozionediDio quale causa di se stessofinisce per essere riassorbitadalla contingenza: «L’atto dicausalitàpercuiDioècausasui, è un atto annullatorecomeogniattodi riconquistadisédapartedisestessi[…];laprimarelazionedinecessitàè un ritorno a sé. E questamanifestazione originaria, simanifesta sul fondamento di

unesserecontingente.[…]Inuna parola, se Dio esiste, ècontingente»103.Laprosadelfilosofo francese èartatamente involuta, ma insostanza ci dice che ilconcetto di Dio dellametafisica occidentale, inparticolare quello diderivazione cartesiana, èautocontraddittorioperchéneltentativo di riacquisire sestessosiannichiladasolo:nel

linguaggio sartriano assumecontestualmente la forma«dell’in-sé [gli oggetti delmondo] e del per-sé [lacoscienza]»104, che sonocaratteristiche tra loroincompatibili. Insomma, unasintesi ideale della natura edell’essere umano in Dio èimpossibile: «È come se ilmondo,l’uomoel’uomo-nel-mondo non giungessero arealizzare che un Dio

mancato.[…]»105.Ci ritroviamo così di

nuovo nel bel mezzo delmeccanismo classico e ormaia noi ben noto dell’ateismoantropologico: quello che fadella negazione del divino lapremessa o precondizionedell’affermazione dell’essereumano, fino al punto diequiparareoinnalzarel’uomostesso alla funzione oall’essenza di Dio. La più

marcata differenzadell’esistenzialismo sartrianonei confronti del pensiero diFeuerbach e Nietzscheconsiste nel privilegioaccordato al soggetto-uomorispetto al genere o allacomunità umana, l’individuocome progetto di se stesso,come «ciò che ha coscienzadi progettarsi versol’avvenire»106. Tuttavia restaanche qui evidente la

rappresentazionediunessereumanoprotesoaeguagliareiltrascendente e in tal sensoalcune affermazioni di Jean-Paul Sartre sono illuminanti:«Ciò che rende meglioconcepibile il progettofondamentale della realtàumana, è che l’uomo èl’esserecheprogettadiessereDio […], valore e scoposupremodella trascendenzaapartiredalquale l’uomosi fa

annunciare ciò che è. […]Essereuomosignificatenderea essere Dio; o, se sipreferisce, l’uomo èfondamentalmente desideriodiessereDio»107.

Dalpuntodivistapraticoper il filosofo francese, unavolta eliminato o superatoDio quale «ipotesi inutile ecostosa»108, ogni singoloindividuo umano diventapienamente artefice di se

stesso,può faredi séciòchevuole, perché non è piùdeterminato da nessunaessenza o natura prestabilita:«L’uomo non è altro che ciòchesifa.Questoèilprincipioprimo dell’esistenzialismo.Ed è anche quello che sichiama la soggettività»109.L’eliminazione di Dio peròpresenta anche altri risvolti,non del tutto gradevoli perl’uomo; comporta un alto

prezzodapagare,alcontrariodi quanto immagina «unacerta morale laica chevorrebbe togliere di mezzoDiocon laminima spesa».Ele conseguenzemaggiormente rilevanti sipalesano proprio nel campodell’etica, dove vengono amancare i valori assolutigarantiti dalla presenza diDio,enelcampoesistenzialedove la responsabilità della

scelta, che ora ricadecompletamente su ognisingolo individuo, provocaspesso uno «stato diabbandono», a cui sonocompagne l’angoscia e ladisperazione. Sartre qui èancora una volta moltoesplicito: «Dostoevskij hascritto: “Se Dio non esistetutto è permesso”. Ecco ilpunto di partenzadell’esistenzialismo.

Effettivamente tutto è lecitose Dio non esiste, e diconseguenza l’uomo èabbandonato perché nontrova,né insénéfuoridisé,possibilità di ancorarsi. […]Siamo soli, senza scuse.L’uomo è condannato aesserelibero»110.

Non c’è alcun dubbio:siamo al cospetto di unavisione molto impegnativadellavita.Tuttavia il filosofo

francese ha buon gioconell’affermare che almeno sitratta di una visionedisincantata: «Non c’èbisogno di sperare per agire[…]saròsenza illusioni, faròquello che posso»111. Ecomunque a suo giudizio èl’unicacapacediassecondareunaesistenzaumanalibera:lasolitudine e la pienaresponsabilità diventano cosìil prezzo (altissimo) di una

libertàassoluta.Molti anni dopo, quando

era ormai piuttosto avantinegli anni, Jean-Paul Sartreammise di aver talvoltascritto per meraprovocazione,per il semplicepiacere di polemizzare, dipubblicare opere originali eadatte a stabilire una moda:sembra per esempio che ciòaccadde per il suo poderososaggioL’essereeilnulla,nel

quale tra l’altro si trova lafamosa frase divenuta unmantra dell’esistenzialismo:«L’uomo è una passioneinutile»112. Questo tuttavianon ci pare sia avvenuto conil suo ateismo, con lanegazione di Dio checonsideravaantropologicamente ilpostulato imprescindibiledell’autoprogettualità di ognisingolo individuo umano.Da

quanto ci ha infatti lui stessoraccontato,selasuasceltadidirsiateomaturaall’etàdi12anni una mattina a LaRochelle, mentre aspettandodei compagni di scuola inritardo,perdistrarsidecidedipensare all’Onnipotente econclude con uno stupore dicortesia«nonesisteecredetterisolto il problema»113,ancora settantenne (morìquando mancava poco ai 75

anni) continuava a«scommetteresull’uomo,nonsu Dio»114. Tutto ciò peròsenza ormai nasconderequalche delusione neiconfrontidegliesseriumaniericonoscendo che non vi ènulla di meno sicuro delfuturo di un’umanitàabbandonataasestessa.

7.Unaquestionesenza

importanza

Comesièvisto,Jean-PaulSartre ha classificato tra gliesistenzialisti atei oltre a sestesso anche il filosofotedesco Martin Heidegger(1889-1976), vale a dire unodei pensatori più influenti ditutto il ’900. Benchédell’ultimo Heidegger siaspesso citata l’affermazionefin troppo celebre «Ormai

solo un Dio ci puòsalvare»115, rimane difficileesprimere un giudiziodefinitivo sulla sua personaleposizione nei confronti dellanoncredenza.Ècertochenelpensiero heideggerianomaturo Dio appare come unconcettononsignificativonelpercorso di ricerca del sensodell’essere, specie separagonato alla centralità delDasein (l’«esserci» ovvero

l’uomo); dunque èspeculativamente ininfluente.Riflettendo su FriedrichHölderlin (1770-1843) e sui«poeti nel tempo dellapovertà», Heidegger haindividuato proprionell’indifferenza laconseguenza filosofica epratica dell’assenza di Dionell’epoca contemporanea,ossia di quella che il poetatedescochiamava«lafinedel

giorno degli Dei» e che haprodotto una «mancanza diDio che non nega lapersistenza di unatteggiamento cristiano»verso ildivino,quindidiunafede religiosa da parte deisingoli e delle Chiese, mapiuttosto fa spegnere «losplendore diDio nella Storiauniversale»e fa«venirmenoal mondo ogni fondamentochefondi»116.

Il filosofo tedesco nonpare però volersi adagiaresugli esiti ateisticidell’indifferenza religiosa enella Letterasull’«umanismo» rifiutal’esegesi atea della suafilosofia:

Con la determinazioneesistenziale dell’essenzadell’uomo,nulla è ancoradeciso circa l’«esserci di

Dio» o il suo «non-essere» e così pure sullapossibilità ol’impossibilità degli dei.Perciò non solo èaffrettato, ma è giàsbagliato come modo diprocedere affermare chesia ateismol’interpretazionedell’essenza dell’uomoche parte dal riferimentodi questa essenza alla

veritàdell’essere.117

Tuttavia, poco oltre nellostesso scritto, Heidegger cidice anche che dal punto divista teoretico nei confrontidelproblemadiDio comedialtri analoghi è necessario«un rispetto dei limiti chesono posti al pensiero cometale»; e un pensiero siffatto,ossia«cherimandaallaveritàdell’esserecomeciòcheèda

pensare, non intende affattoaver deciso per il teismo».Dettoinbreve,perHeideggerunpensierocomeilsuo«nonpuòessereteistapiùdiquantonon possa essere ateo»118;perciò la questionedell’esistenzadiDionellasuafilosofia, come per altro inquelladimoltipensatoriatei,sembra evaporare nel nulla:«In principio non è il caos ol’essere o l’idea o l’uno o

Dio, ma in principio è ilNulla»119.

A cavallo trafenomenologiahusserlianaedesistenzialismo positivo sicolloca un altro pensatorefrancese che pone al centrodella sua riflessione larelazione tra uomo emondo,maancheinsiemelareciprocatrascendenza: MauriceMerleau-Ponty (1908-1961).Prima amico e poi critico di

Jean-Paul Sartre, comequest’ultimo ritiene scontatal’impossibilità di credere inDio perché non serve e nonha senso pensare l’assoluto efondare qualcosa su di esso.Alla fin fine gli individuiumani devono contaresoltanto su se stessi; infatti,«che ci sia o no un pensieroassoluto e, in ogni problemapratico, una valutazioneassoluta, per giudicare

dispongosolodiopinionimieche, per quanto severamentele discuta, restano capaci dierrori. […] Quando non èinutile, il ricorso a unfondamento assolutodistrugge proprio quel chedeve fondare». Tra l’altro ilmeta-empirico non è unaconoscenza sicura e allorchécollochiamo «fuoridell’esperienza progressiva ilfondamento della verità o

della moralità», come si faappuntoconl’ideadiDio,«lotravestiamo in certezzeassolute, e allora lasciamo ilverificabileperlaverità,ossiala preda per l’ombra». Inbreve «la coscienzametafisica e morale muore acontattoconl’assolutoperchéè proprio lei, al di là delmondo piatto della coscienzaabituata e addormentata, laviva connessione di me con

meedimeconaltri»120.Nel criticare il pensiero

metafisico Merleau-Pontygiunge perfino a rivalutare ilcristianesimo, ma non certoperlasuateologiadogmaticae non sicuramente per la suascuola filosofica tomista(difatti per lui il tomismo «èben lungi da essere la solatradizionecristiana»),maperil rifiuto del Dio dei filosofiquando si presenta come

«religione della morte diDio», quando si impegna ad«annunciare un Dio cheassume la condizioneumana», diventando partedella cultura non già come«un dogma e neppure comecredenza, bensì comegrido»121. Qui il suoumanismo non è distante daquello degli altriesistenzialisti: dell’uomovede la condizione tragica e

nello stesso tempo la suaapertura ontologica allalibertà. E anche qualora lalibertà per l’individuoconsistesse,comepretendonoi tomisti, «nel realizzare lasuanaturaprestabilitaelasuaforma, si è pur costretti adammettere che talerealizzazione è nell’uomofacoltativa, che dipende dalui, e a introdurre così unaseconda libertà, radicale

svolta,checonsistenelpotereassoluto di dire sì o no».122Ma se Dio esiste, allora «laperfezione è già realizzata aldi qua del mondo» e per gliesseri umani «non rimaneletteralmente niente da fare»,perché al cospetto di questo«sguardo infinito» l’uomo è«senza segreto, ma anchesenza libertà, senzaavvenire».123

In un celebre saggio del

1953 intitolato Elogio dellafilosofiailfilosofofrancesesipreoccupa di porre indiscussione due assolutifilosofici:DioelaStoria.Peril primo dei due assoluti sisofferma sul modo con cuidue pensatori cristiani comeDe Lubac e Maritainaffrontano l’ateismocontemporaneo e concludeche tendono a giudicarlo«come se ogni filosofia,

quando non sia teologica, siriducesse alla negazione diDio». Maritain in particolareparladell’ateismocomediun«attodifedeallarovescia»,di«anti-teismo»,diuna«sfidaaDio»,ma non si rende contoche «essendo teologia allarovescia, non è una filosofia;[…] sicché si riduce tutto auna polemica fra teismo eantropoteismo, i quali sirimandano l’un l’altro

l’accusa risentita dialienazione». La filosofiainvece non dovrebbe esserechiamata a scegliere tra unavisione teologica della realtàela«misticadelsuperuomo»,anzi dovrebbe evitare tanto«l’umanismo prometeicoquanto le affermazioni rivalidella teologia», perché essa«non sostiene che siapossibile un superamentofinale delle contraddizioni

umane, né che l’uomo totaleci attende nel futuro: cometutti,nonnesanulla»124.

Su queste basi Merleau-Ponty rifiuta di definire lafilosofiaunumanismo,«sesiintende per uomo unprincipio esplicativo che sitratterebbe di sostituire adaltri principi. Non si spieganullaconl’uomo,poichéessonon è una forza, ma unadebolezza nel cuore

dell’essere»125. Qui lapolemica è ancora con lateologia,che«nonconstatalacontingenza dell’essereumanosenonperderivarladaun Essere necessario vale adire per disfarsene», maanche con Jean-Paul Sartre esoprattutto con MartinHeidegger perché esaltanoentrambi oltre misura ilDasein (l’«esserci»), ossial’uomo come ente

«privilegiato» o comunqueuniconelcontestodellarealtàmondana. Quindi ha torto ilteologo Henri-Marie deLubac quando si scagliacontro l’ateismo filosoficocontemporaneo perché, a suomodo di vedere, vorrebbesopprimere perfino ilproblema del sensodell’essere e della nostraesistenza che aveva fattonascere Dio nella nostra

coscienza.In realtà per Merleau-

Ponty il vero filosofo nonsopprime il problema delsignificato delle cose e inparticolare della vita umana,caso mai lo radicalizza,poiché «lo pone al di sopradelle “soluzioni” che losoffocano», oltre tantoall’idea di un Esserenecessario quanto a quelladellamateria eternaoppure a

quella dell’«uomo totale».Egli vede piuttosto una sortadi contingenza continua, uncontinuo «sorgere deifenomeni in ogni stadio delmondo», per cui il mondocostantemente ricomincia e«noinondobbiamogiudicareilsuofuturoinbaseaciòcheè stato il suo passato». Èevidente che con questaimpostazione, chedefiniremmo«contingentista»

o comunque da pensierodebole ante litteram («Ilnostropensieroèunpensieroin ritirata o in ripiegamento»diceMerleau-Ponty),nonc’èspazio per nessun assoluto,quindi tantomeno per unEssere trascendente; anzi nelbuonfilosofarenoncisidevepreoccupare di questoconcetto, «non si deveaffermare Dio e neppurenegarlo»,epertanto«silascia

da parte la vera filosofiaquando la si definisce comeateismo».Insomma,Merleau-Pontyètalmenteoltreleideedi divino, di sacro e diassolutocheperlui l’ateismodiventa una questione senzasensoesenzavalore,ancheseè cosciente che una filosofiacome la sua «sarà sempreesposta a questo tipo dirimprovero»,126ossiaaessereconsiderataatea.

Sembrerebbe a questopuntoche il filosofofrancesefaccia eccezione rispetto alprocesso di inversionedell’ateismo antropologicoche finisce per sostituirel’uomo a Dio; e in effettirisulta più marcata che inSartre la comprensione deilimiti della progettualitàesistenziale di ciascunindividuo. Sebbene infattipure per lui l’esistenza è

liberaesiattuasottoilsegnodella possibilità, in quantopuò sempre modificare ilproprio punto di partenzainserendolo in un progettofondato su un atto diriappropriazionedellapropriavita, il significato autenticodell’essenza umana simanifesta solonel suoesserenel mondo. Ma talecostitutivo radicamento nelmondo opacizza il senso

dell’esistenza e rende lalibertà umana nonincondizionata, non assoluta,ma limitata nel raggio dellasua autonomia. Ancheall’essere umano si estendecosì il carattere precario econtingente del mondo, percui il senso non può maisovrastare definitivamente ilnon senso. Del resto, nelleanalisi delle percezioniumane in ambito

fenomenologico il nostropensatore arrivaa concludereche il modo di esseredell’uomo è ambiguo,intendendoconciòchenonènésoggettivonéoggettivo.127

Tuttavia, nonostante ilmaggiorsensodellimiteedeicondizionamenti a cui sonosottoposte le potenzialità o iprogettiesistenzialidiciascunindividuo, Merleau-Pontyrischia paradossalmente di

farepropriodellacontingenzadella condizione umana unnuovo assoluto. Infatti la suafilosofia, benché non ponga«la sua speranza in alcundestinoanchesefavorevole»,lapone invece«inciòche innoi non è destino, nellacontingenza della nostrastoria».Comepressoché tutticoloro che cercano di negarel’esistenza di principiassoluti, il filosofo francese

intuisce di non riuscire aesorcizzare il problema ditrovareunfondamentostabilealla sua speculazionefilosoficaefiniscecosìanchelui per attribuire all’essereumanounruolosuperioreallasua natura. L’uomo, sebbenedescritto come contingente equindi non risulti certamenteun fattore cosmologico,diventa però addirittura «illuogoincui tuttiglielementi

cosmologici, per unamutazione che non è maicompiuta, cambiano di sensoediventanostoria».128

Nell’ambienteculturalmente dinamico dellaFrancia dagli anni ’30 aglianni ’50 si forma ancheClaude Lévi-Strauss (1908-2009) che, pur non essendoun filosofo, si è inserito conlasuaantropologiastrutturalenel dibattito filosofico sul

significato dell’esistenza,dimostrandosisostanzialmenteconcordeconl’ateismo antropologico. Asuo giudizio, «l’esistenza, arigore, non ha alcun senso»,ancheperché«ilproblemadelsenso può essere posto solorispetto all’insignificanteavvenimento che è ilpassaggio dell’uomonell’universo»129. Si devequindi con crudo realismo

prendereattochel’uomononè sempre esistito sulla facciadella terraedèprobabilechenon esisterà per sempre,dunque non risulta un entepiù significante di tutti glialtri:«Ilmondoècominciatosenzal’uomoefiniràsenzadilui.[…]Quantoallecreazionidello spirito umano, il lorosenso non esiste che inrapporto all’uomo e siconfonderanno nel disordine

quando egli saràscomparso»130.

Seguendo il naturalismodi Claude Lévi-Strauss,constatiamo come i problemiche oggi ci assillano ungiorno non esisteranno piùperché non esisterà più innatura un essere umanointelligente che li possaformulare. In altre parolel’uomo come individuo ecome specie è ab origine

condannato a morte, nondiversamente da quanto èaccaduto in precedenza conl’estinzione di molti altriesseri viventi sul pianetaTerra.Egli deve allora al piùpresto rendersi conto che «lesuefatiche,lesuepene,lesuegioie,lesuesperanzeelesueopere, diverranno come senon fosseromai esistite, nonessendoci più alcunacoscienza per conservare

almenoilricordodiqueimotieffimeri»131. In un similescenario, per il nostroantropologo strutturalistaquelladell’esistenzadiDioèuna questione senzafondamento e l’ateismo puòtranquillamente qualificarsicome «l’assenza di certiproblemi, di certe domande,di certi interrogativi»132 chehanno a che fare con lespeculazioni filosofiche sul

senso delmondo e della vitaumana. Non ci sorprendepertantoapprenderedalla suastessavocecheilproblemadiDio non ha mai albergatonellasuamente,senoncomeconseguenza degli studietnologici sulla religionedelle diverse popolazioniumane con cui è entrato incontatto.

Insintesi,conunateismosfoggiato davvero con

nonchalance Claude Lévi-Straussciprospettaunmondodove conta soltanto ciò cheogni singolo uomo famomento per momento e incui a essere enfatizzate sonole strutture prodotte daifenomeni socio-culturali,all’interno delle quali isingoli individui nonpossiedono alcun significatoin sé, ma lo assumono solorestando nel contesto di un

sistema,diunaretestrutturaleindipendente: «Eppure ioesisto. Non certo comeindividuo […]. L’Io non èsoltanto odioso; esso non haposto fra un “noi” e un“nulla”. E se finalmentescelgoquesto“noi”,èperché[…] non ho che una solascelta possibile fra questaapparenza e il nulla»133.Sussiste in altri termini unastruttura profonda che

organizza e forniscesignificato a tutti i singoliuomini e a tutti i fenomeniumani; qualcosa dunque chefonda il tutto nondiversamente dai principimetafisici classici comequello di Essere supremo.Struttura che forse nonaccidentalmentel’antropologo francesechiamava inizialmente,per lasuaformapsichica,«spirito».

In conclusione lostrutturalismo,mentresembrabandire Dio, assolutizza lestrutture e ci elargisce senzaavvedersene o ammetterlounametafisicastrutturalista.

Con questa disincantatavisionecheparlaapertamentedi estinzione dell’essereumano anche sotto il profilospirituale, Lévi-Strausssembra incontrarsiperfettamente con

l’interpretazione della mortediDio chepiù tardi proporràun filosofo francese vicinoallo strutturalismo comeMichelFoucault(1926-1984).A giudizio di quest’ultimo,infatti, con il«Dioèmorto!»di Nietzsche si proclama«non tanto l’assenza o lamorte di Dio, quanto la finedell’uomo»,perchéinfondoèprerogativadell’ultimoessereumano uccidere Dio e

occupare il posto del divino,affermando così il propriointegraleliberoarbitrio.

LamortediDioel’ultimouomo–scriveFoucault–sono strettamente legati:non è appunto l’ultimouomo che annuncia diaveruccisoDio,ponendoin tal modo il propriolinguaggio, il propriopensiero, il proprio riso

nello spazio del Dio giàmorto, ma proponendosianche come colui che haucciso Dio e la cuiesistenzaincludelalibertàe la decisione di taledelitto?

Foucault pensa dunque aun essere umano che avendouccisoDiosisostituiscea luiper scoprire tutta la suafinitudine, ossia di aver in

fondo ucciso se stesso, diaver segnato col deicidio lepremesse della propriascomparsa:«Oggiilfattochela filosofia sia sempre eancora sul punto discomparire, e il fatto cheforse in essa, ma più ancorafuoridiessaecontrodiessa,nella letteratura come nellariflessioneformale,sipone ilproblema del linguaggio,dimostrano probabilmente

che l’uomo sta sparendo».134Foucault segue quil’impostazione di base dellasua indagine filosofica e sipone pertanto dal punto divista del linguaggio intesocome sistema culturale. Loscandaglio archeologico delsapere lo conduce aconcluderecheuncrollodelledisposizioni fondamentalidella struttura dellaconoscenza (episteme)

segnerebbe concretamente lafine dell’essere umano a noinoto; fine per altro giàimplicita nella filosofianietzschiana: «L’uomosarebbe cancellato, comesull’orlodelmareunvoltodisabbia»135.

Traendo le somme,l’esaltazione dell’essereumano da una parte e ilnichilismo dall’altra sono idueelementiricorrentidacui

prendonoavvioleconclusioninegative su Dio dell’ateismoantropologico. L’enfasiantropocentrica secondo laquale l’«uomo è tutto» tendecosì adebordare inuna sortadi assolutizzazionedell’umanità e della suastoria, che diventa a tutti glieffettiunsurrogatodeldivinoo del trascendente. In breve:«LareligionedelDiochesièfatto uomo si scontra con la

religione dell’uomo che si èfatto Dio»136. Per contro,l’accentuazione sul versantenichilistico della condizionetragica della vita umanaconduce a una visioneradicalmente pessimistica,all’interno della quale ogniindividuorisultaabbandonatoa se stesso nell’eterno fluiredellecoseehacomeunicoeinesorabile destino quello discomparirenelnulla.

1 Vedi B. Telesio, De rerum naturaiuxta propria principia. La naturasecondo i suoi principi, Bompiani,Milano2009.2 N. Cusano, Le congetture, II, 143,Rusconi,Milano1988,p.336.3 G. Pico della Mirandola, Oratio dehominis dignitate, Vallecchi, Firenze1942,pp.103e108.4R.Lenoble,Storiadell’ideadinatura,Guida,Napoli1974,p.331.5 G. Cardano, De subtilitate rerum,libroXIX,CambridgeUniversityPress,Cambridge1967.6P.Masterson,AtheismandAlienation,Penguin Books, Harmondsworth 1973,

p.13.7 C. Fabro, Editoriale, «La CiviltàCattolica»del5maggio1984,p.210.8 M. Scheler, Uomo e storia, in Lospirito del capitalismo e altri saggi,Guida,Napoli1988,p.285.9 G. Morra, Ateismo e non-credenzanelle società occidentali, in AA.VV.,L’ateismo. Natura e cause, Massimo,Milano1981,p.92.10 Vedi I. Kant, Critica della ragionpratica, A 238-239, in Scritti morali,Utet,Torino1970,pp.280-81.11CitazionidaScheler,Uomoestoria,in Lo spirito del capitalismo e altrisaggicit.,pp.285-86.

12 Vedi supra cap. 1, par. 1 e cap. 2,par.1.13Vedi J.Habermas, Il pensiero post-metafisico,Laterza,Bari1991.14 Vedi P. Hazard, La crisi dellacoscienzaeuropea,Utet,Torino2007.15 Vedi D. Pennac, La fata carabina,Feltrinelli, Milano 2013, p. 18.L’aforisma completo dello scrittorefrancese è: «Se Dio esiste, spero cheabbiaunascusavalida».16 Citata in F. Nietzsche, Ecce homo.Come si diventa ciò che si è, Adelphi,Milano1992,p.42.17S.Bertelli,IllibertinismoinEuropa,Ricciardi,Milano-Napoli1980,p.3.

18AttidegliApostoli6,9.19VediMolière,DomJuanoulefestinde pierre (Don Giovanni), Rizzoli,Milano1980.20 Per G.C. Vanini vedi Anfiteatrodell’Eterna Provvidenza e Imeravigliosi segreti della Natura,regina e dea dei mortali, in Tutte leopere,Bompiani,Milano2010.PerM.de Montaigne vedi Apologia diRaymond Sebond, in Saggi, Bompiani,Milano2012.21 C. Fabro, Introduzione all’ateismomoderno,Studium,Roma1969,p.190.22P.Bayle,Pensierisullacometa,par.171,Laterza,Bari1995,p.322.

23Ivi,par.143-144,Laterza,Bari1995,pp.269-70.24 P.Bayle,Dizionario storico-critico,Laterza,Bari1976,pp.101-02.25 M. Onfray, L’età dei libertini.Controstoria della filosofia, vol. III,Fazi,Roma2009,p.10.26 Vedi P. Casini (a cura di),Enciclopedia o dizionario ragionatodelle scienze, delle arti e dei mestieriordinato da Diderot e D’Alembert,Laterza,Bari2003.27 P.-H.T. d’Holbach, Sistema dellanatura,Utet,Torino1978,p.75.28 G.V. Plekhanov, Saggio sullosviluppodellaconcezionemonistadella

storia, in Opere scelte, EdizioniProgress,Mosca1985,p.101.29 Vedi G.V. Plekhanov, Contributialla storia del materialismo (Holbach,Helvetius,Marx),Iskra,Milano1979.30D’Holbach,Sistemadellanaturacit.,p.88.31Ivi,p.379.32Ivi,p.434.33P.-H.T.d’Holbach,Ilverosensodelsistema della natura, in Sistema dellanaturacit.,p.715.LoscrittoVrai sensduSystèmedelaNature,pubblicatonel1774, è una specie di compendiodell’operaprincipale.34D’Holbach,Sistemadellanaturacit.,

p.76.35Vediivi,tomoII,capitoloXI(Motivicheportanoall’ateismo),pp.631sgg.36 Inuna lettera all’amicoD’Alembertdel29 luglio1775,Voltairegiudicherànon a caso il libretto diD’Holbach unlibro«terribile»,nelquale«c’èpiùchebuon senso» e perciò nonmancherà difar seguiredelle suebreviosservazionicritiche. Vedi Voltaire, Œuvrescomplètes,vol.50,Garnier,Paris1885.37 F.M. von Grimm in«Correspondance littéraire,philosophique et critique», gennaio177338LecitazionidaP.-H.T.d’Holbach,Ilbuonsenso,Garzanti,Milano2005,pp.

59, 109 e 136. Sulla disgiunzioneesclusivaeladimostrazioneperassurdoutilizzate da D’Holbach vedi R.G.Timossi, Imparare a ragionare. Unmanuale di logica, Marietti, Milano2011.39 Vedi J.O. de La Mettrie, L’uomomacchina,inOperefilosofiche,Laterza,Bari1974.40D’Holbach,Ilverosensodelsistemadella natura, in Sistema della naturacit.,pp.721-22.41 S. Timpanaro, «Introduzione» aD’Holbach, Il buon senso cit., p.XXVIII.42Ivi,p.LIV.

43 L. Feuerbach, Frammenti percaratterizzare il mio curriculum vitaefilosofico, in Scritti filosofici, Laterza,Bari1976,p.306.44 G.V. Plekhanov, Le questionifondamentali del marxismo, in Operesceltecit.,p.370.45L.Feuerbach,Principidellafilosofiadell’avvenire,inScrittifilosoficicit.,p.201.46L.Feuerbach,VorlesungenüberdasWesen der Religion, in SämtlicheWerke,vol.8,Wigand,Leipzig1851,p.29.47 L. Feuerbach, L’essenza delcristianesimo, Feltrinelli,Milano 1975,

p.286.48 Feuerbach, Vorlesungen über dasWesenderReligioncit.,p.28.49 Feuerbach, L’essenza delcristianesimocit.,pp.34-36.50Ivi,p.215.51 Feuerbach, Vorlesungen über dasWesenderReligioncit.,p.29.52 L. Feuerbach, Essenza dellareligione,Laterza,Bari1993,p.111.53Ivi,p.39.54L.Feuerbach,Prefazioneallaprimaedizionedell’essenzadelcristianesimo,inScrittifilosoficicit.,p.102.55 Feuerbach, Tesi preliminari per lariforma della filosofia, in Scritti

filosoficicit.,p.180.56 H. de Lubac, Il drammadell’umanesimo ateo, Morcelliana,Brescia1985,p.23.57 Feuerbach, L’essenza delcristianesimocit.,p.43.58 Feuerbach, Principi della filosofiadell’avvenirecit.,p.220.59Ivi.60 H. Küng, Dio esiste?, Mondadori,Milano1979,p.240.61Ivi,p.272.62Ivi,p.273.63Feuerbach,SämtlicheWerkecit.,vol.9,pp.226-27.

64 Feuerbach, Tesi preliminari per lariformadellafilosofiacit.,p.190.65Ivi,p.190.66 Feuerbach, L’essenza delcristianesimocit.,p.71.67 D.F. Strauss, La vita di Gesù oesamecriticodellasuastoria,Sanvito,Milano1863,vol.II,p.734.68VediB.Bauer,KritikderEvangelienund Geschichte ihres Ursprungs,Hempel,Berlin1850-1851.69Le citazioni daN.Hartmann,Etica,vol. I (Fenomenologia dei costumi),Guida,Napoli 1969, pp. 261-65.Per ilconcetto di ateismo postulatorio dellaresponsabilitàvedisupra,cap.3,par.1.

70I.Kant,Ideadiunastoriauniversaledal punto di vista cosmopolitico, VItesi, in Scritti di filosofia politica, LaNuovaItalia,Firenze1995,p.11.71 F. Nietzsche, Ecce homo. Come sidiventa ciò che si è, Adelphi, Milano1992,p.127.72 K. Löwith, Da Hegel a Nietzsche,Einaudi,Torino1974,pp.287-88.73 G. Vattimo, Introduzione aNietzsche,Laterza1985,p.72.74Nietzsche,Eccehomocit.,p.128.75 F. Nietzsche, Tentativo diautocritica, in La nascita dellatragedia,Adelphi,Milano1994,pp.10-11.

76 F. Nietzsche, Genealogia dellamorale,Adelphi,Milano1993,pp. 25-26.77 F. Nietzsche, Così parlòZarathustra, Adelphi, Milano 1993, p.6.78 F. Nietzsche, L’Anticristo.Maledizionedelcristianesimo,Adelphi,Milano1995,p.21.79Nietzsche,Eccehomocit.,p.33.80LecitazioniprecedentisonotrattedaF. Nietzsche, La volontà di potenza,Bompiani,Milano1995,pp.7-14.81 Vedi E. Hartmann, DieSelbstzersetzungdesChristenthumsunddie Religion der Zukunft, C. Duncker

Verlag,Berlin1874.82 F. Nietzsche, La gaia scienza,Adelphi,Milano1989,pp.129-30.83 Nietzsche, Così parlò Zarathustracit.,p.5.84JeanPaul,DiscorsosulCristomorto,in Scritti sul nichilismo, Morcelliana,Brescia1997,pp.24-27.85Nietzsche,Lavolontàdipotenzacit.,p.17.86 Nietzsche, Così parlò Zarathustracit.,p.259.87Löwith,DaHegelaNietzschecit.,p.294.88 Nietzsche, La gaia scienza cit., p.228. L’«ateismo scientifico» di cui

parla Nietzsche non va ovviamenteconfuso con l’ateismo scientifico oscientista più recente collegato allascienzamoderna.89Sulla traduzionedel terminetedescoÜbermensch con «oltreuomo», invecechecon«superuomo»,vediG.Vattimo,Il soggetto e la maschera, Bompiani,Milano1994.90 Nietzsche, Così parlò Zarathustracit.,pp.5-6.91Ivi,p.333.92Ivi,pp.94-95.93Ivi,pp.303-04.94 G. Penzo, Nietzsche allo specchio,Laterza,Bari1995,pp.159e195.

95 De Lubac, Il drammadell’umanesimoateocit.,p.41.96Vediinfra,cap.6,par.6.97J.-P.Sartre,Leparole,IlSaggiatore,Milano1994,pp.71-73.98 J.-P. Sartre, L’esistenzialismo è unumanismo, Mursia, Milano 1990, pp.46-47.99E.Melandri,«Esistenzialismo»inG.Preti (a cura di), Filosofia, Feltrinelli,Milano1966,p.52.100 Sartre, L’esistenzialismo è unumanismocit.,p.49.101Ivi,p.51.102Ivi,pp.49-50.

103 J.-P. Sartre, L’essere e il nulla, IlSaggiatore,Milano1975,pp.125-26.104Ivi,p.136.105Ivi,p.747.106 Sartre, L’esistenzialismo è unumanismocit.,p.51.107 Sartre, L’essere e il nulla cit., p.680.108 Sartre, L’esistenzialismo è unumanismocit.,p.61.109Ivi,p.51.110Ivi,p.62.111Ivi,p.76.112 Sartre, L’essere e il nulla cit., p.738.

113Sartre,Leparolecit.,p.173.114 J.-P. Sartre, Autoritratto asettant’anni, Il Saggiatore, Milano2005,p.100.115M.Heidegger,OrmaisolounDiocipuò salvare. Intervista con lo«Spiegel»,Guanda,Parma2011,p.149.116M.Heidegger,Sentieriinterrotti,LaNuovaItalia,Firenze1997,pp.247-48.117 M. Heidegger, Letterasull’«umanismo», Adelphi, Milano1995,pp.84-85.118Perlecitazioniprecedentiivi,p.86.119 M.F. Sciacca, La filosofia, oggi,Mondadori,Milano1945,p.237.120 M. Merleau-Ponty, Senso e non

senso, Il Saggiatore,Milano 2009, pp.118-19.121Ivi,p.120.122Ivi,p.100.123Ivi,pp.205e208124 Le citazioni precedenti da M.Merleau-Ponty, Elogio della filosofia,SE,Milano2008,pp.47-48.125Ivi,pp.48-49.126Lecitazionidaivi,pp.46-51.127 Vedi M. Merleau-Ponty,Fenomenologia della percezione,Bompiani,Milano2003.128 Merleau-Ponty, Elogio dellafilosofiacit.,p.49.

129 C. Chabanis, Dio esiste? No,rispondono…, Mondadori, Milano1974,p.90.130 C. Lévi-Strauss, Tristi tropici, IlSaggiatore,Milano1994,pp.402-03.131Chabanis,Dioesiste?cit.,p.90.132Ivi,p.85.133 Lévi-Strauss, Tristi tropici cit., p.403.134 M. Foucault, Le parole e le cose.Un’archeologia delle scienze umane,Rizzoli,Milano1967,pp.411-12.135Ivi,p.414.136 Paolo VI (Giovanni BattistaMontini), Allocuzione al ConcilioVaticanoII,7dicembre1965.

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L’oppiodeipopoli

1.Lasocietàdegliatei

Abbiamo ormai chiarocomel’ateismoantropologicofondi sul presupposto dellanegazione dell’esistenza diDiolacompletarealizzazionedella dignità e dellagrandezza dell’uomo, con unparticolareriguardoperlasualibertà.Finquisièassistitoauna liberazione esistenzialedell’uomo dal divino o dal

trascendente, finalizzata arenderloassolutoprotagonistanel progettareautonomamente la propriavita, come in Jean-PaulSartre, oppure a farne l’entespecialissimo attraverso ilquale si tenta lacomprensione del significatodell’essere, come in MartinHeidegger.Machisièinvecepreoccupato di più deicondizionamenti della

credenza in una divinità o inuna religione sulla «libertàpubblica» della credenza inuna divinità o in unareligione, ossia sullapossibilità dell’individuo diessereliberonell’ambitodellasocietà in cui vive e dellacontesa politica, hasviluppatounrifiutodiDioedella fede religiosa che ècorretto definire «ateismosocio-politico». Stando a

esso, l’autodeterminazionepolitica del soggetto umanonella società civile, oltre aricevere grave nocumentodalla religione, sarebbe resaaddirittura impossibile dalteismo per il fatto che essopone sopra le coscienzeindividuali e collettiveun’autorità superiore etrascendente: quella di Dio.Un essere divino già con lasua solapresenza limiterebbe

l’autonomia dell’individuo,ma soprattuttorappresenterebbe lalegittimazione delle altreautorità terrene che voglionocondizionare o addiritturareprimerelalibertàumana.

Bisognastareattentiquianonconfondere il ripudiodelculto religioso di una o piùdivinità come conseguenzadel rifiuto della teoria delpoteredeldirittodivinonelle

monarchie assolute o neigoverni teocratici con lanegazione razionaledell’esistenza di Dio qualepresupposto o postulatoteorico della libertà sociale epolitica dell’uomo. Il veroateismo socio-politico non èinfatti tanto quello di chicontesta l’uso della credenzareligiosa quale instrumentumregni, bensì quello di coloroche oltre all’autoritarismo

della religione contestanol’autoritàdivinanellanozionestessa di Dio e nel rapportocon la libertà umana siaindividuale sia comunitaria.In tal senso il libero arbitriorisulterebbe incompatibile einconciliabileconlapresenzadi un ente trascendente,perché questi eserciterebbeuna sovranità talmenteassoluta da rendereimpossibile nell’uomoalcuna

autentica autonomiapratica eperfino mentale. In sostanzaaffinchél’essereumanopossarisultarepienamentesestessoin tutta la sua dignità, equindi totalmente libero epadrone del proprio destinoanche nel contesto politico-sociale, l’idea di Dio deveessere definitivamenteconfutata e la religione deveuscire per sempre dallaStoria. Secondo le parole del

teologo Jürgen Moltmann:«Dio oppure la libertà?Questo è il problemadell’uomo moderno, cheprende inmano la sua vita esenesenteresponsabiledopola Rivoluzione Francese».1 Ea partire dal 1789, a partiredallo sconvolgimentorivoluzionario della Franciadell’Ancien régime si èassistito progressivamente aunalottacontroil teismoche

ha visto addirittura unparadossale rovesciamento diprospettiva con l’avventodegli Stati ufficialmente ateicome quelli comunisti giàcitati nei quali la professionedi ateismo è diventata a suavolta il nuovo instrumentumregnidiunpoteredispotico.

Volendo individuare ilprimo rappresentantemoderno dell’ateismo socio-politico, dobbiamo però

guardare a prima del 1789,cioèaprimadellapresadellaBastiglia a Parigi, rimanendocomunque in Francia perchédobbiamo trattare di unpresbitero di Étrépigny e diBalaives-et-Butz nellaChampagne-Ardenne: JeanMeslier (1664-1729).Diventato famoso tra gliilluministi e gli atei dopo lasuamorte, assistiamocon luiaunfenomenopercertiversi

sorprendente, maprobabilmente non isolato inun Paese in cui si stavanodiffondendo rapidamente gliideali dell’Illuminismo.Benché infatti Meslier pertutta lavitasisiacomportatoda chierico irreprensibile,officiando regolarmentemessaeoccupandosiconcuradelle anime del suo paese dicampagna fino al punto daricevere attestati di

apprezzamento dai suoisuperiori, in realtà covavanella sua testa un pensieroateo e materialista. Pensierodaluistessopoiconsegnatoatre corposi manoscritti,compostidapiùdimillefoglie riprodotti in diverse copie,dei quali solo di recente èstata resa disponibile unanuovaversione integrale.2Lapubblicazionenel1735diunestratto denominato Le

testament du curéMeslier fuseguita personalmente daVoltaire, che ovviamenteaveva trovato interessante ilpensierodiquellocheèstatodefinito «il curato ateo»3.Successivamente, nel 1772,ancheilbaroneD’Holbachnepubblicò una sintesi inappendice al suo Il buonsensoelaintitolòLebonsensdu curé Meslier,riconoscendo in tale scritto

una forte consonanza con ilsuo materialismo ateo. NelTestament trovano infattiampio spazio la denunciadelle religioni comefenomeno umano,l’inesistenza dell’anima equindi dello spirito, la falsitàdelle credenze cristiane utilisolo a soggiogare il popolodiseredato e mantenutovolutamenteincolto,lacriticadituttoilpoterecostituitonei

confronti del quale siesprimono posizionianticipatrici dell’anarchismocomunistico.

InpremessaalsuoscrittopostumoJeanMesliersenteildoveredigiustificarsiverso ipropri parrocchiani, ai qualiper altro è espressamentediretto il suo lascitospirituale,peraverliingannatiper tanto tempo fingendosicristiano e sacerdote devoto,

mentre in effetti non credevapraticamente nulla di quantoandava loro predicando.Dimostrando una buona dosedi codardia, ammette di nonaver palesato prima i suoireali convincimenti pertimore delle conseguenzenegative sulla sua persona equindi sulla tranquillità dellapropria esistenza, nontrovando inoltre niente dimeglio che scaricare sui

parenti la responsabilitàdellasua scelta di diventare prete:«Se ho abbracciato unaprofessione cosìdiametralmente opposta aimieisentimenti,nonèaffattoper cupidigia: ho obbedito aimiei genitori».4 Completainfine il tutto con la pateticaprecisazionedinonaveremaisvilitoilministerosacerdotaleo essersi avvalso della suafunzione per pretendere

prebende personali oppuresfruttato lacredulitàpopolareper ottenerne «sommeconsiderevoli per comprarepreghiere», come facevanomolti altri preti irridentidell’ingenuità del volgo emiscredenti quanto o forsepiù di lui. Nonostante laprobabile sincerità di questaexcusatio,èinevitabilecheuncristiano convinto giudichi ilcurato di Étrépigny «una

speciedidonAbbondiodelleidee, che ha covato per tuttala vita il malumore di unasceltasbagliata,senzaavereilcoraggiodiesseresinceroconse stesso e con gli altri»,meritevole alla fine più dicompassione che di «sdegnoomeraviglia»5.

JeanMeslierproponeunaserie di argomenti critici neiconfronti della religioneebraico-cristiana e di ciò che

è riportato nella Bibbia,soprattutto nei Vangeli.Effettua insomma un esamecritico dei testi biblici, conpeculiare attenzione agliscritti evangelici, precorritoredella meglio strutturata edocumentatacriticastoricadiHermann Samuel Reimarus(1694-1768), un illuministadocente di ebraico e lingueorientali per il qualeGesù diNazaret era un uomo, e

nient’altro che un uomo, cheperseguivaunmessianismoditipo politico.6 Tutto questoper concludere che lereligioni in generale e quellacristiana in particolare sonodelle invenzioniumane,dellepure falsità dense dicontraddizioni e di miracoliincredibili, manipolate daipotenti per sfruttarel’ignoranza delle classi piùdeboli per il loro esclusivo

vantaggioeconomico-sociale.Ne discende allora che i

re, gli aristocratici e il clerosono dei parassiti che ilpopolodevecombattereunitoperriappropriarsidellalibertàe diventare padrone dellaterra che coltiva e di tutti iprodotti che fabbrica con lepropriemani.Ilnostrocuratoateo si spinge perfino arivolgere alla sua gente unappello all’unità e alla

ribellionecontroipotentichela tiranneggiano e controqualsiasi forma disuperstizione religiosa:«Alzatevi, unitevi contro ivostri nemici, contro coloroche vi opprimono con lamiseria e l’ignoranza.Rifiutatecompletamente tuttele pratiche vane esuperstiziose delle religioni.La vostra salvezza è nellevostre mani, la vostra

liberazione non dipende chedavoi[…].Unitevidunque,opopolo!Unitevitutti,seavetecoraggio, per liberarvi dallevostre comuni miserie».Senza pronunciare il terminecomunismo, suggerisce allaplebe un vero e proprioesproprio delle risorsedestinate normalmente allaclassedominante:«Trattenetecon le vostre mani tuttequestericchezzeetutti ibeni

che producete col sudore delcorpo, non date niente aquesti superbi e inutilifannulloni, niente a tuttiquesti monaci e questiecclesiastici che vivonoinutilmente sulla terra,nienteaquestiorgogliositirannichevidisprezzano».7

La sensazione di avere achefareconunrivoluzionariogiacobino o socialista èevidentementemoltomarcata

e difatti il suo messaggio haconosciuto e tuttora conoscegrande successo presso glianarchici, i comunisti e imaterialisti atei. Sebbenepressoché ignorato da KarlMarx, in quanto relegato nelmaterialismo ingenuo o nonscientifico e nel socialismoutopistico,ottennetuttaviaunriconoscimento ufficialedall’Unione Sovietica,allorché il suo nome venne

inciso su una lapide posta aridosso delle mura delCremlinoecontenenteinomidei padri ispiratori delcomunismo. Meslier peròaveva in fondo inmente unacomunità perfetta di eguali edi non credenti,molto simileallasocietàdegliateidiPierreBayle.

Qualora avessimo adisposizione il solo estrattodel Testament del curato di

Étrépigny edito da Voltaire,potremmopensare di avere achefareconundeista; infattil’edizione voltairiana siconclude con frasi di questogenere:

FiniròcolsupplicareDio,così oltraggiato da questasetta, di degnarsi diricondurci alla religionenaturale, di cui ilcristianesimo è il nemico

dichiarato; a questareligionesantacheDiohamesso nel cuore d’ogniuomo[…].Diocihadatoquesta religione dandocila ragione. Possa ilfanatismo noncorromperla più! Moriròpiù pieno di desideri chedisperanze.8

In realtà i manoscrittiintegrali di Jean Meslier

contengono precise einequivocabili affermazionida cui si evince senzaombradi dubbio che era un ateoconvinto, i cui argomentispaziavanodallaconfutazionedelle prove filosofichedell’esistenza di Dioall’antiteodicea.C’èdifattiuncapitolo intitolato: «Dio nonesiste. Se esistesse sarebbeevidente».

Segue poi

un’argomentazione razionalenellaqualesisostieneche

se ci fosse veramentequalchedivinitàoqualcheessere infinitamenteperfetto, che volesseessere amato e adoratodagli uomini, farebbeparte della sua stessaragion d’essere, […]manifestarsi, o almenofarsiconoscereinqualche

modo da quelli da cuivorrebbe essere amato,adorato e servito. […]D’altronde, a che scopoun essere così perfettoavrebbe creato ununiverso tantomiserabile,pienodimale?

A questo ragionamentoconfutatorio basato sul buonsenso e l’antiteodicea nevengono fatti seguire altri

contro le prove tradizionalidell’esistenza di Dio siafilosofiche sia religiose. Lateoria aristotelico-tomistadellacausaprimaimmota,adesempio,vienerespintacomesemplicemente infondata:«Da dove si deduce che undio immutabile e immobileper sua natura possacomunque muovere deicorpi?».

A questo punto è palese

come sull’illuministaVoltaire,chesappiamoesserestatounseguacedeldeismoenon già un ateo, gravi ilfondato sospetto di avervolutamente selezionatol’estratto del Testament inmododalasciarefuorilepartida luimeno condivise. In talmodo, come in una specie dilegge del contrappasso, puressendo stato uno degliacerrimi contestatori di ogni

forma di censura (a iniziareovviamente da quellareligiosa),finisceperapparirea sua volta un censore più omeno consapevole. CornelioFabro,ritenendochelesintesidiVoltaireel’elaborazionediD’Holbach del Testamentriportassero effettivamente«quanto d’interessanteconteneva l’ammassocaotico» dell’operameslieriana, giunse a

paragonare Meslier ad«alcune figure delmodernismo cattolicoall’iniziodelXXsecolo»;mauna volta letto tutto il testooriginale, tale paragone nonsembra molto azzeccato.Condivisibile è invece ilgiudizio di Fabro laddovesottolinea come la culturastorico-religiosadel curatodiÉtrépigny risulti«inversamente proporzionale

al linguaggio contro Dio eGesùcristo».9

Rispetto all’indiscutibileateismo di Jean Meslierpossiamoalloraconfermarelasua origine e la sua finalitàprevalentemente socio-politica, in quanto consideraDio come un’invenzione di«certiuominipiùaffinati,piùastuti, più sottili eprobabilmente anche piùmaligni e cattivi, che per

ambizione hanno volutoelevarsi al di sopra deglialtri» attribuendosi «qualitàdivine e di supremoSignore»10. Egli confidapertanto nella futuraliberazione totale dellecoscienze e nel riscattosociale del popolo vessatodalle gerarchie aristocratico-sacerdotali e inebetito dallefalsità religiose. Siamo inultima analisi al cospetto di

un ateo integrale che primadello stesso baroneD’Holbach è riuscito aselezionare, sia puredisordinatamente, le tesicentrali dell’ateismomoderno: l’indimostrabilitàrazionale dell’esistenza diDio, il carattere mitologicodella religione cristiana, larilevanza del problema delmale e la liberazione socio-politicadell’uomo.

2.L’uomononèunoschiavo

Nelnoverodelle filosofiepolitico-socialiquellachepiùha contestato radicalmentequalsiasi forma di autoritàcostituitaequalsiasigenerediistituzione è sicuramentel’anarchismo. Tra i suoi dueestremi dell’individualismosolipsista e delcomunitarismocollettivista,sisono generati nel corso della

Storiadiversetendenze,tantoda consentirci di dire con ungiro di parole che glianarchici appaiono ancoraoggi «anarchicamente divisi»e disseminati in svariatirivoli, insofferenticomesonoa qualsiasi forma diorganizzazione o dimovimento nonspontaneistico. Sulla basedelle due posizioni estreme,possiamo comunque

individuare due gruppiprincipali: gli anarchicisocial-rivoluzionari e glianarchiciindividualisti.

L’anarchismo social-rivoluzionario ha cometraguardounacomunitàincuiilsolovincolotraisingolisiarappresentato dalla mutuasolidarietà:tuttiprestootardidovranno vivere inaggregazioni sociali nellequali non vige forma di

autorità alcuna, in cui è statoeliminato qualsiasi genere dicompetizione tra gli uomini.L’anarchismo individualistaper contro esalta sopra ognialtra cosa l’autarchiadell’individuo e rifugge daqualsivoglia tipo diagglomerato socialeorganizzato potenzialmentesempre antilibertario, fino alpunto che diversi suoiesponenti arrivano

all’egotismo e a concentrarsisul singolo essere umano inquanto unico, il quale puòconvivere solo in un’unionedi soggetti «egoisti». Èevidentecheperentrambigliindirizzi l’affermazionedell’autonomia assolutadell’uomo si traduce inun’incompatibilità logica conogni idea di Essere assolutoche possa sovrastare ointerferire con la libertà

umana. Iniziando dal filonesocial-rivoluzionario, i suoiesponenti di primo pianosono stati il francese Pierre-Joseph Proudhon e il russoMichail AleksandrovičBakunin.

L’autodidatta Pierre-Joseph Proudhon (1809-1865), che si formò da solouna buona cultura teologicaquale correttore di bozze ditesti religiosi in una

stamperia, è considerato unodei padri del movimentoanarchico. Emblematica percapire la sua concezionedell’ateismo è l’affermazionea lui attribuita secondo cui«l’uomodiventa ateo quandosi sente migliore del proprioDio»11. Da essa appareevidente come l’ateismo sifondi su una rivendicazioneantropologica che punta tuttosu una totale libertà

dell’individuo e sulleautonome potenzialità dellanaturaumana.Inquestosensoper l’anarchico francese ilconcettodiDioènegativopergli esseri umani, se nonnefasto, e «il primo doveredell’uomo intelligente elibero è di scacciareincessantemente dal suospirito e dalla sua coscienzal’idea diDio. PerchéDio, seesiste, è essenzialmente

nemico della nostra natura, enoi non guadagniamo alcunacosa dalla sua autorità»;perciòvacondannatotantoinnome della rivoluzionesociale quanto sulla scorta diquella che lui definisce«teologiadell’immanenza».12

Nel contesto di questaconcezione viene altresìenfatizzato il problema delmale, inconciliabile con larealtà di un Ente supremo

espressione del sommobene:«Comemettered’accordo–sichiede infatti Proudhon – lapresenza del male con l’ideadi un Dio sovranamentebuono, saggio, potente?».13Di fronte alle contraddizionidella nozione occidentaledell’Essere divino dobbiamoallora aprire finalmente gliocchi comprendendone lapalese inutilità o, ancorpeggio, la negatività, nonché

laconseguentenecessitàdiunrifiuto:«Nonsidica:leviediDio sono impenetrabili! Noisiamopenetrati inquestevie,abbiamo letto in caratteri disangue le provedell’impotenza, se non delcattivo volere di Dio».14Proudhon non condivide lariduzione antropologica deldivino di Feuerbach epretendeche«nonsifacciadiDiol’umanità,poichésarebbe

calunniare l’uno e l’altra»15.Egli finiscecosìsenzavolereper mettere in piena luce lastruttura antropologicadell’ateismo, perché nelnegare valore al dogmadell’esistenza di Dio, cherispetto agli uomini«appartiene nello stessotempo alla loro coscienza ealla loro ragione», riconosceche l’essere umano «dopoaver fatto Dio a propria

immagine, volle ancheappropriarsene» e «lo trattòcome un patrimonio, suobene,cosasua».16

Damolti autoriProudhonè stato reputato un ateo ametà o uno pseudoateo, siaperché accetta di considerarevalida «l’ipotesi di Dio»17,sia perché «negandol’esistenza di Dio negal’esistenza di un ente diragione che lui chiama Dio,

machenonèDio»18.Oppureèstatovistosoltantocomeunantireligioso e anticattolico,perché il suo antiteismo «sirivolge contro l’idea direligioneintesacomeforzadiconservazione e di coesionesociale»19.Maabenguardareeglirisultaatuttiglieffettiunvero ateo, sebbene pare nongli piacesse essere designatocometale;unateoperilqualeDio va «detronizzato e

infranto»,mentreilsuostessonomedovràesseresottoposto«al disprezzo e all’anatema,sarà fischiato dagli uomini».In sintesi per lui «Dio èsciocchezza e viltà, èipocrisia e menzogna, ètirannia e miseria; Dio è ilmale».20 Di questo suoateismofaparteapienotitolola critica socio-politica alcattolicesimo quale massimaespressione del carattere

autoritario tipico di qualsiasiconfessione religiosaorganizzata: «Ho espressosull’insegnamento dellaChiesa un biasimo severo;dovevofarlo»,perchéfacapoa un principio «vero nel suooggetto e falso nel nostromodo di intenderlo, […]anticocomel’umanità».21

Michail AleksandrovičBakunin (1814-1876)rappresenta invece nel modo

più diretto un sottoinsiemedell’ateismopostulatorio,chenel suo caso possiamodefinire «ateismo libertario».Essosiriassumeinquesto:laliberazione etico-politicadell’essere umano esige chesipostulil’estinzionediDioesi realizzi la soppressione diqualsiasicultoreligiosoversoildivino.L’anarchicorussosiè caratterizzato storicamenteper essere stato un individuo

combattivo disposto a lottareconvigoreperleproprieidee,un grande ammiratore degliuomini d’azione comeGiuseppe Garibaldi edell’Italia in cui soggiornòspesso, mentre per contropolemizzò duramente conGiuseppe Mazzini e il suoStato teocratico.A trattiperòassomiglia a uno dei moltirussi stravaganti dell’800,tantocheinluilarivoluzione

anarchica fatica a conciliarsicol suo atteggiamento ancoradaaristocratico.

