Post on 08-Mar-2016
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ischiacitym a g a z i n e d i m o d e & s t i l i d i v i t a
COVER
TOURISM
ERICA MENNELLAFRANCESCA MIGLIACCIO
SVENDO, DUNQUE ESISTO
anno 9 - N°36estate 2013
www.ischiacity.it
euro 4,50
EVENT_1
ART
ISCHIA GLOBAL FILM & MUSIC FEST 2013
L’ARTE IN UNA FOTO
EVENT_2PREMIO ISCHIA
INTERNAZIONALE DI GIORNALISMO
FASHIONTITTI CHIANESE
Dal bisnonno fino a Giulia, da quattro generazioni la famiglia Mandl fa ristorazione nell’isola d’Ischia,
coniugando tradizione e professionalità, attraverso la ricerca costante di nuove proposte e l’aggior-
namento presso scuole prestigiose in Italia e all’estero. L’obiettivo è offrire l’eccellenza: nel panificio
Le Ventarole che realizza il prodotto principe sulle nostre tavole, come nelle strutture al centro di
Forio, il ristorante pizzeria e creperia La Tinaia, il bar Il Re del Caffè, e Fresco, punto vendita di pane
e prodotti di gastronomia.
A partire da materie prime solo di grande qualità, farine e lievito madre liquido, unite a ingredienti
sempre freschissimi e grazie alla lenta lievitazione e all’accurata lavorazione, nascono proposte
sempre diverse per arricchire di novità la nostra tavola.
Pane casareccio, pane di tipo francese, panini, pani farciti con salumi, formaggi, olive, pan carré,
pane al latte, tortani, pizze e focacce, brioches, cornetti e croissants: qualsiasi tipo di pane la vostra
fantasia desidera alle Ventarole lo troverete.
Panificio Le Ventarole | via Borbonica, 122 | tel. 081.900221
Ottime pizze nei sapori della tradizione e in gusti fantasiosi, e la cucina che
propone piatti di mare e di terra tipici dell’isola d’Ischia fanno della Tinaia
un punto di riferimento del mangiar bene tutto l’anno.
Irresistibili le crepes preparate al momento: dolci con Nutella, marmellate,
profumate con liquori, e salate, farcite con formaggi, ragù e provola,
pomodorini, rucola e mozzarella; gelati serviti in cialde croccanti di produzione
propria, stuzzicanti panini prodotti dal panificio Le Ventarole, da farcire con il
classico hamburger, con salsiccia e friarielli, hot-dog…
Per godersi un pomeriggio di dolcezza come una serata appetitosa con gli amici.
RISTORANTEPIZZERIA
LA TINAIA
CREPERIA
La Tinaia - Creperia | Forio Centro
corso M. Verde, 39
tel. 081.998448
Nel cuore di Forio, si gustano cornetti, brioches e croissants
sfornati quotidianamente dal panificio Le Ventarole per
accompagnare caffè e cappuccino; gelati, sorbetti, torte di
produzione propria e snack rustici sono le golosità proposte
per ogni momento della giornata.
E’ l’unico punto vendita nell’isola d’Ischia del fragrante pane prodotto dal
panificio Le Ventarole, e offre, inoltre, yogurt greco, spremute, frullati e
centrifugati preparati al momento. Martedì e venerdì, anche latticini
freschissimi, salsicce e salumi direttamente da Agerola, da abbinare al pane
delle Ventarole.
IL RE DEL
CAFFE’
FRESCO
Re del Caffè | Forio Centro
Fresco | Forio Centro
ischia
city
divis
ionepubblic
ità
ischia
city
divis
ionepubblic
ità
E così, quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a
giocare. Ecco come, in campi molto diversi e per
ragioni assai distinte, un gruppo di “piccoli eroi
moderni” s’è, ognuno a suo modo, rimboccato le
maniche e buttato, a testa bassa, nel duro gioco
della rimonta e della rivalsa: una scalata contro le
avversità dei tempi e, talvolta, contro la perfidia
degli avversari. È con questo spirito - quello di re-
sistere, resistere, resistere, e con intelligenza, pas-
sione e coraggio, provare a cambiare lo stato del-
le cose, quando tutto, ma proprio tutto, dice loro
che le “cose” gli sono contrarie! - che abbiamo
deciso con il numero 36 di Ischiacity di dar voce
alle storie di queste “belle persone” che con il loro
impegno provano a cambiare la realtà di un’Iso-
la piegata dalla recessione e spesso maltrattata,
per i più meschini interessi, da campagne-stampa
denigratorie il cui obiettivo è quello di ridurla ul-
teriormente a brandelli per il vantaggio di oscure
- ma poi non tanto! - regie. Ecco, allora, ritrovarsi
insieme - dalla parte dei buoni, dei propositivi, dei
costruttori di bellezza, sapienza e benessere - un
gruppo di personaggi assai dissimili tra loro, ma
accomunati dalla capacità di trasformare le pro-
prie avversità in opportunità. Così, la forte, gene-
rosa ed umile suor Edda risponde con la lumino-
sità del suo temperamento ad una miserrima serie
di attacchi che quest’estate l’hanno catapultata,
con argomenti pretestuosi, all’attenzione del-
la stampa; e, sempre in tema di cattiva stampa,
Riccardo Strada, biologo marino e “primo archi-
tetto” dell’Area Marina Protetta, restituisce al
mittente le gravi falsità pubblicate dal giornalista
Zivelli de Il Mattino, nel tentativo (politico?) di
screditare il lavoro degli scienziati e della Guardia
Costiera a protezione delle nostre coste. Anche
Massimo Bottiglieri, che è l’anima e l’attivissi-
mo direttore della villa-museo La Colombaia, re-
plica con puntualità agli attacchi strumentali del
“solito giornalista” de Il Mattino, raccontandoci i
tanti progetti realizzati e da realizzare ma pure i
mille soprusi subiti e causati per gran parte dalla
precedente pessima gestione del “duo Vuoso-
Morgera”, che precipitò l’intera struttura in uno
stato di degrado dal quale, un passo alla volta,
l’attuale nuova dirigenza sta cercando di cavarla
fuori. Abbiamo puntato i riflettori sul lavoro del
giovane e risoluto zoonomo Roberto Mattera,
che contro mille difficoltà e altrettante assurde
restrizioni, prova a dar vita ad una fattoria soste-
nibile che alleva bestiame incontaminato (ed in
tempi di “Terra dei Fuochi” è un impegno da non
sottovalutare); il lavoro di Roberto va di pari pas-
so con quello di Andrea D’Ambra il quale, forte
del prestigioso riconoscimento dei “tre bicchieri”
della rivista Gambero Rosso, può ben dimostrare
all’Isola che è possibile lavorare in modo eccellen-
te, trasformando in ricchezza i prodotti di questa
terra: insomma, diversificare dal trend turistico
l’attività economica non è solo possibile ma an-
che vantaggioso. Ma il turismo può anche essere
interpretato con originalità, creatività e autentica
cultura, ed è esattamente questo che fanno i “ra-
gazzi di Platypus Itinerary”, un’azienda giovane
che ha saputo vendere l’isola come un grandissi-
mo laboratorio dove gli studenti, provenienti da
tutta Italia, possono svagarsi e al tempo stesso
studiare e arricchirsi di una bella esperienza for-
mativa, che va dagli scavi archeologici, alle escur-
sioni in montagna e nel nostro mare.
E quando si fa riferimento agli scavi archeologici
non si può tacere l’instancabile opera di studio,
ricerca, ma anche pattugliamento del territorio
(per preservarlo dai saccheggi e dalla scellera-
taggine degli incompetenti), dell’ispettrice della
Soprintendenza Costanza Gialanella che, avuta
in consegna dal suo maestro Giorgio Buchner la
responsabilità di proseguire nel “racconto arche-
ologico” della nascita della civiltà occidentale,
deve, con caparbietà e fierezza, fare i conti quoti-
dianamente con la sciatteria delle pubbliche am-
ministrazioni e l’inconcludenza degli imprenditori
locali.
C’è, infine, il sindaco di Barano d’Ischia, Paolino
Buono, che in tempi di bilancio a secco s’è do-
vuto inventare un’estate effervescente all’insegna
del volontariato, dando vita ad una miriade di pic-
cole manifestazioni che hanno avuto il pregio di
mantenere sempre vivo il rapporto tra il territorio
LA PARTE MIGLIOREDI NOI
D I R E C T O R
i
ed i turisti, coinvolgendoli in piacevoli sagre pae-
sane e divertenti spettacoli d’intrattenimento - in
fondo, gli ospiti ci visitano anche per ‘curiosare’
tra le nostre tradizioni…
Tutte queste persone hanno un comune denomi-
natore: vivono e lavorano ad Ischia, molti perché
sono isolani di nascita, altri perché quest’isola
l’hanno scelta come il luogo in cui lavorare. E per
quest’isola e la sua “bellezza identitaria” si bat-
tono contro la “tirannia del brutto” portando in
emersione la parte migliore di Noi: quella sana,
giusta, reattiva.
Iniziare raccontando le loro storie ci è sembrato
il modo migliore per chiudere un brutto 2013 ed
affacciarci con ottimismo al nuovo anno, imma-
ginando che i nostri piccoli eroi possano, ciascu-
no, vincere la loro personale battaglia, rendendo
“virale” la propria vittoria: e chissà che altri non
decidano di seguirne l’esempio.
Piccolo Anniversario. Il numero 0 di Ischiacity
andò in stampa nel dicembre 2004, ciò vuol dire
che, pochi giorni dopo l’uscita in edicola di que-
sta edizione, la nostra impresa editoriale entrerà
nel decimo anno di attività. Lavorando in questa
redazione abbiamo certamente goduto di un os-
servatorio privilegiato che ci ha permesso, come
pochi, di conoscere ed interpretare il carattere
autentico di Ischia. In dieci anni abbiamo assistito
a molti cambiamenti (parecchi dei quali ci hanno
addolorato) ed in tutto questo tempo abbiamo
sempre difeso l’immagine dell’isola, provando a
raccontarla per i suoi aspetti migliori. Abbiamo
vissuto la nostra come una sorta di “missione po-
litica”: l’obiettivo è stato quello di sensibilizzare
verso la “bellezza” i nostri lettori (e fra essi molti
amministratori locali, nazionali e operatori a vario
titolo della cultura italiana). Avremmo semplice-
mente piacere di poter continuare questo nostro
impegno a lungo e, se possibile, trovare lungo la
strada persone amiche disposte a collaborare pro-
vando a tenere lontani tutti coloro che quest’isola
non sanno amarla.
RICCARDO SEPE VISCONTI
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N°36, anno 2014
registrazione tribunale di napoli,
n°5 del 5 febbraio 2005
stampa tipografia microprint italia srl,
via argine, 1150 napoli
S U M M A R Y
i
COVER_Marianna Oleksyuk AD & PHOTO_Riccardo Sepe ViscontiHAIR_Peppe CirinoMAKE UP_ Nancy TortoraJEWELRY_ Gioielleria Bottiglieri
62
4068
28
PEOPLE26 Il rifugio di Suor Edda80 Breve ritratto di un Vescovo82 Il surreale mondo di Salvatore Pica
36
CULTURE16 La verità, vi prego, sulla Colombaia 59 Il Museo invisibile51 Ferragosto alla Falanga
NATURE22 I panfili, i salmoni e il Regno
COVER62 Marianna Oleksyuk
ART84 Giovanni Di Costanzo
WINE46 Frassitelli sull’Olimpo
EVENT68 Piano & Jazz 201371 2013: l’estate di Paolino78 L’esotismo di Henze
84
FASHION28 Maria Della Confusione95 Oggi 6 sposi
TOURISM36 Ischia nel burrone?
BUSINESS40 “Fattore” Ischia48 Platypus Itinerary: come mi invento un lavoro
Il racconto della Colombaia è il racconto, che suscita insieme tristezza e rabbia, dell’Italia peggiore, è l’ennesima dimostrazione - quella che ha come prota-
gonista un luogo che ci è familiare e fa quindi, se possibile, ancora più male - dell’incapacità endemica di questo Paese di gestire in maniera corretta e valida
i beni culturali che possiede. Una volta acquisita come bene pubblico (attraverso un acquisto) oltre 13 anni fa, è iniziato, infatti, il calvario di quella che fu
la casa ischitana (e che prima era una villa padronale della fine dell’800) di Luchino Visconti, uno dei più famosi registi italiani, il quale l’amò così tanto che
chiese - lui intellettuale raffinato che proveniva da una ricchissima e nobile famiglia lombarda - di riposarvi anche dopo la morte. Infatti, la Villa ha già ”subi-
to” ben due ristrutturazioni: una per porre rimedio ai vandalismi perpetrati nel periodo di passaggio da proprietà privata a possesso comunale; l’altra, pochi
anni dopo, necessaria in quanto la chiusura al pubblico per inagibilità dal 2006 al 2009 l’aveva resa nuovamente un rudere. Massimo Bottiglieri, scelto come
nuovo presidente del direttivo della Fondazione che gestisce il complesso dopo la disastrosa esperienza della precedente gestione e persona determinata
come poche, racconta in maniera vivida le condizioni in cui trovarono la struttura, oggetto di razzia (emblematica la distruzione dell’ascensore in stile decò)
e, quindi, recuperata a spese dei cittadini entrambe le volte. Per non parlare della razzia di fondi pubblici che si è fatta nel nome e nel ricordo di Visconti, e
che ha portato solo ad una dichiarazione di inagibilità.
E come in ogni emblematica storia italiana che si rispetti, ci sono anche i folli, i sognatori, i generosi, che decidono che La Colombaia deve iniziare final-
mente a vivere nel rispetto di Visconti e della cultura e naturalmente costoro arrivano sempre quando si è in periodo di “vacche magre”, quando non si può
più scialare e, quindi, si muovono fra mille difficoltà: abbiamo intervistato il primo di loro, Massimo Bottiglieri, presidente del direttivo della Fondazione La
Colombaia dal 2011.
C U L T U R E
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inteview_Lucia Elena Vuoso | photo_Archivio Ischiacity e La Colombaia
LA VERITÀ, VI PREGO, SULLA COLOMBAIA
La scorsa estate c’è stata un’attenzione quasi
morbosa sui fatti che hanno visto protagoni-
sta La Colombaia. Secondo lei dietro c’erano
delle intenzioni maliziose e della malafede?
Sicuramente pignorare i beni della Fondazione
è stato un colpo molto basso, non solo per la
Villa ma per il danno d’immagine che ha subito
l’isola d’Ischia e tutta la Campania: da un lato si
è sparsa la voce che La Colombaia fosse chiusa
causando un calo di visitatori, dall’altro tutta la
stampa nazionale ed internazionale ha dato am-
pio spazio alla vicenda dell’ex direttore generale,
professore universitario chiamato a formare gio-
vani menti, che ha colpito la Fondazione nel suo
cuore, pur essendo consapevole che non era per
nostra volontà che non aveva ancora ricevuto i
15mila euro che gli spettavano. Questo denaro
rientra, infatti, nei fondi concessi da Provincia e
Regione alla Colombaia ma che non sono stati
mai erogati, poiché oggetto di pignoramento da
parte dell’ex presidente della Fondazione Danie-
le Morgera. Il professor Ugo Vuoso era anche a
conoscenza del fatto che i quadri ed i pezzi d’ar-
redamento presso villa Visconti non raggiungeva-
no la cifra necessaria a saldare il debito nei suoi
confronti, ugualmente sapeva quali beni fossero
pignorabili e quali no (perché appartenenti alla
Provincia), eppure non ha esitato a mandare un
ufficiale giudiziario presso la villa. Un gesto inu-
tile, servito solo a fare cattiva pubblicità, poiché
poi, con uno slancio di senso civico e morale, ha
dichiarato che non avrebbe mandato all’asta gli
oggetti pignorati.
Ci spiega meglio il meccanismo perverso
del pegno sulla Colombaia? Si è creata una
situazione grottesca per cui il mancato pa-
gamento del professor Vuoso ha origine dal
fatto che sui fondi della Colombaia pesa un
pegno pregresso posto dal giornalista Da-
niele Morgera, che è stato a capo della Fon-
dazione proprio insieme a Vuoso!
Era il 2009 quando sono entrato nella Fondazione
e Ugo Vuoso era ancora direttore generale. L’an-
no successivo il professore decise di dimettersi e
concordammo che gli spettasse una somma di
60mila euro, da pagare in tre rate. Attualmente,
al saldo del debito mancavano solo 15mila euro,
che dovevano essere pagati entro la fine del 2012,
all’arrivo delle somme versate dai nostri soci, Pro-
vincia e Regione. E’ qui che entra in gioco la figura
di Daniele Morgera, presidente della Fondazione
e direttore editoriale (anche se io non ho traccia
delle sue pubblicazioni, che erano esclusivamen-
te interne e non uscivano con regolarità), che ha
vinto una causa contro la Fondazione per circa
100mila euro. Ciò è potuto accadere perché se-
condo la legge il presidente di una fondazione
dimissionario perché in procinto di sposarsi ha
diritto a ricevere fino a 13 mensilità in più. Per ot-
tenere questo denaro, Morgera ha pensato bene
di chiedere il pignoramento dei fondi che erava-
mo in attesa di ricevere. Intanto, noi componenti
del nuovo direttivo avevamo stabilito di non per-
cepire lo stipendio per destinare tutto il denaro
concessoci da Provincia e Regione per i lavori di
ristrutturazione della Villa, facendoci garanti in
prima persona verso i fornitori del materiale e le
ditte edili che oggi, in parte, devono ancora es-
sere pagati, infatti in seguito alle azioni legali di
Morgera prima e Vuoso, poi, siamo rimasti senza
fondi e con tantissimi debiti.
Diciamolo chiaramente, il presidente Morge-
ra e il direttore generale Vuoso erano nella
più assoluta legalità, ma possiamo anche af-
fermare che abbiano operato nel rispetto di
un senso etico? E se non è così, dov’è che
tradiscono l’etica?
Daniele Morgera e Ugo Vuoso avevano dei con-
tratti ed hanno vinto cause e ricorsi in base alla
legalità di questi ultimi. C’è da dire, però, che es-
sendo uno presidente e l’altro direttore i contratti
li avevano redatti loro ed avevano approvato le
cifre dei propri stipendi, spropositati rispetto ai
bilanci della Fondazione. Vuoso percepiva circa
20mila euro all’anno, più 20mila euro per l’orga-
nizzazione del Festival Visconti, mentre Morgera
aveva uno stipendio fisso di 4mila euro al mese,
tutte somme che hanno continuato a percepire
anche mentre la Villa era chiusa per inagibilità,
facendosi forti di una dichiarazione secondo cui
essa rappresentava solamente un luogo fisico e,
quindi, la Fondazione poteva e doveva continuare
Da sin.: Daniele Morgera e Ugo Vuoso.
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ad esistere indipendentemente dalla propria sede.
Dai bilanci redatti durante la dirigenza di Morge-
ra e Vuoso risulta che hanno ricevuto in media
250mila euro all’anno dagli Enti pubblici, con un
picco di 500mila euro nel 2005, utilizzati all’80%
per i loro stipendi, mentre il restante 20% serviva
a pagare gli altri dipendenti, che guadagnavano
al massimo 700 euro al mese. L’etica viene tradita
nel momento in cui - ed è agli atti - il professor
Vuoso ed il giornalista Morgera affermano di in-
cassare stipendi troppo alti senza, però, effet-
tuare il minimo taglio e senza destinare nulla alla
manutenzione strutturale della villa.
Attualmente, che forme di finanziamento
avete?
Ora come ora, proprio a causa dell’intervento di
Daniele Morgera, i fondi della Provincia e della
Regione sono bloccati, in quanto appena arrivano
vengono destinati a coprire il debito che La Co-
lombaia ha ancora con queste persone. La Provin-
cia, poi, in seguito ad un provvedimento appro-
vato dal senatore Domenico De Siano non è più
socio finanziatore della Fondazione La Colombaia
(Ndr. De Siano prima di essere eletto in Parlamen-
to è stato consigliere provinciale e regionale). Lo
scorso anno, per la prima volta da quando la Villa
è un bene pubblico, il comune di Forio ha erogato
40mila euro che sono serviti, però, a sanare (an-
che se solo in minima parte) i debiti contratti con
l’INPS per i mancati pagamenti dei contributi pre-
videnziali sempre a favore di Vuoso e Morgera, e
a causa dei quali abbiamo un conto aperto con
Equitalia che cresce sempre più. Per il momento
ci autofinanziamo e, sporadicamente, riceviamo
qualche piccola donazione da parte di privati. Gli
attuali membri del consiglio direttivo, io che sono
il presidente, la professoressa Lina D’Onofrio e
l’architetto Giovannangelo De Angelis – che mi
aiutano da tempo, ed ai quali ho voluto dare un
riconoscimento formale, chiedendo al Comune
di inserirli ufficialmente all’interno dell’organo
di governo della Fondazione – non percepiamo
alcun tipo di compenso, mentre i dipendenti, Ca-
millo Calise che gestisce il Caffè Letterario e si oc-
cupa anche delle pulizie all’interno della villa, Ro-
berto Manzi, laureato in conservazione dei beni
culturali che fa da guida, Daniela Marsala che nel
fine settimana sta alla biglietteria e Moez Gharbi
che si occupa da solo di tutta la manutenzione
del parco e degli esterni sono stipendiati solo per
mezza giornata. Per questa ragione, lo scorso
anno, trovandomi in grande difficoltà, proposi di
tenere aperta la villa solo di pomeriggio, ma loro
si offrirono di lavorare anche al mattino pur se
per la metà della paga. Per riuscire a sostenerci
abbiamo istituito il 5x1000, e abbiamo il permes-
so di celebrare presso la villa i matrimoni civili, di
organizzare ricevimenti ed eventi culturali privati.
Facciamo un passo indietro: può dirmi in che
condizioni era la Colombaia al suo arrivo?
Dopo la morte di Visconti la villa è rimasta per
lungo tempo custodita da una persona di fiducia
della famiglia, che la teneva in modo impeccabi-
le. Chi ha avuto la fortuna di entrarci ha potuto
vedere com’era stata lasciata dal regista, c’erano
persino gli abiti negli armadi. Gli eredi però, pres-
sati dalla famiglia De Lorenzo che voleva acqui-
stare la struttura per farne un albergo, decisero
di vendere. Nello stesso periodo, l’europarlamen-
tare Franco Iacono (Ndr. Uomo politico foriano,
socialista, che ha ricoperto incarichi di primo
piano in Provincia e Regione e poi al Parlamento
Europeo, appunto), riuscì a vincolare la villa come
bene storico, per cui il progetto di trasformarla
in hotel fallì. Prima di passare ufficialmente nel-
le mani del comune di Forio negli anni ’90, ci fu
una lunga battaglia tra i De Lorenzo ed il Comu-
ne stesso durante la quale La Colombaia rimase
abbandonata e si trasformò in ritrovo di tossici,
dormitorio di senzatetto, fu depredata di tutto,
persino delle maioliche del pavimento, distrutta
dall’incuria e dal passare del tempo. Nel 1999 di-
venne proprietà comunale e l’amministrazione di
Forio decise di ristrutturarla: i lavori terminarono
nel 2001, dopo due anni e 2 miliardi di lire spesi,
anche se molti interventi non erano stati realizzati
con cognizione di causa (il pavimento, ad esem-
pio, era stato ricostruito in cotto e non con le ma-
ioliche come era originariamente, nonostante il
costo fosse identico). Nel 2006, però, la villa ven-
ne nuovamente chiusa per inagibilità: l’impianto
elettrico, infatti, non era a norma (mancava solo
una certificazione scritta) come anche i parapetti,
le fogne scaricavano nel terreno e gli intonaci ca-
devano, e quando sono subentrato io, nel 2011,
la villa andava nuovamente a pezzi poiché, alle
situazioni per cui era stata dichiarata inagibile, si
erano aggiunti cinque anni di totale abbandono.
E che tipo di interventi avete fatto eseguire?
La prima cosa che ho cercato di fare appena sono
diventato presidente del direttivo della Fonda-
zione è stata mettere tutto a norma. Un forte
incentivo, nonché un grande aiuto pratico, mi è
venuto dall’architetto Giovannangelo De Angelis
che mi chiese di organizzare presso la Colomba-
ia il premio PIDA (Premio Ischia di Architettura).
Mi consigliò di chiedere subito il permesso alla
Soprintendenza, nonostante il comune di Fo-
rio mi avesse assicurato che per eseguire lavori
di ordinaria manutenzione non fosse necessa-
rio. Durante alcuni sopralluoghi fatti in giardino,
avevo trovato i resti delle vecchie maioliche sot-
terrati nelle fioriere e pensai di farne la base del
bar, coperta di resina, in modo da imprimere un
marchio indelebile alla villa, una testimonianza
del suo passato che nessuno avrebbe più potuto
portare via. Per completare il bar pensammo che
i cocci delle vetrate in stile art decò dell’ascenso-
re - la più grande opera d’arte realizzata da Vi-
sconti presso la villa - fossero perfetti per rivestire
il bancone. Queste idee piacquero così tanto al
Soprintendente che ci diede immediatamente il
‘via libera’ per procedere coi lavori. Tuttavia, le
invidie di molti ischitani hanno fatto fermare più
e più volte le opere in seguito a denunce di abusi-
vismo. Una di queste denunce arrivò proprio una
settimana prima dell’inaugurazione: la Polizia ap-
pose i sigilli alla Colombaia a causa della vasca
Imhoff (una vasca a tenuta stagna per smaltire
le acque nere, che periodicamente una ditta sa-
rebbe venuta a svuotare), posta all’interno della
fossa assorbente che in precedenza assolveva a
questa funzione, e che aveva causato il decreto
di inagibilità del 2006. Nacque uno scandalo su
tutte le più importanti testate giornalistiche ed io
ricevetti un avviso di garanzia. Quello che più mi
dispiacque fu che Bulgari, la nota casa di gioielli,
che aveva preso a cuore le sorti di villa Visconti
ed aveva organizzato un’asta internazionale i cui
proventi sarebbero andati interamente a favore
della ricostruzione della vetrata dell’ascensore,
proprio per la cattiva pubblicità fatta ad Ischia ed
alla Fondazione in quei giorni, decise di annullare
l’evento. Dopo che i sigilli furono tolti, le denunce
continuarono ad arrivare – e accade tutt’ora – e
per due anni Polizia e Guardia di Finanza hanno
controllato giornalmente la nostra gestione. Altri
grandi interventi eseguiti sono stati la ristruttura-
zione dell’anfiteatro e il miglioramento del parco
che circonda La Colombaia.
E’ evidente che Visconti scelse di vivere in
questo luogo seminascosto ai più per la bel-
lezza del sito e la pace che vi regna, ma so-
prattutto per il sereno isolamento che lo ca-
ratterizza: eppure, quello che per il Maestro
rappresentava un pregio, per colui che oggi
dirige la Fondazione costituisce un limite, in
quanto è un forte deterrente alla venuta di
visitatori. Come potrebbe essere trasforma-
ta questa caratteristica peculiare del luogo
in un punto a favore per il rilancio della Co-
lombaia?
Ci sono due progetti in cantiere per rendere la
Colombaia più fruibile, visto che attualmente per
raggiungerla si deve prendere un mezzo di tra-
sporto privato, un taxi, oppure camminare per
ben due chilometri attraverso il bosco. La prima
ipotesi, per ora accantonata per assenza di fondi,
è di istituire una navetta bus gratuita che parta
ogni ora dal belvedere di Zaro, diretta alla Colom-
baia; la seconda opzione, già presentata presso
la Regione ed ai dirigenti dell’Eav bus, è quella di
creare una linea che colleghi Lacco Ameno e Forio
con un piccolo bus a servizio delle tre strutture
Villa Visconti, La Mortella, Museo di Villa Arbusto.
In tal modo le presenze della Villa arriverebbero
quasi a raddoppiarsi e, forse, riusciremmo a sa-
nare i debiti.
Alcuni affermano che la Colombaia debba
rappresentare una fonte di guadagno per le
casse comunali. Pensa che sia possibile?
Credo lo sia, per il Comune, per l’isola e anche
per l’Italia, ma non si deve intendere come una
fonte diretta di guadagno, come può essere, ad
esempio, il porto, bensì come polo di attrazione
turistica. Attualmente, ci visitano cinquemila turi-
sti all’anno che soggiornano in alberghi ischitani,
si spostano con mezzi di trasporto del territorio,
mangiano e spendono in ristoranti e negozi iso-
lani. In questo senso, La Colombaia può essere
considerata sicuramente una risorsa, fino ad ora
però ignorata e sottovalutata, soprattutto dalle
Amministrazioni.
Franco Iacono, che in qualche modo si può
considerare il progenitore del progetto Co-
lombaia, quest’estate vi ha accompagna-
to il famoso attore Giorgio Albertazzi, che
ha commentato: “E’ bello, ma non avverto
l’anima di Visconti”. Eppure, quando l’ave-
va visitata lo scorso anno aveva dichiarato
“Visconti è di nuovo qui!”. Può mai essere
cambiata l’opinione di Albertazzi così tanto
in poco tempo, o ritiene che dietro quest’af-
fermazione c’era la volontà di comunicare
qualcos’altro?
