Post on 24-May-2019
Cesare
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Shkodër, 14-16 di
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icembre 2016
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Cesare Giraudo / Formazione liturgica per Sacerdoti e Laici / Seminario di Shkodër, 14-16 dicembre 2016 2
Q/4. Nella scelta del posto in chiesa vivo il raduno, oppure vivo la dispersione? Mi affretto a occupare i posti dei primi banchi, per essere il più vicino possibile alla sede del celebrante, all’ambone, all’altare? Cerco la presenza degli altri? Oppure ho scelto, magari da anni, un posticino isolato, in disparte, che è sempre il mio, che purtroppo è diventato segno del mio isolamento, della mia privacy, della mia dispersione?
Q/5. Comprendo che la parrocchia è chiamata a vivere al massimo grado la dimensione comunitaria — ossia di popolo radunato — proprio nel momento cultuale? Vado alla Messa in parrocchia, oppure cerco la Mes-sa più comoda, più breve, o preferita per qualche altro motivo?
Q/6. Che cosa penso della cattedra che si trova nella chiesa cattedrale: ritengo che il vescovo se la debba ri-servare in assoluto, oppure penso che farebbe bene a concederla generosamente e in maniera stabile a chiunque, per suo mandato (eg: al parroco della cattedrale), presiede la liturgia?
IL PRESIDENTE (questionari di riflessione per un esame di coscienza ad alta voce)
Q/7. Da Giustino il presidente è detto proestwv" (< da proi?sthmi = stare davanti // pre-posito, pre-lato, pre-vosto) = colui che sta davanti, è messo davanti per dirigere, è preposto per radunare, per presiedere; = ... presiede per radunare; = ... presiede per significare (come segno sacrale) il raduno. Avverto il ruolo sacra-le che il presidente è chiamato a svolgere per farci passare dalla dispersione al raduno, per costituirci cioè come sun-evleusi" (< suvn + e[rcomai), per farci Sinagoga (sun-agwghv), per farci Chiesa (lh;q;)?
Q/8. Nel momento della celebrazione, riesco a guardare tutti i sacerdoti con lo stesso sguardo soprannatu-rale, oppure sono condizionato dalla persona?
Q/9. Qual è il mio atteggiamento nei confronti della vocazione sacerdotale? Come parlo del sacerdote? So offrire ai sacerdoti il calore semplice dell’amicizia umana, oppure fuori di chiesa li evito volentieri?
3. IL SALUTO INIZIALE DEL CELEBRANTE & LA SUA TEOLOGIA
3.1. «Il vescovo non incomincia a dire nulla al popolo, se prima non ha salutato il popolo nel nome di Dio» (OTTATO DI MILEVI vescovo, 4º sec.).
3.2. «Occorre quindi accogliere il saluto del celebrante con grande desiderio. Non si può respingere questo annuncio di pace. È per te che siede il presbitero; è per te che sta là il maestro, con fatica e travaglio. Quale scusa potrai dunque avere, se non hai neppure il coraggio di ascoltarlo mentre saluta? Perciò nessuno sia trascurato, nessuno sia-con-la-testa-nelle-nuvole (metevwro" [letter.: come-una-meteora]) mentre entrano i sacerdoti e maestri. Non piccola infatti è la pena che attende quelli che si comportano in questo modo! Preferirei essere disprezzato mille volte entrando in una delle vostre case, piuttosto che non essere ascoltato mentre do il saluto di pace» (GIOVANNI CRISOSTOMO vescovo, † 407).
3.3. «Ordiniamo che al saluto del sacerdote si dia la conveniente risposta; e che non siano solamente i chierici e le donne consacrate a Dio a rispondere al sacerdote, ma tutto il popolo deve rispondere devo-tamente con voce unanime» (UN CONCILIO del 6º sec.).
IL SALUTO (questionari di riflessione per un esame di coscienza ad alta voce)
Q/10. Nella mia parrocchia si coglie l’importanza che rivestiva nella Chiesa primitiva — e riveste tuttora nella liturgia — il saluto iniziale del celebrante?