Quel che appare certo èche fece della questionedell’esistenza di Dio unaspetto importante del suoprogramma di totaleliberazionedell’uomodaogniforma di asservimento, siaessomateriale o intellettuale.Del resto il suo pensiero difondo è quello di un

materialistasettecentesco,nelquale la natura equivale allamateria, anche se poi vieneconcepita non soltanto comecausalità,maeticamentepurecome solidarietà, ponendol’essere umano al vertice delprocessoevolutivodellavita.Sembracheperluiamuoverelarealtànaturalecifosseunaforza sottostante, definita«causalità universale»: «Lacausalità universale crea i

mondi.Essahadeterminatolaconfigurazione meccanica,fisica, chimica, geologica egeografica della nostra Terrae, dopo avere rivestito la suasuperficie di tutti glisplendoridellavitavegetaleeanimale,continuaacrearenelmondoumano lasocietà,contutti i suoi sviluppi passati,presentiefuturi».22

Piuttosto che unmaterialismo naturalistico,

quello di Bakunin apparecome un materialismoromantico, nel qualel’universo sembraspontaneamente armonizzarsiin se stesso e in cui tutto sievolve unitariamente; perciòle leggi naturali non possonorisultaremai incontrastoconil libero sviluppo dell’essereumano,cheè il fineultimoacui tutto tende. Siamo qui inpresenza di una strana

relazionecausaledirettatraildeterminismo in natura e illibero arbitrio degli uomini,ma ciò non deve stupireperché il pensierodell’anarchico russo mostraspesso delle incoerenze ed èper suo carattere rapsodico.Difattiperlui

le leggi dell’equilibrio,della combinazione edell’azionereciprocadelle

forze e del movimentomeccanico, le leggi delpeso, del calore, dellavibrazionedeicorpi,dellaluce,dell’elettricità,comequelledellacomposizionee scomposizione chimicadei corpi, sonoassolutamente inerenti atutte lecosecheesistono,comprese le diversemanifestazioni delsentimento, della volontà

edellospirito.23

Negare Dio a questopunto per il nostro anarchiconon è tanto un problemafilosofico, quanto unaquestionedi«utilitàmoraleesociale». Le religioni e ledivinità, infatti, «furonocreate dalla fantasia creduladegli uomini non ancoragiunti al pieno sviluppo e alpieno possesso delle loro

facoltà intellettuali»24;tuttaviaunavoltaritenutapervera l’esistenza di Dio,seguono ineluttabilmenteconseguenze ben peggioridella semplice ingenuacredulità popolare: «Unavolta insediata la divinitàquesta fu naturalmenteproclamata la causa, laragione, l’arbitra e ladispensatrice assolutadi tuttele cose: ilmondo non fu più

nulla; e l’uomo, suo verocreatore, dopo averla trattadal nulla a sua insaputa,s’inginocchiò davanti a essa,l’adorò e si dichiarò creaturaesuoschiavo»25.

Nonostante consideri lafede religiosa una chiararinuncia alla ragione, un«ripetereconTertulliano[…]Credo quia absurdum»26, adifferenza di KarlMarx e diFriedrich Engels, Bakunin

vede nella religione enell’esistenzadiDioqualcosadi più dell’oppio dei popoli,qualcosa di più pericoloso diunadrogaadattaaesercitareeconsolidare il potere, perchéliconsideraautoingannidellamenteappartenentiallestessedeviazionidellanostranatura;autoinganni che produconol’asservimento dellacoscienza e dell’intelligenza,essendo modi di interpretare

la realtà che limitanoontologicamente la libertà el’autonomia dell’essereumano. In tal senso lasudditanza ai poteri terrenidella Chiesa e dello Statomanifesta a seconda dei casitantol’effettoquantolacausadella credenza religiosa. Daciòconsegueche«poichéDioè tutto, il mondo reale el’uomo sono nulla. […]Poiché Dio è il padrone,

l’uomo è lo schiavo […],perché contro la Ragionedivinanonc’èragioneumanae contro la Giustizia di Diononviègiustizia terrenachetenga. Schiavi di Dio, gliuomini devono esserlo anchedella Chiesa e dello Stato».Maallora,«amenodivolerela schiavitù e l’umiliazionedegli uomini […], noi nonpossiamo e non dobbiamofare la minima concessione

néalDiodella teologia,néaquellodellametafisica».27

Pareoraevidentecome ilrifiuto dell’esistenza di Diosia diventato il presuppostoimprescindibileperaffermarelapienadignitàumana;echipersegue davvero il benedell’uomo, chi intendesostenerne la completaemancipazione, è pertantoobbligato a concludere perl’inesistenza di Dio.

L’anarchico russo espone lesue idee col seguentesillogismo nella forma di unmodustollens:

Se Dio esiste, alloral’uomoèschiavo;Ora, l’uomo può e deveesserelibero;DunqueDiononesiste.28

L’argomento bakunianopuntaamettere in lucecome

siano logicamente alternativela nozione di Dio e di unsoggetto libero (l’uomo),come«ladignità,lagiustizia,l’uguaglianza, la fratellanza,la prosperità degli uomini»non possano sussistereinsieme alla presenza di unessere che è «il padroneeterno, supremo, assoluto»;infatti, «se questo Padroneesiste, l’uomo è schiavo».Così viene smascherata la

«contraddizione nella qualecadono coloro che parlanoinsiemediDioedella libertàumana»,29 anche perché setutto è conosciuto e previstoin anticipo dalla mentedivina, allora nessun attoumano potrà mai costituiredavvero una libera scelta. Èadesso evidente comel’anarchismo, in quantoaffermazione della libertàassoluta contro qualsiasi

autorità imposta dall’esternoall’individuo, non possa nonrisultare necessariamenteateo. Un anarchico checredesse in Dio cadrebbeinfatti nella stessacontraddizione dei credentichevoglionotenerecongiuntiil libero arbitrio e l’esistenzadi un Dio onnipotente eonnisciente: se tutto èconosciuto in anticipo equindi prestabilito, non può

mai darsi una libera scelta,ma solo azionipredeterminate.

Nel pensiero di Bakuninc’è infine spazio perl’ateismoprometeico,perunanegazionediDiochediventascontro epico conLui, che sitrasforma in opposizioneaperta e solidale di tutto ilgenereumanoaunapresenzadel divino nell’ordine delmondo. Va pertanto

rovesciata la celebreaffermazione attribuita aVoltairesecondocui«SiDieun’existait pas, il faudraitl’inventer» (se Dio nonesistesse bisognerebbeinventarlo)30, facendoladiventare: «Se Dio esistesserealmente, bisognerebbeabolirlo»31. L’essere umanodi Bakunin ha d’altronde unbisogno naturale di ribellarsiall’autoritàenellasuaazione

realizza ciò che intendediventare:ciòchel’uomoèosaràdeverisultareilprodottodelsuoagirepercambiareunmondodominatodaunaciecae iniqua necessità. Perconseguire l’obiettivodobbiamo necessariamentepuntareaprendereilpostodiun Dio che non esiste egenerare da soli un ordinemigliore confacente allanostrapienalibertà.

3.L’Unicoeilnulla

Il secondo filoneprincipale del pensieroanarchicohacomeindiscussoprofeta Johann CasparSchmidt (1806-1856),meglionoto con lo pseudonimo diMax Stirner, che con il suosaggio L’Unico e la suaproprietà (1844) offre unaspecieditestosacroatuttiglianarco-individualisti. Alla

stregua di Bakunin anche luiritiene che qualsiasi autoritàposta al di sopradell’individuo umano finiscaperrenderloschiavo;equestovale per tutte le dottrinefilosofiche, religiose,politiche e scientifiche chepretendonodi condizionare ilsingolouomo,ilqualeinvecedevecrederesoloinsestesso.Vaperòdetto subitochenonsi dichiarò apertamente

anarchico e la sua riflessionefu più orientata dal dibattitodel post-hegelismo, o piùprecisamente alla reazionecontro l’hegelismo, conapprodiedesitimarcatamentenichilistici. Come hagiustamente notato KarlLöwith, Stirner più che «ilprodotto di un anarchismoeccentrico […] è un’estremaconseguenza dellacostruzionestoricauniversale

di Hegel».32 Un riferimentocostante della sua criticafilosoficafu infatti il filosofodellaSinistrahegelianaBrunoBauer; uno dei pochi amiciche il suo temperamentoscontroso gli permise diconservarefinoallafinedellasua vita e che fu tra lepochissime persone cheparteciparonoalsuofunerale.

La polemica di Stirner ètutta incentrata sul rifiuto

tanto dell’assolutismohegeliano quantodell’umanitarismo degliesponenti neohegeliani,quest’ultimo sia nella formadel liberalismo di Bauer siadel comunitarismo socialistadi Marx ed Engels. A taliposizionieglicontrapponeunindividualismo radicale, unegoismo psicologico, chetuttavia non ha nulla a chespartire con il classico

solipsismo filosofico, mapiuttosto con l’esaltazionedell’unicità del singolo, conla libertà di un soggettounico, con l’Io autenticocapace di risultare normasoltanto per se stesso e nonper l’umanità intera, comeinvece pretendeva la leggeetica fondamentale dellaCritica della ragion praticadi ImmanuelKant33. «Perché– provoca Stirner – non

volete avere il coraggio difare veramente di voi stessi,completamente e in ognicaso, il centro, la cosafondamentale?». Perché, è larisposta, piuttosto preferiamolasciarci condizionare da unfantomatico volere divinooppuredallamoralecorrente:«Maeccocheunosichiedeabassa voce che cosa nepenserà il suoDio […] e unaltro si preoccupa del

giudizio del suo sensomorale, della sua coscienza,delsuosensodeldovere,eunterzopensaachecosadiràlagente».34

Tutto ciò finìinevitabilmenteperattiraresudi lui i duri e sferzantiattacchi del giovane KarlMarx e di Friedrich Engelsche, nel prendere le distanzedalla «filosofia giovane-hegeliana» con cui erano

venuti in quel periodo incontatto, dovettero reputarloalquanto pericoloso se nellaloro Ideologia tedesca glidedicarono ben 370 pagine,intitolandosarcasticamente lasezione«SanMax [Stirner]».In quest’opera marxiano-engelsiana, pubblicatapostumasoltantonel1932,simette proficuamente inmostra la fortedipendenzadiStirner dalla filosofia della

storia hegeliana e lo si irrideperché egli pare nonaccorgersene: «Laparticolarità e l’unicitàdell’attitudine stirnerianaverso la Storia consiste inquesto: che l’egoista sitrasforma inungoffocopistadiHegel».35

Stirner scelse come titolodellapremessaalsuolibrounverso del lied Vanitas!VanitatumVanitas di Johann

Wolfgang Goethe (1749-1832), che ci svelaimmediatamente la radicalitàdella visione stirneriana: Ichhab’ mein’ Sach’ auf Nichtsgestellt(hoposto[fondato]lamia causa su nulla)36.Secondo lo studioso italianoFranco Volpi (1952-2009),questa è «la prima autenticateorizzazione di unaposizionefilosoficachepossaessere definita come

nichilismo»;37 e infatti contuttaprobabilitàilpensierodiStirner ha influenzato quellodiFriedrichNietzsche, anchese quest’ultimo si èmostratoreticente a volerloriconoscere. D’altronde inuno scritto minore di Stirnersi usa l’espressione «fate delvostro Dio un cadavere»,38che ricorda in modoimpressionante ilnietzschiano «Dio è morto!»

di La gaia scienza.39 AlbertCamus occupandosi delpensiero nichilisticodell’autore di L’Unico e lasua proprietà, l’ha tuttaviaposto in contrasto con quellocupo nietzschiano e l’hadefinito «nichilismosoddisfatto», dal momentoche «Stirner ride nel vicolocieco in cui si è ridotto,Nietzsche invece si avventacontroimuri».40

Riguardo alla frase postacome motto iniziale diL’Unico e la sua proprietàoccorreprestare attenzionealfattochevièscritto«sunulla(aufNichts)»enon«sulnulla(auf das Nichts), per noncommettere l’errore diLudwigFeuerbach(edopodilui di altri), che trasformòl’espressione in Ich hab’mein’ Sach’ auf das Nichtsgestellt («Io ho posto

[fondato] la mia causa sulnulla»).Comefecenotareperprimo lo stesso Stirner41, ladifferenza è sostanzialeperché con «sul nulla» sipotrebbepensareauntrattatosul problema filosofico del«Nulla» che affonda le sueantiche origini addirittura nelfilosofogrecoParmenide(VI-V secolo a.C.), mentre alcontrario si vuole segnalareda parte dell’autore il suo

risoluto e irreversibile rifiutodi ogni fondamentometafisico, di ogniriferimento alla trascendenza,siaessaquelladiDioodelloSpirito(Geist)diHegel.

Il tentativo stirneriano diaggirare il problemaparmenideo del non-esseretuttavianonriesceeilripudioradicaledeltrascendentedevepertantovenireintesocomelanegazione di qualsiasi

pulsione ad andare oltrel’unica realtà effettivadell’individuo, che è la suasingolarità assoluta; quindicome una netta presa didistanze da una filosofiacome quella feuerbachianachetendeaesaltarel’umanitàcome entità assoluta, aconsiderare l’essenza umanaespressa non dall’uomosingolo, ma dalla specie inquanto tale, dalla comunità.

L’Io irripetibile di ciascunodiventa così padrone dellapropria realtà, perchésolamente l’Unicodisincantato che nonpartecipa né del regnocristiano diDio né del regnohegelianodelloSpiritoèinsestesso l’intera storia delmondo.

Max Stirner dichiarainfatti con un linguaggioestremamente chiaro che la

sua causa non è né quella diDio né quella dell’umanità,néquelladellaveritàobiettivané quella dello spirito, néquella del popolo o dellapatria né quella di unprincipe.Inunaparola,nonèquelladiqualcosadiassoluto,di intersoggettivo, dicomunitario, bensì la causapersonaledelsuoegounicoeirripetibile: «Dio e l’umanitàhanno fondato la loro causa

su nulla, su null’altro che sestessi. Allo stesso modo iofondo allora la mia causa sume stesso, io che, al pari diDio, sono il nulla di ognialtro,chesonoilmiotutto,iochesonol’unico[…].Iononsono nulla nel senso dellavuotezza,mailnullacreatore,ilnulladalqualeiostesso,inquantocreatore,creotutto».42Einaltrepartidellasuaoperaprincipale si chiarisce che

sussistono due dimensionidell’io, una autentica e unainautentica: l’autentica èdatadalla «mia proprietà»;l’inautenticaècostituitadallospirito, che è invece«qualcosa di diversodall’io».43 Tutto questoperché «l’io trova il suofondamento ultimo in unorizzonte dell’essere comeproprietà, per cui essere eproprietàdenotanounastessa

dimensioneesistenziale».44Viene qui in mente una

sentenzaattribuitaalsapientegreco Cleobulo di Lindo (VIsec. a.C.), secondo la quale«l’ateo non ha altro criteriodelverocheisensi;nonaltraesistenza che la propria; nonaltro bene al di fuori di sé;non altri doveri che verso sémedesimo».45 Con Stirnersiamocertamente inpresenzadiuna formadi egoismo,ma

non quello banale degliindividuicheall’internodellasocietà perseguono il loroesclusivo vantaggio adiscapitodialtri,bensìquellodi chi punta all’unicità delsingolo svincolato da tutti eaddirittura superiore a tutto,che è cioè finedi se stesso elegge a se stesso, al di fuoridel quale non sussisteletteralmente nulla. L’esitodirompente e abissale di

questo pensiero è lontanotanto dalla categoria del«singolo»del filosofodaneseSøren Aabye Kierkegaard(1813-1855),concuiquestisioppone a sua volta alpredominio del sistemafilosofico hegeliano, quantodal pessimismo di ArthurSchopenhauer (1788-1860);pensatori entrambi pressochécontemporanei a Stirner.Schopenhauer in particolare,

meditandosullostessolieddiGoethe, perviene aconclusioni non egoistiche enichilistiche,perchéper lui ilverso goethiano «significapropriamentechesoloquandol’uomo dovrà abbandonaretutte le sue pretese e saràricondotto a un’esistenzanuda e spoglia, egli potràpartecipare di quellatranquillità di spirito […]indispensabile per gustare il

presente, e quindi tutta lavita».46

Nonpuòdunquestupire,einfatti non stupisce, che unautore così radicalmentecontrario a qualsiasitrascendenza e che intendel’Io come unico risulti tantointegralmente ateo da farperdere persino significatoalla distinzione corrente traateismoeteismo,tracredenzae non credenza; e questo in

misura addirittura maggioredi quanto abbiamo vistoverificarsi in LudwigFeuerbach e FriedrichNietzsche.Intalsensononhatorto Max Stirner aconsiderare l’ateismofeuerbachiano comemeramente apparente eneppure ha torto Nietzsche atemeresegretamentediessereconsiderato un epigono dellafilosofia stirneriana, che era

già potentementeanticristiana. Scrive infattiStirner: «Per il cristiano lastoriauniversaleè […]storiadi Cristo o “dell’uomo”; perl’egoistasololapropriastoriaha valore, perché egli vuolesvilupparesolosestesso,nonl’ideadiumanità,nonilpianodiDio[…].Cheilsingolosiaper sé storiauniversaleechepossegga la rimanente storiauniversalecomesuaproprietà

è qualcosa che oltrepassa ilmomento cristiano». Ilpensiero stirneriano èpertanto ben piùantimetafisico di quello diNietzsche,checomeabbiamovisto in realtà prospetta unanuova metafisica tragica,tanto che va condiviso ilgiudizio di chi ritiene «ilpensare antimetafisico diStirner […] alla base delpensieronietzschiano»47.

Per l’ateismo stirnerianola religione e l’idea di Diorappresentano un limite nonper la libertà dell’uomo ingenerale e in quanto esseresociale come in Bakunin,bensì per la libertà dellospirito soggettivo qualeespressione dell’autonomiaassoluta del singolo:«Proprietario del mio poteresono io stesso e lo sono nelmomento che so di essere

unico».48 In tal maniera ilproblema tipicamenteanarchicodel rapportocon laproprietà viene risolto daStirner in modo definitivocon un sempliceragionamento:

la mia potenza è la miaproprietà;la mia potenza mi dà lamiaproprietà;dunque la mia potenza

sono io stesso e grazie aessa io sono la miaproprietà.49

L’Unico sfugge aqualsiasi vincolo, perfino aquello di una definizioneconcettuale, che altro nonrisulta se non puronominalismo:«SidicediDio:“Nessun nome puòdominarti”. Ciò vale perme:nessun concetto mi esprime,

niente di quanto vieneindicatocomemiaessenzamiesaurisce:sonosolonomi».50

Se Feuerbach cercaancora l’essenza dell’uomonell’umanità e innalzal’essere umano come specieal posto del divino, Stirnerpunta direttamenteall’enfatizzazione dell’Ionella sua singolarità, il qualenon è l’uomo in sensofeuerbachiano, non è cioè

l’uomo in generale, bensì unUnico. Ma allora, anche seStirner lo nega, è questoUnico a essere di fattosostituito a Dio in una tipicaforma di ateismoantropologico-politico; unateismo che, in quantopostulatorio, finisce perinserirsi inuncircoloviziosochenonapprodaadalcunché.Emerge così l’aspettoparadossale del nichilismo

stirneriano, facilmenteriscontrabile nella profeticatautologia posta a logicaconclusione di L’Unico e lasua proprietà: «Nell’unico ilproprietario stesso rientra nelsuonullacreatore,dalqualeènato. […]Se io fondo lamiacausasudime, l’Unico,essapoggia sull’effimero, mortalecreatore di sé che se stessoconsuma, e io posso dire: Ioho fondato la mia causa su

nulla».51Stirner terminacosìcome

ha iniziato e non potevaaccadere altrimenti: partendodanulla (l’Io)sigiraavuotoe si torna sempre a nulla(l’Unico).Giàperlasaggezzaanticalaviadelnonessere«èun sentiero su cui niente siapprende.Infatti,nonpotresticonoscere ciò che non è,perchénonècosafattibile,népotrestiesprimerlo».52

4.Unasovrastruttura

Dalla riflessione criticasulla filosofia di LudwigFeuerbach prese lo spuntopure un altro tipo di ateismosocio-politico, certamenteoggi più celebre di quello diMax Stirner: quello di KarlHeinrichMarx(1818-1883)edel suo inseparabile amicoFriedrich Engels (1820-1895). Alla base del rifiuto

dell’idea di Dio dei duefondatori del cosiddetto«socialismo scientifico» sitrova una concezionematerialistica rielaboratatramite il ricorso alladialettica hegeliana e per laquale «il mondo non deveessere concepito come uncomplesso di cose compiute,ma come un complesso diprocessi»53. La realtà èqualcosa in perenne divenire

sulla base di continue realicontraddizioni, che sfocianoin un loro superamentosecondolatriadehegelianaditesi,antitesiesintesi.

Questa impostazionedefinita «materialismodialettico» conduce entrambii nostri autori a vedere inLudwig Feuerbach uno degliartefici della svoltamaterialistica in filosofia edella definitiva liquidazione

dell’idealismo assoluto diHegel. Scrive infatti Engels,facendo un bilancio quasi alterminedellasuavita:

Allora apparve l’Essenzadel cristianesimo diFeuerbach. D’un colpoessa ridusse in polvere lacontraddizione [quellaalienante dell’idealismocheponevalarealtàdelloSpirito fuori dell’uomo],

rimettendosultronosenzapreamboliilmaterialismo.La natura esisteindipendentemente daogni filosofia […] Oltrealla natura e agli uomini,non esiste nulla […].L’incanto era rotto; il«sistema» [hegeliano] eraspezzato e gettato in uncanto; la contraddizioneera rimossa, in quantoesistente soltanto

nell’immaginazione. […]L’entusiasmofugenerale:in un momentodiventammo tuttifeuerbachiani.54

Le premesse di unateismo materialisticoconseguente alla letturadell’opera principale diFeuerbach sono qui del tuttoevidenti e difatti Engelsricorda esplicitamente che

«gli esseri più elevati che hacreato la nostra fantasiareligiosa sono soltanto ilriflesso fantastico del nostroproprio essere».55 D’altrocanto già in gioventùFriedrichEngelsavevaintuitocome lo sviluppo dellafilosofia hegelianarappresentasseilsuperamentodella nozione cristiana delladivinità,dalmomentoche«ilDio diHegel non può essere

mai e poi mai una personaindividuale perché da lui èrimosso ogni elementoarbitrario». Mentre in unafase successiva dellariflessione filosofica ilpensiero hegeliano sfociadefinitivamente nell’ateismoattraverso l’opera diFeuerbach,ilquale«riduceledeterminazioni religiose astatiumanisoggettivi».56

A onor del vero, la

filosofia feuerbachiana nonera così rigorosamentematerialistica come laintendeva Engels oquantomeno non lo eraabbastanza da soddisfare unocome Karl Marx.Quest’ultimo infatti, nellefamose Tesi su Feuerbach(1845), la considera ancoratroppo astratta e soprattuttolontana dall’uomo concreto edallasuadimensionepratica:

Feuerbachrisolvel’esserereligioso nell’essereumano. Ma l’essereumano non èun’astrazione immanenteall’individuo singolo.Nella sua realtà, esso èl’insieme dei rapportisociali. Feuerbach, chenon s’addentra nellacritica di questo esserereale,èperciòcostretto:afare astrazione dal corso

della Storia, a fissare ilsentimento religioso persé e a presupporre unindividuo umano astratto,isolato […]. PerciòFeuerbachnonvedecheil«sentimento religioso» èanch’esso un prodottosociale e che l’individuoastratto,cheeglianalizza,in realtà appartiene a unadeterminata formasociale.57

Proprio qui, proprio inquestomaterialismoattentoalcorsodellaStoriadiunessereumano socialmente concreto,si situa il punto focaledell’interpretazione marxistadella religione e diconseguenza della questionedell’esistenza di Dio. Purdando atto e grande meritoalla riflessione feuerbachianaperaver«messogliuominialposto del vecchio ciarpame»

dell’idealismo,dell’autocoscienza infinita edello spirito divino, Marxtuttavia ritiene essa conserviancora qualcosa del «sacro»,quasi fosse una specie diateismo religioso, mentretutto deve essere ricondottoalla categoria del «profano».Il capovolgimentoantropologico della teologiaattuato da Feuerbach nonrealizza pienamente quella

conversione materialisticaintegrale che consistenell’individuare l’origine deldivino nell’ambito dellaStoria economico-sociale eperciò risulta incapace dirisolvere un problemafondamentale: spiegare comemai l’uomo ha sentito ilbisogno di creare Dio e lareligione. A tale problemarisponde invece facilmentel’interpretazione marxiana

della Storia (denominata poi«materialismo storico»),perché postula la strettadipendenza della natura deisingoli individui dallecondizioni socio-economicheincuisitrovanostoricamenteavivere;dipendenzanonsolopratica, ma anche mentale, atal punto che «non è lacoscienza degli uomini chedeterminailloroessere,maalcontrario è il loro essere

sociale che determina la lorocoscienza».58 Ovvero, ancorapiù esplicitamente: «Laproduzione dellerappresentazioni, dellacoscienza, è in primo luogodirettamente intrecciataall’attività materiale e allerelazioni materiali degliuomini, linguaggio della vitareale»;59 difatti «le ideedominanti di un’epoca sonosempre unicamente le idee

della classe dominante».60Qui secondo Marx risiedepure il limite principale dellafilosofia dell’Unico di MaxStirner: si è soffermata suirapportidicoscienzaenonsiè di conseguenza svincolatadai reali rapporti socialiborghesi di cui risulta unriflesso.

Per Karl Heinrich Marx,erede nella città diTreviri diuna famiglia di rabbini dalle

profonde tradizioni religiose(anche se il padre HerschelMordechaieraunvolterianoesi era convertito pro formaalla religione luterana persfuggire alle misureantisemite del governoprussiano), l’adesioneall’ateismo materialistaavviene molto presto, giàprimadella sua tesi di laureadel1841 intitolataDifferenzafralafilosofiadellanaturadi

Democrito e quella diEpicuro. Quest’ultimainiziava nella prefazione conl’elevazione di Prometeodispregiatoredeglideia«piùgrande santo e martire delcalendario filosofico» e siconcludeva con la nettaaffermazione secondo cui«tutte le prove dell’esistenzadi Dio sono prove della suanon esistenza».61 Per ilfilosofodiTrevirilareligione

o comunque la vita dellospirito e l’attenzione per ildivino non sono più ilfondamento dell’esistenzaumana, ma a essi sisostituisconoirapportisocio-economici, le relazioniconcrete tra le classideterminate dai modi diprodurrebenieconomicinellediverse fasi storiche (tribale,schiavistica antica, feudale ecapitalistica): «Il complesso

di tali rapporti di produzionecostituisce la strutturaeconomica della società, labaserealesucuisielevaunasovrastruttura giuridica epoliticaeacuicorrispondonodeterminate forme dicoscienza sociale. Ilmododiproduzione della vitamateriale è ciò checondiziona il processosociale, politico espirituale»62.

Le analisi economichechenoninterpretanoinsensorigidamente storico-materialistico la società sonocriticate e sbeffeggiate daMarx, come accadde perfinoal saggio Philosophie de lamisère dell’anarchicofrancese Pierre-JosephProudhon. Esso non sarebbeinfatti «un trattato dieconomia politica puro esemplice»,bensì«unaBibbia:

Misteri, Segreti strappati dalsenodiDio,Rivelazioni,nonvimancanulla»;tantopiùcheun suo intero capitolo vienededicato alla Provvidenza,trasformata così nella«locomotiva che fa andareavanti tutto il bagaglioeconomico».63

Oltre alla caratteristica disemplice «sovrastruttura»,ovvero di elemento nonessenziale o di secondaria

rilevanza,lareligioneassumeun aspetto fortementenegativo allorché diventastrumento di dominio dellaclasse al potere, poichéquest’ultima ha tuttol’interesse a perpetuare ilprocesso di alienazione percui gli uomini proiettano sestessiinundioimmaginarioevi cercano la loroconsolazione o realizzazione.Tuttavia «l’uomo non è

niente di astratto, un essererannicchiatofuoridelmondo.L’uomo è il mondodell’uomo, lo Stato, lasocietà. Questo Stato, questasocietà producono lareligione, una coscienzacapovolta del mondo, perchésono un mondo capovolto»;infatti «il fondamento dellacritica religiosa è: l’uomo fala religione e non già lareligionefal’uomo».64 Ilche

sta pure a significare che«poiché il contenuto dellareligioneè il contenutodiundifetto, la fonte di questodifettosipuòcercaresoltantonella natura dello Stato»,65ossia nel carattere autoritariodelle istituzioni politiche inquanto instrumentum regnidellaclassedominante.

Inquestocontestoperfinol’ateismo,perfinoilproblemadellanegazionediDio,perde

significato e diventasecondario rispetto alla veraquestione di liberare l’uomodalle catene dellosfruttamentosociale;sicchélareligione rappresenta a untempo uno dei tanti mezzicoercitivi del predominio diclasse e una manifestazionedell’anelito di liberazione daparte degli oppressi sotto lementite spogliedell’aspirazione a una

salvezza eterna. Eccocomunque le celebri e dureparole del filosofo tedesco:«Lamiseriareligiosaèdaunaparte l’espressione dellamiseria reale e da un’altraparte la protesta contro diessa. La religione è ilsinghiozzo della creaturaoppressa, è il senso effettivodi un mondo senza cuore,come è lo spirito di una vitaprivadispirito.Essaèl’oppio

deipopoli».66L’ateismo socio-politico

diMarxèindubbiamenteunodeipiùdrasticiecoerentimaiteorizzati. Le sueargomentazioni perdimostrarelefinalitàpolitichee strumentali dellacostruzionediunagigantescaallucinazione collettiva,rappresentatadallareligioneodalla fede nell’esistenza diDio,sonotalmenteefficacida

aver condotto all’ateismomoltissimiintellettuali,alcunidei quali sinceramenteconvinti della scientificitàdelle sue teorie economico-filosofiche, ma anchetantissime persone delpopolo.Forsenessunfilosofopuòvantarediaveresercitatounainfluenzatantopregnantesia in ambito culturale siasullavitapraticaequotidianadi milioni di individui. Con

lui e con Engels la scelta diessere atei si trasforma ediventa un tutt’uno con lacontesa politica, per cuil’ateismo è la logicaconseguenza della necessarialotta di classe degli oppressicontroglioppressori.Ecomesoltanto la società senzaclassi consente la pienarealizzazione della liberanatura umana, allo stessomodo «l’eliminazione della

religione come illusoriafelicità del popolo è lacondizione della sua felicitàreale»; difatti «lo stimolo adissipare le illusioni delproprio stato è lo stimolo aeliminare uno Stato che habisogno delle illusioni. Lacritica della religione è,perciò, in germe, la criticadella valle di lagrime, di cuila religione è il riflessosacro».67

Èalloraevidentecome lastrada maestra dellarivoluzione edell’emancipazione sociale,sovvertendo le struttureclassiste dell’economia erealizzando il socialismo,condurrà fatalmenteall’eliminazione di qualsiasiforma di religione o diqualsiasi ideologia di classeche professa l’esistenza diDio. Marx ed Engels

interpretano e giustificano lepreoccupazioni religiose e lefilosofie metafisiche degliuomini da un lato con lacondizione di oppressiingannati («drogati») dalpotere, in particolare dallecaste sacerdotali, e dall’altrocon la volontariamistificazione dei chierici alservizio della classedominante, che invece disvelare il mondo materiale

per quello che realmente è,inventano il sopramondodello spirito, dell’immortalitàdell’anima e delle sostanzedivine. Ma gli individui«eliminano le loro angustevedute religiose appena sidisfano di certi vincoliterreni. Noi non convertiamole questioni terrene inteologiche; convertiamoinvece le teologiche interrene».68

Cionondimeno, bisognaguardarsi bene dalsemplificare o sottovalutaretroppoilproblemadellaforzadelle religioni ed è appuntoquanto fa notare nel 1882Friedrich Engels riferendosial cristianesimo durante lacommemorazionedellamortedi Bruno Bauer: «Unareligionechehasottomessoasél’imperomondialeromano,e che ha dominato per 1800

anni la massima partedell’umanità civile, non siliquida spiegandolapuramente e semplicementecomeun insiemedi assurditàoriginatedaimpostori»,bensìindividuando le condizionistoricheperlequali«lemassepopolari dell’impero romanopreferirono questa assurdità,perdipiùpredicatadaschiavie da oppressi, a tutte le altrereligioni». Certamente

incuriosito assai piùdell’amico Marx dalcristianesimo delle origini,egli ne attribuisce lostraordinario successonell’età tardoantica sia allacrisi economico-socialedell’impero romano, sia allapromessadiunasalvezzapertutti gli uomini senzadistinzione di classe cheandava incontroall’aspettativa di redenzione

delle masse oppresse:«Offriva, col sacrificio delsuo giudice [Cristo], unaforma facilmentecomprensibile per tutti dellasospirata redenzione interioredal mondo corrotto e dellaconsolazionedella coscienza;esso dimostrava la suacapacitàdidiventarereligionemondiale: una religione, inverità, adatta proprio almondocheesistevaallora».69

Engels per altro dedicò allaChiesa delle origini e allaprima letteratura cristianaaltriduebreviscritti–Illibrodella Rivelazione (1883) ePer la storia delcristianesimo primitivo(1895)–,neiqualisiatteggiaa storico ed esegetaneotestamentario,abbandonandosi talvolta agiudizi e interpretazioniadirpocoimprobabili.70

Se la teologia si interessadi temi irrilevanti o irreali,nondimeno ciò accade pureper l’ateismo filosofico,poiché entrambi si occupanodellostessovacuoargomento:l’esistenza o meno di unessere trascendente. Perquesta ragione alcuniinterpreti contemporanei diMarx, quali per esempioLouis Althusser (1918-1990)71, sono arrivati a

concludere che la questionedell’ateismo sia nella suaopera del tutto secondaria.Comunque la si pensi, sta difatto che alla luce delrovesciamento operato dalmaterialismo storico, per cuisono i concreti rapportieconomico-sociali adeterminare la coscienzaindividuale e i fenomeniculturali emai viceversa, «laquestione di un essere

estraneo, di un essere al disopra della natura dell’uomoè divenuta praticamenteimpossibile […]. L’ateismo,come negazione di questainessenzialità, non ha piùsenso,poichél’ateismoèunanegazione di Dio e ponel’esistenza dell’uomomediante questa negazione.Ma il socialismo in quantosocialismononhabisognodiuna tale mediazione».72

L’ateismo d’altronde mancadi concretezza perché se ècorretto affermare che «ilcomunismo comincia subitocon l’ateismo», comesosteneva il socialistautopistico Robert Owen(1771-1858), è altresì veroche«l’ateismoèdaprincipioancora ben lontanodall’essere comunismo,essendo invece piuttostoun’astrazione».73 Alla fine

della Storia, con l’avventodellasocietàcomunista,tantola credenza in Dio e nellareligione quanto l’ateismorisulteranno superflui esaranno abbandonati insiemeatuttelealtresovrastrutture.

Con Karl Marx eFriedrich Engels siamoapprodati a una forma diateismo antropologico-materialisticoesocio-politicoche per affermare l’uomo

quale soggettoesclusivamente sociale esigenon solo di negare Dio, maaddirittura di superare lastessa negazione del divino,ossia l’ateismo stesso, in unadimensione esclusivamentestorico-politica: quella dellarivoluzione socialista. Lostesso problema del malenaturale in rapporto a Dioviene eliminato facilmentenel contesto della teoria del

materialismo dialettico,riconducendo tutto alledinamiche evolutive dellamateria; ed Engels metteindirettamente in mostra talepropensione all’estinzionematerialistica di qualsiasiquestione inerente allateologia, alla psicologia eall’eticanelsuoAnti-Dühring(1878). In questo scritto, neldifendere anche per conto diMarx il loro rigoroso

materialismodialetticoeateocontro il filosofo positivistaKarl Eugen Dühring (1833-1921), giunge a imputare ilsuo bersaglio polemico nonsolo di essere un superficiale«sottoprodotto illuministicodel superficiale illuminismotedesco»,74 ma di nondimostrarsi sufficientementeateo,inquantoilsuopensierolascerebbe ancora spazio incampo teoretico a una

filosofia etico-religiosa e incampo politico alla religioneveraepropria.

Aquestopuntononsipuònon far osservare come lacomunità umana senza classie senza religionepreannunciata da Marx edEngels, come il loro ordinecomunista della felicitàterrenaedell’armoniatratuttigliindividuiassomiglimolto,forse troppo, al giardino

dell’Eden (Gn 2,8-15 e Ap22,1)oalmessianicoregnodiDio(Sap10,10eMc1,15)dicui parla la Bibbia. Sembrainsomma sinceramente che idue pensatori pretendano direalizzare un regno divinosulla Terra senza la presenzadi Dio. Del resto ilproletariato trasformato nellaclasse universale, ossia nellaclasse che realizzerà lasocietà senza classi, ricorda

molto e nuovamente forsetroppol’ebraicopopoloelettodestinato a salvare con sestesso«tutte le famigliedellaTerra» (Gn 12,3), tuttal’umanità.Maallafine,comerisaputo, la realtà storicaconcretadeiregimicomunistiè stata tragicamente moltodiversa da quella da loroprofetizzata.

Nel ’900 dalleteorizzazioni sull’ateismo

socio-politico di Engels eMarxsipassòbenprestoconle prime rivoluzionicomuniste all’ateismoimposto politicamente, allaprescrizione forzatadell’ideologia ateista qualedottrinadelloStatosocialista.Uncontributodecisivonelfartrasferire l’ateismo socio-politico dal piano teorico aquello della prassi politica èvenuto dalla stessa persona

che ha tradotto il marxismoda teoria filosofica e socio-economicainconcretaazionerivoluzionaria: Vladimir Il’ičUl’janov, meglio noto comeNikolaj Lenin (1870-1924).Materialista convinto erigoroso,ritennecheMarxedEngels avesserodefinitivamente superato leforme idealistiche ancorapresenti in Feuerbach: «Neabbiamo abbastanza

dell’idealismo sia filosoficosia politico; vogliamo esseredeimaterialistipolitici».75

D’altrondenel1909,nellasua opera filosofica piùimpegnativa intitolataMaterialismo edempiriocriticismo, mentresostiene che la materia èl’unica realtà oggettiva«rispecchiata» attraverso isensi, afferma che l’interastoria della filosofia si

riassume nellacontrapposizione tra idealistie materialisti. Critica inoltreperfino il principaleesponente del materialismorusso Georgij ValentinovičPlekhanov per essersidimostrato a suo giudiziotroppo aperturista neiconfronti degliempiriocriticisti, secondo luiparecchio lontani dall’unicomaterialismo autentico:

quello dialettico.76Esprimendosi sempre nellostesso anno suquale dovesseessere il punto di vista delpartito operaio nei confrontidella religione, ilrivoluzionario russo precisaesplicitamente che la «basefilosofica del marxismo,comeMarx ed Engels hannopiù volte affermato, è ilmaterialismo dialettico, chehacompletamentefattesuele

tradizioni storiche delmaterialismo del XVIIIsecolo in Francia e diFeuerbach (prima metà delXIX secolo) in Germania,materialismoincondizionatamente ateo,risolutamente ostile a ognireligione».77 E non a casosubito dopo richiamal’invettivadiFriedrichEngelssul materialismo noncoerentemente ateo di

Dühring, di cui abbiamoriferitoinprecedenza.

C’è allora più che daattendersi che da una simileprospettiva filosoficascaturisca un «ateismomilitante», come ebbe adefinirlo lo stesso Lenin;78cioèunateismoperilqualeilproblemadiDioeilproblemadella religione altro nonrisultano se non unaquestionepoliticadarisolvere

con strumenti politici.«Materialismo controteologia e idealismo», annotaneisuoiQuadernifilosofici,79e questo principioprogrammatico si trasformaper lui ben presto nelladittatura del proletariato inuna comunità socialistarigorosamente atea, ossiasenza religione e filosofiespiritualistiche. In effetti, inlineadiprincipio,nelloStato

socialista la religionepotrebbe anche esseretollerata come «affareprivato»,magiàEngelsavevaprecisato «che lasocialdemocraziaconsideralareligione come un affareprivato di fronte allo Stato,non già di fronte a se stessa,al marxismo, al partitooperaio»;80 per quest’ultimoessa resta sempre l’oppio delpopolo,ovvero«unaspeciedi

acquavite spirituale nellaqualeaffoganoillorovoltodiuomini gli schiavi delcapitale».81 In altre parole, ilpartito del proletariato ha ildiritto di pretendere che loStato dichiari la religione unfatto privato, senza tuttavia«perquestoritenereaffattounaffare privato la lotta control’oppio del popolo, la lottacontro le superstizionireligiose».82

In definitiva, sebbene lavia di uscita dal problemareligioso sia come per Marxrappresentata dal successodella lotta di classe dellemasse sfruttate suglisfruttatori e «la propagandaateistica dellasocialdemocrazia debbaessere subordinata a questocompito fondamentale», nonva pragmaticamentedimenticato che «tutte le

religioni e le Chiese oggiesistenti,tuttequalichesianole organizzazioni religiosesonosemprestateconsideratedalmarxismocomestrumentidella reazione borghese, cheservono a difendere losfruttamento e a stordire laclasse operaia»;83 quindicometalivannopoliticamentesradicate per impedire che iproletari continuino a essereanche mentalmente ingannati

e sfruttati dai ceti dominanti.L’ateismo antropologico diFeuerbach, passato attraversoquello socio-politico delmaterialismo dialetticomarxista, sfocia cosìinesorabilmente nell’ateismogiacobino-leninista;edèstatoquesto malauguratamente unpassaggio quanto maidoloroso per molti credenti.Col consueto pratico cinismopolitico, una volta diventato

capo della rivoluzione russa,nelmarzo1922VladimirIl’ičLenin ordinava un’offensivagenerale contro la Chiesaortodossa, cheportò in brevetempo alla distruzione diinnumerevolicentridicultoeprovocòoltre8000mortitraireligiosi.84Erasolol’iniziodiun attacco spietato allareligione che con il suosuccessore JosifVissarionovič Džugašvili,

passato alla storia colsoprannome di Stalin (1878-1953), raggiungerà livelli diterrore ed efferatezzaimpressionanti. Ben prestol’ateismodiStatoprovocheràlestesseterribiliconseguenzenei confronti delle credenzereligioseintuttiiPaesiincuiandràalpotereilcomunismo.

5.Lacrisidellamodernità

In un contesto dicrescente delusione per ilsocialismo reale dell’UnioneSovietica e di crisi dellaragione tra i due conflittimondiali del secolo XX, unfilosofo marxista «eretico»come Ernst Bloch (1885-1977) sentirà la necessità discegliereunprincipiodiversoda quelli dell’economia edella lotta di classe comemotore della Storia per dare

un senso allavitaumanacheprescindadaDioocomunquedalla trascendenza. La suascelta ricade sul principiosperanza (Prinzip Hoffnung),che è in fondo un modo perrivestire l’utopia di nuoviabiticonl’intentodiresisterealla decostruzione di tutte le«narrazioni» compiuta dallapostmodernità. Il nuovoconcetto di utopia si collocaalle origini della ricerca

filosofica blochiana e risultachiaramente espressodall’obiettivodiintraprenderela via di una fantasiacostruttiva, invocando cioèciò che non c’è ancora,cercando il vero o il realeladdove il puro dato di fattoscompare, dando quindirinnovatorisaltoall’arteeallaletteratura. Si deve tuttaviadistinguere tra l’utopistico,chenonesprimeuncontenuto

realistico, dall’utopico cheinvece, anche se nonchiaramente definito, èconcretamente possibile edelinea la via da percorrereper raggiungere il traguardoprefisso.Siamoinpresenzadiun programma a lungascadenza, ma razionalmenteplausibile, perché la veritànon è data immediatamente,ma è utopia che trascende ilpresente in direzione del

futuro.85Sebbene alla base del

pensieroutopicoblochianocisia ladialettica, si trattaperòdi una dialettica dinamica eaperta, quindi diversa daquella hegeliana. Lo stessoMarx,acuiBlochguardacolrispettodovutoaunmaestro,criticando il socialismoutopistico avrebbe eccedutonell’accentuare i riferimentiagli aspetti economici e

scientifici del socialismo.E isuoi seguaci posteriori hannocommesso a loro volta ungrave errore privandosidell’elemento utopico esottovalutando le piùprofonde e ampie aspirazionidell’uomo nei campidell’arte,dellareligione,dellaletteratura e della filosofia.Bloch concepisce pure un«nuovo materialismo», checerca di saldare in se stesso

l’apporto del materialismodialettico marxiano e gli«aerei sogni» del pensierolibertario-utopico.Lanozioneblochiana di materia vaperciòintesasoprattuttocome«potenzialità», al punto che«la categoria “possibilità” è[…] sinonimo di materia. Ilnomemateriavienedamater,madre. Materia significagravidanzao luogodelparto,in cui nasce qualcosa che

finora non c’era. […]L’utopiaèunafunzionedellamateria,insitainmodoaffattonecessario nella materia, amotivo del suo carattere digravidamater».86

Alla fine sembra proprioche ci sia qualcosa diteleologico nel materialismodiBloche conseguentementela sua antropologia vienecostruita per sostenere unafilosofia della speranza, per

superarelacondizioneumanadell’alienazione proiettandosiversoilnonancora.Ilterminealienazione è ovviamenterecuperato dallo hegelismo edal marxismo, ma i primarifattori alienanti non sonoidentificati nelle condizionisocio-economiche degliindividui. L’alienazioneblochiana risale alle suemotivazioni ontologiche,consistenti

nell’incompiutezzadell’essereumanonelmondoenella sua tensioneversouncompimento. E tutto ciòperché la realtà autentica èsoprattutto quella del «nonancora» ossia del possibileche è pure l’origine e ilfondamento della speranza edell’utopia antropologica. Ilfilosofo tedesco,nell’esplorare la dimensioneutopica dell’uomo in tutte le

suemolteplicimanifestazioni,ritienesidebbaguardareoltreil principio del piacere e levecchieutopiecostruitesudiesso, oltre il principio direaltà inteso come passivaaccettazione del «già dato».Eglidelineacosìun’ontologiadel «non essere ancora»(Ontologie des Noch-Nicht-Seins) basata suun’impostazione filosoficache trova espressione negli

stati utopici e sulla cuifenomenologia nellemanifestazioniartisticheoneimiti collettivi si soffermaattentamente la sua analisi.Ciòavvieneprincipalmenteinuna monumentale operablochiana intitolata Ilprincipio speranza (iniziatanel 1938 e pubblicata per laprimavoltanel1959).

In questo testofondamentale per la filosofia

contemporanea, Ernst Blochindividua nel suo principiosperanza il miglior antidotocontro il nichilismo el’angoscia esistenziale,badando però bene a nonpromettere redenzione esalvezza,anonconfonderelacaduta di alcuni idoli con lacadutadegli ideali.Mentre lasperanza è la propensionedinamica dell’uomo verso ilfine, l’utopia è la

rappresentazione figurata ditale fine: «L’importante èimparare a sperare. Il lavorodella speranza non èrinunciatarioperchédipersédesideraaversuccessoinveceche fallire».87 Si tratta inbrevediun’ontologiafondatasullapotenzialitàdell’essereesull’apertura al cambiamentodi ciascun individuo umano,che si reputa capace diesorcizzare pure l’«ultimo

nemico» costituito dallamorte.

Nell’idea del «nonancora» e nella suaespressione teleologica ènaturalmente insita unadimensione escatologica cherisulta propedeuticaall’interesse del nostrofilosofo per la religione e inparticolare per ilmessianismo.QuiperòilDio«totalmente Altro» di Karl

Barth viene concepito comela raffigurazione del futurosperanzaedell’utopico,comela «meta finale» (Endziel)perseguitadagliesseriumani.In questa direzione vienereinterpretata la storiabiblicadi Israele dall’abbandonodell’Egitto all’esodo verso laterra promessa; esodo che èvisto come l’emblema dello«spirito dell’utopia»all’internodellastoriaumana.

Nella filosofia blochiana nonè tuttavia possibile chealberghi il concettotradizionale di trascendenzametafisica e l’attesaescatologica non è perciòrivoltaversounregnodiDioultramondano, bensì a unevento immanente omondano, che permette dipensare a un cristianesimosenza Dio e quindi «ateo».88Il pensiero utopico

concepisce così al tempostesso una trascendenzanell’immanenza eun’immanenza nellatrascendenza, nonché unavisione dinamica dellamaterialità. L’immagine diDio pertanto non supportal’antica nozione di Entesommo della metafisicaclassica cristiana e dellateologia scolastica, la cuiesistenza è per altro

razionalmente indimostrabile,ma quanto si denominaval’Ens perfectissimum etrealissimum si risolvenell’antropologiadell’integralmenteutopico, inun «contenuto di speranzaincondizionatoetotale»89.

Ilmaterialismoimpedisceinfatti aBlochdiaccettare lapresenza di un qualsiasi ente(fosse anche «divino»)collocato all’esterno della

materia, perché quest’ultimarimandasoloa se stessaedèl’unica realtà sicuramenteesistente. Pertanto il misterodelDeusabsconditusebraico-cristiano rinvianecessariamente a quellodell’homo absconditus,contrapposto qui all’homoeditus, che è compito dellariflessione filosofica svelare.Dio è allora l’«idealeutopicamente ipostatizzato

dell’uomo ignoto».90 È cosìevidente come unaconcezione materialisticaimperniata sul tentativo diunificare all’interno dellamateria trascendenza eimmanenza, a valorizzareall’interno della tradizionemarxista quella spinta altrascendimentodisépresentenell’animo umano, che sichiamasperanzaedèsoventeinverata dall’utopia, possa

presentare in Ernst Bloch unsolo approdo possibile:l’ateismo antropocentrico. Lanegazione di Dio da partedell’ateo rispecchia infatti ilmomento dell’autocoscienzaattraverso il quale l’essereesclusivodellamateria-naturasi manifesta nella coscienzacritica degli uomini, quindicontro ogni forma dialienazioneequalepossibilitàconcreta, seppur latente,

offerta dal suo grembo dimater.

Cercando l’identitàdell’ateo ed esaminando ilrapporto tra cristianesimo eateismo, abbiamo già avutooccasione di accennareall’importanza che Blochattribuiscealconfrontoconlareligione, in particolare conquella ebraico-cristiana.91 Ineffetti il filosofo neomarxistatedesco trova riduttivo

ricondurre tutto il fenomenoreligioso a «oppio delpopolo», perché nella realtàstorica le religioni hannosempre oscillato tra l’esserestrumentideicetidominantiepercorsi di contestazione delpotere, ideologie repressiveeaneliti alla libertà.Marxparedunque caduto nell’errore diconfondere il sincero spiritoreligioso degli esseri umanicon l’istituzionalizzazione

della religione nelle suediverse formestoriche,ancheperché non va tralasciato ilfatto che il sentimentoreligioso è sempre presenteladdove sussiste la speranza.Selareligionesia

oppio dei popoli – scriveBloch – oppurerafforzamento del valoreinfinito dell’animapropria e di conseguenza

rafforzamento dellavolontà di non lasciarsitrattarecomebestie,eciòda ora, tutto questodipende dagli uomini edalle situazioni a cui e incui si è predicato delcielo; per esempio lapredica di ThomasMüntzer, sebbene per piùaspetti riferita ai «servicelesti»,non fuoppiodelpopolo.92

È proprio in ThomasMüntzer (1489-1525), figuraquasi mitica di riformatorereligioso e rivoluzionariocomunista tra i contadinitedeschi delXVI secolo, cheBloch vede anticipata lasintesi finale della suaspeculazione filosofica voltaatenereinsiemel’immanenzadel materialismo dialetticocon la trascendenza dellasperanza e dell’utopia.

Riflettendo infatti sull’ereditàdella religione, al termine diAteismo nel cristianesimo.Per la religionedell’EsodoedelRegno (1968) esplicita inmaniera definitiva il legametra messianismo eilluminismocometraateismoeutopia:

Il messianico è il rossosegreto di ogniilluminismo che si

mantiene rivoluzionario epregnante.[…]L’ateismoè il presuppostodell’utopia concreta, cosìcomelaconcretautopiaèl’irrinunciabileimplicazionedell’ateismo. L’ateismo ela concreta utopia sonoinsieme, nello stesso attofondamentale,l’annientamento dellareligioneelasuasperanza

eretica che cammina supiediumani.93

A questo punto,procedendo dalla suaconvinzione della strettainterrelazione tracristianesimo autentico eateismo autentico, per cuisolamenteunateopuòessereun buon cristiano e soltantoun cristiano può essere unbuon ateo, Bloch giunge a

preconizzare anche per ilfuturo una possibile alleanzarivoluzionaria tra i verimarxistieivericristiani:

Se il cristiano ancorapensa all’emancipazionedegli oppressi e degliaffaticati, se per ilmarxista laprofonditàdelregno della libertàpermane e realmente siidentifica col contenuto

sostanzializzante dellacoscienza rivoluzionaria,allora l’alleanza trarivoluzione ecristianesimonelle guerredeicontadini[diMüntzer]non sarà stata l’ultima; equesta volta essa avràsuccesso.94

Possiamoquinotarecomeunasovrabbondanzadiutopiarischifacilmenteditramutarsi

nell’utopistico e finisca cosìper alimentarsi solo di sestessa, come per altroinesorabilmente accade allostesso ateismo: tantol’eccesso di utopia quantol’ateismo sfociano sempre inunvuotonulla.

