Maxi010_SEDUZIONE GRECA

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1 R O M A N Z O Dal 28 ottobre solo euro Scopri le trame su www.eHar mony.it La Dinastia degli Elliott - Liam, Finola e Shane fanno parte di una della famiglie di editori più importanti di Manhattan, ma tra segreti, scandali e passioni, anche per loro arriverà, inesorabile, il momento di cedere all’amore. Seduzione greca H. Bianchin - K. Lawrence - J. James - S. Wood

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OM

ANZO GRAT I S

3 storie

6,00 euro

solo

Dal 28 ottobre

La Dinastia degli Elliott - Liam, Finola e Shane fanno parte di una della famiglie di editori più importanti di Manhattan, ma tra segreti, scandali e passioni, anche per loro arriverà, inesorabile, il momento di cedere all’amore.

Single in the city - Tre amiche hanno un sistema infallibile per far breccia sugli uomini: una gonna striminzita e un paio di gambe da urlo. Ma la vita insegna che la vera seduzione è fatta di tanti altri piccoli dettagli perché la preda cada alla fi ne nella rete.

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H. Bianchin - K. Lawrence - J. James - S. Wood

Seduzione greca

Titoli originali delle edizioni in lingua inglese: The Marriage Campaign The Greek Tycoon's Wife The Greek's Virgin Bride

The Greek Millionaire's Marriage Harlequin Mills & Boon Presents

Harlequin Mills & Boon Modern Romance Harlequin Mills & Boon Modern Romance Harlequin Mills & Boon Modern Romance

© 1998 Helen Bianchin © 2002 Kim Lawrence

© 2003 Julia James © 2004 Sara Wood

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto

di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con

Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

persone della vita reale è puramente casuale.

Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

© 2000 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prime edizioni gennaio 2000; ottobre 2003;

agosto 2004; gennaio 2006 Seconda edizione Harmony Maxi ottobre 2010

Questo volume è stato impresso nel settembre 2010

presso la Rotolito Lombarda - Milano

HARMONY MAXI ISSN 2036 - 3230

Periodico trimestrale n. 10 del 28/10/2010 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi

Registrazione Tribunale di Milano n. 121 del 16/3/2009 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale

Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione

Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti

contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

Pagina 7

Un greco a Sydney

Pagina 153

Ritrovarsi per sempre

Pagina 323

Invito in Grecia

Pagina 481

Gioco di sguardi

Un greco a Sydney

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Tornare a casa era sempre emozionante, indipen-dentemente da quanto lontana fosse stata e per quanto tempo, pensò tra sé Francesca, mentre il jet si preparava all'atterraggio virando sul porto rico-perto da una moltitudine di macchie multicolori, gli spinnaker delle barche a vela. Osservata dall'alto, Sydney offriva una spettaco-lare vista panoramica. L'oceano blu scintillante, le innumerevoli insenature e baie, i palazzi torreggian-ti, il possente Harbour Bridge e l'Opera House, un inimitabile capolavoro di vele gonfie, porcellana sfavillante e vetro fumé. Il sole abbagliante prometteva calde temperature estive, in aperto contrasto con quelle che Francesca aveva lasciato il giorno prima a Roma. Il Boeing si allineò con la pista di atterraggio, e pochi secondi dopo le ruote del velivolo urtarono il cemento, accompagnate dal rombo dei motori che frenavano la corsa. Dopo aver recuperato i bagagli e aver passato ra-pidamente la dogana, Francesca attraversò il settore arrivi, conscia degli sguardi incuriositi di alcuni dei presenti.