L‘affermazione di Albertazzi è stata probabil-
mente pilotata poiché, in mia presenza, queste
dichiarazioni - riportate, poi, dalle più importan-
ti testate giornalistiche italiane - non sono state
fatte. Anzi, la villa dall’ultima visita dell’attore è
migliorata moltissimo... Siamo stati accusati di
aver creato solo un museo freddo, affermazione
che non ha alcun fondamento poiché, secondo
me, l’arte non può in alcun modo risultare fredda.
Proprio Franco Iacono vorrebbe che si istituisse
Dall’alto: il sindaco Francesco Del Deo con Giorgio Albertazzi e Franco Iacono; Giovannangelo De Angelis, Lina D’Onofrio, Camillo Calise, Roberto Manzi.
alla Colombaia la scuola di cinema, così com’era
stata pensata inizialmente e così com’era anche
nelle nostre prime intenzioni, accantonate, come
tutto il resto, per mancanza di fondi. Attualmen-
te, abbiamo bisogno di tenere in vita la villa e la
Fondazione, riuscendo a risanare i debiti e quindi
non c’è materialmente il modo per creare la scuo-
la di cinema che Franco Iacono vorrebbe. Pur tut-
tavia, ci siamo detti disposti ad affidarne a lui la
completa gestione, anche da subito, come siamo
aperti a qualsiasi tipo di iniziativa del privato per
accrescere il prestigio e la popolarità di questo
luogo. Con questo obiettivo, vogliamo stringere
accordi con altri poli di interesse storico, come il
Castello Aragonese, Villa Arbusto e La Mortella
creando dei pacchetti vacanze che si sgancino dal
solo turismo termale, proponendo a Ischia anche
turismo culturale. Detto questo, ringrazio Franco
Iacono, che ha scelto come location per diverse
serate della manifestazione da lui organizzata, Il
Contastorie, proprio La Colombaia, e l’affluenza
di pubblico è stata davvero notevole.
Vito Iacono, figlio di Franco, capogruppo
di opposizione alla giunta Del Deo a Forio,
sostiene che la villa di Visconti potrebbe di-
ventare sede di rappresentanza dell’Ammi-
nistrazione, ovvero il luogo dove il Sindaco
dovrebbe ricevere i personaggi illustri e orga-
nizzare gli incontri più importanti. Crede che
possa essere contemplata questa ipotesi?
Certo! Sono convinto che La Colombaia sia il
posto più adatto a diventare sede di rappresen-
tanza dell’Amministrazione anzi spesso, anche in
passato, avevo proposto di tenere qui i Consigli
Comunali, perché molti assessori non hanno mai
visitato la villa e sono convinto che non si possano
prendere decisioni sulle sorti di un luogo se non
lo si conosce.
Sicuramente, gli ultimi mesi per Massimo
Bottiglieri come presidente del direttivo
della Fondazione La Colombaia sono stati
difficili: la grave situazione economica, poi
il pignoramento con la ribalta offerta alla
vicenda dai giornali nazionali, cui si aggiun-
ge il fatto che di recente Forio ha eletto un
nuovo sindaco, Francesco Del Deo, che ap-
partiene ad un gruppo diverso da quello che
l’aveva scelta per guidare la struttura. Pensa
che, comunque, resterà al suo posto?
Non nego che c’è stato un momento in cui volevo
gettare la spugna e mollare tutto, dissipando così
anche il patrimonio di sacrifici e lotte dell’ultimo
triennio. Poi, però, durante la serata di chiusura
della manifestazione “Il Contastorie”, ho avu-
to modo di parlare col presidente della regione
Campania Stefano Caldoro e di esporgli dubbi
e preoccupazioni riguardo alla condizione della
Colombaia, nonché il mio rammarico per la poca
attenzione dedicata finora a questo problema. Il
Governatore mi ha molto rassicurato, dicendomi
di essere informato e di seguire tutte le vicende
della Colombaia e di voler fare qualcosa di con-
creto per la Fondazione, poiché ce la stiamo met-
tendo tutta ed è convinto che possa diventare
una grande risorsa per l’intera Campania. Intende
assumersi l’onere di pagare come regione Cam-
pania tutti i debiti che abbiamo con Equitalia e, in
più, cercherà di far tornare la Provincia tra i soci
finanziatori. Il solo fatto di poter ricominciare da
zero mi rincuora, poiché la Colombaia è entrata in
un circolo vizioso dal quale, senza un tale aiuto,
difficilmente potremmo uscire. In tal modo, non
avendo alcun carico pendente, possiamo presen-
tare dei progetti (tra l’altro tutti pronti) per richie-
dere finanziamenti europei che, fino ad ora, data
la nostra situazione di insolvibilità presso i credi-
tori, non sarebbero mai stati accettati. In questo
momento, voglio fidarmi della parola di Caldoro.
23
I “PANFILI”, I “SALMONI” ED IL “REGNO” (o delle enormi traversie dell’Area Marina Protetta)text_ Riccardo Maria Strada*
N A T U R E
i
Le Aree Marine Protette, è sempre utile ricordarlo
per quei lettori che non conoscano l’argomento,
sono la componente marina del sistema nazio-
nale delle Aree Naturali Protette dello Stato di
importanza nazionale ed internazionale. Questo
sistema è composto in Italia dai Parchi Nazionali
(22) e dalle AMP (29).
L’Area Marina Protetta Regno di Nettuno, che na-
sce nel dicembre del 2007, ed è quindi molto gio-
vane, soffre di molti e complessi problemi, come
e più di altre AMP italiane; per esempio è l’unica
che le amministrazioni locali considerino un freno
all’economia… o meglio… alcune amministrazio-
ni ischitane sono le uniche in Italia a considerare
una AMP un freno all’economia.
Il Regno di Nettuno nasce per proteggere un mare
assalito dal diporto selvaggio di migliaia di imbar-
cazioni, grandi e piccole, che arrivano nelle sue
acque a mezzogiorno dei giorni festivi e scappa-
no alle cinque di pomeriggio, dopo aver gettato
bucce di melone, lattine di alluminio e scarichi dei
gabinetti nelle nostre limpide acque. Viene por-
tato avanti senza alcun apporto economico o di
personale da parte delle Amministrazioni comu-
nali che compongono l’ente gestore, è continua-
mente attaccato da personaggi legati a lobbies ed
interessi economici contrastanti con la protezione
dell’ambiente e dell’Arcipelago Flegreo; infine po-
litici isolani fanno interpellanze parlamentari con-
tro le norme che difendono i beni più preziosi per
la comunità e la gente dell’arcipelago: il turismo
isolano, il mare ed il suo ambiente.
Tra le ultime novità dell’estate 2013 si è scoper-
to però, subito dopo ferragosto, che il problema
principale che affligge l’AMP è la fuga dei miliar-
dari e dei loro panfili.
Prima di esaminare seriamente questo aspetto,
che da Direttore dell’AMP non prendo e non ho
mai preso sottogamba, vorrei osservare quanto è
successo sulla stampa locale in quei giorni, con gli
occhi di un ipotetico turista americano. Il nostro
turista viene - diciamo - da Seattle, città bellissima
ma umida e freddina, a godere del nostro ma-
gnifico mare, “garantito al limone” dal fatto che
è anche una grande Area Marina Protetta. Viene
da una metropoli dove i trasporti pubblici nel cen-
tro cittadino sono gratis, perché così pochi usano
l’auto e la splendida atmosfera del Puget Sound
(Ndr. Insenatura marina profonda 160 km. lungo
cui sorge la città di Seattle) non viene inquinata.
Certo, se supera la cinta urbana è tenuto a pagare
un biglietto, cosa che tutti fanno anche senza la
presenza di controlli. Ed il nostro turista non si ri-
tiene un “fesso” per questo. Viene da una nazio-
ne dove, peraltro, se superi il limite di velocità non
prendi una multa… vieni arrestato e condotto da-
vanti ad un giudice, e dove, per permetterti di en-
trare come turista, ti chiedono di dichiarare se per
caso sei un terrorista o trasporti armi chimiche, e
poi si fidano della tua dichiarazione. Viene, infine,
da un paese dove la parola “forbidden” (proibito)
è un limite invalicabile, e dove i poliziotti, se fai
qualcosa di “forbidden”, ti arrestano.
Il nostro amico, quindi, giunto nel bel Paese apre
una pagina de “Il Mattino” e scopre che un cer-
to Abramovich ha ricevuto una “multa di 40.000
euro” per essere entrato in un’area protetta dove
non poteva ancorare con il suo yacht lungo 163
metri, e di conseguenza se n’è andato. Scopre an-
che che la cosa solleva non poco clamore, e che i
Sindaci di una serie di cittadine inserite nell’Area
Marina Protetta reclamano a gran voce il cambia-
mento dei regolamenti e che sono molto arrab-
biati. Il nostro turista non può certo immaginare
che si tratta di una notizia falsa, costruita ad arte
- visto che la sanzione massima è di 335,00 euro
- e non capisce più niente: ma come…? La notizia
è grossa, ed è positiva… uno con uno yacht da
163 metri non avrebbe mai, e per nessun moti-
vo potuto ancorare in una AMP! Allora, perché
i Sindaci (che a casa sua stanno lì per gestire la
cosa pubblica nel rispetto delle leggi e per farle
rispettare) invece di promuovere gli agenti di po-
lizia che hanno “beccato” un megatrasgressore
e dichiararsi fieri di questa azione, chiedono che
sia cambiata la legge? E poi - si domanda sem-
pre il nostro ospite - come mai il governo fede-
rale americano ha creato da poco l’Agenzia delle
Aree Marine Protette, ed ha preso come modello
gestionale il sistema italiano? E’ possibile che a
Washington non abbiano capito niente?
Il nostro ospite, che invece che americano potreb-
be essere tedesco, o norvegese, certo non potreb-
be sapere che non sono gli uomini di Obama in
torto, e che se avesse la possibilità di “bazzicare”
nelle stanze del Ministero dell’Ambiente italiano
troverebbe molti amministratori locali che aspet-
tano di essere ricevuti per caldeggiare una causa
molto importante, l’istituzione di un’Area Marina
Protetta a casa loro. Incontrerebbe il sindaco di
Capri, il sindaco di Numana, nelle Marche, per
esempio, od il sindaco di Noto in Sicilia. Non po-
trebbe sapere, il nostro ospite che ad Ischia alcuni
nuotano come i salmoni che popolano il Puget
Sound, controcorrente; e come i salmoni, risalen-
do contro il flusso della storia e delle leggi e degli
accordi internazionali possono arrivare solo ad un
punto in cui non c’è più un posto dove nuotare,
mentre tutti gli altri spaziano nell’oceano.
Adesso credo che dovrei fare il punto della si-
25tuazione per quanto riguarda le navi da dipor-
to (quelle cose che i giornali chiamano yacht e
megayacht), cioè le imbarcazioni private di lun-
ghezza superiore a 24 metri. La cosa, in realtà, è
piuttosto semplice: il regolamento emanato dal
Ministero per disciplinare le attività consentite
nell’Area Marina Protetta, dice testualmente che
in zona C della stessa (la più grande) è permes-
sa la navigazione delle navi da diporto “esclusi-
vamente per raggiungere i punti di ormeggio”.
Il concetto è elementare per chiunque vada in
mare, perché sa che ormeggio vuole dire legarsi
con una cima ad un oggetto già esistente, una
bitta su di un molo, una boa, un gavitello.
Ancoraggio, ovvero gettare l’ancora, invece, vuo-
le dire arrivare in un posto e gettare in mare un
oggetto pesante, quasi sempre di metallo, dotato
di raffi od uncini per fare presa sul fondo. Pro-
prio quell’oggetto, l’ancora, che distruggerà una
porzione di fondo marino grande quanto quella
che riesce ad agganciare, che potrà impiegare da
alcuni mesi a molte decine di anni per cicatrizzare
i danni.
Quindi, le navi da diporto possono entrare
nell’AMP, dove i ‘poveri’ miliardari che le possie-
dono possono tranquillamente ormeggiare nei
porti e girare l’intera Area Marina Protetta con i
tender dei panfili, che di solito sono motoscafi di
dimensioni considerevoli e dotati di ogni confort.
È chiaro che un aspetto che la legge ed i rego-
lamenti non hanno considerato, e che raramen-
te considerano in maniera esplicita, è quello dei
desideri dei miliardari. Non è contemplato che il
proprietario del panfilo voglia fermarsi in rada,
perché i rumori del porto lo disturbano, altrimenti
se ne va dove una AMP non c’è: apparentemente
sembrerebbe non esserci soluzione. Il fatto è che
difficilmente lo Stato considera che l’ambiente
deve essere protetto per noi e per i nostri figli da
ogni minaccia, a meno che chi porta la minaccia
non sia ricco. La nostra è già una società con pa-
recchie disparità sociali, ma una legislazione am-
bientale che moduli il danno permesso sulla base
del reddito di chi lo provoca, credo che non sia
ancora contemplata (almeno alla luce del sole).
Ma la soluzione, semplice, piana e perfino red-
ditizia è a portata di mano, ed io stesso, attual-
mente direttore dell’Area Marina Protetta, ne ho
discusso con Amministratori ed operatori econo-
mici ischitani e procidani ormai da qualche anno.
Il regolamento dice che i panfili possono raggiun-
gere gli ormeggi. Quindi, facile come l’uovo di co-
lombo, basta preparare gli ormeggi. E gli ormeggi
possono essere tranquillamente delle boe, anco-
rate sul fondo, in rada, con sistemi compatibili
con l’ambiente. Le nostre stime dicono che con
un totale di dieci, massimo quindici boe, la “do-
manda” di ormeggi da parte dei panfili sarebbe
soddisfatta. Certo si tratta di boe costose, dai 12
ai 20.000 euro l’una, ma è anche vero che chi vi
si ormeggia paga, senza battere ciglio, dai 250
ai 500 euro al giorno, permettendo di ripagare
l’intero investimento, e passare oltre il crinale dei
guadagni, in un paio di anni di esercizio.
Si tratta di rendimenti incredibili, per qualunque
attività, che dovrebbero fare gola a qualunque
imprenditore. Allora, perché in quattro anni nes-
suno ha provato a realizzare questi ormeggi? For-
se perché servono degli imprenditori per fare im-
presa. Allora perché, nonostante da quattro anni
26
le Amministrazioni isolane sapessero del divieto
di ancoraggio, nessuna si è attivata per investire
in questo settore? Sembra strano, dato che molte
sono coinvolte nella gestione dei servizi portuali
nelle proprie realtà.
Posso solo dire che per cercare di dare una svolta
a questo, che è evidentemente percepito come
un problema, e come un limite imposto dall’Area
Marina Protetta, mi sono attivato, riuscendo ad
ottenere, dai “fondi del barile” del Ministero
dell’Ambiente, un finanziamento di 68.000,00
euro, per mettere in funzione le prime quattro
boe di ormeggio per navi da diporto che do-
vrebbero essere posizionate tra Sant’Angelo ed
i Maronti, di fronte al porto della Chiaiolella a
Procida, di fronte a Lacco Ameno o Casamicciola
e di fronte alla spiaggia degli Inglesi, ad Ischia.
Dovrebbero… Perché a parte il sostegno con-
vinto del comune di Procida, le difficoltà create
dalle Amministrazioni partecipanti l’Ente Gestore
(i “salmoni”) stanno rischiando di far perdere il
finanziamento, ed in un periodo di vacche magre
sarebbe difficile immaginare che il Ministero sia
disposto a reinvestire su di un Ente gestore che
perde i soldi stanziati.
Questo è tutto, per quanto riguarda una del-
le molte polemiche che hanno accompagnato,
accompagnano ed accompagneranno la vita
dell’Area Marina Protetta.
Voglio però cogliere l’occasione che mi è data
per ricordare quello che l’AMP sta facendo e farà,
oltre alle operazioni di routine. Mentre scrivo
questa nota, sta partendo il primo censimento
sistematico dei cetacei che vivono o frequentano
le acque del Regno, saranno due anni di ricerca
durante le stagioni invernali 2013-14 e 2014-15.
Avremo così il monitoraggio delle presenze e
degli spostamenti di delfini, balene e capodogli
che accompagnano le nostre battute di pesca. A
breve partirà un progetto di ricerca applicativa, in
collaborazione con la Stazione Zoologica Anton
Dohrn e con l’Università di Haifa, con il doppio
ambizioso scopo di studiare la popolazione di
aragoste delle acque di Ischia e Procida e di far
crescere la popolazione stessa, per aumentare il
reddito dei pescatori delle isole. Il prossimo in-
verno si avvierà una ricerca in collaborazione con
una Università napoletana sullo stato delle popo-
lazioni di pesci del Regno, per permettere all’AMP
di razionalizzare la pesca ed i rapporti tra pesca
dilettantistica e pesca professionale, sempre per
migliorare il reddito dei pescatori e le taglie di cat-
tura dei dilettanti.
Sono in corso trattative per ottenere un finan-
ziamento per sperimentare sistemi innovativi di
depurazione in mare, per fornire uno scudo pro-
tettivo a chi viene a godere della limpidezza e sa-
lubrità del mare del Regno, sempre più abbando-
nato dagli affezionati a causa dello stato delle sue
acque. Inoltre, l’AMP Regno di Nettuno si è fatta
promotrice di un coordinamento a livello regiona-
le tra le sei Aree Marine Protette della Campania
in via di formalizzazione, per armonizzare e ra-
zionalizzare le azioni, le ricerche e la presenza sui
tavoli istituzionali.
Il lavoro, insomma, continua…
Nonostante questo, molti appelli vengono fatti
da disinformati o disinformatori, per una riforma
dell’AMP, a causa “dell’impossibilità di gestirla”:
io non sono in grado di capire le motivazioni
personali che stanno alle spalle di queste affer-
mazioni, ma non ci vuole molto a capire il gioco,
purtroppo comune nel nostro Paese, di chi crea il
problema, per offrirsi come soluzione. Gioco che
come il nuoto dei salmoni è destinato solo a rag-
giungere l’ultima pozza, prima della secca.
La programmazione, guidata dalle direttive mini-
steriali, segue la sua strada, lasciando che i tem-
porali estivi ed i geli invernali vi passino sopra,
consapevole che l’AMP è un organo dello Stato,
affidato in gestione a coloro che più di chiunque
altro, per compiti e doveri etici e costituzionali,
dovrebbero dimenticare piccoli interessi per dedi-
carsi al bene presente e futuro dei propri concitta-
dini e ad una direzione tecnica che, rispondendo
al Ministero ed all’Ente Gestore, ha il compito di
lavorare costantemente guardando avanti, sopra
la cresta delle onde.
*_Direttore Area Marina Protetta Regno di Nettuno
IO STO CON IL REGNO DI NETTUNOtext_Giancarlo Carriero | photo_archivio Delphis
N A T U R E
i
Gentilissimo Direttore,
alcune polemiche di questi giorni ferragostani relativi all’isola d’Ischia mi la-
sciano a dir poco perplesso. La notizia è questa: a seguito di multe che, final-
mente, sarebbero state elevate ai danni di imbarcazioni ormeggiate all’inter-
no del Regno di Nettuno, alcuni VIP sarebbero scappati dall’isola con i loro
mega-yacht, e si citano Leonardo Di
Caprio e Roman Abramovich. Voci di
ira si sono levate a destra e a manca,
più o meno sostenendo “Sì, è bello
avere il Regno di Nettuno, ma le re-
gole sono troppo restrittive!”; in altri
termini, è una ‘figata’ poter dire che
proteggiamo i fondali marini, ma per
carità non ostacoliamo il turismo...!
Ragionando così potremmo sostene-
re che un bell’albergone di 2.000 ca-
mere nel Parco Nazionale del Vesuvio
darebbe uno sviluppo portentoso alla
Regione...!
Prima di continuare, voglio brevemen-
te chiarire il mio punto di vista sull’Area Marina Protetta. Io non solo ne sono
uno strenuo e appassionato difensore per generico amore della natura. Sono
sempre un imprenditore dell’isola, e non posso dimenticarmene, dunque, io
difendo con tutte le mie forze il Regno di Nettuno perché è uno strumento
di marketing turistico di straordinaria portata! Di più: il rilancio delle nostre
zone costiere DEVE partire dalla difesa e dal recupero delle nostre terre e
delle nostre acque (nonché dell’aria, ovvio, che è messa meglio), perché è
questo che, principalmente, il pubblico oggi richiede. A costo di sembrare
presuntuoso, arrivo ad affermare che chi non ha chiaro questo principio sta
20 o 30 anni indietro rispetto alle necessità del marketing turistico. Se non si
punta sulla qualità ambientale della nostra offerta, che alternativa resterà?
Solo quella, tristissima e senza futuro, di continuare ad abbassare i prezzi.
Mi permetto poi di notare che se veramente l’isola allontanasse i VIP, con
tutto il rispetto per le altre strutture il Regina Isabella dovrebbe protestare
più di tutti, perché potenzialmente sarebbe il più danneggiato. Ma la mia
percezione è che non è affatto così, un discreto numero di (autentici!) Vip
continua ad arrivare e non si sente “cacciato” dall’isola. O almeno non dalle
(pochissime) regole che qui si impongono. Magari - talvolta - ci dicono al
contrario che ciò che non va è il mancato rispetto di norme e regolamenti!
Tornando alle notizie su Di Caprio e Abramovich, te la dico secca: per me
sono due bufale. Prontissimo a scusarmi ufficialmente se mi sbagliassi. Non
ho il piacere di conoscere nessuno dei due, ma per come conosco gli attori
di Hollywood, ed oramai ne conosco tanti, penso che siano così attenti a sal-
vaguardare la loro immagine che non rischierebbero mai una multa per aver
offeso l’ambiente. Ma scherziamo? Per quanto poi concerne Abramovich,
una volta ho parlato con una persona che, sostenendo di conoscerlo bene,
diceva che ha una specie di mania di costruirsi un’immagine di rispettabili-
tà, per cui non fa mai nulla che possa
apparire inopportuno o inappropriato
se non, forse, in strettissimo privato.
E se ciò è vero, non lo vedo proprio
arrischiarsi ad avvicinare uno qualsiasi
dei suoi panfili ad una zona in cui vige
un divieto di ormeggio.
Vero è che in questo Agosto, tolti Egit-
to e Berlusconi, gran che da dire non
ce n’è. Neanche lo spread fa più noti-
zia... Ma allora, se proprio dobbiamo
giocare su notizie semi-serie o addirit-
tura semi-inventate, almeno lasciamo
in pace il Regno di Nettuno, una delle
poche speranze di ripresa turistica del
Golfo!
Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, il testo che Giancarlo Carriero, proprietario dell’Albergo della Regina Isabella e presidente degli Industriali del
Turismo della Provincia di Napoli, ha inviato la scorsa estate al direttore del Corriere del Mezzogiorno, Marco De Marco.
text_Lucia Elena Vuoso
P E O P L E
i
IL RIFUGIO DI SUOR EDDA
Amore incondizionato. Dare e darsi. Fare del bene, per tanti, per tutti, e non
esserne mai appagati. Mettere al primo posto gli altri, i bisognosi, i poveri, gli
abbandonati, gli orfani. Essere in prima linea per sostenere battaglie, contro
burocrazia e istituzioni, per proteggere i deboli, per dare loro un posto, una
voce, una nuova vita.
Angela, ha solo 8 anni nel 1949, ed ha già ben chiaro quale sarà il proprio
destino: aiutare i bambini. E comincia fin da giovanissima a darsi da fare,
distribuendo la propria merenda ai compagni di classe meno fortunati di
lei, chiedendo perfino ai genitori di prepararle una doppia porzione, per
cercare, in tempo di miseria, di saziare più persone possibile, privandosene
addirittura. Modeste imprese portate avanti col cuore, per intuire i ringrazia-
menti in un semplice sguardo, per sentirsi soddisfatta con un piccolo gesto.
E a soli 8 anni quella bambina così piccola, con la maturità e la lucidità che
molti adulti non posseggono, capisce che per fare ciò che la rende felice
deve lasciare i genitori e i suoi quattro fratelli ed entrare in convento. Una
vocazione arrivata ancora prima, quando, a quattro anni, aveva portato, du-
rante il corteo funebre, la coltre del Canonico Antonio Migliaccio, fondatore
dell’ordine delle Discepole di Santa Teresa del Bambin Gesù a Qualiano, in
provincia di Napoli, paese di cui è originaria. Una chiamata quella di Angela,
frenata dalla mamma, che non la riteneva pronta a prendere una decisio-
ne che le avrebbe cambiato la vita in
modo tanto radicale. Un’inclinazio-
ne, invece, appoggiata immediata-
mente dal papà, complice dell’inge-
gnoso trucchetto per far firmare alla
moglie, che non sapeva leggere, il
consenso a prendere i voti: dirle che
si trattava dell’autorizzazione per co-
minciare a preparare il corredo. Una
piccola “bugia bianca” che ha porta-
to a grandi risultati.
A 16 anni Angela entra ufficialmente
nell’Ordine e le viene assegnato, suo
malgrado – lei aveva scelto di farsi
chiamare Emerenziana, come una
delle prime martiri cristiane – il nome
di Edda. Un appellativo - “colei che
combatte per la felicità” - che le ha
impresso una missione.
E la sua lotta comincia proprio pres-
so la Casa Madre di Qualiano, in cui
sono accolti e ospitati bambini poveri
e con gravi disagi familiari, prelevati dagli assistenti sociali in tutta Italia, figli
di carcerati, tossicodipendenti, di persone violente o semplicemente non in
grado di fare i genitori, bambini abbandonati a se stessi, molte volte sporchi,
mal nutriti, traumatizzati da abusi, testimoni di crudeltà. Tutti hanno sapu-
to trovare in suor Edda la figura che loro è più mancata: una confidente,
un’amica, una sorella, una mamma.
Direttrice dell’istituto di Qualiano dal 1978, nel 1996 viene inviata ad Ischia,
ad amministrare la sezione isolana delle Discepole di Santa Teresa. La sede
ufficiale - costruita e gestita dal Pio Monte della Misericordia di Napoli e
utilizzata dopo il terremoto del 1883 per ospitare bambini in difficoltà – è
Chiediamo scusa a Suor Edda per aver deciso di pubblicare questo suo ritratto, che nasce da un incontro che ebbe lo scorso anno con la redattrice di Ischiacity: il desiderio di non apparire se non attraverso la sua opera instancabile (e la sua ritrosia a farsi fo-tografare) l’aveva indotta, infatti, a non dare l’autorizzazione finale alla stampa. Tuttavia, ci è parso necessario ricordare a tutti chi sia questa donna forte e generosa e cosa faccia da tutta la vita, dopo che il suo nome (e la sua opera) sono finiti in mezzo ad una “bufera mediatica” pretestuosa. Qualche mese fa, infatti, sulla porta dell’asilo di Casamicciola Terme da lei diretto, è stato affisso un comunicato in cui si annunciava la chiusura della scuola per un giorno, in quanto era prevista la visita di un gruppo di disabili gravi, la cui presenza, secondo quanto si leggeva sul cartello, poteva “impressionare” i bambini. Ora se, senza dubbio, i termini utilizzati per comunicare la chiusura della struttura erano sbagliati, è altrettanto vero che Suor Edda - come ogni buon capo - se ne è caricata addosso tutte le responsabilità e ha fronteggiato le polemiche senza tirarsi indietro. E, d’altra parte, la sua attività da sempre svolta in prima linea per aiutare e sostenere le esistenze più travagliate, alleviandone per quanto possibile le sofferenze, dice più di infinite parole.
ormai in disuso e i piccoli bisognosi
sono costretti a stabilirsi presso l’al-
bergo Italia a Casamicciola, cui l’ente
benefico partenopeo pagava un fitto
mensile. Una costruzione, a sua vol-
ta, fatiscente e umida, con poca luce
e poco spazio per giocare, un luogo
non adatto a dei bambini.
E suor Edda, fattasi forza da sé, chie-
sto coraggio alla Madonna, acquisita
speranza attraverso gli occhi fiduciosi dei suoi tanti figli, desiderosi di sentire
il calore di una vera famiglia e di tornare a sorridere, ha cominciato una lunga
trafila burocratica, fatta di pratiche, richieste, solleciti “e qualche volta sono
stata anche maleducata” – dice sorridendo – per restaurare e ripristinare
l’edificio originario dedicato alla cura dei bimbi sfortunati. Una disputa dura-
ta quattro anni, lunghissimi e pieni di sacrifici, per riuscire a vivere al meglio
nella costruzione alberghiera e per non arrendersi ai no, per trovare la forza
di chiedere ancora nonostante le por-
te in faccia, per non perdere la fede
quando i lavori si interrompevano per
mancanza di fondi o procedevano a
rilento. Ma “colei che combatte per
la felicità” ce l’ha fatta e, nel 2000,
è stato inaugurato, con una grande
festa che ha coinvolto tutta la comu-
nità, l’Istituto Santa Maria della Prov-
videnza.
