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Dicembre 2012
Pagina 1
““IL QUARTO” IL QUARTO”
E’ PRODOTTO DALLA E’ PRODOTTO DALLA
REDAZIONE CROSSMEDIAL REDAZIONE CROSSMEDIAL
DEL LICEO BERTOLUCCI DI DEL LICEO BERTOLUCCI DI
PARMAPARMA
COORDINAMENTO COORDINAMENTO
SILVIA FONTANASILVIA FONTANA
DIRETTORE RESPONSABILEDIRETTORE RESPONSABILE
ALUISI TOSOLINIALUISI TOSOLINI
IL BERTOLUCCI - ORMAI LO CHIAMO COSÌ -
NON È PIÙ LA MIA SCUOLA. ADESSO È LA
MIA SECONDA CASA.
LORENZO
QUESTI PRIMI MESI AL BERTOLUCCI
SONO STATI MOLTO BELLI ANCHE SE
ALL’INIZIO È STATO DIFFICILE
AMBIENTARSI.
CONSIDERO IL BERTOLUCCI COME UNA SECONDA CASA DOVE POSSO E-SPRIMERMI E, GIORNO DOPO GIORNO, IMPARARE NUOVE COSE. ALESSANDRO FRANCESCA
IL BERTOLUCCI È UNA SCUOLA ACCOGLIENTE MA PIUTTOSTO IM-PEGNATIVA, CON MATERIE DIFFI-CILI MA ALTRE MOLTO INTERES-SANTI SEBASTIANO
ALL'INIZIO LA PAURA DI NON FARCE-LA.. POI COMINCIANO AD ARRIVARE I PRIMI RISULTATI E CAPISCI DI AVER FATTO LA SCELTA GIUSTA. CHIARA
IL BERTOLUCCI HA ANCORA
TANTO DA OFFRIRMI E, ANCHE
SE MI HA FATTO
UN' OTTIMA IMPRESSIONE
FINORA, NON VEDO L'ORA DI
SCOPRIRE TUTTI I SUOI LATI
POSITIVI RICCARDO
È’ UNA SCUOLA IMPEGNATIVA, MA MOLTO COMPLETA MATTEO
IL LICEO ATTILIO BERTOLUCCI È UNA SCUOLA RICCA DI ATTIVI-TÀ DIDATTICHE CAPACE DI CO-GLIERE L’ASPETTO TECNOLOGICO DI OGNI STUDENTE, ANCHE SE RICHIEDE MOLTO IMPEGNO E AT-TENZIONE. ANDREA
HO PRESO IN MANO LA MIA
VITA, HO DECISO DI MIGLIO-
RARLA, IN CAMBIO LA
SCUOLA HA CHIESTO DI NON
DELUDERLA DAVIDE UNA BELLISSIMA
NUOVA ESPERIEN-
ZA ANCHE SE UN
PO' COMPLICATA!
ASIA
È’ UNA BUONA SCUOLA, MA BISOGNA STUDIARE MOLTO LUIGI
MI PIACE ANDARE AL BERTO-LUCCI PERCHÉ L’ AMBIENTE È ALLEGRO, IN CLASSE CI SI SENTE BENE, INOLTRE CI SONO MOLTIS-SIME ATTIVITÀ POMERIDIANE FACOLTATIVE INTERESSANTI, SIA PER I PIÙ GRANDI CHE PER I PIÙ "PICCOLI" . CHIARA
QUI AL LICEO
BERTOLUCCI MI SONO SUBITO SENTI-
TO A MIO AGIO, CON BUONI COMPAGNI
E TANTA TECNOLOGIA, MA ANCHE
CON BRAVI PROFESSORI, CHE CI INSE-
GNANO AD APPREZZARE LA SCUOLA
ANCORA DI PIÙ. LORENZO
GLI INSEGNANTI DI QUESTA SCUOLA CI HANNO ACCOLTO E ACCOMPAGNATO NEI PRIMI MESI CON PAZIENZA E IMPEGNAN-DOSI A FARCI SENTIRE A NOSTRO AGIO. IL PERCORSO NON APPARE SENZA DIFFI-COLTÀ: È IMPEGNATIVO, PER CUI OCCOR-RE MIGLIORARE IL PROPRIO METODO DI STUDIO. FEDERICO
IL BERTOLUCCI PER ME È’COME
UNA SECONDA CASA PERCHÉ MI
TROVO BENE CON I MIEI COM-
PAGNI ED È COME SE CI FOSSE
UN’ ATMOSFERA MAGICA.
CHIARA
VITA SCOLASTICA STUPENDA MA BISOGNA IMPEGNARSI MOLTO. AUDREY
17 SETTEMBRE 2012, SI APRE PER ME UN NUOVO MONDO: SO QUELLO CHE LASCIO E NON SO QUELLO CHE MI ASPETTA, MA SONO PIENA DI SPERANZE. OGGI, A POCO PIÙ DI DUE MESI DA QUEL GIORNO, POSSO DIRE DI TROVARMI BENE SIA CON GLI INSEGNANTI CHE CON I COMPA-GNI E, ANCHE SE LE DIFFICOLTÀ E I SACRIFICI NON MANCANO, SONO CONTENTA DELLA MIA SCELTA. ANNALISA
UNA RIFLESSIONE SU QUESTI PRIMI MESI DI LICEO?IMPEGNATIVI... MOLTO IMPEGNA-TIVI. EMANUELE
MI PIACE MOLTO L’UTILIZZO DELLE NUO-VE TECNOLOGIE NEI PROGETTI… RICHIEDE MOLTO IMPEGNO
CARLOTTA
MI HA FATTO UN'ECCELLENTE IM-
PRESSIONE, MA CI VUOLE MOLTO
IMPEGNO. ALESSANDRO
E' PIÙ IMPEGNATIVO DELLE MEDIE. DANIELE
SPECIALE ORIENTAMENTO
I ragazzi di prima esprimono le loro impressioni su questi primi mesi di scuola
Layout: Chiara Bersani 1C
La scuola Attilio
Bertolucci è un edi-
ficio con strumenti
di ultima generazio-
ne. E' un ambiente
in cui a mio parere
ci si trova subito
bene e si è accolti
dai primi giorni di
scuola.. Consigliata!