Con la conclusione del IImillennio dell’era cristiana ela caduta catastroficadell’utopia rivoluzionariamarxista, e con essa di altre

utopie sorte con lacontestazione studentesca delmaggio francese del 1968 etramontate tuttedefinitivamentecolcrollodelmuro di Berlino del 1989,l’ateismo socio-politico entrain forte crisi e vieneprogressivamente sovrastatodall’ateismo scientista, che èoggi predominante inOccidente,ma pure in via dirapida diffusione anche nella

cultura orientale. Già ilteologo Romano Guardiniaveva intuito l’approssimarsidella fine della modernità,95poi apertamente teorizzatadapensatori a lui successivicome Jean-François Lyotard(1924-1998). Quest’ultimodesigna col termine«postmodernità»lostatodellacultura dopo le profondetrasformazioni subite dallascienza, dalla letteratura e

dalle arti a partire dalla finedel XIX secolo. In tal mododiventa postmodernasoprattutto «l’incredulità neiconfronti delle meta-narrazioni»,96 come appuntoquelle delle trionfantiideologie socio-politiche, mapure quelle dell’esaltazionedel potere taumaturgico dellascienza e della tecnologiacontenute nella filosofiapositivista o del ruolo

ottimisticamente progressivodell’economia di mercatosostenuta da certo liberismo.Ma ora, col crollo definitivodei miti collettivi, nellapostmodernità ogni singolouomo si scopre solo con sestesso, senza la possibilità diricorrere a consolanti grandinarrazioniideologiche.

Lacrisidellamodernitàsitrasformaalloranellacrisidelmondo contemporaneo

costruito sull’idea diprogresso e sulle visioniutopistiche nate conl’Illuminismo ed esplosenell’800;crisi inaltri terminidi ideologie foriere di effettistoricamente spaventosi nel’900 quali le dittature nazi-fasciste e comuniste e gliorrori dei due conflittimondiali. In un celebresaggio del 1947 intitolatoDialettica dell’Illuminismo,

Max Horkheimer (1895-1973) e Theodor Adorno(1903-1969), fondatori dellacosiddetta Scuola diFrancoforte, hanno formulatounateoriacriticadellasocietàche mette in luce quella chesecondo loroè stata la stranaparabola della filosofia deiLumi:laragioneilluministicatesa a promuovere lamaggiorelibertàpossibileperl’individuohadialetticamente

prodotto l’esatto opposto,vale a dire una nuova formadi totalitarismo. La ragioneemancipatrice degliilluministi si sarebbe dunquetramutata in «ragionestrumentale», perchél’Illuminismo «si rapportaallecosecome ildittatore tragli uomini (li conosce inquanto è in grado dimanipolarli)»97efinisceintalmodo con l’autocontraddirsi,

quindi col dare avvio allapropriaautodistruzione.

Seguendo questa linea dipresa di distanza da tutte leprincipali categorieilluministiche, iFrancofortesihannocriticatoinugualmodol’ateismo, il deismo e ilteismo. Horkheimer inparticolare ha radicalmenteescluso che possa venirerintracciato un qualsiasisurrogato immanenteperDio

come fanno gli ateirazionalisti, ma hacontemporaneamenterifiutatol’immagine del Dio buono egiusto dell’Occidente. Anchequi come in tutti gli ateismiantropologici e socio-politicila questione di Dio diventasecondaria rispetto a quelladell’uomo concreto e dellasualibertà.

Adorno si è in seguitosostanzialmente mantenuto

sulla via di una dialetticanegativa che diventamaterialistica e conduce agliesiti tragici di un pensieroumano prigioniero di sestesso.98 Horkheimer invece,in una delle sue ultimeinterviste, è giunto asostenereche ilmondo finitoecontingente incuiviviamo,sebbene sia l’unico di cuipossiamo trattare, non ènecessariamente l’unico

esistente. E comunque larealtàfinitaecontingentenonbasta per dare un senso alTutto: essa è sì l’unicooggetto di una conoscenzarazionale,ma la sua finitezzaevoca quell’inattingibilealtrove,queltotalmenteAltrodove percepiamo potrebberisiedere il significato dellanostra esistenza.99 Il filosofofrancofortese, pur rimanendoestraneo a qualsiasi fede

religiosa positiva, intuiscedunque che non si puòcomprendere veramente lanatura umana senza fare iconti con il problema delsensoecon l’esigenzaaessaintrinseca dell’attesa di un«oltre», di una «redenzione»,che è poi in fondo la stessaesigenza che ha condotto ilneomarxista Ernst Bloch aparlare di principio speranzaediaspirazioneutopica.

Ma l’incredulità nellemeta-narrazioni teorizzata daLyotard segna pure la cadutadefinitiva della fede ingenuanellecredenzereligiose,acuipossiamo dire sia seguito undiffondersi spontaneodell’ateismo pratico odell’indifferenzaconsumistica e nichilistica.Sovente anche il cosiddetto«risveglio del sacro» è inrealtà una forma di

stravolgimentodelle religionimonoteistiche e unaregressione a cultipremoderni, per certi versineopagani; e d’altronde larivisitazione del premodernoè una delle caratteristichesalienti della postmodernità.Vanotatoperaltroperincisocome tanto la diffusionedell’ateismoalivellidimassanelle società postindustrialiquanto il ritorno ricorrente

del sacro costituiscono unapalese smentita storica dellateoria marxista-leninistasecondo cui la religione e ingenerale la credenza in Diosarebbero scomparse soltantocon l’avvento dellarivoluzione socialista:abbiamo infattiparadossalmente assistito auna forte adesione allareligione cristiana nei paesicomunisti (per esempio la

Polonia di papa Wojtyła)prima del tracollo dell’89 eper converso a una rapidacrescita esponenzialedell’ateismo sia teorico siapratico negli stessi Stati unavolta entrati prepotentementenelmondo capitalista.A benriflettere, questa palesesfiducia nei confronti diquantohaprodottolaragioneumana con lamodernità è ineffetti una sfiducia nelle

possibilità dell’individuoumano: essa rappresenta ilnegativorisultato finaleacuihanno condotto le ideologieottocentesche e le filosofieatee che le hannoaccompagnate.

Facendo un bilancioconclusivo, possiamosottolineare come l’ateismosocio-politicoabbiautilizzatoe utilizzi principalmente dueargomenti contro Dio e la

religione:– la credenza in un Esseresovrannaturalee le istituzionireligioseaessacollegatesonoinstrumentum regni, sonoinvenzioni dei detentori delpotere per narcotizzare lemasse e soggiogarle piùfacilmente (la religionecome«oppio del popolo» di KarlMarx);– la semplice ideadell’esistenza di un Ente

supremo compromette lalibertà e la dignità umana (il«SeDioesiste, l’uomoèunoschiavo» di MichailAleksandrovičBakunin).

Tutti e due gli argomentisonointrinsecamentedeboliemancano l’obiettivo diconfutare o rendereimpossibile credererazionalmente nell’esistenzadi Dio e sviluppare una federeligiosa. Alla prima tesi è

facilecontrapporreildatopercui le credenze religioseantecedono e di molto lacostituzione di un potereorganizzato, in grado cioè diideare e pianificare un usostrumentale della religione.Le prime tracce di cultorisalgono infatti almeno aiPaleantropi (per esempio alcelebre uomo di Neanderthalvissuto tra i 200.000 e i40.000 anni fa) e su questo

fatto non c’è più discussionetra gli studiosi: «Oggi si èconcordinell’ammetterecheiPaleantropi avessero unareligione»100. Inoltre èrisultato oggettivamenteimpossibile individuareper ilgenere umano la cosiddetta«epoca pre-religiosa»teorizzata nel ’900 da alcuniautori101; segno questo checon tutta probabilità lacredenza religiosa sorse

spontaneamente già tra gliominidi del medioPleistocene e qualcosa dianalogo sicuramente avvenneanche tra i primi individuidella nostra specie, adimostrazione pure del fattoche quello religioso è unfenomeno personale ancorprima che sociale. Inoltre lareligione non sempre è statasuccubadell’ordinecostituito,masièpureschierataadversa

regni, contro il potereregnante,comenelcitatocasodel cristianesimorivoluzionario di ThomasMüntzer.

L’idea del divino e ilsentimento religiososussistono dunque aprescindere dall’usostrumentale che ne possonofare un ceto dominante oun’istituzione di potere. Allostesso modo le

strumentalizzazioni delleconvinzioni teiste e religiosedapartedeipotenti,chepurecisonostateecisonotuttora,non potranno mai servirecome confutazionedell’effettivaesistenzadiDioedelledottrinereligiose:unaverità resta infatti sempretale, anche qualora vengastrumentalizzatadaqualcuno.

Quanto alla seconda tesiperlaqualeilconcettodiDio

comprometterebbe l’umanadignità e il libero arbitrio, sideve osservare in primoluogo che può valereesclusivamente per chiinterpreta la libertà degliesseriumanicometotalmenteincondizionata o comunquenonsoggettaadalcunvincoloposto dall’etica e dallaconvivenza sociale: in breve,vale effettivamente solo perl’anarchismorivoluzionarioo

per l’Unico di Stirner. Maoltre a questo, la teoria noncostituisce comunque unargomento cogente al puntoda confutare l’esistenzateorica di una divinità cheabbiaconcessoaognisingolouomo l’autonomia discegliere se ubbidire omenoai suoi comandamenti o allestesse leggi naturali, comeprofessa per esempio ladottrina ebraico-cristiana.

Avverso a essa si può pergiunta portare qualecontroesempio confutatorio ilfatto che una religione o lapropensione religiosapossono rappresentare nonuna limitazione per gliindividui, ma una spintaliberatoria e di pienarealizzazionedellacondizioneumana, specie se marcate daunaforteattesaredentivaodaunafortesperanzadiriscatto,

come pare aver compresobene il marxista Ernst Blochriconoscendochenonsempreenonnecessariamentelafedesi trasforma in «oppio deipopoli».1 J. Moltmann, Le radici cristianedell’ateismo moderno, in AA.VV.,L’ateismo. Natura e cause, Massimo,Milano1981,p.162.2 Vedi J. Meslier,Mémoire contre lareligion,Coda,Paris2007.3VediM.Onfray,Illuminismoestremo.Controstoria della filosofia IV, Salani-

Ponte alleGrazie,Milano 2010, p. 33.Cornelio Fabro ha fatto notare il datosingolare di tre abbés (abati o curati)sostenitori di due chiari fondamentilogici dell’ateismo come ilmaterialismoeilsensismo,ossia:PierreGassendi,ÉtienneBonnotdeCondillac(1715-1780) e Jean Meslier. Vedi C.Fabro, Introduzione all’ateismomoderno,Studium,Roma1969,p.465.4 Voltaire (a cura di), Estratto deltestamento di Jean Meslier ovveroSentimenti del curato d’Étrépigny e diBut indirizzati ai suoi parrocchiani,traduzione di Franco Virzo, IlRazionalista2006,p.2.5 Fabro, Introduzione all’ateismo

modernocit.,p.469.6 Vedi H.S. Reimarus, I frammentidell’Anonimo di WolfenbüttelpubblicatodaG.E.Lessing,Bibliopolis,Napoli 1977. Su Reimarus e la criticastorica vediR.G.Timossi,Decidere dicredere, San Paolo, Cinisello Balsamo2012,pp.166sgg.7 Meslier,Mémoire contre la religioncit.,pp.208-25,(traduzionenostra).8 Voltaire, Estratto del testamento diJeanMesliercit.,p.26.9 Le citazioni da Fabro, Introduzioneall’ateismomodernocit.,pp.466e468.10 J. Meslier, Le testament, Charles,Amsterdam1864,p.298.

11 Citata da A. Vergote, Psicologiareligiosa,Borla,Roma1979,p.260.12 J.-P. Proudhon, Système descontradictions économiques ouPhilosophiedelamisère,Rivière,Paris1923,tomoI,p.382.Vediintraduzioneitaliana J.-P. Proudhon, Sistema dellecontraddizioni economiche o Filosofiadella Miseria, Utet, Torino 1975, p.272.13Ivi,p.378(ed.it.,p.270).14Ivi,p.382(ed.it.,p.272).15Ivi,p.391(ed.it.,p.301).16 J.-P. Proudhon, Che cos’è laproprietà?ORicerchesulprincipiodeldiritto e del governo, Laterza, Bari

1967,p.29.17 Proudhon, Système descontradictionséconomiquescit.,tomoI,p.50(ed.it.,p.34).18J.Maritain,AteismoericercadiDio,Massimo,Milano1982,p.208.19 A. Del Noce, Il problemadell’ateismo, IlMulino,Bologna1990,p. 338. Vedi inoltre H. de Lubac,Proudhon et le christianisme, ÉditionsduSeuil,Paris1945.20 Proudhon, Système descontradictionséconomiquescit.,tomoI,p.384(ed.it.,pp.272-73).21 Proudhon,Che cos’è la proprietà?cit.,p.7.

22 M. Bakunin, Considerazionifilosofiche sul fantasma divino, ilmondo reale e l’uomo, La Baronata,Carrara-Lugano2000,p.17.23Ivi,p.18.24 M. Bakunin, Dio e lo Stato, RLEdizioni,Pistoia1974,p.32.25Ivi,p.33.26 Ivi, p. 23. L’affermazione Credoquia absurdum (credo perché èassurdo), o più precisamente Certumest, quia impossibile (è certo, perchéimpossibile),ènelDeCarneChristi diQuintino Settimio Fiorente Tertulliano(155-230 d.C. ca). Vedi Q.F.S.Tertulliano,Apologiadelcristianesimo.

La carne di Cristo, Rizzoli, Milano1984,pp.368-69.27Bakunin,DioeloStato cit.,pp.33-34.28 Ivi, p. 34. Una formulazione piùcorrettadelragionamentoèlaseguente:Se Dio esiste, allora l’uomo è unoschiavo;Mal’uomononèunoschiavo;dunque Dio non esiste. Sul modustollens vedi R.G. Timossi, Imparare aragionare. Un manuale di logica,Marietti,Milano2011,pp.348sgg.29Ivi,pp.37e39.30 Voltaire, Épître 104. Épître àl’auteurdulivredestroisimposteurs,v.22.

31Bakunin,DioeloStatocit.,p.38.32 K. Löwith, Da Hegel a Nietzsche,Einaudi,Torino1974,p.162.33Laleggekantianaacuicisiriferisceè la seguente: «Agisci inmodo che lamassimadellatuavolontàpossasemprevalere come principio di unalegislazione universale». Vedi I. Kant,Criticadellaragionpratica,A54,Utet,Torino1970,p.167.34 M. Stirner, L’Unico e la suaproprietà, Adelphi, Milano 2011, p.171.35 K. Marx, F. Engels, L’ideologiatedesca,EditoriRiuniti,Roma1979,p.152.VediancheG.W.F.Hegel,Lezioni

sullafilosofiadellastoria,Laterza,Bari2003.36 Vedi J.W. Goethe, Tutte le poesie,Mondadori,Milano1997.37F.Volpi,Ilnichilismo,Laterza,Bari1996,p.25.38M.Stirner,SullibrodiB.Bauer:Latromba del Giudizio Universale inScrittiminori, Treves,Milano 1923, p.22.39 Roberto Calasso, nel suo saggioAccompagnamento alla lettura diStirner, sostiene in modo convincentecheNietzschehalettoL’Unicoelasuaproprietà. Vedi R. Calasso in Stirner,L’Unicoelasuaproprietàcit.,pp.409-10.

40 A. Camus, L’uomo in rivolta,Bompiani,Milano 1994, p. 73. Camusper altro non emette un giudiziopositivo su Stirner, ma neppuredimostra di aver compreso a pieno lasuafilosofia.41 Vedi M. Stirner, Scritti minori eRisposte alle critiche mosse alla suaopera «L’Unico e la sua proprietà»deglianni1842-1847, Patron,Bologna1983,p.138.42 Stirner,L’Unico e la sua proprietàcit.,p.13.43 M. Stirner, L’Unico e la suaproprietà,Mursia,Milano1990,p. 69.Preferiamo in questo punto latraduzionediGiorgioPenzo(Mursia)a

quelladiLeonardoAmoroso (Adelphi)inprecedenzaseguita.44 G. Penzo,Max Stirner. La rivoltaesistenziale,Marietti, Torino 1971, pp.162-63.45VediG.Reale,Storiadella filosofiaantica, Vita e Pensiero, Milano 1975,vol.I,pp.209-10.46 A. Schopenhauer, Parerga eparalipomena, Adelphi, Milano 2007,vol.I,pp.561-62.47 G. Penzo, Nietzsche allo specchio,Laterza,Bari1995,p.159.48 Stirner,L’Unico e la sua proprietàcit.,p.380.49Ivi,p.195.

50Ivi,p.380.51Ivi,pp.380-81.52Parmenide,Frammenti,DK28B2,in H. Diels, W. Krans, I Presocratici,Bompiani,Milano2006,p.483.53 F. Engels,Ludovico Feuerbach e ilpunto di approdo della filosofiaclassica tedesca, in Scritti maggio1883-dicembre1889, LottaComunista,Genova2014,p.279.54Ivi,pp.10-11.55Ivi,p.11.56LecitazionidaF.Engels,Schellingela rivelazione, in Anti-Schelling,Laterza,Bari1972,pp.116e119.57 K. Marx, Tesi su Feuerbach, VI e

VII,inOpere,NewtonCompton,Roma2011,p.143.58 K. Marx, Per la criticadell’economiapolitica,inOperecit.,p.547.59 Marx, Engels, L’ideologia tedescacit.,p.13.60 K. Marx, F. Engels,Manifesto delpartitocomunista,inOperecit.,p.340.61 K.Marx,Differenza fra la filosofiadella natura di Democrito e quella diEpicuro, Bompiani, Milano 2004, pp.99e227.62 Marx, Per la critica dell’economiapolitica,inOperecit.,p.547.63 K.Marx,Miseria della filosofia, in

Operecit.,pp.155e207.64K.Marx,Perlacriticadellafilosofiahegeliana del diritto, inOpere cit., p.19.65 K. Marx, La questione ebraica, inOperecit.,p.34.66 Marx, Per la critica della filosofiahegeliana del diritto, inOpere cit., p.19.67Ivi.68 Marx, La questione ebraica, inOperecit.,p.34.69 F. Engels, Bruno Bauer e ilcristianesimo primitivo, «IlBolscevico»,n.31del2009.70 Vedi F. Engels, Sulle origini del

cristianesimo, Editori Riuniti, Roma2000.71 Vedi L. Althusser, Per Marx,Mimesis,Milano2008.72 K. Marx, Manoscritti economico-filosoficidel1844,inOperecit.,p.110.73Ivi,p.104.74 F. Engels, Anti-Dühring, EditoriRiuniti,Roma1968,p.153.75V.I.Lenin,Riassuntodelle«Lezionisulla essenza della religione» diFeuerbach, in Opere scelte, EditoriRiuniti,Roma1973,vol.III,p.347.76 V.I. Lenin, Materialismo edempiriocriticismo, inOpere scelte cit.,pp.121-23.

77 V.I. Lenin, L’atteggiamento delpartito operaio verso la religione, inOpere complete, EditoriRiuniti,Roma1967,vol.XV,p.381.78 VediV.I. Lenin, Sul significato delmaterialismomilitante, inOpere sceltecit.,vol.VI.79V.I.Lenin,Riassuntodelle«Lezionisulla essenza della religione» diFeuerbach,inOperesceltecit.,vol.III,p.354.80 V.I. Lenin, L’atteggiamento delpartito operaio verso la religione, inOperecompletecit.,vol.XV,p.382.81V.I.Lenin,Sullareligione,Rinascita,Roma1949,pp.20-31.

82 Lenin, L’atteggiamento del partitooperaio verso la religione, in Operecompletecit.,vol.XV,p.386.83Ivi,pp.381-84.84VediR.Pipes,Il regimebolscevico.Dal terrore rosso allamorte di Lenin,A. Mondadori, Milano 1999, pp. 390sgg.85VediE.Bloch,Lospiritodell’utopia,Rizzoli,Milano2009.86E.Bloch,Marxismoeutopia,EditoriRiuniti,Roma1984,pp.157-59.87 E. Bloch, Il principio speranza,Garzanti,Milano1994,vol.I,p.5.88 Vedi E. Bloch, Ateismo nelcristianesimo, Feltrinelli,Milano 2005,

pp.165-232.89Bloch,Ilprincipiosperanzacit.,vol.III,p.1388.90Ivi,p.1481.91Vedisupracap.1,par.3.92Bloch,Ilprincipiosperanzacit.,vol.III,pp.1281-1282.93Bloch,Ateismonelcristianesimocit.,pp.298-99.94Ivi,p.331.95VediR.Guardini,Lafinedell’epocamoderna,Morcelliana,Brescia1960.96 J.-F. Lyotard, La condizionepostmoderna, Feltrinelli, Milano 2004,p.6.

97 M. Horkheimer, T. Adorno,Dialettica dell’Illuminismo, Einaudi,Torino1966,p.17.98VediT.Adorno,Dialetticanegativa,Einaudi,Torino2004.99 Vedi M. Horkheimer, La nostalgiadel totalmente Altro, Queriniana,Brescia1972.100M. Eliade, Storia delle credenze edelle idee religiose, Rizzoli, Milano2006,vol.I,p.16.101 Vedi F. Heiler, Storia dellereligioni,Sansoni,Firenze1972,vol.I,pp.39sgg.

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Ildestinodiun’illusione

1.Ilparadigmadominante

Tra gli aspetticaratterizzantidellacrisidellamodernità o, come qualcunopreferisce, della nostra epocatardomoderna s’inserisce inambito culturale un eventospecifico, iniziato con ilpositivismo ottocentesco, marafforzatosi con i primi annidel secolo scorso e poidiventato predominante dopo

glianni’50.Ciriferiamoallostrano rovesciamento diprospettiva per cui allequestioni dell’esistenza diDio e della religione si sonodedicati maggiormente gliscienziati dei filosofi. Comeabbiamo visto trattandodell’ateismoantropologico,lafilosofiacontemporaneanellamaggior parte dei casi harinunciato a dedicarsi allaspeculazione metafisica,

quando addirittura non l’haripudiata apertamente senzatroppeesitazioni.Siaifilosofianalitici sia i filosoficontinentali sono apparsi eappaiono perfino imbarazzatidi fronte alle domande sullecauseprime e ultime, ovveroal cospetto dei classiciinterrogativi filosofici sulsenso dell’essere e della vitaumana,mentred’altrocantoiteologiinmoltecircostanzesi

limitano a riproporreargomentazionicomprensibilisoltantoinuncontestosocio-culturale ormai lontano daquello predominate nelmondod’oggi, cheha invececome quadro di riferimentoprincipale la conoscenzascientifica e lo sviluppotecnologico. Facilitati daquesto vuoto teologico-filosofico, gli uomini discienza abbandonano sempre

più spesso il loro campo dispecializzazione e affrontanocon discreta disinvoltura itemi della necessità di unacreazione, del problema delmale, della predisposizionenaturale alla credenzareligiosa e dei fondamentiveritatividellereligioni.

Sono inoltre sempre dipiù i libri scritti da scienziatidedicatiadargomentiqualilapresenza o meno di un

disegnointelligenteinnatura,la sussistenza dell’anima inrapporto con le conquistedelleneuroscienze,l’esigenzadi un «primo attore» perspiegare l’origine del cosmo,le difficoltà di assegnare undestino speciale esovrannaturale all’uomo allalucedelleteorieevoluzionistein biologia. Ancor più disovente capita che gliscienziati in propri saggi di

divulgazione scientificatrovino il destro per inseriredelle digressioni su materieteologiche e religiose, ancheperché sanno bene quanto ilvastopubblico sia interessatoai problemi metafisico-religiosi, purché trattati inmanieranontroppoastrattaocon linguaggio da iniziati,bensì con riferimenti airisultati concreti dellescoperte scientifiche. Come

ha fatto notare l’astronomo ecosmologo americanoRobertJastrow (1925-2008), untempoquando uno scienziatotirava in ballo nei suoi testiDio, i suoi colleghiconcludevano che ormai«aveva già un piede nellafossa» oppure che stava«diventando matto»,1nell’epoca attuale invece gliscienziati paiono fare a garanell’inserirenei loroscrittidi

divulgazione scientifica, etalvoltanonsoloinquelli,unriferimento a un Entesupremocreatoreeordinatoredel cosmo o a una «mentedivina».

Sia ben chiaro, che gliuominidiscienzasioccupinodi tematiche teologiche ereligiose non è nésconvolgente né tantomenounanovità, visto che l’hannofatto pressoché tutti i grandi

scienziati dalla nascita dellascienza moderna a oggi,anche perché moltissimi diloro erano credenti e non dirado uomini di Chiesa. Ed’altronde il ricercatorescientifico come ogni altroindividuocustodiscedentrodisé l’interrogativo sul sensodellapropriaesistenzaesentel’impellente bisogno ditrovare a esso una rispostaconvincente.Nello scienziato

come persona convivonoinfatti incessantemente sia leistanze epistemologiche siaquelle antropologiche, sia ilmetodo scientifico sia lequestioni esistenziali. Èpertanto non soloammissibile, ma addiritturaammirevole che chi cerca dicomprendere com’è fatto ilmondo naturale si pongacongiuntamente le domandefondamentalisuciòchec’era

prima e su ciò che ci saràdopo, ossia affronti gli eternienigmi sull’esistenza di Dio,sulla presenza nel cosmo diun ordine teleologico e sulsignificato della vita, inparticolare di quellaintelligente.

Diverso e noncondivisibileèinvecequandogli scienziati pretendono diessere gli unici titolati a direuna parola certa e definitiva

sulla religione e in generalesui temimetafisici. Questo èquantoinpartestaavvenendodagli ultimi decenni del XXsecolo, soprattutto a opera diuna schiera di scienziatidichiaratamente non credentiche giungono talvolta aprofessare un ateismomilitante,nondiradoperfinoaggressivo. Essirappresentano il nucleo fortediquellocheèstatochiamato

«ateismo scientifico» oppure«ateismo scientista», inquanto si fonda suun’estensione del metodo edelle conoscenze dellescienzenaturaliallequestionidi Dio e del valore dellareligione, in particolare diquella cristiana che viene apiù riprese attaccata eaccusata di atteggiamentoantiscientifico.

Come ha correttamente

osservatoalcunianniorsonopapa Giovanni Paolo II, loscientismo è una concezionefilosofica che «rifiuta diammetterecomevalideformedi conoscenza diverse daquelle che sono proprie dellescienze positive, relegandonei confini della meraimmaginazione sia laconoscenza religiosa e lateologia,siailsapereeticoedestetico»2. Detto in altre

parole, l’esclusivo modo perconoscere la realtà è morescientifico, ovvero seguire ilmetodo delle scienzeempiriche. Ma non bastaancora, perché lo scientismopretende pure di imporre illinguaggio scientifico comel’unico davvero significante,il solo dotato di un effettivoriferimento al mondo reale,«tacciando di “impreciso” illinguaggio ordinario e di

“irrilevanti”gliassertirelativia eventuali realtà che nonsono oggetto di verificaempirica»3. E nellemanifestazioni più recenti loscientismo si è spintoaddirittura oltre questasvalutazione della cultura edellinguaggiononscientifici,giungendo a concepire lascienza come la verareligione: quella della naturaedelleconoscenzeesatte.4

Nel loro impetocombattivo,gliscientistisonogiuntitral’altroadivulgareildatosecondocuilasceltaateaequindidinonappartenereanessuna religione sarebbetipica della stragrandemaggioranza degli uomini discienza, ma questaconclusione non è tuttoraaccertata in manieraattendibile perché nonsussiste nessun sondaggio

completo in materia. Lozoologo e biologoevoluzionista RichardDawkinshainvecetagliatolatesta al toro etichettandocome «scientificamente daanalfabeti»5 ogni teismo eogni fede religiosa. A suodire, in parole semplici,poiché la scienza implical’ateismo, è inevitabilestabilire una perfettacoincidenza tra essere

scienziato ed essere ateo;tuttavia non vale l’inverso:tutti gli scienziati sono atei,ma non tutti gli atei sononecessariamentescienziati.Diconseguenza, standoaquestaimpostazionelascienzavieneridotta a un sottoinsiemedell’ateismo. Atei scientisticome Dawkins e il filosofocognitivista Daniel C.Dennett sembrano infatticoltivare come loro elemento

prioritarioladistruzionedellareligioneodellacredenzaDiotramite«crociateateistiche».6

In sostanza l’ateismoscientista o scientificocontrappone aun’interpretazione teo-teleologica del mondoun’ontologia naturalistica,cheaffondalesuepiùremoteradici nel naturalismorinascimentale ed escludequalsiasi finalismo. I suoi

argomenti principali sonoperciò facilmenteindividuabili:– la scienza hadefinitivamente confutato oreso superflua l’ipotesidell’esistenza di Dio in tuttele sue forme e in manieraparticolare in quella delCreatoreintelligente;–lafedereligiosaelascienzasonotraloroincompatibili:laprimaènondimostrataenon

dimostrabile, la seconda èfondata sui dati oggettivi everificabili;– la religione temee avversailprogressoscientifico.

In base al primo assuntoscientista l’universo, glielementi che lo compongonoe la presenza dei viventi edella vita intelligente sigiustificano da soli, ossiasono tutti nelle condizioni diesisterecosìcomesonosenza

una causa esterna oun’intelligenza creatrice esenza un disegno finalistico.Dio è un’ipotesi nonnecessaria per spiegare lastruttura cosmica, come ebbea rimarcare Pierre-Simon deLaplace (1749-1827)rispondendo a una precisadomanda di NapoleoneBonaparte («Sire, je n’avaispas besoin de cettehypothèse-là[Sire,nonavevo

bisogno di quell’ipotesi]»)7.La teoria dell’evoluzione diCharles Darwin (1809-1882)ha poi esteso questaconclusione anche al mondodei viventi e in particolarealla presenza della specieumana. Negli ultimi tempil’idea di Dio è diventatapertantoperalcuninuoviateinonsoloininfluentedalpuntodi vista scientifico ed etico,ma perfino fuorviante e

dannosa.Quest’ultima posizione si

collega direttamente con ilterzo postulato scientistasecondo cui la religionesarebbenemicadellascienza;epoichéilbersagliopolemicoè costituito quasiesclusivamente dalle tregrandi religioni monoteiste,risultaovviochelanozionediun Creatore vengaconsiderata la prima da

confutare nel contrastoantireligioso. Implicito è quipure il secondo assuntoscientista che pone lereligioni e la teologia agliantipodi delle scienzenaturali. Mentre infatti lascienza si alimenta di fattiempirici,lecredenzereligiose(Dio,anima,vitaultraterrena,miracoli ecc.) e lespeculazioni teologiche su diesse sonoevidenti invenzioni

dell’umana fantasia inrispostaabisogniprimordiali,quali quelli della difesapsicologica contro leavversitànaturali(inprimislecatastrofi, le malattie e lamorte),nonchéall’impellentenecessitàdinormeimperativeintorno a cui costruire unacomunitàsocialeordinata.

Il perno intorno a cui simuove la tesidell’incompatibilità e

dell’inevitabile scontro tra lareligioneelascienza,intornoa cui si organizzastoricamente la polemicaantireligiosa degli ateiscientisti contro i credentinonsolocristiani,èilcelebre«caso Galilei». Ci riferiamoall’arcinota vicenda delprocesso inquisitorio e dellaconseguente abiura cui fucostretto Galileo Galilei(1564-1642) dal Sant’Uffizio

nell’anno domini 1633;vicenda che continua ancoraoggiaessereimpugnatacomeuna clava dai proseliti delnuovo ateismo. Benchél’evento storico sia ormaistato sviscerato in tutti i suoiaspetti anche più reconditi ene sia emersa una serie difatti che documentano da unlato l’atteggiamento diresistenza e timore delcambiamento della Chiesa in

una difficile fase della suastoria, e dall’altro qualcheerrore «epistemologico» diGalileo, benché lo stessoMagistero cattolico abbiariconosciuto che la condannafu ingiusta (pronunciamentopubblico del 31 ottobre1992), molti atei scientisticontinuano ad assumere ladisavventura toccata alloscienziato pisano qualeesempio per negare la

possibilità di un costruttivoconfronto tra saperescientifico e credo religioso,tra conoscenza scientifica eteologia, se non addiritturaper proclamarel’inammissibilità di unapacifica convivenza tracomunità scientifica ecomunitàreligiosa.8

L’elemento di novitàdell’ateismo scientificorispetto a quello della

tradizione storica precedenterisiede però soprattutto nellasua dichiarata presunzione dipoter dedurre direttamentedalle scienze della natura ladimostrazionedell’inesistenzadiDioedellafalsità di tutte le religioni. Inalcuni casi estremi c’è poiperfino chi ritiene di potermatematicamente conseguiretale prova, come ha fatto ilmatematico statunitense John

AllenPaulos,masitrattacontutta evidenza diun’assurdità.9Ilprogressonelsapere scientificoassicurerebbe inoltreun’elevazione generalizzatadelle coscienze e dellacultura, nonché un benesseretalmente diffuso da renderepragmaticamente inutili tantoleteoriemetafisichequantoleconvinzioni religiose. Moltoesplicito nel prospettare

questa convinzione è stato ilgenetista neodarwinianoJulian Sorell Huxley (1887-1975), allorché hasentenziato: «Presto per unuomo o una donna istruiticredere in Dio saràimpossibile quanto lo è ilcrederechelaTerraèpiana».Inserendosi inoltre dallasponda evoluzionistica nelprogramma degli ateiscientisti per farci transitare

da un’interpretazioneteologica del mondo a unanaturalistica,haaggiuntocheè necessario cambiare «laforma del nostro pensieroreligiosodaunochesicentrasu Dio a uno che si centrasull’evoluzione»10. In breve,perl’ateismoscientistaprestosolamente gli ignoranti o lepersone in malafede nonsarannodichiaratamenteatei.

Nella loro frenetica

attività propagandistica, gliatei scientisti risultanofavoriti non poco dallamentalità positivisticageneralmente diffusanell’opinione pubblicaoccidentale e in via dicrescente consolidamentoanche nelle altre regioni delglobo terrestre. Questoparadigma culturale oggiancoradominantesisostanziain una concezione erronea

delle scienze naturali qualiuniche forme di conoscenzasignificativaeoggettivamentesicura. L’idea della scienzacome suprema e unica formadi sapere non ha tuttosommato un’originelontanissima, dal momentoche la venerazioneincondizionata per i risultatidella ricerca scientifica risalealla corrente del positivismofilosofico attiva dal XIX

secolo, per la quale fuoridalle discipline scientifiche«positive»(dallatinopositum–ciòcheè«posto»,nelsensodi «fondato») si incontraesclusivamente un eserciziosoggettivodellamenteumanaa cui non corrisponde nientedi reale od oggettivo: soloidee vuote o insiemi aestensione nulla. Sono statisuccessivamente i cosiddetti«neopositivisti» con i loro

studi logico-linguistici arinverdire nel ’900 unavisione scientificadelmondoche prende le distanze dallametafisica e dalla religione:«Il metafisico e il teologocredono, a torto, di asserirequalcosa, di rappresentarestatidifatto,medianteleloroproposizioni. Viceversa,l’analisi mostra che similiproposizioni non dicononulla, esprimendo solo

atteggiamentiemotivi».11In estrema sintesi, il

positivista dell’immaginariocollettivo è un individuodotato di una mentalitàscientifica rigorosa, cheanalizzaifatticonoggettivitàe assoluto distacco emotivoricorrendo allastrumentazione tecnologicapiù avanzata; qualcunosempreprontoadapplicare ilmetodo sperimentale e alla

ricercadiconoscenzeesatteeincontrovertibili.Unapersonadi tal fatta credeesclusivamenteaciòchevedeo a ciò che tocca e rifiutaqualsiasi riferimento alsoprannaturale o altrascendente: per lui esistonosoltanto i fatti nudi e crudi, ifenomeni empiricamenteverificabili, mentre tutto ilresto rappresenta o unacreazione fantastica o un

vaneggiamento della menteumana. La sua filosofia difondo è pertanto quellamaterialistica, reinterpretatasecondo le teorie più recentidel moderno naturalismoevoluzionistico che escludel’esistenza di qualsiasi realtàoltre quella della natura odella materia descritta dallaconoscenza scientifica epropone «una concezionesoltantonaturaledelmondoe

dell’uomo».12Qualcunolohaperciò pure denominato«naturalismo scientifico»,generandocosìunaperniciosaconfusione sul carattere dellafilosofia naturalistica che èopportunochiarire.

Puressendoilconcettodinaturalismotuttoraoggettodidiscussione, possiamodistinguerne almeno duetipologie: il naturalismometodologicoeilnaturalismo

metafisico od ontologico.13Definiamo «naturalismometodologico» quello postoallabasedellascienzaechesipropone di fornire soltantospiegazioni naturali oempiriche, escludendo comeregolametodica lapossibilitàdiindagareciòcheesorbitalarealtà spazio-temporale; inbreve «gli scienziati non siappellano a entitàsoprannaturali quando

spiegano i fenomeninaturali».14 Il naturalismometafisico od ontologico percontro non solo nega lapossibilità di un’indaginerazionale intornoaunarealtàmeta-empirica, ma proclamal’esclusivarealeesistenzadelmondo fisico o della natura,per cui per principio nonsussiste nulla oltre ladimensione naturale: la suamanifestazione più nota è

infatti quella delmaterialismo. Il naturalismodellascienzaoscientificononpuòdunquecheessereditipometodologico, mentre ilnaturalismoevoluzionisticoopositivistico si dimostra atuttiglieffettiunnaturalismoontologico, ossia unaconcezione filosofica etalvoltaideologicadelmondoche esclude per principio ilmeta-naturale o il

soprannaturale.15Da attendibili indagini

sociologiche, la credenza piùdiffusa nel mondo intornoalla scienza è il cosiddettoapproccio copy theory,«basatosullaconvinzionechela conoscenza scientifica siala copia fedele del mondo eche gli scienziati possanosbagliare o non essere aconoscenza di qualcosa soloperché non hanno guardato

affatto o a sufficienza undeterminato fenomeno dellanatura»16. Sono invecescarsamente presenti nelcomune sentire leinformazioni sui limiti deimetodi scientifici benindividuati dalla filosofiadella scienza contemporaneaesulle limitazioni intrinsechealle stesse possibilità dellaconoscenza scientifica, cheemergono da principi come

quellodi indeterminazionediWerner Heisenberg(impossibilità di stabilirecontestualmente per unaparticella la posizione e laquantità di moto) e neiteoremi di incompletezza diKurt Gödel (esistonoenunciati non dimostrabiliall’interno di un sistemalogico-formale)onelteoremainqualchemodocollegatodiGregory Chaitin (non esiste

alcuna regola generale perriconoscere la casualità equindi nessuna comprensionedellarealtàèdefinitiva).

Queste sono dunque lebasi teorico-pratichedell’ateismo scientista oscientifico, interpretateovviamente in manieradifferente dai suoiprotagonisti, che negli ultimitempi risultanoprevalentemente degli

scienziati,inspecialmododeibiologi o dei teoricidell’evoluzionismodarwiniano.Maperprocederecon ordine, è preferibileiniziare l’esame critico delleposizioni dei diversi ateiscientisti dai presuppostistorici dello scientismo equindi dai fondatori dellafilosofiapositivista.

2.Lostadiopositivo

Iltermine«positivismo»èstato utilizzato per la primavolta dal pensatore franceseClaude-Henri de Rouvroyconte di Saint-Simon (1760-1825) – il profeta di LeNouveau Christianisme(1825) ossia di un nuovocristianesimo umanistico-sociale – per indicare ilmetodo oggettivo delle

scienze naturali. Il fondatoreindiscusso dell’indirizzopositivista è tuttavia un altrocittadino di Francia:AugusteComte (1798-1857).Quest’ultimo concepisce laparola «positivo» comesinonimodireale,difondato,di utile, di certo o sicuro, dipreciso e di oggettivo. Il«positivo» corrispondepertanto essenzialmente alfatto empirico, mentre il

termine contrario «ideale» èl’equivalente di chimerico,illusorio, fatuo, effimero,quindi di ciò che non trovacorrispondenza nei datiempirici. Egli intendeinsomma perseguire unaconcezione del mondo nonidealistica, bensì conforme aquello che chiama espritpositif (spirito positivo),ovvero alla realtà dei fattiaccreditati innanzitutto

tramite l’esperienzasensoriale. Questa forma disapere risiede perciò soltantonella scienzamoderna che faricorsoalmetodoempirico,inparticolar modo ovviamentenelle scienze della naturadefinite appunto «scienzepositive», al cui verticestarebbelafisica.Lafilosofiapercontro,almenofinoaquelmomento, si sarebbecimentatainunsaperefittizio

e irreale, rappresentatomagistralmente dallametafisica. Il compito che siautoassegna Comte consistenell’introdurre e farriconoscere il primato delmetodo scientifico anchenell’ambito dell’indaginefilosofica, orientandola cosìfinalmente verso un oggettoconcreto ovveropositivamente verificabile, ilquale non consisterà certo

nella ricerca di fantomaticiprimi principi, essenze ofondamenti metafisici dellecose, bensì nel vasto settoredei fenomeni socialiosservabili empiricamente.Infatti«la filosofiapositivaèinnanzitutto profondamentecaratterizzata, in qualsiasisoggetto, da questasubordinazione necessaria epermanentedell’immaginazione

all’osservazione, il checostituisce soprattutto lospirito scientificopropriamente detto, inopposizione allo spiritoteologicoometafisico».17

Latesidellavacuitàdellametafisicahacome ispiratoreprimario l’empirista scozzeseDavid Hume (1711-1776),che lo stessoAugusteComteindica come suo «principaleprecursore in filosofia». La

criticaantimetafisicahumianaè di una radicalitàstraordinaria e capace diimpressionare tuttorachiunque vi si imbatta, comeper altro capitò al grandeImmanuel Kant, il quale leattribuì apertamente ilmeritodi averlo svegliato dal suotorpore metafisico: «Loconfessofrancamente–scrivenel1783ilfilosofotedesco–l’avvertimento di David

Hume fu proprio quello che,molti annior sono,primomisvegliò dal sonnodogmatico».18 Il filosofoscozzese negava infattiqualsiasi valore assoluto aiconcettimetafisiciconsolidatidella tradizione occidentale edellafilosofiamoderna,comeadesempioquellidicausalità,sostanza materiale (resextensa) e sostanza spiritualeo cogitante (res cogitans), e

viadicendo.Delleentitàacuiassociamo tali concetti (es.causa prima, essenza eanima), non possediamoinfatti nessuna esperienza oimpressionesensorialedirettaepertantononc’ènullacheciconsenta di confermarne lareale esistenza. È l’abitudineche ci induce a vedere nellacontiguità spazio-temporaledi due eventi una relazionecausale, nelle impressioni

esteriorideglioggetti(colore,forma ecc.) la presenza dientità sottostanti che leproduconoeneinostristatidicoscienza (sentimenti,pensieri, passioni ecc.) lemanifestazioni di un’entitàsottostante di naturaspirituale. L’abitudine, inaltreparole,suscitainnoiunaserie di «credenze» che nonrappresentano mai unaconoscenza certa, ma

piuttosto una pulsionenaturale,unsentimentosucuisentiamo la necessità diimpostarelanostraesistenza.

Non sorprende pertantoche per Hume la teologianaturale risulti una disciplinasenza valore conoscitivo eperciò inutile. Se comesosteranno gli stessipositivisti, ogni credenzapresumibilmente vera ècostituitasoltantoda«materia

di fatto» ossia empirica, nonsi può non concludere chetutte le prove razionalidell’esistenza di Dio, inquanto meta-empiriche, nonrientrano tra le conoscenzeattendibili. E le conseguenzepratiche da trarre sono alloraaddiritturadevastanti:

Quando scorriamo i libridiunabiblioteca,persuasidi questi principi, che

cosa dobbiamodistruggere? Se ci vieneallemaniqualchevolumeperesempiodi teologiaodi metafisica scolastica,domandiamoci: contienequalche ragionamentoastratto sulle quantità esuinumeri?No!Contienequalche ragionamentosperimentale su questionidi fatto e di esistenza?No! E allora gettiamolo

nel fuoco, perché noncontiene che sofisticherieeinganni.19

Scetticoversoimiracolienei confronti delle dottrinecristiane, come per altro diqualsiasi altra religionestorica, Hume è però unagnostico o un deistapiuttosto cheun ateo,mentrenel positivismo filosofico sipossono certamente

riconoscere degli agnostici,ma difficilmente sitroveranno dei deisti e ancormenodeiteisti,almassimocisarà qualche panteista.Comte,dopoaverdistruttosubasi humiane la metafisicaqualevacuoragionareintornoa idee astratte, fittizie emeramentespeculative,comelateoriadelle ideediPlatoneo le «forme» aristoteliche, siesprimenegativamente anche

sulla realtà di Dio proprioperchénonpuòdirsi inalcunmodo un ente «positivo»oggetto di conoscenzaempirica. Analogo discorsovienedaluiestesoamaggiorragione alle religioni, cheintorno a una nozioneevanescente di divinitàcostruiscono un insieme dicredenze lontanissime dallapossibilitàdiessereverificatesu basi empirico-razionali e

appartenenti a fasi immaturedel sapere e della condizionesocialedell’umanità.

Piuttosto nota è inproposito la cosiddetta«grande legge dei tre stadi»,espostanelCorsodi filosofiapositiva (pubblicato tra il1830eil1842)edaassumerequale tesi centrale di unafilosofia della storiaevoluzionistica.

Studiando lo sviluppodell’intelligenza umana –affermaComte–[…]dalsuo primo manifestarsi aoggi, io credo di averscopertounagrandeleggefondamentale […].Questa legge consiste inciò: che ciascuna dellenostre concezioniprincipali, ciascun ramodelle nostre conoscenzepassanecessariamenteper

tre stadi teorici differenti[…]. Di qui tre tipi difilosofia, o di sistemiconcettuali generali,sull’insieme deifenomeni, che siescludonoreciprocamente. Il primoè un punto di partenzanecessariodell’intelligenzaumana;ilterzoèilsuostatofissoedefinitivo; il secondo è

unicamente destinato aservire come tappa ditransizione.20

Il progresso intellettualeumano avrebbe in sostanzaattraversato tre fasi o etàcruciali, di cui la prima diavviodelprocessoevolutivo,la seconda di passaggio e laterza definitiva. Ecco i trestadicomtiani:–teologicoofittizio

–metafisicooastratto–positivooscientifico.

Nel primo stadio, quelloteologico o fittizio, citroviamo nell’infanziadell’umanità e gli uominisperano di controllare ifenomeni naturali ricorrendoa esseri divini osoprannaturali inventati, deltutto irreali perché esistonosoltanto nella nostra mente.Questa età va ripartita in tre

momenti direttamentecorrispondenti allo sviluppodelle credenze religiose: ilfeticismo, il politeismo e ilmonoteismo. Nello stadiometafisico o astratto si entrainvece nell’adolescenza delgenere umano e si passaquindi dalle fantasie o dallevisioni mitologiche allariflessione filosofico-metafisica, la qualeconcepisce per pura

astrazione enti, essenze,principi o forze ideali (peresempio la res extensa e lares cogitans di Cartesio, lasostanza unica di Spinoza, ilDio grande architetto deideisti ecc.) allo scopo diordinare e giustificarerazionalmente il mondofenomenico. La funzione delsecondo stadio è utile alsuperamentodella religioneedella mitologia, ma non

costituisce ancora il verosapere, l’autenticaconoscenza della realtà, l’etàadulta dell’uomo o «statovirile dell’intelligenza».Quest’ultima infattiappartiene unicamente alterzo e definitivo stadio,quello positivo o scientifico,nel quale l’intelletto umanogiunge a comprendere chenon ha alcun senso inseguirefondamentioprincipiassoluti

dellecoseesiconcentrasullostudio scientifico delle legginaturali che regolano l’interouniverso:

Nello stadio positivo lospirito umano nelriconoscerel’impossibilità di otteneredelle nozioni assolute,rinuncia a investigaresull’origine e la finalitàdell’universo, e a

conoscere le cause intimedei fenomeni, perapplicarsiunicamenteallascopertaattraversounusoproporzionato delragionamento edell’osservazione, le loroleggi effettive, ossia leloro relazioni invariabilidi successione e disimilitudine.21

L’ateismo del fondatore

della filosofia positivista siesprimedunquenel rifiutodiqualsiasi rilevanza deiprincipiassolutieingeneraledelle realtà sovrannaturali,presentate come retaggio diuna fase dell’umanitàappartenente a un’etàadolescenziale o giovanile sesi tratta della teologiafilosofica, mentre èsicuramente infantile quelladelle credenze religiose.

L’attacco alle provedell’esistenza di Dio si faallora molto esplicito ediretto; esse infatti avrebberoconseguito come principalerisultato non quello didiffondere certezzeteologiche, bensì di seminaredubbi.

Non solo le innumerevolidimostrazionidell’esistenza di Dio –

afferma Comte – diffuse,con tanto clamore, acominciare dal XIIsecolo, constatanoaltamente lo slancio deidubbi arditi di cui questoprincipio era già alloral’oggetto diretto, ma sipuò assicurare pure cheesse hanno contribuitomolto a propagarli […].Mi pare che Pascal sia ilsolo filosofo di questa

scuola che abbiarealmente compreso eabbia decisamentesegnalato il pericoloradicale insito in questeimprudenti dimostrazioniteologiche.22

In altre parole, se lateologia filosofica hal’esigenza di argomentarerazionalmente l’esistenza deldivinoèproprioperchénonsi

sente sicura, perché èconsapevole di quanto taleesistenza sia incerta e diquante perplessità scettichetravagliano la mente deglistessi teologi. Avrebbepertanto visto giusto BlaisePascal (1623-1662) allorchéha manifestato la propriaperplessità rispettoall’efficacia delle vierazionali per dimostrarel’esistenza diDio, rispetto al

cosiddetto «Dio deifilosofi».23

Tuttavia anche Comte,pur partendo da basiscientiste, sembra alla fineseguire la paraboladell’ateismo antropologico,perché una volta eliminata lanozione del trascendente edell’Ente supremo qualespiegazione universale dellecose si ritrova assillato dalproblema di attribuire un

significatounitario alla realtàe in particolare alla vitaumana. Egli d’altronde eraben consapevole dellanaturale religiosità dell’uomoe lui stesso probabilmentenutriva nascostamente unprofondo sentimentoreligioso, almeno a giudicaredal comportamento ieratico eprofeticodeisuoiultimianni.Così come infatti all’iniziodella sua attività di filosofo

aveva tramutato la scienza infilosofia, nella fase finalearriva incredibilmente atrasformare la filosofia inreligione, compiendo lasingolare operazione per cui«dopo essere stato Aristotelenella prima parte della suavita, sarà san Paolo nellaseconda»24.

In opere qualiSistema dipolitica positiva (1851-1854)e Catechismo positivista

(1852),Comtesiautoproponee autoproclama guidaspirituale e capo carismaticodi un nuovo credo religiosocapacedisostituirealcultodiDio quello dell’umanità, dalui definita Grand Être. Il«Grande Essere» difatti altrononèsenonl’insiemedituttigli esseri umani di tutti itempi, passati, futuri epresenti, i quali costituisconola «popolazione soggettiva»

da distinguere attentamentedalla«popolazioneoggettiva»degli uomini del presente. Aquestapopolazionesoggettivava assegnato il merito diconcorrere liberamente aperfezionare l’ordineuniversale delle cose. Nellanuova religione comtiana alculto cristiano dei santi sisostituisce quello degli eroidella scienza e della civiltà,mentre l’aldilà è

rappresentato dalla memoriadelle buone opere«positiviste» compiute. Eovviamente i sacerdotiofficianti di questa singolarereligione sono l’intellettualepositivista, lo scienziato esoprattutto il sociologo. LasociologiaèinfattiperComtela nuova importante «scienzadell’umanità» da porre alverticedellaclassificadituttele scienze positive. Viene

insomma fondata una vera epropria Chiesa positivista,che tra l’altro pare vantaretuttora nel mondo qualcheadepto e qualche cappella incui riunirsi (per esempio aParigi e a Porto Alegre).Quellacheilfilosofofrancesechiama «religione senzaDio», ossia la nuova«religione dell’umanità»,rappresenta il compimentonaturale dello stadio

positivista; ma sebbene luinon se ne renda conto, èanchedifattolarivalsadiunateologia che alle divinitàtradizionalinesostituisceunanuova:l’umanità.

Se qualcuno è rimastomeravigliatodiquestoritornoneanche troppo sotto mentitespoglie allo stadio teologico,farebbe invece bene ariflettere su quanto questoapprodoreligiososiadeltutto

conseguente alla tesi che fadella scienza un sapereassolutoe lo strumentodiunprogresso illimitato,probabilmente infinito. E sela conoscenza scientificadiventa oggetto divenerazione, se la scienzadiventa una nuova forma difede, allora la specie umanache l’ha creata finisceinevitabilmentepersostituirsia Dio secondo il classico

percorso postulatorio eantropologico dell’ateismo.Ecco del resto leemblematiche parole diComte:

La vera religione delGrande Essere: al suoprincipio affettivo, ilpositivismo devecollegare un centrounitario, che comprendacontemporaneamente il

sentimento, la ragione el’azione. […] Essa èinteramente soddisfattadalla convergenzanaturaledituttigliaspettipositivi verso la grandeconcezione dell’umanità,che eliminairrevocabilmentequelladiDio.25

Il tentativo di Comte disostituire alle religioni

tradizionali una nuovareligionecheveneril’umanitàinvece di qualche fittiziadivinità si puòtranquillamente definire«scientista», anche perchéquesto termine non havalenzanegativanelpensierocomtiano. Émile Durkheim(1858-1917), un altro grandesociologo francese noncredente, riflettendonel1912sulla«religionedell’umanità»

nesancivailtotalefallimentoene individuavaa ragione lacausa nel suo carattereartificioso e al tempo stessoimitativodicultistoricamenteesistenti: «È questo che hareso vano il tentativo diComte di organizzare unareligione in base a vecchiricordi storici, artificialmenterisvegliati: è soltanto dallavita stessa, e non già da unpassato morto, che può

scaturireuncultonuovo».26Dopo il fallimento del

progetto feuerbachiano diumanizzazione di Dio,assistiamo allora pure alfallimento del progetto didivinizzazione dell’uomofondato sulla scienzamoderna. Risulta cosìevidente la contraddizionefondamentale non solodell’ateismo scientista,ma diqualsiasi forma di ateismo

fino a ora incontrato. L’ateosostituisce infatti sempre alladeprecata idea di un Enteassoluto trascendente unAssoluto immanente, finendospesso con l’attribuire più omeno consapevolmenteall’essere umano qualità«trascendenti»checertamentenongliappartengono.

