La vita nel Medioevo - cians.it...sto di Santo Stefano a Vienna, fu eletto vescovo di Trento nel...

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37 Ars Historiaeaprile/giugno 2007

l committenteIl mecenate del Ciclo dei Me-si, così come dell’adegua-

mento di Torre Aquila da zo-na difensiva a luogo privato e colto, è ilvescovo Giorgio di Liechtenstein. Di-scendente di una ricca e possidente fa-miglia aristocratica morava, già prevo-sto di Santo Stefano a Vienna, fu elettovescovo di Trento nel marzo del 1391.Una volta insediato in città, cominciò adesercitare la sua committenza per la ri-strutturazione di vari ambienti, in par-ticolar modo nell’area in esame, ma lesue commissioni artistiche furono nu-merose ed eclettiche e spaziavano dal-l’oreficeria destinata al culto al ricamodei paramenti religiosi, dagli arredi al-le suppellettili, dagli arazzi di manifat-tura francese ai preziosi libri miniati. Traquesti è ricordato soprattutto unostraordinario Tacuinum Sanitatis, pic-cola enciclopedia illustrata di carattereigienico-sanitario, basata su antichi te-sti arabi, di produzione lombardo-vi-scontea, oggi conservata alla BibliotecaNazionale austriaca di Vienna.Nel febbraio del 1407, con la sommos-sa di Trento e l’entrata in città del ducadel Tirolo Federico IV d’Austria, dettoil “Tascavuota”, il vescovo venne impri-gionato e scacciato da Trento mentre isuoi beni furono requisiti e portati aVienna.Le immagini del Ciclo dei Mesi, la cuiregia si deve certamente a Giorgio diLiechtenstein, con la loro orchestrazio-ne di vita cortese e degli umili, in unequilibrio compositivo misurato e qua-si perfetto, appaiono come un discorsoprogrammatico di un ideale politico acui il prelato ambiva, per trasformare ilprincipato trentino in un esempio di ar-monia sociale. Ecco che, allora, la me-tafora del “buongoverno” e l’ideale or-dine politico, sembrano essere il moti-vo centrale, forse la ragione stessa, delCiclo dei Mesi, commissionato dal ve-scovo.

Ma l’utopia si scontrò con la realtà. Glianni del suo vescovato furono segna-ti da rivolte contadine, dal saccheggiodei castelli e da lotte contro le illusio-ni neofeudali del Liechtenstein, finoalla definitiva sommossa che lo allon-tanò dal Castello del Buonconsiglionell’aprile del 1407 e della quale restala testimonianza diretta di un graffitosu una parete del terzo piano di Tor-re Aquila.

L’esecutoreIl nome che ricorre per identificarel’autore degli affreschi del Ciclo deiMesi, è Venceslao. Questo per un con-fronto da documenti coevi dai qualiappare che un pittore boemo di nomeVenceslao, registrato nel libro dellaconfraternita dei pittori di Sant’Anto-nio all’Arlberg come pittore del ve-scovo di Trento, eseguì gli affreschidella cappella del cimitero di Ruffianopresso Merano nel 1415. Ma questapaternità è confutata dal confronto trai due cicli, a causa di una notevole dif-ferenza qualitativa a favore del Ciclodi Torre Aquila, eseguito, tra l’altro,almeno tre lustri prima. Anche se l’i-dentità del pittore non coincide, conassoluta probabilità entrambi denun-ciano un’origine boema, evidenziata,per quel che riguarda il maestro deiMesi, dall’uso di particolari, tratti cer-tamente dalla conoscenza della mi-niatura boema (forse miniatore eglistesso per l’uso di una pennellata finee descrittiva) che, fiorita nell’ultimodecennio del Trecento intorno allacorte di re Venceslao, ottenne risulta-ti pregiatissimi nella celebre Wenze-sbibel, la Bibbia in vari volumi com-missionati ai migliori miniatori nel1395, e ora conservata a Vienna nellaBiblioteca Nazionale. Vari sono i mo-menti di vicinanza, probabilmentetratti direttamente da questo bacinoiconografico. Ma la cultura figurativa del maestro