MATTEO
SPECIALE TECNOLOGIE SPECIALE TECNOLOGIE
Pagina 2
Una scuola all’avanguardia non può prescindere
dall’utilizzo dei tablet e della tecnologia se vuole essere
competitiva in Europa. L’utilizzo del tablet comporterrà la
riduzione della produzione di libri stampati, che verranno
sostituiti prontamente da ebook. La tecnologia non ha pau-
ra di competere con il “vecchio stile”: la possibilità di scri-
vere annotazioni sui propri ebook, di richiamare un concet-
to alla mente con l’uso della ricerca in internet e la possibi-
lità di essere informati sempre su tutto, avendo solo un
“tap” da fare su uno schermo, è senza dubbio una rivoluzio-
ne importante, che non farà rimpiangere i manuali volumi-
nosi e pesanti che ogni studente porta quotidianamente
nello zaino. Ma gli insegnanti “vecchio stile” saranno dispo-
sti e all’altezza di utilizzare lavagne multimediali, tablet,
computer? Lo scopo del governo tecnico è quello di ridare
un tono e ridare credibilità al Belpaese, dunque gli inse-
gnanti dovranno essere digitali e non potranno nascondersi
dietro alla scusa che i ragazzi ne sanno più di loro. La clas-
se insegnante sarà la chiave che farà azionare il nuove mo-
tore della società – scuola. Anche il giornalismo ci guada-
gnerà. Uno studio condotto dal Sole 24 Ore mostra che
negli ultimi anni, con l’avvento, appunto, delle tavolette
digitali, molti più giovani riagganciano i rapporti con
l’informazione, grazie anche alle promozioni che le apps di
giornali propongono con grande frequenza. Dunque ebook,
giornali digitali, ricerche rapide su internet e molto altro
ancora saranno sempre a portata di mano. Ed è per questo
che i tablet saranno il più grosso fattore di accelerazione
della cultura dopo Gutenberg.
Lorenzo Fornaro 4^ E
Monti: ”Investire sulle tecnologie?
Unico modo per una scuola all’avanguardia”.
L’ERA DEI TABLET. NESSUNA PAURA
DELLA RIVOLUZIONE DIGITALE
Il tema dell’editoria
digitale - e della re-
lativa normativa – è
stato oggetto di tre
ore di acceso dibatti-
to, magistralmente
moderato dal gior-
nalista Luca De Bia-
se, responsabile di
Nova, inserto tecnologico del Sole 24 ore. Alle due im-
pegnative domande su quale cambiamento del modello
di business sia in atto e su come valorizzare le scarse
risorse del MIUR che saranno comunque spartite, si
sono scontrati gli editori Palumbo e Cicognani, rap-
presentanti dell’AIE (Associazione Italiana Editori) con
Roberto Maragliano (Uniroma 3), Rosa Maria Bottino
(ITD-CNR di Genova) e Daniele Barca (Dirigente scola-
stico dell’IC di Cadeo), rappresentanti del gruppo di
lavoro MIUR “Tecnologie applicate alla didattica e qua-
lità dell’istruzione”.
Sul palco la voce di un’editoria scolastica in crisi
d’identità che non sa come difendere il tradizionale
mercato del libro di carta, minacciato dalla rivoluzione
digitale del sistema scuola. Ma anche, in sala, il con-
trappunto più ottimista di case editrici illuminate quali
Garamond, Zanichelli e Mondadori Scuola, da anni im-
pegnate nella ricerca e nella sperimentazione di nuovi
format didattici e disponibili all’apertura dei propri
prodotti ai contributi esperienziali di docenti e allievi,
in una logica di open source. Proprio sulla definizione
della scuola digitale del domani, realtà ineludibile se
non si vuole che l’insegnamento rimanga ai margini del
mondo reale, hanno insistito gli esperti Maragliano e
Barca, aprendo scenari di didattica condivisa in rete,
ebook creati "dalle" e "nelle" classi 2.0, in una logica
collaborativa e socio-costruttivista. E’ stata inoltre sot-
tolineata l’importanza che i docenti si aprano ai luoghi
di apprendimento informale dei ragazzi e ai loro social/
mezzi di comunicazione, per traghettarli, con spirito
critico e consapevole, verso luoghi di apprendimento
formale più significativi.
Nessuno si illuda comunque: i docenti, che sono la chia-
ve di volta del cambiamento, hanno ancora bisogno di
superare resistenze interne derivate dalla loro tradizio-
nale formazione; la diffusione di strumenti e, soprattut-
to, le esperienze significative sono distribuite sulla pe-
nisola a macchia di leopardo; ancora non è comprovato
che i risultati dell’apprendimento secondo modalità
digitali siano realmente efficaci. E all’interno di un per-
corso ancora da inventare e sperimentare, è sicuramen-
te da fare un distinguo fra i materiali digitali eventual-
mente creati nella scuola e i libri di testo pubblicati
dalle case editrici, frutto della ricerca scientifica di veri
professionisti. Non livelliamo le competenze. A ognuno
il suo mestiere. Silvia Fontana
ABCD DI GENOVA - EDITORIA DIGITALE
SPECIALE TECNOLOGIESPECIALE TECNOLOGIE
Open source: la soluzione?