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Il tailleur pantalone color verde acqua che fascia-va il suo corpo alto e snello era di taglio impeccabi-le, il trucco essenziale, i capelli biondo rame raccol-ti morbidamente sulla sommità del capo. Il risultato era un'immagine attraente, che tuttavia sminuiva il suo status di top model internazionale. Quando Francesca uscì sul marciapiede, non c'e-rano fotografi né telecamere ad attenderla. Con un sorriso, estrasse gli occhiali da sole dalla borsa e se li infilò. Aveva assolutamente bisogno di trascorrere qual che giorno tranquilla, con la famiglia e gli amici, prima di rituffarsi nel turbine di sfilate, servizi foto-grafici e apparizioni pubbliche che l'aspettava. Salì su un taxi e, mentre il veicolo si immetteva nel traffico uscendo dal terminal dei voli interna-zionali, comunicò al conducente l'indirizzo del pro-prio appartamento nel quartiere residenziale di Double Bay. Durante il tragitto, Francesca osservò magazzini, palazzi di pietre grigie e brune, parchi circondati da platani, muri di pietra e cemento coperti di graffiti. Avrebbe potuto essere qualsiasi città del mondo, non per nulla Sydney era uno degli angoli più civi-lizzati dell'Australia, pensò lei tra sé. Ma quella era la sua città, dov'era nata e cresciu-ta, figlia di un immigrato italiano e di un'australia-na, che non era mai riuscita ad abituarsi ai vincoli del matrimonio. Con una smorfia ripensò agli anni della propria adolescenza, durante i quali tre patrigni e una quan-tità innumerevole di fratellastri e sorellastre si erano susseguiti nella sua vita. Poi naturalmente c'era Ma-deline, la bellissima seconda moglie di suo padre.

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«Sono venticinque dollari.» La voce del tassista la riportò al presente. France-sca estrasse due banconote dal portafoglio e le tese al conducente. «Tenga pure il resto.» Scesa dal taxi, inserì una tessera magnetica nella fessura adiacente alla doppia porta a vetri e, quando i due battenti si aprirono silenziosamente, entrò nel-l'atrio. La ragazza alla reception l'accolse con un sorriso. «Bentornata.» Le porse un mazzo di chiavi e una busta contenente la posta. «La sua auto è parcheg-giata al solito posto.» «Grazie.» Francesca raggiunse in ascensore l'ultimo piano, disattivò l'allarme ed entrò nel proprio appartamen-to. L'aria era pervasa da un tenue profumo di cera d'api e fiori freschi. In un vaso sul tavolo accanto al divano trovò un mazzo di rose dal delicato color pe-sca, con un biglietto di sua madre. Bentornata a ca-sa, tesoro. Sul tavolo in sala da pranzo notò una composi-zione di strelitzie, dai vivaci colori arancio e blu, con un altro biglietto di bentornato, questa volta da parte di suo padre. Nella segreteria telefonica c'erano dei messaggi, uno della sua agente, il resto di amici e conoscenti. Aveva ricevuto anche alcuni fax, nessuno dei quali le parve urgente. Se ne sarebbe occupata insieme alla posta, dopo essersi concessa una doccia e aver disfatto le valigie. Era bello essere a casa, trovarsi finalmente in un ambiente familiare, e sapere che sarebbe potuta ri-manere per qualche settimana.

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Il pavimento di piastrelle di marmo color avorio era ricoperto da eleganti tappeti orientali. Le pareti e i tendaggi riprendevano la tonalità del pavimento. Quadri color verde acqua, blu, rosa e lilla adorna-vano le stanze, i loro colori accentuati da numerosi cuscini in tinte coordinate, sistemati con precisione strategica su divani e poltrone. Una sobria eleganza, unita a un tocco personale, rifletté soddisfatta Francesca mentre portava le va-ligie in camera da letto. I bagagli potevano aspettare, decise, mentre si spogliava e si dirigeva nel bagno adiacente alla propria stanza. La doccia lavò via una parte della stanchezza ac-cumulata durante le lunghe ore di volo, dopodiché Francesca estrasse dall'armadio un paio di pantaloni di cotone e una blusa smanicata, infilando i piedi nudi in un paio di sandali senza tacco. Prese la borsa e le chiavi, e scese nel parcheggio sotterraneo. Il traffico di Sydney era rapido e civile, molto di-verso da quello caotico, rumoroso e indisciplinato che Francesca aveva osservato per le vie di Roma. L'Italia. Patria dei suoi antenati paterni, nonché il paese in cui tre anni prima, durante un servizio fo-tografico, aveva incontrato e sposato il famoso pilo-ta di Formula Uno, Mario Angeletti. Solo pochi mesi più tardi aveva pianto al suo funerale, dopo che questi aveva perso la vita in un tragico inciden-te durante un Gran Premio. La settimana precedente era tornata a visitare quella tomba, in occasione del funerale della propria suocera, a sua volta vedova da anni. Non avrebbe risolto alcunché concentrandosi su