Q/11. Il saluto è a un tempo constatazione e augurio. È anzitutto constatazione che la pace del Signore è già con noi, perlomeno in maniera incipiente, dal momento che abbiamo lasciato i nostri individualismi quo-tidiani, le nostre divisioni, le nostre lacerazioni, per radunarci qui «come un solo popolo», chiamati a di-venire sempre più un solo corpo, chiamati a portare sempre meglio le gioie e le preoccupazioni gli uni de-gli altri. Esso è inoltre augurio che la pace del Signore sia sempre più con noi. I fedeli delle nostre comu-nità comprendono la duplice portata di questo saluto che brucia le distanze, fa cadere le barriere, an-nulla le divisioni?
Q/12. Nella mia parrocchia, rispondono i fedeli al saluto del celebrante, oppure délegano a questa risposta di fede poche pie persone?
Q/13. Sono puntuale all’inizio della celebrazione, oppure mi sono abituato ad arrivare in ritardo? Se questo succede, mi rendo conto che fanno torto al Signore e alla comunità, che sono entrambi là ad attendermi?
Cesare
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Giraudo / Formaz
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zione liturgica pe
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ici / Seminario di S
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Shkodër, 14-16 di
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Cesare Giraudo / Formazione liturgica per Sacerdoti e Laici / Seminario di Shkodër, 14-16 dicembre 2016 4
4.3. LA STRUTTURA DELLA LITURGIA DELLA PAROLA
Il 1° pilastro portante della celebrazione della Parola di Dio sono le LETTURE, ossia la proclamazione della Parola di Dio. Nel racconto della chiamata di Isaia, Dio è raffigurato come un re seduto nella magnificenza della sua dimora, attorniato dalla vociferante corte angelica che ne proclama senza posa la santità. A contatto con la santità di Dio, Isaia avverte uno smarrimento esistenziale e, convinto della sua profanità, grida: «Ohi a me! sono perduto...» (Is 6,5). All’istante, sulla base del riconoscimento sacrale della sua inca-pacità a stare dinanzi a Dio, il veggente viene purificato. Ma a questo punto si ode un’altra voce, che come smarrita dice: «Chi manderò e chi andrà per noi?» (Is 6,8). In tutta la corte celeste non si trova alcuno in grado di andare e parlare a nome di Dio all’infuori del povero Isaia, il quale, cosciente di es-sere divenuto indispensabile, esclama: «Eccomi, manda me!». Quindi Dio notifica al suo porta-parola il messaggio che dovrà proclamare (cf Is 6,9-13). Questo racconto veterotestamentario illustra bene la teologia tanto del Profeta quanto del Lettore. Il Signore è il grande re, colui che ci ha creati, ci ha fatto le mani, i piedi, la bocca. Egli ha tante cose da dirci, poiché è un re che sa reggere il suo po-polo soprattutto nel tempo della prova. Ma Dio Padre non ha bocca per parlare. Qui interviene il ruo-lo insostituibile del Profeta, che timidamente lo rassicura e — come si legge nella versione della Bib-bia greca di Is 6,8 — gli dice: «Ecco, ci sono io, manda me!». In tal modo il Profeta presta la sua bocca a Dio. Al pari del Profeta, il Lettore è chiamato a prestare alla santità di Dio Padre (che bocca non ha) la sua propria bocca, per consentirgli ancor oggi di dire: Ascolta, Israele!. NON AP-PENA IL LETTORE APRE BOCCA, IN QUEL PRECISO ISTANTE LA PAROLA ESCE DALLA BOCCA DI DIO, E SI ATTUALIZZA NEGLI ORECCHI E NEL CUORE DEL POPOLO RADUNATO. Perché possa svolgere la sua funzione, il Lettore si sforzi ogni giorno di acquistare un profondo e vivo senso della Sacra Scrittura, che dovrà meditare assiduamente. È necessario che i lettori siano veramente idonei e se-riamente preparati. Preparati spiritualmente e tecnicamente. Più letture, più lettori. Lettori adul-ti. Possibilmente “istituiti” dal vescovo attraverso il conferimento del ministero del lettorato. Niente quindi lettori “in erba”, ancora incapaci di portare il peso della Parola di Dio. Niente foglietti, giac-ché questi distolgono l’attenzione dal Lettore, verso il quale invece dovranno convergere in quel mo-mento i nostri occhi e i nostri orecchi.