di Torre Aquila si compone anche dialtri elementi desunti dalla visione diopere lombarde e dalla lezione dei Ta-cuina viscontei presenti nel Tirolo, co-me si deduce dall’attenzione naturali-stica ai particolari, alla vegetazione,agli oggetti di uso quotidiano, alle ca-ratteristiche climatiche. Al contrario,però, si può escludere un’origine ita-liana o lombarda del pittore, perchéin lui mancano quelle caratteristichestilistiche di precisa definizione spa-ziale e appaiono invece diverse in-congruenze di proporzioni e scala trafigure e ambienti, non consone ad ar-tisti formati nella cultura pittorica ita-liana.La personalità dell’artista si è arric-chita certamente delle influenze del-le arazzerie francesi di appartenenzadel vescovo e, infine, sicuramente ilpittore si è servito dei taccuini di schiz-zi e modelli, allora in gran circolazio-ne, da cui gli artisti traevano partico-lari di figure, paesaggi o panneggi. L’u-so di questi repertori spiegherebbecerte incongruenze di accostamenti ol’isolamento di alcuni particolari nel-l’insieme delle scene (per esempio nelmese di gennaio il paesaggio è inne-vato, ma non c’è neve sul castello diStenico che lo domina). L’ultimo dato da sottolineare è la vi-vacità dello sguardo del pittore che hasaputo cogliere e riproporre, dall’os-servazione della realtà, tanti partico-lari tipici della cultura del Tirolo, co-me certi strumenti di lavoro assolu-tamente locali.Qualunque nome avesse questo arti-sta, ha lasciato uno dei momenti piùalti della pittura del gotico internazio-nale e il suo eclettismo è il prodottodi una formazione boemo-vienneseunita agli elementi lombardo-verone-si che circolavano nel clima culturaledella valle dell’Adige, come afferma latesi di Niccolò Rasmo, a cui oggi tut-ta la critica si allinea.

I

di Giuliana Ghidonigiuliana.ghidoni@libero.it

Il ciclo dei mesi di Torre Aquila a Trento

La vita nel Medioevo

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È una delle rappresentazioni più ar-ticolate, in cui i due temi della vitacortese e del mondo rurale si intrec-ciano nell’intero quadro compositivo. In questo mese saltano all’occhio lapreponderanza dell’ambiente agre-ste, che comincia a risvegliarsi, e illavoro dell’uomo. A partire dal bas-so, si possono notare due contadinial lavoro, mentre girano la terra conl’aratro, con l’aiuto di buoi e anche diun cavallo (un’altra scena di araturasi troverà nel mese di settembre). Illoro abbigliamento è decisamente dalavoro: l’uomo che pungola i buoi pro-babilmente indossa un guarnello e uncappuccio appoggiato sul capo, men-tre l’aratore ha i piedi nudi nei calza-ri aperti e indossa un interessantecappello di paglia a tesa larga, atto ariparare dal sole, ma anche da un’e-ventuale pioggia. Poco sopra è viva-ce e realistica la scena dell’insegui-mento della lepre da parte di un se-gugio, in un sottobosco pieno di fun-ghi. Si evidenzia questo particolarein riferimento al brano, tratto dalTheatrum Sanitatis, in cui si leggeche “Le carni leporine sono calde e sec-che in secondo grado e le migliori ri-sultano essere quelle degli animali cat-turati con la caccia dei cani. Giovanoa coloro che sono affetti da una mo-derata pinguedine ma possono nuoce-re perché producono insonnia. Si evi-ta questo danno condendo queste car-ni con spezie di odore sottile e pene-trante.” La lepre era comunque un ci-bo prelibato e molte erano le ricette percucinarlo: “…le carni si facciano frol-lare al sereno della notte … i leprottisono soavi e graditi allo stomaco, siacotti in acqua e vino con salvia e chio-di di garofano oppure in pasticcio…”(“Il libro di casa Cerruti – Tacuinum