Il convitto, attualmente, è una vera e
propria oasi di paradiso: pulito, ordi-
nato e gestito alla perfezione dalle sei
sorelle, ha spazi grandissimi dedicati
al gioco e funziona non solo come
Comunità Educativa a dimensione
familiare, accogliendo e dando ospitalità fissa a dodici ragazzi, ma offre ai
genitori, che non hanno possibilità economiche elevate, la scuola di prima
infanzia e la scuola elementare a costi minimi per i propri figli, nonché l’asilo
nido, effettuando anche servizio mensa e doposcuola. “Prima di accogliere
un nuovo alunno – dice suor Edda – verifichiamo che la famiglia non possa
pagare la retta, anche se, il solo fatto che vengano a chiederci di accogliere
i propri figli gratuitamente, o versando una quota minima, è indice di una
reale crisi finanziaria domestica. Molto spesso genitori che avevano biso-
gno di lavorare mi hanno affidato anche neonati, addirittura ho avuto tra
le braccia una bimba di pochi giorni e l’ho curata e amata, cercando di non
farle mancare niente. Noi siamo nella Casa della Provvidenza e dobbiamo
provvedere per tutti”.
Ma è per gli ospiti della Casa Famiglia che Suor Edda cerca di darsi al massi-
mo, per permettere loro di trovare la propria dimensione e la serenità inte-
riore. Dal più piccolo di tre anni, al più grande di ventitré, tutti sono aiutati
e consigliati al meglio. Ognuno ha il proprio spazio, la propria stanzetta, la
scrivania e grandi cortili comuni: la cucina, dove un’assistente sociale pre-
para il pranzo, il salotto dove intrattenersi al PC o guardando la TV, il chio-
stro esterno, per giocare a pallone d’estate. Ognuno la mattina va a scuola,
sempre a testa alta, senza sentirsi mai inferiore agli altri. Spesso i ragazzi
più grandi invitano amici a pranzo o a fare i compiti, proprio come in tutte
le normali famiglie, e tre volte alla settimana c’è chi fa danza, chi frequenta
la palestra o la piscina e chi lezioni di canto. Spesso, d’estate, suor Edda dà
loro una mano a trovare un lavoretto, per responsabilizzarli e aiutarli a co-
struirsi un futuro: “per ognuno apro un conto corrente in banca – dice – e
permetto loro solo di depositare. Quando ai miei bimbi serve qualcosa gliela
regaliamo noi sorelle nelle occasioni particolari: la felpa firmata a Natale, il
cellulare al compleanno, o il computer portatile per la promozione a scuola.
Cerchiamo davvero di non far mancare loro niente.” Spesso, dopo l’esame
di maturità, molti sono ritornati nel proprio paese d’origine, hanno trovato
lavoro, si sono sposati e costruiti una famiglia propria, riuscendo, davvero, a
realizzarsi nella vita, nonostante i traumi subiti da piccoli. Tutti successi per
suor Edda, che ogni tanto vede tornare a trovarla ragazze diventate adulte,
che lei ha aiutato in passato, con le
loro figlie e nipoti, che non di rado si
chiamano Edda, in segno di ricono-
scimento ed affetto, come si farebbe
con una nonna.
Mai un attimo di sconforto, mai la te-
sta bassa seppur tanto umile, mai un
giorno perso. Gestire la casa famiglia,
organizzare raccolte di beneficenza,
chiedere fondi, studiare, aggiornarsi,
sempre per loro, sempre per gli altri.
E, anche se, soprattutto in tempo di
crisi, non è facile far quadrare il bilan-
cio, poiché il Comune di Casamicciola
dà solo un piccolo contributo per i
ragazzi ospitati ufficialmente e il Pio
Monte della Misericordia elargisce un modesto sussidio mensile, che serve a
coprire appena le spese indispensabili per mandare avanti la struttura, suor
Edda cerca di aiutare sempre e comunque, accogliendo tutti coloro che le
chiedono asilo.
Da qualche mese suor Edda, poco dopo aver compiuto il settantesimo anno
d’età, ha conseguito la laurea triennale in Scienze Dell’Educazione (requisito
divenuto fondamentale per gestire una struttura del genere dopo l’entrata
in vigore di nuove leggi, nonostante i numerosi attestati di educatrice in suo
possesso), nel tempo record di un anno. Eppure Suor Edda non è mai soddi-
sfatta e prega e si attiva costantemente per riuscire a dare sempre il meglio
di sé, senza guardare mai ai risultati raggiunti e ai tanti bambini resi felici ma
al lavoro che ancora c’è da fare e a tutti gli sfortunati che hanno bisogno di
trovare una mano tesa pronta ad infondergli speranza, ma soprattutto una
concreta vita migliore. Ed ancora ora ha lo stesso sorriso della ragazzina di
otto anni che distribuiva colazioni agli amici, un sorriso che si confonde in
mezzo ai sorrisi dei suoi tanti bimbi.
29
F A S H I O N
i
MARIA DELLA CONFUSIONE
31Abito e scarpe, Dolce & Gabbana; orecchini Rogama Atelier, bracciali Cangiano Bijoux.
PER I RAGAzzI, DA SINISTRA
Roberto: canotta, pantaloni, scarpe e berretto, tutto Dolce & Gabbana.
Tom: Panciotto Dolce & Gabbana, camicia Ralph Lauren, pantaloni DSquared 2, scarpe e berretto Dolce & Gabbana.
Luca: pantaloni Fendi, scarpe e berretto Dolce & Gabbana.
32AD & PHOTO_Riccardo Sepe Visconti MODELS_Maria Della Confusione, Roberto Mattera, Luca Fiorentino, Tom FiorentinoMAKE UP_Nancy Tortora per Aglaia, IschiaHAIR_Cristian Sirabella per Le Donne di Picasso, Ischia DRESS_ La Caprese Donna, Ischia JEWELRY_ Bottiglieri Gioielli, Ischia ASSISTANT_ Tommaso MontiLOCATION_ FontanaSPECIAL THANKS_ Rosario Caruso Sindaco di Serrara Fontana, Ristorante La Fonte, Remo Mattera, Melos - strumenti musicali, Raffaele Selliti, Tommaso Mattera e Antonio Mattera.
Abito Dolce & Gabbana, scarpe Gucci; orecchini Rogama Atelier, bracciali Giorà.
Abito in pizzo Gucci, scarpe Dolce & Gabbana; orecchini Le Monde Des Bijoux, anelli Caramanna, bracciale e ciondolo in corallo Zoccai.
36
Abito DSquared2, scarpe Gucci; anello ed orecchini in argento Caramanna.
Abito DSquared2, scarpe Gucci; anello ed orecchini in argento Caramanna.
A saperli leggere, i numeri che sintetizzano il movimento turistico nell’isola
d’Ischia dicono tutto, ma proprio tutto… E vale la pena di esaminarli con
attenzione, perché da essi dipende la vita di migliaia di persone che, in modo
più o meno diretto, possono mantenere la propria famiglia perché lavorano
nell’industria della vacanza. Per la parte più cospicua della stagione 2013
(gennaio-settembre), essi raccontano in maniera inequivocabile in che dire-
zione l’impresa isolana ha messo la barra del timone e che risposta ha rice-
vuto dal mercato, e possiamo sintetizzarla così: gli italiani, che si sentono più
poveri e sicuramente sono privi di ogni certezza, sono venuti meno, i russi ci
amano (nonostante tutto), è boom del revenue management.
Partiamo dalle dolenti note nostrane: nel periodo gennaio-settembre 2013 i
turisti italiani calano del 7% e poiché da diversi anni - a seguito dell’emorra-
gia tedesca - Ischia si è rivolta quasi esclusivamente al mercato interno (che
copre circa il 73% dell’offerta turistica dell’isola), questa perdita in termini
numerici significa passare da 2.206.902 presenze nel 2012 a 2.053.600 del
2013.
Segno lievemente positivo, invece, dal mercato estero, dove la crescita si
ferma all’1,92% e ‘contiene’ il saldo complessivo, comunque negativo, a
-4,65%. I segnali più confortanti, infatti, arrivano dagli stranieri, almeno se
guardiamo alle presenze russe: Ischia consolida la sua leadership in Campa-
nia per quanto riguarda il più importante paese dell’Europa dell’Est, con un
+ 24% rispetto allo scorso anno (quasi 176mila presenze). Eppure, anche in
questo quadro roseo va registrato un dato allarmante: “Quando i russi veni-
vano individualmente o con i grandi tour operator, su 3 pernottamenti, 1 era
in 5 stelle (33%) e naturalmente l’indotto della ristorazione e del commercio
lavorava bene con questa fascia di clienti che chiedevano ciò che era più
costoso ed esclusivo. Adesso, invece, i pernottamenti in 5 stelle sono scesi al
20% (1 su 5). Certo, essendo cresciuto il numero degli ospiti russi, è naturale
che una quota di essi scelga alberghi di altra categoria, ma va considerata
la possibilità che l’isola non abbia saputo dare a questi clienti più facoltosi
la giusta risposta alle esigenze di servizi collegati alla vacanza, e che quindi
costoro tendano a scegliere altre destinazioni”, commenta l’ingegner Mario
Rispoli, responsabile del settore statistiche dei flussi turistici per l’Azienda di
Cura, Soggiorno e Turismo di Ischia e Procida, che lavora all’elaborazione dei
dati di arrivi e presenze che l’Azienda riceve direttamente dagli alberghi. Cat-
tive notizie, invece, sul “fronte tedeschi”: pur essendo ancora i primi fra gli
stranieri in termini assoluti (346.409 presenze nel periodo gennaio-settem-
bre), la loro disaffezione nei confronti di Ischia si aggrava, con una perdita
ulteriore rispetto al 2012 di circa il 5%. “Si deve assolutamente smetterla di
limitarsi al mercato interno, che risente in maniera evidente della crisi econo-
mica. E’ arrivato il momento di cercare in maniera seria, cioè mirata e siste-
matica, validi sbocchi all’estero, a livello mondiale, per i nostri 25mila posti
letto, individuando i paesi che stanno crescendo economicamente di più,
poiché la vacanza è una forma di consumo, e quindi la domanda di vacanze
cresce dove aumentano i consumi”, sottolinea ancora Rispoli.
Che questa sia la strada da percorrere, lo confermano i numeri del nostro
concorrente, non vogliamo dire più diretto, ma sicuramente più vicino,
cioè Capri, realtà - non dimentichiamolo - assimilabile a Ischia sotto
il profilo della logistica e dei trasporti, nel senso che i collegamenti
con la terraferma soffrono delle medesime inadeguatezze. Eppu-
re, nei primi nove mesi del 2013, a confronto con la stagione
ISCHIA NEL BURRONE?
T O U R I S M
i
text_ Silvia Buchner 38
precedente, registra un aumento del 19% di presenze straniere e del 2%
di italiani, per una performance positiva complessiva del 12,50%. Il com-
prensorio Sorrento-S. Agnello, invece, se perde il 9% di italiani, guadagna
il 4,51% di stranieri, e si attesta a +2,13%. Il dato complessivo vede queste
due località ribadire la loro vocazione internazionale: infatti, a Capri le pre-
senze straniere sono 300.881 mentre quelle italiane si fermano a 165.156;
a Sorrento addirittura, a fronte di 1milione e 900mila presenze straniere,
quelle italiane sono solo 340mila.
Inoltre, entrambi hanno lavorato per differenziare il loro portafoglio, come
è evidente scorrendo i paesi di provenienza: Capri ha un 25% di ospiti ame-
ricani, il 10% sono tedeschi, l’8,40% inglesi, il 7% viene dalla Francia, il
5,40% dal Brasile, il 4,10 dall’Australia e così via fino ai Russi che si attestano
al 2,92%; a Sorrento il 39,70% sono inglesi, circa il 15% americani, il 6,75%
arriva dalla Germania, il 4,20% dalla Francia, intorno al 3% si attestano
Canada, Belgio ed Irlanda, mentre i Russi sono il 2,25%.
In un’epoca così lontana da appartenere ormai al mito, diciamo fino agli anni
’60, anche Ischia presentava una situazione simile ed esercitava una buona
capacità di attrazione anche sul turismo di fascia alta e su quello costituito
da star dello spettacolo e vip. Purtroppo, assai presto si scelse di standardiz-
zare l’offerta sul solo mercato tedesco, e per decenni non si è più compiuto
alcuno sforzo per differenziare il tipo di proposta e, quindi, anche gli ospiti,
perdendo così in valore e appeal internazionale. Oggi, questo grave errore
lo stiamo pagando caro: nel momento in cui, infatti, i tedeschi che, di fatto,
erano i soli stranieri a venire a Ischia, hanno smesso di farlo, il sistema turisti-
co isolano, che si era tarato sul doppio binario tedeschi in bassa stagione e
italiani a luglio e agosto, è rimasto totalmente spiazzato dalla perdita secca
di presenze soprattutto nei mesi non estivi, ed è corso ai ripari scegliendo
- ancora una volta - di dedicarsi ad un solo mercato, stavolta quello degli
italiani. Ma si tratta, per una larga fetta di un turismo di anziani che vengo-
no nei periodi in cui le tariffe scendono moltissimo o, comunque, di gente
che sceglie l’isola perché sempre di più offre, grazie alle tariffe dinamiche,
la possibilità di realizzare il “sogno” di alloggiare in un quattro stelle, e oggi
Presenze periodo Gennaio - Settembre 2013
100%Stranieri784.427
ISCHIA_ presenze 2.838.026
44,16%
360.000
330.000
300.000
270.000
240.000
210.000
180.000
150.000
120.000
90.000
60.000
30.000
0
Stranieri
27%
Italiani
73%
Germ
ania
346.4
06
22,40%
Russi
a17
5.71
5
5%
Svizz
era
39.2
01
4,41%
Austr
ia34
.598
4,32%
R. U
nito
33.8
68
4,3%
Rep.
Ceca
33.7
42
3,34%Fra
ncia
26.1
992,1%
Usa
16.2
57
25%
Stranieri
65%
Italiani
35%
Usa
75.39
1
9,9%
Germ
ania
29.7
24
8,4%
R.Un
ito25
.319
7,15%
Franc
ia21
.511
5,4%
Bras
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.115
4,1%
Austr
alia
12.7
81
3,64%
Giap
pone
10.9
62
72.000
66.000
60.000
54.000
48.000
42.000
36.000
30.000
24.000
18.000
12.000
6000
0
100%Stranieri300.881
3,05%
Cana
da9.
169
2,92%
Russi
a8.
783
CAPRI_ presenze 466.037
100%Stranieri1.900.000
SORRENTO_ presenze 2.240.000
39,7%
Stranieri
85%
Italiani
15%
R.Un
ito74
8.000
14,9%
Usa
281.
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6,75%
Germ
ania
127.
280
4,2%
Franc
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.664
3,57%
Austr
alia
67.3
93
3,54%
Cana
da67
.195
3,39%
Belgi
o63
.913
3,06%
Irlan
da57
.695
720.000
660.000
600.000
540.000
480.000
420.000
360.000
300.000
240.000
180.000
120.000
60.000
02,25%
Russi
a42
.324
78.000
780.000
S. Agnello
addirittura in un cinque stelle se si prenota al momento giusto, a prezzi
davvero convenienti, mentre altrove (nelle località campane che abbiamo
menzionato prima per esempio, ma non solo), alberghi di queste categorie
costano molto di più.
Ed il restante 27% dei nostri ospiti da chi è costituito? I tedeschi sono ancora
i primi, ma risultano quasi residuali, se si considera che in un decennio sono
diminuiti del 75% (!), seguono i russi per i quali continua a non esserci,
però, da parte dell’isola una risposta organica a questa interessante fascia di
clientela e di conseguenza un’offerta di sistema loro dedicata; le altre na-
zionalità sono rappresentate da percentuali molto limitate, all’interno di una
fetta di mercato già molto ristretta. Al momento, quindi, presentiamo un
quadro esattamente agli antipodi di quello delle località che hanno lavorato
meglio, nonostante la crisi. Cosa fare, allora? “Non si deve solo insistere sul
bacino di lingua tedesca, piuttosto individuiamone di nuovi e rafforziamo la
nostra presenza in Russia. Lo dico da diversi anni, ma non so quanto vengo
ascoltato: il mercato russo è una locomotiva in corsa e va curato con grande
attenzione. Se adesso ci sono agenzie che lavorano in quell’area, ho però la
netta impressione che, una volta che questi turisti giungono a Ischia, i servizi
in lingua loro dedicati sono ancora decisamente insufficienti, a partire dalle
informazioni, sia nei siti internet che nelle indicazioni dei servizi e negli alber-
ghi, dove il personale in grado di interagire con questi ospiti in maniera sod-
disfacente è decisamente scarso. Il settore del commercio si è forse saputo
attrezzare meglio, ma occorre imprimere maggiore velocità per raggiungere
l’eccellenza che viene richiesta”, ribadisce Rispoli.
Sembra, invece, che negli ultimi 6-7 anni l’impegno costante della nostra
imprenditoria - piuttosto che cercare seriamente nuovi mercati e dotare il
territorio e le strutture private dei servizi necessari a soddisfare le esigenze di
nuova clientela - sia stato quello di abbassare i costi della vacanza per inse-
guire la domanda, che si è indebolita sempre più per la perdita di attrazione
dell’isola e per la crisi che ha mutato le abitudini di spesa degli italiani. Ci
si è concentrati esclusivamente sul problema di “come vendere”, sceglien-
do il low-cost e, in tempi più recenti, applicando massicciamente il revenue
management. Ma la rincorsa al ribasso non reggerà a lungo, perché ci sarà
sempre un’altra località, più facilmente raggiungibile di Ischia, che riesce a
praticare prezzi più convenienti, perché ha costi dei trasporti, del lavoro e
tassazione inferiori. Inoltre, riempire un albergo all’80% grazie alle vendite
low cost, comporta un’usura delle strutture (mobilio, servizi, impianti, ecc.)
e quindi impegni di spesa continui: ma se gli introiti ricavati dalla vendita a
prezzi promozionali delle stanze sono bassi, alla lunga per le strutture ricetti-
ve che praticano questa politica i conti non torneranno più. E non torneran-
no più, ovviamente, neppure per i dipendenti, in quanto inseguire il prezzo
più basso, fatalmente, ha come conseguenza un impoverimento di chi lavora
nel turismo, perché significa tagliare innanzitutto sul personale, sostituendo,
per fare solo un esempio, gli addetti al bar con le macchinette self-service.
Attualmente, comunque, la tendenza a vendere Ischia a prezzi “di offerta”
continua a essere quella assolutamente dominante, anzi non ha risparmiato
neppure gli alberghi a 5 stelle, che per il 2013 offrono spunti di riflessione
interessanti. Hanno avuto, infatti, una performance molto buona sul piano
dell’occupazione, passando nel periodo gennaio-settembre dalle 159.387
presenze del 2012 a 180.312 del 2013 (con una crescita di oltre il 13%) (sul
dato influisce marginalmente l’incremento della capacità ricettiva dovuto alla
riclassificazione dell’Hotel Mare Blu, da poco passato a questa categoria).
“I 5 stelle hanno sofferto in modo pazzesco negli ultimi anni, e di conse-
guenza hanno scelto di puntare sulla quantità - spiega Rispoli - applicando
massicciamente il sistema della cosiddetta tariffazione dinamica (o revenue
management) per vendere le loro camere. Va sottolineato, però, che questa
scelta imprenditoriale rende in termini di utili (e non solo di crescita delle
presenze) se si è capaci di pianificare le spese, cioè i costi fissi e variabili
dell’albergo, in funzione di introiti che risultano anche molto differenti, a se-
condo della tariffa applicata”. Il fatto che i cinque abbiano venduto a prezzi
da quattro stelle, comporta sicuramente che il margine di guadagno sia più
basso, e bisogna chiedersi per quanto tempo, a fronte di una riduzione dei
prezzi per garantirsi l’occupazione, queste strutture potranno permettersi di
dare servizi che hanno determinati costi e mantenere intatte la qualità e le
peculiarità che identificano gli hotel della massima categoria. Inoltre, osserva
Rispoli, “finora avevo sempre utilizzato il dato di presenze nei 5 stelle come
un indicatore attendibile per individuare la portata dei turisti che chiamo
‘big spender’ (ad alta capacità di spesa), che possono, cioè, concedersi una
serie di spese extra rispetto al pernottamento anche molto consistenti, e che
costituiscono il guadagno dell’indotto (intrattenimento, shopping, ristora-
zione, parchi termali, trasporti privati, ecc.): adesso, se continua così, questo
indicatore verrà a mancare, perché chi acquista a prezzo promozionale una
stanza nei 5 stelle, molto spesso non potrà permettersi quasi null’altro, e
questo è un ulteriore elemento di riflessione che non va trascurato”.
Appare evidente che la strada imboccata dall’impresa ischitana rischia di
portare l’isola tutta in un vicolo cieco, che la scelta di concentrarsi pratica-
mente su un unico mercato (italiano) come quella di ricorrere massicciamen-
te a offerte promozionali per vendere le stanze non ripagano più, neppure in
termini di aumento di presenze, figuriamoci di crescita dei fatturati. Mentre
località turistiche che hanno fatto opzioni diverse sono state premiate: allo-
ra, di fronte all’evidenza dei numeri, vale davvero la pena di rivedere in modo
profondo Ischia come prodotto turistico. Una località di vacanze si compone
di un complesso di fattori: territorio, risorse che ne fanno la specificità, im-
prese che operano su di esso, formazione degli addetti, marketing specifico.
Da troppi anni, o forse da sempre, Ischia non ha pensato in maniera organica
a cosa fare del proprio patrimonio di natura, storia, termalismo, strutture:
riqualificare il territorio e i servizi, valorizzandone le peculiarità, ripulire il
mare, riorganizzare i trasporti, fare ricerca seria e innovazione nel settore
termale, far partire un’indagine sistematica sulla domanda per capire cosa gli
ospiti gradiscono e cosa, viceversa, non hanno apprezzato e, quindi, riuscire
ad offrire ciò che gli altri non hanno, stanno diventando necessità indero-
gabili. Sta partendo la programmazione dell’Unione Europea 2014-2020 per
i fondi strutturali dedicati alla politica di coesione per le regioni in ritardo
nello sviluppo, fra cui c’è anche la Campania: insomma, per l’ennesima volta
l’Europa tenta di investire su di noi, possiamo fare uno sforzo per arrivare
a questo appuntamento progettando finalmente con lungimiranza il futuro
del nostro turismo?
Performance percentuale Anni 2012-2013
Isch
ia
Capr
i
Sorr
ento
S. A
gnel
lo
+12,50%
+2,13%
-4,65%
text_Riccardo Sepe Viscontiphoto_Ciro Di Raffaele, Simona Pavini, Luca Fiorentino, Tom Fiorentino, Dayana Chiocca, Archivio Ischiacity
B U S I N E S S
i
“FATTORE” ISCHIAMi butto sull’agroalimentare
42
Roberto ha fatto una scelta. Valorosa. Saggia. Irrituale. Ha scelto, coraggiosamente, di essere se
stesso. Ha scelto di “essere” la sua passione e al tempo stesso essere produttivo. Non è semplice,
no, non lo è affatto, coniugare i desideri con le opportunità. La maggior parte di noi desidera in
modo indisciplinato, totalmente scollegato dalla possibilità effettiva di dar corpo ai propri pro-
getti. Questa si chiama velleità, o, forse, più semplicemente cialtroneria. Esistono, poi, persone
capaci di progettare “architetture di economie realizzabili”, imprese, individuali o collettive, in
grado di produrre ricchezze. Ma questa – in un territorio difficile, perversamente burocraticizza-
to, oppresso da mille soprusi causati dal marciume politico e sprofondato in una fase di accele-
ratissima recessione - è una dote assai rara. Richiede chiarezza d’idee (innanzitutto), disciplina,
inclinazione al sacrificio, attesa, visione di sé e del futuro, senso pratico, consapevolezza (per-
fetta) del sistema sociale sul quale si vuole incidere, conoscenza delle proprie forze e dei propri
limiti e… naturalmente, passione! Ecco, tutto questo può trasformare un uomo come ce ne sono
tanti, in un uomo che si afferma. Anche con fatica. Forse molta…
Roberto Mattera, classe 1984, è una di quelle persone che hanno deciso, appunto, di costruirsi
e costruire intorno a sé, studiando per raggiungere la laurea di “zoonomo”, che lo rende esperto
in “scienza e zootecnica della produzione di animali”. Un segmento della facoltà di Veterinaria
che trasforma l’esperto di animali in specialista di economia legata a questo mondo, e per il
quale talune bestie possono essere considerate “animali da reddito”. Naturalmente, la visione
di una fattoria, attraverso le lenti della redditività, rende ogni ragionamento sul ‘modus vivendi’
del moderno fattore strettamente dipendente dalla capacità di trasformare la vita (quindi la
buona crescita) del bestiame in guadagno. E a guardare al fenomeno da questo punto di vista,
va giudicata una scelta intelligente, in un periodo di crisi del turismo qual è quello attuale per
Ischia, che l’impresa locale inizi a variare i propri investimenti, dedicandone una quota a settori
non direttamente dipendenti dal sistema della villeggiatura.
La nascita di aziende agricole, fattorie e allevamenti di bestiame, come quello che Roberto ha
impiantato a Serrara Fontana, ma anche le attività dedicate alla raccolta, confezione e commer-
cializzazione di alimenti di produzione rigorosamente locale che si stanno aprendo nell’isola,
costituiscono la risposta vincente per garantirsi protezione sul versante “crisi del turismo”, valo-
rizzando e diffondendo, al tempo stesso, tipicità agroalimentari dell’isola nel rispetto dei principi
di una crescita e una lavorazione sana dei prodotti che mangeremo. E in tempi – tristissimi! – di
“Terra dei fuochi”, sapere che le carni provengono da allevamenti non contaminati aggiunge
ulteriore valore a ciò che ci apprestiamo a mettere in pentola. Ma, a questo punto, ci si deve
chiedere se è possibile realizzare un allevamento in un’isola come Ischia. Ovviamente, come ci
spiega il dottor Mario Mariani (nella foto sotto), veterinario ASL, non sono tutte “rose e fiori”
poiché il lavoro dell’allevatore non è solo duro, ma è reso intrinsecamente difficile da una serie di
lacci e lacciuoli di natura burocratico-legislativa: di essi il più grave è costituito dall’impossibilità
(unica eccezione quella che consente agli agriturismi di macellare sul posto gli “animali di bassa
corte” che allevano, cioè galline, anatre, oche, conigli) di possedere un macello proprio, per
“trattare” gli animali che per peso ed età sono giudicati idonei ad essere condotti al mattatoio.
Una direttiva - la CE n°853/2004, divenuta operativa dal 1°gennaio 2010 - impone, infatti, agli
allevatori l’obbligatorietà di macellare gli animali esclusivamente all’interno di strutture in regola
Per informazioni: Roberto Mattera 320 67 74 370
Via Militare_loc. Monte Epomeo | Serrara Fontana
con le normative europee (in tal modo, si garantisce che, nei paesi aderenti all’Unione Euro-
pea, ovunque vengano uccise e squartate le bestie, siano assicurati i medesimi criteri d’igiene
e profilassi, in modo che le carni potranno, poi, essere vendute nei diversi distretti europei con
l’assoluta certezza d’essere sane). A Ischia, infatti, per la conformazione stessa del suo territorio
non è possibile trovare, se non a costi altissimi, siti dove poter realizzare un impianto che rispetti
davvero le norme previste dalla direttiva. Una per tutte, l’isola non possiede un appezzamento
facilmente raggiungibile (e che possa essere edificato o sanato sotto il profilo edilizio) che disti
dalle abitazioni almeno 300 mt, come richiesto dalla legge; a ciò si aggiunge l’ulteriore difficoltà
costituita dallo smaltimento dei rifiuti della macellazione, considerati “speciali” e che devono es-
sere perciò eliminati attraverso specifiche procedure che comportano il trasporto in terraferma,
operazione oltremodo costosa.
Già, perché la caratteristica che fino a qualche tempo fa rappresentava per questo luogo un
“plus” e che oggi, in tempi di globalizzazione del commercio, è divenuta un “minus”, è, appun-
to, l’essere isola, lontana, e quindi “altra”, dalla terraferma: ciò rende tutto - dal turismo (dal
quale la comunità ischitana quasi totalmente dipende) al commercio, dalla produzione autoc-
tona, all’importazione, dai servizi fondamentali come quelli dei trasporti marittimi e terrestri,
all’organizzazione delle strutture pubbliche (tribunale, scuola, ospedale) - di assai difficile ge-
stione e, quindi, “non conveniente” sotto il profilo economico e “non competitivo”. Sarebbero
necessarie, perciò, delle deroghe, senza le quali Ischia, ritenuta un paradiso appena 30 anni fa,
rischia di essere gravata da così tanti costi e impedimenti da ritrovarsi perennemente prostrata e
in condizioni di subalternità e mancanza di competitività, fino al punto di essere del tutto margi-
nalizzata rispetto a qualsiasi realtà espressa dal continente: in altre parole, l’isola corre il pericolo
di divenire un inferno. È questo il prezzo dell’ingresso nella UE e, più in generale, di appartenere
ad una realtà nella quale i confini si superano con estrema facilità: un’opportunità che, se da
un lato offre indubbi benefici, dall’altro, massificando le comunità sociali ed omogeneizzando i
44
territori, specie i più piccoli, compromette a tal punto la loro identità da arrivare a stravolgerla,
fino ad annichilirla. Il tutto è reso ancora più preoccupante, se si analizza il fenomeno all’interno
di una visione di scambio d’informazioni ormai libero da limitazioni di sorta (grazie alla diffusio-
ne della rete internet, dei collegamenti satellitari e dei dati telematici) che trasforma, di fatto,
l’intero pianeta in un unico grande mercato virtuale, dove le “regole massificanti” impongono
di acquistare e distribuire ovunque beni e servizi a prezzi sostanzialmente identici (o, se si prefe-
risce, marginalmente diversi).