Cesare
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Giraudo / Formaz
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ici / Seminario di S
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Shkodër, 14-16 di
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icembre 2016
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so in proposori perman
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re ci si conte
mprovvisatecazione canti e della qu
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rlato attraveeghiera deigonfie velelicemente rNINI a «unsplendore»atto che ne
a ad alta vo? È ben vise leggio mob
za ad alta ? Dà l’impr
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erso il mini fedeli. Si e agli inizi ripristinatana ».
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o di una spe i loro opuscomunità sia servirsenememoria q
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Cesare Giraudo / Formazione liturgica per Sacerdoti e Laici / Seminario di Shkodër, 14-16 dicembre 2016 6
LA TEOLOGIA DELL’EUCARISTIA ALLA SCUOLA DELLA PREGHIERA EUCARISTICA: UNA PREGHIERA CHE COINVOLGE E IMPEGNA TUTTA LA CHIESA IN PREGHIERA
LA TEOLOGIA DEL DIALOGO INVITATORIALE La tensione del cuore: (1°) tensione verticale e (2°) tensione orizzontale
1. «Quindi il diacono grida: “Accoglietevi gli uni gli altri e salutiamoci gli uni gli altri”. Non pensare che quel bacio sia dello stesso genere di quelli che ci si dà sulla piazza tra amici comuni. Non vi è nulla di quello là. Ma questo bacio fonde gli animi tra di loro, e ricorda ad essi l’assenza di ogni ri-sentimento. Il bacio è segno del fatto che gli animi si fondono, e che ogni risentimento è scacciato via. Per questo Cristo dice: “Se tu porti il tuo dono all’altare, e là ti ricordi che il tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia il tuo dono all’altare, e va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello; e poi vieni a of-frire il tuo dono” [Mt 5,23-24]. Orbene il bacio è riconciliazione, e per questo è santo, come proclamò in un passo il beato Paolo, dicendo: “Salutatevi gli uni gli altri nel bacio santo” [Rm 16,16], e Pietro: “Salutatevi gli uni gli altri nel bacio di carità” [1Pt 5,14]» (CIRILLO DI GRSLM vescovo, † 387).
2. «Dopo che il diacono ha detto: “Guardate verso l’oblazione”, — mentre lo sguardo di tutti già è teso a ciò che si sta facendo, secondo la sua proclamazione —, allora il sacerdote incomincia a offrire l’oblazione. Prima di tutto benedice il popolo con queste parole: La grazia del Signore nostro Gesù Cristo e l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo sia con tutti voi [2Cor 13,13]. Egli pensa che prima di questa liturgia [eucaristica], più ancora che prima di ogni altra cosa, è bello che il popolo sia benedetto con questa parola apostolica, che ha in sé qualcosa di sublime... È proprio per questo che, mentre si appresta a compiere questa liturgia così grandiosa, attraverso la quale siamo ri-
UN AFFETTUOSO RICHIAMO DI SAN GIOVANNI PAOLO II
«Purtroppo... non mancano delle ombre. Infatti vi sono luoghi dove si registra un pressoché completo ab-bandono del culto di adorazione eucaristica. Si aggiungono, nell’uno o nell’altro contesto ecclesiale, abu-si che contribuiscono ad oscurare la retta fede e la dottrina cattolica su questo mirabile Sacramento. EMER-
GE TALVOLTA UNA COMPRENSIONE ASSAI RIDUTTIVA DEL MISTERO EUCARISTICO. SPOGLIATO DEL SUO
VALORE SACRIFICALE, VIENE VISSUTO COME SE NON OLTREPASSASSE IL SENSO E IL VALORE DI UN INCON-
TRO CONVIVIALE FRATERNO. Inoltre, la necessità del sacerdozio ministeriale, che poggia sulla successione apostolica, rimane talvolta oscurata e la sacramentalità dell’Eucaristia viene ridotta alla sola efficacia dell’annuncio... Come non manifestare, per tutto questo, profondo dolore? L’Eucaristia è un dono troppo grande, per sopportare ambiguità e diminuzioni» (Ecclesia de Eucharistia, 10).