GUERRA IN TRI-BUNALE PER AP-PLE E SAMSUNG
Una lotta infini-
ta ha visto scon-
trarsi legalmen-
te i due colossi
Apple e Sam-
sung. La questione era incentrata sull'utilizzo da parte di
Samsung di brevetti di proprietà Apple. Il giudice, ormai
sfinito, ha preso la decisione di dare ragione alla Apple
che avrà un risarcimento da Samsung pari a 2 miliardi e
mezzo di dollari. A qualche settimana di distanza da que-
sto processo, la Apple ha di nuovo dichiarato battaglia,
stavolta però contro Motorola, sempre per uso senza per-
messo di brevetti di sua proprietà. Questa guerra legale
sembra infinita e come parte lesa c'è sempre lei: la Apple.
Ma da dove viene questo esorbitante numero di brevetti?
Bisogna risalire al 2006 quando l'azienda Creative accusò
Apple di aver copiato, almeno in parte, il design dei suoi
MP3 Zen usato nei nuovi iPod. Apple dovette risarcire
100 milioni di dollari. La questione andò di traverso al
allora CEO di Apple, Steve Jobs, il quale decise che nei
suoi successivi prodotti avrebbe brevettato tutto quello
che si poteva brevettare. Ad oggi le richieste dei brevetti
da parte di Apple ammontano a più di 8 milioni. Negli
anni a seguire anche le altre aziende hanno seguito l'e-
sempio della Apple: era certo che prima o poi qualche
marchio si sarebbe scontrato. Le aziende sono ormai così
prese da queste note legali da trascurare i loro prodotti
rendendoli pieni di imperfezioni. Per citare un esempio il
nuovo smartphone di casa Apple ha parecchi problemi
nella fotocamera. Samsung, invece, ha deciso di utilizzare
un nuovo display ultra resistente: il Gorilla Glass. Pecca-
to però che alla minima caduta il telefono vada in mille
pezzi. Allora perché sprecare tempo in cause legali invece
di perfezionare i propri prodotti? Proprio per evitare tutto
questo molte aziende hanno deciso di applicare una poli-
tica open source. L'open source è una pratica di sharing
che consiste nel condividere le proprie idee con la
community, favorendo le piccole aziende e gli sviluppato-
ri. Se tutte le aziende fossero open source il costo per uso
dei brevetti altrui sarebbe annullato e i prodotti finali
costerebbero meno. Un vantaggio per i consumatori che
acquisterebbero di più e più volentieri con un guadagno
anche per l'azienda stessa. Purtroppo la natura umana è
incline a etichettare ogni cosa con il suo nome, senza con-
dividerla apertamente con gli altri. Proprio per questo un
mondo completamente open source rimane un'utopia di
qualche fanatico, mentre il mondo reale finisce in tribu-
nale. Francesco Bodria 4E
SAMSUNG VS APPLE
Pagina 3
UTILIZZO DELLE TECNOLOGIE NEL CALCIO
Il primo goal fantasma della storia risale al 1966, nel-
la finale della Coppa del Mondo tra Inghilterra e Ger-
mania Ovest, vinta dalla prima per 4-2. Durante que-
sta partita, infatti, il giocatore inglese Geoff Hurst se-
gnò un goal che in realtà non esisteva: la palla, dopo
aver sbattuto sulla traversa, rimbalzò sulla linea di
porta senza superarla. Ma l’arbitro, lo svizzero Dienst,
convalidò il goal, che permise all’Inghilterra di portar-
si sul 3-2 e vincere così il match e la coppa.
Da quel momento si susseguirono tantissimi casi in
tutto il mondo calcistico.
Per evitare che fatti del genere si ripetano, la FIFA ha
dato l’ok all’inserimento delle tecnologie nel calcio.
I tipi di innovazione proposti riguardano modi diversi
di verificare la validità di un goal. Il primo, chiamato
GoalRef e sviluppato per la pallamano, prevede
l’inserimento di tre microchip all’interno del pallone e
l’istallazione di dieci antenne sulla porta per creare un
campo magnetico. Il secondo, invece, ideato per il ten-
nis e il cricket, è chiamato Hawk Eye (occhio di falco), e
consiste in sette telecamere poste dietro a ogni porta
che ricostruiscono l’esatta posizione della palla. In en-
trambe le situazioni, in caso di goal, viene trasmesso
un segnale all’orologio dell’arbitro, che può così decre-
tare immediatamente la rete.
Un terzo sistema è quello dell’Instant Replay
(moviola), cioè l’utilizzo delle immagini televisive da
parte del quarto uomo. Questo metodo viene utilizzato
già in diversi sport, tra i quali il basket, in cui a volte si
è rivelato fondamentale: nella finale scudetto del 2005
tra Armani Jeans Milano e Fortitudo Bologna, vinta
dai secondi, grazie all’utilizzo della moviola l’arbitro
ha potuto decretare il canestro vincente all’ultimo se-
condo. Un tipo di verifica che però non sembra destina-
to a essere attuato.
Purtroppo, le opinioni dei massimi vertici del calcio
mondiale (FIFA e UEFA) riguardo all’utilizzo delle tec-
nologie sono opposte. Se il presidente della FIFA, Jo-
seph Blatter, ritiene che la GLT (goal line technology)
sia ormai una necessità – e noi siamo d’accordo con lui
- il maggior espo-
nente della UE-
FA, Michel Plati-
ni ribadisce che la
competenza degli
arbitri non vada
messa in dubbio e
quindi è contrario
a ogni tipo di in-
novazione tecno-
logica.