sanitatis in medicina”).La presenza dei funghi sottolinea l’u-midità del terreno, evidenziata anchedall’attenzione con cui le due damesulla destra raccolgono le falde delleloro vesti mentre passeggiano in di-rezione del mese successivo, legan-dosi ad esso con il particolare curio-so del braccio della donna in verde,che si appoggia alla colonnina archi-tettonica dipinta a delimitazione delquadro: un unicum nell’intero ciclo.Intanto, poco più su, altre dame si de-dicano all’attività dell’Hortus, chiusoda una recinzione di incannicciata, co-sì come il brolo e l’arativo. Queste re-cinzioni, a tessuto semplice, solide edelastiche, venivano realizzate con ipolloni del salix incana e le molte cep-paie. Una delle dame semina con l’aiu-to di un cavicchio e inserendo i semicon un dito (esattamente come si faancora oggi), mentre l’altra getta aschizzo, con il pollice, dell’acqua dauna bacinella sulle piantine appenanate. Fuori dall’orto altri contadinisembrano incamminarsi al campocon le bestie, o forse se ne stanno an-dando dopo aver fatto il proprio la-voro? Il ragazzo che guida i buoi in-dossa solo una camicia e calzebraghestrappate al ginocchio e senza piede,non ha calzature e si contrappone aglialtri due uomini nella scena del cam-po: quello a cavallo, indaffarato ad er-picare il terreno, indossa una gon-nella abbottonata davanti, una ber-retta, calzebraghe e scarpe, il semi-natore a destra, che tiene i semi in untelo appeso ai fianchi, veste una ciop-petta, un cappuccio, calzebraghe del-lo stesso colore della cioppetta e scar-pe. Entrambi denunciano una condi-zione sociale un poco superiore, for-se uno è il proprietario del terreno.

L’erpice è costruito completamentein legno, a telaio quadrato con tre tra-verse, neppure i “chiodi” che raspa-no la terra sono in ferro.Ecco poi un mulino, come incasto-nato nella montagna, n po’ scostatodal villaggio: l’acqua arriva sulla ruo-ta dall’alto, da un ruscelletto che hapreso velocità tra le rocce. Nel vil-laggio notiamo una tipologia di abi-tazioni tipicamente rurale: tetti in pa-glia, pareti in muratura molte sem-plice. Ogni abitazione è diversa dal-l’altra, denotando, come sempre inquesti affreschi, una grande atten-zione al realismo: si notano scale co-perte, con animali messi nel sotto-scala (forse un maiale?), portoni eporte rialzate dal livello della terra,abbaini, chiavistelli in legno, ferratu-re e cardini in ferro, intelaiature perfar girare l’aria in un probabile gra-naio. Solo la chiesetta spicca per lasua intonacatura bianca e il tetto integole rosse. La foggia pare essereancora romanica, con un piccolo cam-panile a vela. Bello anche il pozzo, dacui attingere attraverso un particola-re meccanismo a bilancia. Nel villag-gio deserto (forse sono tutti nei cam-pi?), c’è solo un cane addormentatoe un viandante di passaggio, anch’e-gli segno della bella stagione alle por-te. Indossa una schiavina (soprabitoa grandi pieghe, lungo sino al pol-paccio con maniche larghe), un cap-pello a calotta con tesa larga, proba-bilmente di feltro, la bisaccia, un cap-puccio dello stesso colore della schia-vina e ha il bordone, il caratteristicobastone usato dai pellegrini.Più su, già in zona più montana, vistala vegetazione mutata, un orso cercaaffannosamente del cibo, dopo il ri-sveglio dal letargo.