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pensieri tanto tristi, si ammonì mentre si dirigeva verso il più vicino centro commerciale. Aveva bisogno di valuta australiana e di cibo. Pochi minuti dopo parcheggiò l'auto, e si diresse verso la banca. La fila di persone che aspettavano di accedere al-lo sportello automatico esterno era tale, che France-sca preferì entrare nell'edificio dotato di aria condi-zionata, piuttosto che aspettare fuori con quel caldo soffocante. Con un sospiro si accorse di non essere stata la sola a optare per quella soluzione, e si mise in fila, aspettando che si liberasse una cassa. L'uomo di fronte a lei avanzò di un passo, e l'at-tenzione di Francesca fu attirata dal profumo della sua acqua di colonia. Un aroma intrigante, leggero e muschiato, che la incuriosì. Che tipo d'uomo poteva portare un profumo simile? Era alto, con i capelli scuri ben pettinati. Le spal-le ampie, la cui muscolatura risaltava sotto alla polo aderente. Vita affusolata, pantaloni dal taglio im-peccabile, natiche compatte. Era un contabile? O forse un avvocato? Proba-bilmente nessuno dei due, rifletté lei tra sé. In caso contrario avrebbe indossato l'immancabile abito scuro da lavoro. La fila procedeva più rapidamente di quanto a-vrebbe sperato, e Francesca osservò l'uomo dirigersi verso uno sportello. Doveva avere all'incirca trentacinque anni, pensò lei osservando il suo profilo. La mandibola squadra-ta, gli zigomi ampi e la bocca cesellata suggerivano un'origine europea. Era italiano, o forse greco. Lo sportello accanto a quello dove si era recato l'uomo si liberò, e Francesca si affrettò a richiedere

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la somma di denaro desiderata. Prese le banconote, le ripose nel portafoglio, poi si voltò per andarsene. Andò a sbattere contro un robusto corpo maschi-le. «Mi scusi.» Pronunciò quelle parole automati-camente, poi i suoi occhi si spalancarono per lo stu-pore, quando percepì il tocco di una mano che le serrava il polso. Dominic la osservò lentamente, lasciando scorre-re lo sguardo sul corpo snello, poi si concentrò sulla curva morbida delle labbra, prima che i suoi occhi catturassero quelli di lei. Aveva l'impressione di averla già vista. I tratti classici, l'ossatura delicata, la pelle pallida color crema, gli occhi castani dalle venature dorate. Ma furono soprattutto i suoi capelli ad affascinarlo. Raccolti in un soffice chignon all'altezza della nuca, lo meravigliarono per la loro lunghezza. Si doman-dò che aspetto potessero avere sciolti lungo la schiena, morbide onde color rame sparse tra lenzuo-la di seta bianca. Si affrettò a cancellare dalla propria mente quel-l'immagine tanto evocativa. Francesca si sentì mancare il fiato, le sembrò di essere attraversata da una scarica di energia primor-diale, e per alcuni interminabili secondi la sala e i suoi occupanti sparirono nell'oscurità. Era assurdo lasciarsi turbare così tanto, si disse mentalmente mentre tentava di riprendere a respira-re a un ritmo normale. Grazie al suo lavoro, incontrava uomini attraenti quasi ogni giorno. Non c'era alcunché di speciale in quell'uomo in particolare. Si trattava solo di una po-tente reazione chimica del proprio corpo, rifletté ra-zionalizzando l'accaduto.