Cesare Giraudo / Formazione liturgica per Sacerdoti e Laici / Seminario di Shkodër, 14-16 dicembre 2016 7
volti a simili speranze, il sacerdote giustamente benedice anzitutto il popolo con questa parola... A ciò il popolo gli risponde: E con il tuo spirito» (TEODORO DI MOPSUESTIA vescovo, † 428).
3. «Per questo con la parola di “pace” [il sacerdote] benedice i circostanti, e in cambio riceve da essi la benedizione, per il fatto che si rivolgono a lui e al suo Spirito. Non è infatti l’anima che essi vo-gliono dire con questa [espressione] E con il tuo Spirito; ma è la grazia dello Spirito Santo, attra-verso la quale coloro che gli sono affidati credono che egli ebbe accesso al sacerdozio... È per questo che anche quelli che sono radunati in Chiesa dicono al sacerdote E con il tuo Spirito, secondo le leggi stabilite all’inizio della Chiesa. Poiché infatti, quando procede bene ciò che riguarda il sacerdote, ciò è un vantaggio per il corpo della Chiesa; ma quando ciò che riguarda il sacerdote soffre, è un danno per la comunità. Allora pregano tutti perché, attraverso la “pace”, egli abbia la grazia del-lo Spirito Santo. Così curerà ciò che è necessario, e compirà come conviene la liturgia per la comuni-tà» (TEODORO DI MOPSUESTIA vescovo, † 428).
4. «Dopo di ciò il sacerdote grida: In alto i cuori!. Veramente infatti, in quell’ora tremenda, bisogna tenere in alto il cuore verso Dio, e non in basso alla terra e agli affari terreni. Perciò con forza il sacer-dote in quell’ora ingiunge di metter via tutte le preoccupazioni della vita, le sollecitudini domesti-che, e di tenere in cielo il cuore verso il Dio filantropo. Quindi [voi] rispondete: [Già li] teniamo ver-so il Signore, acconsentendo a questa [ingiunzione] con il vostro riconoscimento. Che nessuno si trovi a dire con la bocca: [Già li] teniamo verso il Signore, allorché con il pensiero ha la mente alle preoc-cupazioni della vita. Certo, in ogni momento occorre ricordarsi di Dio; se poi ciò è impossibile a causa dell’umana debolezza, soprattutto in quell’ora occorre farsi un punto d’onore nel ricercarlo» (CIRIL-LO DI GERUSALEMME vescovo, † 387).
5. «Dopo il saluto che conoscete, cioè Dominus vobiscum!, avete udito Sursum cor! Tutta la vita dei veri cristiani [è tenere] Sursum cor: non dei cristiani solo di nome, ma dei cristiani di fatto e in verità, tutta la vita [è avere] sursum cor. Che cosa è il sursum cor? È la speranza in Dio, non in te; tu infatti sei in basso (deorsum), Dio è in alto (sursum). Se tu metti in te la speranza, il cuore è verso il basso (deorsum), non è verso l’alto (sursum). Perciò, quando avete udito dal sacerdote Sursum cor!, voi ri-spondete Habemus ad Dominum. Procurate di rispondere una cosa vera, poiché rispondete in rapporto alle azioni di Dio. Sia così come voi dite. Non accada che la lingua risuoni, e la coscienza dica il con-trario. E poiché il fatto stesso di avere il cuore in alto (sursum), è Dio che ve lo concede, e non le vo-stre forze, quando avete detto di avere il vostro cuore lassù verso il Signore (sursum cor ad Domi-num), per questo il sacerdote riprende [il discorso] e dice: Domino Deo nostro gratias agamus! Per-ché l’invito a rendere grazie (unde gratias agamus)? Perché abbiamo il cuore verso l’alto (sursum cor), e se Egli non lo avesse elevato, noi giaceremmo [ancora] in terra» (AGOSTINO vescovo, † 430).