Commento a cura di Davide Bonali, Cinzia Cappelletti, Paola Fabbri, Anna Fabbri

Aprile

Se nel mese precedente, come è nel-la realtà, erano solo gli alberi ad es-sere in fiore, ora anche i prati e i ce-spugli di rose trionfano nel mese de-dicato a loro. In questo immenso giar-dino le coppie si svagano con giochiamorosi: le dame sfuggono, incoro-nano i loro corteggiatori inginoc-chiati, appartati si scambiano affu-sioni. Sono famose le festività per ilCalendimaggio e questo ne è unesempio. Più che un momento di unaspecifica festa, sembra però che l’au-tore volesse mostrare come tutto que-sto mese fosse dedicato a tali diver-timenti. Gli abiti sono eleganti e fre-schi, adatti ad una festa fuori palaz-zo. In questo insieme di gioia, di cor-teggiamenti e di incontri amorosi,possiamo notare bellissime pellande;data l’ampiezza delle maniche non do-vrebbe trattarsi di gonnelle, che era-no una “veste per di sotto” e quindinon potevano avere maniche larghe,come la pellanda indossata dalla fan-ciulla a sinistra, che ci mostra un’am-pia scollatura ovale, caratteristica del-la fine del XIV secolo e larghissimemaniche, come del resto tutti gli in-dumenti maschili e femminili raffi-gurati in questo mese. Graziosa l’im-magine della fanciulla in alto a destraintenta ad immergere le mani nellafonte, le maniche della sua soprav-veste sono ornate all’orlo da una guar-nizione a foglia di quercia, come le af-frappature che ornano l’orlo della fi-gura maschile in basso al centro. Nel-la figura femminile seduta al tavolo siintravede una scollatura a punta bor-data di pelliccia. Molto belle anche lesopravvesti maschili (Cioppetta). Diparticolare bellezza ed eleganza è lafigura del giovane in ginocchio a de-

stra con calzebraghe bipartite e ciop-petta in tessuto broccato d’oro “litte-rato” (decorazioni a forma di lettere),con ampie maniche affrappate chemettono in risalto l’azzurro della fo-dera. Le teste dei personaggi, dai ca-pelli rigorosamente biondi, sono de-corate da ghirlande di fiori e da na-stri che conferiscono alle figure unagrazia e una freschezza tipicamentegiovanile. Le ghirlande fiorite nonrappresentavano soltanto un’accon-ciatura femminile ma un messaggiod’amore, che le ragazze regalavanoai giovani e viceversa. Per essere ele-gante una ghirlanda doveva essereleggera: Francesco da Barberino con-siglia alla fanciulla “... che non vi af-fastelli troppi fiori, e tra questi scelgali più piccoletti”(1).Si notano anche i copricapi femmini-li molto particolari della zona (somi-glianti ad un basco), presenti anchenegli altri mesi. Appena fuori le mura della città, altrecoppie si stanno godendo un pranzoall’aria aperta, vicino ad una fontanadove potersi rinfrescare e attingerel’acqua. Altra comodità è il tavolino tondo, pro-babilmente portatile e basso (vistoche i commensali paiono seduti perterra o sui massi): evidentemente inobili commensali non volevano far-si mancare nulla, neppure per un ban-chetto agreste, senza però dimenti-care la praticità. Si può notare la tovaglia in lino bian-co con decoro bianco su bianco a oc-chio di pernice, la trama a losangheera largamente diffusa e veniva tes-suta anche su telai domestici. Postodi fronte ad ogni commensale si ve-de una spessa fetta di pane detta “ta-