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Quel pensiero, tuttavia, non le impedì di percepi-re la forza di quell'involontaria reazione. Una reazione che non le piacque. Anche lui la percepì. Francesca lo capì dalla cur-va di quella bocca sensuale, e da come quegli occhi scuri quasi neri si incupirono ulteriormente. Lo sconosciuto le sorrise mentre le lasciava andare il braccio. Francesca si costrinse a mantenere un'espressione fredda e distaccata. Con un gesto deliberatamente indifferente, ripose il portafoglio nella borsa, poi si diresse verso l'uscita. Lui la precedeva di qualche passo. Era difficile ignorare la grazia animale di quei muscoli e tendini in movimento, quella controllata forza di acciaio, che sembrava dominare corpo e mente. Ridicolo, si redarguì mentalmente Francesca, più scossa da quel pensiero capriccioso di quanto a-vrebbe mai voluto ammettere. Era solo un frutto della sua immaginazione iperattiva, causato dal viaggio estenuante e dal fatto che non si era ancora abituata al diverso fuso orario. Uscì sul marciapiede con espressione decisa. Il sole scintillava rovente, e fu ben contenta di poter nascondere i propri occhi dietro le lenti degli oc-chiali da sole, che fino a quel momento aveva tenu-to tra i capelli. Entrata in un supermercato, scelse con cura della frutta fresca. Doveva incontrare la sua famiglia e gli amici, quindi probabilmente la colazione sarebbe stata l'unico pasto che avrebbe consumato a casa propria. Quel pensiero le ricordò che doveva ancora effet-tuare svariate telefonate. Si diresse verso il settore

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dei latticini, dove prese latte, yogurt e uno spicchio di brie, il suo formaggio preferito. «Nessun vizio?» domandò con tono vagamente canzonatorio una profonda voce maschile. Francesca ormai conosceva tutti i tentativi di ab-bordaggio. E sapeva perfettamente come reagire. Si voltò adagio, ma le parole che avrebbe voluto pro-nunciare le morirono in gola quando riconobbe l'at-traente uomo dai capelli scuri contro il quale era andata a sbattere in banca. Aveva una bocca affascinante, denti bianchi e re-golari, e un sorriso che avrebbe fatto impazzire la maggior parte delle donne. Eppure nei suoi occhi lei scorse un'espressione che sembrava condannare o-gni tipo di artificio, una franchezza tanto schietta da risultare quasi fastidiosa. L'aveva seguita? Diede una rapida occhiata al contenuto del suo carrello, e notò che c'erano sva-riate confezioni di cibo. Forse no. L'umorismo si era spesso dimostrato un'arma e-stremamente utile. «Il gelato» rispose con un vago sorriso impertinente. «Alla vaniglia con caramello e gocce di cioccolato.» Gli occhi scuri scintillarono, e la profonda risata ebbe un effetto inatteso sull'equilibrio di Francesca. «Mi sembra di intuire che ha un debole per i dol-ci.» In quel momento, Dominic si accorse che lei por-tava un anello all'anulare sinistro, domandandosi al tempo stesso perché quella scoperta lo infastidisse tanto. Il suo lavoro come uomo d'affari non gli con-sentiva alcuna esitazione. E non si sarebbe certo concesso di esitare in una situazione simile. Allungò il braccio e sfiorò con un dito la fascia

