L’etica di Tommaso

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L’etica di Tommaso. La libertà. Il primato dell’intelletto sulla volontà. La natura umana è caratterizzata dalla sua attività più ALTA, quella razionale. E’ l’intelletto la guida della volontà verso il bene sommo e la felicità che consiste nella contemplazione e nella conoscenza di DIO. - PowerPoint PPT Presentation

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L’etica di Tommaso

La libertà

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Il primato dell’intelletto sulla volontà

• La natura umana è caratterizzata dalla sua attività più ALTA, quella razionale. E’ l’intelletto la guida della volontà verso il bene sommo e la felicità che consiste nella contemplazione e nella conoscenza di DIO.

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Volontà e intelletto

• Ma la volontà nell’uomo, proprio per la sua dipendenza dall’intelletto, non è qualcosa di autonomo e autosufficiente. Essa è sempre permeata dall’intelletto. Tanto che se nell’animale esiste solo un

APPETITUS SENSITIVUSNell’uomo prevale una volontà che è definita

comeAPPETITUS RATIONALIS

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L’appetitus rationalis

• Esso è la tendenza, propria dell’uomo in quanto essere razionale, verso un oggetto considerato sotto un aspetto universale. Ciò significa che l’uomo vuole sempre qualcosa di cui viene valutato l’aspetto della sua bontà in generale (ratio boni): la volontà tende ad un oggetto che le si presenta come un bene.

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Il bene è deciso e presentato dall’intelletto

• Qui interviene l’intelletto che propone alla volontà un oggetto che esso stabilisce essere buono.

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La libertà

“Se è proposto alla volontà un oggetto che è totalmente buono, la volontà tende ad esso NECESSARIAMENTE, ma se le è proposto un oggetto che non sia buono sotto ogni aspetto, la volontà non è portata ad esso necessariamente” (Summa Theologiae, 1° 2°, q. 10, art. 2).

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Gli oggetti particolari

• Nessun oggetto particolare e di questo mondo è bene sotto ogni aspetto. Nella nostra esperienza ogni oggetto è sempre manchevole rispetto all’ideale del bene. Se guardiamo a questa mancanza l’oggetto può non essere voluto. NESSUN BENE FINITO HA IL POTERE DI DETERMINARE NECESSARIAMENTE LA NOSTRA VOLONTÀ

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Sinderesi e coscienza(Summa Theologiae 1,1 q. 94, art. 1)

• Noi capiamo quali sono i principio ultimi, gli oggetti ultimi del nostro volere, tramite una conoscenza diremmo innata. Questa è da Tommaso chiamata sinderesi. Questa forma di sapere da sempre inscritta nella nostra coscienza ci inclina verso il bene e ci fa fuggire il male.Tuttavia bisogna poi APPLICARE questi principi che ci dicono quale è il bene sommo e il fine ultimo della nostra vita, alle concrete situazioni della vita. L’applicazione dei principi ultimi avviene tramite la COSCIENZA

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Il mezzo per ottenere il fine

• E’ la coscienza che, dato il fine ultimo, stabilisce se questo bene particolare ci conduce o meno al fine ultimo mettendo in atto un SILLOGISMO PRATICO cioè un giudizio (arbitrium): esso ha come premessa maggiore la nostra volontà di bene, come premessa minore il riconoscimento del carattere buono di un dato oggetto e come conclusione la scelta

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Esempio di sillogismo pratico

Bene è la sapienza (premessa maggiore)La scuola mi aiuta a raggiungere la

sapienza (premessa minore)Io vado a scuola (conclusione, scelta

concreta)

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Dove sta la libertà• Il problema è che se tutto funziona in modo

logicamente necessario, non vi è libertà, ma la scelta è obbligata. Tuttavia nei beni concreti non vi è sicurezza piena del loro carattere buono (nel nostro esempio, io non ho la sicurezza che la scuola aiuti ad acquisire sapienza: dipende dal tipo di scuola, dagli insegnanti,etc.). Il buono cioè non è mai totale, ma sotto un dato aspetto. La volontà a questo punto entra in gioco, perché inclina a farmi vedere gli aspetti positivi o negativi di un dato bene finito, orientando LIBERAMENTE il giudizio.

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La prudenza

• L’abito, cioè l’abitudine, a formulare corretti giudizi pratici, cioè ad orientare la propria libertà a ciò che è veramente un bene, è la PRUDENZA. Essa è il corrispettivo pratico/etico della scienza nell’ambito teoretico. Così come la scienza ci permette di formulare giudizi corretti circa gli oggetti che conosciamo, allo stesso modo la prudenza ci permette di formulare giudizi corretti circa l’oggetto della nostra volontà e quindi circa le nostre azioni.

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Atti volontari• Ciò che conta nell’azione morale è la volontarietà e consapevolezza

di un atto. Si distinguono pertanto gli ATTI prodotti da una volontà consapevole dagli atti involontari che sono assimilabili a semplici EVENTI.

• Un atto è l’azione di strizzare l’occhio a qualcuno in segno d’intesa• Un atto involontario è il tic nervoso che ogni tanto di fa strizzare

l’occhio.• Nel primo caso c’è una volontà consapevole che produce un’azione,

nel secondo caso accade semplicemente che vi sia una contrazione nervosa.