3.Igermoglidelpositivismo

Il clima positivisticoottocentesco costituì unhumus fertile per ladiffusione dell’ateismoscientista o comunqueispirato dal metodo e dalleconquiste della scienza.L’approccio filosoficocomtiano incontrò subitomolti estimatori e imitatori,specie nell’ambito dellaculturadilinguafrancese,checercarono di applicarlo in

diversi rami del sapere. Perglistudisullareligionedaunpunto di vista scientifico esoprattutto per la criticastorica al cristianesimo conorientamento scettico spiccalafiguradelfilologoestoricoJoseph-Ernest Renan (1823-1892). La sua opzioneculturaledibaseeraperaltrogià chiara intorno aiventicinque anni, quandoconsigliava di «non cercare

l’assoluto che nella scienza»,perché «la scienza è unareligione:essasoloormaipuòprodurre i simboli, essa solapuò risolvere all’uomo glieterni problemi, dei quali lasua natura esigeimperiosamente lasoluzione».27

Professore di linguesemitiche, Renan diventòpiuttosto celebre per una suaVie de Jésus (1863), primo

volume di una storia delleorigini del cristianesimocostituitadabenottotomi.Inessa indica subito qualecompito principale dellostoricoquellodiescluderedauna biografia come la suatutto ciò che si rivelainverificabile oindimostrabile per viaempirico-razionale. Questaindicazione metodologicalasciafacilmenteintuirecome

lasuaintenzionefossequelladi puntare da un’otticarigorosamente storico-filologica a un profondoriesame delle verità su Gesùdi Nazaret, sui Vangeli e ingenerale sulprotocristianesimo. E ilsuccesso straordinario perquei tempi del suo libro, chevendette in breve tempo inFrancia oltre sessantamilacopiee superòperfinoquelle

di prima uscita del romanzoMadame Bovary di GustaveFlaubert, dà il segno diquanto l’ideale positivistarisultasseormaidiffuso tra lepersonecolte.

Il filologo franceses’inserì così a pieno titolonellaQuest for theHistoricalJesus [Ricerca del Gesùstorico] e più precisamentenella sua prima fasedenominataOldQuestoFirst

Quest[AnticaricercaoPrimaricerca], laqualeavevacomescopo prioritario laricostruzione della figurastoricadiGesùdiNazaretconl’ausilio esclusivo dimetodologie storico-critiche.Si affiancava in tal modo astudiosi del livello diHermann Samuel Reimarus(1694-1768),HeinrichPaulus(1761-1851),DavidFriedrichStrauss, Ferdinand Christian

Baur (1792-1860) e BrunoBauer,iqualidadiversifronti(esegetico, filologico,filosofico, teologico ecc.)entravano in contrasto colcristianesimo ufficiale eponevano in discussione ilvalorestoricodeitestibiblici,in particolare dei Vangeli,puntando a plasmare unanuova immagine diGesù piùaderenteallastoriarealeopiùfacilmente a una moderna

filosofia della storia.28Perlomeno inizialmentel’impostazione scientifica diRenan non aveva però alcunintento polemico neiconfronti della Chiesa (odelle Chiese, visto che sioccupava anche delle SacreScritture ebraiche) e noncercava neppure di attaccaredirettamente le dottrinecristiane; ma sta di fatto chela scelta di considerare

fondato soltanto ciò che neitesti biblici resisteva aimetodi della scienzafilologica e al razionalismostorico ponevainevitabilmente indiscussionemolta parte dellateologia,riversandoun’ombrasulla veridicità degli stessidogmicristiani.

Rilevare con spiritoscientifico incongruenze, datiincerti o dubbi e falsità

storiche o di datazione negliscritti neotestamentari nonpoteva del resto non averecogenti conseguenze sottol’aspetto della veritàoggettiva: «Il problema disapere – sostiene infattiRenan – se ci sonocontraddizioni tra il quartoVangelo e i Sinottici è unproblema di fatto. Ora, iovedo queste contraddizioniconun’evidenzaassoluta,che

ciscommettereisopralavita,anche la mia eternasalvezza»29. Da giovanecredente frequentatore delseminario Saint-Sulpice diIssy-les-Moulineaux vicino aParigi, dove tra l’altro pareapprezzasse pure gliinsegnamenti di filosofia,sotto l’influsso dellamentalità positivistica che loconduceva a considerarevalido solo ciò che veniva

confermato dalla scienza, sitrasformò così in un criticodella teologia e del credocristiano ufficiale: «Sicercherebbe inutilmente nelVangelo una proposizioneteologica.Tutteleprofessionidi fede sono travisamentidell’idea di Gesù. Se Gesùritornasse tra noi, nonriconoscerebbe per suoidiscepoli coloro chepretendono di rinchiuderlo

tutto in alcune frasi delcatechismo»30.

La critica storica efilologicanonimpedìtuttaviaa Renan di esprimere grandeammirazione nei confrontidella persona di Gesù diNazaret, che reputava «unuomo di proporzionicolossali» e nei confronti delquale il miglior atto dirispettoincoerenzaconlasuapredicazione consisteva nel

collocarlo«nellapiùaltavettadella grandezza umana». Peraltrolareligionecristiananonpoteva realisticamente essereil prodotto della sua solaazione, bensì dell’attività ditutta una tradizione storicalunghissima e proteiforme:infatti «noi riconosciamocertamente nel cristianesimoun’opera troppo complessa,per essere stata creata da unuomo solo; vi ha collaborato

l’umanità intera». Gesù èquindiunodegliindividuipiùelevati che hanno calcato laStoria, ma deve restare pernoi soltantounuomo,perchénoncisonoprovescientificheenonpotrannoprobabilmenteessercene mai che fossequalcosa di più di unsemplice vivente della nostraspecie.Questod’altrondeè ilrigore che si richiede a chicome Renan «ha consacrato

lapropriavitaallascienza»ecosì facendo «ha fondato unnuovo ideale dimoralità».Achi è tenuto ad applicareunasimile nuova eticapositivistica, se gli sidomanda se «è permessochiamare divina questasublime persona [delNazareno]», può risponderefavorevolmente «non perchéGesù abbia in se stessoassorbito tutto quanto il

divino, ma perché Gesù èl’individuo che fece fare allasua specie il massimo passoverso il divino. […] In lui sicondensò quanto la nostranatura ha di elevato e dibuono».31

Come si può notareritroviamoquipiùdiqualchetraccia del programma diumanizzazionediDioportatoavanti in filosofiadaLudwigFeuerbach, con la differenza

che in questo caso vieneapplicato a un uomo solo ocomunqueaqueipochiesseriumani elevabili allo stessolivello di Gesù di Nazaret.Individui costoro cheinnalzano il genere umanoall’altezza del divino, tantoche Renan conclude con uneloquente invito:«Inchiniamoci davanti aquesti semidei».32 Di fattoassistiamo

contemporaneamente aun’umanizzazione del Gesùconcepito come CristoSignore e a unasemidivinizzazionedell’uomodi Nazaret. Giunge in talmodo a compimento da unduplice versantel’equiparazioneantropologicadell’uomoaDio:daunlatolateologia viene ridotta adantropologiaconFeuerbachedall’altro l’antropologia

diventateologiaconRenan.Ècorretto allora sostenere che«le due forme più diffuse diateismo ottocentesco sonoentrambe forme di ateismosostitutivo» e procedonoentrambe dall’assuntofeuerbachiano«Homohominideus».33

Se Renan contribuìoggettivamente a diffonderel’ateismo positivista, restaperò difficile affermare con

sicurezza che fosseconvintamenteateo; forseerapiuttosto un panteista,perlomeno se si possonoattribuire a lui queste parolemesse in bocca alpersonaggio di Teoctiste neisuoi Dialoguesphilosophiques (scritti nel1871 sotto l’influsso deitragici eventi della Comunedi Parigi e pubblicati nel1876): «L’universo sarà così

compiuto in un solo essere,nell’infinito del quale siriassumeranno miliardi emiliardi di vite, a un tempopassate e presenti. Tutta lanatura vivente produrrà unavita centrale […]. Ci saràun’unica coscienza per tutti[…]. L’universo sarà uninsieme smisurato dipolipi»34. Inoltre in uno deisuoi frammenti precisa: «Dio= la coscienza del polipo»35.

D’altronde egli continuò finoall’ultimo a riconoscereaspetti etici importanti in unrapporto sincero degliindividui umani con Dio,perfino da parte delbestemmiatore: «Ogniriflessione che trasportal’uomo fuori dal cerchioristretto del suo egoismo èsalutare e buona per l’anima[…]. La bestemmia delgrande intelletto è a Dio più

gradita che la preghierainteressatadell’uomovolgare,perché […] racchiude unaparte di giusta protesta,mentre l’egoismo noncontiene nessuna parte diverità».36

Per fare un sinteticobilancio, sono da apprezzarelebuoneintenzionidiJoseph-Ernest Renan nell’estendereglistrumentidiindaginedellafilologia scientifica ai testi

sacri, secondo lo spiritopositivisticodelsuo tempo,eugualmente vannoriconosciuti i meriti delmetodo storico-criticoapplicatoallaBibbia.Sidevetuttavia contestualmenteporre in chiaro che tramitetanto l’esegesi filologicaquantolacriticastoricanonsipotrà mai conseguire unadescrizione sicura del «Gesùreale» e tantomeno confutare

il fondamento della fedecristiana.Cometraiprimihamessoinevidenzailmedicoeteologo tedesco AlbertSchweitzer (1875-1965), chicome Renan si è spintotroppo oltre nel tentare diidentificare l’autentico Gesùstorico ha finito per fornirciuna raffigurazione moltopersonale e talvolta perfinoideologica del Nazareno;raffigurazione che ha poco o

nulla a che spartire conl’oggettivitàscientifica.37

Sicuramente erisolutamente ateo fu inveceunaltropersonaggiofranceseinfluenzato dal positivismo:FelixLeDantec(1869-1917).Biologo e docente difisiologia edembriologia allaSorbona, riprese il pensierodel materialista Paul-HenryThiry d’Holbach e fuprobabilmente il primo a

utilizzare l’espressione«ateismo scientifico» perdefinire il suo modo diconsiderarsi ateo. Ritenevainfatti che le credenzemetafisiche,eticheereligiosealtro non fossero se noninvenzioni erroneetramandate per abitudineereditaria, destinateinesorabilmente a esserecancellate dal progressoscientifico. Il suo era un

ateismo evoluzionistico distampo lamarckiano, ossiaconvinto dell’ereditarietà deicaratteri acquisiti all’internodi una specie vivente, epertanto «l’esistenza di Dionon spiegava nulla, poichénontrovavoalcunsensoataleformula; ricercavo perciò dipreferenza le spiegazioni chesono chiamate materialiste;l’animami era tanto estraneaquanto Dio, era per me una

parola che celavaun errore».Achigli facevanotarecomel’ipotesi Dio fosseindispensabile per spiegarel’esistenza del cosmo, eglirispondeva di non vedere«per nulla la necessità chequalcuno abbia creato ilmondo. Se mi si chiede, alcontrario, qual è statal’origine del mondo?Risponderò umilmente: nonso; non vedo neanche una

ragione perché il mondoabbia dovuto avereun’origine,uninizio».38

Con Le Dantec citroviamo in presenza di unmonismo materialista,iatromeccanicistico infisiologia umana(l’organismo umano è uninsieme di «macchine»oppure un’unica macchinacomplessa),quindisensibileauna spiegazione

meccanicistica della vita, mache a differenza degli ateiscientisti odierni sembraalmeno in apparenza piùdisponibile ad «ammettere labuona fede dei propricontradditori, anche quandosi è nell’impossibilità dirappresentarsi la loromentalità con qualcheverosimiglianza».39 Tuttoquestoancheselaprimapartedella sua opera filosofica più

celebre–L’athéisme(1907)–punta a porre in evidenzal’assurdità di qualsiasidimostrazione dell’esistenzadi Dio, che in effettiservirebbe solo a confermarela convinzione di chi giàcrede: «Una cosa mi hasempre profondamentesorpreso, ed è che i credentid’ogni epocaabbianocercatoe fornito prove dell’esistenzadi Dio. Naturalmente esse

sono inconfutabili per coloroche le utilizzano;sfortunatamente, losonosoloper loro, provano che essicredono in Dio e questo ètutto». Se infatti un teoremadi geometria vale per tutti,«nei credenti, invece, lacertezzadell’esistenzadiDioè preesistente alladimostrazione che non viaggiunge nulla. […] Lapresenza d’atei dimostra

proprio che le provedell’esistenza di Dio nonvalgononulla».Cercaredelleprove può allora risultareaddirittura controproducente,come per altro qualsiasitentativo di affermare lapropriafede,perché«unateo,ritenendole insufficienti, sisentirà, proprio per questo,maggiormente autorizzato aproclamarsi ateo»; tanto èvero che a suo giudizio «i

Pensieri di Pascal sono illibro maggiormente in gradodi rinforzare l’ateismo di unateo».40

Qui Le Dantec dimostraperò di aver compreso assaimenobenediAugusteComteilpensierodiBlaisePascal,ilqualeera in realtàperlomenotiepido nei confronti delleproverazionaliasostegnodel«Dieudesphilosophesetdessavants» (Dio dei filosofi e

dei dotti)41 e cercavapiuttosto le raisons du cœur(ragioni del cuore) che «laragione non conosce».42 Peraltro l’ateismo di Le Dantecsi fondava erroneamente suun determinismo assolutoderivante dalle sueconvinzionibiologichebasatesulletesilamarckiane,cheluiovviamente reputavascientifiche, mentreconsiderava non scientifiche

leteoriediDarwin:«Checchéne pensino i neodarwinisti,[…] le cause di variazionesconosciute diffuse nelmondosonoimpotenticontrola necessità tratta dalle dueleggibiologiche».43

È per noi oggi scontatoche in fatto di evoluzionebiologicatraJean-BaptistedeLamarck (1744-1829) eCharlesDarwinavevatortoilprimo e ragione il secondo,

quindi ci è facile concluderechepureLeDantecsbagliavaconlasuavisionescientifica.Ci viene anche spontaneoesclamare«per fortuna!»,dalmomento che il suodeterminismo biologicoavrebbe cancellato davverol’umanoliberoarbitrio.Maseè tanto facile sbagliare nellavalutazione delle veritàscientifiche, dobbiamocorrettamente concludere che

lo sarà ancora di più e conmaggiore probabilità quandosi ritiene di poter fondarescientificamente l’ateismocome pretendeva di fare LeDantec.Iltentativopositivistadi estendere i metodi dellescienze naturali al problemadell’esistenza di Dio e alvaloresalvificodellereligioniè infatti oggi giustamenteconsiderato assurdo dallastragrandemaggioranzadegli

scienziati e da tutta lamodernaepistemologia.44

4.Unaproiezioneinconscia

Dopo il successo nellaseconda metà dell’800 dellavisione scientificadelmondodel positivismo, perpressochétuttalaprimametàdel XX secolo alcuniscienziati e filosofi hanno

continuatoaritenerepossibilel’estensione delle spiegazioninaturalistiche a tutti ifenomeni umani, religionecompresa. Un simileatteggiamento è facilmenterintracciabile nel pensiero enegli studi del padre dellapsicoanalisi Sigmund Freud(1856-1939), che difattireputava «inammissibileconcepire la scienza comeuna sfera di attività dello

spiritoumanoelareligioneela filosofia come altre sferealmeno equivalenti, nellequali la scienza non deveinterferire», anche perché leaffermazioni filosofico-religiosenonpossonovantare«ugualepretesadiverità». Inbreve, sussiste una«Weltanschauungscientifica», alla qualecompetono «tutti i campidell’attivitàumanaechehail

dovere di diventareinesorabilmente critica» conchi gli contrappone unaperniciosa «Weltanschauungantiscientifica», rappresentatainprimoluogodallereligionie dalle filosofie speculativeche non riconoscono ilprimato della scienza.45 Èovviamente opinabile che tragli scopi della conoscenzascientifica ci sia quello diformulare una

Weltanschauung (visione delmondo), anzi oggi si tende apensarepropriol’opposto;maall’epoca del nostro illustrepsicoanalista era unaconvinzione positivistaabbastanza diffusa e cheavrebbe fatto certamente dasfondo a tutta la sua attivitàscientificaefilosofica.

Benché di discendenzaebraica, Sigmund Freud siprofessava ateo convinto,

anzi per la precisione «unebreo del tutto ateo»46; esebbene proclamasse lapsicoanalisi uno strumentoneutrale («in sé non è piùreligiosa che irreligiosa»),47individuava nella religione«un nemico serio»,certamente più pericolosodella filosofia metafisica perl’impatto emotivo cheesercita sulla psicologia ditutti gli individui: la

metafisicaèinfattiriservataaun numero esiguo dispecialisti,mentre le dottrineeicultireligiosicoinvolgonole masse. Dopo avercompreso che la causa dellanevrosi risiede in un traumarimosso dalla coscienza delsoggetto nevrotico e averneindividuata l’origineprevalente nei conflittisessuali in età infantile odurante lo sviluppo della

personalità, estendediscutibilmente questifenomeni alle manifestazionisacrali religiose, finendo percogliere in esse una forterassomiglianza con i«cerimoniali nevrotici» equindi per descriverle comenevrosicollettive.Intalsensoi rituali del nevroticocostituiscono «azioni private,in contrapposizione alcarattere pubblico e

associativo delle pratichereligiose», per cui i disturbipsichici ossessiviequivalgono a una forma direligione personale: «Unanevrosi ossessiva rappresentalaparodia,ametàcomicaeametà tragica,diunareligioneprivata».48

Freud riconduce buonaparte delle credenze nelsoprannaturale a forme disuperstizione magico-

religiosa, dove gli eventicasuali e l’invisibile o losconosciuto vengonointerpretati in maniera nonaccettabile da una mentalitàpositivistica.Equellocheperil superstizioso è l’occulto,per lo psicoanalista èl’inconscio:ilprimo«proiettaall’esternociòche il secondocerca nell’intimo».49 Nelpensiero freudiano ilmeccanismo della proiezione

costituisce lo strumento«tecnico» atto a spiegare ifenomeni psicologici dellacredenza nel divino e dellecredenze religiose in genere,col risultato che «gran partedella concezione mitologicadel mondo, che ha le suepropaggini nelle religionimoderne, non è altro chepsicologia proiettata sulmondo esterno». Ma suquesto processo proiettivo,

analogo a quello deiparanoici, non può noninserirsi l’attività euristica edemitizzante dellopsicoanalista, che puntanientemeno che a ridurre ilmetafisicoalpsicologico:

L’oscura conoscenza (percosì dire la percezioneendopsichica)deifattorierapporti psichici inerentiall’inconsciosi rispecchia

[…] nella costruzione diuna realtà sovrannaturale,che la scienza devetrasformare in psicologiadell’inconscio. Sipotrebbe osare risolverein tal modo i miti delparadiso e del peccatooriginale,diDio,delbenee del male,dell’immortalità,eccetera,traducendo la metafisicainmetapsicologia.50

EssendolanozionediDioal centro delle principali fedireligiose,èovviocheversodiessa il nostro psicoanalistarivolga una pesante opera didemolizione, ricorrendoprincipalmente alla teoriadella proiezione inconscia.Fin dal 1910, in uno scrittogiustamente celebre sullapersonalità di Leonardo daVinci, Sigmund Freudsottolineava come «la

psicoanalisi ci ha fattoconoscere l’intimocollegamentotrailcomplessodelpadree la fede inDio;ciha mostrato che un Diopersonale, psicologicamente,non è altro che un padreesaltato». A riprova di ciòstarebbe ildatooggettivoperilquale«igiovaniperdonolaloro fede religiosa nelmomento stesso in cui crollal’autorità paterna».51 Egli

tornava poi risolutamentesullo stesso tema inTotem etabù (1913), dove indicavacon chiarezza la presenzadell’idea del divino comemera proiezione della figurapaterna già presso lepopolazioni primitive einterpretava il totemismocomeespressionediunasortadi«nostalgiadelpadre».

Freud dunque riconducela motivazione profonda di

tale processo psicologico-religioso sulla figura paternadiDioal famoso«complessodi Edipo», vale a dire aldesiderio libidico delbambino verso lamadre e alcontestuale contrastocompetitivo col padre vistocomeunrivale:

Dall’esame psicoanaliticodell’individuo scaturiscecon particolare evidenza

che ciascuno conforma ilproprio dio a immaginedel padre, chel’atteggiamento diciascunoneiconfrontideldio dipende dal suoatteggiamento neiconfronti del propriopadre carnale […]; e cheinfondoildiononèaltrocheunpadrediunordinepiùelevato.52

Per lui, in altri termini,l’idea di Dio è un prodottodella parte inconscia dellapsiche umana, unasublimazione dell’archetipodel padre verso il quale disolito si provano timore eamore, ma anche odio,desiderio di emulazione e disostituzione. Come nel casodella figura paterna,ricorriamo a Dio soprattuttonei momenti cruciali o di

maggior «bisognopsicologico di protezione»;difatti «la Weltanschauungreligiosa è determinata dallasituazione tipicadell’infanzia», dallo «statoindifesodelbambino[…],daisuoi desideri e dai suoibisogni,protrattisisinnell’etàadulta».53 Qui non può nonvenire in mente ancora unavoltailparagoneconLudwigFeuerbach e alcune analogie

indubbiamente sussistono,sebbene nel filosofo tedescol’uomo alieniinconsapevolmente in Diotutte le sue potenzialità equindi in prospettiva ilfenomenopossa tramutarsi inun rovesciamento positivo,mentre in Freud si traducesolo in una fase negativa diimmaturità psicologica dasuperare con la pienaemancipazione della psiche.

In breve, in Feuerbach lateologia viene ridotta adantropologia e in Freud lametafisicaapsicologiao,nelsuo linguaggio, a meta-psicologia.

Col tempo Freud diventatuttavia sempre piùconsapevole che le credenzereligiose non sono mai unfattomeramenteindividualeopersonale, ma presentanoquasisempreunacomponente

comunitaria o sociale. Egliprende cioè piena coscienzadi quanto esse sianosaldamente radicateall’internodellastoriaumana,giungendo a riconoscere «unnucleo di verità storica neifenomeni religiosi, da cuidiscende che la verità dellareligione non è “materiale”,ma “storica”»54. In uno deisuoi ultimi scritti riconosceinfatticheapartiredalsaggio

Totemetabùnonhacambiatoopinione sulla possibilità di«intendere i fenomenireligiosi solamente usando ilmodellodeisintominevroticiindividuali» alquantofamiliariaglipsicologi,mahainoltre compreso che essivanno teoricamenteinterpretati «come ritorni disignificativi eventi da lungodimenticati della storiaprimordiale della famiglia

umana»; pertanto si deveconcludere «che agisconosugliuominiinforzadellorocontenuto di verità“storica”».55Lopsicoanalistaaustriaco approda così a unaletturadelraccontobiblicosuMosè e dell’origine delmonoteismo ebraico nellaquale, come nel caso diRenan per Gesù Cristo, siipotizza che all’origine ditutto ci sarebbe «un

personaggio unico, il quale aquell’epoca dovette appariregigantescoechepoitornònelricordodegliuominielevatoadivinità»56.

Unacriticaarticolatadellareligione e delle provedell’esistenza di Dio si trovainfine nel saggio L’avveniredi un’illusione (1927).L’illusioneacuiquisiguardaè ovviamente quella dellapresenzaattivadeldivinonel

mondo e delle aspettativereligiose dei credenti, perchéla religione non ha alcunchédi realedaqualsiasi puntodivista la si osservi, sia essopsicologico, storico,sociologicooppurefilosofico.L’illusione secondo il nostropsicoanalista non va confusacon un errore cognitivo, marisultasemprequalcosadipiùperché sua caratteristica «è ilderivaredaidesideriumani;e

per taleaspettosiavvicinaaideliri psichiatrici». Ledottrine religiose sono tutte«illusioniindimostrabiliechenessunopuòesserecostrettoatenerlepervere,acrederci»;epertanto, come i deliripsichici, nonhannoavvenire,sono già sulla strada deltramonto e sarannodefinitivamente cancellatedall’avanzare del progressoculturaleecivile,perchéperi

buoni positivisti «il lavoroscientifico è l’unica via chepossa condurre allaconoscenza della realtàesterna». Freud ammette che«sarebbedavveromoltobellochecifosseroundiocreatoredell’universo e una benignaProvvidenza, un ordinemorale universale e una vitaultraterrena; ma è almenomoltostranoche tuttociòsiacosì comenonpossiamo fare

amenodidesiderarechesia».Detto in breve: soltanto «lanostra scienza non èun’illusione»,57 mentrel’esistenza di Dio è un’ideatroppo bella per essere vera.Infine, per sostenere il suoateismo in modo davveropersuasivo, Freud non trovadimeglio che ricorrere comepressoché tutti gli atei alclassico argomento dellateodicea, al problema

dell’esistenza del male nelmondo: «Non corrisponde averitàchenell’universovisiaun potere che vegli conpaterna sollecitudine […].Alcontrario, i destini degliuomini non sono conciliabiliné con l’ipotesi della bontàuniversale, né con quella diuna giustizia universale.Terremoti, mareggiate,incendi non fanno alcunadistinzione fra il buono e il

pio e il malvagio ol’infedele».58

Del resto, a ben guardareneppureletesidellacredenzain un Essere trascendente edella religione quali risposteall’ansia individuale generatadalle paure naturali o dallamorte rappresentavano unateoria nuova per gli atei. Laprincipale innovazionedell’ateismo freudianosembradunquerisiederenello

sforzo di precisare meglio imeccanismi inconsci delfenomeno religioso o delteismo, che per altro pocoapportano sotto l’aspettoteoreticoalle teorieprincipalidell’ateismo moderno. Pureper questo aspettopsicologico, tuttavia, non citroviamo al cospetto di unanovità assoluta, perché altristudiosi di psicologia si sonosoffermati anche prima di

Freud su queste dinamichepsichiche, come ad esempio:GranvilleStanleyHall(1844-1924), che ha interpretato lareligionecomeilportatodellacrisi adolescenziale59; EdwinDiller Starbuck (1866-1947),che si concentra sui risvoltireligiosi del passaggiodall’egocentrismodell’infanziaall’eterocentrismodell’adolescenza60; James

Henry Leuba (1867-1946),che ha introdotto laproiezione di qualcosa diinteriore nell’atto diconversioneaDio61.

La debolezzadell’approccio di SigmundFreud alla credenza neldivinoealla religioneapparepiuttosto evidente dalconfrontocomparatodituttiisuoi scritti in cui tratta diquesto argomento, come del

resto è significativo il fattoche abbia dedicato al tematanta parte delle sueriflessioni,perchécifacapirequanto il problema religiosofosse presente sia nella suavigile coscienza, siaprobabilmente nel suoinconsciogravato(standoallesue stesse teorie) dallamillenaria tradizione del«popolo eletto». La suaricerca risulta infatti

perennemente in mezzo alguado tra metodo scientificoda un lato e valutazionifenomenologico-filosofichedall’altro; sicché il suoprogetto scientista disostituire l’antropologiafilosofica conun’antropologia scientificafondatasullameta-psicologia,di estirpare le credenzemetafisico-religiose e iproblemi esistenziali a esse

connessi con la scienza dellapsiche, si dimostra indefinitiva fallimentare e sirivela quindi, come in unanemesi, un’autenticaillusione. Infatti, secondo leparole del teologo HansKüng, «la psicoanalisi puòcertamente togliere isentimenti nevrotici di colpa,ma non liberare dalla colpareale, […] non dare unarisposta agli interrogativi

ultimi sul senso o meno delvivereodelmorire».62

Dal versanteepistemologico molti filosofidella scienza, come adesempio Karl RaimundPopper (1902-1994)63, hannocriticato la psicoanalisi tantosotto il profilo dellaverificabilità quanto sottoquello della falsificabilità,concludendo per la nonscientificità della psicoanalisi

come scienza naturale.Tuttora svariati psicoanalisti,alcuni dei quali credenti,separano il paradigmapositivista della teoriapsicoanalitica freudiana dallaprassi clinica, evitando cosìaccuratamente le sueimplicanze filosofiche ereligiose.Esempredalfrontedella psicanalisi si èincominciato a far notarecome da un lato sia

palesemente riduttivo ilmeccanismo proiettivoapplicato alla credenzareligiosa, perché«contrariamenteaquantodiceFreud, Dio è ben altro cheuna semplice proiezionedell’immagine paterna», ecome dall’altro esista pureindiscutibilmente inpsicologia un «ateismonevrotico», che spesso è «inrealtàlareazionenevroticadi

una persona assetata direligione e di amore».64 Nonrisulta insomma sufficienteconstatarecheDioassomigliaalla figura paterna nelbambino o a una nostrarappresentazionedell’ideadelpadre per concludere inmaniera probante che lacredenza religiosa o leconvinzioni teologiche sonosolo forme di nevrosiossessiva.

Dal punto di vistateoretico il tentativofreudiano di confutarel’esistenza di Dio e il valoredella fede religiosa èugualmente infondato einconcludente. Non bastarilevare che alcuni aspettidella religione sono utili asuperare il problema dellamorte o a placare le nostreangosce esistenziali erispondono a un bisogno

intrinseco all’animo umano,per poter definire inmanieracogenteDioelereligionisolouna nostra pura invenzione,perché gli elementipsicologici e adattativipresenti nelle credenzemetafisiche e religiose nondimostrano di per sé la lorofalsità. Potrebbe infattirivelarsi vero l’esattocontrario: proprio perchél’anelito al divinoe alla fede

religiosa è costitutivodell’essere umano, proprioperché il bisogno di crederein Dio risulta presente dallanascita in ciascun individuodella nostra specie quasicome la necessità di nutrirsi,èammissibileconcluderechepuò davvero esistere unEntetrascendente: l’esigenza diconfidare in Dio sarebbeinsomma il segno tangibiledell’esistenzadiunCreatore.

In proposito lo psicologoevoluzionista inglese JustinBarrett si è giustamentechiesto: «Perché Dio nonavrebbe dovuto disegnarci inmodo tale da farciconsiderarelafedeneldivinounfattonaturale?».Ineffetti,che cosa c’è di anomalo e dicontrario alla religiosità oall’esistenza di un Creatorenel riscontrare che certifenomenipsicologicicome la

fede inDio e i culti religiosihanno tanto una spiegazionescientifica quanto un lorofondamento nella stessanatura umana? Come ancoraha correttamente osservatoBarrett, anche se la scienzariuscisse «a dare unaspiegazione convincente sulperché io credo che miamoglie mi ami», non certoper questo «dovrei smetteredicrederecheelladavveromi

ami».65Allo stessomodo, sela psicologia, l’antropologia,l’etologia ed eventuali altrescienzeriesconoafornireunaspiegazione naturalistica delperché si crede in Dio, disicuro non per tale ragionediventa insensato o non piùrazionalecrederci.Quelcheècerto secondo lo psichiatraaustriaco Viktor Emil Frankl(1905-1997) è che,contrariamente a quello che

riteneva Freud, propriol’assenza della credenzareligiosa può condurre allanevrosi.Franklè il fondatoredella cosiddetta terza scuolaviennese di psicoterapia,conosciuta come«logoterapia» e «analisiesistenziale»: metodichequeste concepite come unintervento per aiutarel’individuo a ritrovare ilsenso della propria esistenza.

Ancheluidifamigliaebreaeparticolarmente attento allequestioni esistenziali inpsicologia,feceun’esperienzaindelebileconladeportazionead Auschwitz, dalla qualerafforzòlaconvinzionecheinmancanza di un significatoautotrascendenteperlanostraesistenza siamo annichiliti ecome vuoti dentro. La«volontà di senso» è infatticiòchecaratterizzal’uomoin

quanto tale, è l’umanonell’uomo, per cui ilsignificato ultimo della vitache potrebbe stare oltre ladimensione mondana èqualcosa che bisogna crederee cercare non solo perl’equilibrio della nostrapsiche, ma per realizzare laproprianaturadiuomini.66

5.IlnonsensodiDio

Dopo le critiche mossenel ’700 alla metafisica daDavid Hume e da ImmanuelKant, era probabilmenteinevitabile che si affermassenella cultura occidentale unaforte tendenza antimetafisica,a cui hanno poi fattopuntualmente seguitorigurgiti antiteologici eantireligiosi. Questoorientamento contrario siaallateologiafilosoficasiaalla

teologia religiosa è sfociato,come abbiamo visto, nelpositivismo e in generale nelpensieropostmetafisico.Se ilfilone positivista sviluppa unvero e proprio culto dellascienzacontrolateologiaelareligione, il filonepostmetafisico contesta tantoil progresso scientifico-tecnologicoquantolateologiarazionale, preferendo unapproccio «debole» alla

verità. Il positivismo e lefilosofie postmetafisiche didiversa natura sono infattiaccomunati dalla diffidenzaverso l’uso speculativo dellaragioneedallacriticaradicaledellareligione.

Dalla tradizioneempiristae positivista trae origine lacorrente filosofica delneopositivismo o positivismologico, detta pureneoempirismo o empirismo

logico, che ha il suo primoimportante centro nellaVienna degli inizi del ’900,grazieall’attivitàdiunnucleodipensatoricheorbitaintornoalla figura di Moritz Schlick(1882-1936): fisicoe filosofodi rilievo, nonché uomo digrande statura morale,assassinatoinunattentatoperla sua opposizione alnazismo. Il confrontoall’interno di questo gruppo

di intellettuali verte suifondamenti della scienza e ildibattito viene inizialmentestimolato soprattuttodall’empiriocriticismo delviennese Ernst Mach (1838-1916),dicuisappiamoessersioccupato da filosofomaterialista anche NikolajLenin. Rispetto a quellopositivista, si tratta insostanza di un empirismomeno ingenuo e più critico,

che intende determinare ilimitidivaliditàdellascienzapartendo dall’esperienzasensibile pura, cioè sgombrada qualsiasi dato soggettivo.In questo contesto le teoriescientifichenonassumonounvalore assoluto, non sonovere o false, ma sono più omeno utili a «economizzare»esperienze, mentre gli stessirisultati delle osservazionisperimentali hanno carattere

ipotetico,dacuidiscendeunascienza in divenire e cheprocede «per congetture econfronti».67 Oltre a Mach,gli altri principali riferimentideiViennesi furono i filosofiBertrandRussell(1872-1970)eLudwigWittgenstein(1889-1951), mentre non pocoentusiasmosuscitaronoaqueltempolescopertescientifichedi Albert Einstein (1879-1955).

IlprimoWittgenstein,purnon essendo ateo, influenza ineoempirsti con la suademarcazionetraciòdicuisipuòparlareinquantosensato,come gli oggetti dellascienza, e ciò di cui si devetacere, come le insensatezzedella metafisica: «Nulla direse non ciò che può dirsi;dunque, proposizioni dellascienza naturale […], e poiognivoltacheunaltrovoglia

dire qualcosa di metafisico,mostragli che, a certi segninelle sue proposizioni, eglinon ha dato significatoalcuno»;pertanto,«suciò,dicuinonsipuòparlare,sidevetacere».68 Si tratta per certiversi di una parziale ripresadel metodo della teologianegativa o «apofatica», cheasserisce l’impossibilità diesprimersi direttamente sullanaturadivina,mentresarebbe

ammissibile soltanto unaccostamento indiretto onegativo, meglio se mistico.Non è dunque casuale laconvivenzainWittgensteindiricerca logica e tensionimistiche: «Non come ilmondoè,èilMistico,macheessoè.Lavisionedelmondosubspecieaeternièlavisionedel mondo come totalità,delimitata. Il sentimento delmondo come totalità

delimitata è il sentimentomistico. […] La risoluzionedel problema della vita siscorgeallosparirdiesso.Mav’è dell’ineffabile. Essomostrasé,èilMistico».69

Il filosofo galleseBertrand Russell aderivainvece a una posizionefortemente critica neiconfronti delle credenzereligiose e della teologiafilosofica, in quanto esse

contrastavano con la suaconcezione scientifica delmondo; posizione questa cheincise non poco sulla nettapresadidistanzedimoltideineopositivistidallareligioneedall’idea dell’esistenza di uncreatore. Egli innanzituttocontestava la validitàrazionale delle provedell’esistenza di Dio, inparticolare di quellecosmologiche, mentre si

lascia affascinare da quellaontologica di Anselmod’Aosta, sebbene alla fine lareputasse non risolutiva: «Èchiaro che un argomento cheha una storia così insigne vatrattato con rispetto, sia essovalido o no».70 La necessitàditrovareunacausaprima,sucui si imperniano tutti itentativi di dimostrarel’esistenza di un Esseresupremo, conduce secondo

lui a un ragionamentotautologico perché nellapretesa di porre termine alregressus ad infinitum nellaricerca del primo agente cheha dato inizio al cosmo,finisce in effetti perperpetuare il regressoall’infinito:«IlprincipiodellaCausaPrimanonreggedasestesso […]. Se tutto deveavere una causa, anche Diodeve averla. Se niente può

esistere senza una causa, lastessa cosa può valere tantoper il mondo quanto perDio».71

In definitiva per ilfilosofo gallese il fatto chel’universo esista e si presentiordinato non implica pernulla la necessità diindividuare un Primomotoreper il suo divenire, unLegislatore superiore per leleggi naturali e neppure un

Demiurgo per lamateria, dalmomento che per spiegaretutti i fenomeni osservabili opossibili è sufficientericorrere alla conoscenzascientifica, che ci forniscel’unica descrizione vera delmondo. «Dobbiamo dedurreche il mondo fu fatto da unCreatore? – si domandaretoricamente il filosofogallese. – No di certo, sedobbiamo aderire ai canoni

delle valide deduzioniscientifiche. Non c’ènessunissima ragione per cuil’universo non avrebbedovuto cominciarespontaneamente».72 SecondoRussell la religione (inparticolare la Chiesacattolica) ha sempreavversato il progressoscientifico per contrastarel’affermarsi di una «visionescientifica del mondo», per

cui «fra la religione e lascienza si è protratto uncontrastoprolungato»,manelXX secolo «la scienza si èrivelata immancabilmentevittoriosa».73

Benchérispondendoaunaprecisa domanda sulla suaposizione filosofica intorno aDio il filosofo gallese abbiaaffermato «io sonoagnostico»74, leargomentazioniportatecontro

l’esistenza Dio e soprattuttol’approccio alle tematichereligiose lo rendono ipsofacto più vicino all’ateismoche all’agnosticismo. Il suodichiarato scetticismo neiconfronti della metafisica edellereligioni,insiemeconlasua convinzione che siapercorribile soloun’interpretazione scientificao naturalistica del reale,costituiscono un chiaro

sbilanciamento del suopensiero dalla parte dellanegazione atea piuttosto chedell’imparzialità agnostica.Per altro tale giudizio vaesteso a pressoché tutti gliempiristilogici,perchédietroal loro semplice rifiuto delproblema teologico comeinsensato si cela la manieraprobabilmente più drastica dinegare Dio. Non è perciòcondivisibile la posizione di

chipreferirebbeconsiderare ineopositivisti degli atei insenso debole o nonnegazionista, quindisostanzialmente degliagnostici, magaririconoscendocontestualmenteche «non si può parlareneppure di un atteggiamentodi neutralità»75 riguardoall’esistenza di Dio: essiinvece sono a tutti gli effettidegliateiinsensoforte.

Gli scienziati e filosofineopositivisti checomponevano la cerchia diSchlick sono ormai noti conla denominazione di CircolodiVienna(WienerKreis).Diesso hanno fatto parte più omenodirettamente importantipersonalità come il logicoRudolf Carnap, il sociologoOtto Neurath (1882-1945), ilmatematico Hans Hahn(1879-1934), i filosofi

Herbert Feigl (1902-1988) eFriedrich Waismann (1896-1959), il logico-matematicoKurtGödel (1906-1978).Chivi aderiva generalmentepraticava un empirismoradicale e considerava unicoveicolo dell’autentico sapereil metodo scientifico dellescienze naturali,accompagnato dal ricorso auna logica formale di tiposimbolicoomatematicoquale

strumento di analisi e dichiarificazione dellinguaggio. Feigl inparticolare fu anche tra iprimi ad applicare ilfisicalismo (tutto ciò cheesiste è di naturamateriale esi spiega con la fisica) alproblema della mente,riducendo quest’ultima a unasemplicemanifestazionedellamateria cerebrale.76 Ineopositivisti riconoscevano

perciò anche loro quale solavera forma di conoscenzaquella di tipo scientifico eriponevano in essaun’assoluta fiducia, specie alfine di decostruire le falsequestioni della filosofia: «Laconoscenza scientifica delmondo non conosce enigmiinsolubili. Il chiarimentodelle questioni filosofichetradizionaliconduce,inparte,a smascherarle quali pseudo-

problemi; in parte, aconvertirle in questioniempiriche, soggette, quindi,al giudizio della scienzasperimentale». A differenzadeipositivisti, ineopositivistisidotanodiunostrumentodiindagine rigoroso: «Siffattometodo dell’analisi logica èciò che distingueessenzialmente il nuovoempirismo e positivismo daquello anteriore, che era

orientato in senso piùbiologico-psicologico».

L’essenza delneopositivismo logico risiedenel cosiddetto «principio diverificazione» o di«verificabilità», vale a direnellaconvinzionesecondocuiogni proposizione e ogniteoria scientifica è valida esensata se, e soltanto se, puòessere sottoposta a unprocedimento di verifica

empirica. Il criterio didemarcazione tra ciò che èscienza o conoscenza vera eciò che non lo è va dunquecercato nelle osservazioniempiriche o, se si preferisce,nei riscontri oggettivi fornitidall’esperienza sensoriale.Sapere autentico è dunquesolamente quello provatoempiricamente, per cui leteorie valide si fondanoesclusivamente su fatti

empirici verificabilidirettamente da tutti; ilcarattere oggettivo delledimostrazioni scientifiche sipone perciò al di fuori edistante dalle convinzioni odopinioni soggettive, dallemere creazioni della menteumana. In quest’ultimonovero rientrano svariateforme dell’espressione: daquellareligiosaaquellaetica,dallamusicaall’estetica,dalla

letteratura all’arte e per certiversiallafilosofia.

L’altrotrattocaratteristicodel neopositivismo oempirismo logico èl’opposizione a qualsiasi tipodimetafisicanontantoperchéfalsa, ma perché consideratauna «chiacchiera insensata»,un’attività intellettualetotalmente priva diriferimento alla realtà delmondo. Stando infatti alle

parole dello stesso fondatoredelCircolodiViennaMoritzSchlick, «il senso di unaproposizione risiedeevidentemente solo nel suoesprimere un determinatostato di fatto» e gli stati difatto sono esclusivamentequelli determinatiempiricamente e quindipresentabili ostensivamente:«Il significato delle paroledeve in ultima analisi essere

“mostrato”, cioè essere“dato”. Ciò avviene con unatto ostensivo».77 Gliempiristi logici individuanoproprioneidiscorsimetafisicimoltissimi termini privi disenso e vedono diconseguenza nel filosofometafisico un «creativo» nontroppodistantedaunletteratoo comunque da un autore diopere dal puro significatoemotivo,contuttavialagrave

differenza di pretendere dispacciare dei concettiassolutamente astratti einventati di sana pianta (peresempio «sostanza»,«principio primo», «causaformale» ecc.) per vereconoscenze, per vocabolidotati di un significatoreferenziale a enti reali cheinvece non sussiste perl’assenza di un adeguatoriferimento a dati sensoriali

oggettivi:«Qualcosaè“reale”nella misura in cui risultainserito nel quadro generaledell’esperienza […]. Esisteunconfineprecisofraduetipidi asserzioni. All’unoappartengono gli assertiformulati nella scienzaempirica[…].Glialtriasserti[della metafisica] si rivelanoaffatto privi di significato».Ne consegue che seun’affermazionelinguisticadi

tipo metafisico vuole trovarela sua legittima collocazione,«lo strumento espressivoadeguatoèl’arte,peresempiola lirica o la musica». Inbreve,ifilosofimetafisicinonci forniscono informazionisucome stanno le cose nellarealtàfattuale,nonproduconoteorie cognitive, «bensìpoesieomiti».Del resto conlastessaestremafranchezzaechiarezza, i positivisti logici

dichiaravano che il loro«intento comune era unatteggiamento non solo a-metafisico, bensì anti-metafisico», quindi dicontestazione dura e serratadi ogni concetto meta-empiricoosovrannaturale.

Da un’opera didemolizione della metafisicadi questa portata non sisalvano ovviamentel’esistenza di Dio e la

credenza religiosa, che perloro stessanaturaguardanoauna dimensione meta-empirica; anzi esse vengonoassunte dai neopositivistiqualiarchetipiesemplaridellequestionidareputareprivedisenso: «Se qualcuno afferma“esiste unDio” […], non glirispondiamo “quanto dici èfalso”,bensìanostravoltagliponiamo un quesito: “Checosa intendi dire con i tuoi

asserti?”».78Ilmetafisicoeilteologonon sono ingradodirispondere a tale domandaindicandounentereale,ossiadocumentato dall’esperienzasensibile, quindi dovrannocoerentementeammetterechel’enunciato «Dio esiste» ètotalmente privo disignificato. D’altronde,essendo come si è detto gliassertidellametafisicaedellareligione non verificabili o

controllabili ricorrendo ariscontriempirici,nondiradoi metafisici e i teologiriescono a replicare aeventuali critiche demolitricidelle loro tesi ricorrendo anuove ipotesi inventate adhoc. Inpropositoècelebrelacosiddetta «parabola delgiardiniere invisibile» delfilosofo analitico JohnWisdom (1904-1993), poirielaborata da Anthony Flew

nel suoperiodo ateo.Eccola:imbattendosi in unfantomaticogiardinoposto inuna radura, due esploratori(uno scettico e un credente)ragionano sull’esistenza omeno di un ipoteticogiardinieresenzavederlomai,con il credente che di fronteall’impossibilitàdiverificarneempiricamente l’esistenzagiunge a teorizzare che sitratti di un giardiniere

invisibile.79 Nella suaabiurata fase ateistica ancheFlewsposadunqueinqualchemodo l’ateismo semantico,perchéritieneche«nemmenoil più accurato studiofilologicopotràfornirealcunagaranziacheiltermine“Dio”siriferiscaosiariferibileaunoggettodato».80

Unavoltadipiù,dunque,«laconoscenzascientificadelmondo respinge la

metafisica» e con essa ilconcetto stesso di Dio inquanto privi di significatoreferenziale o estensionale;perciòquestomododi essereatei scientifici è statocorrettamente definito«ateismo semantico». Quiinfatti la negazione di Diononsibasasuargomentazionitratte da una cosmologianaturalistica o da unaconcezione squisitamente

materialistica della realtà eneppure da considerazioniantropologiche, bensì dallaquestione linguistica delsignificato. Seguendo unapproccio semantico, siconsiderano dotati di sensocognitivo soltanto i terminiole proposizioni con precisiriferimentiempiriciofattuali,mentre tutte le altreespressioni linguistiche(filosofiche, teologiche,

religiose, morali, artisticheecc.) ne sono assolutamenteprive, quindi nonrappresentano formeautentiche di conoscenza. Sitratta in definitiva delmodello di ateismo piùradicale che si possaconcepire: «Non sioppongono proveall’esistenza di Dio,semplicemente si nega diriconoscere senso

all’espressione“Dioesiste”,epertanto se ne rifiuta ilproblema stesso»81,distruggendo così dallefondamenta la possibilità diun qualsiasi discorso suldivino. Ragionare deltrascendente, dell’anima,dell’immortalità o diqualcos’altro di metafisico ereligiosoèunesercizioinutileperché senza vero significatoreferenziale;quindisitrattadi

unmeroflatusvocis.Se cerchiamo un

antesignano dell’ateismosemantico, stranamente nonlo rintracciamo tra i filosofidella scienza o dellinguaggio, ma tra i politiciatei e precisamente nellafigura di Charles Bradlaugh(1833-1891), il quale fu tra iprimi ad affermare: «L’ateonon dice “Non esiste nessunDio”, ma “Non so che cosa

intendete con Dio; […] perme la parolaDio è un suonoche non comunica nessunaaffermazione chiara edistinta”»82. Siamo tuttaviaancora in presenza di unpronunciamento polemico enon sistematico, mentre laformulazione organicamigliore della negazionesemanticadiDiovaascrittaalfilosofo e logico RudolfCarnap(1891-1970).

Appartieneaquest’ultimopensatore la definizioneormaiclassicadellaposizioneantimetafisica degli empiristilogici, che è inclusa in unoscritto programmaticamenteintitolato Il superamentodella metafisica mediantel’analisi logica dellinguaggio (1932). In esso,sulla base del principio diverificazione, si proclamanoinutili,vuoteeprivedisenso

tutte le proposizionimetafisiche, in quantocostruite su termini ambiguioppure privi di significatoreferenziale, ossia noncollegati protocollarmente aoggettiempirici.ScriveinfattiCarnap:

Prendiamocomeesempiola parola «Dio». […]Nell’uso linguisticometafisico «Dio» designa

qualcosa di extra-empirico. Il significato diunesserecorporeoodiunessere spirituale che sinasconde nei corpi[quindi in qualche modocon riferimento empirico]viene espressamente toltoalla parola. E, dalmomentochenonlesidàalcun significato nuovo,essa diventa priva disignificato. […] Le

proposizioni cosiddettemetafisiche non hannonessun senso, nonvogliono dire nulla, esono solamente pseudo-proposizioni [Scheinsätze= proposizioniapparenti].83

Per Rudolf Carnap comeper tutti i neopositivisti laquestione del significato deitermini o delle proposizioni

con referenti empirici èdunque dirimente nelladistinzione tra ciò che èsensatoedicuisipuòparlaree ciò che invecenon lo è. Intal modo ancora una voltavera conoscenza è soltantoquella del metodo scientificobasatosull’esperienza,quindicorrispondente a unaconcezione scientifica delmondo,mentretuttoilrestoèpseudo-conoscenza. Secondo

una diretta testimonianza delnostro autore, durante ilperiodo viennese fusoprattutto la lettura diLudwig Wittgenstein ainfluenzare il suo impegnoantimetafisico, conducendolo«a sostenere il punto di vistachemoltetesidellametafisicatradizionale non solo sonoinutili, ma anche prive dicontenuto cognitivo: sonopseudo-enunciati, vale a dire

tesi che sembrano fareasserzioni […], mentre difatto non asseriscono nulla,non esprimono alcunaproposizione, non sonodunque né vere né false». Enaturalmente «la concezioneche questi enunciati eproblemi [metafisici] nonsono cognitivi, si basava sulprincipio di verificabilità».84Ne discende allora che lecredenzeteologico-religiosee

metafisiche, non essendoempiricamente verificabili,non hanno nessun valoreconoscitivo o significatouniversale: «Esiste senzadubbio il fenomeno dellafede,siareligiosa,siadialtrotipo […]. Si può ancheconcedere che in questifenomeni si comprenda, inqualche modo, qualcosa. Maquestaespressionemetaforicanon può portare

all’ammissione che in questifenomeni venga guadagnataunaconoscenza».85

Ancorpiùradicaleapparela posizione di un altropositivista logico, il filosofobritannico Alfred Jules Ayer(1910-1989).Questi,findallasua prima e famosa operaLinguaggio, verità e logica(1936) scritta a soli ventiseianni, proclama tutte ledimostrazioni dell’esistenza

diDio dellemere tautologie,ossia delle ovvietà logico-linguistiche del tipo «Iquadrupedi sono animali conquattrozampe»o«Gliscapolisono uomini non sposati»,che trasposte in unragionamento fanno sì che laconclusione ripeta in modocircolare la stessa cosa giàcontenutanellepremesse.Daciò egli conclude facilmenteche «da un insieme di

tautologienonsipuòdedurreinmodovalidonull’altrocheuna tautologia di più. Neconsegue che non si dànessuna possibilità didimostrare l’esistenzadiDio.[…] Dire “Dio esiste”significa produrreun’espressione che non puòessereveraofalsa».

Finquisiamoinpresenzadi un’affermazione piùagnostica che atea; tuttavia il

nostro pensatore intendespingersi ben oltrel’agnosticismo e diventarecosì il miglior teoricodell’ateismosemantico.Ayer,partendodall’assunto«percuitutte le espressioni intornoalla natura di Dio sono nonsensi», ossia non sonodefinibili né vere né false inquanto trattano di concettisovra-empirici, giunge adecretare come privo di

significato qualsiasi assertorelativo al divino o altrascendente; e ciò aprescindere dal fatto che sitrattidiaffermazioniafavoredel credente, di quellenegative dell’ateo oppureanche di quelle neutralidell’agnostico. Il filosofobritannico infatti scrive conchiarezza: «Se l’asserzionedell’esistenzadiDioèunnonsenso, allora l’asserzione

ateistica dell’inesistenza diDioèaltrettantounnonsenso[…]. Quanto all’agnostico[…] egli non negal’autenticità della questione[…]. E ciò significa cheanche l’agnostico è escluso[ossia anche la sua posizioneèun“nonsenso”]».