Questo sistema che abbiamo raccontato comporta che il nostro zoonomo Roberto Mattera,
nella sua fattoria, allevi animali certificandone l’effettiva nascita e crescita sul territorio ischitano,
ma poi sia obbligato (se non riesce a venderli vivi) a macellarli in terraferma e, conseguentemen-
te, a venderli alle macellerie del continente. Invece, i salumifici locali, e gli stessi ristoranti, sono
costretti a comprare la carne macellata nel napoletano, non potendo – per ragioni economiche
– acquistare a un prezzo conveniente quella di provenienza ischitana. Insomma, due attività
potenzialmente sinergiche che condividono il medesimo territorio, ma non riescono a divenire
parte della stessa filiera: un assurdo di cui con il buon senso non si può che auspicarne il supe-
ramento ma che, nei fatti, incontra ostacoli legislativi fortissimi. Con la sola eccezione nota a noi
di Ischiacity, del ristorante “Il Comignolo” a Serrara Fontana, che ha nel suo menù carni davvero
“a chilometro zero” perché il proprietario Domenico Calise gestisce in modo familiare l’intero
percorso della carne. S’è attrezzato, infatti, con un proprio allevamento specializzato in cinghiali
e un proprio camion per il trasporto del bestiame al macello in terraferma, provvisto di gabbia,
per l’andata con gli animali vivi, e cella frigorifera per il ritorno delle mezzene (cioè le due parti in
cui viene diviso il corpo del suino o bovino). Per tutto ciò che abbiamo detto è, allora, evidente
che “Prodotto a Ischia”, per un salumificio, non significa “fatto con carni certificate ischitane”,
bensì solamente “lavorato sull’isola” (con carni di generica provenienza UE), e niente di più.
In alto, Raffaello Buono; a ds. Bruno Savastano.
Ecco che, così, si spiega la presenza dei circa 230 allevamenti domestici isolani che, peraltro, non
possono crescere più di 2 suini per volta e qualche animale da cortile. Infatti, allevando in proprio
e macellando in casa per autoconsumo, non solo non si è sottoposti alle forti restrizioni della di-
rettiva CE n°853/2004, ma è soprattutto certo che in tavola sarà servita carne prodotta ad Ischia.
A voler tirare le somme di quanto convenga allevare industrialmente del bestiame ad Ischia,
possiamo, in via preliminare, stabilire un primo, ineludibile, principio: certamente nella “filiera
di produzione, macellazione e vendita” chi guadagna di più (con pochi rischi d’impresa) è il
rivenditore finale. Appare chiaro, perciò, che, essendo i costi della macellazione molto elevati
(pratiche sanitarie e burocratiche, trasporto in terraferma, certezza di trovare macellerie alle quali
rivendere il prodotto), per avere, in una piccola isola come questa, un buon margine di profitto,
le possibilità sono solo due: o si devono rivendere gli animali vivi (in tal caso, infatti, oltre alle
spese per la gestione della fattoria, il solo parametro da tenere sotto controllo è il cosiddetto
“indice di conversione”, vale a dire il rapporto tra la quantità - e quindi il ricavo alla vendita - di
carne prodotta per ciascun capo di bestiame, e la quantità di cibo - cioè il costo sostenuto per ali-
mentarlo fino a che non sia pronto ad essere trasformato in carne); oppure bisogna operare una
scelta come quella di Domenico Calise, che ha dovuto investire in un camion adatto al trasporto
sia degli animali che delle mezzene e che, in tal modo, compensa i costi altissimi della trasferta
necessaria alla macellazione vendendo le carni nel proprio ristorante, e chiudendo così la filiera.
Ovviamente, gli imprenditori che operano nel settore agroalimentare sanno bene che Ischia è
una terra dove la sua stessa natura - nel senso di conformazione del territorio - rende più com-
In questa pag., da sin.: cantina di Crateca, vigneto D’Ambra, Ettore Guarracino e il suo orto. Pag. a ds, dall’alto: vigneto di Crateca, cantina Tommasone, Carmelina e Giuseppe Coppa.
plesso e costoso coltivare ed allevare. Ma è pur vero che è proprio per quest’aspetto che taluni
prodotti isolani assumono un valore di assoluta specificità che li rende ricercati. Si spiega così la
passione di diversi vignaiuoli, che li ha spinti, negli anni, a selezionare ottimi uvaggi e produrre
vini squisiti come accade per le eccellenti cantine D’Ambra (che quest’anno ha ricevuto dalla
Guida del Gambero Rosso il massimo riconoscimento dei “tre bicchieri” per il cru Frassitelli),
Pietratorcia, Muratori, Aniello Mazzella, Cenatiempo, Tommasone, e delle cantine di
Crateca, che rappresentano uno dei fiori all’occhiello della moderna imprenditoria agricola co-
niugata all’arte di ospitare in cantina, tra i profumi della tradizione. Ma si sono posti nella me-
desima prospettiva anche altre realtà che, sia pure a differenti livelli, hanno puntato sulla terra:
da aziende come Ischia Sapori dei fratelli Savastano, che dal padre Bruno hanno ereditato il
“genio” della produzione di un validissimo limoncello e di un particolare – e unico! – rucolino,
fatti con materie prime isolane; all’amore per la coltivazione dei campi di coloni quali Giuseppe
e Carmelina Coppa a Forio, per non parlare dell’orto biologico di Ettore Guarracino a Ischia,
del miele di Raffaello Buono a Barano, o delle imperdibili confetture di frutta preparate con
cura certosina dai coniugi Brandi presso la tenuta di Pian de’ Cedri, sempre a Forio, o, ancora,
le saporitissime “torte stile Nonna Papera” sfornate a Sant’Angelo dalla signora Lucia Iacono
del ristorante Il Pescatore. Queste persone hanno voluto distinguere dal trend turistico la propria
attività d’impresa, e tale scelta, per quanto spesso assai sacrificata, appare rassicurante in tempi
difficili, in cui l’isola sta perdendo un po’ alla volta la propria posizione di leadership nel settore
del turismo. Su tutto ciò, ancora una volta, prevale un solo ragionamento possibile: lavorare
impegnandosi nella difesa del territorio, della propria specificità e puntare allo sviluppo di un
autentico circuito di qualità DOC, sia esso nell’allevamento del bestiame proprio come ha fatto
Roberto Mattera, nella coltivazione dei vigneti, nell’ospitalità dei viaggiatori o nell’erogazione di
servizi. In tempi di recessione, più che la svendita di tutto a qualsiasi costo, ci salva la promozione
dei nostri presidi d’eccellenza e la valorizzazione dei nostri prodotti identitari.
47
L’identità di una terra e la dedizione di una fami-
glia racchiuse in una bottiglia, percepite ad ogni
sorso leggero, delicato, serbevole e l’esclusività
di un Biancolella, il “Tenuta Frassitelli” di Casa
D’Ambra, confermate quest’anno dal massimo
riconoscimento della guida del Gambero Rosso,
i Tre Bicchieri.
Un premio ricevuto sia per l’ottima annata, sia
per la costanza di pregevolezza mantenuta nel
tempo, già nel 1990, infatti, il “Frassitelli” ave-
va ricevuto “Tre Bicchieri” entrando nel guinness
dei primati per essere il primo bianco campano a
fregiarsi del titolo, a soli sei anni dalla prima vini-
ficazione. Nel 1984, infatti, i D’Ambra comincia-
rono ad imbottigliare separatamente il Biancolella
prodotto dalle uve del vigneto ai piedi del Monte
Epomeo, nel quadrante sud occidentale dell’isola,
l’unico ad Ischia tra i 450 ed i 550 metri. Costi di
produzione altissimi, terrazzamenti con pendenze
superiori al 60%, 1.500 ore di lavoro ad ettaro, la
costruzione di circa 600 metri di monorotaia e la
distinzione in due sotto-cru – aree ben delimitate
in cui le condizioni naturali, fisiche e chimiche, la
zona geografica ed il clima permettono la realiz-
zazione di un vino specifico – Tifeo, la parte più
bassa orientata ad ovest, con ceppi di oltre 40
anni e Pietra Martone che guarda a sud ovest,
reimpiantata nel 1998, sono le caratteristiche che
fanno di questo vino fruttato, floreale e fine, una
delle eccellenze dell’isola d’Ischia.
Dopo aver superato la selezione campana tra più
di 400 concorrenti, ottenendo i “Due Bicchieri”,
la commissione nazionale riunita a Roma ha con-
ferito al “Tenuta Frassitelli” ben 90 punti su 100,
inserendolo nella guida tra i circa 15 vini campani
– per lo più rossi – blasonati col massimo ricono-
scimento.
Una grande opportunità questa, che va a conso-
lidare la tradizione della casa vinicola ischitana,
giunta ormai alla quarta generazione ed attual-
mente guidata da Andrea D’Ambra, enologo,
e dalle figlie Sara, enologa e Marina, laureanda
in economia aziendale. Un impegno che premia
non solo sul mercato locale e nazionale ma anche
all’estero, dove i principali importatori sono Giap-
pone, Australia e Stati Uniti, seguiti da Canada,
Belgio, Olanda, Francia e Germania, tutti paesi
in cui viene richiesto anche il Frassitelli di annate
precedenti. Questo vino, infatti, pur non essendo
da invecchiamento – generalmente si consuma
nel giro di un anno, fino ad un massimo di cinque
– ha dimostrato di saper invecchiare molto bene,
mantenendo l’ottima bevibilità. Da una “verticale
storica” richiesta proprio dal Gambero Rosso – un
FRASSITELLI SULL’OLIMPOtext_Lucia Elena Vuoso | photo_Enzo Rando, archivio Ischiacity
W I N E
i
assaggio di vini di diverse annate, a ritroso – è
emerso che il “Frassitelli” è capace di attraversare
il tempo con una vitalità ed un carattere insospet-
tabili: contraddistinto dall’armonia delle compo-
nenti, è un vino che nasce equilibrato e su questa
proporzione prosegue il suo cammino, tant’è che
tra le annate migliori ritroviamo quella del 1995
con un punteggio di 92/100, del 2006 e del 2012
con 90/100 e del 2011 con 91/100.
Ma il vino è anche moda, soprattutto un bianco
come il Biancolella Tenuta Frassitelli, che possie-
de un corredo aromatico ampio ed accattivante,
arricchito da note agrumate e da sentori minerali
che ben si sposa con antipasti e primi di pesce,
crostacei, carni bianche, conigli da fossa all’ischi-
tana ed anche coi formaggi. E per far tendenza
e vendere di più, numerose case vinicole hanno
cominciato a produrre Biancolella senza che le
uve possedessero le giuste caratteristiche: è per
questo che a garanzia di ogni bottiglia di Casa
D’Ambra c’è il tagliando col numero di serie ri-
lasciato dalla Zecca dello Stato, ottenuto dopo
specifici controlli ed in seguito alla dichiarazione
annuale del quantitativo di vino che si imbottiglie-
rà. Una garanzia di autenticità e qualità uniche in
tutta la Campania.
E anche se Casa D’Ambra è attentissima a preser-
vare il ‘genius loci’ e le caratteristiche autoctone
che solo il “Frassitelli” possiede, Andrea è molto
interessato anche alle sorti degli altri viticoltori:
cerca di “fare sistema” il più possibile, formando
associazioni, come “Vulcania”, che riunisce tutti i
produttori di vino bianco su terreno nero - di ori-
gine vulcanica - e le aziende vinicole delle piccole
isole italiane, in modo da ovviare alla mancanza
di attenzione da parte delle amministrazioni locali
che non elargiscono alcun tipo di contributo, né
come incentivo economico per il mantenimen-
to dei suoi 140 operai della vigna, né a livello di
comunicazione e pubblicità. Eppure, nonostante
le difficoltà, sta per nascere, sempre a cura di
Casa D’Ambra, un altro presidio di eccellenza
enologico sull’isola: Eschia, un vigneto giovane,
recuperato da qualche anno, col quale si punta
ad ottenere, nel 2014, un ottimo vino rosso da in-
vecchiamento, dimostrando che anche ad Ischia,
con la lavorazione giusta di uve con la struttura
adatta, con impegno e con passione, possono es-
sere ottenuti non solo bianchi pluripremiati, ma
anche rossi di spessore.
49
text_Silvia Buchner | photo_Archivio Platypus
B U S I N E S S
i
PLATYPUS ITINERARY: COME MI INVENTO UN LAVORO
Visite di istruzione formativa: nel linguaggio in
codice di cui la scuola ama servirsi, vuol dire gite
scolastiche che sono parte integrante della for-
mazione dei ragazzi sin dalle elementari, attraver-
so un’organizzazione sicuramente più accurata
di un tempo. Si tratta di momenti importanti, in
cui tutti insieme, liberi dallo schema consueto di
rapporti e di apprendimento che si sviluppano
in classe, conoscono luoghi, fanno nuove attivi-
tà, ma anche vivono il quotidiano, condividendo
tutto per qualche giorno. Una sintesi, insomma,
di divertimento, gioco e ampliamento dei propri
orizzonti che può lasciare una traccia molto positi-
va negli studenti, tanto più che non sempre a tutti
è dato di viaggiare con la propria famiglia e, quin-
di, queste occasioni possono costituire momenti
essenziali per sperimentare che esistono luoghi,
modi di vivere, situazioni diversi da quelli abituali
e che conoscerli può regalare nuove visioni sulla
realtà. A Ischia, nove professionisti versatili, do-
tati di inventiva e determinazione che hanno ben
compreso le potenzialità anche turistiche delle
risorse culturali, storiche, naturalistiche dell’iso-
la, hanno creato una struttura che costruisce in
proprio viaggi e laboratori didattici e campi scuo-
la, dall’ideazione alla realizzazione. Hanno scelto
come nome e mascotte l’ornitorinco (in inglese
platypus), un animale unico in natura - essendo
un mammifero che depone le uova ma allatta i
piccoli, che ha il becco e le zampe palmate ma è
coperto dalla pelliccia e vive a metà fra acqua e
terra - per sottolineare la varietà di elementi che
costituisce l’offerta dei viaggi didattici proposti
e, di conseguenza, la possibilità di confezionare
ogni soggiorno su misura rispetto alle esigenze
didattiche, logistiche, umane di ciascun gruppo
di allievi. Incontrare lo staff di Platypus apre una
finestra assai interessante su un fenomeno che
raccoglie in sé valenze differenti: in primo luogo,
si tratta, a tutti gli effetti, di una forma di turismo,
che quindi attiva un indotto economico (alberghi,
trasporti, musei e località che vengono visitati,
50
collaborazioni con altre realtà di servizi sul terri-
torio), il cui interesse cresce in quanto le gite sco-
lastiche si concentrano soprattutto in primavera,
e comunque sempre lontano dall’alta stagione, e
perciò possono costituire una possibilità alterna-
tiva di un certo interesse per il settore ricettivo. E
se consideriamo che in due mesi di lavoro (attual-
mente, infatti, i viaggi di istruzione sono concen-
trati in aprile e maggio) Platypus Itinerary porta
ad Ischia 4000 ragazzi (effettuando, per esempio,
2000 entrate al museo di Pithecusae), per lo più
dalle regioni Campania, Lazio e Puglia, è evidente
che si tratta, ancorché di un settore di nicchia, di
un bacino turistico da coltivare.
Alessandro Mattera insieme al fratello Emanue-
le, che oggi ne è il direttore tecnico, ha fondato
Platypus nel 2002 e nel tempo ha riunito attorno
al progetto persone giovani e competenti, alcune
bilingui, le quali, grazie a questa attività, hanno
un lavoro in cui mettono a frutto ciò che han-
no studiato e la cosa è tanto più interessante in
quanto si tratta di lauree per le quali oggi è diffi-
cile trovare occupazione. Ciascuno di loro, infatti,
è responsabile di un preciso ambito, dall’arche-
ologa Luisa Di Spigno Santi che cura le visite ai
musei archeologici di Pithecusae e di S. Restituta
(entrambi a Lacco Ameno) e agli scavi sottomarini
nella baia di Cartaromana, a Giusy Mennella, che
segue le simulazioni di scavo archeologico e quin-
di di restauro degli oggetti rinvenuti. Infatti, tutte
le attività ideate da Platypus offrono ai ragazzi la
possibilità di essere protagonisti: oltre allo scavo,
utilizzano microscopi per osservare le piante nei
laboratori curati dallo stesso Alessandro Matte-
ra all’interno dei giardini La Mortella e i minerali
con l’esperto Enrico Migliaccio, possono provare
l’emozione della barca a vela ma anche dell’osser-
vazione delle stelle mentre ai più piccoli si regala
un viaggio incantato - nel bosco o in pineta - per
conoscerne i segreti grazie alle “visite teatralizza-
te”, realizzate con la collaborazione degli attori
dell’associazione Culturale Artù. L’ambito natu-
ralistico è curato dalla guida escursionistica Ma-
riangela Mattera e dal biologo Francesco Mattera
e ancora da Giusy Mennella per l’amp Regno di
Nettuno, mentre Anna Mattera, esperta di storia,
guida alla scoperta del Castello Aragonese. Plat-
ypus interagisce costantemente con associazioni,
cooperative, musei, sia pubblici che privati pre-
senti a Ischia, e in tal modo garantisce una visita
ricca e stimolante e, insieme, valorizza l’offerta
turistica e culturale dell’isola. E queste sono solo
una parte delle proposte fra cui le scuole che de-
cidono di venire a Ischia possono scegliere: infat-
ti, le visite vengono adeguate al profilo degli studi
dei ragazzi, lavoro che richiede mesi di prepara-
zione e di questo si occupa in particolare Ade-
le Aurioso, insieme ad Alessandro ed Emanuele
Mattera. Ma l’attenzione è grande anche per la
qualità del viaggio e del soggiorno, quindi della
sistemazione alberghiera e dei pasti, che vengo-
no concordati con gli chef delle strutture ospitan-
ti. E mentre i ragazzi di Platypus si preparano a
sbarcare all’estero, dove vogliono presentare dal
prossimo anno le loro attività, sono già usciti dai
confini dell’isola organizzando, grazie a sinergie
con partner locali, viaggi didattici nel Lazio, in
Toscana, Umbria, Marche, Abruzzo: con inven-
tiva, notevole professionalità e doti imprendito-
riali sono riusciti a costruirsi il proprio mestiere,
rimanendo a Ischia ma, al tempo stesso avendo
dell’isola una visione più vasta. Da ammirare e -
possibilmente - imitare.
Lo staff di Platypus, da sin.: Mariangela Mattera, Alessandro Mattera, Adele Aurioso, Emanuele Mattera, Luisa Di Spigno Santi, Enrico Migliaccio, Giusy Mennella.
PLATYPUS ITINERARY
tel_081 99 01 18 | www.platypustour.it
N A T U R E
i
FERRAGOSTO ALLA FALANGA
Esistono riti immutabili, che si ripetono negli anni e rappresentano, per chi
vi partecipa, una sorta di rassicurante punto di riferimento, utile a misurare
ampi archi temporali dell’esistenza. Le tradizioni, oltre a fissare la nostra
identità culturale, ci sono necessarie, infatti, per capire i cambiamenti di ciò
che ci circonda, quanto, rispetto al rito tradizionale, anno per anno muta il
paesaggio, i sapori, gli odori, le istituzioni o le consuetudini, e così via. La
tradizione, per essere tale, deve poter garantire una perfetta sovrapposi-
zione della forma alla sostanza: entrambe devono ripetersi, possibilmente,
uguali nel tempo. Nasce da questo bisogno di ritrovarsi insieme - nel cuore
più profondo ed autentico di Ischia, che è il bosco della Falanga - l’appun-
tamento che da anni, Franco Iacono, insieme al suo intramontabile amico
Cesare Mattera, rinnova nel mattino del 15 agosto, con una folla di amici e
ospiti dell’isola che amano prender parte a questa scampagnata nel ventre
dell’isola, per stare insieme e insieme preparare e mangiare i cibi della tradi-
zione. Questa passeggiata, che apparentemente potrebbe essere rubricata
unicamente sotto l’aspetto ludico della vicenda, è in realtà assai più di un
gioco tra amici. Nelle dinamiche di Franco Iacono - ne sono certo! - questo
evento assume un valore politico: da autentico socialista egli prova a perpe-
trare, in modo semplice ed alla portata di tutti, un momento di comunione
e consolidamento proteso verso i valori identitari di una popolazione che
rischia di indebolire le proprie radici, a causa dei continui innesti di accultura-
zione massiccia (da parte di persone portatrici di culture diverse), ma anche
per via del corrompersi delle tradizioni, minacciate dal “diffuso e massificato
consumismo” dei tempi della globalizzazione. Ritrovare colori, profumi, luo-
ghi e perfino sorrisi, magari arricchiti da qualche ruga in più e, tuttavia, sem-
pre riconoscibili, è un modo per sentirsi parte di una comunità viva. In questa
direzione, l’attività di Iacono è instancabile e polivalente, egli infatti si muove
a più livelli ed in diversi ambiti: dalla passeggiata in canottiera e ‘braconi’
53
text_redazione Ischiacityphoto_Ciro Di Raffaele, Simona Pavini, Luca Fiorentino, Tom Fiorentino, Dayana Chiocca
di tela nel giorno più caldo dell’anno, all’organizzazione di colti convegni (i
cui relatori sono in genere personalità di primissimo piano del mondo della
cultura e della politica), per finire all’allestimento di imponenti spettacoli
capaci di celebrare il forte legame che Franco ha sempre voluto che l’Isola
mantenesse con il mondo dell’Arte. Ecco, allora, che la sua poliedrica attività
(politico impegnato, contadino, amante dell’arte e della cultura, organizza-
tore di eventi o più semplicemente cortese anfitrione capace di conservare
intatte nel corso degli anni le vecchie amicizie e a queste aggiungerne, inin-
terrottamente, di nuove) diventa il collante per dar vita ad una gran quantità
di occasioni utili a conoscere non soltanto l’isola, ma la nostra storia di Italia-
ni: provando a capire da dove veniamo e verso dove vorremmo/potremmo
dirigerci. Si inizia, allora, scarpinando per un viale acciottolato ed arso dal
sole in cima ad un monte il giorno di Ferragosto, per ritrovarsi poi, in altre
occasioni, seduti accanto a Romano Prodi, all’ombra di un vicoletto di Forio,
o nella bella Villa La Colombaia ad assistere alle esibizioni di Giorgio Alber-
tazzi, o nella sala di un hotel per l’interessante confronto tra Martelli, Scotti
e Casavola (rispettivamente ministro di Giustizia e degli Interni e Presidente
della Corte di Cassazione ai tempi del governo Craxi) o, ancora, in piazza
Santa Restituta ad ascoltare concerti di musica popolare, e così via (per deci-
ne e decine di altre formidabili iniziative), percorrendo in lungo e in largo le
latitudini dell’isola. Franco Iacono è fatto così: non smette mai di insegnarci
ad essere curiosi, ed attraverso la curiosità, ci fa sentire profondamente vivi.
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text_redazione Ischiacity | photo_Tommaso Monti
J E W E L R Y
i
Dall’incontro fra l’arte millenaria del cammeo e sculture uniche, che rac-
contano uno dei tesori dell’isola d’Ischia, le sue acque termali, nasce
una linea di gioielli dall’eleganza senza tempo. Un racconto che ha
il sapore della leggenda è racchiuso, infatti, nei preziosi ideati da
Marco Bottiglieri e realizzati da una delle più importanti aziende
di artigianato del cammeo di Torre del Greco, Di Luca Camei. La
storia inizia molti secoli fa, quando le selve boscose dell’isola
d’Ischia rivelarono agli antichi abitanti una sorgente di acqua ter-
male, che divenne la meta di tantissimi che giungevano nell’isola
da tutto l’Impero romano, poiché bagnando il corpo con quelle
acque tiepide che sgorgavano abbondanti dalla profondità della
roccia, la pelle riacquistava integrità e salute. Gli antichi attribuirono
naturalmente il potere di quelle acque - che oggi sappiamo essere dovuto alla
combinazione delle sostanze minerali in esse disciolte - all’influsso delle divinità e con-
sacrarono la fonte ad Apollo e alle ninfe, che furono battezzate Nitron, come la sorgente. An-
cora oggi Nitrodi, che si trova nel comune di Barano (nella località di Buonopane), attira migliaia di persone che ogni
anno si recano al Parco delle Ninfe di Nitrodi per bagnarsi nelle sue acque ipotermali che hanno fortissime capacità
antinfiammatorie, cicatrizzanti, eutrofiche e giovano molto a chi ha problemi di psoriasi.
Già gli antichi, benché non ne conoscessero le ragioni scientifiche, avevano ben chiaro tutto ciò: venivano, infatti,
numerosi a Nitrodi, per alleviare i loro problemi e ritrovare la salute, lasciando in dono come ringraziamento alle
divinità protettrici della benefica fonte una serie di lastre scolpite a bassorilievo, che probabilmente venivano appese
presso una grotta. Si tratta di una sorta di “quadri di pietra”, dedicati dai pazienti, come una donna che si chiamava
Capellina e un’altra che era addirittura una ex schiava di Poppea, moglie dell’imperatore Nerone, e forse da alcuni
medici, i quali inviavano i propri ammalati a curarsi lì. L’oblio del tempo ha fatto dimenticare quelle lastre, rimaste
nascoste là dove erano state collocate fino a quando, nel ‘700, furono ritrovate da un contadino che, per puro caso,
ha riportato in luce il complesso di lastre votive, considerato unico in tutta l’Italia Meridionale. La bellezza e l’armonia
di quelle sculture in miniatura, oggi, non si ammirano solo nelle sale del museo che le custodisce, ma si possono
indossare con i gioielli firmati da Marco Bottiglieri e Di Luca Camei. I maestri intagliatori hanno trasformato in oggetti
del desiderio i dettagli più belli selezionati nelle lastre di Nitrodi, riprodotti in incisione sulle conchiglie e incastonati
poi in anelli, pendenti, orecchini, bracciali, spille. Perfetto l’abbinamento di immagini che hanno il gusto del mito con
il cammeo, un gioiello che ha attraversato le epoche: la delicatezza della lavorazione esalta i motivi delle sculture
antiche e valorizza i particolari, facendo di ogni singolo monile un pezzo speciale, da abbinare con i jeans come con
un abito da sera, sicure di indossare un oggetto elegante e che non si potrà fare a meno di notare.
LO SCRIGNO DELLE NINFE
ischia
city
divis
ionepubblic
ità
IL MUSEO INVISIBILE
C U L T U R E
i
Archeologia, croce (e delizia) per Ischia.
Da una parte, l’isola va fiera di essere stata “inco-
ronata” la prima colonia greca del Mediterraneo
Occidentale, di custodire un reperto unico come
la coppa di Nestore (che reca incisa un’iscrizione
risalente a 8 secoli prima di Cristo in perfetti versi
epici), di essere entrata nei libri di storia, di arte, di
letteratura, dopo che l’archeologo Giorgio Buch-
ner con i suoi scavi e i suoi studi ha portato alla
luce l’insediamento di Pithecusa, a Lacco Ameno,
e ha dimostrato che è, appunto, la più antica fon-
dazione greca in Italia Meridionale, compiendo
una scoperta-caposaldo per l’archeologia della
seconda metà del ‘900.
Dall’altra, però, Ischia sembra sentire il peso di
questo ruolo, come se non sapesse cosa farse-
ne, come se non avesse ancora capito appieno
di avere un passato davvero illustre. Forse per-
ché proiettata totalmente nel futuro? Non direi;
piuttosto, si trova in mezzo ad un guado, non
più terra di contadini poveri com’era 50 anni fa,
ma non ancora pronta a comprendere la portata
del patrimonio archeologico, culturale e, quindi,
identitario che possiede. Portata che travalica i
confini di per sé limitati dell’isola e la proietta in
text_Silvia Buchner | photo_archivio Ischiacity
una dimensione internazionale, anzi mondiale,
perché la sua terra è stata una delle “culle della
civiltà europea” per usare un’espressione un po’
aulica, ma che descrive la verità, e la civiltà euro-
pea appartiene a centinaia di milioni di persone,
per non parlare di quante ne influenza. In attesa
che Ischia varchi il suo guado, per chi quotidia-
namente è chiamato a lavorare per preservare e,
possibilmente, incrementare e valorizzare questo
inestimabile patrimonio, la vita non è facile, come
ci ha raccontato la dottoressa Costanza Gialanel-
la, funzionaria della Soprintendenza Archeologica
responsabile per l’isola d’Ischia, e a lungo braccio
destro di Buchner.