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d'oro filigranato. «Che cosa significa questo?» Francesca allontanò di scatto la mano dal carrel-lo. «Non sono affari suoi.» Quindi, oltre a quegli splendidi capelli ramati, aveva anche un bel caratterino, rifletté lui, doman-dandosi allo stesso tempo se fosse altrettanto appas-sionata. Era sempre più incuriosito. «Suvvia, mi ac-contenti.» Lei avrebbe voluto voltarsi e andarsene, ma qual-cosa la spinse a rimanere. «E per quale motivo do-vrei farlo?» «Perché non toccherei mai ciò che appartiene a un altro.» Pronunciò quelle parole con letale dol-cezza, senza alcun tono di scusa. Francesca si co-strinse a trattenere l'ira. Non poteva perdere la propria dignità. Inspirò profondamente per calmarsi, lo osservò lentamente da capo a piedi, infine tornò a fissare il suo viso. «Una confezione piacevole» ammise con distac-co. Il suo sguardo incontrò quello di lui e lo sosten-ne. «A ogni modo, il contenuto non mi interessa.» «Peccato» mormorò lui con voce profonda e ro-ca. «Avrebbe potuto rivelarsi una scoperta decisa-mente affascinante» continuò, svelando uno spicca-to senso dell'umorismo, e qualcos'altro che lei non riuscì a definire. «Per entrambi.» «Può sognarselo» ribatté lei dolcemente, dirigen-dosi verso le casse. Lui non cercò di fermarla, eppure per un momen-to Francesca ebbe l'impressione che quell'uomo fos-se riuscito a raggiungere i più profondi recessi della sua persona scoprendone i segreti, per poi ritirarsi, sicuro della propria capacità di conquistarla. Che assurdità!, si redarguì mentalmente mentre

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caricava i sacchetti con la spesa nel bagagliaio e ri-portava indietro il carrello. Si sentiva stanca e tesa. Stanca come conseguen-za del lungo viaggio. Tesa a causa di un uomo che si augurava di non incontrare mai più. Rientrata nel proprio appartamento, ripose la spe-sa nel frigorifero. Poi si versò un bicchiere d'acqua ghiacciata e ne bevve metà prima di avvicinarsi al telefono. Un quarto d'ora dopo aveva parlato con entrambi i suoi genitori, accordandosi con loro su dove e quando si sarebbero incontrati. Poi digitò il numero della sua agente. Lavoro. Negli ultimi tre anni era stato la sua sal vezza. Viaggiare in tutto il mondo, sfilando per i più famosi designer di moda. Aveva il viso, il corpo e lo stile necessari per quella professione. Ma per quanto avrebbe potuto continuare a essere una delle elette? C'erano schiere di ragazzine assetate di fama e successo. E la moda era capricciosa e mutevole. La haute couture era un nido di vipere, l'ego de-gli stilisti adulato dalla clientela prestigiosa e dalla stampa. Eppure, nonostante l'esagerazione, l'eccessiva pubblicità e lo sfarzo, Francesca continuava a resta-re senza fiato quando l'arte visiva della creatività artistica produceva qualcosa di assolutamente spet-tacolare. Ciò rendeva tollerabili i voli aerei senza fine, le notti trascorse in camere d'albergo, i camerini affol-lati, nonché il panico che invariabilmente imperava dietro le scene. Un cinico avrebbe potuto aggiungere che i com-

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pensi astronomici aiutavano notevolmente a supera-re quei disagi. Ma la sicurezza economica era stata un elemento del quale Francesca aveva goduto da sempre. Cio-nonostante, suo padre si era assicurato che lei rima-nesse con i piedi ben piantati per terra. Il denaro era impegnato in investimenti, proprietà immobiliari, e in un invidiabile portafoglio aziona-rio, la cui rendita da sola avrebbe escluso il bisogno di lavorare. Eppure l'idea di restare inattiva non le era mai piaciuta. Forse erano i geni italiani ereditati da suo padre che la spingevano a impegnarsi con tutte le proprie energie in qualsiasi attività intraprendesse. Quel pensiero riportò Francesca al presente. «U-na settimana di riposo. Ne parliamo domani nel tuo ufficio. Ti va bene alle dieci?» domandò con tono deciso a Laraine. Riagganciò il ricevitore e si stiracchiò, sentendosi assalire dalla stanchezza. Si sarebbe preparata una cena leggera e poi se ne sarebbe andata a dormire.

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