In conclusione, per Ayerladomanda sull’esistenzadelsoprannaturale non solo èirresolubile, ma non è

neppure ammissibile comeproblema,perché«se“Dio”èun termine metafisico, allorache esista un dio non puòessere neppure probabile»,dal momento che provabili eprobabili sono soltanto gliasserti fondati su datiempirici.Intalmodol’ideadiDio o l’ipotesi di unaconoscenzareligiosanonsolosonostateestromessedaognipossibile spiegazione

razionale della realtà, masono state espuntedall’ambito dei discorsisensati: «L’enunciato “Esisteun Dio trascendente” non hanessun significato letterale».L’affermazione sull’esistenzadi un ente divino potrebbeavere un significatonell’ambitodiunareligioneoall’interno del linguaggioreligioso,masidàilcasoche«il fatto che la gente abbia

esperienze religiose èinteressantedalpuntodivistapsicologico, ma non implicainnessunmodo lapossibilitàdiunaconoscenzareligiosa».In breve nelle religioni cisono soltanto delleconoscenze presunte opseudo-conoscenze, deisemplici autoinganni, perchéil teista «non riesce aformulare la sua“conoscenza” in proposizioni

empiricamente verificabili»ed è pertanto «lecito esseresicuri che si staingannando».86

Tra i filosofi che si sonoispirati a LudwigWittgenstein ci sono peròanche quelli «analitici», iquali da un punto di vistastrettamente logico-linguisticohannopresomoltosul serio le dimostrazionidell’esistenza di Dio, specie

di quella logica pereccellenza: l’argomentoontologico. Merita inproposito di essere ricordatoil rovesciamento della provaanselmiana attuato,ricorrendoallalogicamodale,dal filosofo John NiemeyerFindlay (1903-1987) nelseguente modo: «Se èpossibile, e inun certo sensologico e non soltantoepistemologico,chenoncisia

Dio, allora l’esistenza diDionon è soltanto dubbia, maimpossibile, in quantonessuna cosa capace di nonesistenza potrebbe essereDio».87 Laddove laformulazione modale dellaprova ontologica (sviluppatasoprattutto da Leibniz) inestrema sintesi sosteneva che«Se Dio è possibile, alloraesiste», Findlay invececoncludecheèveropiuttosto

l’esattocontrario,ossia:«Seèpossibile che Dio non esista,allora non solo è dubbio cheesista, ma è impossibile cheesista».88

L’importanza e il pesodell’ateismo semantico nelpensiero contemporaneo èstato ed è alquanto rilevante,probabilmente perfino benoltrequelloche sipercepiscenormalmente o chepercepiscono gli atei stessi;

difatti, «se c’è un carattereche caratterizza in manieraveramente propria l’ateismocontemporaneo, è di essere edi dichiararsi un ateismosemantico».89Nonostanteciò,esso si dimostrateoreticamente debole per lemedesimeragionipercuisièrivelata in generale debole lafilosofia neopositivista,ovvero per la criticitàepistemologica insita nel

principio di verificazione enellademarcazionetraassertisensati e asserti insensati.Sotto l’aspettometodologico,il punto di vistaverificazionistaeilcriteriodidemarcazione dellaverificabilità empiricapoggiano infatti su enunciatitratti direttamentedall’esperienza fattuale, ossiada una serie di singoli fattiempirici, che quindi

richiedono il ricorso a unragionamento induttivo nelquale procedendo dapremessediordineparticolare(peresempio:Questocignoèbianco; Quest’altro cigno èbianco ecc.) si «induce» unaconclusione di ordinegenerale(peresempio:Tuttiicigni sono bianchi). Talipremesseparticolariperònongarantiscono in manieraassoluta la verità della

conclusione e al massimo ciforniscono una garanzia ditipo probabilistico (peresempio:Èprobabilechetuttii cigni siano bianchi). Insostanzaselepremessediunargomento induttivo sonotuttevere, laconclusionenonè necessariamente vera, mapresenta soltanto un certolivello di probabilità diesserlo. È appunto sulladebolezza

dell’argomentazioneinduttivaposta alla base tanto delprincipio di verificazionequanto di quello dellademarcazione semantica chesisonoinnestatelecritichedicolui che è stato giustamentedefinito il «killer delneopositivismo»90: KarlRaimundPopper.

Rifacendosi alleconsiderazioni sul metodoinduttivo di David Hume,

Popper ha fatto notare comenessun numero di datiosservativi tra lorocoincidenti riferiti allo stessofenomeno (per esempio ilcolore bianco dei cigni) siasufficiente a dimostrare laverità definitiva diun’asserzione di ordinegenerale(peresempio:Tuttiicigni sono bianchi), poichénessuno può escludere inlineadiprincipiochesussista

almeno un fatto empirico aessa contrario non ancoraosservato (per esempio uncigno nero, che poi si èscoperto effettivamenteesistere in Australia: ilCygnus atratus)91. Almalsicuro principio diverificabilità Karl Popper hapertanto sostituito quello difalsificabilità, per il quale ilcriterio di scientificità nonrisiede più nella capacità di

verificare empiricamente leteoriescientifiche,bensìnellapossibilità di confutarle apartire innanzitutto dalleprevisionidifenomeniancorasconosciuti che esse sono ingrado di formulare. Ilprincipiodiverificazionenonpuòdunqueserviredanormadidemarcazionetrascienzaepseudo-scienza, traconoscenze autentiche epseudo-conoscenze come

pretendevano i neoempiristi:«Come criterio didemarcazione non si deveprendere la verificabilità, malafalsificabilitàdiunsistema.Inaltreparole:daunsistemascientificononesigeròchesiacapace di essere scelto, insenso positivo, una volta pertutte; ma esigerò che la suaforma logica sia tale chepossa essere messo inevidenza, per mezzo di

controlli empirici, in sensonegativo»92.

A sua volta il filosofoamericano Willard VanOrmanQuine(1908-2000)hamesso in luce il caratteredogmatico dello stessopensiero neopositivistico,rilevandoche

l’empirismo moderno èstato in larga misuracondizionato da due

dogmi. Il primo è lacredenza in unafondamentale separazionetra verità che sonoanalitiche, o fondate suisignificatiindipendentemente daifatti, e verità che sonosintetiche, o fondate suifatti. Il secondo dogma èil riduzionismo: lacredenza che ciascunaasserzione dotata di

significatosiaequivalenteaqualchecostrutto logicoin termini che siriferiscono all’esperienzaimmediata.93

Insomma, perfino glienunciatideipositivistilogicinon sempre sono verificabiliper via empirica e spessosono tautologici come quellida loroattribuitiaimetafisicio ai teologi. Viene

conseguentemente superatapureladistinzionetraterminieproposizionidotatedisensoeparole ed enunciati privi disenso, perché ora ci si deveriferire a una demarcazionetra conoscenza scientifica esapere metafisico effettuatanonsullabasedel significatoreferenziale o dellacorrispondenza dei terminiall’esperienzasensibile,bensìsulla falsificabilità o

confutabilità delle teorie: «Sideve poter dire: questo è unproblema interessante,purtroppo non è scientifico,mametafisico.[…]Èridicoloproibire di dire qualcosa chenonappartieneallascienzaedèquestoquellochehatentatodi fare il Circolo diVienna»94.

D’altrondel’erroreèstatoriconosciuto dallo stessoRudolfCarnapneisuoiultimi

annidivita,quandohascrittoche «sfortunatamente,seguendo Wittgenstein,formulammo il nostro puntodi vista al Circolo di Viennainmodo troppo semplificato,dicendo che certe tesimetafisiche sono prive disignificato», sebbene poiabbia in qualche modoperseveratosostenendocheletesimetafisiche «mancano disignificato cognitivo o

teorico,maspessohannoaltrecomponentidisignificato,peresempio emotive omotivazionali, lequali,anchese non cognitive, possonoavere forti effettipsicologici». Ma anche dopoquesta sua imbarazzataprecisazione, accompagnatadalla contestuale sostituzionedel criticato principio diverificabilità «con il piùliberale principio di

confermabilità»95, resta ilfatto che i principi deineopositivisti sono privi delrequisito tanto dellaverificabilitàquantodellanontroppodissimileepocosicuraconfermabilità. Risulta cosìormaiassodatochenonèpernullaverochegliuniciassertidotati di valore cognitivosono quelli delle scienzeempiriche e che leproposizioni metafisiche

possono a loro volta dirsicognitive qualora procedanoda elementi empirici oscientifici e risultinorazionalmente criticabili.Sussistono infatti certamentenella scienza dimostrazioni oargomentazioni dimostrativenon necessariamente trattedall’induzione, ovvero nonper forza collegatedirettamente a stati di fatto«mostrabili» e quindi non

definibili in manieraostensiva: è per esempio ilcaso della ricostruzione«storica» di certi processiastronomiciocosmologicidelpassato (per esempio il BigBang) e dei modelli dellafisica atomica e subatomica(nessuno potràmai osservaredirettamente unamicroparticella, anche per ilimiti conoscitivi imposti dalprincipio di

indeterminazione). Per nonparlare infinedi tuttociòchesi trova al di là dellepossibilità cognitive delmetodo scientifico, chetuttavianonèmenorealeeacui si può attingere con lasola forza del ragionamentologico.

Quanto all’anatemaneopositivista sull’obbligo ditacere su ciò che riguarda iltrascendente, le migliori

smentite sono venute proprioda alcuni esponenti dellafilosofia analitica, i qualihanno battuto di nuovo lestrade della teologiarazionale, dimostrando cosìuna volta di più la vitalitàdella metafisica e dellariflessione sulla religione96.Insomma non c’è bisogno diricorrere a soluzioni cheaggirino il problema dellasignificatività del linguaggio

teologico-metafisico ereligioso, come ha fattosbagliando il teologoradicalePaul van Buren (1924-1998)quando ha accettato didefinirlononcognitivoeconsolovalored’usosoggettivooetico-operativo.97 Si può e sideve invece apertamente esenza remore dichiararesensato il discorso su Dio el’argomentazione razionaledellasuaesistenza,facendoin

tal modo caderedefinitivamente ilpregiudiziodi insensatezza dell’ateismosemantico.

6.Qualcosadalnulla

In epoca contemporaneasi è diffuso convigore e conun certo successo siaeditoriale sia massmediaticouna forma di ateismo

scientista o scientifico chenon si limita a considerareDio un’ipotesi superflua perla scienza e a relegare lateologia, la religione e ogniprincipio metafisico tra lepseudo-conoscenze o glipseudo-concetti, come hannofatto i positivisti e ineopositivisti, ma arriva asostenere che il saperescientifico confuta più omenodirettamentel’esistenza

di un Creatore e pressochétutte le credenze religiose.Sipunta dunque ad andare benoltre l’ateismometodologico,che esclude per principio diricorrere all’idea di Dionell’indagine della naturaperché – come ha detto ilbiologo Jean Rostand (1894-1977) – con un interventodivino «nello svolgimentodella catena causale non sipotrebbe fare più scienza»98;

e si va ben oltre anche lostesso ateismo semantico chegiudica insensato illinguaggioteologico-religiosoe metafisico. L’obiettivo èinfatti quello di contrapporrefrontalmente la scienza alleconvinzioni metafisico-religiose,sostenendononsoloche la prima finiràinesorabilmente percancellareleseconde,machesi tratta di due visioni della

realtà che non possononeppure coesistere in unostesso individuo: o si èscienziati ed estimatori dellaconoscenzascientificaoppuresièdeipatetici inseguitoridichimere e dei superstiziosi.Sotto questo profilo, loscandalo maggiore sarebberappresentato dagli scienziaticredenti, i qualicostituirebberounaspeciedeltutto anomala, una sorta di

contraddizione viventedestinata a scomparire:«Esiste una minoranza discienziati indubbiamentepreparatichepureprofessauncredo religioso. […]Esìchegli scienziati dovrebberoavere il culto della ragione;eppure, di normatrincerandosi dietro l’adusataargomentazione delle aree dicompetenza, trovano ancheloro uno spazio per

credere».99 Questo perché,come ha scritto il biologo epremioNobelFrançoisJacob,«la scienza è questione diconoscenza e la fedequestionedigusto»100.

In altre parole il saperescientifico possiede unanatura razionale e oggettiva,mentre le convinzioniteologiche e religiose sonosoltanto una faccenda diappetenza soggettiva come

un’opera d’arte o il piatto diuno chef: possono piacere onon piacere a seconda delgustopersonale,magiammaidirsivereofalse(degustibusnon est disputandum). Comesi può notare, si tratta dellariproposizione in una vestepiù aggressiva degli stessidogmi del neoempirismo,questa volta supportati daun’interpretazionerigorosamente naturalistica

dei traguardi raggiunti incosmologia,inastrofisicaeinbiologia, su cui si fonda unrinnovato «orgoglio ateo».101Per il nuovo ateismoscientifico le recentiacquisizioni della scienzarafforzano e innovano laconcezione materialistica onaturalistica del mondo;concezione inbaseallaqualeè ineluttabile concludere chel’essere, ovvero tutto quanto

esiste sotto formadi energia-materia, è autosufficiente espiega se stesso, quindi nonha bisogno di ricorrere aqualcosa d’altro pergiustificare la propriaesistenza.

Fornendoci una provacerta dell’autarchiadell’ordine cosmico edell’assoluta accidentalitàdellavita,ivicompresaquellaintelligente, il sapere

scientifico farebbe in talmodo crollare tutte leargomentazioni fisico-cosmologiche a sostegnodell’esistenza di Dio erenderebbe insensata lateologia naturale, sottraendocosì ogni motivazionerazionale alla fede religiosa.In definitiva l’universo degliatei scientifici risultadominatocontemporaneamente dalle

mitologiche figure di Tyche,ossia l’incertezza del caso, edi Ananke, ovverol’inflessibile necessità delleleggi di natura, come recitadel resto il titolo del saggioLe hasard et la nécessité(1970) del biologo franceseJacques Lucien Monod102.Quando addirittura non ci sispinge oltre assegnando unruolo decisivo a Chaos, ilmitico abisso dell’informe e

dell’indistinto,chesecondoilchimico-fisico Ilya Prigogine(1917-2003) «ci obbliga ageneralizzare la nozione dilegge della natura e aintrodurvi i concetti diprobabilità e irreversibilità»,quindi a pensare a un nuovoparadigma tanto scientificoquanto filosofico (ilcosiddetto «caosdeterministico»).103

Nonèraroperaltrochele

tesi naturalistiche di fondodel nuovo ateismocontemporaneovengano fatteproprie anche da alcunicredenti, i quali da quelmomento sono obbligati aporsiilproblemadicomedarconto della fede alla lucedella moderna «coscienzalaica» equindi a ricorrere adargomenti concordistici pococonvincenti tanto sul pianoscientifico quanto su quello

filosofico. Bisogna invecesempreevitaredisovrapporrelascienzaeisuoimetodiallateologia sia filosofica siareligiosa,perchécosìfacendosi produce una sorta diibridazione del tutto sterile,utileunicamenteaconfonderedipiùleidee.

Su questo terrenoandrebbe costantementeseguito l’esempio delneurobiologoepremioNobel

John C. Eccles, il qualeaccettava «tutte le scoperte etutte le ipotesi bencorroborate della scienza» etuttavia contestualmentericonosceva che «esiste unimportante residuo nonspiegatodallascienza,anzialdi là di ogni futuraspiegazione scientifica. Ciòconduce al tema dellateologia naturale, con l’ideadi un soprannaturale che si

trova oltre il potereesplicativo della scienza».104Di questa esigenza non vi èquasi mai traccia nei nuoviatei;anzisipuòaffermarechedal mancato rispetto oriconoscimento di questidiversilivelliodiverseformedel sapere, sucuidaunaltroversanteavevariflettutoasuotempo il filosofo JacquesMaritain105, discendepressoché tutta

l’impostazione di fondo deimoderni ateismi scientifici oscientisti. Il Dio contro cuiessi si scagliano è perciòconcepitoocomeunCreatoreintelligente che opera siacome «agente fisico»originario sia con intentifinalistici, oppure come unamanifestazione dellasuperstizione odell’irrazionalitàumana: tutteidee e comportamenti

incompatibili con l’unicaverità scientifica e che percontro possono esserespiegati naturalisticamentedalle scienze biologiche, inparticolare dallapsicobiologia. Non mancanoinfinenell’ateismoscientificoalcune incursioni nel campodella teodicea e quindi sulproblema della presenza delmaleinnatura.

In linea di massima

possiamo allora individuaredue contesti dai qualiprovengono tanto ilmodernoateismo scientista quanto ingenerale i suoi protagonisti:quello fisico-cosmologico equello biologico. Nel casodell’ateismodioriginefisico-cosmologicasiprivilegianoleconoscenze provenienti dallafisica, dall’astrofisica e dallacosmologiaperprovaredaunlato l’insussistenza di un

primordialeinizionell’attualeordine cosmico e quindil’inutilitàdiunaCausaPrimao di un Primo Agente,dall’altro l’assenza delfinalismo in natura e perciòl’improponibilità di unCreatore Intelligente oSupremo Artefice. Conl’ateismo di derivazionebiologica si radica invecesulle teorie dell’evoluzionedarwiniana e neodarwiniana

l’inesistenza di unqualsivoglia progetto nellacomparsa di tutte le specieviventi e in particolaredell’Homo sapiens sapiens,per affermare la conseguenteimpossibilità della presenzadiunDiocreatoredellavitaedi un ruolo straordinarioassegnatoall’essereumano.

Il modello di riferimentodell’ateismo fisico-cosmologico è riconoscibile

in una sintetica e citatissimaaffermazione del fisico epremio Nobel StevenWeinberg: «Più affiniamo lanostra concezione diDio perrendere plausibile questaidea,piùessaciapparesenzasenso».106 Questa lapidariaconclusionediWeinbergnonha niente a che vedere conl’ateismo semantico perchéqui non si pone la questionedella significanza linguistica

dellaparolaodelconcettodiDio rispetto ai dati empirici,bensì quello più pregnantedell’insignificanza dell’ideadi un Ente divino creatore ecausa prima del cosmo difronte alleultimeconoscenzescientifiche. Se quello deineopositivisti è stato talvoltadefinito un ateismo«negativo», nel senso chenegaapriorilapossibilitàdeldiscorso teologico senza

entrare nel merito dellaquestione,quellodiWeinbergè invece sicuramente unateismo «positivo» perchéprospetta una confutazionedirettaefortedellanozionediDio sulla base delle piùrecenti scopertecosmologiche e astrofisiche.D’altronde questaconclusione è del tuttocoerente con quanto gli eracapitato di affermare in

precedenza trattandodell’origine del cosmo nelsaggio intitolato I primi treminuti (1977), laddoveavevacosìsentenziato:«Quantopiùl’universo ci apparecomprensibile, tanto più ciappare senza scopo[pointless]».107 È infattirazionalmente esplicito chequalora l’ordine cosmico siain modo evidente privo discopoodisenso,qualoracioè

sia sorto in manieraaccidentale e risultideterminato soltanto dal casoquantistico e dalle necessitàdelle leggi fisiche, l’esigenzadipostularelapresenzadiunCreatore o anchesemplicemente di unDemiurgo ordinatore vieneinesorabilmenteacadere.

Dietro le considerazionidi Weinberg si colloca ladomanda radicalmente

filosofica sul «perché esistequalcosa anziché niente» delfilosofo Gottfried WilhelmLeibniz108 e la conseguenteplausibilità di due unicherisposte ragionevoli tra loroalternative:ol’operadiDiooil dominio di caso-necessità,o un disegnoprestabilito o ilgioco di casualità edeterminismosenzascopo.Seinfatti com’è ovvio tral’essereeilnonesserenonsi

può porre una terza via(qualcosa esiste oppure nonesiste, tertium non datur), lesoluzioni all’interrogativoleibniziano sono: o esiste unEssere intelligente creatore,ordinatore e causa prima,oppure nella materiainteragisconosoloilcasoeleleggi naturali. La scelta delnostroillustrepremioNobelafavore dell’opzione caso-necessità in assenza di alcun

fine è dunque chiara eripetutamente argomentatanei suoi testidivulgativi,nonfoss’altro perché egli èconvinto che tutto siariconducibile a una «teoriafinale» della fisica intesacome «punto di partenza alquale è possibile far risaliretutte le spiegazioni»,109 percuinongli«sembracheservaa qualcosa identificare leleggi naturali, come faceva

Einstein, conunqualcheDioremotoedisinteressato»110.

L’altra grande celebritàdella scienza contemporaneache si è espressa contro lanecessità di congetturarel’esistenza di un creatore e/oordinatore cosmico,collocandosi così di fattonell’ateismo fisico-cosmologico, è StephenHawking. Già a partire dalsuo best sellerDalBigBang

aibuchineri.Brevestoriadeltempo (1988) egli si èritrovato a girare intorno alproblema del Creatoreintelligente e si è arrovellatosull’opportunità dimantenereil riferimento finale del libroallamente diDio: «In bozzefui sul punto di tagliarel’ultima frase del libro:“Giacché alloraconosceremmo la mente diDio”.Seloavessifatto,avrei

forse dimezzato levendite».111 Non è tuttaviaconvincente ritenere che ilfisicoematematicoinglesesioccupidellamentediunEntesupremoedellasuaesistenzasolamenteperincrementareilproprio successo editoriale oper essere in linea con lamodadioccuparsiditeologiafilosofica diffusa tra gliscienziati della nostra epoca,ma riteniamoche sotto ci sia

qualcosa di più importante efondamentale: il cosiddetto«problema della primamossa».

Se il cosmo in cuiviviamonecessitaperesistereed evolversi di precisecondizioni iniziali, sipongono inevitabilmentealcune logiche domande chegli astrofisici cinesi Fang LiZhi (1936-2012) e Li ShuXianesprimonocosì:«Qualè

la causa prima del nostrouniverso?Comesièprodottala prima mossa da cuidiscende anche la nostraesistenza?». E qualora siriescaarispondereinmanieraconvincente a questiinterrogativi,qualorasiriescacioè a individuare la o lecondizioni iniziali,immediatamente seguonoaltri quesiti altrettantoimpegnativi e che sembrano

richiedere soluzioni chevanno oltre la scienza:«Perché l’universo ha sceltoquesta piuttosto che quellacondizione iniziale? Se nonpossiamo rispondereaquestadomanda, ammettiamotacitamente che la fisica puòsolo spiegare il mondo inquesto modo: le cose sonocosìperchélaprimamossafucosì. Ovviamente, questa èscienzaametà»112.Arendere

particolarmente cogente ilproblema della prima mossaha contribuito lo stessoStephen Hawking con alcunisuoi studi cosmologici, comequello che l’ha condotto aformulare insieme al fisico ematematico Roger Penrose ilteorema della singolarità, ilquale procede dallaconsiderazione secondo cuil’universo ha avuto inizio inun istante dato o «tempo

zero» (t = 0) e conclude che«deve esserci stata unasingolarità del BigBang».113Tale «singolarità»rappresenta uno stato fisico,un punto intorno a cuil’attrazione gravitazionaletendeall’infinitoedifronteacui si arrestano le nostreconoscenze; dunque unacondizione del cosmoprimordiale del tuttoinsondabile per la mente

umana, perlomeno con i suoiattuali strumenti:«Mostrammo–diceHawkingriferendosi al suo lavoro conPenrose – che […] qualsiasimodello ragionevole diuniverso doveva iniziare conuna singolarità. Ciòsignificava che la scienzapoteva predire che l’universodoveva aver avuto un inizio,ma che non poteva predirecome l’universo doveva

cominciare, poiché talecompitoeradicompetenzadiDio».114

Nonostante questocontinuo riferimento a uncontesto nel quale la rispostava cercata oltre la fisica,perché riguarda un divinoPrimo Motore e dunque lametafisica,Hawkinghaspesobuona parte delle sueriflessioni a cercare diaggirare il problema della

singolarità o delle condizioniiniziali per non lasciareappunto campo liberoall’ipotesi di una primamossa.Inunprimotempohapropostoilmodelloteoricodiununiversosenzacontornooconfini, ossia senza necessitàdi speciali o singolaricondizioni iniziali, e lo hafatto non nascondendo cheesso era stato appositamenteconcepito per eliminare

l’ipotesidiDio:

Lateoriaquantisticadellagravità è venuta adischiudere una nuovapossibilità: quella che lospazio-tempo non abbiaun confine e che, diconseguenza, non ci sianecessità di determinareche cosa avviene incorrispondenza di questoconfine.Noncisarebbero

singolarità […] némargini estremi dellospazio-tempo arrivati aiquali potremmo soloappellarci a Dio. […]L’ideapercui lospazioeil tempopossono formareuna superficie chiusa,maprivadiconfini,haquindidelle profondeimplicazioni per quantoriguarda il ruolo di Dionelle vicende

dell’universo.115

In altre parole, se lospazio-tempo non ha unconfine o delle condizioni alcontorno che lo delimitano,nonsièmaideterminatounostato iniziale totalmente«singolare»nelqualelelegginormali della fisica nonvalevano ancora; quindi tuttorientra nell’ordinarietà dellafisicae l’esistenzadelcosmo

si giustifica da sé, senzabisogno di un attore esternochiamatoDio.

Piùdi recenteHawkingèritornato sulla questione delsuperamento delle condizioniiniziali o della singolaritàprimordiale con un nuovosaggio di tenore filosofico,scritto con il fisicocaliforniano LeonardMlodinow, edemblematicamente intitolato

TheGrandDesign (2010). Inesso, ripercorrendorapidamente la storia dellafisica moderna e dellacosmologia con specialeattenzione alle teorie dellagravità e della meccanicaquantistica, i due autorisostengono che l’universonon ha una singola storiabensì tante storie simultanee,che ogni cosa si sarebbeoriginata da fluttuazioni

quantistiche, compresa lapresenza di moltepliciuniversi emersi dal «nullaquantistico».Tuttoquestoperconcludere che il Big Bangsarebbe appuntoun’inesorabile conseguenzadelle leggi della fisica, inparticolare della gravitàspiegata anche in terminiquantistici con una teoria delTutto o M-theory. Eadottando la teoria del

Multiverso (il Tutto sarebbecostituitodamolteplicicosmioltre al nostro), non c’è piùbisogno di un Creatore, nonrisulta cioè necessario«appellarsi a Dio peraccenderelamicciaemetterein moto l’universo»,116poiché bastano le attualiconoscenze fisiche perstabilire che il cosmo puòcrearsi da sé e che presto otardi dalla pletora dei

molteplici universi della«teoria M» dovette scaturirenecessariamente espontaneamente anche ilnostro.

L’assenza di scopo o diun disegno del cosmo,l’origine dell’universo senzacontornoossiasenzasingolaricondizioni iniziali e la teoriadegliuniversimolteplicinellesue svariate formulazioni(bolle-universo, universi

paralleli, cosmo pulsante,Multiverso ecc.)rappresentano dunque leprincipali tesi a cui ricorrel’ateismo fisico-cosmologicoper provare scientificamentechesipuòfareamenodiDio.Oltre ai menzionatiWeinberg, Hawking eMlodinow, si sono collocatisu questa scia nomi famosicomel’astronomoCarlSagan(1934-1996), il fisico delle

particelleVictorJohnStengere l’astrofisico LawrenceMaxwellKrauss.

Sagan, pur preferendodefinirsi agnostico, perseguedi fattounaformadiateismostratoniano per cui l’oneredella prova dell’esistenza diDio spetta al credente, ma èanche evidente che dettaprovanonsussiste.Egli,tantoin una serie di trasmissionitelevisive intitolate Cosmos

(messe in onda negli StatiUniti nel 1980) quantonell’omonimo libro, allorchési trovadifrontealproblemadella prima mossa riproponegli argomenti di BertrandRussell sull’obbligo dichiedersianche«dadoveDiosia venuto. E se diciamo chequestaèunadomandacuinonsi può dare risposta, perchéalloranonconcluderecheèlastessa origine dell’universo a

cui non si può darerisposta?»117. La suaposizione è indiscutibilmentequella del naturalismoevoluzionista,non fosse altroperché è stato tra i primi aestendere la teoriadell’evoluzione all’interoordine cosmico. In tal senso,il cosmo è semplicemente«tutto ciò che è o è stato osempre sarà»118, senzabisogno di porsi la questione

di chi l’ha creato. Difatti ilnostro astronomo edivulgatorescientificoplaudeal tentativo di Hawking diprospettare un’originecosmicadovenonsianeppureipotizzabile ricorrere all’ideadi Dio, quindi «un universosenza confini nello spazio,senzainizioofineneltempo,e con nulla da fare per uncreatore»119.

Degli altri due scienziati

sopra menzionati, ricordiamoin breve che Victor JohnStenger si descrive come unateocresciuto inunquartierecattolico del New Jersey epensa che le osservazioniscientifiche della natura nonfacciano altro che condurciallaconclusionecheilmondoè costruito «come se non cifosse alcun Dio».120Lawrence Maxwell Krausssegueinvecepureluilastrada

dell’universochepuòsorgeredalnullaquantisticoeriflettepositivamente sull’ipotesi delMultiverso per concludere«unavoltadipiùcheDiononènecessario,ocomeminimoèridondante»;equestorisultavero anche se «un mondosenzaDioo senzascopopuòsembrare sgradevole o privodisenso».121

Ma tanta sicurezza nelconcludere che le leggi della

fisica spiegano ormai tuttodelle origini dell’universoappare sospetta e in odore diessere viziata da un eccessodiottimismo,tantopiùchecitroviamo nel campo di teorienon ancora neppurelontanamente confermate oben corroborate, comeappunto la M-theory. Lastessa assenza di uno scopofisico del nostro sistemacosmologico è

un’affermazione di per sébanale, tantoche l’astrofisicastatunitense Margaret Gellerha così replicato a StevenWeinberg: «Perché dovrebbeavere uno scopo? Qualescopo? È solo un sistemafisico,chescopoc’è?».122Lamancanza di un fine in unsistema fisico c’entra infattipoco o niente con laquestione dello scopo insenso teleologico, con

l’eventuale presenza o menodi un progetto finalisticotanto naturale quantosoprannaturale. Per altro nonmancanoifisicichedalpuntodi vista del sensodell’esistenza umana nelcosmo non rinunciano allaricercadiuno«scopo»enonpossono fare a meno di«combattere con ilsignificato»: «Per me – haconfessato il premio Nobel

ArnoAllanPenzias–sarebbeorribileaverelasensazionedivivere in un mondo senzasignificato». La dimensioneontologica del senso e conessa quella di Dio restanodunque aperte all’indaginerazionale, anche perché gliscienziati devono prendereatto che ci sono «limiti allascienza oltre i quali lacomprensione non sarà maipossibile»,123 mentre

rimangono sempre praticabilile vie della speculazioneteologico-filosofica.

Sarebbe dunque meglioper gli atei scientifici oscientisti essere più cautinelle conclusioni tanto piùche, come ha riconosciuto lostesso Hawking, per orasiamoalmassimoinpossessodi modelli matematici cheesistono soltanto nella nostramente. La possibilità di far

scaturire l’intero cosmo dalnulla quantistico a seguito diuna fluttuazione quanticacostituisce infatti unacongettura non verificataempiricamente e assaidifficilmente verificabile,neppure per via indirettacome avviene con leparticelle subatomiche inunacamera a bolle. Per batterequesta strada occorreprobabilmenteandareoltre la

fisica,comeperaltroqualchescienziato ritienegiàdipoterfareconlacosmologia.124Marisponderealladomandasulleorigini e sul perché c’èl’essere piuttosto che il nullaandando oltre la fisicasignifica evidentementeentrarenellameta-fisica,dovequalsiasi approcciocosmologico non sarà piùscientifico, bensì filosofico.Del resto l’immagine stessa

del Multiverso costituisceun’idea «astratta» ossia nonverificabile o falsificabileempiricamente, perché dalnostrouniverso, in cui siamorinchiusisenzapoterinalcunmodouscire,nonsaremomaiin grado di osservare osemplicemente percepire lapresenza di altri universi.Siamo in altri termini alcospetto di teorie meramentespeculative, ossia meta-

empiriche e, in quanto tali,inidonee a confutarescientificamentel’esistenzadiDio. E lo stesso naturalismoevoluzionistico esteso alcosmo che si trova alla basedi tali ideazioni teoriche nonrappresenta una spiegazionescientifica, bensì un mododiscutibile di fare ricorso ateorie scientifiche per darconto di questionimetafisiche.125

7.Casoenecessità

L’ateismo biologico siconfigura indubbiamentecome la punta avanzatadell’ateismo scientista ocomunque come l’approccioargomentativo più vigorosocontro l’esistenza di unCreatore intelligente eperfetto; questo perlomeno apartire dalla fine dell’800 epertuttoilXXsecolo.Nonsi

può disconoscere chel’introduzione della teoriadarwiniana dell’evoluzionequale paradigmafondamentale delle scienzebiologiche ha messo in crisiuna tradizione teologica chevedeva nella specie umana ilprodotto di una creazionediretta e la destinataria di unprecisoeprivilegiatodisegnodivino.Per gli atei scientificidi matrice biologica la crisi

della teologia occidentalesarebbe ormai definitiva etrascinerebbe inesorabilmentecon sé l’idea metafisica diDio della tradizione ebraico-cristiana: l’evolversispontaneo della vita dallamateriaedellespeciedaaltrespecieprecedentirendeinfattisuperflua la presenza di uncreatore e di un ordinatoreteistico. A differenza diquanto qualcuno ha

sostenuto, contro taleposizione non rappresentauna valida difesa neppure ilricorso alla teoriacosmologica nota comeprincipio antropico, la qualenella sua versione forte (insiglaSAP–StrongAnthropicPrinciple) sostiene che ilnostro universo devenecessariamente presentarequelle proprietà favorevoliallosviluppodellavitaumana

in almeno una fase della suastoria.126Anzi,seinterpretatoin senso marcatamentedeterministico ematerialistico, il principioantropico forte si traduce inuna tesi a sostegnodell’ateismo scientifico,perché prospetta per ladimensione naturale cheinclude la specie umana «unnecessario determinismolegato all’essere stesso del

cosmo, inteso come realtàultima»127 autosufficiente,quindi non bisognosa di unagiustificazioneodiunacausaaessatrascendente.

È evidente che in questocontestobiologicoeinquestadirezione interpretatival’esistenzadegli esseriumanirisulta del tutto priva di unvalore specifico e di unsignificato sia in terminibiologici sia in termini

cosmologici. «Ho semprepensato – ha affermato ilchimico ateo Peter WilliamAtkins – di essereinsignificante. […] E pensoche anche il restodell’umanità dovrebberendersi conto di quanto siainsignificante. Voglio dire,siamosolounpo’difangosuun pianeta che appartiene aunsole.Potrebberoessercenemiliardidialtri».128Daciòsi

dovrebbe anche arguire chel’idea di Dio non solo èinsensata,marappresentaunacomplicazione inutile, specieper una mentalità scientificaabituataadapplicareilrasoiodi Ockham della soluzionepiùsemplice.Infatti«undioèla definitiva antisemplicità,una complessità al di là diogni comprensione». In altritermini, Dio è per luisinonimo di fallimento

intellettuale, rappresenta ilpessimismo estremo,l’antitesi della fiducia nellefacoltà umane,nell’ottimistica forza cheguidalascienza.Indefinitivaallora la scienza «riduce lacomplessità del mondo e fadiminuireilbisognodiundioche crea e controlla»,129 inparticolare per la specieumana.

In generale questo è il

punto di vista che sottendetutto il naturalismoneodarwiniano eultradarwiniano: essosottolinea la semplicità dellaspiegazione evoluzionisticadel mondo naturale e lamarginalità delle singolespecieviventi.Tantoilcosmoquanto i viventi sonosottoposti al vorticetempestoso del gioco delleforze della natura e degli

eventi casuali, che fa dellapresenza degli esseri umaniunfattodeltuttooccasionale.Il primo protagonistadell’ateismo biologicomoderno è stato il giàmenzionato Jacques LucienMonod (1910-1976) con lapubblicazionedelsuo Ilcasoe la necessità (1970): inquesto piccolo librocontestava efficacementel’idea della presenza di un

finalismo o di un progettoall’interno del mondo deiviventiericonducevalarealtàbiologica all’imprevedibileintersecarsi della casualità edel determinismo delle legginaturali. Sostenitore dellateoria sinteticadell’evoluzione (basataessenzialmentesull’integrazione dellaselezione naturale con lescoperte della genetica), egli

ammetteva da un lato che«l’oggettività ci obbliga ariconoscere il carattereteleonomico degli esseriviventi», ma dall’altrorifiutava il finalismonaturalee concludeva che «ilproblema centrale dellabiologia consiste proprio inquesta contraddizione cheoccorre risolvere se essa èsolo apparente, o dimostrareinsolubileseèreale».130

Il programma scientificodiMonodsiprefiggevainfattidi spiegare i caratteri deiviventi riconducendoli tuttiall’interazionetramolecoledivariogenereepertalemotivoè giustamente consideratouno dei pionieri dellamodernabiologiamolecolare.Il librodiMonodèatuttiglieffetti un testo di filosofiadella biologia, perché vi siprende in attento esame il

rapporto tra essere umano enaturadall’Antichitàaigiorninostri, tenendo conto di tuttele concezioni metafisiche onaturalistiche che ne sonoscaturite.Ese

l’ambizione ultima dellascienza consiste proprionel chiarire la relazionetra uomo e universo,allorabisognariconoscerealla biologia un posto

centrale poiché, tra tuttelediscipline,essatentadiraggiungere piùdirettamente il nocciolodelle questioni che èindispensabile risolvereprimadipoteranchesoloporre in termini nonmetafisici il problemadellanaturaumana.131

Possiamoalloraaffermareche il vero obiettivo del

saggio monodiano consistenell’eliminare qualsiasitentazione vitalista e teistica,dalla scienza spiegando ilregno della vita e del cosmosenza alcun ricorso altrascendente oall’immateriale. L’interastoria delle idee a partire dal1600, ossia dalla rivoluzionescientifica, viene cosìinterpretatacomeuntentativodapartedi filosofi, scienziati

e teologi di evitare lacatastrofe, di impedire che sispezzi quella che Monoddefiniscel’«AnticaAlleanza»trauomoenatura.Inbreve,ilpensiero modernoassomiglierebbe a un enormesforzo (fallimentare) diforgiare un «nuovo anello»che ci mantenga legati a unordine cosmico sensato,ovvero che funzioni come ilprincipio teleonomico dei

viventi, e quindi serva apreservare lo spazio di Dio.Si deve invece riconoscereche«ilcasopuro,ilsolocaso,libertà assoluta ma cieca,costituiscelaradicestessadelprodigioso edificiodell’evoluzione: oggi questanozione centrale dellabiologia non è più un’ipotesifra le molte possibili operlomeno concepibili, ma èla sola concepibile in quanto

è l’unica compatibile con larealtàqualecelamostranoleosservazioniel’esperienza».

Dagli studi sullealterazioni del DNA emergeinfatti che sono eventi«accidentali, avvengono acaso. E poiché esserappresentano la sola fontepossibiledimodificazionedeltesto genetico, a sua voltaunico depositario dellestrutture ereditarie

dell’organismo, ne conseguenecessariamente che soltantoil caso è all’origine di ogninovità,diognicreazionenellabiosfera».132 La necessitàdelleleggidinatura,chepureesiste, pare così sottostare alprimatodelcasoocomunquedipendereinbuonamisuradaesso: «L’avvenimentosingolare, e in quanto taleessenzialmenteimprevedibile, verrà

automaticamente efedelmente replicato etradotto, cioècontemporaneamentemoltiplicato e trasposto inmilioni o miliardi diesemplari.Uscitodall’ambitodel puro caso, esso entra inquello della necessità, dellepiù inesorabilideterminazioni».133 Indefinitiva Jacques Monod,inserendosi nel filone del

pensierotichistico,«hamessoin piedi qualcosa che sipotrebbe chiamare un’anti-teologia naturale»,134 dove ilcaso vince sull’idea diDio esu qualsiasi altra formareligiosa di interpretare lanatura. Il termine «tichismo»d’altronde deriva dal grecoτύχη (tyche) e indica laprioritàolapredominanzadelcaso o della sorte nell’ordinenaturale. È stato infatti

utilizzatodalfilosofoCharlesSanders Peirce (1839-1914)per sostenere, rifacendosiall’atomismo greco e aldarwinismo,chelarealtàtuttaè immersa nel dominio dellacasualità edell’imprevedibilità. Cidobbiamo perciò rassegnare:«L’antica alleanza è infranta;l’uomo finalmente sa diessere solo nell’immensitàindifferente dell’universo da

cuièemersopercaso».135Molto vicino e spesso in

sintonia con Monod è ilbiologo François Jacob(1920-2013), che con lui èanche co-intestatario delpremioNobel.Provenientedafamiglia di religione ebraica,racconta di essere diventatoconvintamente ateoprestissimo, all’età del barmitzvah, ossia alraggiungimento della

maturitàebraicachecadeperimaschiintornoai13anni.136Anch’egli reputa senza sensocercare un qualche finalismonell’evoluzione della vita,perché «Darwin ha eliminatosia la finalità del mondovivente sia la vecchiateleologia aristotelica»; equestononostanteilfattoche«la finalità dell’organismoabbia ricevuto unaconsacrazione ufficiale»,

perché ciò è avvenutosoltanto in qualità di«concetto operativo ostrumento di analisi».137Jacob del resto consideral’evoluzione neodarwinianauna specie di bricolageproprio perché in essa ècompletamente assente unpiano precostituito e benorganizzato in vista di unfine; pertanto chi volessepensare a un Creatore

dovrebbe concepirlo noncome un SupremoArchitettoo Sublime Artefice, bensìcome un semplice bricoleur,un dilettante con l’hobby delbricolage che assembla leforme viventi come megliopuò in base al materialemessodi volta in volta a suadisposizionedalcaso.138

Il messaggio del biologofrancese sta a significare cheper lui comeperMonodnon

sussiste nessun disegnodivino, nessun IntelligentDesignercheabbiaprogettatocon ordine e precisionel’evoluzione dei viventi oanche semplicemente lapresenza finale della specieumana come scopopreordinato. Se esiste una«logica del vivente»,quest’ultima è condizionatadalcaso,cioèdatuttoquantolelegginaturali(geneticheed

evolutive)«trovanoingiro»oper strada: «Esorcizzandol’idea di necessità, la teoriadell’evoluzione libera ilmondodegliesseriviventidaogni residuo di trascendenza[…]. La teoriadell’evoluzione liquida l’ideadiun’armoniaprestabilitacheabbia imposto agli esseriviventi un determinatosistema di relazioni. Allanecessità del mondo vivente

si sostituisce la contingenza,che già regnava nel mondodei corpi celesti e in quellodelle cose inanimate».139 Nederiva che «l’introduzionedella contingenza nel mondodelviventeaoperadiDarwinediWallace rappresenta,perla biologia, il “tutto èpermesso” di IvanKaramazov».140

Nelle menti e nellapropaganda degli atei

scientisti la teoriadell’evoluzione per selezionenaturale di Charles Darwin(1809-1882) è dunquediventata la prova crucialedell’impossibilità odell’inutilità di Dio, come sicapisce bene leggendo ilsaggiodelfilosofoamericanoDaniel Clement DennettintitolatoL’ideapericolosadiDarwin. L’evoluzione e isignificati della vita (1995),

che è diventato il principaletesto di riferimento per tuttol’ateismobiologico.Perilsuoautore

lateoriadarwinianaèunateoria scientifica, unagrande teoria scientifica,ma questo non è tutto.[…] L’idea pericolosa diDarwin intacca la tramadelle nostre convinzionidibase.[…]IlDiogentile

che con amore ha datoforma a ciascuno di noi(tuttelecreature,grandiepiccole) e ha cosparso ilcielodistellebrillantiperil nostrodiletto, quelDioè,comeBabboNatale,unmitodell’infanzia.141

Dennett vuole faredell’evoluzionismo biologicoun principio radicale infavore di un naturalismo

evoluzionistico che non puòaccettare sbavature rispettoalla presunta ortodossiadarwiniana e al suomeccanismo a un tempodeterministico e casuale: «Lamia ispirazione fondamentaleè il naturalismo, l’ideasecondo la quale le indaginifilosofichenonsonosuperioriné preliminari alle indaginidelle scienze naturali, maagiscono in armonia con tali

scienze, nell’andare allaricercadella verità»142.Tuttodunque è sottomesso algiudiziodellescienzenaturalifondate sul paradigmaultradarwiniano, al punto dainnescare attacchi vigorosiperfinocontrodarwinianinoncredenti o agnostici perchéconsiderati nonsufficientemente ortodossi,qualiadesempioStephenJayGould(1941-2002)conilsuo

principio dei «Magisteri nonsovrapposti» (Non-Overlapping Magisteria –NOMA) di scienza ereligione.143 A Gould ilfilosofo americanorimprovera di cercarecomunque dei «ganci appesial cielo», evitando così lalettura integralista dell’ideapericolosa di Darwin per cui«l’evoluzionerisultainultimaanalisi soltanto un processo

algoritmico»,144 un puroprocesso meccanico simile aun calcolo matematico.L’algoritmo è infatti unmodello matematicodeterministico, in quantopresuppone una ben precisacatena di eventi sul tipocausa-effetto, quindi con unmeccanismo ad andamentoconsolidato;edaciòdiscendeche anche la teoriadell’evoluzione per selezione

naturale costruisce una seriedi accadimenti biologicirigidamente determinati dalmanifestarsi delle pressioniselettive,percuiacertidatidipartenza corrispondonoaltrettantidatifinali.

Ma se tutto èpredeterminato daimeccanismi della selezionenaturale,nonsorprendealloracheDanielC.Dennettritengadi poter «riprogettare l’etica

lungo una lineadarwiniana»145, facendo puredefinitivamente dellareligione «un fenomenonaturale, nel sensochenonèsoprannaturale, che è unfenomeno umano fatto dieventi, organismi, strutture eformesimilicheobbedisconoalle leggi della fisica o dellabiologia e che dunque nonimplicanoalcunmiracolo»146.La credenza religiosa in Dio

perciò altro non sarebbe senon una risposta a fattoriambientali selettivi, se nonl’interazione tra un fattoreintenzionale innato obiologico e alcuni fenomeniculturali indotti dallanecessità di un adattamentoutile a produrre effettipsicologici positivi sia alivello individuale sia alivello di specie, ovverofunzionando sul singolo

individuo quale antidotoall’ansia prodotta dalla lottaper la vita e sulle comunitàquale strumento diautodisciplina all’interno diun ordine sociale.D’altrondeappare tipico degli ateinaturalisti ridurre la religionea un epifenomenodell’evoluzione delle specie,fino addirittura a parlare conil sociobiologo EdwardOsborneWilsondiun«istinto

religioso» che si fondasull’istinto di sopravvivenzacontro ipericolidellanatura:«Lapaura,comediceilpoetaLucrezio, fu laprimaragioneper cui vennero creati glidei».147

A onor del vero DanielClement Dennett sembraammettere che per l’ateismocostituisca uno scoglioproblematico la presenzadellacredenzareligiosacome

elemento «ubiquitario delleciviltà umane», ossia diffusoovunque nella geografia enellastoriapassateepresentidell’umanità. Essa risultatanto più problematica secome gli atei scientisti sipartedalpresuppostosecondocui «la fede in Dio non puòessere giustificata da alcunaargomentazione scientifica ologica» e quindi dovrebbevenire considerata

spontaneamente comeirrazionale e illusoria da tuttigli individui pensanti. Ildovere di dare conto dellecredenze religiose in termininaturalistici si tramuta cosìper il filosofo americano in«una parte dell’onere dellaprova dell’ateo spessodimenticata». Per uscire dauna situazione di obiettivadifficoltà,non trovaperòallafine niente di meglio che

appellarsi al fatto che labiologia evoluzionistica infuturo sarà certamente ingradodifornire«unastrutturaesplicativa» anche per «lagenealogia della teologia»,comedimostrerebbero alcuneipotesi di «lavori recenti nelcampo delle scienzeevoluzionistiche sociali».148Tuttociòsenzarendersicontochestaasuavoltacompiendoun atto di fede: quello nel

naturalismo evoluzionisticoche accomuna tanti ateiscientifici.

Altro grande teoricodell’ateismo biologico edevoluzionisticocontemporaneo è lo zoologoRichardDawkins.Nontroppodistante da Dennettnell’impostazionedifondo,siè caratterizzato come ilnemico militante dei teisti einparticolaredeicreazionisti,

nonmeno passionale – comelui stesso ha riconosciuto –dei fondamentalisti religiosi,e quindi come lorofermamente convinto diessere nel giusto. Tuttaviasolo la sua passione «si basasulle prove. La loro [quelladei fondamentalisti], sfidaapertamente l’evidenza, esololaloroèintegralista»149.Riconosciamo qui subitol’impostazione positivista del

suo pensiero, poiché tracciacon nettezza un solco tra ciòche è provato empiricamenteeciòchenonloè,traquantoderivadalsaperescientificoequanto invece da meraideologia; difatti, comesappiamo, per lui credere inDio e nelle religioni è daanalfabeti scientifici. Pergiunta di fronte allecontraddizioniviventiditantisuoi colleghi scienziati

credenti, egli non sa fare dimegliochenegare l’evidenzasostenendo che «i grandiscienziati del nostro tempoche a prima vista sembranoreligiosi non lo sono se sicompie un’analisi piùattenta»150.

Anche per Dawkins lateoria darwinianadell’evoluzione hadefinitivamente falsificato eresoimpossibilequalsiasitipo

di credenza religiosa e ogniforma di teismo, comeavrebbe evidenziato inqualche modo lo stessoCharles Darwin parlando delsuo libro sull’origine dellespeciecomeilprodottodiun«CappellanodelDiavolo»151.Difatti il nostro zoologo si èriproposto proprio di imitareDarwin intitolandoADevil’sChaplain(2003)unodeisuoitanti saggi di propaganda

ateista e antireligiosa.152 Nelfarlo non ha tuttaviatrascurato il fatto che se lascienzaconlabiologiarisultaunasicurabaseperl’ateismo,non altrettanto rischia diavvenire nel campo dellescienze fisico-cosmologiche;pertanto si è preoccupato didifendere con argomentistatistici la teoria delMultiverso in opposizione atutte le ipotesi teologiche

sull’origine del cosmo: «Ladifferenza fondamentale tral’ipotesi di Dio, che èeffettivamente un lusso, el’ipotesidelMultiverso,cheèsolounlussoapparente,èunadifferenza di improbabilitàstatistica. Per quantolussuoso, il Multiverso èsemplice. Dio […] è moltoimprobabile».153 Abbiamotrattato in precedenza delledifficoltà scientifiche di fare

della teoria del Multiversouna risposta convincenteall’esistenza dell’attualeordine cosmico, tuttaviapensare di risolvere tutti iproblemi dichiarando Diostatisticamente piùimprobabile di tale teoria cipare, ancor prima cheun’assurdità, un’incredibileingenuità,specieperunuomodi scienza. Del resto «lastatistica va applicata a

posteriori e non a priori»,come fa invecequiDawkins,e pertanto il suo concetto diimprobabilitànonèbasatosuvalutazioni scientifiche, matuttalpiù «è solo un’opinionepersonale».154

Per tornare sul terrenodella biologia, va ricordatoche lo zoologo inglese si ècaratterizzato come uno deimaggiori criticidell’Intelligent Design,

ovvero delle presunte provebiologiche avanzate dagliassertori del disegnointelligente a partiredall’argomento dell’orologioe dell’orologiaio (o DesignArgument) del teologoanglicano William Paley(1743-1805)155. Influenzatocomemoltialtriateiscientistida David Hume156, maspingendosi ben oltre loscetticismo illuministico,

Dawkins propugna la tesiradicale di un’evoluzionenaturale che procedecompletamente alla cieca,ossia come un «orologiaiocieco perché non vededinanzi a sé, non pianificaconseguenze, non ha in vistaalcun fine». Nonostante ciò,la teoria darwiniana sarebbecomunque adeguata aspiegarecomemai«irisultativiventi della selezione

naturale ci dannoun’impressione moltoefficace dell’esistenza di undisegno intenzionale di unmaestro orologiaio».157 Nelsuo scritto più famosointitolato Il gene egoista(1976), Dawkins aveva giàdescritto gli esseri viventicome le strutture piùcomplicate presentinell’universo, ma anche infondo come tutte

riconducibiliallareplicazionedi un gene, ossia di quellamolecolaegoista(selfish)chehacomefineesclusivolasuaimmortalità e che perconseguirlanonsifascrupolodi utilizzare lo strumentodell’estinzione di formeviventi meno adatte obiologicamente menocompetitive: «I geni sonopotenzialmente immortali,mentre icorpie lealtreunità

superiori [di viventi] sonotemporanei»158. Come eglistessoriconosce, la teoriadelgene egoista è una«derivazione logica delneodarwinismoortodosso»159, quindi di quelrifiuto del finalismo naturalee dell’adesioneall’impostazione caso-necessità tipica dell’ateismoevoluzionista.

Sempre e solo la

selezione naturale sembradunque l’unica rispostapossibile alla difficoltà diritenere meramenteaccidentalelacomplessitàelaperfetta funzionalità degliorganismi viventi cheosserviamo continuamente innatura. Sebbene Dawkinsammetta che è evidente chetuttociò«nonèavvenutopercaso», tuttavia insiste nelsostenere che «il progetto

intelligentenonèl’alternativagiusta. La selezione naturalenon è solo una soluzioneeconomica plausibile edelegante, ma è anche l’unicaalternativa concreta allacasualità che sia mai stataformulata». L’accumularsiprogressivo di tante piccolevariazioni nei viventispiegherebbe alla fine quellecomplessità organiche che seconcepite come realtà

prodottesi in un unicomomentosarebberoaltamentealeatorie e quindidifficilmente giustificabilianche sul piano scientifico.Da ateo può pertantoconcludere affermando che«il creazionista non coglie ilpunto: egli infatti si ostina atrattare la genesidell’improbabilità statisticacome un evento unico estraordinario. Non capisce il

poteredell’accumulazione».160

D’altronde se «Dio esisteo non esiste è una questionescientifica»dicui«ungiornoconosceremo la risposta».161Allo stesso modo «lareligione è cattiva scienza» echinoncredenell’evoluzioneè una persona «ignorante,stupida o pazza (o inmalafede, ma preferisco nonconsiderare questa

ipotesi)».162 Per questoRichard Dawkins è moltocritico pure nei confrontidegli agnostici, al punto chenel suo The God Delusion(2006) giunge a titolare unparagrafo «Miseriadell’agnosticismo». A suodire «va benissimo essereagnostici quandomancano leprove a favore dell’una odell’altra ipotesi. È unaposizione ragionevole».

Tuttavia sulla questione diDiolecosenonstannocosìel’agnosticismononèpertantoammesso, perché«l’inesistenza di Dio è unfatto scientifico inerenteall’universo, dimostrabile inteoria, se non in pratica»;163un elemento dunque nonipotetico,ma certo al pari diqualsiasi conoscenzascientifica. Quanto alproblema di un significato

dell’esistenza umana chevadaoltreilriduzionismodelgene egoista, Dawkins lapensa grosso modo comeSteven Weinberg: la vitaassume«ilsenso, lapienezzae la bellezza che noi stessidecidiamo di assegnarle»164.Ma osserviamo qui che nonbasta certo la volontà o lacapacità di attribuire da soliun significato alla propriasingolaesistenzaperrisolvere

la questione universale del«senso», tanto più cheindividualmente non tutte levite sono soddisfacenti efortunate come quelle discienziati e scrittori disuccesso.

Da un punto di vistastrettamente scientifico o ingenerale dell’argomentazionelogica non è però fondata lapretesa di trasformare lateoria dell’evoluzione per

selezione naturale in unostrumento di confutazionedell’esistenza di un Diocreatore e di un progettointelligente. Questo fatto erafin dall’inizio ben presenteallostessoCharlesDarwin, ilquale rispetto all’esistenza diDio si dimostravainteriormentecombattuto,macertamente poi dichiarava dinon avere «alcuna intenzionedi scrivere da ateo». E

nonostantelesuedifficoltà«avedere con la stessasemplicità di altri […] leprove del disegno e dellabenevolenza divini» cometantoavrebbedesiderato,nonriuscivaa«considerarequestomeraviglioso universo, esoprattutto la naturadell’uomo, e concludere cheogni cosa è il risultato dellaforzabruta».Spronatodalsuoamico botanico Asa Gray

(1810-1888), Darwinriconoscevainoltrechelesueidee «non sono affattonecessariamente atee» e chenulla impedisce che le legginaturali tanto fisiche quantobiologiche «possano esserestate espressamenteprogettate da un Creatoreonnisciente»,165 anche se luicomunque permaneva in unaposizioneagnostica.