6. «Quando poi la maggior parte del popolo, peggio ancora, quasi tutti escono di chiesa dopo la pro-clamazione delle letture, a chi il sacerdote dirà: Sursum corda!? Oppure in che modo possono ri-spondere che hanno i cuori in alto (sursum), dal momento che scendono in basso (deorsum) nelle piazze, a un tempo con il corpo e con il cuore? O in qual modo potranno acclamare, a un tempo con tremore e con gaudio: Sanctus, sanctus, sanctus; benedictus qui venit in nomine Domini?» (CESARIO DI ARLES vescovo, † 543).
7. «I sacerdoti di un tempo (antiqui sacerdotes), che non si preoccupavano tanto dell’eleganza del di-scorso, quanto piuttosto della salvezza e dell’edificazione del popolo, per riguardo agli incolti e ai con-tadini (propter idiotas et rusticanos), solevano dire il Sursum corda!, non nella lingua sostenuta bensì in volgare (non sursum, sed vulgari sermone), perché fosse affidata più pienamente ai sentimenti di tutti una realtà di così grande importanza» (FLORO DI LIONE diacono, † 860).
8. «Rendiamo grazie al Signore! È cosa degna e giusta... Allora, essendoci alzati noi tutti silenziosi in grande timore, il sacerdote inizia a offrire l’oblazione e immola il sacrificio della comunità. E un timore comunitario, da parte sua e da parte di noi tutti, si abbatte su di lui a causa di quel che eb-be luogo, del fatto [cioè] che nostro Signore accettò al posto di noi tutti la morte, la cui commemora-zione sta per compiersi in questo sacrificio. Siccome IL SACERDOTE IN QUESTO MOMENTO È LA LINGUA COMUNE DELLA CHIESA, egli si serve in questa grandiosa liturgia di parole adeguate — che sono poi le lodi di Dio —, confessando che a Dio si devono tutte le lodi e tutte le glorificazioni» (TEODORO DI MOPSUESTIA vescovo, † 428).
Cesare Giraudo / Formazione liturgica per Sacerdoti e Laici / Seminario di Shkodër, 14-16 dicembre 2016 8
LA TEOLOGIA DEL SANCTUS: L’UNIONE DELLE DUE ASSEMBLEE (Guida di lettura al grafico)
Nella porzione inferiore della scena, nettamente divisa in due parti, vi è l’assemblea DI QUAGGIÙ, ossia l’assemblea che si è radunata nel momento cultuale per cantare le lodi del Santo. Avvertendo tutta la debolezza della propria lode, li-mitata nel tempo e nello spazio, l’assemblea terrena si unisce all’assemblea DI LASSÙ, la quale è interamente e costante-mente assorta nel proclamare la santità divina «con bocche che non cessano e con teologie che mai tacciono».
Passando in rassegna l’assemblea DI LASSÙ, che occupa la por-zione superiore della scena, incontriamo in primo luogo la “Regina coeli”, la Tuttasanta. Essa è talmente elevata da superare le dispo-nibilità dell’area scenica. Gli elementi astrali, ben attestati nella rappresentazione biblico-giudaica della corte celeste, fanno qui da cornice alla «donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul capo una corona di dodici stelle» (Ap 12,1). In seconda posizione incontriamo le creature angeliche, divise in due cori possenti: i Se-rafini, caratterizzati dalla soavità dei tratti e dalla dolcezza dei voca-lizzi, e i Cherubini alquanto espansivi e rumorosi. Mentre i Serafini proclamano il Sanctus isaiano (cf Is 6,3) «con quiete di spirito, con labbra elette e con soavità santa», i Cherubini subentrano nella lode corale «con fragore grande» per gridare il Benedictus ezecheliano (cf Ez 3,12). In terza posizione interviene la Gerusalemme celeste, ossia l’assemblea congiunta dei Santi e dei nostri Defunti. Tra i rappresentanti dell’ordine dei Santi il nostro artista ha privilegiato il patrono della Chiesa universale (“Divus Petrus Bethsaidinus”), il patrono di una Chiesa locale (“Divus Ianuarius Neapolitanus”) e il patrono di un Ordine religioso (“Divus Ignatius Loyolensis”). Nell’ordine dei Defunti abbiamo poi i Defunti che già sono in para-diso, quantunque non canonizzati (“divi non aureolati”), e le anime che si trovano in quel quartiere del paradiso che ha nome purgatorio (“divi nondum plene purgati”).