gliere” o “mensa”, che aveva la fun-zione di identificare il cibo che il com-mensale aveva preso dal piatto co-mune, e aveva già incominciato amangiare, e di salvaguardare la tova-glia assorbendo i sughi della vivan-da. Vicino alla “mensa” è posato il col-tello, oggetto indispensabile sulla ta-vola medievale. A tavola, la personaeducata poteva scegliere di prendereil cibo dal piatto comune infilzandolocon il suo coltello o usando le dita del-la mano destra. Al centro della tavo-la spicca il piatto comune con un vo-latile, presumibilmente arrostito, da-to che è rappresentato intero.La città, raggiungibile attraverso unponte levatoio in legno, è elegante eben difesa. Lo stacco dal villaggio diprima è notevole: mura possenti inpietra locale (non sembrano mattoni,visto che il colore della roccia dellamontagna accanto è lo stesso) conmolte torri (di cui alcune sicura-mente scudate, cioè senza muro ver-so l’interno della città). Interessantianche le strutture lignee con tetto co-perto da tegole, che aggettano dallemura e da una torre: le prime, piùestese, forse in funzione difensiva (siaffacciano a fianco dell’ingresso del-la città), mentre la seconda struttura,più piccola è probabilmente un ba-gno. All’interno delle mura si vedonoricche abitazioni a più piani con tor-ri in muratura (o pietra?) e tetti in mat-toni. Anche qui spicca la chiesa into-nacata, ma in questo caso le formesono elegantemente moderne e goti-che. Sulla piazza della cittadina si af-faccia un ricco palazzo dotato di co-perti, probabilmente il luogo deputa-to all’amministrazione del potere edegli affari.

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Commento a cura di Davide Bonali, Cinzia Cappelletti, Paola Fabbri, Anna Fabbri

Maggio

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Giugno ci appare coloratissimo, tra ilverde della vegetazione, il rosso dellaroccia, i palazzi della città, i brillanti co-lori degli abiti dalle svariate fogge.Come sempre gli elementi più di spic-co sono i divertimenti dei nobili signo-ri, che qui paiono avanzare danzando acoppie. Sembra di notare che le coppiesiano messe in ordine d’età, dai più gio-vani ai più anziani (la coppia più vicinaai musici). Anche l’abbigliamento variaa seconda dell’età, da abiti e acconcia-ture più allegre e goderecce a guar-nacche molto coprenti e scure: soprat-tutto per le dame, si passa da vesti ver-di (il colore della giovinezza), abbon-danti scollature (come la terza dama),tagli aderenti e capelli scoperti (anchese raccolti) a abiti accollati, ampi e scu-ri e cappelli che nascondono le capi-gliature. Anche gli uomini passano daabiti succinti (come il secondo), ele-ganti cinture, fasce con sonagli (comeil penultimo uomo), visi sbarbati e ca-pelli alla moda, ad abiti ampi e barbelunghe. In questo caso l’ordine d’etànon è poi così evidente come per le da-me. Anche nel mese di Giugno, non-ostante la stagione calda, notiamo im-ponenti pellande, alcune molto accolla-te, come nella figura femminile al cen-tro con in testa un grazioso cappello contesa rialzata, in contrasto con le scolla-ture che andavano da spalla a spalla. An-che in questo caso ecco che cronisti enovellieri ebbero di che lamentarsi ac-cusando le donne di essere prive dibuon senso. Il musico a destra e quel-lo a sinistra indossano una cioppetta conmaniche larghe, la figura in centro in-dossa una sopravveste bianca, proba-bilmente un guarazzone con manicheampie. Le maniche hanno particolareimportanza nell’abbigliamento maschi-le e femminile: sono moderatamentestrette nella gonnella, corte e ornate damanicottoli nella guarnacca e molto am-pie nella pellanda.I musici seguono con raffinatezza l’ele-gante incedere del gruppo, che forserappresenta un corteo nuziale in festa:chiarine con gonfaloni, strumenti a fia-to e naccheroni suggeriscono un alle-