Sull’inefficacia teoretica

dell’evoluzionismo biologicoquale prova definitivadell’insussistenza di undisegno intelligente ha finitoper concordare(contraddicendosi)perfinounateo incallito come DanielClement Dennett, cheincalzato dal filosofoanaliticoAlvinPlantinga si èdetto«d’accordosulfattochela teoria evoluzionisticacontemporanea non dimostra

l’assenza di un progettointelligente e un biologo chevolesse insistere dicendo cheè possibile andrebbe sopra lerighe».166 Resta dunque ildato oggettivo per cui unaserie di fasi del processoevolutivocosmico,nellequaliavviene il passaggio da statidi minore complessità dellamateria a stati di maggiorecomplessità o a complessitàcrescente,nonpossonoessere

spiegate dal solo principioevoluzionistico, ivi inclusoquello per selezione naturaledelleformeviventi,marisultanecessario ricorrereall’intervento diun’interazione «eterogena».Così diventano evidenti tuttele difficoltà di quella chesempre Plantinga ha definitonaturalatheology («ateologianaturale»).167

D’altra parte il ferreo

combinarsi di casualità edeterminismo delmeccanismo monodiano èintrinsecamente incapace didar conto della realtàmateriale nel suo complesso,al punto che «alcunievoluzionisti hannocominciatoasostenerechelabipartizione classica diJacques Monod risultafuorviante e che la storianaturale non è un

compromessofraledueforzefondamentali del puro caso edella rigida necessitàselettiva»168. A questo puntotanto il nichilismo biologicomonodiano quanto ilnichilismo cosmologico diWeinberg,periqualil’ordinenaturale dei viventi el’universo intero sarebberoprivi di senso, non appaionole uniche soluzioni possibilipartendo dalle attuali

conoscenze scientifiche.All’interno della stessacomunità degli scienziati siconfrontano infatti dueoppostevisioni:daunlato

c’è la scienza ortodossa,con la sua filosofianichilista di un universosenza senso, di leggiimpersonali ignare diqualunque scopo, di uncosmo in cui la vita e

l’intelligenza,lascienzael’arte, la speranza e lapaurasonosoloifortuitieaccessori abbellimenti diun affrescodell’irreversibilecorruzione cosmica.Dall’altra c’è […] lavisione di un universoautorganizzato cheaccresce la propriacomplessità,governatodaleggi ingegnose che

spingono la materia aevolversiversolavitaelacoscienza.Ununiversoincui l’emergere di esseripensantièparteintegrantee fondamentaledell’ordine complessivodelle cose. Un universonel quale non siamosoli.169

Con la seconda delle duevisioni, quella dell’universo

autorganizzato e finalistico,può concordare il teismoevoluzionistasecondocuiDioopererebbe come l’autore diuna commedia dell’arte,limitandosicioèaredigereun«canovaccio» o «scenario»contenente le trame possibili(i tracciati dell’evoluzionecosmologica), le partiprincipali(ilruolodelleforzedellanatura,dellaselezioneedellemutazionigenetiche)eil

finale (la vita intelligente),lasciando poi ampio spazioall’improvvisazione casualedei diversi attori presenti sulpalcoscenico del mondonaturale. Nonostante il ruoloimportante del caso,sussisterebbe comunque unafitness of the cosmos for life(idoneità del cosmo per lavita)170 per la qualel’evoluzione dell’universorimanda a una causa

superiore esterna all’universoe per quanto ci riguardadirettamentecomespecie,«inuna visione che va oltrel’orizzonte empirico,possiamodirechenonsiamouominipercasoeneppurepernecessità, e che la vicendaumana ha un senso e unadirezione segnati da undisegnosuperiore».171

1 Vedi R. Jastrow, God and theAstronomers, W.W. Norton &

Company,NewYork-London 1992, p.9.Lafraseinlinguaoriginaleè:«Heiseitheroverthehillorgoingbronkers».2 Giovanni Paolo II, Fides et ratio,Letteraenciclica,n.88.3F.T.Arecchi,I.Arecchi,Isimbolielarealtà. Temi e metodi della scienza,JacaBook,Milano1990,p.27.4 In proposito vedi P. Odifreddi, S.Valzania, La Via Lattea, Longanesi,Milano2008.5 Vedi H. Swain (a cura di), I grandiinterrogatividellascienza,Dedalo,Bari2004,p.16.6 Vedi A.W. Geertz, New AtheisticApproachesintheCognitiveScienceof

Religion, in M. Stausberg (a cura di),Contemporary Theories of Religion. ACritical Companion, Routledge,London-NewYork2009,p.243.7LafraseparesiastatapronunciatadaLaplace alla presentazione del suotrattatocosmologicoMécaniquecéleste.Vedi P.-S. de Laplace, Opere, Utet,Torino1967.8SulcasoGalileiesuirisvolticonnessial rapporto scienza-fede vedi R.Timossi,Dio e la scienza moderna. Ildilemma della prima mossa, A.Mondadori,Milano1999,pp.43-75.9 Vedi J.A. Paulos, La provamatematica dell’inesistenza di Dio,Rizzoli, Milano 2008. In Italia aveva

già provato a fare qualcosa di similel’ingegnere Roberto Vacca ricorrendoall’algebrabooleananelsaggioDioeilcomputer,Bompiani,Milano1984.10 Vedi J.S. Huxley, Religion withoutRevelation,TheNewAmericanLibrary(NAL),NewYork1958,p.223.11H.Hahn,O.Neurath,R.Carnap,Laconcezione scientifica del mondo,Laterza,Bari1979,pp.76-77.12SulnaturalismoevoluzionisticovediO.Franceschelli,T.Pievani,L’outingdiRatzinger contro il darwinismo,«Micromega», n. 5/2007, pp. 111-27.Vedi anche F. Facchini, Le sfidedell’evoluzioneinarmoniatrascienzaefede, Jaca Book, Milano 2008, pp. 88

sgg.13 Alcuni studiosi individuano ancheuna terza tipologia: quella del«naturalismo epistemologico». Conesso si reputano conoscibili soltanto leentità di cui si può avere esperienzadiretta o riconducibile a un nessocasuale con un’esperienza diretta. Noiriteniamo invece che tanto ilnaturalismo metodologico quantoquello ontologico implichino quelloepistemologico. Sul tema delnaturalismo filosofico vedi M.Micheletti,Teismo e naturalismo nellarecente filosofia analitica, in V.Possenti (a cura di), Ritorno dellareligione? Tra ragione, fede e società,

Annuario di filosofia 2009, Guerini,Milano2009,pp.97-116.VediancheF.Laudisa, Naturalismo, Laterza, Bari2014.14 P.R. Draper, God, Science andNaturalism,inW.J.Wainwright(acuradi), The Oxford Handbook ofPhilosophy of Religion, OxfordUniversityPress,Oxford2005,p.279.15 Sul carattere metafisico e nonscientifico del naturalismo degli ateiscientisti vedi G.M. Hoff, Die neuenAtheismen. Eine notwendigeProvokation,Topos-Pustet,Regensburg2009.Perladefinizionedi«naturalismoscientifico» nel pensiero diD.Dennettvedi J.F. Haught, Dio e il nuovo

ateismo, Queriniana, Brescia 2009, p.16.16L.Mason,Veritàecertezze.Naturaesviluppo delle epistemologie ingenue,Carocci,Roma2004,p.162.17 A. Comte, Corso di filosofiapositiva, Utet, Torino 1967, vol. I, p.202.18 I.Kant,Prolegomeniadogni futurametafisica che si presenterà comescienza, Laterza, Bari 1972,«Prefazione»,p.41.19 D. Hume, Ricerca sull’intellettoumano, in Opere, Laterza, Bari 1971,vol.II,p.175.20 Comte, Corso di filosofia positiva

cit.,primalezione,vol.I,p.2.Inlinguaoriginale vedi A. Comte, Cours dephilosophie positive, Schleicher Frères,Paris1907-1908.21Ivi,p.3.22 Comte, Cours de philosophiepositivecit.,vol.V.23 Sul pensiero di Pascal vedi R.G.Timossi, Decidere di credere, SanPaolo, Cinisello Balsamo 2012, pp.211-32.24ParolediAugusteComtecitateinD.Morin,L’ateismomoderno,Queriniana,Brescia1996,p.35.25 A. Comte, Système de politiquepositive ou Traité de sociologie.

Istituant la religion de l’umanité,Mathias,Paris1854,vol.IV.26 É. Durkheim, Le forme elementaridella vita religiosa, Meltemi, Roma2005,p.493.27 E. Renan, L’avenir de la science.Penséesde1848,Larousse,Paris1954,pp.41e54.28 Sulla ricerca del Gesù storico vediTimossi, Decidere di credere cit.,capitoloIII.29 Citato da Bruno Revel nellaprefazione a J.E. Renan, La vita diGesù,Feltrinelli,Milano1972,p.9.30Renan,LavitadiGesùcit.,p.187.31Lecitazionidaivi,pp.187-92.

32Ivi,p.192.33G.Morra,L’ateismo framoderno epost-moderno, in S. Burgalassi, C.Prandi,S.Martelli(acuradi),Immaginidella religiosità in Italia, FrancoAngeli,Milano1993,p.43.34 E. Renan,Dialoghi filosofici, ETS,Pisa1992,p.147.35E.Renan,Dialoguesphilosophiques,fr.[112],CNRS,Paris1992,p.34.36Renan,Dialoghifilosoficicit.,p.71.37 Vedi A. Schweitzer, Storia dellaricerca sulla vita di Gesù, Paideia,Brescia2003.38 Le citazioni sono tratte da F. LeDantec,L’athéisme, Flammarion, Paris

1907, pp. 13 e 38 (trad. it. di FrancoVirzo,pp.8e22).39Lecitazionida ivi, pp. 14 e19 (ed.it.,pp.9e11).40Lecitazionidaivi,pp.24-25(ed.it.,pp.14-15).41 B. Pascal,Memoriale, in Pensieri,Opuscoli, Lettere, Rusconi, Milano1984,p.302.42B.Pascal,Pensées,423 (277).VediB. Pascal,Frammenti, Rizzoli,Milano1983.43LeDantec,L’athéismecit.,pp.54-55(ed. it., pp. 30-31). Le due leggibiologiche lamarckiane sono quelledellacontinuitànecessariadellestirpie

dell’ereditarietàdeicaratteriacquisiti.44 Vedi D. Oldroyd, Storia dellafilosofia della scienza, Il Saggiatore,Milano1989,pp.220sgg.45 S. Freud, Introduzione allapsicoanalisi,BollatiBoringhieri,Torino1970,p.355.46 Lettera del 9 ottobre 1918 a OskarPfister (1873-1956), pastore luteranosvizzero ed estimatore dellapsicoanalisi.Vedi S. Freud,O. Pfister,Psicanalisiefede:letteretraFreudeilpastore Pfister (1909-1939), BollatiBoringhieri, Torino 1990. Vedi ancheP.Gay,UnebreosenzaDio,IlMulino,Bologna1989.47Letteradel9febbraio1909aPfister,

inFreud,Pfister,Psicanalisie fede cit.VediancheA.Plé,Freudelareligione,CittàNuova,Roma1978,p.29.48S.Freud,Comportamentiossessiviepratichereligiose,inOpere1886-1921,NewtonCompton,Roma1993, vol. II,p.148.49 S. Freud, Psicopatologia della vitaquotidiana, Bollati Boringhieri, Torino1970,p.220.50Lecitazioniprecedentidaivi,p.221.51 S. Freud,Un ricordo d’infanzia diLeonardodaVinci,inOpere1886-1921cit.,vol.II,p.400.52 S. Freud, Totem e tabù, in Opere1886-1921cit.,vol.II,p.643.

53Freud,Introduzioneallapsicoanalisicit.,p.559.54 F.S. Trincia, Il Dio di Freud, IlSaggiatore,Milano1992,p.227.55S.Freud,L’uomoMosèelareligionemonoteistica. Tre saggi, BollatiBoringhieri,Torino2002,pp.66-67.56Ivi,p.142.57LecitazionidaS.Freud,L’avvenirediun’illusione,sonotrattedaIldisagiodella civiltà e altri saggi, BollatiBoringhieri,Torino2001,pp.171-73e196.58Freud,Introduzioneallapsicoanalisicit.,p.561.59 Vedi G.S. Hall, Adolescence. Its

Psychology and Its Relations toPhysiology, Anthropology, Sociology,Sex, Crime, Religion and Education,HesperidesPress,London2006.60VediE.D.Starbuck,ThePsychologyofReligion, TheWalter Scott, London1899.61 J.H. Leuba, The PsychologicalOrigin and the Nature of Religion,Constable,London1909.62 H. Kung, Dio esiste?, Fazi, Roma2012,p.420.63 Vedi K.R. Popper, Congetture econfutazioni, IlMulino,Bologna1972;Poscritto alla Logica della scopertascientifica, IlSaggiatore,Milano1984,vol.I.

64 I. Lepp, Psicanalisi dell’ateismomoderno,Borla,Roma1966,pp.47-48.65 Vedi A. Dulles, Dio el’evoluzionismo: punti fermi per undialogo, «Vita e Pensiero», n. 2/2008,p.73.66VediV.E.Frankl,Allaricercadiunsignificato della vita, Mursia, Milano2012;Dio nell’inconscio. Psicoterapiaereligione,Morcelliana,Brescia 2014;Ciò che non è scritto nei miei libri.Appunti autobiografici sulla vita comecompito,FrancoAngeli,Milano2012.67VediE.Mach,Lameccanicanelsuosviluppo storico-critico, BollatiBoringhieri,Torino2001,pp.493-95.

68 L. Wittgenstein, Tractatus logico-philosophicus,6.53e7,Einaudi,Torino1995,p.109.69Ivi,6.44,6.45e6.522,pp.108-09.70 B. Russell, Storia della filosofiaoccidentale,Tea,Milano1993,p. 403.La prova ontologica cerca com’è notodidimostrarel’esistenzadiDioperviapuramentelogicaoapriori.71 B. Russell, Perché non sonocristiano,Longanesi,Milano1973,pp.6-7.72B.Russell,Lavisionescientificadelmondo,Laterza,Bari1988,p.82.73B.Russell,Scienzaereligione, Tea,Milano1994,p.9.

74VediL’esistenzadiDio(dibattitodel1948 tra B. Russell e padre F.C.Copleston),inRussell,Perchénonsonocristianocit.,p.137.75 J. Ladrière, Ateismo eneopositivismo, in AA.VV., L’ateismocontemporaneo, SEI, Torino 1967-1969,vol.II,p.408.76 Vedi H. Feigl, TheMental and thePhysical, in H. Feigl, M. Scriven, G.Maxwell,Concepts,TheoriesandMBP(Mind-Body Problem), MinnesotaUniversityPress,Minneapolis1958,pp.370-497.77 Le citazioni da M. Schlick,Positivismo e realismo, in Ilneoempirismo, a cura di Alberto

Pasquinelli,Utet,Torino1969,pp.270-71.78LecitazioniprecedentisonotrattedaHahn,Neurath,Carnap,La concezionescientificadelmondocit.,pp.70-79.79 Vedi A. Flew, Theology andFalsification, in A. MacIntyre (a curadi), New Essays in PhilosophicalTheology, SCH Press, London 1966(ed. it.: Nuovi saggi di teologiafilosofica, EDB, Bologna 1971). Per iltesto originale della parabola delgiardiniere vedi J. Wisdom, La logicadi Dio e altri saggi sulla religione,Quodlibet,Macerata2010,pp.9-10.80A.Flew,GodandPhilosophy,DeltaBook,NewYork1966,p.32.

81 P. Prini, Alle radici dell’ateismosemantico, in AA.VV., Il problemadell’ateismo, Morcelliana, Brescia1966,p.242.82Ch.Bradlaugh,APlea forAtheism,inG.Stein(acuradi),AnAnthologyofAtheism and Rationalism, PrometheusBooks,Buffalo1980,p.10.83 R. Carnap, Il superamento dellametafisicamediantel’analisilogicadellinguaggio, inIlneoempirismocit.,pp.512-13.84 R. Carnap, Autobiografiaintellettuale,inP.A.Schlipp(acuradi),La filosofia di Rudolf Carnap, IlSaggiatore,Milano1974,vol.I,p.45.

85R.Carnap,Lacostruzionelogicadelmondo,Fabbri,Milano1966,p.355.86 Per le citazioni precedenti vediA.J.Ayer, Linguaggio, verità e logica,Feltrinelli,Milano1987,pp.149-58.87 J.N. Findlay, Language, Mind andValue, Allen & Unwin, London 1963,p.8.88Sullevarie formulazionidellaprovaontologica vedi R.G. Timossi, Provelogiche dell’esistenza di Dio daAnselmo d’Aosta a Kurt Gödel. Storiacritica degli argomenti ontologici,Marietti,Genova-Milano2005.89 Prini, Alle radici dell’ateismosemanticocit.,p.242.

90M.Dorato,Cosac’entral’animacongli atomi? Introduzione alla filosofiadella scienza, Laterza, Bari 2007, p.142.91 Vedi N.N. Taleb, Il cigno nero.Come l’improbabile governa la nostravita,IlSaggiatore,Milano2014.92 K.R. Popper,Logica della scopertascientifica,Einaudi,Torino1970,p.22.93 W.V.O. Quine, Due dogmidell’empirismo,inDaunpuntodivistalogico. Saggi logico-filosofici, Cortina,Milano2004,p.35.94 Vedi Atti del Simposio perl’ottantesimocompleannodiK.Popper,in K. Popper, K. Lorenz, Il futuro è

aperto,Rusconi,Milano1989,p.94.95 Le citazioni da Carnap,Autobiografiaintellettuale, vengono daSchlipp,La filosofia di Rudolf Carnapcit.,vol.I,pp.45-46.Percontrastarelecritichealprincipiodiverificazione,nel1937Carnap avevamesso in campo ilcosiddetto«processodiliberalizzazionedell’empirismo», sostituendoal criterioforte della verificabilità di una teoriaquello più debole del «grado diconfermabilità» o di «incrementograduale della conferma» empirica.VediControllabilitàesignificato,inR.Carnap, Analiticità, significanza,induzione,IlMulino,Bologna1971.96Sulla svolta teologicadella filosofia

analiticavediM.Damonte,Unanuovateologianaturale,Carocci,Roma2011.97 Di P. van Buren vedi Il significatosecolare dell’evangelo, Gribaudi,Torino 1969, e Linguistic Analysis inChristian Education, «ReligiousEducation», vol. 60, gennaio-febbraio1965.98 Vedi F. Russo, La science etl’incroyance, «Nouvelle RevueThéologique»,marzo1974,pp.246-65.99D.Mainardi,L’animale irrazionale.L’uomo, la natura e i limiti dellaragione, A. Mondadori, Milano 2002,p.4.100Citato allavoce«Concordismo» inDizionario interdisciplinare di scienza

efede,acuradiG.Tanzella-NittieA.Strumia, Città Nuova-UrbanianaUniversity Press, Città del Vaticano-Roma2002,vol.I,p.266.101R.Dawkins,L’illusione diDio. Leragionipernoncredere,A.Mondadori,Milano2007,p.16.102 Vedi J. Monod, Il caso e lanecessità,Mondadori,Milano1997.103 I. Prigogine, Le leggi del caos,Laterza,Bari1993,p.3.Vedi anche I.Prigogine, I. Stengers, La nuovaalleanza. Metamorfosi della scienza,Einaudi, Torino 1993. Sulle teorie delcaos deterministico vedi R. Timossi,Dio e la scienza moderna. Il dilemmadella prima mossa, A. Mondadori,

Milano1999,pp.317sgg.104 J.C. Eccles, Il mistero uomo, IlSaggiatore,Milano1990,p.18.105 Vedi J. Maritain, Distinguere perunire. I gradi del sapere, Morcelliana,Brescia 2013; Scienza e saggezza,Borla,Roma1980.106 S. Weinberg, Il sogno dell’unitàdell’universo, A. Mondadori, Milano1993,p.264.107S.Weinberg,Iprimitreminuti,A.Mondadori,Milano1990,p.170.108 Vedi G.W. Leibniz,Principi dellanatura e della grazia fondati sullaragione, n. 7, inScritti filosofici,Utet,Torino1967,vol.I,p.278.

109 S. Weinberg, Il sogno dell’unitàdell’universo, A. Mondadori, Milano1993p.10.110Ivi,p.264.111 S. Hawking,Buchi neri e universineonati e altri saggi, Rizzoli, Milano1995,p.62.112 Le citazioni da tratte da Fang LiZhi, Li Shu Xian, La creazionedell’universo,Garzanti,Milano1990,p.204.113 S.W. Hawking, Dal Big Bang aibuchi neri. Breve storia del tempo,Rizzoli,Milano1989,pp.68-69.114 S.W. Hawking, L’originedell’universo, inBuchi neri e universi

neonaticit.,p.103.115S.W.Hawking,La teoriadel tutto.Origineedestinodell’universo,Rizzoli,Milano2003,pp.125e130.116 S. Hawking, L. Mlodinow, Ilgrande disegno, Mondadori, Milano2011,p.171.La«teoriaM»oM-theoryèunasortadi retedi teorie,dove«M»sta per «membrana» o «matrice» ingradodispiegareunambitocircoscrittodifenomeni.117 C. Sagan, Cosmo, Mondadori,Milano1981,p.258.118LafraseèstatapronunciatadaCarlSagan nella quarta puntata della serietelevisivaCosmos.

119 C. Sagan, «Introduzione» aHawking,Dal Big Bang ai buchi nericit.,p.10.120V.J.Stenger,Perchélascienzanoncrede in Dio. La sfida perduta dellafedeallaragione,Orme,Milano 2008,p.163.121L.M.Krauss,L’universo dal nulla,Macro,Cesena2013,pp.8e170.122 S. Weinberg, Il sogno dell’unitàdell’universo, A. Mondadori, Milano1993p.263.VediancheH.Park,DoesGodExist? Yes,Here Is the Evidence,iUniverse, Bloomington 2013, pp. 112sgg.123 Le citazioni di Penzias in R.

Chiaberge, La variabile Dio,Longanesi,Milano2008,p.33.124VediM.Novello,Qualcosaanzichéil nulla. La rivoluzione del pensierocosmologico, Einaudi, Torino 2011, p.173.125Perunadiscussioneapprofonditadiquesti temi vedi R.G. Timossi,L’illusione dell’ateismo. Perché lascienza non nega Dio, San Paolo,CiniselloBalsamo2009,cap.3.126 Vedi J.D. Barrow, F.J. Tipler, Ilprincipio antropico, Adelphi, Milano2002.127 G. Tanzella-Nitti, TheologiaPhysica? Razionalità scientifica edomanda su Dio, in Nuovi ateismi e

antiche idolatrie, Hermeneutica –Annuario di filosofia e teologia,Morcelliana, Brescia 2012, p. 41. SuilimitidelprincipioantropicovediancheG. Martelet, Evoluzione e creazione,JacaBook,Milano2003,pp.220-22.128R.Stannard,Lascienzaeimiracoli,Longanesi, Milano 1998, pp. 21-22.Vedi anche P. Atkins, La creazione:Saggio sul riduzionismo estremo e sulrazionalismo militante, Zanichelli,Bologna1985.129 Le citazioni sono tratte da P.Atkins, Ragione e fede. Perché nonpossiamodirci credenti, «L’Unità», 25ottobre 2010. Il rasoio di Ockham(formulato dal filosofo Guglielmo di

Ockham 1285-1349) è un metodoeuristico col quale si sancisce perprincipio l’inutilità di formulare piùipotesi di quelle che siano strettamentenecessarieperspiegareunfenomeno.130Monod,Ilcasoelanecessitàcit.,p.33.131Ivi,p.11.132Ivi,p.113.133Ivi,p.118.134 D.J. Bartholomew, Dio e il caso,SEI,Torino1987,p.13.135Monod, Il caso e la necessità cit.,pp. 171-72. Per l’atomismo greco èfamoso il frammento attribuito alfilosofo Leucippo di Mileto (V sec.

a.C.):«Ilcosmosiformòstrutturandosisecondo una forma curva, […] poichégli atomi sono soggetti a un motocasuale e disordinato».VediLeucippo,Vita e dottrina, DK 67 A 24, in H.Diels, W. Krans, I Presocratici,Bompiani,Milano2006,p.1175.136Vedi F. Jacob,La statua interiore,IlSaggiatore,Milano1988,p.53.137Evoluzione e realismo, in F. JacobEvoluzioneebricolage,Einaudi,Torino1978,p.40.138VediJacob,Evoluzioneebricolagecit.,pp.15-17.139 F. Jacob, La logica del vivente,Einaudi,Torino1971pp.199e206.

140 Jacob,Evoluzione e bricolage cit.,p.215.PerDostoevskijvedisupra,cap.3,par.6.141D.C.Dennett,L’idea pericolosa diDarwin. L’evoluzione e i significatidella vita, Bollati Boringhieri, Torino1997,p.20.142 D.C. Dennett, Freedom Evolves,Viking,NewYork2003,pp.14-15.143 Vedi S.J. Gould, I pilastri deltempo, Il Saggiatore,Milano 2000, pp.13sgg.144 Dennett, L’idea pericolosa diDarwincit.,p.336.145Ivi,p.652.146 D.C. Dennett, Rompere

l’incantesimo. La religione comefenomeno naturale, Cortina, Milano2007,p.26.147 E.O. Wilson, L’armoniameravigliosa,Mondadori,Milano1999,p.294.148 Le citazioni sono tratte da D.C.Dennett,Ateismoedevoluzione(Perchénon abbiamo più bisogno di Dio),«Micromega»,n.5/2013,p.157.149R.Dawkins,L’illusione diDio. Leragioni per non credere, Mondadori,Milano2007,p.9.150Ivi,p.24.151Vedi la letteradiDarwinall’amicoJoseph Dalton Hooker del 13 luglio

1856 in R.C. Stauffer (a cura di),Charles Darwin’s Natural Selection:BeingtoSecondPartofHisBigSpeciesBook Written from 1856 to 1858,Cambridge University Press,Cambridge1975.152VediR.Dawkins,Ilcappellanodeldiavolo,Cortina,Milano2004.153Dawkins,L’illusionediDiocit.,pp.149-50.154 I.Mazzitelli,E seDio esistesse? Ilimiti della conoscenza scientificaquandosi indaganoDioe lareligione,Gremese,Roma2008,pp.14e114-15.SulMultiversovedisupra,par.6.155WilliamPaley sosteneva che comela complessità perfetta di un orologio

rimandaallapresenzadiunsuoarteficedotato di intelletto, le perfezioni dellanatura rimandano a un Creatoreintelligente. Vedi William Paley,Natural Theology, Oxford UniversityPress,NewYork2008.156 Vedi D. Hume, Dialoghi sullareligione naturale, in Opere, Laterza,Bari1971,vol.I,pp.758-81.157 R. Dawkins, L’orologiaio cieco.Creazione o evoluzione?, Mondadori,Milano2003,p.41.158 R. Dawkins, Il gene egoista. Laparte immortalediogniesserevivente,Mondadori-De Agostini, Novara 1995,p.43.159Ivi,p.IX.

160 Le citazioni precedenti sono trattedaDawkins,L’illusionediDiocit.,pp.121-23.161Ivi,p.55.162Vedi il dibattito traL.M.Krauss eR. Dawkins su Scienza e fede, «LeScienze»,n.469,settembre2007,p.99.163Ivi,pp.53-56.164Ivi,p.353.165 Lettera di Charles Darwin ad AsaGray del 22 maggio 1860, in Ch.Darwin, Lettere sulla religione,Einaudi,Torino2013,pp.44-47.166D.C.Dennett,A.Plantinga,Scienzae religione sono compatibili?, ETS,Pisa2012,p.45.

167VediA. Plantinga,GodandOtherMinds,CornellUniversityPress,Ithaca-London1967.168 T. Pievani, Introduzione allafilosofia della biologia, Laterza, Bari2005,p.82.169P.Davies,Dadovevienelavita.Ilmistero dell’origine sulla Terra e inaltri mondi, Mondadori, Milano 2000,p.308170VediJ.Barrow,S.ConwayMorris,S. Freeland, Ch. Harper (a cura di),Fitness of the Cosmos for Life:Biochemistry and Fine-Tuning,CambridgeUniversityPress,NewYork2008

171F.Facchini,L’avventuradell’uomo.Casooprogetto?,SanPaolo,CiniselloBalsamo 2006, pp. 18 e 69. Per ilteismoevoluzionistavediR.G.Timossi,L’illusione dell’ateismo cit., pp. 320sgg. Vedi anche Ch. Southgate, God,Humanityand theCosmos,T&TClarkInternational,London2005.

6

Loscandalodelmale

1.Ilfiumedellavita

Mentre cercano diconfutare l’esistenza di unCreatore su basi scientifiche,gli atei scientifici o scientistifiniscono pressoché tutti perapprodare all’argomentoprobabilmente più anticocontro la presenza di unDiobuono: quello del male. GiàAgostino di Ippona sidomandava «Si Deus est,

unde malum?»,1 facendodell’interrogativo sulmale inrelazione alla naturaonnipotente, sommamentegiusta e benevola diDio unadelle questioni più dibattutedalla teologia cristiana. Ilproblema si è fatto ancorpiùassillante dopo l’orroredell’Olocausto durante laseconda guerra mondiale,quando lo sterminioorganizzato degli ebrei ha

rappresentato l’apoteosi delmale gratuito, di unamalvagità talmenteimmotivata e insensata dasembrare perfino «banale» achi commetteva crimini cosìgravi contro i propri simili.2Émmanuel Lévinas (1906-1955), filosofo francese didiscendenza ebraica internatoin un campo tedesco perprigionieri di guerra, haperciòsostenutochelaprima

domanda della filosofia nondeve essere la leibniziana«Perché c’è qualcosa e nonpiuttosto il nulla?», bensì«Perché c’è il male e nonpiuttostoilbene?»,poiché«ladifferenza ontologica [traessere e non essere] èpreceduta dalla differenza trailbeneeilmale».3

Non è certo assurdoimmaginare che chi si ètrovato da credente, ma

certamente anche da ateo, inuncampodisterminionazistanonabbiapotutofareamenodi interrogarsi su quellascandalosa assenza di Dio difronte a tanta sofferenzainnocente, tanta efferatacrudeltà e tanta smisuratainiquità. È quanto ci hatestimoniatoloscrittoreebreoElie Wiesel nel suo celebreracconto dell’esecuzione diun bambino nel sottocampo

di concentramento di Buna(dipendenza del campoprincipale di Auschwitz III-Monowitz):

Ungiornoche tornavamodal lavoro vedemmo treforche drizzate sulpiazzaledell’appello[…].Tre condannati incatenatie fra loro il piccolo«pipel», l’angelo dagliocchi tristi. […] Tutti gli

occhi erano fissati sulbambino.Eralivido,quasicalmo, e si mordeva lelabbra. […] I trecondannati salironoinsieme sulle loroseggiole. […] «Dov’è ilBuon Dio? Dov’è?»,domandò qualcuno dietrodi me. A un cenno delcapo del campo le treseggiole vennero tolte.[…] I due adulti non

vivevanopiù.Ma la terzacorda non era immobile:anche se lievemente ilbambinoviveva ancora…Piùdiunamezz’orarestòcosì,alottarefralavitaela morte, agonizzandosotto i nostri occhi. […]Dietrodimeudii ilsolitouomodomandare:«Dov’èdunqueDio?».

Soggiogati dall’impatto

emotivodiquestadomandaèdifficile articolare unarisposta e costruire una«teodicea», una convincentedifesa o giustificazionerazionale diDio inteso comeSummum bonum (Sommobene), appare un’impresatitanica,mentregliateihannogioco facile a reputarladecisamente impossibile. Lasoluzione per certi versiparadossale di Elie Wiesel è

che Dio soffre con l’uomo,patisce insieme a lui le suesofferenze: «E io sentivo inme una voce che glirispondeva: “Dov’è? Eccolo:è appeso lì, a quellaforca…”».4 Ma si tratta contuttaevidenzadiunarispostadi fede, per altro nondissimile da quella ancor piùsconcertante del sacrificiodella Croce predicato dellareligione cristiana, dove Dio

nella persona trinitaria delFiglio addirittura soffre e silascia martirizzare comeuomoper la salvezzadi tuttoil genere umano: «Noi –scrive Paolo di Tarso –predichiamoCristo crocifissoscandalo per i giudei estoltezzaperipagani»(1Cor1,23).

Forse proprio perchéhanno percepito la debolezzadei loro argomenti

«scientifici» a sostegno delletesi atee, insieme conl’indubbia difficoltà a esserecompresi da un vastopubblico poco formato nellescienze naturali, i nuovi ateicome Dawkins, Weinberg eStenger hanno sentitol’irrefrenabile esigenza dicercare anche loro sostegnonell’ateismo antiteodicetico,cioè in quella forma diateismo che nega la

compatibilità razionaledell’idea di un Creatoreperfettissimo con la presenzadel male nel mondo, inspecial modo sotto forma didolore dei viventi, dicatastrofi ambientali e dimalformazioni naturali o dihandicap mentali.Emblematico in proposito èquanto il drammaturgo erivoluzionario tedesco KarlGeorg Büchner (1813-1837)

fa dire a un personaggio deldramma Dantons Tod (Lamorte di Danton, 1835), dalui composto due anni primadi morire all’età di soliventiquattro anni: «Eliminatel’imperfetto e soltanto allorapotretedimostraredio.Sipuònegare il male, ma non ildolore […]. Perché soffro?Questa è la rocciadell’ateismo. Il più piccolotrasalimento del dolore

provocaun laceramentodellacreazione».5

La presenza del malegratuito, ossia dellesofferenze e delle mortiinnocenti che un Esseresommamente buono avrebbedovuto impedire senzacompromettere un benemaggiore, viene tramutatadagli atei scientisti nellaprincipale prova a sostegnodell’assenza di un progetto o

di uno scopo nel mondonaturale, anche se in effettinon si tratta diun’argomentazionescientifica,bensìfilosofica.

Il giorno in cui scrissi laprima stesura di questoparagrafo – annotaRichardDawkinsallafinedel quarto capitolo de Ilfiume della vita (titolooriginale River Out of

Eden) del 1995 – tutti iquotidiani britannicipubblicavano la terribilenotizia che un autobuscarico di bambini di unascuola cattolica avevaavuto un incidente cheaveva causato la perditadi molte vite. […] Uncorrispondente delquotidiano «The SundayTelegraph» avevaformulato l’interrogativo

teologico: «Come si puòcredere in un Dioonnipotente emisericordioso chepermette il verificarsi diuna simile tragedia?».Ebbene,[…]sel’universofossecompostosolamentedielettroniegeniegoisti,tragedie insensate comequesta sarebberoesattamente ciò chedovremmo aspettarci,

insieme con una buonafortuna ugualmenteinsensata.6

Com’è facile notare, ilfattodicronacaraccontatodaDawkins è diverso da quellodell’esecuzione di unbambino a opera degliaguzzini nazisti narrato daWiesel per la circostanzaimportante che adAuschwitzil male dipendeva

sicuramente e colpevolmentedalla volontà umana; tuttaviarimane allo stesso modoun’accusa aperta all’idea diDio. Del resto un altrofamoso ateo scientifico comeSteven Weinberg, dopo averchiamatoincausacontroDioleimperfezionicongeniteallanostra specie, menzionaproprio l’esempio dellosterminio degli ebrei: «Icredenti lottano da millenni

con la teodicea […]. Ilricordodell’Olocaustononmiconsentenessunasimpatiaperi tentativi di giustificare ilcomportamento di Dio versol’uomo.Sec’èunDiochehaqualche progetto particolareper gli umani, è stato benattento a nascondere il suointeresse per noi».7 VictorJohnStengerparlainvecedeldoloreiniquoegratuitocomequalcosa di scientificamente

inconcepibile se messo aconfronto con l’idea di unCreatore: «Nel linguaggiodellascienza,ildatoempiricodella sofferenza inutilenonèconforme con un Dioonnisciente, onnipotente eonnibenevolo. Leosservazioni sulla sofferenzadegli esseri umani e deglianimali hanno lecaratteristiche che ci siaspetterebbe se non esistesse

alcunDio».8Questa sorta di

naturalizzazione scientificadel problema teologico delmale si può far risalire allostesso Charles Darwinquando, corrispondendoancora con il botanico AsaGray,affermava:

Per quanto riguarda laprospettiva teologica, sitratta di un tema sempre

penoso per me. Sonoconfuso. Non avevoalcuna intenzione discrivere da ateo. Mariconosco che non riescoa vedere con la stessasemplicitàdialtri,ecomevorrei tanto riuscire afare, leprovedeldisegnoe della benevolenza[divini] tutt’attornoanoi.Misembrachenelmondovisiatroppamiseria.Non

riesco a persuadermi delfattocheunDiobenevoloeonnipotenteabbiacreatodi proposito gliIchneumonidae con laprecisa intenzione che sinutrissero del corpo deibruchi ancora vivi,divorandolo dall’interno;o che un gatto dovessegiocareconitopi.9

Qui Darwin porta in

primopianonontantoilmaleo i mali genericamentepresenti in natura, chesappiamo essereinnumerevolifinoalpuntodarisultare incommensurabili(«Nelminuto chemi occorrepercompletarequestafrase–scrive ancora Dawkins –migliaia di animali vengonomangiati vivi»)10, quanto ilmale più profondamenteiniquo e scandaloso: la

malvagità immotivata eperversa di chi infliggesofferenza solo per provarepiacere, come nel caso delgatto che gioca col topo.Questogeneredimalvagitàèpurtroppo ampiamentediffuso nella genia umana,come dimostra quantoavvenuto con dimensione dimassaneicampidisterminionazisti, ma desta maggioreimpressioneritrovarlainaltre

specie viventi: nell’homosapiens può essere infattiattribuita alla volontà delCreatore di concedergli illibero arbitrio, per cui ilsingolo uomo diventadirettamente responsabile delmalechecompie;inunfelinoinvece dipende in modonecessitato dalla sua naturacosìcomeessasiègenerata.

Non è perciò senzafondamento la distinzione

tradizionale tra male etico omorale (malum morale) emalenaturaleofisico(malumphysicum), talvolta dettoanche «esistenziale».11 Ilprimodipendedall’autonomascelta comportamentaledell’individuo quale soggettodotatodi libertà; ilsecondoèintrinseco al modo di esseredellecoseecorrispondeaciòche in natura, senzaintervento volontario

dell’uomo, è foriero diconseguenze negative tantoper la nostra specie quantoper tutte le altre. In tal sensosi considerano mali naturalinon solo la malattia, lemenomazioni fisiche e lenefaste catastrofi ambientali,ma anche gli atti violenti diun vivente contro un altrovivente nell’ambito dellacosiddetta «catenaalimentare» (gli erbivori si

cibano dei vegetali e icarnivori di altri animali)oppure imposti dallacompetizione per lasopravvivenza (perfino lepiante in una foresta sicontendono la luce del sole).Sostenere questa distinzionesignifica ovviamente nonseguire coloro che comeDaniel Clement Dennettfanno dell’identità umana unelemento integralmente

naturale, che control’evidenzadeifattiaffermanoche la coscienza (ol’autocoscienza) non sussistecome fattore specificamenteed esclusivamente umano,perché con tale tesiverrebbero a cadere anche lalibertà e la responsabilità delsingolo, per cui non avrebbepiù senso parlare di malummorale, con la conseguenzache soltanto su Dio

ricadrebbelaresponsabilitàditutto il male che c’è nelmondo.12 E qualora Dio nonesistesse, per le teorie piùradicali o nichiliste sul malenon si dovrebbe addossare lacolpa ai singoli viventi, maandrebbe considerato comeunmerodatonaturalealdilàdiognieticauniversalistica.

In effetti, comeasseriscono questa voltacorrettamente gli atei

scientifici, il male naturaleassurge a problemaesclusivamente nel momentoincuisiipotizzal’esistenzadiun Dio creatore, o anchesemplicemente ordinatoredell’universo, insignito degliattributi della perfezione:onnipotenza, razionalità,onniscienza e bontà assoluta.Inassenzadell’ipotesidiunadivinitàcreatricechiaramente«positiva» (sono state infatti

concepite nel corso dellaStoria anche delle divinitàmalvagie), nella visionedell’ateismo materialistico onaturalistico il problema delmale svanisce nella supremaindifferenza di un ordinenaturale dominato dal caso edalla necessità delle leggifisicheebiologiche.

Nonostante la tendenzaalla cosiddetta«biologizzazione

dell’etica»13, ossia a faredella morale un temascientifico riconducibile alleleggi e ai processi dellanatura come qualsiasi altrofenomeno umano ogenericamente animale, laquestionedellapresenzatantodel male etico quanto delmale naturale resta unaproblema teologico-filosoficoimportante, specie se riferitoalla credenza in un Dio

buono.Stupisceperaltrochedegli scienziati, passati più omeno consapevolmente dallascienza al ragionamentoteologico-filosofico con lapretesa di portare in esso lostessa cogenza degliargomenti scientifici, sisforzino di confutare ciò cheinvece risulta di per séevidente come la capacitàdegli esseri umani incondizione psicofisica

normaledidistingueretraciòche è bene (o comunque èreputato tale in una certacomunità)eciòcheèmale.Inrelazione al tentativo diDennett di eliminare l’ideastessadicoscienzaèpertantolecito sospettare che il suopregiudizio naturalisticofaccia premio sull’analisiobiettiva dei fatti e loconduca a costruireun’interpretazione non

scientificaenonlogica,bensìcondizionata dal suoultradarwinismoideologico.

Delrestolarielaborazionenaturalisticadelproblemadelmale operata dall’ateismoscientifico sfocia di solito inuna patente contraddizione:da un lato si ritieneimpossibile distinguerenell’ordinenaturaleciòcheèbuono e ciò che è cattivo, sinega cioè «ogni fondamento

all’esistenza di un maleoggettivo e si vincola ilconcettostessodimaleaunanostra valutazione»soggettiva14; dall’altro sipretende di giudicarenegativamente l’azione di unCreatore (nella quale pergiunta non si crede) inragionediquello stessomaleche si consideraoggettivamente inesistente. Èdifatti di per sé evidente che

«parlare di male cosmicosignificaintrodurreuncriteriovalutativochevaaldilàdellapura sequenza dei fenomeni»naturali e si finisce conl’attestarsi suunaconcezionenegativa della natura checorrisponde a «unacondizione del mondo chel’osservatore umano ritienemeno preferibile o menoauspicabile di altre».15 Ci sicolloca insomma nell’ambito

del soggettivo, del giudiziostrettamente personale,ovvero al livellodell’opinione che èesattamente l’opposto dellascientificità ostentata daifautori del naturalismofilosofico e dell’ateismoscientista.

Detto altrimenti, o siriconosce al male una realtàontologica e allora si puòporre la questione della sua

compatibilità con l’idea diDio sommamente buono eonnipotente; oppure non siriconosce a esso nessunarealtà sostanziale o effettiva,come fanno appunto gli ateiscientifici, ma allora non sipuò neppure chiamare incausao attribuirne la colpa aun ipotetico Creatore. Ineffetti la via percorsa daineoplatonici e dal pensierocristianodaessiinfluenzatoè

stata proprio quella di nonriconoscere al maleun’esistenza reale e diconsiderarlo piuttosto come«non essere», o piùprecisamente comeprivazione del bene checoincidecon l’essere.Plotino(203/205-270 d.C.) fondatoredel neoplatonismo assegnainfatti le proprietà del malealla materia sensibile inquanto privazione estrema

dell’Uno,cheèinveceilbeneedèprincipiodi tutte lecosetramite «processione» o«emanazione». Poiché «ciòche èmeno vicino al bene èpiù vicino al male»16, più cisiallontanadall’Unoepiùcisiapprossimaalmale;perciòla materia, che costituisce iltermine estremo o ultimorispetto all’Uno, «nonpossiede nulla del bene.Questa è la necessità del

male».17 Ne consegue che ilmale non è concepito comeun polo negativo che sioppone a un polo positivo,bensì come mancanza oprivazione del «positivo»,ossiadelbenecheè l’essere;quindiinultimaistanzacomenonessere:«Ilmalenonsaràné negli esseri, né in quellarealtà trascendente: infattisono buone queste cose.Resta dunque che esso,

poiché esiste, esista nel nonessere».18

Questaèprobabilmentelaprima forma occidentale diteodiceafilosofica:Diononècausa del male e non ne èresponsabile semplicementeperché è il creatoredell’essere, mentre il male ènon essere, quindi non hasostanza e non rientra nellacreazione. La teodicea delmalecomenonesserepenetra

nel pensiero cristiano conDionigi l’Areopagita (oPseudo-Dionigi) vissuto nelV-VIsecolod.C.,perilquale«il male è debolezza eprivazione del bene. […]Perciòilmalenonhaunasuasussistenza, ma unacontrosussistenza […]. Èsenzavia,senzascopo,senzanatura, senza causa, senzaprincipio […]. Non esiste ilmale in quantomale e non è

negli esseri».19 In questofilone interpretativo sicollocano prima Agostino diIppona, che afferma che «ilmalenonèsenonprivazionedelbenefinoalnullaassoluto[…], dunque tutto ciò cheesisteèbene,e ilmalenonèuna sostanza»;20 e poiTommasod’Aquinocolqualesi consacra l’impossibilità«che il male indichi unqualsiasi essere, oppure una

realtà o una forma positiva.Rimane dunque che coltermine male si indica unacarenzadibene.Perquestosidice che il male “non èesistente”, e neppure è unbene».21

2.Ivelenidellareligione

Sulla validità della teoriadel male come non essere,

ovvero privato di ogni realtàontologica, oggi sussistonomolti legittimi dubbi tra ifilosofi.LostessoneotomistaJacques Maritain, purattribuendoaDiolacausadelsolo bene, ha criticato quellache chiamava la bonne écoledel tomismo rigido o«tomismo ciclopico», perchéappunto vedeva soltanto laprospettiva dell’essere equindi del bene e non quella

delmale.22 Per i nostri scopiinteressa però quiapprofondire la questionedell’iniquità del maleconcretamente inteso ostoricamente inteso, nellaparticolare prospettiva a essaimpressa dal nuovo ateismoantireligioso.Comesièdetto,nella storia umana il temadella sofferenza immotivataalcospettodiunDiobuonoegiusto è un dato ricorrente e

su cui si sono spessoarrovellati i credenti di ognitempo.Perilcredenteilmalepatito dai malvagi e dagliingiusti è infatti in linea diprincipio giustificabile etollerabile quale punizione diuna colpa grave, mentre nonlo sono le malvagità o lecattive azione rimasteimpunite: «In questo sta lacausa, e anzi la causa piùgrave della mia afflizione, –

scrive il filosofo AnicioManlio Severino Boezio(480-526) – e cioè che, puressendo il mondo governatoda un essere [Dio] che siidentifica con il bene,possano comunque essercimalierestarenonpuniti?[…]Adettar leggeeaprosperareèl’iniquità»23.

L’interrogativo sipone inmaniera più straziante se ilmale colpisce gli incolpevoli

per antonomasia, ossia ibambini, come ci ricorda lacelebre requisitoria di Ivannei Fratelli Karamazov(1879) di Fëdor MichailovičDostoevskij,chevale lapenadi riportareperestesoperchémette magistralmente in lucela tragicità del doloreinnocente:

Non è che io non accettiDio,capiscimibene,maè

questo mondo creato daLui, che io non accetto enonpossorassegnarmiadaccettare. […] Volevoparlare delle sofferenzedell’umanità in generale,ma è meglio che cifermiamo soltanto allesofferenze dei bambini.[…] I bambini non sonoancora colpevoli di nulla.[…] Un innocente nonpuòsoffrireperunaltro,e

tanto più un innocentesimile![…].Nonriescoacapireperchéilmondosiacongegnato in questomodo […]. Mi rifiutoassolutamentediaccettarequesta armonia eterna.Essa non vale le lacrimedi quell’unicacreaturina.24

Nell’invettiva di IvanKaramazovcontroDiononsi

bada molto alla distinzionetra male naturale e malemorale, ma le sofferenze diqualsiasi tipo patite dagliinnocenti sono tutte valide agiustificare la ribellionecontroilCreatore;esuquestastrada si sono incamminatipressoché tutti gli ateiantiteodicetici. Tuttavia perl’eticaèunproblematantolapresenza del male quantoquella del bene, come aveva

già intuito lo stesso Boezio,che riformulava cosìl’interrogativo agostiniano:«“Si quidem deus”, inquit“est, unde mala? Bona verounde, si non est?”» (Se c’èDio,dondevengonoimali?Edonde i beni, se Dio nonc’è?)25.Inaltreparole,conunDio buono non si spiega ilmale,masenzaunDiobuononon si spiega l’origine delbene.SullapresenzadiDiole

religioni fondano infattinormalmente una moraleuniversalistica e anche perquesto motivo il nuovoateismonellasuaversionepiùaggressiva ha attaccatodirettamente le religionistoriche, attribuendo a esseuna precisa responsabilitànella diffusione del male nelmondo. La fede religiosasarebbe pericolosa edistruttiva nella Storia del

genere umano perchéfomentatrice di divisioni, direciproche intolleranze e dipersecuzioni; inoltre essarisulterebbefondamentalmente irrazionalee per giunta ostacolerebbeapertamente il progressoscientifico.Conleaccuseallareligione di essere fonte disofferenze e malvagità nonsiamoperaltroinpresenzadiuna novità assoluta, se

consideriamochegiàilpoetaTito Lucrezio Caro siscagliava come sappiamocontro i crimini indotti dallecredenzereligiose.26

Dal momento che lapresenza di una religionepositiva presuppone lacredenza in Dio, èlogicamente conseguenzialeper i nuovi atei militantidecretare la necessitàimpellente della diffusione

dell’ateismo su scalamondiale. In linea conl’umanesimo ateo checontrappone l’uomo a Dio,l’invenzione del divinorappresenta per loro il latooscuro dellamente umana, ilmomento in cui gli uominifanno del male a se stessilimitando il proprio liberoarbitrio, la propria possibilitàdi progettare autonomamentela propria esistenza. Non

siamo evidentemente distantida quanto sostenuto inprecedenzadapensatoricomeFeuerbach,Stirner,Nietzsche,Bakunin e Sartre, per i qualila negazione di Dio è ilfattore determinante per lapiena realizzazionedell’uomo,a iniziareappuntodalla sua totale libertà. Inquesto il nuovo ateismopostmoderno non è poi cosìdiversodall’ateismomoderno

o anche da quello antico,perchéinradiceusaglistessiargomenti antiteistici disempre, tanto è vero che leobiezioni,lecriticheeperfinole calunnie messe in campocontro i teisti di oggi nonsono differenti da quellemosse contro i credenti diognitempo.27

Nel sottolineare lafunzione perniciosa dellareligione, per il nuovo

ateismo si è distintoinnanzitutto il franceseneoilluminista e neolibertinoMichel Onfray, ottenendoneper altro fama e popolaritàeditoriale, come del restoquasi tutti i nuovi atei dellanostra epoca. Dopo essersidefinitoathéedeservice(ateodi servizio, ossiamilitante) edopo aver ripetuto vecchieformule dell’ateismo comequella secondo cui Dio è

un’invenzione umana «perscongiurare la morte» echiudere gli occhi «per nonriconoscere l’evidentetragicità del mondo», si èscagliato contro coloro cheorganizzanoil«commerciodiespedienti metafisici, […] ilcommercio di oltremondi»rassicuranti, quindi indefinitivacontroisacerdotioi promotori dei culti religiosiin cui magari non credono

loro per primi: «Il vicariodegli Dei monoteisti imponeil proprio mondo perrafforzare la [sua]conversione giorno dopogiorno».

Finché la religione restauna questione privata oindividuale, anche un ateo lapuò tollerare e trattare comeun problema di nevrosi opsicosi da consegnare allopsicoanalista, o nei casi

peggiori allo psichiatra;infatti, a ciascuno sonoconsentite«leperversionichepuò, fin quando esse nonminaccianoononmettono inpericolo la vita degli altri».Lo scenario muta inveceradicalmente quando questeperversioni religiosediventano un fatto sociale e«in nome di una patologiamentale personale siorganizza conseguentemente

anche il mondo degli altri»,perché allora l’ateo militantedeve mettersi in azione perfar trionfare i lumi dellaragionecontrol’oscurantismodi tutte le Chiese. Bensapendo tuttavia che«l’ateismonon è una terapia,ma una salute mentalerecuperata».28

PerSamHarris–unaltroateo militante di successo –l’intolleranza fanatica

costituisceinvecel’essenzadiogni fede religiosa, comedimostrano l’attentato alletorri gemelle dell’11settembre 2001. È pertantocontraddittorio econtroproducente concepirela tolleranza verso le«ideologie religiose», perchéle religioni sono tutteintegraliste e come talirappresentano una minacciaalla libertà e alla pacifica

convivenza umana. Per altroil metodo da seguire intornoall’esistenza di Dio e allepresunteveritàdellareligioneè quello della falsificabilitàscientifica; da cui seguel’ovvia conclusione che lecredenze religiose sono nonfalsificabili e impedisconoperciò la loro verifica oconfutazione sul piano dellacoerenza razionale e dei fattioggettivi. Le credenze della

fede fanno infatti valere ilsistema del cosiddetto«pagamento rateale»: crediora, sulla base di un’ipotesinon verificabile, e dopo lamorte scoprirai se hairagione.29

La prossimità di Harrisall’ateismo scientifico è quievidenteenonostanteciòeglisi distingue dagli ateiscientistiperlaricercadiunaspiritualità cosmica in

accordo con la razionalità;ricerca che lo avvicina almonismo mistico dellefilosofie orientali. In unarticolo del 2006 intitolatoDieci miti e dieci veritàsull’ateismo ha infatti scritto:«Nonv’ènullacheimpediscaa un ateo di provare amore,estasi, senso di rapimento esoggezione; gli atei possonotenere in alta considerazionequeste esperienze e cercarle

con regolarità. Ciò che gliateinonsonopropensia fareè utilizzare tali esperienzecomebasedi ingiustificate(eingiustificabili) affermazionisullanaturadellarealtà».30

Unterzonomecelebredelnuovo ateismo è quello delgiornalista e critico letterarioChristopher Hitchens (1949-2011), il quale ha attaccatofrontalmente le religioni e ilteismo come fonti di male e

di nefasti misfatti storici. Ilsuo saggio più noto èesplicito fin dal titolo: Dionon è grande. Come lareligione avvelena ogni cosa(2007). Quando poi se nelegge qualche pagina, ci sitrovaallapresenzadituttiglistereotipi ideologicidell’ateismo antireligioso eanticlericale, per cui lereligioni sono strumenti disopraffazione, di divisione

fratricida e di gravi violenzesia fisiche sia psicologicheinferte perfino ai bambini (equiilrichiamoallapedofiliaèscontato). Oltre a ciò,«restano ancora quattroinaggirabili obiezioni neiconfrontidella federeligiosa:distorce completamente leorigini dell’uomo e delcosmo; riesce a combinare ilmassimodellaservilitàconilmassimodelsolipsismo;èsia

l’esito che la causa delladannosarepressionesessuale;e, infine, si fonda sullacredenza in ciò che sidesidera sia vero», ma chequasi sempre è falso.31Influenzato moltissimo dalsaggio L’avvenire diun’illusione di SigmundFreud, considera l’impulsoreligioso difficile da frenarese non si riesce ad aprire inqualche modo gli occhi alla

specie umana, affinché«superi la sua paura dellamorteelatendenzaacredereingratificantichimere».32

Va da sé che la viamaestra per svegliare gliuominidai loro sogniodalleloro illusioni è quella delleconoscenze scientifiche, inparticolare della teoriadell’evoluzione darwiniana.Hitchens difatti si preoccupadi confutare la teoria

dell’Intelligent Designricorrendo proprioall’argomento delleimperfezioni presentiovunqueinnatura:

Anch’io ho provatostupore di fronte allepiccole e morbideorecchiedelmiorampollofemmina, ma mai senzanotare che: a) hannosemprebisognodiunpo’

di pulizia; b) chesembrano prodotte inserie […],chemanmanoche si invecchia sirivelano sempre piùassurdesevistedadietro;c) che molti animaliinferiori, come i gatti e ipipistrelli,hannoorecchiemolto più affascinanti,grazioseepotenti.33

Insomma nessuno spazio

e nessuna speranza perattribuire un significatoparticolare o trascendenteall’esistenzaumana,mentreèevidente il fatto chel’atteggiamento dellareligioneversolascienza(peresempio la medicina) risultasempre diffidente e moltospesso inevitabilmente ostile,perché il sapere scientificoinfrange il monopolio dellareligione. E anche

sforzandosidiammettereconil citato biologo Stephen JayGouldchescienzaereligionesono magisteri nonsovrapponibili,ciònon toglieche «non sianoantagonisti».34

Va rilevato comel’ateismo antireligioso deinuovi atei sembra avereessenzialmente preso di mirale religioni monoteiste dellastoria occidentale (ebraismo,

cristianesimo e islamismo),mentre maggiore indulgenzasi prospetta per le religioniorientali, forse perchégiudicate meno integraliste,più tolleranti e distanti dallaquestioneDio-maleperilloropanteismo di fondo. Ilproblema del male è infattinormalmente irrilevante per ipanteisti, dal momento chel’immanenza del divino nelmondo trasforma in assoluta

necessità tutto quanto accadee le stesse nozioni di bene edi male diventano sfumate:«Perquelcheriguardailbenee ilmale–scrive ilpanteistaBaruch Spinoza – nemmenoessi indicano alcunché dipositivo nelle cose in séconsiderate, e non sono altroche modi del pensare onozioni che formiamo per ilfattocheparagoniamolecosel’una all’altra».35 Benché il

contrastoDio-male non vantiuna specifica tradizionepressolereligioniorientali,inquasitutteèperòbenmarcatoe importante l’elementodellasofferenza. Non a casoSiddharta Gautama inizia lasuaviaperdiventareBuddha(«Risvegliato») dopol’incontroconunvecchio,uninfermoeunmorto,mentrelesue «Quattro Nobili Verità»sono tutte meditazioni

sull’esistenza e la natura deldolore36.