Federico Papi, Simone Barberini, Lorenzo Simonetti
4E
Un compleanno musicale per
un poeta poliedrico. Nasce nel
lontano 18 novembre 1911 At-
tilio Bertolucci, artista dai
mille volti. Ed è proprio la poli-
edricità, la capacità di com-
prendere e di diventare mille
cose che dovrebbe rappresenta-
re l’essenza della nostra scuola, un liceo scientifico ma
anche musicale. Una fusione tra arte e scienza che non
devono essere considerate entità contrapposte ma com-
plementari. Ed è proprio la musica che risveglia
l’intervallo di un monotono lunedì mattina, con qualche
nota che inizia a stiracchiarsi fuori dai sax del liceo mu-
sicale guidati dal maestro Ferri. Note che alla fine non
sono altro che scarabocchi nerastri in sistemi di linee
guidati da numeri e tempi apparentemente privi di
spessore, ma che quando prendono la voce degli stru-
menti, riassumono in sé qualcosa di più profondo, a-
stratto ed intangibile. Ed è qui che vi è la ricerca della
nostra scuola: la bellezza, sia dei numeri che delle note.
Il mestiere stesso dell’insegnante è il tentare di inseri-
re, come Attilio Bertolucci nel suo insegnamento al Ma-
ria Luigia, nelle lezioni di tutti giorni, il seme della bel-
lezza. Una bellezza che viene ricercata anche nell’aspetto
esteriore e curato dell’edificio, arricchito dal dono speciale
della scultrice di Parma Jucci Ugolotti: gli studi del volto
di Attilio.
Inizia quindi una tradi-
zione che si spera possa
continuare a lungo: una
tradizione che inizia
dall’oggi partendo dal
passato.
Giulia Di Rienzo
& Alessia Oddi 4E
EVENTI DEL BERTOEVENTI DEL BERTO
UNA NUOVA SEDE PER IL LICEO MUSICALE
ATTILIO COMPIE GLI ANNI!
GITA DI ACCOGLIENZA A CASAROLA
Erano le palazzine delle
tramvie di piazzale Barbieri,
poi ristrutturate dalla Pro-
vincia con un investimento
di 3,7 milioni, cui ha contri-
buito la Fondazione Caripar-
ma (1,5 milioni). La palazzi-
na dell’ex direzione ha ospi-
tato un distaccamento dell’Istituto d’arte Toschi e da
settembre è diventata la nuova e definitiva casa del
Liceo Musicale. Il liceo utilizza anche la palestra/
aula magna del vicino edificio affacciato su via Ca-
prera, adibito un tempo a centrale elettrica delle
tramvie.
Pagina 4
Sulle orme di Attilio Bertolucci, i ragazzi di prima sono diventati
poeti per un giorno.
A Casarola ancora
gli antichi mattoni reggono
case vecchie e fredde.
Ma l’impronta di Bertolucci è
rimasta,
simbolo dell’antico paese mon-
tano
che non lo scorderà nei secoli.
Cavalli Mattia, Guareschi Lorenzo 1c
All’alba arrivammo
Avvolti da un candido manto
nebbioso
L’Autunno ci accolse
in tutto il suo splendore.
Il Poeta era rinato
dentro di noi.
Riccardo Monaco, Lorenzo Bandini, Ernesto Carbajal Montero, Davide
Guarnieri 1c
Nel mezzo del cammin di Casarola
Seguendo la tua parola
Nel bosco siamo entrati
Passando per luoghi fatati.
Bertolucci, la tua terra abbiamo
visitato
E la tua poesia abbiamo amato
Ilaria Galvani, Maria Chiara Guggia, Nocolini Lorenzo 1C
EVENTI DEL BERTOEVENTI DEL BERTO
Pagina 5
Quando si torna da un viaggio, viene sponta-
neo ripensare all’esperienza vissuta. Ecco alcuni commenti
“a caldo” di alcuni ragazzi e docenti che, ospiti di un istituto su-
periore tedesco, hanno visitato e conosciuto la città cara a Mo-
zart.
Jessica Gabriele, flauto magico,
commenta decisa: “Tutto era perfetto.
Che non ci fosse tempo libero a me
non interessava: non erano le nostre
vacanze, si fa insieme quello che c'è
nel programma. È stato bello conoscere
tante persone nuove, a furia di parlare in-
glese quasi non ti ricordi più l'italiano, ma
è stata un'esperienza positiva, anzi, le vorrei ospitare tutte a Parma. Ho
solo un appunto: è durata troppo poco”.
Giorgia Orlandini, liceo
s c i e n t i f i c o , a g g i u n g e :
“Quest'esperienza ha ampliato i
nostri orizzonti. Mi sono resa
conto di quanto sia importante
vedere altre culture e le abitudi-
ni di nostri coetanei di altre na-
zionalità. Avevamo degli stereo-
tipi, ma conoscendoci li abbiamo
superati”. Per entrambe è la
prima esperienza Comenius. “Forse” aggiunge Giulia, “era tutto
incentrato sulla musica e noi non abbiamo avuto molto spazio,
però sono stati ugualmente giorni bellissimi”
Prof Roscelli, inglese “Mi chiedo perché tutto il resto dell'Eu-
ropa viva sull'arte, la musica, la storia dei talenti italiani e riesca
a farne un museo vivente. Il mito dell'Italia continua ad essere
vivo e apprezzato dovunque. In Italia, in-
vece, tutto questo non viene valorizzato.