Il canto del Sanctus, attraverso ampie volute, collega dinami-camente le due grandi assemblee, quella DI LASSÙ e la nostra DI QUAGGIÙ. Si può facilmente notare come tutte le creature, raffigu-rate sia di profilo sia di fronte, abbiano la bocca spalancata, per can-tare il Sanctus con tutto il fiato creaturale che ognuno ha in gola.
LA TEOLOGIA DELLE INTERCESSIONI: L’INTERCESSIONE PER LA CHIESA NEL MONDO, UNA PREGHIERA DAL VOLTO UMANO
«Ricòrdati, Signore, del popolo che sta intorno e di coloro che per giusto motivo sono stati omessi, e abbi misericordia di loro e di noi secondo l’abbondanza della tua misericordia: riempi le loro dispen-se di ogni bene; conserva le loro unioni-coniugali nella pace e nella concordia; alleva i bimbi, educa i giovani, fortifica gli anziani; consola i deboli d’animo, raduna i dispersi, riconduci gli erranti e ricongiungili alla tua santa, cattolica e apostolica Chiesa; libera co-loro che sono afflitti da spiriti impuri; con i naviganti naviga; con quanti camminano cammina insieme; prendi cura delle vedove,
proteggi gli orfani, libera i prigionieri, guarisci gli ammalati; ricòrdati di coloro che sono nei tribunali, nelle miniere, in esilio, in dura schiavitù e in ogni tribolazione e necessità, e nel turbamento; ricòrdati, o Dio, anche di tutti coloro che hanno bisogno della tua grande compassione, di coloro che ci amano e di coloro che ci odiano, e di quanti hanno chiesto a noi indegni di pregare per loro. E ricòrdati anche di tutto il tuo popolo, Signore nostro Dio, e su tutti riversa l’abbondanza della tua misericordia, accordando a tutti l’esaudimento delle richieste per la salvezza; e di coloro di cui non abbiamo fatto memoria per ignoranza o per dimenticanza o per l’abbondanza dei nomi: tu stesso ricòrdati, o Dio, che di ognuno conosci l’età e il nome, che conosci ognuno fin dal grembo di sua madre. Tu infatti, Signore, sei la cura di quanti sono trascurati, la speranza dei disperati, il salvatore di quanti sono agitati, il porto dei naviganti, il medico dei malati; sii tu per tutti loro, tutto, tu che conosci ciascuno, e la sua richiesta, la sua casa e la sua necessità. E libera, Signo-re, questo gregge, e tutta la città e regione, dalla fame, dalla peste, dal sisma, dal naufragio, dal fuoco, dalla spada, e dall’invasione straniera e dalla guerra civile...» (dalle intercessioni dell’anafora bizantina di San Basilio).