Per completezza giovainfinericordarecheesisteunaversionemenoaggressivadelnuovo ateismo ovveroesistono degli atei dialoganticome ad esempio JuliaKristeva, André Comte-Sponville, Alain de Botton,DuccioDemetrio e SalvatoreNatoli. In linea di massimacostoro, pur continuando a

ritenere valido l’argomentodelmalecontrol’esistenzadiDio, si dimostrano piùdisponibiliariconosceredegliaspetti positivi nellareligione, specie in campoetico-sociale. Comte-Sponville in particolareaccetta che anche l’ateismopossa essere una forma dicredenzaechequindil’attodifede degli atei è quello nellanonesistenzadiDio,nelnon

senso del mondo e in undestinosegnatodalnulla.37

In conclusione l’ateismocontemporaneo antireligiosopiùinvogaèquellomilitante,che si distingue per lariproposizione di attacchispessooffensivineiconfrontidei credenti, consideratispesso come affetti da unaforma di malattia oaberrazione mentale, e dellereligioniquali fomentatricidi

divisione,odioeviolenza. Inrealtà, però, la violenza el’odio non dipendono tantodall’essere o non esserereligiosi quanto dalla naturastessa dell’uomo, dalla suaimperfezione costitutiva,inserito com’è da sempre inmezzo al conflitto tra bene emale.C’è chi comeDawkinsha fatto fatica a vederlo o ariconoscerlo, eppure moltinon credenti hanno ceduto

alla seduzione del male emolti Stati o regimiproclamatisi atei hanno datoun pessimo esempio dimalvagità gratuita con stragiferoci e spaventosi gulag,come nel caso dei Paesicomunisti dell’ex URSS,della Cina, dell’Indocina,della Corea, dell’Albania edell’ex Jugoslavia. I malvaginonsitrovanodunquemaidauna parte sola e le azioni

negative non alberganosoltanto nelle istituzionireligiose: tutti gli esseriumani sono imperfetti eperciò possono sbagliare ecommettereilmale,sianoessicredentioatei.

3.IldilemmadiEpicuro

In ogni religioneconosciutaèforteildesiderio

di redenzione e, come hanotato Max Weber, «dallesperanze di redenzione nasceuna qualche teodicea dellasofferenza»;enonsi trattadiuna necessità istintiva comesostengono gli atei, bensì diun «bisogno razionale».38 Sipuò congetturare che ladomandasulrapportotraDioe ilmale nasca con le primeforme di culto religioso edifattileconoscenzeinnostro

possessocidocumentanounapresenza inconsapevole delproblema già nell’anticareligione babilonese e inparticolare nei miti dellacreazione dell’intera areamesopotamica, come quelloraccontato nel poemaEnûmaElish risalenteal IImillennioa.C. Qui viene descritto ilconflitto tra due divinitàraffiguranti il bene e ilmale,Marduk e Tiāmat, al quale

faranno seguito le dottrinedualistichedellozoroastrismoo mazdeismo, ossia la lottatra il dio del bene AhuraMazdā e lo spirito del maleAngra Mainyu o Ahriman.39È tuttavia nella mitologiagreca e soprattutto nell’operadei grandi tragediografi greciche le questioni teodiceticheincominciano a farsi largo informe speculative nellacultura occidentale. Se

qualche spunto si puòrintracciarenellaTeogoniadiEsiodo(VIII-VIIsec.a.C.),èperònelletragediediEschilo,maancheinquellediSofocleed Euripide, che si trovanovasti richiami alcomportamento iniquo otalvolta crudele delle divinitàrispetto all’uomo, come adesempio testimonia la storiadiPrometeo,chenonacasoèstato sovente innalzato a

vessillo dell’ateismo (peresempioinBakunin,inMarx,in Camus ecc.).40 D’altraparte nel già menzionatoframmento ateo delBellerofonte, Euripide dicechiaramente che davanti allaconstatazione che molti Statidevoti agli dei «vengonodominatidaun’autoritàempiae resi schiavi» si può soloconcludere per la nonesistenza delle possenti

divinitàolimpiche.41Con questi importanti

contributi i raccontimitologici ponevano «laquestione “Donde viene ilmale?”», ma non sidimostrarono in grado dirispondere «interamenteall’aspettativa degli uominiche agiscono e soffrono»;infatti«ilmitolasciavasenzarisposta una parte importantedella questione: non

solamente perché,ma perchéio?».42 Il compito dirispondere razionalmente aqueste domande non potevachespettareallafilosofiaeunprimo importante tentativoveniva compiuto da Platone.Sia pure ancora sottol’influsso della mitologiaellenica, dell’orfismo e delleopere dei tragici greci, ilfilosofo ateniese impostal’interrogativo sul male in

rapportoallagiustiziaenelladimensione dellatrascendenza.Peraffermarelalibertà dell’uomo nelcompiere il male escludendouna predestinazione divina eper introdurre nello stessotempo una qualche forma diequo giudizio dopo la morteper l’anima immortale,Platonenonpuòfarealtrochericorrere a sua volta alracconto mitologico, nella

fattispecie al mito di Er.Questo mitico personaggio,ritornato inaspettatamente invita dopo la morte inbattaglia, narra di essersitrovato di fronte a una sortadi giudizio ultraterreno, dovei buoni venivano compensatieimalvagipunitiduramente:

In mezzo sedevano igiudici,iqualiaognilorosentenza ordinavano ai

giustididirigersiinaltoeadestra,attraversoilcielo[…] e gli ingiusti dimuovere verso la partesinistra in basso […].Quelle [le anime] reducidalla terra [il basso] siinformavano […]ricordando quali e quantesofferenze avevano patitoe visto patire,sconsolatamentepiangevano, le altre che

venivano dal cieloraccontavano diesperienze e visioni distraordinariabellezza.43

L’esistenzadelmaleperilgrande filosofo ateniesedipende in sostanza dalledecisioniumaneenonsipuòattribuirne lacolpaaglideioal demiurgo creatore: «Laresponsabilità, pertanto, è dichi sceglie. Il dio non ne ha

colpa».44 Si riprendeva cosìuna tradizione risalenteaddiritturaaOmero(VIIIsec.a.C.) e che stigmatizzava lapessima abitudine umana diincolpare del male sempre esoltantoledivinità:

Ah quante colpe fanno imortaliaglidei!Da noi [dei] dicon essiche vengono i mali, mainvece

Peilorofollidelitticontroildovutohandolori.45

In un orizzonte culturalediverso,sipuòrilevareinveceche con la dottrina delpeccatooriginale (narratonelterzo capitolo del Genesi)l’irruzione nel mondo delmale non solo etico, maanche naturale vengaattribuita direttamente allaresponsabilità dell’uomo.

Stando al testo biblico, Dioaveva collocato l’uomo nelgiardinodell’Eden,facendolovivere in armonia con ilcreato. In quel luogo peròc’erano pure due alberiparticolari,quellodellavitaequello della conoscenza delbene e del male, che perespressa volontà di Dio nondovevano essere toccati. Macom’è ampiamente risaputo,l’ordine divino e il timore

dellapunizionenonbastaronoa vincere l’umana tentazionedi cibarsi di quei frutti eAdamo ed Eva, istigati dalserpente, esercitarono lapropria libertà disobbedendoaDio. L’umanità incominciòcosì a conoscere ilmale e lasofferenza, e con essi lacolpa;eperresponsabilitàdeiprimi esseri umani, unacreazione buona per tutti iviventi si trasformò nello

scenario attuale: «Maledettoil suolo per causa tua! Condolore ne trarrai il cibo pertutti i giorni della tua vita.[…] Con il sudore del tuovoltomangerai ilpanefinchénon ritornerai alla terra […]:polvere tu sei e in polveretornerai!»46.

Tornando al mondogreco, in Aristotele il temadelmale in senso teodiceticosembra dissolversi,

diventando esclusivamenteuna questione etica e quindiinteramente legata alle azionisbagliate degli individuiumani. Le presunteimperfezionidellanaturanonvanno per lui attribuite a undemiurgo maligno, madipendono dallecaratteristiche proprie deglienti materiali o naturali,anche perché in una logicateleologica, ossia

dell’esistenza di cause finali,se il fine ultimo a cui tuttotende è perfettissimo (ilPrimoMotoreimmobile),nonsipuòpercontroprescinderedal fatto che la dimensionedelle cose terrene (ilcosiddetto «mondosublunare») è corruttibile edunque sempre imperfetta.Standoperòadalcunistudiosidel pensiero aristotelico,sarebberogiàpresentiinnuce

nel filosofo di Stagira ipresupposti della teoria delmale come privazionedell’essere, successivamenteripresa e rielaborata daineoplatonici. Ciò sievidenzierebbe in particolarenel concetto di «privazionedella forma» a cui andrebbesoggetto il «substratomateriale»; il che farebbe inqualche modo della materiainformeunelementonegativo

dell’essere.47Ma dal punto di vista

dell’ateismo antiteodiceticogià nell’antica Grecia c’erachi non risultava per nullad’accordo sul discolpare ledivinità di fronte alladevastantepresenzadelmale,come ad esempio uno deipresunti protoatei: il giàmenzionato poeta liricoDiagora di Melo.Quest’ultimo pare fosse

rimasto oltremodo delusodalla mancanza di giustizianelmondo e ne avesse trattola conclusione che sarebbestato preferibile che nonesistessero gli dei, perchéqualora fossero davveroesistiti, gli uomini avrebberodovuto ribellarsi a essi, inquanto certamente o ingiustio indifferenti alla sofferenzaumana. Per gli esseri diviniinfatti «non fa alcuna

differenza per quantoriguardalabuonaolacattivasortequale tu siao comehaivissuto».48ÈperaltrorimastocelebreildialogotraDiagoradiMelo e un suo conoscenteavvenuto presso il santuariopanellenico dell’isola diSamotracia, alloraparticolarmente rinomato perlapresenzadiungrannumerodi ex voto. Allo scopo diconfutare la sua convinzione

secondo cui gli deitrascurerebbero le vicendeumane, l’amicoglidomanda:«Non noti tutte queste tavolevotive che testimoniano diquanti abbiano sfuggito laviolenza della tempesta esiano arrivati sani e salvi alportograzie ai lorovoti?».Eilpoetaseccamenterisponde:«Certo [che le noto], perchénon c’è alcun ex voto diquelli che fecero naufragio e

morirono in mare».49 Comedire: agli dei non importaproprio niente se un uomosopravvive oppure muore inuna burrasca marinasupplicandoli di esseresalvatoeaportaregliexvotosono solo i fortunati, non ibeneficiatidaunagrazia.

Il principale vigorosoattacco alle responsabilità diDio nei confronti del maleall’interno della cultura

ellenistica venne però dalfilosofoEpicuroeingeneraledalla sua scuola, cheprobabilmente avevano presoespressamente di mira laprototeodicea di Platone.Nell’ambito dello scopofondamentale dell’eticaepicureadi liberareilsingoloindividuo dalla paura deldolore e della morte percondurlo all’atarassia(imperturbabilità), ci si

preoccupava infatti pure diaffrancarlo dal timore deglideiponendoinprimopianoillorocompletodisinteresseperle vicendeumane.È appuntocon questa intenzione cheEpicuro pronuncia, secondola testimonianzadell’apologetacristianoLucioCecilio Firmiano Lattanzio(250-303/317 d.C. ca), ilseguentediscorsoapodittico:

Dio o vuole eliminare imali e non può, oppurepuò e non vuole, oppurenon vuole e non può, oinfine vuole e può. Sevuoleenonpuò,èdebole,il che non appartiene allasua natura. Se può e nonvuole, è malevolo, cosaugualmente aliena dallanatura di Dio. Se nonvuole e al contempo nonpuò,alloraèsiamalevolo

sia debole, e per questononènemmenoDio.Seèvero che vuole e può, esoltanto questo puòconvenire aDio, da dovevengono allora i mali?[undeergosuntmala?]Operché non li elimina?[Autcurillanontollit?].50

Undeergosuntmala?Autcur illa non tollit? Si trattacome sappiamo dei due

interrogativi costitutivi diogni teodicea, che quivolutamente la tradizioneepicurea pone nella formalogica del dilemmacostruttivo, ossia di unragionamento che prospettatesi o soluzioni tra loroalternative (o l’una o l’altra,mai entrambe insieme)rispetto alle quali è difficileeffettuare una sceltarazionale, salvo quella di

ammettere che non c’è viad’uscitaochel’oggettostessodell’antinomia(lapresenzadiDio oppure la suaprovvidenza) è assurdo,quindi non vero.Quest’ultimo è l’evidenteintento dell’argomentazioneattribuitaaEpicuro, anche seva rammentato che egli nonerapernullaateo,perchénonrifiutaval’esistenzadeglidei,mailmodoconcuivenivano

concepitierappresentatinellereligioni popolari del suotempo. Per il filosofo grecoinfatti gli dei non sono né lacausadelcosmonédeicorpicelesti, né tantomenointerferiscono sulla natura osi preoccupano delle vicendeumane: «Dio non si cura dinulla».51

AllecritichediDiagoraedi Epicuro che colpisconodirettamente l’idea della

provvidenzadivinahatentatodi rispondere la teologiacristiana in tutte le epoche,ma con argomenti chel’erudito e libertino GiulioCesare Vanini reputavainsufficienti: «Se Dio nonvolesse che si diffondesseronel mondo azioni pessime edelittuose, senza dubbio, conunsolcenno,annienterebbeebandirebbe fuori dai confinidell’universo ogni infamia.

Chi di noi, infatti, puòresistere alla volontà diDio?[…] Confesso onestamentecheastentopossoaccettareladistinzione scolastica travolere efficace e volerecompiacente di Dio».52 Inaltreparole,secondoiteologicristianidelXVI-XVIIsecoloDioonnipotentevuolesempreil bene e non lo si deveincolpare se invece c’è ilmale, perché ciò avviene per

rispettare il nostro liberoarbitrio, quindi mettendo incampo una «volontàcompiacente» e non una«volontà efficace». Tuttavia,come sosteneva Vanini,questa tesi difensiva lasciainsoddisfatti al cospetto delproliferare dell’iniquità nelmondo e bisogna pertantoammettere che il dilemmaepicureoconservatuttalasuaforza di fronte alla dilagante

realtà del male nell’ordinenaturale e nel consessoumano,specieaigiorninostridopo l’esperienza storica deicampidisterminionazisti.

Il filosofo tedesco diorigine ebraica Hans Jonas(1903-1993) ha scritto parolemoltochiare sull’assenzae ilsilenziodiDio al cospettoditantascelleratacrudeltàcomequella di «Auschwitz chedivorò bambini che non

possedevano ancora l’usodella parola».Secondo il suopensiero

di fronte alle coseveramente inaudite chenelcreatoalcunecreature,fatte a sua somiglianza,hanno fatto ad altrecreature innocenti, ci sidovrebbe aspettare che ilDio, somma bontà, […]intervenga con un

miracolo di salvezza. Maquesto miracolo non c’èstato; durante gli anni incui si scatenò la furia diAuschwitz Dio restòmuto. […] Dio tacque[…]. Quale Dio hapermesso che ciòaccadesse?

Al cospetto della Shoahnon si può dunque nonconcludereche«unaDivinità

onnipotenteoèprivadibontào è totalmenteincomprensibile».

D’altronde andando oltrele azioni inique della storiaumana, perfino i testi biblicinonnascondonol’evidenzadiuncontestonaturale incui lamalattia e la sorte avversa siabbattono sui buoni, mentresoventerisparmianoimalvaginell’apparente indifferenzadella giustizia divina. È

questo il senso del «grido diGiobbe» nell’omonimo librosapienziale, in cui si imprecaaddirittura contro lo stessodono della vita: «Dopo,Giobbe aprì la bocca emaledisseilsuogiorno.Presea dire: “Perisca il giorno incui nacqui […]. Quel giornosia tenebra, non lo ricerchiDio dall’alto”».53 Ilprotagonista del raccontobiblico è un uomo buono,

giusto e profondamentedevoto al Signore che, dopoun periodo di prosperaesistenza, conosceun’incredibile serie diingiustizie e di rovesci dellafortuna: i predoni gli rubanotutti gli averi e ammazzano iservi, unmeteorite fa straziodei suoiarmenti, iparentiglimuoiono tutti e infine è purecolpitoda«unapiagamalignadalla pianta dei piedi fino in

cima al capo»54. Giobbe aquestopuntononriescepiùasopportare con remissività lesue sventure e chiama incausa direttamente Dio,chiedendogli perché in egualmodo«faperirel’innocenteeil reo»55. L’oggettivaarbitrarietànelladistribuzionedeibeniedeimalitraigiustie imalvagimettequi incrisila teoria del male comeretribuzione di una colpa,

comepunizionediunpeccatoindividuale oppure collettivo,che è presente in alcuni testibiblici come prima forma dieticareligiosa.56

Da tutto ciò emergeappunto con chiarezza ilsensodelladomandadiHansJonas,ovverosedifronteallasfida del male, per salvarel’attributo divino della bontànoncorral’obbligodimetterein discussione l’attributo

dell’onnipotenza. A cercareinfatti di concepire Dio almedesimo tempoonnibenevoloeonnipotentesifinisce nel vicolo ciecodell’aporia logica, deldilemma epicureo di unEssere perfettissimo chevorrebbe eliminare il male,ma non è in grado di farlo,oppurechepotrebbefarlo,manon vuole o comunque chealla fine non lo fa. Scrive

ancora con efficacia HansJonas: «Certamente Diodovrebbe essereincomprensibile se con labontà assoluta gli venisseattribuita anchel’onnipotenza. DopoAuschwitz possiamo edobbiamo affermare conestrema decisione che unaDivinitàonnipotenteoèprivadi bontà o è totalmenteincomprensibile». In breve,

l’unica valida teodicea èsoltanto quella per cui Dionon ha impedito la tragediadella Shoah come qualsiasialtra che accade nel mondo«non perché non volle, maperché non fu in condizionedi farlo» e ciò a ragione delfatto che «concedendoall’uomo la libertà, Dio harinunciato alla sua potenza».Un Dio dunque che secondola dottrina ebraica dello

Tzimtzùm si «ritira»,autolimita il suo potereassoluto per fare spazio alcreatoeall’essereumano.57

4.Ilmiglioredeimondipossibili

Chi in epocamoderna hatentatolarispostaasuomodopiù spiazzante al problemadella relazione di Dio col

male è stato GottfriedWilhelm Leibniz (1646-1716), che come sappiamo èpure l’inventore del termine«teodicea». Nei suoi scrittiintitolati Saggi di teodicea(1710) cerca appunto didimostrare inmodo razionalel’assoluta bontà di Dio. Loscritto leibniziano è in parteuna replica all’illuministafrancesePierreBayle,chenelsuoDictionnairehistoriqueet

critique (1697) avanzavaconclusionialquantoscettichesulla possibilità della ragionedi risolvere le questionirelative al male, allaprovvidenza,allalibertàeallagrazia divina. In particolareBayleritenevacheladottrinadel male come non essere el’antropocentrismo cristianorendessero impraticabile unasoluzione razionale alproblema, perché di Dio si

predicavano attributi tra loroincompatibili come l’infinitabontà e l’onnipotenza. Egliconsideravainfattileevidentiiniquesofferenzeumanedellevere e proprie proveempiriche della realtàsostanziale del male ereputava inoltreimproponibile conciliarel’attributo dell’onniscienzacon l’umano libero arbitrio:se infatti Dio conosce già le

nostre decisioni allora essenon sono libere, mapredeterminate; se per controlenostresceltesonodel tuttoautonome e quindi nonpredeterminate, allora Dionon può conoscerle inanticipo e pertanto non èonnisciente.

Con l’ironia tipica diquesto periodo (ricordiamociin proposito di Montaigne edeipensatori libertini),Bayle

poneinboccaaddiritturaaunabate le obiezionisull’incompatibilità tra ilmale etico e l’onnipotenzadivina:

È evidente che si deveimpedire il male quandosi può […]. Tuttavia lanostra teologia ci rivelache tutto ciò è falso;secondo il suoinsegnamento infatti, Dio

non fa nulla che siaindegno delle sueperfezioni, quando tolleratutti i disordini di questomondo,disordinichepurepoteva facilmenteprevenire. […] I nostriteologicidiconocheDio,pur potendo scegliere fraun mondo perfettamenteregolato,ornatodituttelevirtù,eunmondocomeilnostro, dove dominano il

peccato e il disordine, hapreferitoquestoaquello.

Di fronteaquestepatenticontraddizioni, l’unica cosache tanto i teologi quanto ifilosofi sono riusciti a fare èstato ricorrere all’assuntodell’indiscutibilità oincontrovertibilitàdell’autorità di Dio e delleSacreScrittureconimperatividel tipo «Dio l’ha detto,Dio

l’ha voluto, Dio l’hapermesso!»; oppureaffermando che «nondobbiamo misurare il doverediDioconilmetrodeinostridoveri», impedendo edevitandocosìsulnascereogniconfronto critico con laragione58.

Leibniz pensa invece chela causa di Dio non siaseparabile dalla causa dellaragione, perciò accetta la

sfida di Bayle e ritiene dipoter radicare su elementirazionali tanto l’esistenza diDio quanto la provvidenzadivina, superando così ilconflitto logico tra unadivinitàassolutamentebuona,provvidente e onnipotente, ela presenza del male, speciediquellodegliinnocentiedeigiusti. Lo fa procedendo daiprincipi fondanti della suaspeculazione filosofica, a

iniziare da quello di ragionsufficiente, secondo cui«nulla accade senza che siapossibile, a chi conosce inprofondità le cose, indicareuna ragione che siasufficiente a determinareperchélacosaèaccadutacosìe non altrimenti».59 Ilprincipiodiragionsufficienteè tuttavia ben più di unpostulato logico, perchérappresenta un elemento di

intelligibilità o dicomprensibilità e quindi dirazionalità intrinseco allanatura stessa delle cose;elemento in base al qualepossiamo cogliere l’ordinecosmicoemeta-cosmico.Eintale armonia cosmica,secondo il nostro filosofo, ècontuttaevidenzagarantitalalibertà.LibertàinnanzituttodiDio, ossia della causa primanecessaria delle realtà

mondane, e libertà dellacreaturafattaasuaimmaginee somiglianza: l’uomo. Èallora altrettanto indiscutibileche, seguendo il percorsodella metafisica tradizionaleintegrato con la logicamodale,

questa ragion sufficientedell’universo nonpotrebbe trovarsi nellaserie delle cose

contingenti […]; ènecessario che la ragionsufficiente, che non habisogno di un’altraragione, sia fuori dellaserie delle realtàcontingenti e si trovi inunasostanza,chenesialacausa, che sia un Esserenecessario che porti laragione della suaesistenza con sé. […]Questa ragione ultima

delle cose è chiamataDio.60

Il principio di ragionsufficiente nei Saggi diteodicea è chiamato«principio della ragionedeterminante», in quantoserve «a rendere ragione apriori perché una cosa èesistente […]eperchéècosìpiuttosto che in un altromodo».61 Se si tiene conto

che «necessario» si definisce«ciò che non può nonesserci», mentre«contingente»equivalea«ciòche c’è ma poteva nonesserci», allora applicando ilprincipio di ragionedeterminante o sufficientepuò venire dimostratal’esistenza di Dio sulla basedel fatto che il contingente omeramente possibile persussistere ha bisogno del

necessario. Gli enti materialisono infatti tutti contingenti,sono cioè tutti possibiliquanto a esistenza, ma nonnecessariamente esistenti,pertanto per esistere hannoavuto bisogno di un Esserenecessarioimmaterialechehagià in sé l’esistenza e non lariceve da altro. Siccome taleEssere necessario èovviamente perfettissimo,non può non risultare dotato

di potenza assoluta, disuprema intelligenza e ditotale volontà del bene: «Equesta causa intelligente[Dio] deve essere infinita intutti i sensi, assolutamenteperfetta nella potenza, nellasaggezzaenellabontàperchési dirige a tutto ilpossibile».62

Ma se l’Essereperfettissimo è assolutamentebuono, appare pure subito

evidente che non può averdeliberatamente voluto ilmalenell’essenzastessadellecose; quindi quello che ilfilosofo tedesco chiama«male metafisico» è statopermesso da Dio soltanto inquanto affatto indispensabileper realizzare ilmondoqualenoi lo conosciamo. Sisostieneinaltriterminicheseilmondo è così com’è, se inessoesistonoimalinaturalie

morali, significacheDiononavrebbe potuto fare qualcosadi meglio, perché «agiscesemprenelmodopiùperfettoe desiderabile che siapossibile».63 Questa nostrarealtà è pertanto la miglioretra tutte le infinite realtàpossibili contemplatedall’intelligenza divina: «Oraquesta suprema saggezza[Dio], congiunta a una bontàche non è meno infinita di

quella,nonpotevamancarediscegliere il meglio. […] Visarebbeunainfinitàdimondipossibili fra i quali bisognache Dio abbia scelto ilmigliore, perché Egli non fanulla senza agire secondo laragione suprema».64 Quelloincuicitroviamoèdunqueilmigliore dei mondi possibili,valeadireunordinecosmicocorrispondente al «migliorpiano possibile, nel quale la

più grande varietà (possibile)è congiunta al massimoordine(possibile)».65

Entra in tal maniera ingiocolacategoriadei«mondipossibili» ormai ricorrentenellamodernalogicamodale,vale a dire dei modelli direaltà pensati inmaniera taledanonpresentare inséstessialcuna contraddizione, daapparire cioè intrinsecamentecoerenti e quindi razionali.66

Posta lanaturaassolutamentebuona dell’Essere necessario,per Leibniz di tutti i monditeorici concepibili dallamente divina il nostro deverisultare indiscutibilmente ilmigliore.Ebenchéilmaleinesso presente siaindubbiamente ab originericonducibile come tutte lealtre cose alla creazionedivina, non si può tuttaviadarne colpa a Dio, perché

nella sua assoluta libertà nonavrebbe potuto realizzareniente di meglio: «Bisognache vi siano un’infinità dimondi possibili, che il maleentri in molti di essi e cheanche il migliore di essi neracchiuda;ilcheèciòchehadeterminatoDioapermettereil male».67 E noi che siamochiamati a vivere in questouniverso dobbiamo accettareconserenitàlasofferenzaeil

male, nella certezza cheanch’essi rientrano neldisegnodellagiustiziaedellabontà divina: «Quando si èrassegnatiallavolontàdiDioesisacheciòcheEglivuoleè sempre il meglio, si èsempre contenti di ciò cheaccade».68

Contro la teodicea diLeibniz si può dire si scagli,piùomenodirettamenteepiùo meno consapevolmente,

tuttol’ateismoantiteodiceticodal periodo illuministico inpoi. Avverso la teoria delmigliore dei mondi possibilisi pronunciarono anchemoltideisti e pure qualche teista.Non sappiamo se il curatoateoJeanMeslierscrivendoilsuo Testament avesse avutonotizia dei Saggi di teodiceadi Leibniz, ma quello che ècerto è che alcune suedomande retoriche come «A

che scopo un essere cosìperfetto avrebbe creato ununiverso tanto miserabile,pieno di male, di vizio e dimalvagità, in cui gli uominisoffronoemuoiono?»oppure«Come si può parlare dimeraviglie della natura, laquale è un territorio chiusonel quale tutti gli esseriviventisopravvivonosoltantoeliminandosi a vicenda?»sembranoaperteprovocazioni

mosse contro il grandefilosofo tedesco, mentre lasua sconsolata conclusioneanticipa l’antiteodicea degliscienziati atei: «Il male ècongenito alla natura,indispensabile, altrimenti cisarebbe una rapidaproliferazione di uomini e dianimali, e la Terra nonpotrebbecontenerli»69.

Siamoinvecesicuricheilprimo editore dell’opera di

Jean Meslier, il filosofofrancese Voltaire, avevaproprio l’intenzione direplicare a Leibniz quandoscrisse il suo famoso eirriverenteraccontofilosoficointitolato Candide oul’optimisme (1759). Benchéegli non fosse ateo, anchedadeista non poteva accettarel’idea teistica del dioprovvidente e soprattuttosopportare l’ottimismo

leibnizianocheaveval’ardiredi proclamare il migliorepossibile un mondo cosìpalesemente iniquo emalvagio. Prendendo spuntodal terrificante terremoto diLisbona del 1755, che feceinnumerevoli vittime (si èparlato di più di 30 milapersone) e che suscitò unampiodibattitotragliuominidiculturadeltempo,Voltaireimmagina come un filosofo

ottimista avrebbe potutocomportarsi al cospettodiunfenomeno naturale cosìcatastrofico: «Pangloss[l’alter ego di Leibniz] liconsolò [i superstiti diLisbona] assicurandoli che lecose non potevano andarealtrimenti: perché, diceva,tutto questo è quanto c’è dimeglio. Perché tutto è bene.[…] Perché la cadutadell’uomo e la maledizione

entravano necessariamentenel migliore dei mondipossibili». Ma poco oltreCandido, il protagonista delracconto, sommerso dalledisgraziemetteallaberlinalafilosofia di Pangloss-Leibnizcon questa sempliceriflessione: «Se questo è ilmigliore dei mondi possibili,cosasarannomaiglialtri?».70

Dei risvolti filosofici delterremotodiLisbonaebberoa

occuparsiancheJean-JacquesRousseau,indirettapolemicacon Voltaire, e ImmanuelKant.71 Quest’ultimo, diversidecenni dopo, giunse aprefigurare all’interno deilimitidellaragionemetafisicail sicuro insuccesso diqualsiasi teodicea filosofica,perchélanaturael’intenzionefinale di Dio rispettoall’essere umano e al benesupremo è inattingibile al

sapere umano: «Tale idea lapuò capire soltanto colui chesispingefinoallaconoscenzadel mondo sovrasensibile ecomprende il modo in cuiesso sta a fondamento delmondo sensibile. Su questaconoscenza soltanto puòessere fondata la prova dellasaggezzamoraledelCreatorenelmondosensibile[…].Maa tale conoscenza nessunmortale può pervenire».72

Nella visione kantiana lateodicea è infatti unaquestione di fede e non diragione come pretendevaLeibniz. E perfino in ambitoetico bisogna prendere attoche l’uomo è «cattivo pernatura», non nel senso chetale qualità possa esserericavata dall’idea cheabbiamo della specie umana,perché altrimenti gli uominisarebbero sempre cattivi, ma

nel senso che anchenell’individuo umanomigliore «c’è una tendenzanaturale al male […] che varicercata nel libero arbitrio».Tendenza che Kant chiama«male radicale», perché«corrompe il fondamento dituttelemassime[morali]einquanto propensione naturalenonpuòesseresradicatodalleforzeumane».73

5.Ilmalediesistere

La negazione di Dio difronte alla presenza dellasofferenza innocente el’ateismo antireligioso che disolito l’accompagna hannoinevitabilmente dovutoconfrontarsi col problemaetico e quindi con laquestionedelbeneedelmalenell’agire umano. Chi rifiutal’esistenza di un Essere

sommamente buono rifiutanormalmentequalsiasimoralereligiosa e si trova quindidavanti alla questione deifondamenti dell’etica in una«società di atei». Se siafferma infatti che non puòesistereunDioonnipotenteebenevolo perchéincompatibile con il dilagaredel male nel mondo, non sipuò neppure radicare ilcomportamento etico sulla

volontà divina, sull’equariparazionedelleafflizionideigiusti e sulla punizione dellecolpe dei malvagi.Mettendoci dal loro punto divista,èfacilenotarecomegliatei antiteodicetici abbianosolo due vie di uscite dalproblema:quelladitentaredidare forma a un’etica atea o(comesidiceoggi)«laica»equelladelripudiodiqualsiasimorale fino all’aperta e

sfrontataimmoralità.Già a partire

dall’Illuminismo l’ateismoantiteodicetico ha percorsotutteeduequeste strade,conil risultato paradossale di farsì che una tendenzacontraddicesse l’altra,indebolendo e rendendo cosìpoco credibili entrambe. Seinfatti, da un versante,pensatori come D’Holbach eDiderot, in polemica con i

credenti che associavanol’ateismo alla distruzionedellamorale,hannosostenutol’ammissibilità dell’etica inunacomunitàdiatei ehannocercato di dare consistenzateorica alla figura bayleianadell’«ateovirtuoso»,tentandouna fondazionematerialisticadella morale; dall’altroversante, filosofi come LaMettrie ed eruditi come ilmarcheseDeSadelihannodi

fatto contraddetti con le loroopere atee sbilanciate versol’immoralismo teorico nelprimo caso e versol’immoralità pratica nelsecondo.Inquestocontestoilfenomeno più significativoperl’ateismoantiteodiceticoèsicuramente quello degli ateiteoretici che ripudiano conl’idea del Dio buono anchequella dell’etica; fenomenochedall’etàdeiLumiainostri

giorni vanta un’importantetradizione, con moltesfaccettature di cui oradiremo.74

Julien Offray de LaMettrie (1709-1751),presumibilmente influenzatodal panteismo spinoziano, harecisamente negatol’esistenza di un Diotrascendente e buonosposando un materialismorigoroso, senza cedimenti o

sbavature nei confronti dellares cogitans cartesiana. Daquesta posizione ritennecoerente inoltrarsi lungo ilsentiero del relativismo eticointegrale ovvero dell’assenzadi una morale di estensionegenerale, perché nell’otticadella conoscenza sensibile oempirica non si danno valorietici universali e tantomenoassoluti. Esiste infatti per luisoltanto la dimensione

sensitivadell’uomoepertantoanche i comportamenti o lescelte umane vanno calibratesulle sensazioni personali dipiacere edidolore: «Piùunasensazione è durevole,deliziosa, piacevole e noninterrotta o turbata dachecchessia,piùsièfelici»75.Ci troviamo insomma inpresenza di un edonismomaterialistico epotenzialmente egoistico che

è distantissimo dalla moralestoica contro cui èdichiaratamente rivolto(«Come ci sentiamo anti-stoici! Questi filosofi sonoseveri, tristi e duri»)76, mapuredallamoralecristiana.Èilnostroorganismoda«uomomacchina» a condizionare lenostre azioni senza una verapossibilità di scelta, perché«siamo trascinati da undeterminismo assolutamente

necessario», e quandofacciamo il bene o il male,quando siamo virtuosipiuttostocheviziosi«lacausadi tutto ciò è il nostrosangue»; mentre il nostroegoismodipendedalfattoche«siamo macchinalmenteportati a realizzare il nostrobene» e «ogni individuo, nelpreferirsi a ogni altro […],non fa che seguire l’ordinedella natura».77 In breve non

più semplicemente «tutto èpermesso»diDostoevskij,ma«tutto è necessitato» dalnostro corpo, compreso ilmale.

Tuttavia La Mettrie nongiunge a sostenereapertamente imalvagi controi buoni, si limita piuttosto aprendere atto che la scelta diquanto viene consideratovizio o abiezione moralerisulta imposto dalla natura

stessa degli esseri umani:«Non sostengo affatto, Dionon voglia!, la malvagità,troppo contraria al miocarattere: piuttosto lacompatisco, perché ne trovola giustificazionenell’organismo stessodell’uomo»78. Ne consegueche i malvagi non meritanouna condanna morale più diquanto i buoni non meritanounpremio;esequestoinvece

avviene, è perché la società,la religione e il poterecostituito sidifendonocon leleggieiprecettietici.Chipercontro compirà il saltoulteriore, chi porrà ilmale aldi sopra del bene in unadirezione addiritturaantiumanistica sarà un’altracelebre figura di ateo elibertino:Donatien-Alphonse-François de Sade (1740-1814).

In De Sade ilmaterialismo, il sensismo el’antimoralismodiLaMettrievengono condotti agli esitimaggiormente autodistruttiviper l’individuo umano e perla stessa comunità umana,assumendo la veste di unannichilimento parossisticonel piacere, che si trasformain realtà in profondasofferenza per sé e per ilprossimo.NelDialogueentre

un prêtre et un moribond,scrittonel1782nellaprigionedi Vincennes, il «divinmarchese»79 chiarisce subitocome i presunti peccati dellacarne e della volontà nonsiano altro che «bisognipreordinati dalla natura oconseguenze ineluttabili»,alla stregua di come grossomodo la pensava LaMettrie.Seperòsiipotizzal’esistenzadi un Dio creatore, allora

della corruttibile naturaumana si deve attribuiretotalmente a Lui la colpa; enonvalesostenere,comefailprete nel nostro dialogo, chetutto ciò è dipeso dallanecessità di preservare lalibertà umana perchél’onnipotenza divina potevaessere esercitata altrimenti.L’attributo dell’onniscienzapermette poi a Dio diconoscere in anticipo come

agiranno i singoli uomini equindi bisogna concludereche essi sono predestinati albene o al male dalla volontàdivina:

Sicché – chiede ilmoribondo al sacerdote –il tuo dio ha voluto fartutto di traverso, soltantoper tentare o provare lasua creatura; ma non laconosceva dunque? […]

Aqualfine,sesapevagiàquale partito ella avrebbeabbracciato e se nondipendeva che da lui,poiché lo dicionnipotente?

D’altrondeper spiegare ilmondo basta la conoscenzaempirica, basta l’esperienzadella materia e non c’èbisogno di ricorrere all’ideadi un Creatore come quello

descritto dalla religione:«Perfeziona la tua fisica –dice ancora il carceratomoribondo – e comprenderaimeglio la natura, depura latua ragione, metti al bando ituoipregiudiziefaraiamenodeltuodio».80

A questo punto per DeSade non ha senso porreconfini alla ricerca delpiacere, perché esso è ilprincipale impulso che

proviene dalla nostra naturapredeterminata;epureilimitidella legge in difesa dellasocietà, riconosciuti ancoravalidi da La Mettrie,diventano inefficacise fare ilmale o ciò che si definiscetale suscita un piaceresuperiore a quello di fare ilbene. «Amanti del piacere[…] – pontifica il «divinmarchese» inLa filosofia nelboudoir (1795)–èavoi soli

che dedico la mia opera:nutritevi dei suoi principi,essi favoriscono le vostrepassioni, e queste passioni,che i freddi e piattimoralistivi dipingono comespaventose, altro non sonocheimezzidicuilanaturasiserve per condurre l’uomo arealizzare i disegni che essastessahasudilui»81.

Nonc’èDio,noncisonosostanzespirituali,c’èsolola

materiasensibile,epertantoilpiacere corporale è l’unicovero scopo dell’umanaesistenza.Inassenzadivaloriuniversali, l’unica ovvia eforzata prospettiva perciascuno di noi è quelladell’edonismo non soltantoegoistico, ma solipsistico ecrudele verso gli altri, cheriduce il nostro prossimo amero strumento di piacere:«Solo sacrificando tutto alla

voluttà, quell’essere infeliceche ha nome uomo e che sitrovagettatosuomalgradoinquesto triste universo, puòriuscire a seminare qualcherosa sulle spine»82. Qui ilnostro dissoluto libertinosembra perfino anticiparealcune tesidell’esistenzialismo e inparticolare quella dell’essereumano «gettato nel mondo»(Geworfenheit) di

Heidegger83, mentre è menocredibile che abbia davverorealizzato in vita tutte leperversionicheraccontainLe120 giornate di Sodoma(1785): in queste come inaltre circostanze di cui sivanta, non va mai presotroppoallalettera.84

In De Sade l’ateo,l’immorale e il malvagioconvivono sempre nellastessa persona e si

identificano; infatti per luinon si può essere atei e nonessere immorali e malvagi eviceversa: «È famoso per ilsuo ateismo – dice ilpersonaggio del Chevalier(Cavaliere), il cinicoDolmancé inLa filosofia nelboudoir – è l’uomo piùimmorale… la corruzionefatta persona, l’individuo piùperfidoemalvagiocheesistasullaTerra»85.Perunateoper

sua natura immorale l’unicaideaammissibiledeldivinoèquella di una divinitàmalvagia:«Dioc’è,unamanoqualunque hanecessariamente creato tuttociòchevedo,malohacreatosoltanto per il male, non sidivertechenelmale,ilmaleèla sua essenza […] Cosaimporta a lui che io possasoffrirequestomale,vistochegliènecessario?»86.

È ovvio che il diomalvagio rappresenta nelleintenzionidelnostrodissolutolibertino una provocazioneanticristiana e antideista; equesto perché dopo lareligione cristiana l’altro suoprincipalebersagliopolemicoèildeismomoderato.Conciòtuttavia rivela senza volerlol’autentica essenza del suoateismo: è un postulatoindispensabilepergiustificare

laricercadelpiaceresfrenatoemalvagioqualesensodiunavita in effetti senza senso.L’ateismo autodistruttivo diDeSade segue dunque a suomodo la parabola nichilisticache sta alla base di tutte leforme di negazione di Dio efinisce col fare del nulla ilfondamentodell’esistenza.Alsacerdote delDialogo fra unpreteeunmoribondocheglidomanda quale ordinamento

ritenga sussistere dopo lamorte, ilmoribondo rispondeinfatti così: «Quale, amicomio? Quello del nulla. Nonmihamaispaventatoenoncivedo altro che non siasemplice e consolante. Tuttigli altri sistemi sono operadell’orgoglio, quello solodellaragione».87

Il filone nichilistico epessimistico,checonsideralavita stessa unmale e però al

contempo reputa non sia unavia di uscita o unaconsolazione dissolvere sestessinelpiacerecomefaDeSade, è quello prevalente tragli atei teorici, anche perchérisale con tutta probabilità aipoetigrecicomeTeognidediMegara(563-480a.C.ca):

Non nascere è per gliuominilamigliorcosanévedere i raggi acuti del

sole, ma una volta chesiano nati varcare al piùpresto leportedell’Adeegiacere sotto un tumuloalto.88

Teognide fu caro aNietzsche,cheglidedicòunadissertazione al momento dicongedarsi dalla scuolaginnasiale di Pforta89, comeper altro gli fu caro e fudeterminante per la sua

formazione il filosofopessimista tedesco ArthurSchopenhauer,daluireputato«il primo ateo dichiarato eirremovibile che noi tedeschiabbiamo avuto». PerSchopenhauer l’assenza deldivino era «qualcosa di dato,dipalpabile,diindiscutibile»,per cui «l’ateismo assoluto,onesto, è appunto ilpresupposto della suaproblematica,[…]èl’attopiù

ricco di conseguenze di unabimillenaria educazione allaverità, che nel suo momentoconclusivo si proibisce lamenzogna della fede inDio».90

In effetti perSchopenhauer l’ateismo è unfatto scontato perchésemplicemente l’infelicità, ilmaleeildisordinedelmondosono ragioni forti einsuperabilicontrol’esistenza

del dio di tutte le concezioniteistiche. Nonostante tutti itentativi e i sofismi dellateologia cristiana, qualora siintenda ipotizzare l’esistenzadi Dio, la responsabilità delmalenelmondoedelmondo(malamundiemalummundi)comelaresponsabilitàdituttele sventure umane ricadeunicamente su di Lui; infattiil Creatore di tutto quantoesiste non poteva non sapere

comesarebberostatalarealtàmondana e la nostra tristeumana condizione, eppurel’ha comunque create. Ilcarattere deludente edeprimentedellavitaumanaèper il filosofo tedesco di persé evidente: essa non è«niente all’infuori dellanoia»91 e «si presenta comeun eterno inganno, nelpiccolo come nel grande.Quando promette, non

mantiene»92.Un pessimista integrale

come Schopenhauer, per ilquale la palese negatività delmondo rende ipso factoinconcepibile l’idea di unessere divino creatore eprovvidente,nonpuòaquestopunto non prendersela conquello che ritiene «ilfondatore dell’ottimismosistematico», cioè GottfriedWilhelm Leibniz e la sua

giustificazionediDio.Perluila teodicearappresenta infattiuna «metodica e ampiaesposizione dell’ottimismo»,laqualetuttaviaavrebbesoloun pregio: «Aver datooccasione al grande Voltairedi scrivere l’immortaleCandide».Conquasilostessosarcasmo del filosofofrancese si impegna quindi aconfutare il leibniziano«migliore dei mondi

possibili»,dimostrandocheinrealtà è «il peggiore deimondi possibili»: «Questomondoècostruito,cosìcomedoveva essere costruito, perpoter amala pena sussistere:se fosse appena un pocopeggiore, non potrebbe giàpiù esistere.Di conseguenza,un mondo peggiore non èpossibile, dal momento chenon potrebbe esistere, e ilnostroèdunquetraipeggiori

diquellipossibili».Ecomesipotrebbe dire diversamente,visto che palesementel’esistenza di ogni singoloindividuo trascorre in unacontinua lotta per la propriasopravvivenza; lotta che peraltrosoventeterminaconunadisastrosa sconfitta: quindi,«comedovevasidimostrare,ilmondoè tantocattivoquantopuò esserlo, se deve poteresistere».93

Non vi è dubbio che perSchopenhauer come per DeSade l’unica via d’uscitadall’esistenza èl’annichilimento della vitastessa, è il nulla e soltanto ilnulla; con la differenza chementre il «divin marchese»da sensista e materialistacrede che l’obiettivo siaraggiungibile affogando neipiaceri carnali, il filosofotedesco antihegeliano

propone invece un processodi liberazione basato sullarinuncia totale allaconcupiscenza, perché «lasoddisfazione dei nostridesideri è simile alla caritàche oggi mantiene in vita ilmendicante,per farlodomanilanguire nuovamente nellafame».94Sesisollevail«velodi māyā», se si va oltrel’illusione fenomenica cheoffusca la nostra conoscenza

della realtà autentica, sicomprende come laliberazione passi attraverso ilsuperamento del principiumindividuationis, ossia lasoppressione delle«differenze tra la nostrapersona e le altre»,95 a cuisegue la rassegnazione checulmina in un ascetismo nelqualelavoluntassitrasformain noluntas e non si ha piùtimore di sprofondare nel

nulla: «Per coloro in cui lavolontà si è convertita esoppressa, è proprio questomondo così reale, con tutti isuoisolie lesuevie lattee,aessereilnulla».96

Considerandolesoluzioninichilistiche al problema delsensodellanostraesistenzadiDeSade,diSchopenhauer,diNietzsche e di molti altri,vengono in mente le paroledell’anarchico Pierre-Joseph

Proudhon allorquandorispettoalproblemadelmalesosteneva: «Gli attributidell’Entepereccellenza[Dio]si trovano essere gli stessi diquelli del nulla» e pertanto«l’ateismo giace in fondo aogniteodicea».97

6.LarivoltadiPrometeo

Contro una concezione

radicalmente epregiudizialmentepessimistica della realtà, cherifiuta tanto ilmondo quantoil desiderio di vivere, checome per il poeta GiacomoLeopardi (1798-1837) «cosacerta e non da burla si è chel’esistenzaèunmalepertuttele parti che compongonol’universo» e «non sicomprende come dalmale ditutti gli individui senza

eccezione possa risultare ilbene dell’universalità»98, ilconcetto medesimo diteodicea non ha significato,cosìcomeperaltrononlohaneppure quello di Dio o dimondo, perché tutto quantoesiste «fonda l’ordine nelmale» e «il male ènell’ordine». All’ordine èallorapreferibile il disordine,infatti «se nel mondo vifossero disordini, i mali

sarebbero straordinari,accidentali» e l’opera dellanaturasarebbe«imperfetta»enon «cattiva»;99 pertantoall’essere, che è ordine,sarebbe preferibile il nonessere,cioèildisordine.

Ci imbattiamo conLeopardi in una tradizionenella quale sono egualmentepresenti i temi del suicidiocome problema filosofico edella lotta solidale e

prometeicacontro la tragicitàdella vita umana. Il grandepoeta di Recanati,indubbiamente ateononostante i tentativi dialcuni di cooptarlo tra i(quasi) credenti,100 non haperso occasione per accusare(spesso larvatamente per nonincorrere negli strali dellacensura) la religionecristianadi diffondere il timore dellamorte, che costituisce invece

per lui la liberazione da unacondizione di sofferenzaesistenziale senza limiti. Inquesto senso egli interpretanegativamente la condannadel suicidio da parte dellaChiesa cattolica, benchécomunque alla sceltaindividualeditogliersilavitapreferisca quella dell’unionesolidalecon iproprisimili inunoscontrotitanicocontroleavversità naturali della

condizione umana. In unadelle sueOperette morali, ilDialogo di Plotino e diPorfirio,vainscenacontonosostenuto proprio unacontroversia sul suicidio, chevede da un lato la suagiustificazione razionale daparte del filosofoneoplatonico Porfirio(233/234-305 d.C.) edall’altro il suo ripudio dapartedelsuomaestroPlotino,

conunaconclusionenegativarispettoallasceltadelsuicidatuttaall’insegnadiunospiritodi solidarietà che deveprevalere nella comunitàdegli uomini vessata da untristedestinonaturale:

Vogli piuttosto aiutarci –dicePlotinoaPorfirioconun’espressione accorata –a sofferir la vita […].Viviamo e confortiamoci

insieme:nonricusiamodiportarequellapartecheildestino ci ha stabilita deimali della nostra specie.Sì bene attendiamoci atenerci compagnia l’unl’altro; e andiamociincoraggiando e dandomano e soccorsoscambievole; percompiere nel migliormodo questa fatica dellavita.101

In breve control’indifferenza della Natura odi un Dio creatore per leumaneesistenzefatteditedio,di sofferenza e di assenza disignificato, l’unica difesa, omeglio, l’unico lenitivo cheresta ai singoli individui èquellodiunirsifraternamentee sostenersi a vicenda perridurre almeno un poco ilgravame del «male divivere». Questo è quanto è

stato definito da qualchecriticoil«pessimismoeroico»di Leopardi, perché sfocia inun ateismo prometeico che«control’empianaturastrinseimortali insocialcatena»102,che proclama a voce alta esfrontatamenteun’alleanzaditutta l’umanità sofferentecontro un potere assolutoimpassibile e invincibile, siaesso quello divino o quellodell’ordinenaturale.

Protagonista indiscussonel XX secolo dell’ateismoantiteodiceticoeprometeicoèstato lo scrittore franceseAlbert Camus (1913-1960),che ci ha lasciato unaversione indiscutibilmentetragica dell’esistenzialismo.Già nel suo primo romanzodel1942intitolatoL’étranger(Lo straniero) compare iltema del distacco,dell’estraneità dell’uomo dal

mondo:larealtànonhaalcunsenso, i fatti accadono senzaavereunprecisosignificato,ese anche l’avessero il nostropensiero non potrebbecoglierlotantosiamospaesatie ci sentiamo stranieri inquesto immensouniverso.Ladimensione normale ecostitutivadellavitaumanaèinsomma l’assurdità, nelladuplice accezione dimancanzadiunfondamentoa

tutto ciò che esiste e diassoluta vanità delle azioniumane. Allora, come accadeal protagonista del romanzoMeursault, possiamo perfinoarrivare a uccidere un uomosenza nessun vero motivo,senza nemmeno sapere benechi egli sia o perchécommettiamo un assassinio,restando infineassolutamenteindifferenti o, piùesattamente, provando una

sensazione di inverosimileestraneità, quasi la cosa nonci riguardasse o non fosseopera nostra anche davanti auna meritata condanna amorte. E questo perché tuttociòchecicircondaèprivodiconsistenza,nonciappartieneveramente ed è insensibilenonsoloallenostredisgrazie,ma alla stessa nostrapresenza.