Se, infatti, a Lacco Ameno c’è un museo che per
l’eccezionalità dei reperti che offre dovrebbe es-
sere fra i più visitati della Campania, ed invece ri-
mane quasi deserto, allora qualcosa decisamente
non funziona - posto che Ischia è, attualmente,
una meta turistica da oltre 3 milioni di presen-
ze all’anno. Se, pure, la dottoressa Gialanella ha
tratteggiato un quadro di collaborazione con le
Amministrazioni, è altresì evidente che a Lacco
Ameno, come a Forio e a Ischia, chi governa il ter-
ritorio non riesce a concepire questo patrimonio
come risorsa per la popolazione e per il turismo e,
di conseguenza, non intende investire su di esso.
“Accade, così, che quello di Pithecusa sia da 14
anni di fatto un ‘museo invisibile’, poco conosciu-
to nell’isola stessa, per nulla pubblicizzato e quindi
‘venduto’ ai turisti, privo delle attività necessarie a
renderlo parte integrante della comunità. Accade
che il parco archeologico progettato e addirittura
finanziato dalla regione Campania già molti anni
fa (era presidente Antonio Bassolino), per rendere
visitabile la fattoria arcaica scavata a Punta Chia-
rito, a Forio, non sia mai stato realizzato, benché i
fondi siano stati regolarmente erogati al Comune;
e accade ancora che la Soprintendenza sia stata
indicata come l’unica responsabile dei ritardi nel
completamento del depuratore per gli scarichi fo-
gnari sulla collina di S. Pietro a Ischia – finendo
per questo sulle pagine dei giornali. Adesso, però,
che dissensi fra Regione e ditta appaltante hanno
fermato tutto da circa due anni, una cortina di
silenzio è caduta sulla questione depuratore, che
sembra essere scomparso dalle priorità”, spiega la
responsabile della Soprintendenza.
Una piccola, incoraggiante inversione di tenden-
za si vede, invece, nella collaborazione pubblico-
privato che ha permesso la campagna di scavo
alla ricerca del porto dell’antica città romana di
Aenaria, giunta alla seconda stagione, e condotta
nelle acque della baia di Cartaromana. Qui, infat-
ti, la società Marina di S. Anna, che ha in gestione
alcuni spazi di ormeggio, finanzia in maniera con-
sistente lo scavo, che essendo sott’acqua presen-
ta difficoltà e costi maggiori. La possibilità di im-
piantare nuove aree di ormeggio regolamentate,
infatti, era subordinata all’indagine archeologica,
di cui Marina di S. Anna ha accettato di sostene-
re le spese con la prospettiva futura di creare un
parco archeologico subacqueo dove organizzare
visite guidate alle strutture recuperate. Questa
opportunità l’hanno già colta i giovani imprendi-
tori di Platypus Itinerary, che propone viaggi di-
dattici e campi scuola (si veda il servizio dedicato)
e che hanno inserito la visita agli scavi subacquei
nel loro fitto cartellone di proposte per le scola-
resche. Utilizzando una barca con il fondo traspa-
rente che consente di osservare il fondale, si può
già vedere, infatti, una massicciata lunga oltre 12
mt. in blocchi di pietra e pali di legno perfetta-
mente conservati che apparteneva allo scalo, in
funzione dall’età repubblicana al III d.C. Il fondo
del mare è coperto di frammenti ceramici e gli
scavi condotti in passato hanno fatto riemergere
grandi quantità di lingotti metallici. “Questi ritro-
Nella pag. precedente, Costanza Gialanella.
In questa pag.: Giorgio Buchner durante gli scavi subacquei nella baia di Cartaromana, negli anni ’70 e un’escursione scolasti-ca organizzata dallo staff di Platypus Itinerary agli attuali scavi.
Pag. a ds. in basso: l’inaugurazione del Museo di Pithecusa, nel 1999. A ds. di Buchner, l’allora sindaco di Lacco Ameno, Domenico De Siano, il soprintendente Stefano De Caro, la direttrice scientifica del Museo, Costanza Gialanella.
vamenti andranno a costituire l’ossatura del mu-
seo che verrà ospitato in due sale della vicinissima
torre Guevara. Reperti e ricostruzioni virtuali con-
sentiranno di restituire il volto di un sito di grande
interesse e che al momento continua a custodi-
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re un mistero. Se, infatti, è certo che quello di
Aenaria era un porto molto attivo, circondato da
officine artigiane che lavoravano stagno e piom-
bo come testimoniano i lingotti e gli abbondanti
manufatti rinvenuti, tuttavia rimane sconosciuto
il luogo in cui si trovavano le officine e l’abitato,
e non si sa quale cataclisma abbia fatto sprofon-
dare le strutture del porto a 6 metri di profondi-
tà così repentinamente da obbligare la gente ad
abbandonare un patrimonio in metalli di pregio”.
Tra circa un anno, secondo l’intesa fra la Soprin-
tendenza e l’attuale Amministrazione, dovrebbe
nascere quindi il museo di Aenaria: questo tem-
po dovrà servire anche a risolvere il rebus della
gestione. Perché se è chiaro che, come a Lacco
Ameno, il museo sarà comunale e gli archeologi
avranno la direzione scientifica, ancora non si sa
con quali fondi si potrà garantire l’apertura del-
la struttura. Il problema, in realtà, rientra in una
questione più generale: nell’isola d’Ischia si è
sempre pronti a chiedere un museo per ciascun
campanile, ma se è giusto, in linea di principio,
rivendicare la necessità di esporre i reperti là dove
sono stati ritrovati (in anni recenti, a lungo Forio
ha invocato un museo ad hoc in cui ospitare gli
arredi rinvenuti nella fattoria del VII sec. a.C. sca-
vata a punta Chiarito), è altrettanto vero che se
non si è capaci di gestirli, essi resteranno muti.
Eppure, esperienze come Platypus insegnano che
sull’identità di un luogo, la sua storia archeolo-
gica, naturalistica e umana si possono costruire
attività turistiche interessanti, anche economica-
mente, ma per farlo occorrono creatività, intelli-
genza e cultura, doti che spesso non contraddi-
stinguono le pubbliche Amministrazioni. Sarebbe
forse meglio, allora, lasciar fare ai privati (a Ischia
abbiamo l’ottimo esempio che viene dal Castello
Aragonese) e, comunque, a chi ha le competenze
indispensabili per rendere fruibili e spendibili turi-
sticamente i siti culturali, mentre alle Amministra-
zioni si deve chiedere in primo luogo la capacità
di mettere da parte i campanilismi per collaborare
insieme alla creazione di itinerari coordinati. Al-
trimenti, luoghi unici e reperti eccezionali sono
destinati a un secondo, tristissimo, oblio.
Pithecusa, individuata grazie agli scavi di Giorgio Buch-ner nel comune di Lacco Ameno, nell’isola d’Ischia, è la più antica colonia che i Greci fondarono in Occidente quando, fra i secoli VIII e V a.C., intrapresero una colos-sale migrazione dalla loro patria verso gli attuali terri-tori di Italia, Spagna e nord Africa. La colonia era molto attiva: vi è documentata la produzione di ceramica e la lavorazione di metalli e sono attestati (sempre grazie allo studio dei reperti) scambi commerciali con tutto il bacino del Mediterraneo (Magna Grecia e Grecia, Etru-ria, Spagna, Cartagine, Egitto, Siria). Ai coloni pithecu-sani si deve la fondazione dell’importantissima città di Cuma, sulla costa che fronteggia Ischia.
Su questa piccola coppa usata per bere il vino durante il simposio, appuntamento conviviale e sociale fonda-mentale nel mondo greco, il proprietario incise, nell’al-fabeto tipico di Pithecusa, un breve componimento in versi: “La coppa di Nestore era certo ottima per berci, ma chiunque beva da questa coppa subito sarà preso dal desiderio della ben coronata Afrodite”. E’ eviden-temente una poesia scherzosa che stabilisce un ironi-co confronto fra la modesta tazza in argilla che reca i versi, e che però ha il potere di far innamorare della dea dell’Amore, e la celebre coppa in oro appartenuta all’eroe omerico Nestore. Questo reperto è di enorme rilevanza perché testimonia la profonda familiarità che nella lontana colonia di Ischia si aveva non solo con la scrittura ma con la poesia epica, uno dei capisaldi culturali della Grecità.
L’isola d’Ischia prese questo nome in epoca romana, quando uno dei centri più attivi, che anch’esso si chia-mò Aenaria, era situato in un punto fino ad oggi non individuato precisamente nella baia di Cartaromana. Di Aenaria è conosciuto il porto, sicuramente circondato da fonderie che lavoravano stagno e piombo, come è documentato dai reperti ritrovati a 5-7-mt. sotto il mare. Un evento catastrofico infatti, forse precursore di un’eruzione, fece sprofondare all’improvviso le offi-cine e le strutture del porto.
PITHECUSA COPPA DI NESTORE AENARIA
Il servizio fotografico di queste pagine è il risultato di un lavoro fatto con un gruppo ampio di studenti iscritti al 5° anno di Grafica presso l’Istituto Professionale “V. Telese” di Ischia. Il nostro “racconto fotografico”, al di là dei ritratti della statuaria Marianna Oleksyuk, è costruito attraverso due immagini molto diverse fra loro. La prima è un’allegoria – amara e disincantata – della realtà sacrificata che, troppo spesso, gli studenti sono co-stretti a vivere nella scuola: il titolo della foto è, infatti, “L’insostenibile leggerezza delle gabbie culturali”. La seconda è, invece, un muto grido di dolore contro il cinismo che spinge l’uomo a sacrificare altre vite, senza fermarsi neppure di fronte a quelle dei piccoli. Traendo (tristissimo) spunto dalla strage dei bambini in Siria e coniugando questa rappresentazione con un’icona del bianco e nero, un famoso scatto fotografico di Helmut Newton, utilizzato per la pubblicità dei magazzini Bauwelt di Vienna, in cui la modella impugna una pala (lo stesso utensile necessario per scavare una fossa comune!), abbiamo provato a raccontare la nostra percezione di quel dolore e di quel cinismo, attraverso una composizione realizzata grazie allo storyboard disegnato da Vitto-rio Curci. Il responsabile di questo progetto è Riccardo Sepe Visconti che si è avvalso della collaborazione del fotografo Tommaso Monti, dell’assistenza di Silvia Buchner, Umberto Arcamone e Lucia Vuoso; il trucco è di Nancy Tortora, le acconciature sono di Peppe Cirino, i gioielli di Bottiglieri. Gli assistenti fotografi sono Simona Pavini, Dayana Chiocca, Ciro Di Raffaele, Tom e Luca Fiorentino, la fotografia è stata ritoccata in post-produzione da Massimo Alario.
Orecchini e bracciali, Maria Cristina Sterling, anello Pianegonda.
C O V E R
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MARIANNAOLEkSYUk
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L’insostenibile leggerezza delle “gabbie culturali”...
Orecchini e girocollo, Maria Cristina Sterling, bracciale_Blu Gioielli.
AD & PHOTO_Riccardo Sepe Visconti MODEL_Marianna OleksyukMAKE UP_Nancy Tortora per Aglaia, IschiaHAIR_Peppe Cirino per Parrucchiere Ciro, Ischia JEWELRY_ Bottiglieri Gioielli, Ischia SPECIAL THANKS_ Rosa Di Meglio, Livia Rondella
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PIANO & JAZZ 2013
L’aspetto più interessante di Piano & Jazz, che ha reso questa manifestazione
intelligentemente diversa da tutte quelle simili che l’hanno preceduta, è la
perfetta programmazione che, unita alla promozione, ha reso di fatto l’ap-
puntamento estivo di Lacco Ameno dedicato al jazz un attrattore turistico
efficace. L’incontro di tre realtà dell’imprenditoria molto attente, quali l’Al-
bergo della Regina Isabella con la famiglia Carriero, Umbria Jazz che con il
suo direttore Carlo Pagnotta ha dato l’insostituibile supporto tecnico, e il co-
ordinamento locale della Delta Studio dei fratelli Conte in collaborazione con
l’Ischia International Jazz Academy presieduta dallo stesso Giancarlo Carrie-
ro, ha consentito di pianificare con largo anticipo l’edizione 2013 di Piano &
Jazz, addirittura fin dal 2012. In tal modo, si è potuto attivare una serie di
sinergie che hanno decretato il successo della manifestazione, al di là della
text_redazione Ischiacityphoto_Tommaso Monti, Ciro Di Raffaele, Simona Pavini, Luca Fiorentino, Tom Fiorentino, Dayana Chiocca
qualità intrinseca - quest’anno davvero seduttiva - degli artisti in cartellone.
Sinergie costituite da una significativa pubblicità attraverso giganteschi car-
telloni (6 x 3 mt) disseminati negli snodi principali della città di Napoli, e dal
linkaggio delle pagine web www.piano&jazz.it (contenenti per l’appunto il
calendario della manifestazione) presso i siti di offerte di soggiorno dell’isola
d’Ischia. Tutto ciò ha conferito un vantaggio sia in termini commerciali che
turistici, tanto alla manifestazione che all’isola: infatti, la programmazione
puntuale e l’investimento in pubblicità fuori da Ischia hanno consentito di
inserire l’evento nei pacchetti vacanze, e dato al tempo stesso visibilità me-
diatica all’isola. Lo scopo dichiarato - e raggiunto - era di intercettare i tanti
che, amando questo genere musicale, hanno scelto di trascorrere qualche
giorno a Ischia (piuttosto che in un’altra meta di villeggiatura) proprio in
quanto si offriva loro la possibilità di ascoltare i propri beniamini: così, Piano
& Jazz ha centrato l’obiettivo che dovrebbero avere tutti i cartelloni di spet-
tacoli proposti nelle località turistiche, e che troppo spesso, invece, vengono
concepiti solo come intrattenimento fine a se stesso.
Le risorse impiegate, anche grazie al patrocinio di Regione Campania, Pro-
vincia di Napoli e Comune di Lacco Ameno, e alla disponibilità di diversi
imprenditori locali, hanno permesso di portare sui palcoscenici ischitani - al
Castello Aragonese, al Negombo, al Regina Isabella e nella piazza di Lacco
Ameno - autentici “mostri sacri” della musica d’autore, che hanno offerto
una lettura jazz delle loro composizioni. Questa sesta edizione, infatti, che
ha avuto come padrini Renzo Arbore e Carlo Pagnotta, è stata dedicata ai
cantautori: dopo una lunghissima assenza, è tornato ad Ischia il “re dei re”
dei musicisti napoletani, Pino Daniele, che ha inserito Ischia nelle tappe del
suo tour internazionale in cui reinterpreta in chiave jazz le sue mitiche can-
zoni, insieme a Phil Palmer, Marco Zurzolo e Tullio De Piscopo. Le “Essenze
Jazz” del raffinato Eduardo De Crescenzo hanno dato corpo ad atmosfere
di grande eleganza, mentre Gino Paoli, che si è esibito con Danilo Rea, ha
ricreato le avvolgenti suggestioni tipiche dei suoi evergreen. “Solo piano”,
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invece per l’istrionico Bollani, che non manca mai l’appuntamento con il
pubblico di Ischia che lo ama moltissimo per le indubbie capacità di coinvol-
gerlo nel concerto. Il batterista Roberto Gatto nella formazione del Perfect
Trio è stato ospitato dalla scenografia suggestiva delle rovine del Castello
Aragonese: improvvisazione fino all’estremo grazie anche all’uso dell’elet-
tronica, per condurre gli spettatori in un viaggio attraverso motivi classici
riletti con inediti accenti. Ha portato, invece, il jazz in piazza, a Lacco Ameno,
la Tribunal Mist Jazz Band, formazione ormai storica composta da 21 fra
avvocati e giudici insieme ad alcuni musicisti professionisti. Un tuffo nelle
più pure atmosfere swing degli anni ’50-’60, infine, per la performance dei
Four Vegas, che hanno fatto scatenare nel ballo gli ospiti della serata che si
è svolta allo Sporting del Regina Isabella.
Aspettiamo con impazienza il cartellone per la stagione 2014!
E V E N T
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2013: L’ESTATE DI PAOLINOtext_Silvia Buchner | photo_Ciro Di Raffaele, Simona Pavini, Tom Fiorentino
Meta di migliaia di turisti e ischitani alla ricerca di
intrattenimento nelle sere della lunga estate calda
2013: si può sintetizzare così la svolta di Barano,
Comune a metà fra il mare e la montagna, che
possiede sul suo territorio la più grande spiaggia
dell’isola, i Maronti, il parco termale con l’eccezio-
nale acqua di Nitrodi, la pineta di Fiaiano e boschi
lussureggianti, ma sicuramente ha una capacità ri-
cettiva limitata, se confrontata a quella del resto
dell’isola. Tuttavia, la combinazione felice fra l’in-
tensa attività dei privati che spontaneamente si
sono organizzati e l’Amministrazione che ha messo
a disposizione spazi, palchi, servizio di pulizia ed
ordine pubblico, illuminazione, ha dato vita ad una
formula che, se non è inedita, in quel di Barano ha
dimostrato di funzionare davvero bene. Se, infat-
ti, anche Forio e Serrara Fontana hanno proposto
i loro appuntamenti fra musica e gastronomia, tra
luglio e agosto la lista delle sagre accolte nelle diverse frazioni in cui si ar-
ticola Barano è stata davvero nutrita: si va dal Pizza Fest ai Maronti (con
ribattuta di successo a Buonopane), alla sagra delle Melanzana a Fiaiano,
alla festa del Pescatore a Testaccio, a Buonopane in Festa. Gli “ingredien-
ti” che compongono il mix vincente ce li ha rac-
contati con efficacia il sindaco Paolino Buono, che
parte da una premessa importante: “Se l’evento
‘di nicchia’ qualifica l’offerta di intrattenimento (e
Barano è stato apripista anche in questo, quando
oltre vent’anni fa promosse importanti rassegne di
musica classica e di jazz), si tratta però di un tipo di
spettacolo costoso nell’organizzazione e riservato
ad un’utenza ristretta, mentre per il nostro turismo
che si conta in milioni di presenze c’è bisogno di
realizzare manifestazioni che coinvolgano ciascuna
migliaia di persone”. Di qui l’idea delle sagre: il pri-
vato ingaggia un artista di richiamo - per esempio
i cantanti Cristina Balestriere, Enzo Gragnaniello,
Toni Tammaro, i cabarettisti Paolo Caiazzo, Simone
Schettino, Luca Sepe, Lino D’Angiò - e organizza la
vendita, a costi assai abbordabili, di piatti caratteri-
stici (dalla pizza a quelli a base di prodotti tipici lo-
cali come il coniglio, il pesce, le verdure, ecc.). Il ricavato è destinato a coprire
le spese, in primo luogo il cachet dell’artista, ma quasi sempre c’è anche un
guadagno che viene reinvestito. Queste attività vengono tutte dirette, infat-
ti, da gruppi di volontari del posto (Amici di Buonopane, Amici di Fiaiano, Te-
staccio Grandi Eventi, il gruppo folk della ‘Ndrezzata), alcuni dei quali si sono
già costituiti in associazione no profit o lo stanno facendo. “Quest’anno la
festa della Melanzana a Fiaiano è stata coperta del tutto autonomamente
dal gruppo locale, perché dallo spettacolo dello scorso anno hanno ricavato
un avanzo di 3500 euro che sono stati reinvestiti appunto nella manifesta-
zione del 2013. Ma c’è anche chi destina i proventi alla risistemazione del
monumento ai caduti o alla chiesa, come è accaduto a Testaccio”. Tutta
l’Amministrazione ha appoggiato l’attività dei privati, sottolinea il consiglie-
re Toni Buono che è stato il primo a supportare questa idea e ha seguito
in prima persona le necessità collegate ad una macchina organizzativa che
comporta notevole dispendio di energie perché tutto funzioni nel migliore
dei modi. A queste iniziative si è affiancata l’ospitalità data all’Expò che, la-
sciato il comune di Ischia, si è trasferito nella piazza principale di Barano, con
l’ormai consolidata esposizione di generi merceologici assortiti (purtroppo
in forma ridotta perché gli spazi sono limitati) che è stato preceduto dal Vil-
laggio del Gusto (consacrato tutto al cibo): “Il vantaggio dell’Expò per noi è
dato dagli otto eventi-spettacoli collegati alla manifestazione che Barano ha
ottenuto a costo zero”. Insomma, se la Regione Campania con il suo nuovo
assessore al Turismo Pasquale Sommese - come sottolinea con chiarezza il
sindaco Buono - non è stata per niente vicina in questa fase alle ammini-
strazioni locali scegliendo la via dell’annullamento dei bandi che avrebbero
dovuto finanziare gli eventi dell’estate 2013, sembra proprio che “anticorpi
positivi” generati dall’organizzarsi del privato in armonia - finalmente - con il
pubblico abbiano dato vita, soprattutto in quel di Barano, a momenti di sva-
go e intrattenimento che sono assolutamente necessari a realizzare un’offer-
ta turistica che incontri le esigenze degli ospiti.
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text_Lucia Elena Vuoso photo_Ciro Di Raffaele, Simona Pavini, Tom Fiorentino
TEMPO DI FESTA, TEMPO DI SAGRA
In un periodo in cui la spending review si incro-
cia con effetti drammatici alla crisi recessiva e le
Amministrazioni Comunali serrano i cordoni del-
la borsa per tutto ciò che riguarda spettacolo,
promozione ed intrattenimento, non resta che
inventarsi proposte alternative che, forse proprio
perché non partorite da menti politiche ma nate
dal ventre della popolazione locale, si dimostra-
no assai più vicine all’identità del territorio e delle
sue tradizioni e per questo di fortissimo impatto
sugli ospiti. Ecco, allora, fiorire un po’ ovunque
l’organizzazione delle contrade, dei quartieri, dei
borghi e delle piccole comunità riunite in associa-
zioni indigene o costituitesi in laboriose pro loco.
Ed ecco - soprattutto - tornare alla ribalta nelle
piccole piazze, come nei vicoli, sulle terrazze dei
belvedere o sui sagrati delle chiese, le illuminazio-
ni della festa, le fanfare delle bande, le coloratis-
sime processioni religiose; tornano a spandere i
loro profumi le grigliate all’aria aperta, le mescite
di vino, i mastelli rotanti dello zucchero filato e
dei torroni caramellati, le pizze fumanti cotte nei
forni a legna itineranti… Ed in questo sensuale
trionfo di profumi untuosi e carnali - così provo-
canti da lambire l’oscenità - irrompe spregiudica-
to e prepotente lo spettacolo di piazza: attori, co-
mici, ballerini, musicisti e cantanti si esibiscono in
un caleidoscopico, e spesso più che stravagante,
improvvisato teatro dell’arte: alcuni affrontano i
palchi caracollanti, con la spavalda e consumata
sicurezza dell’artista navigato, altri su quel palco
ci salgono con la disperata voglia di squarciare la
fitta nebbia dell’anonimato e muovere i primi pas-
si di una carriera - si spera! - di successi.
L’estate 2013 ha visto, infatti, il turismo enoga-
stronomico e degli spettacoli organizzati da grup-
pi di cittadini amanti della buona tavola, della
convivialità e del folklore locale, diventare il fio-
re all’occhiello di una programmazione di eventi
altrimenti assai scarna: ecco perché, soprattutto
nelle frazioni con meno attrazioni turistiche, i vo-
lontari si sono organizzati e investendo energie e
denaro sono riusciti a mettere su concerti, spet-
tacoli di cabaret e degustazioni di prodotti tipici,
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i
gratuitamente o al costo assai contenuto di un
panino. Cibi di veloce cottura – è la salsiccia alla
brace a farla da padrona, ma anche pesce fritto,
pizze, bruschette, zeppole – realizzati al momento
e serviti da più mani, attraverso una preparazio-
ne corale, una sorta di filiera gastronomica dove
ciascuno assolve ad un compito preciso (c’è chi
taglia il pane, chi cucina, chi si occupa della far-
citura, chi lo avvolge nel tovagliolo e chi lo porge
insieme con un buon bicchiere di vino paesano) e
per cui si spendono al massimo cinque euro, sono
l’attrazione principale di queste feste che arriva-
no ad ospitare anche più di 2500 persone, tanto
da dover allestire bus-navetta gratuiti, per evitare
paurosi ingorghi di auto. Un’organizzazione dav-
vero impeccabile! Se si considera, poi, che il solo
mese di agosto ha visto protagoniste almeno 15
feste popolari che hanno riempito circa 20 serate,
conservando tutte la stessa affluenza di pubbli-
co e la medesima ed omogenea partecipazione
di grandi, piccoli, turisti, residenti e, stranamente,
anche di giovanissimi, forse desiderosi di alterna-
tive alle serate di “struscio sul corso e mojito”, si
può affermare che le sagre sono state gli eventi
imperdibili della stagione turistica.
Sull’isola i primi ad adottare la formula della sagra
(non necessariamente connessa alla festa religio-
sa in onore del Santo Patrono) sono stati Serrara
e Fontana. Per invitare a conoscere un territorio
ricco di storia e tradizione e di bellezze naturali,
ma poco frequentato dai turisti che scelgono Co-
muni più vicini al mare, i Fontanesi, riuniti nella
Pro Serrara Fontana, da ben 38 anni organizza-
no la “Sagra del vino e saucicciata”, durante la
quale ad un prezzo minimo vengono serviti panini
con salsiccia e verdure locali e offerto ottimo vino
prodotto dai contadini del luogo. A Serrara, inve-
ce, ad attirare il pubblico è “il Festival delle Cose
Buone”, alla 33esima edizione, che accanto all’as-
saggio di cibo genuino propone una sfilata in co-
stumi d’epoca e c’è la possibilità di partecipare
al sorteggio di prodotti tipici, conigli da fossa e
addirittura di un maialino.
“Di certo non manca la partecipazione da parte
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delle Amministrazioni - dice Raffaele Di Meglio,
Assessore al Comune di Barano (e membro atti-
vo del Gruppo Folk la ‘Ndrezzata) - che, pur non
avendo disponibilità economica per finanziare fe-
ste e concerti, favoriscono ed agevolano la buona
riuscita delle sagre e la costituzione in associazio-
ni dei cittadini, concedendo il patrocinio alle ma-
nifestazioni, fornendo servizio d’ordine con vigili
ed ausiliari del traffico e di pulizia con operatori
ecologici prima e dopo l’evento, non chiedendo
il contributo per l’affissione dei manifesti pubbli-
citari e praticando un forte sconto per l’occupa-
zione del suolo pubblico”. La vera rivelazione del
2013 in fatto di sagre è stato proprio il comune di
Barano che ha consolidato gli appuntamenti degli
scorsi anni e ne ha creati di nuovi, grazie anche
alle associazioni giovani - Gli amici di Buonopane
e Testaccio Grandi Eventi - che hanno affianca-
to quelle storiche, Il Gruppo Folk la ‘Ndrezzata
e Gli amici di Fiaiano, riuscendo ad organizzare
ben sei diverse sagre: il “Pizza Festival” ai Maron-
ti e a Buonopane, la “Festa dei Pescatori & Co.”
77e i tre giorni di spettacoli a Testaccio, la “Sagra
della Melanzana” a Fiaiano e “Buonopane in Fe-
sta”. Enzo Gragnaniello, Cristina Balestriere, Mino
Abacuccio, Tony Tammaro, Luca Sepe, Paolo Ca-
iazzo sono solo alcuni dei tanti artisti che hanno
animato le piazze dove davvero se ne sono viste
delle belle: persone tutte d’un pezzo che per in-
gannare l’attesa ballavano in fila, distinte signore
con la sediolina pieghevole sotto il braccio, so-
bri professionisti che intonavano a squarciagola
“motivetti tamarri” e, di tanto in tanto, un botto-
ne dei calzoni aperto per lasciar spazio all’ultima
porzione di coniglio alla cacciatora.