gro ritmo.L’attenzione alla vegetazione è semprealta: ecco i gigli, che qui fioriscono inquesto periodo. Ci sono cani ovunque:giocano ai piedi dei musici, scorrazza-no (forse sfuggiti al guinzaglio dell’uo-mo in uscita dalla città), annusano latraccia delle quaglie nel bosco.A proposito della città, va notato il ta-glio completamente diverso da quelladel mese precedente: non più una cittàturrita e ordinata, ma un’elegante citta-dina, sempre difesa da mura ma che quipaiono essere messe in secondo pianorispetto all’architettura puramente abi-tativa, messa in risalto da colori vivacie gioiosi. Notevoli sono le finestre del-l’edificio che spicca sopra la porta: si no-tano chiaramente la forma quadrata, in-gentilita da un decoro trilobato supe-riore, costituite da vetrate, fatte da ton-di di vetro. Bella è anche la torre tondacon ampio aggettato in muratura al cul-mine, che sembra far parte dello stes-so edificio, evidentemente di gran lus-so.Più in alto, le malghe dei contadini, trale montagne verdeggianti d’erba e ric-che di erbe profumate. Qui si vedonosolo donne che lavorano, molto sem-plicemente vestite, con le maniche ri-voltate e i piedi scalzi. C’è proprio tuttala “catena produttiva” del latte: una mun-ge le mucche, anch’esse accaldate estanche, che muggiscono, cariche di lat-te; un’altra donna sta usando la zango-la per fare il burro, mentre un’altra an-cora porta i piccoli secchi pieni di latteverso le malghe. Qui una quarta donnafa il formaggio strizzando con le maniil caglio attinto da un secchio e pigian-dolo dentro una fascera di legno; evi-dentemente più in “alto” nella catenaproduttiva, questa ha un abito più riccoe un bel cappello di paglia. Plinio nella Naturalis Historia dice che:“Dal latte si ricava anche il burro ali-mento più raffinato dei popoli barbariche distingue i ricchi dai poveri. La mag-gior parte del burro si fa col latte di muc-ca e questo spiega il suo nome”.Platina nel suo De honesta voluptate etvaletudine a proposito del burro dice:

“Il burro si fa con il latte nel modo chesegue. Dai secchi di mungitura si trava-sa con cura il latte in una caldaia stret-ta alla base, che si allarga verso l’alto aguisa di campana. Nella quiete e nell’u-midità della notte viene a galla il gras-so del latte, che i campagnoli chiamanopanna. Con un mestolo si travasa la pan-na in un recipiente piuttosto grande, diforma oblunga, e si continua a mesco-larla con una paletta finché si raccogliein una massa unica che viene poi ripo-sta in vasi e usata in luogo del grasso edell’olio per cucinare qualsiasi vivanda.Il burro viene adoperato per lo più da chiabita nelle regioni occidentali e setten-trionali, che difettano di olio, mentre que-st’ultimo abbonda nelle zone calde e tem-perate. Il burro è caldo e umido, nutre efa ingrassare. Facendone un uso esage-rato nuoce allo stomaco e lenisce invecele malattie da pituita(1). Mangiato insie-me con mandorle pelate e con zuccheroelimina infatti il catarro e guarisce latosse fredda e secca; cosparso sui morsidi animali velenosi è un antidoto effica-cie in luogo della triaca(2)”. (BartolomeoPlatina, Il piacere onesto e la buona sa-lute. A cura di Emilio Faccioli).Ancora vari riferimenti a questo pro-dotto caseario si trovano nel TheatrumSanitatis: “Il burro è di natura calda edumida e il migliore è quello fatto con lat-te di pecora. E’ utile a fare espellere lesuperfluità generate nel polmone, a cau-sa del freddo e del secco (freddo secco).Nuoce perchè produce fiacchezza di sto-maco e inerzia. Si evita questo danno,tuttavia, usando rimedi stitici.”Molto belle sono le malghe, innalzatetutte con tronchi o con assi di legno in-castrati, con tetti forse costruiti con ta-vole di legno.

Commento a cura di Davide Bonali, Cinzia Cappelletti, Paola Fabbri, Anna Fabbri

Giugno

Note1 Umore bianco e vischioso segregato da certiorgani, e specialmente quello che viene dal na-so e dai bronchi. Seguendo la dottrina degli an-tichi uno dei quattro umori fondamentali delcorpo.2 Sorta di medicamento che si riteneva efficacecontro il morso dei serpenti.