Austriaci, tedeschi, inglesi, danesi sono
molto organizzati, ma il genio è proprio
degli italiani. La nostra creatività esiste,
ma non siamo in grado di valorizzarla. C'è
un gap incolmabile fra le potenzialità e la
realtà, come le scuole fatiscenti”. La pre-
parazione però è alta, perché l'Italia è un
paradosso. I nostri studenti si rivelano
sempre i migliori. Hanno una capacità di
apprendere e vedere le
cose con un senso criti-
co che forse altri studenti, più abituati alla
disciplina, non sanno esprimere. Siamo eccel-
lenti, nonostante le strutture, le riforme, la
burocrazia. Gli insegnanti degli altri paesi
sanno e sentono l'importanza di quello che
fanno, da noi non è sempre così. Quindi, da
un lato da queste esperienze torni un po' de-
presso, dall'altro il confronto è un positivo
incoraggiamento a migliorare la situazione”.
PROGETTO COMENIUS
DA SALISBURGO, IN MOZART FOOTSTEPS "Tutto il mondo è teatro e tutti gli
uomini e le donne non sono che atto-
ri..."
Così scriveva Shakespeare in “As you like it”, e
così ha introdotto la sua conferenza “A world of
worlds” il Dott. Giacomo Giuntini, nell'incontro
che si è tenuto nell'Aula Magna dell'Itis. Durante
questa interessante lezione l'esperto shakespea-
riano ci ha illuminato riguardo quegli elementi
che tutti considerano il cuore di Romeo e Giulietta
e ci ha offerto una rilettura critica del testo. Lo
sapevate voi che il famosissimo balcone in realtà
non c'è nel testo shakesperiano? E che Giulietta
aveva solo tredici anni? Noi no...In effetti sembra
proprio che la romantica tragedia possa essere
tradotta e analizzata secondo una prospettiva as-
solutamente nuova che ci restituisce uno Shake-
speare meno “museale”. La smielata dolcezza che
da sempre sembra permeare l'opera è in realtà
frutto di una lettura critica posteriore. Giuntini
ha saputo coinvolgerci in questo avvincente per-
corso anche con riferimenti all’opera in altre for-
me artistiche, dal cinema alla musica, e con lettu-
re a più voci di scene da lui stesso tradotte. Dopo
questo incontro, ci siamo recati al Teatro Due di
Parma, dove è stata messa in scena un'innovativa
tragedia intitolata “After Romeo and After Giu-
liet”, in cui gli autori si sono immaginati cosa sa-
rebbe potuto accadere dopo la morte dei due pro-
tagonisti. Gli artisti erano gli stessi che ci hanno
fatto ridere durante “Le rane” di Aristofane, insie-
me ad alcuni attori dell’Accademia Nazionale
“Silvio D’Amico”. La sceneggiatura, assolutamente
innovativa, è stata invece elaborata da studenti
dell’Università IUAV di Venezia sotto la direzione
di Walter Le Moli. Nella messinscena della trage-
dia, che è incentrata sul processo alle famiglie
Capuleti e Montecchi dopo la morte dei giovani
amanti, si sono evidenziati molti aspetti della so-
cietà moderna, come l'incapacità di riappacificarsi
e di trovare soluzioni condivise anche di fronte
alle vicende più gravi. Infatti durante il processo
le due famiglie, che sono simbolo dell'intera Vero-
na, non troveranno la forza di sconfiggere l’odio,
condannando la città ad un clima di violenza, cor-
ruzione e sopraffazione cui solo un intervento au-
toritario sembra alla fine poter porre rimedio. Do-
po la rappresentazione abbiamo avuto la possibili-
tà di parlare direttamente con gli attori e una
“sceneggiatrice” del laboratorio teatrale. Al pro-
getto “Shakespeare in globe” hanno aderito al-
cune classi terze e quarte del liceo Bertolucci,
insieme alle docenti di inglese. Presto seguiranno
nuove attività come la partecipazione allo spetta-
colo “The Tempest” sempre a Teatro Due, i flash
mob degli studenti, ed un “Blitz teatrale” a scuo-
la sulla figura dell’attore nel teatro elisabettiano.
Il progetto si concluderà con una visita di istru-
zione a Londra dove si parteciperà ad un
workshop nel mitico teatro Globe.
Tateo Elisabetta e Marco Fontana 3E
SHAKESPEARE IN GLOBE
SPECIALE SCIENZASPECIALE SCIENZA
Pagina 6
Un incontro volto ad illustrare ai giovani le dinami-
che delle grandi imprese e i problemi etici e scienti-
fici connessi con la produzione di farmaci. Questa, in
breve, è l’esperienza avuta dalle classi 5A e 4D pres-
so i laboratori della Chiesi Farmaceutici S.p.A., una
delle più importanti imprese parmigiane, multina-
zionale produttrice di farmaci a cui fa capo anche
una fondazione omonima dedita a opere benefiche in
Africa. Presso il complesso le classi sono state accol-
te dal dr. Stefano Olivieri e dalla dr.ssa nonché coor-
dinatore della Fondazione Chiesi, Maria Paola Chie-
si, la quale ha illustrato i progetti e la volontà
dell’associazione di divulgare l’interesse per la ricer-
ca scientifica presso i giovani, nonché di indirizzarli
ad un possibile futuro professionale in tale campo.