• Quest’ultimo accadimento è assimilabile ad un semplice evento di cui nessuno può essere responsabile e di cui non si può chiedere conto a nessuno, come quando un oggetto cade nel vuoto.

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L’atto buono

• Perché vi sia un atto umano ci vuole una volontà che tende ad un oggetto che gli è stato presentato dall’intelletto. Perché l’atto sia buono la volontà deve tendere ad un bene. Ciò che conta dunque nella morale non è che cosa accade, ma che l’intenzione che lo fa accadere sia buona, cioè che la volontà nell’azione si diriga verso ciò che in buona fede ha conosciuto che sia un bene.

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Nell’atto morale• L’intelletto conosce un bene sommo• La volontà vi si dirige• L’intelletto ha anche di fronte beni particolari che

sono un po’ bene un po’ male• La coscienza produce un sillogismo pratico in

cui la volontà inclina verso un aspetto positivo o negativo dell’oggetto in questione

• La coscienza sceglie ciò che è bene• La volontà vi si dirige• Si compie l’azione

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La volontà cattiva

• Accade che la volontà possa, trascinata dalle passioni, scegliere qualcosa che l’intelletto le ha presentato come male, enfatizzando l’aspetto positivo, pur sempre presente in ogni oggetto della volontà, nonostante questo aspetto sia chiaramente sovrastato da quelli negativi. In questo caso l’atto che ne scaturisce è moralmente riprovevole.

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La volontà cattiva

• Può pure accadere che la volontà sbagli in quanto l’intelletto le ha presentato un oggetto come bene, mentre esso aveva solamente l’apparenza del bene. In tal caso si può avere oggettivamente un errore, ma soggettivamente no, se l’intelletto nel comprendere l’oggetto in questione non è stato negligente.

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L’adulterio• Se è comune usanza la poligamia e io, pur sposato con

una donna, ne amo un’altra,commetto adulterio, poiché deve essere mio compito quello di riflettere sull’intrinseca malvagità di tradire mia moglie, al di là di ciò che è consuetudine fare in un dato contesto.In tal caso la coscienza erronea non scusa la volontà. Viceversa se di notte e al buio si infila nella mia stanza una donna che si finge mia moglie, pur essendo un’altra persona, il mio intelletto crede di avere a che fare con la legittima sposa e accetta la sua “compagnia, anche se oggettivamente sbaglia, soggettivamente è scusabile perché in buona fede e solamente tratto in inganno da un’ altra volontà cattiva.

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L’errore e il peccato

• In sostanza l’errore dell’intelletto nel presentare come bene ciò che è male, è peccaminoso se l’intelletto stesso non ha esaminato convenientemente tutte le circostanze e ha rinunciato a riflettere sull’atto che sta proponendo alla volontà, se lo ha fatto non lo è. Mentre l’atto volontario è peccaminoso se, malgrado il corretto operare dell’intelletto, la volontà ha inclinato ugualmente verso il male.

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La legge

• La legge è un principio esterno che guida e sostiene l’agire umano nel suo dirigersi al proprio fine

• Essa è promulgata dall’autorità preposta che ha per fine un bene riguardante tutta la comunità, il bene comune

• In ultima analisi chi comanda è Dio, dunque la legge alla totalità degli uomini è data da Dio.

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Legge eterna

• Vi sono diversi livelli di legge. La legge ETERNA corrisponde all’ordinamento dell’universo così come è stato voluto da Dio.

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Legge naturale

• La legge naturale è quella parte di legge eterna che noi possiamo comprendere e assimilare in quanto creature razionali

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Legge umana

• La legge umana è nata per regolare la vita civile e per applicare alle situazioni concrete e contingenti ciò che la legge eterna e naturale prescrive in senso generale. Essa aggiunge alla convinzione del cuore una EFFICACIA COERCITIVA che corrisponde alla statuizione di premi e/o pene per coloro che vi si adeguano e per coloro che la trasgrediscono.

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Convivenza civile

• Le leggi civili e coercitive non ripetono l’intero contenuto della legge eterna e naturale, perché il loro scopo è quello di garantire le condizioni minime della convivenza pacifica, vietando i vizi e i crimini più pericolosi e prescrivendo le virtù più importanti.

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Lex injusta

• Se il legislatore umano promulga leggi ingiuste (scil. Contro la legge naturale e/o eterna) i cittadini posso e devono opporre resistenza (anche se tale resistenza non può mai giungere mai al tirannicidio)

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I governi• Il bene comune è il criterio di valutazione dei

governi. Esso deve essere perseguito al di là degli interessi particolari dei governanti.

• La MONARCHIA è il sistema di governo migliore perché meglio garantisce l’unità e dunque l’ordine del corpo sociale. Tuttavia è anche il governo più a rischio della peggiore degenerazione: la tirannia. Quest’ultimo è il governo dell’arbitrio, in cui la concentrazione del potere in una persona conduce il sovrano a ritenersi immune dalla legge naturale.

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