Nonostante le spese di organizzazione siano
ridotte all’osso - poiché fanno parte di tutte le
associazioni elettricisti, cuochi, falegnami e volon-
tari che ricoprono ogni ruolo necessario - questi
eventi, naturalmente, hanno dei costi: si arrivano
a spendere, tra noleggio di panche e gazebo, im-
pianto audio, palco ed artisti circa 13 mila euro
a manifestazione, che si punta a recuperare con
la vendita del cibo. Quando avanza qualcosa vie-
ne reinvestito per la sagra dell’anno successivo (a
Buonopane sono stati acquistati tre forni a legna
al costo di circa 6mila euro, mentre i foriani han-
no comprato panche e tavoli che possono ospi-
tare fino a 400 persone), oppure per restaurare
un’opera simbolo del paese: coi proventi della Fe-
sta dei Pescatori dello scorso anno è stato rimes-
so a nuovo il Monumento dei Caduti a Testaccio,
a Buonopane è stato ricostruito il cornicione in
basaltino della porta posta all’ingresso del pae-
se e quest’anno si intende riparare i gradini che
portano alla statua della Madonna a Piedimonte,
la cui unica via d’accesso ora è impraticabile. Col
ricavato della sagra “Crateri in Festa” organizzata
dagli “Amici di Fiaiano” si è potuta dare nuova
vita al crocifisso ligneo dell’antica chiesetta del
Cretaio, mentre i proventi dei quattro giorni del
“Gusta Forio” sono interamente destinati a finan-
ziare l’Actus Tragicus, la drammatizzazione della
Passione di Cristo messa in scena il venerdì Santo
per le strade del paese.
E proprio per una di queste serate dedicata alla
pizza, due dei forni acquistati dagli “Amici di
Buonopane” sono stati dati in prestito all’asso-
ciazione foriana, permettendo la buona riuscita
dell’evento senza ulteriori spese. Un esempio di
collaborazione, a dimostrazione del buon sangue
che corre tra le diverse associazioni e le numerose
manifestazioni che organizzano, dove la rivali-
tà si esprime solo attraverso le novità proposte,
l’importanza degli artisti invitati ad esibirsi, la
freschezza e bontà dei prodotti e l’inventiva nel
proporli, nei miglioramenti che si cercano di ap-
portare di anno in anno.
SANT’ANNA 2013: GLORIA IN EXTREMIS DEOtext_Vittoria Schiano Di zenise | photo_Tommaso Monti
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Se è vero che “tutti gli eroi valgono meno di un solo martire”, allora anche tutte le sagre e le manifestazioni promosse nell’isola d’Ischia non potranno mai reggere il confronto con la sempre più vilipesa Festa di Sant’Anna. Evento degli eventi, il Palio del 26 luglio rappresenta un appuntamento fisso, nonché un primo indice dell’andamento della stagione turistica. Eppure, benché l’importanza di una manifestazione del genere sia collettivamente riconosciuta, nessuno si adopera per organizzarne la realiz-zazione. Anzi.
24 luglio 2013, ore 15.45: il giornalista Gaetano
Ferrandino viene a sapere che dovrà trasmettere,
in diretta regionale, l’ottantunesima edizione del-
la “Festa a mare agli scogli di Sant’Anna”. Poco
meno di due giorni potrebbero sembrare un tem-
po davvero esiguo per progettare una diretta te-
levisiva, ma nulla di straordinario, se si pensa che
l’intero evento è stato messo in piedi in soli dieci
dì. Sì, perché venuto a mancare il sostegno della
Regione Campania, l’amministrazione comunale
ischitana s’è trovata in condizioni di ristrettezza,
costretta a dare forfait a sole tre settimane dalla
data fatidica. Tutto sembrava essere perduto, fin-
ché don Carlo Candido, parroco di Ischia Ponte,
non decide di sobbarcarsi più l’onere che l’onore
di realizzare -“con pochi spiccioli”, gli ancora at-
tesi 80.000 euro regionali - un evento che, ge-
neralmente, richiede più del triplo della somma
disponibile. E così, con grande passione e forza
di volontà, è stato allestito “un piccolo miracolo
nell’anfiteatro naturale della baia di Cartaroma-
na”. Il tutto realizzato senza alcuna aspettativa di
guadagno, ma “come atto d’amore nei confronti
della Festa e dell’isola tutta, che avrebbe subito
un grosso danno d’immagine” se la sera del 26
luglio fosse trascorsa senza festeggiamenti, sot-
tolinea Don Carlo. Ben consapevole delle conse-
guenze economiche derivanti da “una Sant’Anna
mancata”, lo è la stessa Amministrazione che,
rappresentata dal Presidente del Consiglio Comu-
nale, Gianluca Trani, afferma di aver apprezzato
sia l’ottimo risultato conseguito, anche a livello di
presenze turistiche sul territorio, “considerato il
momento di crisi che stiamo vivendo”, sia “il lavo-
ro sinergico con la Chiesa, che funge da collante
tra tessuto imprenditoriale e pubblico”.
Ma, per quanto si tenti di ‘mettere pezze a colo-
ri’, appare chiaro che, alla base, vi siano mancan-
ze che meritano d’essere affrontate in tutt’altro
modo. La Festa di Sant’Anna sarebbe un valido
biglietto da visita atto a pubblicizzare Ischia non
solo a livello nazionale, unica com’è nella capacità
di compendiare in sé sfilata di barche - talora vere
e proprie opere d’arte galleggianti -, “incendio”
del Castello Aragonese e spettacolo pirotecnico,
il tutto in una cornice naturale davvero sui gene-
ris. “Quello che manca ad un evento di questo
tipo è la programmazione anticipata”, spiega Lui-
gi Iannucci, membro del direttorio dell’associazio-
ne “Festa a mare agli scogli di Sant’Anna”, che ha
curato alcune edizioni dell’evento durante il suo
periodo aureo. “La festa è del comune d’Ischia e
non è giusto che quest’ultimo si comporta come
se non gli appartenesse. L’intervento di Don Car-
lo, in extremis, non è stata una mossa giusta, per
un unico motivo: aiutare qualcuno che non vuol
essere soccorso non ne permette il miglioramen-
to”. Ovviamente, c’è chi vede l’intercessione di
Don Carlo come possibilità di un “nuovo inizio”.
Sostenitori di tale tesi sono Mauro Iovino, addetto
stampa e parte attiva del comitato organizzativo
dell’edizione 2013, e il già citato Gaetano Ferran-
dino, per i quali “un esautoramento dell’ammini-
strazione comunale” sarebbe una soluzione plau-
sibile per la realizzazione di un Palio di successo.
Il Parroco, dal canto suo, non intende presiedere
altre edizioni della Festa, dicendo di voler passare
il testimone “a chiunque altro sia disposto a la-
vorare senza interessi all’evento Sant’Anna, con
il solo obiettivo del bene del territorio”. Ma an-
che - forse soprattutto - l’affidamento dell’orga-
nizzazione del Palio ai privati dovrebbe prevedere
una stesura molto anticipata dei programmi, in
modo che il tutto possa occupare anche più gior-
ni e comprendere eventi - come concerti, sfilate,
lotteria, già proposti in passato - di non sottova-
lutabile spessore.
Altro grande ostacolo da superare, infine, è il
progressivo calo di interesse, da parte della po-
polazione, a essere parte attiva nella costruzione
delle barche. Non c’è ricambio generazionale, i
giovani non vengono educati allo spirito paliesco
e questo è ancor più demoralizzante, se affianca-
to al disimpegno della classe politica. “Sant’Anna
è morta con noi vecchi costruttori, che da qua-
rant’anni a questa parte abbiamo realizzato veri
e propri edifici sull’acqua” afferma con ramma-
rico Giovanni Conte, presidente dell’associazione
“Largo dei Naviganti” e decennale autore di carri
spettacolari per il comune di Ischia. “Noi anzia-
ni non abbiamo più la forza fisica, né l’appoggio
economico per creare barche grandi fino a 250
metri quadrati, come facevamo anni fa. I contri-
buti concessi sono irrisori, se paragonati alle spe-
se da affrontare per la realizzazione di una barca.
Per fare due calcoli, la zattera più misera prevede
un costo base di 10.000 euro. La somma conces-
sa, poi, è la stessa per tutte le costruzioni, indi-
pendentemente dalla loro qualità e questo non
spinge sicuramente alla competizione e all’impe-
gno”.
Per quest’anno, comunque, il problema è stato
archiviato: la manifestazione si è svolta con un po’
di ritardo, ma regolarmente. E, come di consueto,
c’è stato qualcuno delegato dall’Amministrazione
ad occuparsi dell’evento che ha promesso: “Dal
27 cominceremo con la programmazione della
prossima edizione, cureremo i contatti e ci incon-
treremo frequentemente”. Pare che ancora non si
sia mosso nulla. È pur vero che è stato decretato
un ipotetico “27” come data d’inizio lavori ma,
furbamente, non ne è stato specificato il mese...
79
text_redazione Ischiacity | photo_Dayana Chiocca,Ciro Di Raffaele, Luca Fiorentino
E V E N T
i
L’ESOTISMO DI HENZE
Giorgio Albertazzi, Toni Servillo, Lina Sastri; poi Pietro Greco e Paolo Franchi,
Andrea Cerroni, Carlo Borgomeo, Sergio Ferrari; e, ancora, Loretta Napole-
oni, Gianni Mura e Francesca Rigotti, Costanza Gialanella, Alessandra Benini
e molti altri, per un elenco di protagonisti e partecipanti lungo e avvincente.
Tutti «dentro» Il Contastorie, il festival organizzato dall’associazione Ter-
ra presieduta da Franco Iacono, con il contributo della Regione Campania
e il sostegno della Camera di Commercio: appuntamento settembrino su
«l’opera e l’autore, la memoria e il racconto, il passato e il presente», che
aveva un baricentro e una definizione preliminare sul piano comunicazio-
nale, provare a storicizzarsi. Dopo il doppio start-up del 2011 e dello scorso
anno, la terza edizione della kermesse, al di là del tourbillon di eventi, aveva
pure una sfida dalla quale prendere lo slancio decisivo: la dedica globale
dell’iniziativa a Hans Werner Henze, compositore tedesco, il fiore più esotico
tra i grandi che scelsero l’isola come ‘buen retiro’, nel secondo dopoguerra.
C’era il rischio dell’autoreferenzialità del ricordo, l’amarcord, la trappola ole-
ografica a meno di un anno dalla morte del musicista. Il dinamismo intuitivo
di Iacono, i rigorosi apporti testuali di Laura Novati, responsabile culturale
del progetto, il contributo di Gastón Fournier-Facio e di Roberto Bertinetti,
di studiosi, attori e musicisti, hanno – nella celebrazione dell’attesa giornata
clou per Henze – aggirato molti ostacoli e freni, legati alla formula «evene-
menziale» della manifestazione. Sono stati fissati mattoni importanti. Il festi-
val, va detto, non solo è riuscito a ospitare momenti di spicco, ma ha percor-
so una serie di strade alla ricerca del proprio senso che verrà, passando dagli
spettacoli alla formula colloquiale, dalla poesia al teatro, dalla canzone alla
lirica, dalla presentazione di libri ai convegni specialistici, disponendo tasselli,
tessere e tappe orientati verso quel «senso del sapere» da costruire insieme.
Da ricostruire. Come in un cantiere aperto. Ed è stata una sensazione grade-
vole, mentre si dipanava il successo delle mattinate a Villa Arbusto o al Liceo;
dei pomeriggi “a ora insolita”, alla Colombaia; e degli incontri alla Biblioteca
Antoniana, che hanno fatto da corollario alla fiumana popolare delle serate
di Sant’Angelo (Servillo), Palazzo Bellavista a Casamicciola (con Albertazzi),
Ischia Ponte (la «chitarrata» prima, poi, lo show di Mimmo Maglionico, Alfio
Antico e Pietrarsa), del Soccorso a Forio (Lina Sastri).
Ma è su Henze che bisogna aprire il discorso. Il giorno di Hans Werner, il
figlio ante-litteram per alcuni anni, di Lucia Cucuruzzo maritata Capuano,
ha ricucito uno strappo mnemonico. La parziale saldatura del debito d’ono-
re contratto dall’isola, e da Forio, nei confronti del compositore tedesco è
un dato sostanziale che lo scenario della kermesse ha – clamorosamente –
messo in rilievo grazie a un accorgimento non progettato. Le ore trascorse
a ridosso del litorale di San Francesco, durante il primo cerimoniale comme-
morativo; e poi gli intensi rendez-vous pomeridiani, serali e notturni vissuti
alla Colombaia viscontiana, non hanno evocato soltanto i miti ma hanno
regalato una verità che non si può smentire: a Forio la sonorità della luce,
paradigma sinestesico della contemporaneità artistica, è ancora intatta. E
questa dimensione privilegiata ha favorito il gesto di riappropriazione – con
gusto sciovinistico – di alcune delle atmosfere generatrici della musica di
Henze, 60 anni dopo il suo soggiorno ischitano. Una musica che continua
a fluire nel bacino idrografico della modernità, ma esondando da quella
cosiddetta società liquida che poco o nulla, a volte, riesce a stringere tra
le mani. Complessa, concettuale, impegnativa, la sua produzione ha attra-
versato la seconda metà del Novecento. Un arco temporale lungo che, al
di là dei tanti e dichiarati tributi – dal Serialismo al Barocco napoletano e
a Gustav Mahler; per evidenziarne solo alcuni, tra quelli citati nell’ambito
della giornata d’ascolti e confronti a lui dedicata –, non impedisce di sot-
tolinearne l’originalità proteiforme e l’importanza. L’esperienza festivaliera
ha sistemato dei massi per attraversare il guado di quel suo fiume a tratti
melanconico, umbratile; e solare ma senza abbagli, tacitianamente tedesco
e un po’ titanico, ma gioiosamente contaminato dalla relazionalità all’italia-
na. Calore, umanità e visionarietà. A Ischia il giovane Hans ne aveva fatto i
primi assaggi, prima di eleggere l’Italia a patria definitiva, scegliendo infine
l’oasi postrinascimentale della villa La Leprara a Marino. La tappa cruciale,
allora, fu a via Cesotta, a Forio che, all’inizio degli anni ’50, era un percorso
rurale punteggiato di casolari, colorato di fiori, limoni e spezie, avvolto da
salsedine e aromi forti, non lontano dal mare sovrastato dalla falesia di Punta
Zaro. Proprio a Forio anche Eduard Bargheer, il pittore di Finkenwerder che,
fin dal ’39, era diventato un’icona del Bar Internazionale di Maria, decise
che il giovane compatriota Hans Werner Henze dovesse trovare una dimen-
sione domestica per un bel po’. E, dal 1953, per tre anni, il musicista elesse
quello spicchio di eden vulcanico, giardino sensuale di avventure artistiche e
umane, a laboratorio ideale di una creatività straordinaria. Una storia che Il
Contastorie ha raccontato. Per tutti.
81
Con il Vescovo emerito Mons. Filippo Strofaldi, scompare un uomo, un sa-
cerdote e un vescovo che era venuto “a vivere con noi” come disse nella
sua omelia il 14 febbraio del 1998 in occasione del suo acclamato ingresso
nella Diocesi di Ischia.
Era venuto per gioire con noi, soffrire con noi, esserci vicino nelle avversità,
consolarci nei pericoli, testimoniare la speranza.
E con noi è rimasto fino alla fine, a sottolineare un legame che non si è
spezzato, un filo al contempo esile e forte, che lo ha legato per circa 15 anni
all’isola. Nonostante le amarezze, le delusioni, le disubbidienze, le provoca-
zioni, sopportate con pazienza, a volte con ironia, con disillusione, persino
con rassegnazione, ma mai senza amarezza.
Era venuto a “vivere con noi” ma non è mai stato un “ischitano”.
Veniva dalla città nel senso proprio del “contesto cittadino”. Era un uomo
solare, vivace, ma poco incline a governare. Soprattutto poco propenso ad
assecondare le divisioni e le liti di un’isola di provincia. Ha amministrato un
clero secolare - salvo rare eccezioni - fra i più indisciplinati delle piccole Dio-
cesi del Sud Italia. Ma non ha mai usato il bacolo del comando.
Credeva ai segni. E sarà ricordato per essere stato testimone ed artefice della
prima storica visita di un Vicario di Cristo nell’Isola Verde. Quel 5 Maggio
2002 che resterà impresso nella memoria di tanti ischitani, impresso senz’al-
tro più dell’accorato appello del Papa ad “ascoltare, accogliere, amare”. Un
appello che si è perso - forse - nell’eco flebile di una voce che non c’è più.
Credeva nel legame antico e forte dell’isola natia al più bel fiore d’Ischia, e
con una paziente tessitura di rapporti fecondi con l’Ordine francescano ha
ottenuto il trasferimento definitivo delle spoglie mortali di San Giovangiu-
seppe della Croce a Ischia tra ali di folla festante, la stessa che in diversi anni
text_Lello Montuori | photo_archivi Nicola Iacono e Marianna Sasso
P E O P L E
i
BREVE RITRATTO DI UN VESCOVO CHE NON FU MAI “ISCHITANO”Monsignor Strofaldi, dall’Isola Verde alla Patria Celeste.
82
di permanenza del Santo nella Chiesa di Sant’Antonio alla Mandra, non ne
ha mai varcato il portone per una preghiera al Patrono.
Credeva nell’accoglienza. Si deve a lui il Centro di prima accoglienza Giovan-
ni Paolo II di Forio, inaugurato nel 2007.
Pochi sanno che ha destinato a quella e ad altre strutture sull’isola lasciti
personali a lui intestati secondo le sue intenzioni.
È stato un uomo e un sacerdote legato all’essenziale.
Modesto nella vita privata. Uno stile francescano mai dichiarato. Vissuto. Per
questo più sincero.
Non era uno che dipendeva dalle opinioni altrui. Quelle volte in cui ho avuto
la possibilità di ascoltarlo in confidenza, gli piaceva ripetere “ascolto sem-
pre tutti, poi alla fine faccio come dico io”. Lo diceva con ironia. Non era
la riaffermazione di un potere, né tanto meno scarsa considerazione della
opinione degli altri. Piuttosto un modo per dire: “Non mi farò condizionare
dalle vostre divisioni, da chi vorrebbe trascinarmi in un regolamento di conti
con questo o con quello. Resterò me stesso, Filippo, Vescovo per voi”.
Purtroppo non è bastato ad evitargli le amarezze di una Diocesi piccola ep-
pure ingovernabile, che ha grandi esempi di devozione popolare e di attac-
camento sincero dei fedeli alle tradizioni, ma anche tanti segni di contrad-
dizione: divisioni, invidie, sprechi, povertà, emarginazione, sfruttamento del
lavoro, ipocrisie.
No. Non era mai stato un ischitano fino in fondo Padre Filippo, come - forse
sbagliando per modestia - amava farsi chiamare, a sottolineare l’affetto pa-
terno che lo legava alle persone anziché il senso di autorità che gli derivava
dall’essere “Episcopos”.
Non era “ischitano” il suo entusiasmo verso le “cose nuove”, il guardare
oltre gli squarci azzurri del Cielo per le cose in cui credeva davvero, non era
“ischitano” il non schierarsi, non era “ischitano” il senso dell’attesa. L’attesa
di tempi migliori, l’attesa come speranza, l’attesa del trapianto nella prima
malattia, l’attesa dell’intervento, l’attesa della guarigione, e poi gli anni di
una febbrile attività.
Infine l’attesa del ritorno alla casa del Padre. Come evento sereno di chi
aveva scelto per motto episcopale “Confitebor tibi Domine”. “Confido e
confiderò sempre in te Signore”!
Allora buon viaggio, Eccellenza!
Confidiamo con Lei nell’infinita misericordia di Dio, perché sia lieve il passag-
gio dall’Isola Verde alla Patria Celeste.
Noi pregheremo per Lei, perché Ella è stata soprattutto un uomo buono.
“Volevo diventare qualcuno, alla fine sono
diventato qualcun altro”, sintetizzi in uno
dei tuoi più celebri aforismi. Chi avresti vo-
luto diventare e chi, invece, sei diventato?
Prima di tutto, sono felice d’essere quel che sono:
attraverso settant’anni di ricerca sono arrivato a
capire quale fosse la mia vera natura. Nella mia
vita ho percorso tutte le strade che la società di
oggi apre: ho avuto un’impresa, il Centro Ellisse
che a Napoli ha fatto epoca nel mondo del de-
sign, e poi altre attività riguardanti il tempo libero
e la notte, come il locale Pick & Paik. Generalmen-
te, la mia caratteristica è quella d’esser sempre
stato un egoista che prova piacere e si realizza nel
dare, dare inteso come concetto. Alla fine, guar-
dando il mondo con una grossa componente di
autocoscienza e non attraverso i sistemi del po-
tere e dell’apparire (secondo questi sarei, infatti,
un completo “perdente di successo”), sono felice
di essere diventato “quell’altro”, che non è siste-
mabile, se non nella categoria dello spirito. Ero
partito come manager, poi finì l’azienda e finì la
lettura della vita in chiave di carrierismo e ricerca
di grande benessere.
Ed è a questo punto che inizia la vera ricerca
spirituale...
Sì, sostanzialmente sono diventato un ricercatore,
sono stato spinto dalla vita a esplorare continua-
mente me stesso e non ho ancora finito. È una
continua, naturale predisposizione a mettersi in
discussione. Il che, se fatto fino in fondo, costa.
La mia ricerca seria iniziò negli anni ‘80, quando
si affacciò un nuovo movimento internazionale di
design, il Memphis, e capii che era iniziata l’omo-
logazione e che il design italiano (il quale puntava
ad elevare l’estetica sociale) e la mia azienda era-
no ormai superati. Non a caso nell’82 fondai l’Ac-
cademia della Catastrofe Erasmo da Rotterdam,
provenivo da una cultura popolare che tentava di
Bastone e cappello alla Wilde, pantaloni color crema e sigaretta tra le dita come un perfetto “beau Brummel” dei giorni nostri. E, per accendere, utilizza i fiam-miferi. Salvatore Pica si presenta come un personaggio singolarissimo, a metà tra dandismo (tutto napoletano) e reali-smo bukowskiano, condito con eleganza e finezza quasi anglosassoni. L’eclettica eccentricità dell’aspetto è, però, solo un vago riflesso della sua “molteplicità in-teriore”: lettura, scrittura, teatro sono alcuni tra i suoi interessi dopo che, es-sendosi formato da autodidatta nei vi-coli napoletani, è diventato prima mana-ger di un’azienda di design di successo, poi “imprenditore della notte” e, infine, gallerista con un unico desiderio: vivere d’Arte.
text_Vittoria Schiano Di zenisephoto_Archivio Ischiacity
P E O P L E
i
IL SURREALEMONDODI SALVATOREPICA
esternare dolore e piacere.
Quindi, l’Accademia della Catastrofe può es-
sere vista come una metafora: una valvola di
sfogo per il dolore incanalato, ai fini di una
trasformazione socio-culturale.
Esattamente. Ero addolorato per la scomparsa di
mia moglie Lella, con la quale fino ai 40 anni sono
cresciuto, per la morte del design come idea di ci-
viltà e di progresso e la fine del ‘68 e della sua in-
telligencija che, negli anni ‘70, decise di rivolgersi
al potere. Ebbi una crisi di coscienza talmente
dura che, dopo 10 anni, chiusi appunto la prece-
dente azienda e mi tuffai, finalmente, nella notte.
Perché l’Accademia è intitolata ad Erasmo da
Rotterdam?
Perché egli andava verso l’elogio della follia, della
diversità, della lettura della vita attraverso le sen-
sazioni. Lo lessi, lo amai e intitolai l’Accademia a
lui. Avrei potuto dedicarla a Nietzsche, ma il suo
pensiero era troppo fondamentalista.
Cosa hai invece apprezzato di Nietzsche, che
definisci un punto di riferimento?
La sua critica a Wagner. La musica di Wagner è
musica d’attesa, retorica del potere. Ho avuto
modo di conoscerla quando, per 7-8 anni, ho
fatto la comparsa al San Carlo. Una certa cultura
istituzionale si attacca ancor oggi all’opera di Wa-
gner, ma la musica è altro, è passione, fisicità. Di
Nietzsche mi interessa l’autodeterminazione con-
tro ogni retorica, la volontà di smontare il culto
della personalità di Wagner, attraverso la quale
smontava un’idea della vita, della società.
Hai mai avuto l’intento di smontare anche
tu la società o semplicemente di porti al di
fuori di essa?
È diverso, io la società l’ho completamente supe-
rata. L’ho vissuta pienamente negli anni milanesi
e durante l’attività della mia azienda, sempre con
un’impronta direi olivettiana, quella dell’altruismo
sociale: misi a disposizione i miei spazi e i miei
strumenti finanziari dell’epoca per permettere
l’esposizione e la produzione di Arte.
La tua vita è stata, quindi, tutta dedita
all’Arte. E se dell’Arte dovessi dare una de-
finizione?
L’Arte è l’insieme di sensazioni che l’artista prova
prima della realizzazione della sua opera. A me
non interessa il prodotto finale e il suo impatto sul
mercato, ma direi quasi l’artista al debutto. Ogni
essere umano è portatore di Arte e di valori e si-
gnificati alti. E la notte, tra le altre cose, è l’unico
momento in cui si producono le sensazioni: dopo
le 22 si rivela l’altra metà di sé.
Quindi la vita notturna è, secondo te, stret-
tamente collegata all’Arte?
Certo che sì. Nella notte, l’essere umano lasciato
libero produce più sensazioni. Personalmente ho
sempre amato fare l’osservatore esterno, l’ “invia-
to speciale”: mi piaceva tantissimo analizzare le
sensazioni che si generavano nei miei amici. Os-
servare gli altri è capire se stessi. E’ difficile evitare
le censure, ma lo svuotamento e la rimozione di
pregiudizi è l’unico modo per cogliere l’altro ed
entrare in lui.
Un sillogismo elementare con aforismi tuoi:
se è vero che “Dove finisce la logica, inizia
Napoli”, e che “Dove finisce la logica, inizia
la donna”, allora Napoli è città femmina?
Proprio così. Quando tornai da Milano negli anni
del boom economico, mi accorsi che una realtà
simile era inconcepibile in una città come quella
partenopea. Capii, allora, che non avrei potuto
utilizzare i parametri milanesi di efficienza e com-
portamento, perché le cose, a Napoli, andavano al
contrario. E poi, come non considerare l’immensa
teatralità della città, un grande Teatro della Mor-
te, della quale si ha paura e si cerca d’esorcizzarla.
E Ischia?
È uno di quei luoghi che ho letto attraverso co-
loro che lo abitano. Ho incontrato parecchie
persone che vorrei ricordare, da Tommaso, ex ca-
meriere che ha lasciato tutto per tornare a fare
il pescatore, a Salvatore, massaggiatore predilet-
to dell’avvocato Agnelli, a Rosalia, telefonista di
Rizzoli (Ndr. Salvatore Pica ha sposato Antonella
Carriero, che con i fratelli Giancarlo e Silvana è
proprietaria dell’Albergo della Regina Isabella a
Lacco Ameno), fino ad arrivare alle famiglie lac-
chesi che mi hanno accolto, il pittore Mariolino
Capuano e Lady Walton. Ho amato la Walton,
soprattutto, perché è stata capace di creare il più
grande business di Ischia attraverso la “catego-
ria dello spirito”. Contro la fisicità imprenditoriale
degli ischitani - l’idea della pietra e del possesso,
io mi identifico in Lady Walton. L’opera d’arte per
eccellenza, poi, resta il Fungo di Lacco Ameno.
Infine, l’esperienza della scrittura. Legge-
rezza, disimpegno e soprattutto umorismo,
questo traspare dai tuoi scritti che criticano
con levità una realtà che, diciamolo, tanto
lieve non è. Si può quindi dire che tu sia un
intellettuale colto, ma non un “colto proble-
matico”, per citare “I notturni napoletani di-
visi per metafore”. Hai intenzione di pubbli-
care qualcos’altro a breve?
A settembre ho iniziato l’autobiografia “I miei
primi vent’anni”, che dedicherò ai miei figli più
grandi. Sto decidendo se pubblicarla a mie spese
e distribuirla alle persone con le quali ho un lega-
me, come ho già fatto per “La rabbia esaudita per
una vita sfumata”. Provo un piacere quasi sessua-
le, nel farlo. Per il resto, non mi piace scrivere sag-
gi veri e propri, la scrittura canonizzata fa perdere
l’istintività del racconto.
Il linguaggio della sintesi, invece, è quello che ho
imparato da giovane nei vicoli. È un linguaggio
che parte dalla catastrofe, dalla serietà ma poi si
realizza nella leggerezza. Quella della velocità è
sempre stata una mia caratteristica e m’è rimasta
anche nella scrittura. Devi sapere che io sono sì
nato il 7 gennaio del ‘39, ma il giorno dopo, l’8
gennaio, fui veloce e precoce: chiusi con il mon-
do. Avevo già capito tutto.
In alto: Salvatore Pica con la moglie Antonella Carriero ed un’amica, in basso mentre balla con l’attrice Hilary Swank, durante l’Ischia Global Film & Music Fest.
interview_Riccardo Sepe Visconti
A R T
i
GIOVANNI DI COSTANZO.PICCOLOCATALOGO DELLEOPERE
Lui mi manca, era una cosa bella parlargli, ed era l’unica persona con cui riuscivo a confrontarmi sull’arte.
Celeste Manieri
Abbiamo scelto di incontrare Celeste Manieri
perché sapevamo che nel “mondo di Giovanni Di
Costanzo”, oltre ad essergli stato amico sincero
ha rappresentato, probabilmente, la persona a lui
più vicina per affinità e condivisione dell’idea di
arte.