La dr.ssa Alessandra Capuzzi ha dato invece un
quadro generale in merito all’azienda, ai metodi di
assunzione e alle aree di interesse della Chiesi sulla
cura di determinate malattie, soprattutto quelle
concernenti l’apparato respiratorio. Per incentivare
ulteriormente l’interesse verso la scienza, dopo
un’accurata presentazione in merito alla storia della
ricerca scientifica dall’antichità a oggi, è stato svolto
un dibattito guidato dalla dott.ssa Ilaria Ampollini
sul rapporto etica-scienza che ha provocato accese
discussioni tra gli studenti, schierati in varie posi-
zioni critiche in base ai temi proposti, come la re-
sponsabilità da parte degli scienziati per le proprie
creazioni, citando esempi a noi recenti come la bom-
ba atomica. Anche il delicato rapporto tra tecnologia
e problemi ambientali ha suscitato un’interessante e
accesa discussione sull’utilità di un referendum po-
polare per decidere su questioni quali fecondazione
assistita, staminali e OGM. Hanno contribuito alle
discussioni anche le professoresse Ghinelli e Barac-
chi. Infine il dr. Marco Frigerio ha spiegato il meto-
do di produzione dei farmaci, gli accurati controlli e
i test che deve subire un farmaco prima di essere
immesso sul mercato, i quali possono durare anche
una decina d’anni. In seguito il dr. Frigerio ha gui-
dato le classi nel giro dei laboratori dell’azienda: per
questioni di sicurezza e igiene non si poteva avere
accesso diretto ad essi ma grazie a dei vetri si sono
potuti osservare i macchinari usati per l’analisi dei
virus e per la sinterizzazione di farmaci. La giornata
si è conclusa con una foto di gruppo nell’atrio del
complesso e un augurio a pensare in futuro a
un’esperienza lavorativa presso la Chiesi S.p.A.
Riccardo Gandini 5A
Quando la scienza diventa pane (ammuffito) quotidiano
Quindici incontri, tre
professori, una ricer-
catrice e venticinque
“cavie”: la combina-
zione vincente per un
progetto alla scoperta
della mente contorta
degli scienziati. A
condurre questo per-
corso è la professores-
sa Ghinelli in collabo-
razione con la profes-
soressa Fontechiari che lavora con l'università di Camerino.
La 2C è stata catapultata in un labirinto dove gli ostacoli era-
no la logica, il ragionamento, l'intuito e spesso anche le cono-
scenze precedenti che possono condurre a strade sbagliate.
Nel mese di ottobre si è conclusa la prima parte dal titolo
“Come lavora lo scienziato” riguardante le basi, il linguaggio
tecnico e il metodo scientifico. Nei mesi di novembre e dicem-
bre, invece, si è svolta la parte di laboratorio, dove si è rispo-
sto, per mezzo di esperimenti, alla domanda: “Come facciamo a
sapere che qualcosa è vivo?”.
La classe, dopo avere capito che gli scienziati hanno bisogno di
lavorare in equipe, è stata divisa in gruppi. Ogni team aveva
da verificare due caratteristiche tipiche dei viventi (nascita,
crescita, riproduzione, respirazione, struttura complessa…) in
quattro campioni che comprendevano anche non viventi; gli
esperimenti potevano concludersi in giornata oppure richiede-
re maggior tempo di osservazione del fenomeno. Al termine,
tutte le attività hanno previsto il confronto tra i vari gruppi a
proposito dell’organizzazione degli esperimenti e della lettura
dei risultati; ogni gruppo poi, attraverso una comunicazione il
più possibile efficace, ha dovuto condividere con la classe il
proprio lavoro. A lezione c’era una telecamera che aveva lo
scopo di spiare gli alunni e coglierli in flagrante a ogni passo
falso (messaggi romantici, piccole risse sottobanco, rumina-
mento illecito di gomme da masticare e molto altro, che solo i
ricercatori verranno a sapere…). In realtà le nostre lezioni
verranno visionate da superesperti del metodo di insegnamen-
to IBSE (Inquiry-Based Science Education), i cui obiettivi sono
quelli di invogliare gli studenti allo studio della scienza e di
renderli partecipi della costruzione del loro sapere, per poi
portarli alla comprensione dei concetti. Le nostre cavie sono
state sollecitate, attraverso domande-stimolo, a cooperare.
Quest’attività ha aiutato anche quegli studenti più insicuri,
con difficoltà di apprendimento e i diversamente abili. La clas-
se dopo aver esasperato i professori con i piacevoli odori di
muffe, frutta decomposta, boschi di lenticchie e fagioli, è stata
entusiasta dell’esperienza vissuta, ma preferirebbe non avere
più a che fare con Drosophile Melanogaster (alias vomitevoli
moscerini della frutta).