Èdeltuttoevidentechedi

fronteall’assurditàdelmondodiventa altrettanto assurdoaffaticarsi intorno alproblemadell’esistenzadiunEnte supremo: se la realtàtutta è senza senso, neppureDio, che dovrebbe attribuireun significato alle cose, haragionediesistereodiesserecercato. Il protagonista diL’étranger, rinchiuso in unacellainattesadell’esecuzionecapitale, rifiuta qualsiasi

conforto religioso e deldialogo col prete che glichiede «Perché rifiuti le mievisite?»cosìciriferisce:«Horisposto che non credevo inDio. Ha voluto sapere se neero ben sicuro e gli ho dettoche non avevo bisogno dichiedermelo: mi sembravauna questione senzaimportanza».103Eccodunqueche pure in quel momentocrucialeperogniuomocheè

il confronto con la morte, laquestionediDioapparesenzarilevanza, anzi del tuttoindifferente. Ci imbattiamoqui in un esito radicalmentenichilistico perché a risultaresenza valore non è soltantoDio, ma l’essere in quantotale.Ci troviamoscaraventatiinuncontestonelqualenullacontanotantoilviverequantoilmoriredegliesseriumaniedegli altri viventi. In questo

assoluto non senso dellarealtà, l’esistenza o meno diun Ente trascendente nonmodifica alcunché: la suaeventuale presenza non puòinfatti sottrarci all’assurdità,anzisitrasformanelmassimoemblema dell’assurdo, nellacontraddizione dellecontraddizioni, per cui chidovrebbe donare il senso(Dio)enon lodona,ononèingradodidonarlo,sirivelaa

sua volta indifferente ancorprimacheinsensato.

Come si può notare, ilconcetto di ateismo rischiaaddirittura di andare stretto aCamus, dal momento che loscrittore, individuandonell’assenza di significato diogni singolo ente la cifrainterpretativa del mondo,oltrepassa di slancio laquestionedelsensodellecoseedellanostravitachestaalla

base di tutti gli interrogativisull’esistenza di Dio, dandocosì forma a una sorta dimeta-ateismo. Dopo averindividuato anche lui nelsuicidio l’unico «problemafilosofico veramente serio[…] per giudicare se la vitavalga o non valga la pena diessere vissuta»104, dedicandonel 1942 alla «sensibilitàassurda» un’intera opera daltitoloevocativo–Lemythede

Sisyphe (Il mito di Sisifo.Saggio sull’assurdo) –, loscrittore francese indica conmaggioreprecisioneilmotivoper cui non solo è assurdoconcepire la presenza di undio, ma perché occorredefinirla un’«idea folle» equindi da respingere senzaesitazione. Ciò che rende alcontempo impossibile eimproponibile il concettostesso di un ente divino è la

presenzadelmalenelmondo,della sofferenza, specie diquellaingiusta,comenelcasodei bambini straziati da unavita infelice o strappatiprematuramente dalla morte.Per altro un’esperienzapersonale sembra segnarequesta sensibilità di Camus:in gioventù aveva assistitoalla terribile fine di unabambinaaseguitodiungraveincidentestradale.

In un secondo celebreromanzo intitolato La peste(1947) le vicissitudini, iconflitti, gli egoismimiserevoli, ma anche lesolidarietà che si scatenanotra gli individui confinatinella città algerina di Oranocolpita da un’epidemia dipestilenza bubbonica, sonotutte occasioni per rifletteresul tragico destino collettivodell’umanità. Un destino che

hacostantementesullosfondoildatovergognosodeldoloredegli innocenti e dellamorteprematura di persone buoneche invece meriterebbero divivere: tutti fatti di fronte aiquali è preferibile non averefedeinDioepensarechenonesista. «Ma se l’ordine delmondoèregolatodallamorte–scriveinfattiCamus–,forsevalmeglioperDiochenonsicreda in lui e che si lotti con

tutte lenostre forzecontro lamorte, senza levare gli occhiverso il cielo dove luitace».105

Quanto restaincomprensibile per loscrittore francese e siconfigura come un veroscandalo nello scandalo èproprio il silenzio di Dio alcospetto del dolore umano.SemprenellaPesteungesuitadi nome Paneloux, mentre

assiste alle convulsionidolorosissime di un giovanegravemente colpito dallamalattia e ormai prossimoalla morte, invoca inginocchio: «Mio Dio, salvaquesto ragazzo!». Mal’appellocadenelvuoto,anzi«il ragazzo continuava agridare. […] Il dottorericonobbe allora che il gridodel ragazzo si era indebolito,che scemava ancora, che

stava per finire»; e poiinesorabilmente finisce: «Ilragazzo riposava nella bucadelle coperte in disordine,rimpiccolito di colpo, conresti di lacrime sul viso».Davanti aeventi comequestiper il nostro autore non c’ènessuna spiegazionefilosofica plausibile, maneppure si può accettare larassegnazione e tantomenoricorrereallamotivazioneche

dobbiamo rinunciare acomprendere idisegnidiDioin quanto più grandi di noi.Sono allora per lui più chelegittimati il rifiuto el’indignazione, anzi possonoe devono trasformarsi inrivoltacontroDioecontrolanatura.ApadrePaneloux,chedopo la morte del ragazzoesclama «è rivoltante perchésupera la nostra misura, maforse dobbiamo amare quello

che non possiamo capire»,risponde infatti così ilprotagonista del romanzo, ildottor Bernard Rieux: «NoPadre, io mi faccio un’altraideadell’amore;emirifiuteròsino alla morte di amarequesta creazione dove ibambinisonotorturati»106.Lasomiglianza di questo branoconlacitata invettivadiIvannei Fratelli Karamazov diDostoevskijèditaleevidenza

danonrichiedereneppureuncommento;edel restoènotoquantoloscrittorerussoabbiainfluenzato gli esistenzialistifrancesi.

Se si fosse fermato aquesta denuncia e repulsadella sofferenza innocente omeglio del malum mundiattestato dai mala mundi,l’ateismo di Camus sarebberisultato semplicementeantiteodicetico. Introducendo

invece il tema della rivoltadell’umanità contro il malenel mondo, in cui alcunistudiosi hanno colto la partepositiva del suoesistenzialismo, diventaprepotentemente anche esoprattutto un ateismoprometeico. A questa ideadella ribellione egli dedicauna serie di saggi intitolataL’homme révolté (L’uomo inrivolta, del 1951), ossia il

libro che pare abbia di piùcontribuito alla rotturadell’amicizia e del sodalizioculturale con Jean-PaulSartre,ancheseirapportitraidue scrittori francesi eranogià minati da un dissidiopolitico (Sartre divennefilocomunista,mentre Camusrimase anticomunista). Inquest’opera torna appunto lafigura di Ivan Karamazov,l’ateo che non sopportava di

veder soffrire i bambini, chevieneinterpretatacomequelladichi«vadalmotodirivoltaall’insurrezione metafisica[controDio]»;esitratterebbedi una rivolta «dal caratterestraziato. Il dramma di Ivannasce dall’esservi troppoamore senza oggetto. Questoamore che, negato Dio,rimane inutilizzato, ci sidecide allora a trasferirloall’essere umano in nome di

una generosa complicità».107Ma la ribellione non è daintendersi semplicementecomeunaquestionepersonalee quasi solipsistica, alcontrario deve estendersileopardianamente a tuttal’umanità, allo scopo dicontrastarealmeno imalidelmondo (mala mundi) fatti diingiustizia, intolleranza eviolenza dell’uomosull’uomo.

Incontriamo cosìnuovamente unamanifestazionediateismodalcarattere marcatamentepostulatorio, che in questocaso assume un connotatoprometeico, cioè di apertasfida a Dio e alla suaesistenza. Come nel famosomito, Prometeo sicontrappone apertamenteall’autorità di Zeus allastregua di quanto Camus

pensa debba fare l’essereumanodifronteallasuatristecondizione esistenziale.108Ancora una voltariconosciamo dunque nelloscrittorefranceseunamanieradi essere ateo che postula lanegazionediDio inpresenzadelmalenelmondoe inoltresi ribella alla sua esistenzaper riaffermare la totalelibertà del genere umano. InCamus dal ripudio di Dio

trasformato in sollevazionecontro Dio scaturisce lanuova identità dell’essereumano,perché ilvaloredellarivolta «sta nella rivoltastessa»econessa

ilmalecheunsolouomoprovava diviene pestecollettiva. In quella che èla nostra provaquotidiana, la rivoltasvolge la stessa funzione

del cogito nell’ordine delpensiero: è la primaevidenza. Ma questaevidenza trae l’individuodalla solitudine. È unluogo comune che fondasututtigliuominiilprimovalore.Mirivolto,dunquesiamo.109

Resta tuttavia difficilepensare che l’unica rispostaalla spietata ingiustizia della

natura e alla presenza nelmale nel mondo sia laprotestacontroDiooilrifiutodella sua esistenza, se nonaddirittura del suo stessoconcetto. Come ha notato ilmarxista Ernst Blochriflettendo sul biblico Librodi Giobbe, la soluzione delproblema della teodicea nonpuòessere«quedieun’existepas [che Dio non esiste],giacché poi emergono le

questioni sullo stesso corsodel mondo del tuttoinsensibile verso di noi,tenebrosamente maculato, esulla materia difficile che inesso si muove». Occorreinvece pensare a «un nuovoesodo» che fornisca unanuovasperanza,percuianchechi si rivolta contro l’idea diuna divinità onnipotente checonsente l’iniquità del male,anche «il ribelle possieda

fiducia in Dio senza crederein Dio».110 Vivere nellasofferenza sotto una naturaleopardianamente matrigna esenza la speranza dirintracciareunsensopertuttociò che esiste è infatti unacondizione di gran lungapeggiore di un’esistenzadolorosa, ma accompagnatadallaragionevoleattesadiunsignificato, aperta allapossibilità dell’essere, del

divino e non sprofondata nelnulla.1«SeDioesiste[edèbuono],dadoveproviene il male?». Vedi Agostino diIppona,Confessioni,VII,5,7.2VediH.Arendt,Labanalitàdelmale.Eichmann a Gerusalemme, Feltrinelli,Milano1964.VediancheP.P.Portinaro(acuradi),Iconcettidelmale,Einaudi,Torino2002.3 E. Lévinas,Trascendenza emale, inDi Dio che viene all’idea, Jaca Book,Milano1983,p.158.4E.Wiesel,Lanotte,Giuntina,Firenze1980, pp. 66-67. Pipel in yiddish

significa«ragazzino».5 G. Büchner,Lamorte di Danton, inTeatro,Adelphi,Milano2000,p.54.6 R. Dawkins, Il fiume della vita,Sansoni, Firenze 1995, p. 130. Sullanozione di «male gratuito» rispetto alproblemadiDiovediR.M.Gale,A.R.Pruss(acuradi),TheExistenceofGod,Ashgate,Aldershot2003,pp.XX-XXI.7 S. Weinberg, Il sogno dell’unitàdell’universo, A. Mondadori, Milano1993,pp.258-59.8 V.J. Stenger, Perché la scienza noncrede in Dio. La sfida perduta dellafedeallaragione,OrmeEditori,Milano2008,pp.163e218.

9 Lettera di Charles Darwin ad AsaGray del 22 maggio 1860, in Ch.Darwin, Lettere sulla religione,Einaudi, Torino 2013, p. 46. Gliicneumonidi (ichneumonidae) sonodegli insetti parassitoidi dell’ordinedegliimenotteri,chedepongonoleuovadentro il corpodi altri insetti (di solitobruchi,cavalletteeapi).10Dawkins, Il fiume della vita cit., p.130.11VediD.Morin,L’ateismomoderno,Queriniana,Brescia1996,pp.176-78.12 La posizione di Dennett sullacoscienza è infatti nota come«eliminativismo». In proposito vediD.C. Dennett, Sweet Dreams. Illusioni

filosofiche sulla coscienza, Cortina,Milano2006,eCoscienza.Checosaè?,Laterza,Bari2009.13VediE.O.Wilson,Sociobiologia.Lanuova sintesi, Zanichelli, Bologna1979,p.569.14 E. Boncinelli, Il male. Storianaturale e sociale della sofferenza,Mondadori,Milano2007,p.249.15 Le citazioni precedentidall’introduzione a Creazione e maledelcosmo.Scandaloperl’uomoesfidaper il credente, a cura di G. Colzani,EdizioniMessaggero, Padova 1995, p.13.16Plotino,Enneadi, II,4,15,Rusconi,Milano1992,p.253.

17Ivi,I,8,7,ed.cit.,p.161.18Ivi,I,8,3,ed.cit.,p.151.19DionigiAreopagita,Nomidivini,IV,30-33, in Tutte le opere, Rusconi,Milano1999,pp.330-32.20 Agostino, Confessioni, III, 7, 12 eVII, 12, 18, Città Nuova, Roma 1991,pp.69e201-03.21 Tommaso d’Aquino, La sommateologica, I, q.48, a.1,ESD,Bologna1996,vol.I,p.45722 Vedi J. Maritain, Dio e lapermissione del male, Morcelliana,Brescia 1983, pp. 21 sgg. I tomisti«rigidi» o ciclopici della «buonascuola» sono soprattutto i teologi

domenicani Domingo Báñez (1528-1604) e Giovanni di San Tommaso(1589-1644), nonché i carmelitaniseicenteschidelCollegiodiSalamanca.Sullecritichealla teoriadelmalecomenon essere vedi anche L. Pareyson,Ontologia della libertà. Il male e lasofferenza,Einaudi,Torino1995.23 A.M.S. Boezio, De consolationephilosophiae, IV, 1, Rizzoli, Milano1977,p.267.24 F.M. Dostoevskij, I fratelliKaramazov, parte II, libro V, Sansoni,Firenze 1969, pp. 343-56. Sulla«Leggenda del Grande Inquisitore»vedi F. Cassano, L’umiltà del male,Laterza,Bari2011.

25 Boezio, De consolationephilosophiae cit., I, 4, ed. cit., pp. 96-97.26Vedisupra,cap.1,par.3.27 Vedi J.F. Haught, Dio e il nuovoateismo,Queriniana,Brescia 2009, pp.19e23-40.28 M. Onfray, Trattato di ateologia.Fisica della metafisica, Fazi, Roma2005,pp.19-20.29 Vedi S. Harris, La fine della fede.Religione, terrore e il futuro dellaragione,NuoviMondi,SanLazzarodiSavena2006.30 S. Harris, 10 Myths and 10 Truthsabout Atheism, «The Los Angeles

Times»,24dicembre2006.31 C. Hitchens, Dio non è grande.Come la religione avvelena ogni cosa,Einaudi,Torino2007,p.6.32Ivi,p.236.SuFreudvedisupracap.5,par.4.33Ivi,p.74.34 Ivi, p. 270. Sui «Magisteri nonsovrapposti» di Gould vedi supra cap.5,par.7.35 B. Spinoza, Etica, Parte IV,«Prefazione», Bollati Boringhieri,Torino1971,p.214.36 Le Quattro Nobili Verità sono: 1.Veritàdeldolore;2.Veritàdell’originedel dolore; 3. Verità della cessazione

del dolore; 4. Verità della via allacessazionedeldolore.37VediA.Comte-Sponville,Lospiritodell’ateismo. Introduzione a unaspiritualità senza Dio, Ponte alleGrazie, Milano 2007; J. Kristeva,Bisogno di credere. Un punto di vistalaico, Donzelli, Roma 2006; A. DeBotton,Del buon uso della religione.Unaguidaper inoncredenti,Guanda,Milano 2011; D. Demetrio, Lareligiosità degli increduli: perincontrare i «Gentili», EMP, Padova2011; S. Natoli, Il cristianesimo di unnoncredente,Qiqajon,Magnano200238M.Weber,L’etica economica dellegrandi religioni, in Sociologia della

religione,Utet,Torino2008,pp.344e347.39 Sui miti mesopotamici vedi H.McCall, Miti mesopotamici,Mondadori, Milano 1995. In generalesui miti della creazione vedi R.J.Stewart, Miti della creazione, Xenia,Milano1993;M.Bielawski(acuradi),In principio. Racconti sull’origine delmondo,Garzanti,Milano2014.40 Per le teogonie, Esiodo, Teogonia,Rizzoli, Milano 1997. Per le tragediegrechevediEschilo,Sofocle,Euripide,Tragicigreci,Mondadori,Milano1992.41 Euripide, Bellerofonte, fr. n. 286.Vedi M. Curnis, Il «Bellerofonte» diEuripide, Edizioni dell’Orso,

Alessandria 2003. Per l’affermazioneateadiEuripidevedisupra,cap.1,par.3.42 P. Ricoeur, Il male. Una sfida allafilosofia e alla teologia, Morcelliana,Brescia1993,pp.19-20.43Platone,Repubblica,libroX,614C-615 A, in Tutti gli scritti, Rusconi,Milano1991,p.1323.44Ivi,libroX,617E,ed.cit.,p.1325.45 Omero,Odissea, I, 30, Mondadori,Milano1969,p.40.46Genesi3,17-19.47Vedi J.-M.Narbonne,Aristote et lemal, in Documenti e studi sullatradizione filosoficamedievale, VIII, a

cura di S.I.S.M.E.L., Brepols-Edizionidel Galluzzo, Turnhout-Firenze 1997,pp. 87-103. Com’è noto, Aristotele haindividuato quattro cause delmutamento o del divenire: formale (il«modello» delle cose); materiale (lamateria); efficiente (la causa attiva deldivenire o del moto); finale (lo scopoultimoacuiognicosatende).48 M.T. Cicerone,De natura deorum,III, 37, 89, Rizzoli, Milano 1992, p.391.49Ivi,III,37,89,ed.cit.,p.391.50 Lattanzio,De ira dei, 13, 19, inH.Usener (a cura di), Epicurea, n. 374,Bompiani, Milano 2002, p. 551. Lostesso argomento antiteodicetico è

menzionato da Sesto Empirico, masenza citare la fonte: vedi SchizziPirroniani, III, 9-12, Laterza, Bari1988,pp.123-24.51 Lattanzio, De ira dei, 17, 1, inUsener, Epicurea cit., n. 360, p. 527.Sulla teologia di Epicuro vedi supra,cap. 1, par. 3. Per un’analisi deldilemma epicureo vedi R.G. Timossi,Imparare a ragionare. Un manuale dilogica,Marietti,Milano2011,pp.372-76.52 G.C. Vanini, Anfiteatro dell’EternaProvvidenza, ExercitatioXVI, inTuttele opere, Bompiani, Milano 2010, pp.474-75.Unapartedelle tesidiEpicuroviene da Vanini attribuita al sofista

Protagora di Abdera (vedi Anfiteatrodell’Eterna Provvidenza cit., pp. 454-57).53 Giobbe 3,1-4. Vedi M. Bizzotto, Ilgrido di Giobbe, San Paolo, CiniselloBalsamo1995.54Giobbe2,7.55Giobbe9,22.56VediGeremia16,10-13.57Lecitazionidi Jonas sono trattedalsuoIl concettodiDiodopoAuschwitz,IlMelangolo,Genova1993,pp.34-38.La dottrina dello Tzimtzùm (cioècontrazione, ripiegamento,autolimitazione di Dio al momentodella creazione per fare spazio al

mondo)èdelmisticoebraicoIsaacbenSolomonLuria(1534-1572).58LecitazionidaP.Bayle,Dizionariostorico-critico, Laterza, Bari 1976, pp.110-11.Vedianchesupracap.3,par.1.59G.W.Leibniz,Principi della naturaedellagrazia fondati sulla ragione, n.7, in Scritti filosofici, Utet, Torino1967,p.278.60Ivi,n.8,p.278.Lalogicamodaleèquella branca della logica che studiaenunciati nei quali sono coinvolteespressioni come «è possibile», «èimpossibile», «è necessario», «ècontingente»ealtreaesseaffini.61 G.W. Leibniz, Saggi di teodicea, I,44,inScrittifilosoficicit.,p.484.

62Ivi,I,7,pp.461-62.63 G.W. Leibniz, Discorso dimetafisica,IV,inScrittifilosoficicit.,p.66.64 Leibniz, Saggi di teodicea, I, 8, inScrittifilosoficicit.,p.462.VediancheG.W. Leibniz,Monadologia, n. 55, inScrittifilosoficicit.,p.292.65Leibniz,Principidellanaturaedellagrazia,n.10,inScrittifilosoficicit.,p.279.66SullateoriadeimondipossibilivediP.Casalegno,Filosofia del linguaggio.Un’introduzione, La Nuova Italia,Roma1997,pp.119-69.VediancheS.Kripke, Nome e necessità, Bollati

Boringhieri,Torino1982.67Leibniz,Saggi di teodicea, I, 21, inScrittifilosoficicit.,p.471.68Ivi,«Prefazione»,n.1,p.378.69 J. Meslier, Il testamento, Guaraldi,Rimini 1972, p. 255. Su Meslier vedisupracap.4,par1.70 Voltaire, Candido ovverodell’ottimismo, cap.VeVI,Bompiani,Milano1987,pp.19e21.71 Vedi Voltaire, J.-J. Rousseau, I.Kant,Sulla catastrofe. L’Illuminismo elafilosofiadeldisastro,B.Mondadori,Milano2004.72 I. Kant, Sull’insuccesso di ognitentativo filosofico in teodicea, in

Questioni di confine. Saggi polemici,1786-1800, Marietti, Genova 1990, p.31.73 I.Kant,Lareligionenei limitidellasempliceragione,B27eB35,inScrittimorali, Utet, Torino 1970, pp. 352 e357. Vedi anche I. Kant, Il maleradicale,Garzanti,Milano2014.74 Oltre alla dizione «etica atea»ricorrono anche: «etica senza Dio»,«morale laica», «etica naturalistica»,«etica materialista». Per Diderot eD’Holbachvedisupra cap.2, par. 4, ecap.3,par.2.75 J.O. de La Mettrie, Antisenecaovverodiscorsosullafelicità, inOperefilosofiche,Laterza,Bari1974,p.303.

76Ivi,p.302.77Ivi,p.330.78Ivi,p.358.79CosìDeSadeèstatosoprannominatodal critico André Breton (1896-1966).VediA.Breton,P.Éluard,Dictionnaireabrégé du surréalisme, Galerie desBeaux-Arts,Paris1938.80 D.-A.-F. de Sade, Dialogo fra unprete e un moribondo, in Opere,Mondadori,Milano1976,pp.11-13.81 D.-A.-F. de Sade, La filosofia nelboudoir,inOperecit.,p.25.82Ivi,p.25.83M.Heidegger,Essereetempo,§38,Utet,Torino1969,pp.279-85.

84 Vedi D.-A.-F. de Sade, Le 120giornatediSodoma,NewtonCompton,Roma1993.Perl’insinceritàdiDeSadevediS.Neiman,Incielocomeinterra.Storiafilosoficadelmale,Laterza,Bari2011,p.164.85DeSade,Lafilosofianelboudoir,inOperecit.,p.30.86D.-A.-F.deSade,Juliette ovvero laprosperitàdelvizio,NewtonCompton,Roma1993,p.295.87DeSade,Dialogo fraunprete eunmoribondo,inOperecit.,p.20.88TeognidediMegara,Elegie,vv.425-428,Rizzoli,Milano1989,pp.142-43.89DissertatiodeTheognideMegarensi

(1864).VediF.Nietzsche,Teognide diMegara,Laterza,Bari1985.90 Le citazioni sono tratte da F.Nietzsche,Lagaiascienza,libroV,par.357,Adelphi,Milano1997,pp.228-29.91 A. Schopenhauer, Il mondo comevolontàerappresentazione, libro IV,§57,Mondadori,Milano1995,p.442.92 A. Schopenhauer, Supplementi alMondo come volontà erappresentazione, Supplementi al IVlibro,cap.46,inIlmondocomevolontàerappresentazionecit.,p.1486.93Ivi,cap.46,ed.cit.pp.1499-1502.94 Schopenhauer, Il mondo comevolontà e rappresentazione cit., libro

IV,§68,ed.cit.p.546.95 Ivi, ed. cit. p. 531. Nelle dottrinefilosofico-religiose indiane, inparticolare nei Veda, il termine māyāindica tanto il potere della creazionequanto le illusioni fenomenicheprodottedall’attivitàcreatrice.96Ivi,libroIV,§71,ed.cit.p.576.97 J.-P. Proudhon, Système descontradictions économiques ouPhilosophiedelamisère,Rivière,Paris1923,tomoI,p.38.VediinitalianoJ.-P. Proudhon, Sistema dellecontraddizioni economiche o Filosofiadella Miseria, Utet, Torino 1975. SuProudhonvedisupra,cap.4,par.2.98 G. Leopardi,Zibaldone di pensieri,

n.4175,Garzanti,Milano1991,vol.II,p.2297.99Ivi,n.4511,ed.cit.p.2581.100 Vedi D. Barsotti, La religione diGiacomo Leopardi, Morcelliana,Brescia1975.101G.Leopardi,DialogodiPlotinoediPorfirio, inOperette morali, Garzanti,Milano1982,p.363.102G.Leopardi,Laginestra o il fioredel deserto, vv. 148-149, in Canti,Garzanti, Milano 1975, p. 315. Sulpessimismo di Leopardi vedi E.Severino,Ilnullae lapoesia.Alla finedell’età della tecnica: Leopardi,Rizzoli,Milano1990.

103 A. Camus, Lo straniero, Garzanti,Milano1974,p.131.104 A. Camus, Il mito di Sisifo,Bompiani,Milano1994,p.7.105 A. Camus, La peste, Bompiani,Milano1993,pp.98-99.106Ivi,pp.167-69.107 A. Camus, L’uomo in rivolta,Bompiani, Milano 1994, p. 23. Perl’invettiva di Ivan Karamazov, vedisupracap.6,par.2.108VediEschilo,Prometeoincatenato,Rizzoli, Milano 2004. Prometeo nellamitologiagrecaèilTitanochesottrasse«semidifuoco»aglideiperdonarliagliuomini e per questo fu punito con un

tremendosupplizio.109Camus,L’uomoinrivoltacit.,p.27.ChiaroilriferimentoalcogitoergosumdiCartesio.110E.Bloch,Ateismonelcristianesimo,Feltrinelli,Milano2005,p.161.

Conclusione

Prendendo in esame etentando di delineare lesvariate sfumature nel mododi dichiararsi atei ci si rendecontodialcunecaratteristichepeculiari e ricorrentidell’ateismo. Innanzituttoesso nasce più percontrapposizione al teismo ocomunqueaun’ideapeculiaredi Dio (di solito quellaebraico-cristiana), piuttostochecomeconcettoautonomo.

SegettiamounosguardoallaStoria, tutte le prime civiltàappaionocontrassegnatedallacredenza in qualcosa che stadietro ai fenomeni naturali edacuituttodipende;qualcosacherappresentapureilprimotentativo di fornire unaspiegazione unitaria o ditrovare un fondamento allecose sul quale fareaffidamento, anche per scopipratici (per esempio riti

propiziatori, preghiere ecc.).Ma allorché nell’anticaGreciasiverificailpassaggiodal mito alla filosofia,assistiamo con chiarezza alleprime manifestazioni diantiteismoodinegazionedeldivino, che sul pianorazionale si configuranoinnanzitutto come un rifiutodegli dei pagani: così accadeinfatti tanto in Evemero diMessinaquantoinDiagoradi

Melo, tanto per Prodico diCeo quanto per Teodorol’Ateo e per Crizia ilGiovane.Conlaspeculazionefilosofica greca, specie conquellediPlatoneeAristotele,si inizia inoltre a definiremeglio il ruolo di Dio inrapporto all’universo(Demiurgo oppure PrimoMotoreImmoto)eciòcrealepremesse del modernoateismo teorico.

Probabilmente una primaforma di passaggiodall’antiteismo originarioall’ateismo si produce giànello stesso mondo classico,ma purtroppo le nostre fontisono esigue, frammentarie eper lo più indirette. Leespressioni meglio acclaratedi ateismo iniziano soltantocol Rinascimento eprocedono poi di buon passocol pensiero materialista e

scettico del ’600, perconoscereinfineunosviluppodecisamente accelerato apartire dall’Illuminismo earrivare in un costantecrescendo rossiniano fino aigiorninostri.

In perfetta coerenza conl’evoluzione testé delineatarisulta un’altra caratteristicaricorrente dell’ateismo: ilrifiuto di una concezionedualistica del reale, in

particolaredeldualismoDio-mondo, e la conseguenteopzione per una metafisicadell’immanenza, sia di tipomaterialistico come inD’Holbachoppure idealisticocome nell’ateismo implicitodiHegel.Ricordiamoquiperinciso che risulta piuttostocontroversa la classificazionedel pensiero hegelianorispetto al problemadell’ateismo, al punto che

sono state prospettate daglistudiosi tutte le posizioniimmaginabili: c’è chi comeKarlLöwithloharitenutounteista, chi come RéginaldGarrigou-Lagrange ne hafatto un panteista, chi comeCornelio Fabro ha parlato dipanteismo sbilanciato versol’ateismo e chi infine di unateo tout court comeAlexandre Kojève. Noipreferiamo invece la tesi del

teologo Georges Cottier, chevede nella teologia hegelianauna forma di ateismo nonespressamente dichiarato1. Aogni buon conto, per tutti gliatei esiste una soladimensione dell’essere, unasola realtà immanenteidentificabileoconlamateriaoppure conuna sostanzanonmateriale (res cogitans,spirito o Geist, energiaspeciale, forza vitale ecc.);

quindi appare loroinaccettabile ogni forma dicredenza in qualcosa ditrascendente totalmenteseparato dal nostro mondo.PerNietzschelacredenzaneltrascendente rappresentaaddirittura la fuga dal reale,dalla vita autentica, ecostituisce l’ostacolomaggiore alla trasvalutazionedi tutti i valori, all’avventodell’oltreuomo.

Un’altra peculiaritàricorrenteintutteletipologiedi ateismo è quella diintendere l’idea di Dio nonsolo come una merainvenzione della menteumana, che è di per sé unfatto piuttosto scontato, maanche come la proiezione oalienazione nel divino diaspetti inespressidellanaturaumana; ed è ciò che siverifica sotto diverse

modalitàchevannodaquellaantropologica di LudwigFeuerbach a quellapsicologicaopsicoanaliticadiSigmundFreud,passandoperquella socio-politica di KarlMarx. Si può così affermareche il tema dell’alienazionesottende tutte le forme diateismo, ivi compreso quelloscientistaoscientifico,quelloesistenzialista e quellonichilistico.

L’ateismo moderno hadunqueinultimaanalisiqualeobiettivo primario quello dieliminare definitivamentel’ideadiDiodallacoscienzaedalla Storia al fine diconsentire all’essere umano,come singolo e comecollettività, di esprimerecompiutamente e liberamentese stesso. Coscienza e Storiacostituiscono, direttamente oindirettamente, i due pilastri

dell’ateismo della nostraepoca: il problema di Dio èvisto al contempo come unaquestione interiore riferibileal singolo individuo e comeun fenomeno connesso alprogresso storicodell’umanità. Un ateismo incui la Storia e la coscienzarisultano, ancor più chestrumenti per interpretare econfutare l’esistenza di unEnte supremo, il fine

programmatico di una nuovaconcezione del mondo e delgenereumano.

D’altra parte nell’esporrelemotivazioni degli atei nonci siamo quasi mai imbattutiinargomenti razionalivolti anegare semplicementel’esistenza di Dio, nonabbiamo incontrato delleconfutazioni che fossero finia se stesse,che si limitasseroa inficiare per via logica il

teismo o il deismo, ma cisiamoinvecetrovatidifrontea prese di posizione nellequali si faceva del rifiuto diDio il postulatoindispensabile di tesi oconclusioni già in qualchemisura precostituite eovviamente assunte per vere.Non quindi autenticiragionamenti logici di tipoconfutatorio, ma petizioni diprincipio, quando non

argomentazioni strumentali edi comodo. Per chiariremeglio portiamo qualcheesempio di questi argomentipostulatori:Dio non può esistere(postulato) perché l’uomodeveesserelibero(BakunineSartre);Dio è l’oppio dei popoli(postulato), pertanto solo lalotta di classe e la societàcomunista sono la via di

salvezza del genere umano(MarxedEngels);Dio è una mera proiezionedell’essenza umana(postulato),quindilateologiapuò essere ricondottaall’antropologia(Feuerbach);Dio è morto (postulato):questo è il punto di partenzaperlatrasvalutazionedituttiivalori e per l’avvento delsuperuomo(Nietzsche);Il termine «dio» e il suo

concetto sono privi disignificato (postulato),altrimenti sarebbe falso cheunicamente gli assertiverificabili sono dotati disenso (positivisti,neopositivistiescientisti);L’immaginedeldivinoèunaproiezione psicologica(postulato), così si confermache l’inconscio determinatutte le manifestazionipsichiche(Freud);

Bisogna ribellarsi contro dio(postulato): è l’unico modoperaffermareilgenereumanocontro «l’empia natura»(LeopardieCamus).

In sintesi pressoché tuttol’ateismo finisce per esserepostulatorio, per presupporreper certa la non esistenza diDiosenzadavverodimostrarela falsità delle affermazionideiteistiodeideisti;equestoperché, per sostenere le sue

tesi fondamentali, risultaindispensabile a ogni ateonegare pregiudizialmente ildualismoelatrascendenza.Aben guardare la naturapostulatoria dell’ateismo sitramuta in ultima istanza inun approccio teologico, inuna forma di teologia cheintende sostituire al divinol’uomo singolo oppure laspecie umana. Perfino negliatei scientifici o nei filosofi

positivisti traspare infattil’obiettivo programmatico epreconcettodiun riscattodelgenere umano, le cuipotenzialità sarebbero stateconculcate dalla credenza inDio e dalle istituzionireligiose. In tal modo si ègiunti non di rado adivinizzare scopertamentel’uomo, che è poi il rischiosempre ricorrentedell’atteggiamento ateo,

oppure quantomeno aesagerarne le potenzialità el’effettivo ruolo ontologico,sostituendo così a unametafisica teocentrica unametafisicaantropocentrica.

Come negare del resto lafondatezza delle critiche dichi ha visto nella «specieumanainfinita»diFeuerbach,nella «classe universale» (ilproletariato) di Marx edEngels, nell’«oltreuomo» di

Nietzsche, nell’«uomo qualesi fa» di Sartre, nel «GrandeEssere (l’Umanità)» diComte,nell’ideadellascienzacome «sapere senza enigmiinsolubili» degli scientisti,altrettante forme dielevazione agli altaridell’essereumano?Comenonrilevare che certo ateismosembraricusareDioinquantoente assoluto per poisostituirlo con altre modalità

o concetti di assoluto,cadendo in un’evidentecontraddizioneeinuncircolovizioso? E se questi ateicontestano alla nozione diDio di essere un’espressionemitologica, non è allorapossibile ribaltare conestrema facilità tale accusaanche sulle loro teoriefondate su nuovi «assoluti»umani e mondani?L’umanesimo assoluto è

autocontraddittorioepertantoinconsistente sia sottol’aspetto logico sia sottoquello filosofico: esso perciòrilancia indirettamentel’esigenza razionale di Dioquale fondamento dell’essereedell’esistenzaumana.

L’inconsistenza oggettivadei tentativi postulatori dieliminare l’idea del divinocon argomenti antropologici,sociologici, psicologici e

scientifici, pone in evidenzacome l’unico argomentodell’ateismo di una certaefficacia restialla finequellodel male, quello cioè dellasofferenza innocente edell’indifferenzadella natura.Di questo fatto si sonoprobabilmenteaccortigli ateimedesimi o perlomenodimostrano di averlo intuito,dal momento che hannoripetutamente integrato le

loro specificheargomentazioni teoretichecon un richiamo ricorrentealloscandalodelmale.ComeImmanuel Kant nella suaCritica della ragion pura(1781) giunge a considerareche in fondo tutte le provedell’esistenza di Diopresuppongono ericonducono alla sola provaontologica (a suo giudiziougualmente non valida),2

possiamo qui analogamenteconcludere che tutti gliargomenti forti degli atei siriducono in ultima istanza alsolo argomento del male,ossia all’ateismoantiteodicetico.

Ma dopo un lungoperiodo nel quale la teodiceadel migliore dei mondipossibili sembravainesorabilmente sepolta sottol’ironiadiVoltaireesottoun

nichilistico e irredimibile«male ontologico», negliultimi tempi si è assistito auna rivalutazionedell’argomento leibniziano,per giunta da un versante dacui forse meno ce lo siattendeva: quello dellarigorosa filosofia analitica. IlfilosofoJohnWisdom(1904-1993),allievodiWittgensteine suo successore sullacattedra diCambridge, ha ad

esempio affrontato da unpunto di vista logico laquestione se la presenza delmale può essere consideratauna prova dell’inesistenza diun essere perfettissimoonnipotenteehaconclusoche«lo sarebbe soltanto sesapessimochenessunmondocontenente del male puòessere il migliore dei mondilogicamente possibili»3; eperò questo non può essere

evidentemente affermato concertezza da nessuno. Neconseguechenonèpernullairrazionale credere che ilnostro sia il migliore deimondi possibili e quindi lecritiche dell’ateismoantiteodicetico all’ipotesi diLeibniz sono logicamentesterili. Rispetto inveceall’individuazione delleragioni della presenza delmale nel nostro ordine

mondano, Wisdom restascettico sulla dimostrabilitàdella teoria della suapermissionedapartediDioinvista di un bene maggiore;benechetuttavianelpensierocristiano risulterebbeperlomenoduplice:daunlatolalibertàumanaedall’altrolasalvezzaeterna.

Per un altro pensatoreanalitico contemporaneocome Robert Audi non

soltanto l’argomento delmiglioredeimondipossibilièdegno di considerazione, maci si può spingere anche piùin là, supponendo «che Dionon creerebbe un mondosenza sapere che il risultatocomplessivo […] saràbuono». Con un paragonepreso dall’estetica, perl’Essere perfettissimo«potrebbe valere la pena didipingere un quadro

imperfetto»; esso resterebbecomunquedegnodelsuoattocreativo,sesitienecontochelecreatureumanesonoesseridotati di libero arbitrio epertanto «neppure lacreazione da parte di unessere onnicompetente» puòfare in modo «che gli esseriliberi siano immuni daerrori», altrimenti nonsarebberopiùtali,bensìdellespeciediautomi.Adifferenza

infattidellamacchinachenonsbaglia mai, l’uomo cade inerroreproprioperchéèlibero.E rispetto almale commessodagli uomini, se essere amatidaDioè«unodeipresuppostidella bontà della creazionedivina del mondo», nonnecessariamente tutto deverisultare assolutamenteperfetto nell’uomo perconsentirgli di meritarel’amore divino, perché

«l’amorenonèunaquestionedimerito».4

Con questi presuppostientrambi i filosofi analiticiapronolaviaallaconclusioneche il male di per sé non èostativo alla possibilitàrazionale dell’esistenza di unEssere onnipotente, perché«non ci sono fatti necessaricheinsiemecolmalepossanoescludere la perfezionecompletamente potente»,5

cioèDio.Inoltreilmalenonèd’ostacolo a una federagionevole, anzi per ilcristiano il sacrificio dellacroce si trasforma in unatotale vicinanza di Dio agliuominiproprioapartiredallasofferenza e dalla morte. Inultima analisi, il male «nonimpedisce la fede-fiduciarazionale»eanchealcospetto«dei terribili mali chevediamo tutti i giorni, […]

un’ardente speranza teisticapotrebbe comunque essererazionale».6

A ciò va aggiunto che lasofferenzadipersénontogliesenso alla vita umana, anzisecondo lo psichiatra ViktorEmil Frankl da essa puòderivare «una possibilità disignificato […] se cambia inmeglio se stessi»,7 anche seovviamenteciònonvuoldiresostenerechesianecessarioil

dolore per trovare uno scopoesistenziale, bensì «che ilsignificato è possibileattraverso il dolore, per nondire anche attraverso ildolore» qualora quest’ultimorisulti inevitabile in quanto«le sue cause non possonoessere eliminate»,8 comeaccade in certe malattieincurabili. E il poeta efilosofo spagnolo Miguel deUnamuno (1864-1936)

andava perfino oltre,collegando strettamente lasofferenza di qualsiasi tipo(dicuilapiùelevataèperluil’angoscia religiosa) alsignificato dell’esistenza,assegnandole così un valoreontologico: «Il dolore è lasostanzadellavitaelaradicedellapersonalità,giacchésolosoffrendosièpersona.[…]Eciò che chiamiamo volontà,chealtroèsenondolore?».9

D’altronde anche qualorasi volesse fantasticare di unordinenaturaleidilliacoincuirisultasse assente qualsiasifenomeno apportatore disofferenza e morte per iviventi, nel quale cioè nonfosse presente nessuna formadi evoluzione per selezionenaturale, nessun eventoaccidentale negativo sia suscala locale (terremoti,alluvioni, eruzioni

vulcaniche, malattie ecc.) siasu scala cosmica (nascita emortedellestelle,derivadellegalassie, collisioni conasteroidi ecc.), quindi di unmondo necessariamentedeterministico, alla fine aessere sacrificato sarebbesicuramente il nostro liberoarbitrio.Perquestaragioneloscrittore Clive Staples Lewis(1898-1963) ci sfidavagiustamente a provare «a

escludere la possibilità disoffrire, implicita nell’ordinedella natura e nell’esistenzadel libero arbitrio: trovereteche avete escluso lapossibilitàdellavitastessa»10così come la si reputanormalmente possibile eaccettabile.

Se ne desume che quellache potremmo chiamare«libertàdellanatura»,ovverolapresenzainessadelcasoe

deifenomenidacuisioriginaquellocheconsideriamomalenaturale, è il presuppostoindispensabile tanto per lavita ingeneralequantoper lalibertà umana. E poiché illibero arbitrio è inseparabiledall’intelligenzaautocosciente,l’assenzadiunrigidodeterminismoinnaturaè anche la condizioneimprescindibile perl’esistenza di esseri

intelligenti quali noi siamo.Come ha osservatoacutamente il teologoGerhard Lohfink, un ordinesenza libertà assomiglierebbea Il mondo nuovo (1932) delromanzo di Aldous Huxley(1894-1963), nel quale in unimmaginario Stato totalitariodelfuturoicittadininonsonopiùoppressida fame,guerra,malattieepossonoaccedereaognipiaceremateriale,ma in

cambio devono rinunciare aogni libera espressioneindividuale.11 Se ci si riflettebene, nessuna personaavveduta vorrebbe viverecosì.

In conclusione anche leprove antiteodicetiche non sidimostrano razionalmente ingradodiconfutare l’esistenzadi un Dio onnipotente ebuono, perché se non si puòprovare con certezza che il

nostroèilmiglioredeimondipossibili, non si può peròneppure provare il contrario,ovvero che effettivamentenon lo sia. Si tratta di unargomento antinomico,rispetto al quale cioèsussistono due soluzioniegualmente plausibili («Ilnostroèilmiglioredeimondipossibili»e«Ilnostrononèilmigliore dei mondipossibili»), pertanto esso

risultadimostrativamentenonrisolutivo e quinditeoricamente inefficace. Persancire infatti che il nostronon è il mondo migliorepossibile non basta certo lasalace ironia del Candidevolteriano,allaqualeperaltrosi può rispondere dubitandodella bontà per noi di unordine naturale rigidamentedeterministico, ma occorronoelementi oggettivi che vanno

ben oltre le nostre facoltàcognitive.

Perquantimondimiglioridel nostro possiamoconcepire conl’immaginazione,nonsaremodunque mai in grado distabilirenonsoltanto se sonorealmente possibili, maperfino se una volta creatirisulteranno davvero piùperfetti o semplicementepreferibili a quello in cui

viviamo.Ameno che non civenga rivelato in modosoprannaturale, non ci èconsentito conoscere lamaniera in cui un Dioonnipotente e provvidentepuò esercitare al meglio lasua onnipotenza e la suaprovvidenza, quinditantomeno siamo in gradocon la sola ragione diesprimere argomenticonfutatoridellasuaesistenza

fondati sulla presenza delmale. Permane valida percontrolaconstatazionechelapresenzadelmaletantofisicoquanto morale in assenza diun significato per l’esistenzarisulta per noiincomprensibile einaccettabile, motivo per cuic’è chi ha coerentementesostenuto che Dio deveesistere proprio perchéaltrimentinonsispiegherebbe

la sofferenza innocente.L’ateismo antiteodiceticosarebbeinsommacostruitosuun sofisma: «Il dolore e ilmale sono inspiegabili,dunque non c’è un Dio. Ma[in realtà] sono inspiegabiliappunto perché si è negatoDio. […]Gliuomini sentonolavitacomeunpesoassurdosolo se si presuppone chenessuno si cura di loro, cioèsesiègiàatei».12

Il nostro concetto di Dioserve in definitiva per dareconto dell’esistenza di unordine cosmico che senza unCreatore non avrebbe potutoesistere,econtestualmenteadattribuire un sensoall’esistenza umana,rendendolaaccettabilepurealcospettodelmale.D’altrondeanche qualora si ammettessesolo in linea di principiol’argomento dell’ateismo

stratoniano, che fa ricaderel’onere della provadell’esistenza di Dio su chil’afferma,perché spettaachisostiene una tesi dimostrarnela validità, nel merito l’ateoresterebbe pur sempre tenutoalmeno quanto il credente arispondere alle questioni sulsenso e sull’origine di tuttoquantoesiste,quindiatrovareuna soluzione alternativa aquelladelteista.Poichéallora

la negazione di Dio implicanecessariamente unasoluzionealternativaattasiaaspiegare l’attuale ordinecosmologico sia ad attribuireun significato all’esistenzaumana, la cosiddetta«presunzionediateismo»nonpuò essere data per scontataneppuresubasestratonianaerichiede a suavoltadi essereprovata almeno quanto ilteismooildeismo.Altrimenti

il rischio è quello di caderenellafallaciaad ignorantiam,di negare cioè erroneamentel’esistenzadiDioperchélosiritiene pregiudizialmenteindimostrabile.

Nonostantetuttiitentatividi negarne la rilevanza, iproblemi dell’origine delmondo e del senso dellanostra vita di esseriintelligenti restanofondamentali e ineludibili.

Gli ultradarwinisti Dennett eDawkins, così come il fisicoateoWeinberg,hanno tentatodi fare della questione delsignificato esistenziale unmero fatto di appagamentobiologico, psicologico esociale dell’individuo,scontrandosi però col datoobiettivo della persistenteinsufficienzadiquestogeneredi risposta, dalmomento chesoltanto a una minoranza di

individui è concessal’opportunità di conseguireuna simile pienaautorealizzazione, mentreresiste in noi la sensazionedell’assurdità di una vitasenza senso.L’insoddisfazioneesistenzialeè infatti presente inmoltissimi di coloro chesecondo i canoni degli ateiscientificidovrebberosentirsirealizzati in virtù dei loro

successi personali, tanto èvero che «lo psichiatraincontra abbastanza difrequente questa “volontà disignificato” sotto la formadella sua frustrazione»13.ViktorEmilFrankl,aseguitodei suoi attenti studipsicologici,hadimostratoconchiarezza che quelladell’autorealizzazione è unafalsa prospettiva, che ilsignificato valido per

l’esistenza umana «nonrisiede nell’appagamento enellarealizzazionedisestessiper mezzo di se stessi, […]comesel’uomoesistessesoloper soddisfare dei bisogni»;anzi è proprio questarappresentazione della vita arisultare «estremamentetraditrice o ingannatrice». Eforse«l’uomononèfattoperappagarsi e realizzarsi» in sestesso, ma per traguardare

una «auto-trascendenza, […]qualcosa o qualcuno che citrascende,chestaaldilàealdisopradinoistessi».14

La questione del senso ètalmente impossibile darisolvere in termini disoddisfazione psicologica emateriale da costringere chivuole sostenere il contrario arimanere in uno stato diconfusionetautologica,com’èaccaduto al teorico della

letteratura Terry Eagleton.Quest’ultimo, criticandoapertamente Dawkins e ilnuovoateismo,hapensatodiriuscire ad ampliare ilsignificatoprofondodellavitadall’angusta felicitàindividuale degli ateiscientifici alla felicitàassociata all’amore per ilprossimo in una comunità,ossia al «creare per l’altro lospazio in cui egli possa

svilupparsi, mentrecontemporaneamente l’altrofa lo stessopernoi».Eglihaportato come esempio diquestocompimentodisensoisuonatori di un’orchestra dijazz impegnati in una jamsession: qui la «liberaespressione musicale diognuno dei membri agiscecome base per la liberaespressione degli altri». Aconclusione delle sue

riflessioni filosofiche,chiaramente influenzate dalsuo comunitarismo marxista,è stato tuttavia costretto ariconoscere che la sua è ineffetti «un’aspirazioneutopica», perché insegue«una forma di vitacompletamente inutile,proprio com’è inutile unasessione di jazz», per cui «ilsenso della vita ècuriosamente prossimo

all’insensatezza».Si tratta con tutta

evidenza di un modorassegnatodiargomentareperparadossi col quale Eagletoncerca di celare un paleseinsuccesso, consolandosi pergiuntaconlaconvinzionechein fondoè«unacaratteristicadellamodernitànonriuscirearisolvere le questioni piùimportanti».15 Si tratta, inaltreparole,diuntentativodi

arrampicarsisuglispecchipernon riconoscere il caratteretrascendente e quindimetafisico delle questioni disenso. Non si può infattifondare il significato delmondo e della nostraesistenza su elementiaccidentali e utopici, sufattori casuali o su atteseillusorie, altrimenti si devericonoscereconStirnerchesifonda la propria causa sul

nulla.16Questo sembra del resto

l’esito finale della paraboladell’ateismo contemporaneo:si parte dalla negazione diDio per affermaremaggiormente l’uomo, si dàspazio al caso per negare lapresenza di un Creatore, masi approda soltanto alnichilismo dissolutorio; sifinisce cioè per nullificarequalsiasi cosa, per far

sprofondare la causa umananel vuoto esistenziale.Volendousareun’espressionediRichardDawkins, il fiumedella vita che sgorga dalGiardinodell’Eden(Riveroutof Eden) per gli atei scorreinesorabilmenteversoilnullaedègià inunnulladisenso.Ma se il nulla fosse davverola verità ultima, anche l’ateone uscirebbe sconfitto e nonavrebbe di che gioire o

trionfare,perchéallamortediDio seguirebbe la modernamorte dell’uomo di cui haparlato lo psicanalista ErichFromm.17 Occorre inveceammettereche«dietroilcasoapparentemente tale vipotrebbe essere un senso piùelevato o più profondo, unsenso ultimo»18 che nessunopuòrinunciareacercare.

Il perfetto ateo sta sul

penultimo gradino primadella fede più perfetta.(Fëdor MichailovičDostoevskij)

1 VediG.M.M.Cottier,L’athéisme dujeune Marx. Ses origines hégéliennes,Vrin,Paris1959.2 Vedi I. Kant, Critica della ragionpura, «L’ideale della ragion pura»,sezioni V-VII (B 595/A 567-B 670-A642),Utet,Torino1967,pp.461-508.3 J.Wisdom, La logica di Dio e altrisaggi sulla religione, Quodlibet,Macerata2010,p.69.

4 R. Audi, La razionalità dellareligione, Cortina, Milano 2014, pp.256-57.5 Wisdom, La logica di Dio e altrisaggicit.,p.69.6 Audi, La razionalità della religionecit.,p.287.7V.E.Frankl,Lasofferenzadiunavitasenza senso, Elledici, Torino 1978, p.34.OraancheMursia,Milano2013.8 V.E. Frankl, Logoterapia medicinadell’anima,Gribaudi,Milano2001,pp.252-53.9 M. de Unamuno, Del sentimentotragicodellavita,SE,Milano2003,p.184.

10 C.S. Lewis, Il problema dellasofferenza,GBU,Roma1988,p.32.11VediG.Lohfink,Diononesiste!Gliargomenti del nuovo ateismo, SanPaolo,CiniselloBalsamo2010,p.104.12M.F.Sciacca,Filosofiaemetafisica,Marzorati,Milano 1962, vol. II, p. 22.Sciacca attribuisce questo sofismaall’ateismo pratico, ma a nostrogiudizio risulta valido anche perl’ateismoteoretico.13 V.E. Frankl, Alla ricerca di unsignificato della vita, Mursia, Milano1974,p.73.14Ivi,pp.83-84.15T.Eagleton,Ilsensodellavita.Una

introduzione filosofica, Ponte alleGrazie,Milano2011.16 M. Stirner, L’Unico e la suaproprietà, Adelphi, Milano 1999, p.381.17 Vedi E. Fromm, Psicanalisi dellasocietà contemporanea, Comunità,Milano1960,p.386.18V.E.Frankl,Ciòchenonèscrittoneimiei libri. Appunti autobiografici sullavita come compito, Franco Angeli,Milano2012,p.55.

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ZUCKERMANP.,SocietywithoutGod,NewYorkUniversityPress,NewYork2008

Indice

Prefazione

1.Lasfidadello«stolto»

Deusnonest!(IlproblemadiDio)

QualeDio?(Teismo,deismoepanteismo)

L’ateismoclassico(GliateiinGreciaeinRoma)

L’ateismomoderno(ComeseDiononcifosse)

2.FedeeateismoInterpretazioni

dell’ateismo(Perchési

diventaatei)Cristianesimoeateismo

(Unasfidaperilcredente)

Chiesacattolicaeateismo(L’erroreel’errante)

Vecchienuoviateismi(Formedell’ateismo)

Metamorfosidell’ateo(Quattrotipidiateismo)

3.L’uomocontroDioLanaturaumanaeisuoi

principi(P.Bayleeipensatorilibertini)

Ilbuonsensodell’ateo(P.-H.T.d’Holbach)

L’umanizzazionediDio(L.Feuerbach)

Lademitizzazionedell’uomo-Dio(D.F.Strauss,B.Bauer,N.Hartmann)

LamortediDio(F.Nietzsche)

Tuttoèpermesso(J.-P.Sartre)

Unaquestionesenzaimportanza(M.Heidegger,M.Merleau-Ponty,C.Lévi-Strauss,M.Foucault)

4.L’oppiodeipopoliLasocietàdegliatei(J.

Meslier)L’uomononèuno

schiavo(P.-J.Proudhon,

M.Bakunin)L’Unicoeilnulla(M.

Stirner)Unasovrastruttura(K.

Marx,F.Engels,G.V.Plekhanov,N.Lenin)

Lacrisidellamodernità(E.Bloch,J.-F.Lyotard,M.Horkheimer,Th.Adorno)

5.Ildestinodiun’illusioneIlparadigmadominante

(Scienzaeateismo)Lostadiopositivo(A.

Comte,É.Durkheim)Igermoglidelpositivismo

(J.-E.Renan,F.LeDantec)

Unaproiezioneinconscia(S.Freud)

IlnonsensodiDio(B.Russell,A.Flew,R.Carnap,J.N.Findlay)

Qualcosadalnulla(S.

Weinberg,S.Hawking,C.Sagan,V.J.Stenger,L.M.Krauss)

Casoenecessità(P.W.Atkins,J.Monod,F.Jacob,D.C.Dennett,R.Dawkins)

6.LoscandalodelmaleIlfiumedellavita

(Naturalizzazionedelmale)

Ivelenidellareligione

(M.Onfray,S.Harris,Ch.Hitchens)

IldilemmadiEpicuro(Ilmondoclassico,G.C.Vanini,H.Jonas)

Ilmiglioredeimondipossibili(G.W.Leibniz,Voltaire,I.Kant)

Ilmalediesistere(J.O.deLaMettrie,D.-A.-F.deSade,A.Schopenhauer)

LarivoltadiPrometeo

(G.Leopardi,A.Camus)Conclusione

Bibliografia