Le frasi che riportiamo sono estrapolate da un
lungo colloquio avuto con Celeste e sono trascrit-
te volutamente nel modo più semplice e schietto,
così come egli ce le ha consegnate: una scelta di
metodo voluta per rispettare con estrema fedeltà
il pensiero, il sentimento, l’idealità del rapporto
che ha legato questi due artisti.
87
Giovanni Di Costanzo ha fatto arte fino
alla morte, io ero presente e lo posso testimo-
niare. Le persone così non sono benvolute dalla
società: Giovanni, ad esempio, non comprava un
chilo di pane per non spendere, ma poi era ca-
pace di acquistare un libro da 200 euro solo per-
ché c’erano delle figure interessanti che potevano
servirgli a creare delle opere. A volte, mi dicevo:
“No, ma io a Giuvann l’aggia proprij abbandunà,
è proprij pazz! (*)”, poi un’altra voce dentro di me
mi diceva che è una caratteristica di tutti gli artisti
essere un po’ strambi.
(*) “No! Io Giovanni devo assolutamente abbandonarlo, è proprio pazzo!”.
E’ stato accettato dalla società solo nella
misura in cui era un professore di scuola, ma
per tutto il resto non lo comprendevano, tant’è
che anche dalla scuola è andato via, mi disse che
non riusciva più ad avere un rapporto coi ragaz-
zi, a controllarli. La gente che gli stava intorno
si chiedeva: “Ma, che sta facenn? (*)”, perché
casa sua era un caos totale, soffriva di accumulo
compulsivo e conservava tutto. Beveva un succo
di frutta? Conservava il cartone. Finiva il latte?
La bottiglia non la buttava, e questo non viene
accettato. Ne abbiamo discusso tante volte: “Sta
munnezz s’adda ittà tutta quanta! (**)” – gli di-
cevo e mi rispondeva che non capivo niente, che
ogni cosa che lui conservava aveva il suo senso.
Abbiamo riempito otto porter di spazzatura e
cose inutili dopo la sua morte. Dovevi prenderlo
per com’era, ed io talvolta non ero preparato ad
affrontare questo suo modo originale di vivere.
(*) “Ma cosa fa?”.(**) “Questa spazzatura va tutta buttata via!”.
Giovanni Di Costanzo è morto per l’arte:
aveva accumulato cose e malattie. Non si cu-
rava perché gli interessava solo l’arte, abbia-
mo fatto cose talmente assurde insieme... Anda-
vamo ai mercatini, si innamorava letteralmente di
qualunque cosa, un giocattolo, un soprammobile,
e doveva per forza avere quell’oggetto. Un giorno
vide in un negozio a Forio una statuina, ma costa-
Aveva migliaia di libri: un giorno mi disse
che dovevamo tappezzare ed inchiodare tutte le
porte e le finestre di casa con la vetroresina in ro-
toli, perché lui all’interno del telaio e nei vani delle
porte aveva realizzato scaffali ed aveva paura che
le infiltrazioni rovinassero i libri. I vestiti li teneva
sparsi per la casa ed i libri dentro gli armadi, rive-
stiti di cartoni perché era umida; anche a Napoli,
all’ospedale, aveva cominciato ad accumulare li-
bri. Non li leggeva, o leggeva solo quello che gli
interessava, di solito li comprava per le immagini.
Quando era ricoverato al Cardarelli gli dissi che
eravamo vicini al posto di cui gli avevo parlato –
Portalba – dove vendono libri e oggetti a poco
prezzo, e lui, tutto entusiasta “Ma che dici?!
Famm’ vede’ si riesc a cammina’ nu poco (*)”.
(*) “Cosa dici?! Vediamo se riesco a camminare almeno un po’ ”.
va 50 euro e non poteva permettersela, però non
ci dormì la notte. Il mattino seguente partimmo
alle 8 da Buonopane e dato che il negozio non
era ancora aperto, andammo addirittura a sve-
gliare il proprietario a casa: per lui era importante
averla, perché voleva studiarne le fattezze.
89
A volte lo prendevo in giro dicendogli: “Ma oggi che hai fatto? Manc nu disegn? (*)”.
E lui mi diceva che io ero sposato, che mia moglie mi faceva trovare tutto pronto. “Cele’,
io me sent sul, me vuless truvà na femmn (**)”. Si sentiva un ragazzino, però, e si abbassava
sempre l’età. Una volta andammo in un negozio a Forio e lui rimase folgorato dalla commessa e
subito mi disse di trovargli carta e penna che doveva farle il ritratto. “Eh, e io mo andò u vag a
piglià? (***)”. Poi ebbi l’intuizione, corsi da Mariolino Capuano (Ndr. Artista che ha un negozio
al corso di Forio) e gli chiesi tutti i colori che aveva, ché Giovanni doveva fare un servizio, il ritratto
ad una ragazza. La mise a modo suo, le girava intorno, colse tutti i particolari della sua figura,
fece un disegno bellissimo e poi glielo regalò. Si innamorava sempre delle ragazze giovani.
(*) “Oggi che hai fatto? Non hai realizzato neppure un disegno?”.(**) “Celeste, mi sento solo, vorrei avere una donna”.(***) “E adesso dove li trovo?”.
La sua era una follia buona, ingenua, genuina. Una volta andam-
mo alla Galleria Ielasi a vedere una mostra fotografica particolare, perché le
foto si dovevano osservare nell’oscurità. Appena arrivammo Giovanni urlò:
“Ueè!! Iela’! Ma puot appiccià nu poc e luc ca dint? Che nun se ver nient!
(*)”. Lui era un grande artista ma a volte non capiva l’arte degli altri: Ga-
briele Renzullo organizzò una mostra presso una piccola galleria ed espose
un frigorifero nuovo, appena acquistato, con dei colori all’interno e quella
era l’opera d’arte, chiamata “Affresco”. Arrivò Giovanni e disse: “Ma io nun
aggio capito: mo’ e culur se stipan dint o frigorifero?!... (**)”.
(*) “Ehi, Ielasi! Puoi accendere un po’ di luce? Non si vede nulla!”.(**) “Non ho capito…! Adesso, i colori si conservano dentro il frigorifero?”.
C’è una storia che riguarda questa
scultura che è molto vecchia, del 1980
o ‘81. La forma della bocca non è realistica
se confrontata a quella del gatto, il fatto è
che lui era in grossa difficoltà e non sapeva
come realizzarla. Passò Raffaele Di Meglio
(Ndr. Artista ischitano, il cui soprannome
era Monnalisa) che scendeva giù a Nitrodi,
e sentendolo scolpire chiamò: “Giuva’, c’am-
ma fa’ nu bicchier e vin? (*)”. Dopo aver
bevuto – più Raffaele che Giovanni, che era
molto indaffarato – Giovanni gli confidò di
non riuscire ad andare avanti a causa delle
proporzioni della bocca, e Raffaele subito gli
consigliò di farla “tipo messicano” coi denti
da “cristiano”. Giovanni seguì il consiglio e
rimase molto soddisfatto, anche perché se
non l’avesse ultimata sarebbe andata but-
tata o persa come tutte le opere che non
finiva.
(*) “Giovanni, ci beviamo un bicchiere di vino?”.
Si paragonava a Picasso, dice-
va che tutta la casa doveva esse-
re uno studio, dentro e fuori, e che
non doveva avere un posto esclusivo
per creare, anche la polvere non an-
dava tolta, perché faceva parte della
composizione.
Durante il ricovero in ospe-
dale, un giorno gli misero una
flebo e la bottiglina della medicina
aveva una forma particolare, quan-
do finì Giovanni disse: “Ue’ scusa!
Ma quella butteglia mo a ittat, no?
E pecché nun a lat a me, ca me
serv?”. La nipote: “’U zi’! Ma che
dici quà sta la medicina!” “Ma qua-
la melicin?! Chell è nu poc ‘e acqua!
Nui a sciacquamm… Guarda che
bella form ca ten! (*)”.
(*) “Scusa, ma quella bottiglia vuoi gettarla via? Perché non me la date, ché mi serve?” E la nipote: “Zio! Ma cosa dici? Contiene la medicina!”. “Ma quale medicina?! E’ solo un po’ d’acqua! Possiamo sciacquarla… Guarda che bella forma che ha!”.
Nell’ultima fase, prefe-
riva disegnare cose e per-
sone strane, con difetti fisici,
ma per le belle ragazze non
ha mai perso la passione.
L’arte è anche una moda ma Giovanni Di Co-
stanzo era l’unica persona che non se n’è mai ‘fot-
tuto’ di questo, voleva disegnare ‘a crapettella, ‘u mi-
scill (*), le mode non gli interessavano. Ha incominciato
vari percorsi, prima la pietra, poi legno, ceramica – aveva
anche il forno per cuocerla, ma ad un certo punto ha
smesso di realizzare sculture in creta perché era molto
‘tirato’ e non voleva consumare la corrente necessaria a
far funzionare il forno. Preferiva il foglio e la matita, ma
anche così era attento a non sprecare niente: al bordo
dell’album ci sono i trattini per strapparlo, ma lui dise-
gnava anche oltre i trattini e poi tagliava il bordo con
le forbici. Disegnava anche dietro la copertina. Dietro
le scatole di detersivo, dietro le cassette della legna, io
andavo a prenderle dal fruttivendolo per bruciarle nel
caminetto e lui me le faceva smontare per prendere il
fondo.
(*) La capretta, il gattino.
92
93
text_Francesco Rispoli
Quella di Di Costanzo è un’opera mol-
teplice, verrebbe da dire eclettica, per i
riferimenti che vi appaiono talvolta più
espliciti, talvolta in filigrana. In alcune
terrecotte arriva l’eco dell’opera di Aniel-
lantonio Mascolo, che a sua volta aveva
contratto contaminazione dagli scultori
fiorentini prerinascimentali. Nelle tante
‘teste’ appare talvolta una figurazione naif. Altre volte una ricerca maggior-
mente ‘realista’. Ma anche una volontà di ‘deformazione’ (un debito po-
trebbe essere con la pittura di Fancis Bacon). Altre volte, ancora, affiora una
volontà dell’autore di mettere in forma la tensione cui sottopone la figura o
la tensione tra due figure in relazione antagonista tra loro. In ogni caso, Di
Costanzo non imita i maestri che pure chiunque opera nel campo dell’arte
ha. Se, infatti, il paradosso dell’artista - come afferma il premio Nobel per la
letteratura Josif Brodskij - è di essere tanto più ricco quanto più indebitato,
è altrettanto vero che ogni debito deve restare sommerso nell’opera, a pena
del plagio, del manierismo e perfino del falso.
Nulla di tutto ciò nell’opera di questo attore oscuro e silenzioso sulla scena
artistica dei luoghi in cui ha vissuto. Piuttosto, i sintomi di una ricerca ine-
sausta, incurante di pedanti coerenze e riconoscibili enzimi - non sempre
innocenti - del ‘mercato’.
Nei termini materiale, matrice, materia, maternità risuona la radice sanscrita
“mat” che significa misurare con la mano, costruire. Nel caso della scultura,
materiale e costruzione non sono uno mezzo per l’altra ma unità inscindibi-
le. Ovviamente, nel caso della scultura - a differenza che in architettura ad
esempio - la costruzione è da intendere come rivelazione dell’opera attraver-
so un processo di sottrazione di una parte della materia di cui si compone
l’opera stessa.
Credo che nei suoi lavori Di Costanzo affermi questa volontà di rapporto tra
sé e la sua opera. E così affiora, man mano, una silenziosa, umile aspirazione
a cercare, dentro le pieghe di ogni scultura, piuttosto che una loro comune
identità, la messa a fuoco di un sempre rinnovato stupore per la vita sempli-
ce, di una personale, silenziosa visione del mondo a contatto con le materie
prime della terra e della pietra.
LO STUPORE DELLE COSE SEMPLICI
95
Giovanni Di Costan-
zo è corso dietro al
vulcano che agitava
il suo animo durante
tutta la sua esisten-
za, spesa per l’arte e
con l’arte, senza mai
aspirare al successo
effimero o a realizzazioni finanziarie. Era scultore, pit-
tore, poeta, filosofo a modo suo, ma sempre in totale
onestà di spirito e di azione, conosceva alla perfezione i
maestri della pittura e della scultura di tutte le epoche,
per quanto il suo stile di vita sobrio, umile, e la tendenza
a richiudersi in se stesso non hanno consentito ai più
di conoscerlo, valutarlo ed apprezzarlo nella giusta di-
mensione.
Un artista e una personalità, inquietante sotto certi
aspetti, che mai ha perseguito facili effetti, rimanendo
se stesso con il suo stile di grande originalità derivante
dalla sua enorme cultura ed amore per la musa d’ele-
zione, l’arte, che per lui era scintilla del divino che egli
rispettava nella sua sacralità.
Artista completo, era dotato di certosina pazienza nel
ricercare sempre nuove soluzioni per le sue originali
scoperte; ogni tipo di materiale, dalla pietra locale alla
terracotta, al marmo, al ferro, lo attirava e gli serviva a
ideare costruzioni e figure con cui perseguiva il costante
desiderio di cogliere l’attimo, la folgorazione della sua
particolarissima vena artistica.
Non tentò mai di mettersi in mostra, se non in occasio-
nali discussioni o serrati confronti con amici intorno a
quella che era un’altra sua dote, perfezionata nel corso
degli anni: la critica d’arte. Le sue argomentazioni men-
tre visitavamo le tante mostre d’arte - solo qualche anno
fa molto frequenti a Ischia - diventavano elementi di sor-
presa, curiosità ed interesse da parte di quanti si accalca-
vano intorno a lui che dispiegava ai ‘profani’ il suo sape-
re, le sue intuizioni, sempre appropriate ed inedite. Con
garbo, ma con profonda convinzione, esprimeva giudizi
poco lusinghieri su quegli artisti che avevano imboccato
percorsi volti a capitalizzare il loro talento a soli fini com-
merciali. Furono tanti gli estimatori, appassionati d’arte
o collezionisti che dovettero battere in ritirata, perché
Giovanni era gelosissimo della sua produzione artistica
che ha conservato per sé e per pochissimi fortunati che
riuscirono ad entrare nel suo fantasmagorico atelier.
Fu questo forse un suo limite e certo gli precluse le stra-
de di un successo che probabilmente mai aveva insegui-
to. Rifiutò, infatti, con ostinazione i tantissimi tentativi
di amici e critici d’arte che lo invitavano ad allestire una
mostra personale, mentre partecipò spesso a collettive,
in cui però esibiva i pezzi meno significativi. Scultore
prima di tutto e pittore, però amava anche comporre
poesie dove rivelava il suo animo, dotato di enorme sen-
sibilità, tuttavia mentre cercava il giudizio ed il consenso
degli amici su semplici ma toccanti componimenti (così
come per le fotografie alle quali si era dedicato per brevi
periodi), quando si trattava delle sculture e dei suoi qua-
dri, invece, per una sorta di altera, distaccata ritrosia,
amava il silenzio, quasi a protezione e difesa della loro
esclusività. Ma ciò non toglie nulla al grande artista che
era: da scoprire, valutare, approfondire, un patrimonio
da curare e rispettare.
text_Michele D’Arco
“UN VULCANO AGITAVA IL SUO ANIMO”
F A S H I O N
i
OGGI 6 SPOSI
Per alcuni mesi (sia durante lo scorso anno che in questo), ho insegnato presso l’Istituto Professionale “V. Telese” ad un gruppo di ragazzi dell’indirizzo
Grafico Commerciale. Per coinvolgerli tutti nel lavoro creativo, fotografico e grafico, ho proposto loro di simulare un matrimonio civile con più coppie: qua-
le migliore occasione per dare un ruolo (sposi, invitati, fotografi, etc.) a ognuno! Così, scelta come location la villa La Colombaia, luogo di gran fascino e
frequentato per ragioni didattiche dai miei studenti, abbiamo chiesto al sindaco di Forio, Francesco Del Deo, d’impersonare se stesso in questo articolato
allestimento. Quindi, incassato il suo divertito consenso, abbiamo ottenuto che l’Atelier Glamour Spose ci prestasse gli abiti per mettere in scena la cerimonia.
Da quel momento s’è mossa a pieno regime la macchina organizzativa di Ischiacity: Raffaella e Nancy Tortora hanno rispettivamente acconciato i capelli e
truccato le modelle, mentre Pasquale Giuliano ha pettinato i modelli. Tommaso Monti ha assunto il ruolo di responsabile della fotografia, coadiuvato da Ciro
Di Raffaele e Umberto Arcamone. Raffaele Imbò s’è incaricato delle riprese video mentre a coppie, Tom Fiorentino e Simona Pavini, Antonio Giuliano e Fran-
cesca Impagliazzo, Luca Fiorentino e Dayana Chiocca, hanno impersonato i giovani nubendi. Emmanuel Bercini, Manuela Elia, Angela Impagliazzo, Vittorio
Curci, Alessio Pilato, Lucia Di Spigna, Giancarlo Caredda, Emmanuel Trani e Gianmarco Monti hanno posato in veste di invitati e testimoni degli sposi. L’inter-
pretazione è stata “particolarmente efficace” grazie alla disponibilità del sindaco Del Deo, che ha accettato di recitare davvero, per ciascuno scatto delle tre
cerimonie nuziali, una “formula di unione in coppia”, tanto informale quanto coinvolgente: i ragazzi, quindi, nel pronunciare la loro “promessa di amicizia”
si sono calati nella parte fino a… (in alcuni casi) commuoversi. Al termine, siamo andati sul sagrato della bellissima chiesa del Soccorso per festeggiare con
un “brindisi liberatorio” il successo di una giornata speciale.
text_Riccardo Sepe Visconti
SIMONA PAVINIDolce, protettiva, idealista, riflessiva, entusiasta. Queste sono le sue ottime qualità, che le serviranno per riuscire a diventare ciò che desidera: una giornalista.
TOM FIORENTINOÈ il gemello di Luca, ed è per questo che insieme al fratello deve sorbirsi ogni volta “Ma sei Tom o Luca?”. Disegna, naviga nel web, fotografa, progetta: sempre perfetta-mente a suo agio nel mondo digitale.
EMMANUEL BERCINIParla poco, sorride spesso. Non è mai solo, l’Iphone gli fa sempre compagnia. Ha inten-zione di proseguire l’attività commerciale oggi gestita dal padre.
ANGELAIMPAGLIAZZO“Nasce, cresce, corre”. No, con lei lo slogan dei Pampers non si è rivelato esatto!... Al posto degli occhi, due bellis-simi fanali degni di una volk-swagen, in una testolina pie-na di idee, sogni e speranze.
GIANMARCO MONTIIl cazzeggio con lui diventa un’Arte. Ha la testa pittu-rata di bianco-azzurro, e l’esperienza di 2 mesi a Los Angeles non è bastata a rad-drizzargliela. Sarebbe capace di rifilarti lo stanzino delle ramazze come se fosse una suite imperiale: che voglia lavorare nel settore turistico?
LUCIA DI SPIGNA
MANUELAELIANon le piace tanto la scuola (e non si può darle torto). Sul suo banco sono presenti più pacchi di patatine e popcorn che oggetti scolastici. Ottima supporter quando è necessa-rio ricaricare l’entusiasmo.
LUCA FIORENTINOVive di aranciata e fagottini. E’ generoso e disposto a sob-barcarsi immani fatiche per le persone a cui vuole bene. Dalla grafica alla fotografia, dal web alla progettazione è in grado di adattarsi alle situazioni più estreme e… dimostrarsi vincente.
DAYANA CHIOCCARiderebbe anche solo fissan-do le vibrazioni di un budino su una lavatrice. Nella vita vuol fare la fotografa. Poiché è brava e creativa, è assai probabile che ci riesca.
VITTORIO CURCIManifesta la sua potenza tra-mite il lungo naso e le enor-mi orecchie, sperando che la lista non finisca qui. Davvero abile con matite e chine, ha in testa di perdersi in qualche paese africano.
GIANCARLO CAREDDADecisamente dotato per la grafica. Capitato in mezzo ai 18enni, i suoi 198 anni lo hanno portato all’esaspera-zione.
CIRO DI RAFFAELEPreciso e puntuale, terribil-mente affidabile. È il compa-gno che in trincea vorresti al tuo fianco. Gestisce la mac-china fotografica sapendo bene che è lo strumento che gli porterà guadagni.
ALESSIO PILATO“Votalessio” “Votalessio”. Gli si prospetta un interes-sante futuro da politico: non a caso sa essere un perfetto “cerchiobottista”. Capace di riflessioni originali, a lui si deve la “Teoria Delle Meren-dine”, metafora illuminante sul funzionamento della scuola.
ANTONIO GIULIANOAlias “Bacchettone”. È “al-tamente” creativo: alle sue longitudini il mondo appare come gli altri non possono vederlo. Bravo a coniare claims (che per un grafico commerciale sono come il pane).
FRANCESCA IMPAGLIAZZOAlias “Giulietta”. Occhi az-zurri, capelli biondi, niente sogni, ma solide curve. Ha il cervello perfettamente “bi-partizzato”, infatti è in grado di seguire allo stesso tempo le lezioni e la chat su FB.
RAFFAELE IMBO’I talebani, quanto ad orto-dossia da “rompitasche”, si ispirano a lui. Eccellente fil-maker, è il primo della classe ad aver raggiunto la fama sul web. Da un po’ è anche rap-presentante d’Istituto.
EMMANUEL TRANIVeste sempre con eleganza, è fissato con la moda ed i mo-tori, tanto che cambierebbe la batteria del suo cellulare con quella di una macchina dell’officina meccanica del padre. Del resto, è il luogo dove pensa di lavorare…
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Silenziosa e schiva quasi ai li-miti della timidezza, non ama apparire, ma in realtà è una persona determinata, che sa svolgere bene i suoi compiti; come Linus con la mitica co-perta, Lucia non si separa mai dalla sua bottiglietta d’acqua.
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AD _Riccardo Sepe Visconti PHOTO_Tommaso Monti, Ciro Di RaffaeleMODELS_Dayana Chiocca, Francesca Impagliazzo, Simona Pavini, Luca Fiorentino, Tom Fiorentino, Antonio Giuliano, Alice Trani, Nicolas Trani.MAKE UP_Nancy Tortora per Aglaia, IschiaHAIR_Raffaella Tortora per Aglaia, Ischia DRESS_ Atelier Glamour Spose, Ischia JEWELRY_ Bottiglieri Più Gioielli, Ischia - Forio LOCATION_ La Colombaia, piazzale del Soccorso, ForioSPECIAL THANKS_ Francesco Del Deo - Sindaco di Forio
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Caro Amico vuoi unirti a Lei per tutto il tempo in cui il tuo amore sarà sincero?Sì…
Cara Amica, vuoi unirti a Lui per lo stesso tempo e con lo stesso sentimento? Sì…
Vi dichiaro uniti come persona e persona.
““
L’isola di Ischia è rinomatissima per la sua buona cucina: dai piatti di antica tradizione
come il famoso coniglio all’ischitana e la pizza di scarola, alla sterminata gastronomia
partenopea, sono tutte pietanze che si possono assaggiare nei migliori ristoranti dis-
seminati nell’isola. In particolare, vale la pena di suggerire la degustazione del pesce,
delle pizze e della carne che, in tempi recenti, attraverso le steak house fa molta ten-
denza. Abbiamo selezionato per voi alcune delle migliori offerte isolane…
STEAkHOUSE OSTERIA DEL PORCO
Propone esclusivamente piatti di carne, tutti “Choice” o “Prime”, quindi i migliori tagli e la migliore qualità, scelti direttamente in allevamento. Tra i piatti più apprezzati lo stinco di maiale brasato al Chianti; la cantina è impostata con intelligenza e buon gusto per chi ama accompagnare il cibo con vini di qualità. E’ aperto tutti i giorni dalle 18.00 fino a tardi e, d’inverno, anche la domenica a pranzo.
OSTERIA DEL PORCORiva Destra, 91 - IschiaTel. 081 901841
La prima steakhouse nata ad Ischia, un locale dal gusto deciso e dalla forte personalità.
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PASTICCERIA GELATERIA TRANI
Da 20 anni un riferimento sicuro per chi cerca pasticceria e gelateria di grande qualità, nel nuovissimo punto vendita di Ischia Ponte, Giovanni Trani presenta ogni tipo di torte, semifreddi e gelati: questi ultimi oltre che nei gusti tradizionali, nelle specialità “delizia al limone” e “biscotti-no”; e poi babà al limoncello ripieno di panna e fragoline, torta biscottino con pan di Spagna, cioccolato, noccioline e semifreddo al cioccolato, o la torta Gine-vra, con semifreddo di zabaione variegato al pistacchio; da provare la torta-gelato al limoncello. Ottimo anche il caffè, caldo e freddo, i rustici e le focacce salate, farcite con salumi, formaggi e verdure.
Pasticceria Bar Gelateria Tranivia G. da Procida, 9 – Ischia PonteTel: 081 1917 2166
…Dove è facile intendere che la pasticceria napoletana è sicuramente fra le migliori al mondo.
RISTORANTE LA BUSSOLA
Sul lungomare di Forio, offre specialità di terra, mare e ottime pizze, cotte nel forno a legna: da assaggiare la braceria di pesce freschissimo e carni, scialatielli e gnocchi fatti in casa da condire con il pescato del giorno, crostate e dolci al cucchiaio preparati arti-gianalmente, insomma un perfetto ristorante che da sempre porta alto il nome di Forio nella ristorazione.
LA BUSSOLAvia Marina, 40 - ForioTel: 081 997645labussolaristopizza@live.it
Una tradizione che si rinnova da tre generazioni per una gastronomia davvero a 360°
STEAkHOUSE IL SIGNORE DEGLI AGNELLI
Una steakhouse in piena regola che propone 7 tipi di tagliata tra cui la giapponese Wagyu, tenera e saporita, preparata con lardo di Colonnata e tartufo o rucola scaglie di Parmigiano e pomodorini. Da assaggiare gli arrosticini di pecora, l’hamburger di Chiani-na da 300 grammi e l’antipasto con specialità regionali italiane.
IL SIGNORE DEGLI AGNELLIvia Salvatore Girardi, 35 Casamicciola TermeTel: 081 900534
Completamente rinnovato nello stile e nel gusto, e consacrato a variazioni sul tema della carne.
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RISTORANTE PIZZERIA LA TINAIA
Ottime pizze, un menù che propone gustosi piatti di stagione di carne e di pesce, gelati e torte artigianali, golose crepes sia dolci che salate, pane sempre fresco del panificio Le Ventarole sono il segreto del successo di questo ristorante-pizzeria nel centro di Forio, che coniuga ottima qualità con un servizio rapido e che copre l’intera giornata. Questa la formula vincente ideata dalla famiglia Mandl, proprietaria della struttura, e che ha fatto de La Tinaia uno dei punti fermi della ristorazione isolana.
RISTOEANTE PIZZERI LA TINAIAcorso M. Verde, 39 - ForioTel: 081 998448
Per mangiare bene, tutto l’anno e a qualsiasi ora.
BRACERIA MARIA ‘E GIULIETT
Cambiare e sorprendere: questa la filoso-fia della braceria, il cui piatto forte sono grigliate di carne, pesce e verdure. In base alle disponibilità degli allevatori irpini e piemontesi, dei pescatori casamicciolesi e dei contadini ischitani ogni giorno si possono assaggiare specialità diverse: hamburger di chianina reale, scottona, fiorentina, tartufo fresco, olio extraver-gine di oliva Ravece, cipolle di Montoro, vini paesani. Tra le specialità più gustose, il merluzzo alla brace, servito con pilaf di riso basmati, patatine al vapore e verdure grigliate.
BRACERIA MARIA ‘E GIULIETTCorso Luigi Manzi, 39 – Casamicciola TermeTel: 338 7936773mariaegiuliett@libero.it
Una piacevolissima terrazza nel cuore di Casamicciola, specializzata in raffinate braci di carne e pesce.
PIZZERIA CATARI’
Più di 50 pizze in menù, che ogni anno si rinnovano ed aumentano, conservando, però, la tradizione nel preparare l’impasto, leggero e saporito, e la genuinità degli ingredienti. Tra le più apprezzate degli ultimi tempi: il calzone ripieno di ricotta, funghi e salame, la “gricia”, con crema di pecorino, fettine di pancetta croccante e pepe o la bianca con lardo toscano di Colonnata e mozzarella di bufala. L’ampio giardino con pergolato di bouganville, i semplici antipasti di frittura e bruschette e i dolci della nonna, contribuiscono ancor di più a creare la giusta atmosfera per gustare in relax la pizza più buona che si possa mangiare ad Ischia.
PIZZERIA CATARìd’inverno aperto venerdì, sabato e domenica.Piazza Maio, 19 Casamicciola TermeTel: 081 996885
Un tuffo negli incontaminati anni ’50, gustando quella che è certamente fra le migliori pizze dell’isola.