Alicia Carrillo e Anna Marchesi, 2C
COME LAVORA UNO SCIENZIATO? SCIENZA ED ETICA NEI LABORATORI CHIESI
Una SCUOLA per PENSAREUna SCUOLA per PENSARE
DIAZ: DON’T CLEAN UP THIS BLOOD CONCORSO TEEN REPORTERS VERY IMPORTANT PEOPLE
“Diaz – don’t clean
up this blood” è il ti-
tolo del film visto dai
ragazzi del Bertolucci
durante l’assemblea
del 23 novembre. Il
film tratta del G8 di Genova del 2001 ed è so-
prattutto focalizzato sugli avvenimenti accaduti
nella scuola Diaz. Nonostante l’introduzione del
giornalista della Gazzetta di Parma Marco Bale-
strazzi avesse lasciato immaginare certe situa-
zioni, la brutalità e la violenza delle immagini
hanno suscitato stupore, commozione, indigna-
zione, facendo nascere interrogativi e discussio-
ni tra gli studenti. Pestaggi, aggressioni e umi-
liazioni sono accettabili se messe in atto da
un’istituzione come la polizia che dovrebbe esse-
re garante di sicurezza? La risposta è ovviamen-
te “no”. In questa vicenda la polizia, a seguito di
diverse testimonianze, è risultata sia colpevole
che vittima. Vittima di manipolazioni perché
esecutrice di ordini superiori e di addestramenti:
le forze dell’ordine erano tenute a mantenere un
comportamento prevenuto nei confronti di qua-
lunque manifestante o persona presente. Colpe-
vole perché le forze dell’ordine hanno abusato
della propria forza per contrastare...chi? La per-
centuale di appartenenti ai Black Block era net-
tamente inferiore al numero dei manifestanti
non violenti che sono stati aggrediti senza possi-
bilità di proferire parola. La polizia ha il diritto
di fermare, identificare e perquisire le persone,
ma come organo che ha lo scopo di mantenere
l’ordine pubblico, dovrebbe essere la prima a
non passare dalla parte del torto commettendo
atti ritenuti reati. Inoltre dietro il ruolo di poli-
ziotto dovrebbe rimanere la persona con
l’umanità che le è propria. Il caso Diaz si è
“risolto” con sentenze che prevedevano pene irri-
sorie rispetto ai danni arrecati alle persone fisi-
che e che, nella maggior parte dei casi, non sono
state mai scontate; al contrario, un grande nu-
mero di manifestanti è stato denunciato e arre-
stato. Alla resa dei conti, per dei danneggia-
menti a cose ed edifici, tante vite umane inno-
centi sono state messe a grave rischio. Ancora
oggi non è del tutto chiaro quali assurde motiva-
zioni e quale follia abbia portato a perdere il
rispetto nei confronti del prossimo. Ciò che si
spera è che anche all’interno delle forze
dell’ordine ci si sia resi conto dell’abuso di potere
che è stato effettuato e che le manifestazioni
non sono sinonimo di violenza: dietro di queste
vi sono persone con ideali e convinzioni da far
valere.
Erika Terenziani 4E
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Prigionieri di maschere che saltellano da una parte all’altra del
mondo proponendoci scherzi di magia, costruiti con i soldi e truc-
cati con tanta vernice colorata. Irriconoscibili sotto tutto il cerone
e i vestiti da sfilata nei quali si atteggiano a gran pavoni e gran
pinguini. State attenti VIP d’ogni luogo, che alzando la coda si
denuda qualcos’altro! E chi ha orecchie per intendere intenda.
Sono famosi, belli, ricchi: piace chiamarli Very Important People. Sono abitanti di quello splendente mondo lontano, falso ed ostile
che ci apre una finestra attraverso le televisioni, i giornali di
gossip, il web. Questo strano ma sgargiante pianeta è assediato
da chi vi vuole entrare, gente che non esita a mettere in vendita i
propri valori, già da tempo dimenticati da chi è familiare
all’ambiente; e non sono forse gli ideali quelli che distinguono gli
individui? I “nostri” VIP sono incantatori di serpenti che con le
loro melodie preconfezionate fanno sembrare tre note la musica
delle sfere. Milioni di adolescenti incollati ad uno schermo pendo-
no dalle labbra di due o tre ragazzini che cantano canzoni
d’amore. E il mondo si popola di interviste, documenti sulla loro
vita personale: sono ragazzi trasparenti e puliti. Lo sanno tutti.
Tutti sanno tutto. Ma cosa si sa? Siamo sicuri che ciò che sappia-
mo è ciò che realmente queste persone sono? Non siamo in grado
di costruirci da soli i nostri modelli? Dov’è l’originalità del nostro
essere se non nella difesa di ciò in cui crediamo? Nessuno imma-
gina che spesso, dietro a quei visi puliti, ci sono tanti omoni gros-
si e pieni di soldi che con dei fili invisibili decidono tutto delle
azioni di queste caricature. Parlando in termini concreti: pubbli-
cità, prigioni auree, marketing e star system.
Non che ci sia qualcosa di assolutamente negativo in questo, ciò è
negativo nella misura in cui perdiamo di vista il vero scopo
dell’arte e della musica: se stessa. La prostituzione della propria
umanità e del proprio talento per diventare dei veri e propri por-
tatori di messaggi, delle bambole siliconate che non possono sgar-
rare di una virgola, né uscire dal personaggio, li fa diventare
mangime per folle. Una folla che crede a quasi tutto ciò che que-
ste personalità saltellanti e sfavillanti dicono. Ed anche a ciò che
viene detto contro di loro. La pubblicità del resto ha lo scopo di
persuadere, con atteggiamenti e comportamenti. Riesce a mani-
polare senza che nessuno se ne accorga, tutto è calcolato. Una
pubblicità che passa anche dalle pile di libri di critica negativa
allo star system, che dietro a pagine moraliste nascondono un
malizioso assenso all'immondezzaio che spesso si nasconde dietro
ai bei visini sorridenti delle star. E tutto perché abbiamo perso di
vista l’obiettivo: la bellezza fulgida di un’opera d’arte. La rarità,
la grandezza e l’immensità di quest’ultima. Andare oltre all’idolo,
andare oltre.
Se solo capissimo questo, la musica com-
merciale esisterebbe ancora, gli omoni
grossi e pieni di soldi continuerebbero a
guadagnare, noi giovani continueremmo a
ballare in discoteca, ma la prospettiva
sarebbe diversa: la ricerca del suono, la
ricerca della bellezza, la ricerca delle emo-
zioni, sarebbe diversa.
Si cercherebbe di comprendere l’animo e
non più il motivo per cui sul red carpet la
nostra star preferita ha indossato un Ver-
sace e non un Dior. Gianni Arrigoni 4C, Giulia Di Rienzo 4E, Anna Rapacchi 4D
SPECIALE RIFORMA DELLA SCUOLA SPECIALE RIFORMA DELLA SCUOLA
In seguito alla riforma proposta dal ministro Profu-
mo, per avere un’opinione più precisa di come gli inse-
gnanti vivono il loro mestiere scarsamente riconosciu-
to, abbiamo deciso di intervistare al riguardo la Prof.
Azzini.
Di Eleonora Rossi e Giulia Derlindati 4E
Qual è la sua opinione riguardo la proposta del
ministro Profumo di aumentare le ore settima-
nali di lezione dei docenti?
«È una riforma che colpisce una categoria sulla quale
è molto facile infierire. Noi insegnanti svolgiamo
un’attività che non si manifesta soltanto nelle ore in
cui gli alunni ci vedono entrare in classe. Il nostro la-
voro è caratterizzato da una serie di attività che posso-
no essere ritenute “nascoste” nonostante se ne vedano
poi gli esiti: il compito corretto, la lezione proposta,
unità didattiche alternative, l’utilizzo delle tecnologie,
contenuti che devono essere diversificati dal momento
che i ragazzi negli anni cambiano e non si può pensare
di fare le cose sempre nello stesso modo.»
Lei pensa che tutto ciò sia stato sottovalutato da
parte del Ministero?
«La gravità del problema sta nel fatto che il primo a
non riconoscere questo mestiere in tutti i suoi aspetti è
colui che ci rappresenta, ossia il nostro ministro
dell’istruzione, il quale sembra che non sappia neppu-
re cosa voglia dire insegnare. Il ministro ha l’obiettivo
del risparmio e solo per colpa di alcune realtà in cui ci
sono insegnanti che non lavorano, tutti gli altri devono
rimetterci la propria reputazione. Ciò non accade sol-
tanto in questo ambito, ma in tutti i mestieri c’è la
persona che non si attiene alle regole e non svolge cor-
rettamente il proprio dovere. Io penso che in quel caso
bisogna dare maggior potere ai dirigenti scolastici che
dovrebbero avere il coraggio di intervenire. Inoltre non
condivido il fatto che i tagli debbano essere sempre
subiti dalla scuola pubblica, quando ci sono in atto
finanziamenti alle scuole private.»
Ritiene giusto l'aumento delle ore di lezione e di
conseguenza l'aumento di classi gestite da cia-
scun insegnante?
«Io ho fatto un conto del tempo, inclusivo delle difficol-
tà tecnologiche, che io spendo indicativamente al gior-
no solo per le questioni burocratiche.
Si tratta di un’ora al giorno moltiplicata però per tutte
le classi e dunque alle 18 ore regolari si aggiungono
circa 5 ore per un totale di 23 ore.
Inoltre nel week-end mi ritrovo pacchi di compiti da
correggere e calcolando che ci vogliono 10 minuti solo
per la lettura di ciascun compito, moltiplicandoli per i
30 alunni in media di una classe, sarebbero 300 minu-
ti ossia 5 ore. Poi una volta terminata la correzione vi
è la revisione del compito nel suo complesso. Secondo
me, la correzione di una verifica è un momento molto
delicato perché bisogna cercare di non tralasciare al-
cun errore e anche la preparazione di una lezione ri-
chiede molto più tempo di quanto si pensi poiché va
adeguata alla classe nello specifico.
Per non parlare degli aggiornamenti, l’impostazione
dei contenuti di una lezione, attività che richiedono
ovviamente del tempo.
Spesso si sentono affermazioni del tipo: “Voi a-
vete tre mesi di vacanza…”
«In quanto docente di matematica insegno una mate-
ria che viene coinvolta sistematicamente negli esami
di maturità e nei miei 25 anni di insegnamento ho fat-
to ben 15 esami di maturità e nei momenti in cui non
mi era stato affidato né il compito di commissario in-
terno né esterno, io ero comunque coinvolta in corsi di
recupero. Intanto i “famosi tre mesi” sarebbe opportu-
no ridurli a due poiché fino al 30 giugno noi insegnanti
siamo ancora a scuola, tra fare gli scrutini prima e la
consegna delle pagelle dopo. Ragionando su luglio e
agosto, con il 22 agosto siamo già in pista con gli esami
di riparazione che iniziano il 25 agosto, ma che natu-
ralmente vanno preparati prima.
Quindi calcolando che fino al 30 giugno siamo tutti
indiscutibilmente a scuola e con il 20 agosto siamo di
nuovo tutti in pista, abbiamo per la precisione 36 gior-
ni di ferie di cui sei si possono prendere durante l'anno
scolastico a patto che si trovi un collega disposto alla
sostituzione gratuitamente; ciò significa che spesso
non riusciamo a prenderli.
I 36 giorni di ferie dunque sono quelli che vengono da-
ti di norma ad un qualsiasi lavoratore.
Per non parlare degli insegnanti coinvolti negli esami
di maturità o nei corsi di recupero che, durando fino al
10 luglio, non arrivano ad avere 36 giorni di ferie.Gli
altri due argomenti di discussione sono la Pasqua e il
Natale: a Pasqua stiamo a casa da giovedì a martedì e
questi corrispondono ai giorni che un qualsiasi lavora-
tore può permettersi liberamente durante tutto l’anno.
Durante le vacanze di Natale ci sono compiti su compi-
ti da correggere poiché appena prima si chiude il qua-
drimestre o ci si avvicina comunque alla sua chiusu-
ra.»
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Flash mob dei docenti che correggono verifiche in piazza.