RISTO-PUB TIRATARDI
Nel centro della movida foriana, questo locale, che è anche una pregiata vineria, propone panini e sfizioserie, ma grazie alla pre-senza come chef resident di Giovangiuseppe Pilato detto Gian-nettone, brillante giovane promessa della ristorazione ischitana, mostra di voler puntare su una qualità superiore che non tutti sanno perseguire. Ecco, allora, che la cucina si arricchisce di piat-ti raffinati e la cantina accoglie etichette di gran pregio. Ottimi cocktail e gustosissimi dolci fatti in casa possono essere provati dal tramonto fino a notte inoltrata, godendosi la musica dal vivo, rock o lounge.
RISTOPUB TIRATARDIVia Marina, 20 – ForioTel: 081 50741
Sul lungomare di Forio è certamente tra i locali preferiti dai giovani che amano mangiare all’aperto.
IL PIACERE DELLA CARNE
F O O D
i
text_Lucia Elena Vuoso
De Conciliis, il Brunello di Montalcino DOCG e
lo Schioppettino del Friuli Venezia Giulia da ab-
binare alla selvaggina. Ma è la carne a conferire
piacere alla vista, all’olfatto ed al palato. Chou-
croute alsaziana di tagli pregiati di carne di ma-
iale brasati nel vino Veltliner e serviti su un letto
di crauti con patate lesse, misto sottolii e crostini
alla mostarda; maialino da latte al forno farcito al
lardo di Colonnata e servito con patate novelle,
verdure all’osteria e crostini alla senape; filetto
di chateaubriand con porcini trifolati, insalata di
arance e crostini al tartufo sono alcuni dei parti-
colari piatti che possono essere gustati all’Osteria
del Porco ma non solo, primi, bruschette, insala-
tone e taglieri di salumi e formaggi completano
il menù composto da più di cento proposte. Ep-
pure, Roberto, che attualmente ha 50 anni e vive
stabilmente ad Ischia con la moglie Alessandra ed
il figlio, non si accontenta e sta già pensando ad
intraprendere un nuovo cammino: aprire altri lo-
cali in Italia col marchio e col format di quello iso-
lano. Un’altra sfida da vincere, un altro progetto
da varare, un nuovo successo da vivere.
Ci sono persone – non molte a dir la verità – che
accettano di buon grado le sfide che la vita pre-
senta loro, riuscendo a trasformarle in meravi-
gliose opportunità senza troppa fatica. Ci sono,
poi, altre persone – che s’incontrano ancor più
raramente – che le sfide se le vanno a cercare,
mettendosi quotidianamente alla prova, per ol-
trepassare facilmente i propri limiti.
Appartiene alla seconda categoria sicuramente
Roberto Vano, che nel tempo ha fatto nascere dal
nulla e portato all’apice del successo numerosi lo-
cali sia a Napoli che ad Ischia. Una fortunata car-
riera, la sua, che nasce però da uno sfortunato in-
cidente: appena sedicenne, campione nazionale
di ginnastica artistica, dopo aver avuto la convo-
cazione per le Olimpiadi di Mosca, cade riportan-
do una grave lesione al tendine che gli impedirà
di gareggiare a livelli agonistici internazionali. Ac-
cantonato il sogno olimpico, Roberto comincia a
muovere i primi passi verso quello che sarà il suo
destino: si avvicina alla musica, diventando culto-
re del jazz e del blues, imparando l’arte del Djing,
organizzando feste, facendo i
primi esperimenti culinari, e
apre un esclusivo ristoran-
te a Bagnoli. Pur avendo
una delle vedute sulle
isole del Golfo più
particolari e sug-
gestive, si trattava
comunque di una
zona industriale e
poco turistica, a
detta dei più idonea
ad una commerciale frig-
gitoria piuttosto che ad un
localino con soli sei coperti,
che poteva vantare nello
staff lo chef Renato Rug-
giani, il maitre di sala De
Simone e i gemelli Sardelli
come barman. L’Up Stro-
ke però si afferma subito,
proprio per il nuovo e
particolarissimo con-
cetto di locale propo-
sto da Roberto: nel
1979 è il primo disco dinner in tutta la Campania
che fa cenare pochi clienti selezionati affacciati ad
una terrazza al di sotto della quale si esibiscono
musicisti emergenti campani, affermati talenti
italiani e periodicamente artisti jazz internaziona-
li. Nel 1993 però, all’apice del successo, Roberto
vende l’Up Stroke, buttandosi a capofitto in una
nuova sfida, del tutto nuova: il Lido Pola. Una di-
scoteca, a poche centinaia di metri dall’isolotto di
Nisida, con locali da ballo indoor e outdoor, che
offre serate a tema, musica dal vivo e il ristorante
che serve primi e secondi di carne sul roof.
Ma, nel 2005, l’ex atleta napoletano si pone
come obiettivo una sfida più grande: investire a
Ischia e dà dimostrazione del suo coraggio e del
suo spirito imprenditoriale aprendo la prima steak
house dell’isola. La novità di questa sua intuizione
è stata, ancora una volta, diversificarsi da tutti gli
altri, sfatando il mito che vuole i ristorantini tipici
di via Porto esclusivamente a base di pesce: nasce
L’Osteria del Porco. Tutto è studiato per sorpren-
dere: le tinte bordeaux ed arancio delle
pareti e delle sedie, le riproduzioni dei
coloratissimi quadri di Botero che raf-
figurano allegre persone in sovrappe-
so e rappresentano i piaceri della car-
ne, eleganti tavoli in tek apparecchiati
con tovagliette americane, posateria
elegante e taglieri in legno. Fornitis-
sima la cantina, che vanta circa 40
pregiati vini, frutto di un’accurata
selezione nelle migliori aziende
vinicole italiane tra cui ci sono
sia rossi che bianchi, che ben
si sposano con le pietanze
dell’Osteria del Porco: il Veltli-
ner, un bianco fresco e frut-
tato dell’Abbazia di Novacella
in Alto Adige, il Naima, aglia-
nico prodotto dall’azienda del Cilento
01CINEMA E LETTERATURA: UNA “SINTESI SPONTANEA” D’A...MARE
“Tutto a posto e niente in ordine”, titolo da copertina, oltre che da locandina. Dopo l’omonimo film, realizzato nel 1974, Lina Wertmüller uti-lizza ancora questa massima proverbiale per sintetizzare la “vita di una regista di buonumore”, ossia la sua. L’autobiografia non scarseggia in fatto di vitalità e, in perfetta sintonia con lo stile wertmülleriano, non manca di spiegazioni e commenti ironicamente piccati. La serata del 21 agosto, data della presentazione del libro nell’ambito della rassegna letteraria “Libri d’a...mare”, è stata, quindi, un pronosticabile successo, ospiti illustri si sono seduti nella piazza di Santa Restituta, a Lacco Ameno: oltre alla regista romana, Gianni Ambrosino, direttore di Canale 21 e l’attrice Nicoletta Della Corte, nella veste di lettrice di alcuni brani tratti dal libro, poi ancora Luciano De Crescenzo, autore di “Garibaldi era comunista” e Pascal Vicedomini, ideatore e promotore dell’Ischia Global Film & Music Fest, “l’evento più importante per l’isola d’Ischia che ha, ormai, valori mondiali e del quale Lina Wertmüller è stata tra le prime sostenitrici”. Non sono mancati momenti dedicati alla memoria di Enrico Job, marito della regista, e a Mariangela Melato, che “era un pezzo di cuore e mi manca, come attrice, ma soprattutto come amica”.
text_Vittoria Schiano Di zenise | photo_Dayana Chiocca e Luca Fiorentino
rubrica a cura di Lucia Elena Vuoso
36 02BOSSA NOVA AL BAR MARIA
Da sempre luogo di incontro per gli artisti, il Bar Maria di Forio, nello spirito della sua storica tradizione, durante tutta l’estate ha organizzato una serie di appuntamenti culturali. Tra i più riusciti – tanto da essere replicato l’8 settembre – c’è stato il 4 luglio il concerto bossa nova di Antonio Pilato, Nik e Oscar Pantalone. Un evento unico poiché Oscar, che la musica ce l’ha nel sangue, si è esibito per la prima volta ufficialmente nell’isola d’Ischia, dopo essersi trasferito in Spagna ed iscritto all’Università di Siviglia per seguire corsi di jazz. Insieme con l’amico chitar-rista e concertista, il professor Antonio Pilato, e col padre Nik Pantalone ha dato vita ad un trio apprezzatissimo che ha eseguito divertenti motivi brasiliani, in un’atmosfera di contagiosa allegria.
photo_Simona Pavini
04I MILLE VOLTI DI LINO D’ANGIò
Durante le tre serate di festeggiamenti organizzate dall’Associazione “Testaccio Grandi Eventi”, che hanno visto protagonisti comici e cantanti della tradizione napoletana tra cui Tony Tammaro e i Sud58, direttamente dal programma di Rai Due “Made in Sud” si è esibito un esilarante Lino D’Angiò. Rievocando alcuni dei suoi personaggi storici più riusciti come il parcheggiatore abu-sivo Geppino Palla da Ercolano ed imitando alla perfezione volti noti del panorama politico e dello spettacolo come l’ex sindaco di Napoli Antonio Bassolino, Mario Merola, Nino D’Angelo, Silvio Berlusconi e Giorgio Napolitano, l’ex conduttore di Tele Garibaldi ha divertito ed intrattenuto un numeroso ed attento pubblico di turisti e ischitani.
03ANDAR PER CANTINE... CON AMEDEO MINGHI
L’ormai consolidata manifestazione organizzata da Leonardo Polito e dalla Pro-Loco Panza che da cinque anni ren-de possibile agli amanti del vino e delle tradizioni ischitane l’accesso alle più belle e importanti cantine dell’isola, con visite guidate, gite e degustazioni di prodotti tipici, ha superato anche durante questa edizione le aspettative di tutti con un grande concerto. Sul piazzale del Soccorso a Forio, infatti, lunedì 16 settembre, Amedeo Minghi si è esibito gratuitamente insieme con il Trio di Salerno: Aldo Vigorito al contrabasso, Guglielmo Guglielmi al piano-forte e Sandro Diedda al sax, dando vita ad una serata jazz speciale.
photo_Simona Pavini e Tom Fiorentino
photo_Ciro Di Raffaele
ischia
city
divis
ionepubblic
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TONY TAMMARO IN CONCERTO
Di sicuro tra le serate più coinvolgenti e divertenti di tutta la programmazione di eventi dell’estate 2013, quella del 31 agosto in piazza Mar Del Plata a Testaccio che ha visto protagonista non solo un Tony Tammaro in gran forma, ma anche un folto pubblico di fan, giovani e non, che ha cantato, ballato, urlato e preso parte attivamente con ironici “stacchetti” al concerto. Il cantautore partenopeo, alle spalle una carriera artistico-comica che dura da più di 20 anni, con le sue canzoni che scim-miottano l’uomo medio napoletano, il “tamarro”, e la sua interpretazione teatrale e sarcastica della vita di tutti i giorni, ha saputo creare uno spettacolo assai godibile e molto partecipato. Sono queste le belle serate che hanno contraddistinto l’estate baranese, divertendo con efficacia e al tempo stesso semplicità un gran numero di turisti: formule vincenti e non eccessivamente costose, che rappresentano un perfet-to strumento di intrattenimento turistico. Il concerto è stato organizzato dall’asso-ciazione “Testaccio Grandi Eventi” che ha allestito anche stand gastronomici dolci e salati e di birre provenienti da tutto il mondo.
06IL MONDO SECONDOCORRADO VISONE
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Nella vita Corrado è assicuratore per professione; per passione, invece, è scrittore, di battute, racconti, sceneggiature ed è attore e fondatore – insieme con Valerio Buono – della compagnia teatrale “Uomi-ni di Mondo”. La sua è una recitazione diversa da quella cui si è abituati ad Ischia: in italiano e con sceneggiature totalmente originali o riadattate, che spaziano dal comico, al teatro dell’assurdo, al giallo. Ha sempre la battuta pronta e riesce facilmente a destare ilarità sulle vicissitudini che deve affrontare quotidianamente l’ischitano, dal blocco del traffico al trasporto pubblico, portando l’attenzione su temi di grande attualità con leggerezza ed ironia. Freddu-re brevi ma di forte impatto sono la sua arma, eppure riesce anche ad essere serio e profondo toccando con sensibilità anche gli argomenti più delicati sul periodico online “La Rivista Intelligente”. A dicembre si è esibito presso la sala del Teatro Po-lifunzionale di Ischia con lo spettacolo “Le bugie hanno le gambe scoperte”, che ha riscosso lo stesso successo della commedia “Così parlò Bellavista” andata in scena al Politeama di Napoli.
photo_Luca Fiorentino
07FESTIVAL VISCONTI 2013
Una perfetta sinfonia di voci, che con leggiadra maestria s’amalgamavano tra loro nei “Duetti d’amore”, ha aperto il “Festival Visconti 2013”, iniziato con successo, sebbene ideato e realizzato in condizioni di “spending review”. Messi in scena dai soprani Patrizia Orciani e Roberta Maione, dal mezzo soprano Eufemia Tufano e dai tenori Roberto Iuliano e Carlo Barricelli, i “dialoghi cantati” sono stati un vero e proprio inno alla cultura e al ricordo di Luchino Visconti che, prima ancora d’essere regista, fu intel-lettuale colto e raffinato. Solo in nome della comune venerazione per questa figura di portata internazionale e, indubitabilmente, per la bellezza del luogo ospitante, professionisti di grande fama continuano a rispondere in modo positivo agli inviti di Massimo Bottiglieri, presidente del Comitato Direttivo della Fondazione “La Colombaia”. “È grazie alla preziosa attività di Giovannangelo De Angelis e Lina D’Onofrio, allo spirito appassionato dei collaboratori e ai piccoli finanziamenti dei privati, sommati agli (ancora purtroppo) insufficienti proventi ricavati dagli ingressi alla villa, se si riesce a catalizzare l’attenzione sulla residenza ischitana di Visconti, realizzando eventi di valido spessore culturale”, spiega il Presidente. E Lina D’Onofrio, in qualità di ideatrice e organiz-zatrice di eventi, aggiunge che la sfida sta “nell’utilizzo delle forze locali”, messe insieme facendo leva sulla volontà di ciascuno di realizzare quel turismo culturale che potrebbe soddisfare i visitatori interessati – che tutt’ora raggiungono, a costo di qualche piccolo disagio, la non ancora ben collegata Colombaia – e che, se ben attuato, potrebbe migliorare l’offerta dell’isola. Oltre al “Festival Visconti”, sono state allestite presso la Villa una mostra in onore del celebre agente dei divi Enrico Lucherini – prima esposta all’Ara Pacis a Roma – e un’altra dedicata a opere di artisti isolani. Al termine, un’esposizione di foto inedite della famiglia Visconti sancirà il primo passo verso la collaborazione con la Fondazione Gramsci di Roma e il riconoscimento della Colombaia come unico museo consacrato alla figura del grande regista.
08DOLCE BENEFICENZA
Due categorie, tre vincitori, venti squisite torte, centinaia di golosi giurati popolari sono stati i protagonisti della gara di beneficenza più dolce dell’anno. Domenica 15 settembre, infatti, nel vicolo dei Pescatori alla Mandra, si è svolto un concorso culinario in cui si sono sfidati dolci di frutta e sculture in pasta di zucchero preparati da casalinghe e appassionati del genere. La giuria tecnica ha decretato il podio, ma il pubblico ha deciso che tutti meritavano di vincere: le gigantesche torte, infatti, vendute ad un euro a fetta, sono finite nel giro di pochi minuti. Il successo più gran-de, però, è stato quello dalla solidarietà: tutto il ricavato, infatti, è stato donato all’associazione ONLUS isolana “Il Pozzo delle idee” di Nello Di Leva.
text_Vittoria Schiano Di zenise | photo_Dayana Chioccaphoto_Tommaso Monti
10“LEZIONI” DI GRAFICA CONTEMPORANEA
Enrico Baj, Wilfred Lam, Leonardo Cremonini e Arnaldo Pomodoro sono stati i protagonisti dell’esposizione che la Galleria Ielasi di Ischia Ponte ha proposto per il mese di agosto: “Abbiamo deciso di dedicarci all’arte contemporanea” commenta Massimo Ielasi, “Personalmente non credo che spetti ai posteri l’ardua sentenza: se c’è qualche artista che vale, è giusto che il merito gli sia riconosciuto già nel suo tempo”. Da qui l’idea di allestire una mostra dal sapore contemporaneo, che vanta, oltre a pregevoli pezzi di collezione privata, anche incisioni “esordienti”, apposi-tamente inviate da Arnaldo Pomodoro, artista italiano le cui opere adornano alcune tra le più importanti capitali europee e conosciuto, tra le altre cose, per le sue “sfere di bronzo”. E poi Leonardo Cremonini, amico della famiglia Ielasi, che fu frequentatore abituale di Ischia per oltre un decennio e che contribuì, con le sue numerose visite, ad animare il panorama culturale foriano intorno al Bar Internazionale di Maria; Enrico Baj, alla cui opera principale, in ricordo della morte dell’anarchico Giuseppe Pinelli, se ne affiancano altre di chiara ispirazione picassiana (questo perché, se non si considera il lavoro di uno dei geni del XX secolo, si rischia di fare pittura ottocentesca, spiega il gallerista); e infine Wilfred Lam, cubano, del quale sono state proposte alcune serigrafie. Insomma, una vera e propria “lezione” di grafica per conoscere e scoprire, ad Ischia, alcuni tra gli artisti della nostra epoca internazionalmente riconosciuti.
text_Vittoria Schiano Di zenise | photo_ Ciro Di Raffaele
La creatività va coltivata fin da bambini, incanalata nei giusti percorsi e valorizzata: questa l’idea da cui nasce il centro ricreativo Tatanizzola, l’unico tra Casamicciola Terme e Lacco Ameno che, oltre alle numerose attivi-tà come recitazione, musica d’insieme, can-to, giardinaggio, giocoleria circense, dedica un’attenzione particolare anche ai genitori ed al rapporto coi loro bimbi con corsi di formazione, consulenza psico-pedagogica, mediazione familiare ed incontri a tema con esperti. Logopedisti, sociologi, psicologi e psiconeofisicisti sono solo alcuni dei pro-fessionisti che si affiancano alle educatrici che quotidianamente si prendono cura dei bambini, nel rispetto delle loro volontà ed esigenze, rendendo le ore trascorse in ludo-teca dei veri e propri piacevoli momenti di crescita. Tra le novità di quest’anno, la pos-sibilità di organizzare la festa di compleanno animata da giocolieri, sputafuoco, trampo-lieri, maghi comici ed illusionisti e il servizio di potenziamento didattico per bambini che hanno disturbi dell’apprendimento.
09LE NOVITà DI TATANIZZOLA
11VERI SAPORI ISCHITANI
Si chiama Nordic Walking, e il suo inventore è finlandese, ma questa pratica sportiva che coinvolge tutta la muscolatura del corpo con grandi benefici che subito vedre-
mo, oggi si può praticare facilmente anche a Ischia, grazie all’iniziativa della guida escursionistica Assunta Calise. Profonda conoscitrice del territorio dell’isola e istruttrice presso la Scuola Italiana di Nordic Wal-king, Assunta ha organizzato un corso base di Nordic Walking che si articola in 3 uscite, ciascuna di 3 ore. Serviranno ad apprendere i se-greti di questa tecnica di camminata che, a differenza di una normale passeggiata, richiede appunto di esercitare ad ogni passo uno sforzo sui bastoncini (simili, ma solo in apparenza a quelli che si usano nello
sci di fondo). Questo movimento coinvolge e rafforza i gruppi mu-scolari di torace, dorsali, tricipiti e bicipiti, spalle, muscoli cervica-
l i , addominali, come non avviene semplicemente camminando e si o t - tiene un incremento del consumo di energia maggiore del 40%. Vice- versa, si riduce l’affaticamento sulle articolazioni, in particolare anca , ginocchia e caviglie, e sulla struttura ossea. Assolu- tamente da provare, insomma!
Per info: Assunta Calise - 081. 908018 e 329. 5355723
12SCOPRIAMO IL NORDIC WALKING
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Al centro di Fontana, da più di 100 anni of-fre cucina casereccia in un ambiente rustico e tradizionale, “condito” dalla simpatia dei proprietari Annamaria Lombardi e Filippo Mattera che producono in proprio vino, co-nigli e verdure, cucinati poi secondo tradizio-ne. Tra i menù di terra del ristorante, bar e pizzeria La Fonte, scelti da molti personag-gi del mondo dello spettacolo e del calcio, come Sal Da Vinci e il portiere della Roma De Sanctis, ma pure da sindaci, assessori e forze dell’ordine dei sei comuni ischitani, ci sono pasta e fagioli, pasta patate e provola, bucatini al sugo di coniglio, gnocchi alla sor-rentina – ogni giorno la signora Annamaria ne prepara a mano circa 15 chili – spaghet-ti olive e capperi. Il re dei secondi è senza dubbio il coniglio all’ischitana, ma anche la carne alla brace con contorni di melanzane a funghetti, alla parmigiana o in involtino sono molto richiesti. E alla fine del pasto, come dolce, c’è sempre un’ottima fetta di pastiera. Un luogo tranquillo ed ospitale, dove è possibile organizzare anche piccole cerimonie per circa 100 invitati, per sentirsi in famiglia e mangiare bene.
13ISCHIAFRIENDS 2013
Una serata sotto le stelle per rendere omaggio alle personalità del mondo dello spettacolo, del giornalismo e dell’impresa che amano e frequentano abitualmente l’isola d’Ischia quella che si è svolta il 29 luglio in Piazzetta San Girolamo ad Ischia. Organizzata da cinque anni dal Capo dell’Ufficio stampa del Centro Europeo per il Turismo, Cultura e Spettacolo Franco Cavallaro, coordinata da Marco Bottiglieri e presentata da Maria Giovanna Elmi, la manifestazione ha visto avvicendarsi sul palco per ricevere il simbolo di Ischia Friends, le tegole d’arte, Francesco Marchioni de Il Messaggero, Paolo Russo de Il Mattino, Michele Renzulli, caporedattore del TG1 Economia, Ludovico Di Meo, vicedirettore di Rai Uno, e ancora Sarina Biraghi, Laura Cancellieri, Claude Costella, Giorgio Barbieri, Angelo Teodoli, Adele Ammendola, Anna Di Benedetto ed Eleonora Marini. Due premi speciali sono andati al presidente nazionale di Fare Ambiente, Vincenzo Pepe, per la letteratura, e alla cantante Cristina Balestriere per la Musica.
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Una personale di Pippo Casellati, pittore veneziano, che segna il ritorno di un maestro apprezzatissimo da critici e collezionisti, che 20 anni fa decise di ritirarsi dal mercato poiché non ne condivideva più logiche e dinamiche, è stata in mostra ad Ischia fino al 31 ottobre. La location scelta per ospitare il vernissage – tenutosi il 14 settembre – e l’esposizione è il Museo Luchino Visconti presso la Villa La Colombaia, è rappresentativa delle sue creazioni volutamente vicine alla realtà, all’uomo. L’artista ai suoi esordi, infatti, venne catalogato fra gli spazialisti, pittori che seguendo Lucio Fontana intendevano inserire le dimensioni dello spazio e del tempo, e quindi della tridimensionalità, anche in campo pittorico, influenzati nella loro ricerca dalle coeve scoperte in fisica di particelle “nascoste” come atomi ed elettroni, forze incontrollabili che premevano sulla tradizionale superficie della tela. Casellati realizza visioni astratte che sono vere e proprie esplosioni di colori, in cui emerge forte la densità e la tangibilità, ed egli stesso definisce la propria pittura astratta sì, ma naturalista, carnale.
14LUCI DI SPAZIO E DI TEMPO photo_ Luca Fiorentino, Dayana Chiocca
photo_ Ciro Di Raffaele, Dayana Chiocca
16PREMIO INTERNAZIONALE DI POESIA “OTTO MILIONI”
photo_ Simona Pavini
Sono stati cinque i riconoscimenti assegnati durante il Premio Internazionale di Poesia “Otto Milioni” ideato da Bruno Mancini, il 28 agosto scorso. Presso la Casa della Cultura LENOIS, negli spazi della Corte degli Aragonesi, in piazzetta S. Girolamo, ha avuto luogo una piacevole serata, allietata dagli artisti isolani Nunzia Zambardi, Vincenzo Sa-varese, Marina De Caro, Rita Cuccaro e Pasquale Dragon Di Costanzo. Complimenti agli autori ed alle poesie vincitrici!
15DONNE IN CARNE E OSSA
photo_ Simona Pavini
Uno stuzzicante assaggio de “Il Contastorie” è stato offerto nell’incerta – solo meteorologicamente – serata del 27 agosto, presso l’Antica Libreria Mattera, a Forio d’Ischia. Mirella Armiero, redattrice per il Corriere del Mezzogiorno, Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera dei Deputati e l’attrice Lina Sastri sono interve-nuti alla presentazione del libro di Luisa Bossa - dal titolo “Donne in carne e ossa” -, tutto volto all’analisi e al racconto del turbolento universo femminile, rappre-sentato senza fronzoli o citazioni dotte. “Ho insegnato latino e greco per più di vent’anni”, spiega “e orpelli e ornamenti letterari erano nelle mie corde. Eppure, quando decisi di realizzare questo libro, pensai bene di mettere da parte ogni retorica e di trascrivere cinque storie in maniera nuda e cruda. Lo stile dei racconti avrebbe dovuto adeguarsi completamente alle vicende delle protagoniste, alla loro preparazione culturale e status sociale, nella maniera più realistica possibile”. Inevitabile, poi, il dibattito sull’attualissima problematica del “femminicidio”: mentre Lina Sastri sottolinea che “la violenza non ha genere”, l’onorevole Di Maio si augura che “un libro come quello della Bossa possa costituire un patrimonio per lo Stato tutto, che non ha ancora fat-to abbastanza per cambiare alla base la mentalità di un Paese che considera, per retaggio culturale, un crimine commesso su una donna meno grave rispetto agli altri”. Intanto, le “protagoniste bossiane” appaiono tutt’altro che vittime: sono piuttosto donne che “si perdono, ma non perdono”, non disposte a farsi prevaricare dagli uo-mini. Ed è proprio per questo motivo, ha concluso Franco Iacono, organizzatore dell’evento, che “il maschio, per poter prevalere, deve distruggere”. Poco spazio è però la-sciato al pessimismo: si intessono piuttosto le lodi di “no-velle Medee sofferenti” tutte meridionali, “che fanno del male agli altri, causandone prima di tutto a loro stesse”.
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TEATRO...CHE PASSIONE!Arte, musica e spettacolo fanno parte della vita di Francesco Esposito fin da bambino: oggi, che ha 24 anni, spesso lo si può incontrare a passeggio sul pontile del Castello Aragonese in compagnia di grandi attori del teatro e del cinema, da Peppe Barra a Viola Valeri a Silvana Pampanini. Spirito di intraprendenza, vasta cultura teatrale e amore smisurato per Napoli lo hanno spinto a voler entrare nel mondo dell’organizzazione di spettacoli. Per consolidare i legami tra l’isola in cui vive e le sue passioni ha “firmato” con grande successo due eventi memorabili: nel 2012 con l’associazione InInsula ha curato una serie di incontri sul Castello Aragonese, aperti al pubblico, con Liliana de Curtis, la figlia di Totò, e celebri attori e cantanti come Angela Luce e Peppe Barra. Quest’anno, invece Peppe Barra, colpito dal-la partecipazione degli ischitani, ha voluto replicare, affidando a Francesco Esposito la preparazione del suo spettacolo che si è tenu-to a Palazzo Reale, lo scorso 21 agosto, con il ‘tutto esaurito’ e circa 400 spettatori.
18ILEANA E DAVIDE SPOSI
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UMBERTO E ROSSELLA SPOSI
AUGURI DOTTORESSA DANIELA
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Metti l’una accanto all’altra due persone innamorate e solide, come sono Rossella Conte e Umberto Arcamone: il risultato sarà un matrimonio frutto di una passione forte come una quercia. Si dice che le anime gemelle si riconoscono tra la folla: immaginiamo che per loro sia bastato un semplice sguardo! D’altra parte, il vero segreto della Felicità è nelle cose semplici…
Si sono sposati lo scorso primo ottobre, presso la Sala del Regno dei Testimoni di Geova in via Mor-gioni ad Ischia, Ileana Di Raffaele e Davide Angeloni. Congratula-zioni allo sposo ed alla sposina, da sempre punto di riferimento e dispensatrice di preziosi consi-gli del Centro Estetico Aglaia. Da tutto lo staff di Ischiacity i mi-gliori auguri per un roseo futuro insieme.
Si è brillantemente laureata in Scienze Biologiche presso l’Uni-versità Federico II di Napoli Da-niela Cristina Vuoso, discutendo una tesi sperimentale in Citolo-gia dal titolo “Liposomi funzio-nalizzati con peptidi fusogenici ed incapsulanti doxorubicina per il superamento della farmaco-resistenza di tumori umani”. Auguri Daniela per una carriera lavorativa ricca di successi e sod-disfazioni!
photo_ Tommaso Lubrano Lavadera
photo_ Ciro Di Raffaele