“La Chiesa è il corpo mistico di Cri-sto nel quale, attraverso la comu-nione alla sacra eucaristia, i singoli cristiani vengono transustanziati (transsubstantiantur)”
Tommaso Netter († 1430)
Cesare G
Il mL’A
————
* <1tu esiabiti Tu faTu, Pper mTu sida ogA te si Trona te sche c<2. SA[PienBened<3. Po SignE quae decnon cma coe in qper mEgli, e dalle diveci grae feceEgli adiedenella ed essrisusced essavendnel que ren<4. R
Quapresavenversavenavendiceche
Giraudo / Formazi
magisterANAFOR
— Il Signore s— Teniamo in— Rendiamo g— È cosa degn
1.PREFAZIsti prima dein luoghi e
acesti il cielPadre del Sigmezzo di lui iedi sul trongni santa virstanno dinani, le Dominstanno intorontinuamen
SANCTUS =o è il cielo edetto colui c
POST-SANCnore Dio noando trasgreademmo daci rigettastiontinuamenquesti ultimimezzo dell’un
incarnatosla santa noenuto-uomoatificò dellae di noi un pamò i suoi ce se stesso inquale giacesendo discecitò dai mosendo salitodo fissato il uale apparirdere ad og
RACCONTO
ando infatti se il pane ne
ndo levato-lo di te, Pad
ndo pronuncndo spezzatoendo: «Prendper voi e pe
ione liturgica per S
ro della lRA ALE
sia con tutti vn alto i cuorigrazie al Signa e giusta; è
ZIO = avvio ei secoli e reeccelsi in eto e la terra gnore e Diofacesti tutte
no della santrtù sei adoraanzi gli Angnazioni e lerno i Cherunte inneggia= lode angee la terra deche viene nCTUS = conostro, che pedimmo il tualla vita eteri in manierante ci visitai giorni app
unigenito tuosi dallo Spirostra Signoro, ci indicò a rigeneraziopopolo a luiche erano nn riscatto al
evamo vendeso per mezorti il terzo o al cielo, se
giorno delrà per giudicnuno secon
O ISTITUZ
stava per celle sante e ilo-sguardo a
dre suo, Dio ciato-l’aziono, [lo] distridete, mangier molti sta
Sacerdoti e Laici /
lex orandESSAND
voi! !
gnore! cosa degna e
della lode>egni nei secerno e guare il mare, e
o e salvatoree le cose, quta gloria delato. geli e gli Ar
e Virtù; ubini dai moano e vocifeelica> Santoella tua glornel nome delntin. della llasmasti nouo comandorna, e fumma definitiva, asti per mezparisti a noo Figlio, il Srito Santo ra, madre dle vie della one dall’alti particolare
nel mondo; lla morte ch
duti in poterzzo della crgiorno;
edette alla dlla retribuzcare il mondndo il suo oZIONALE>
consegnarsiimmacolatealle altezze nostro e Di
ne-di-grazieibuì ai suoi iate: questo per essere s
/ Seminario di Shk
di: DRINA D
e giusta; è ver
> Tu sei il socoli; rdi le creatquanto è in
e nostro Gesuelle visibill tuo regno;
rcangeli, i P
olti occhi e ierano e dicoo, santo, sanria. Osanna l Signore. Olode> Santooi e ci poneo per l’ingan
mo espulsi d
zzo dei tuoi i, che sedev
Signore e Di
di Dio e semsalvezza, o per mezzoe: ci santific
he regnava se del peccat
roce nell’Ad
destra di tezione, do con gius
operato. Ma ci lasci
i alla morte e e beate suedei cieli io di tutti, e, -la-benedsanti discepè il mio cor
spezzato e d
kodër, 14-16 dicem
DI SAN
— E con il— Li tenia— È cosa d
eramente cosa
ovrano, Sig
ture umili.n essi. sù Cristo, li e quelle in;
Principati e
i Serafini daono: nto è il Signnei luoghi e
Osanna nei lo, santo, sanesti nel paranno del serp
dal paradiso
santi profetvamo nelle tio e salvator
mpre-vergi
o dell’acquacò con lo Sp
su di noi, to; de,
e, Padre,
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iò questo gr
per la vita e mani,
dizione, -la-spoli e apostrpo,
dato in remis
mbre 2016
BASILI
l tuo spirito.amo verso il degna e giusa degna e giu
gnore, Dio d
nvisibili.
le Potestà,
alle sei ali,
nore delle Sceccelsi! luoghi eccelnto sei veramadiso di delipente, di delizie,
ti; tenebre e nere nostro Ge
ine Maria,
a e dello Sppirito tuo sa
rande miste
del mondo,
santificaziotoli,
ssione dei pe
La nocome dalle radic
O
Signore. ta. sta.
di verità;
chiere.
lsi!] mente, zie.
ell’ombra diesù Cristo.
pirito, anto.
ero della pi
ne,
eccati.
ostra storia.. un albero lunghe i!
i morte,
ietà.
..
9
Cesare G
FateAlloavenavenavendicequelche FateOgnannufino
<5. Adella e delle del ti offrdi tutt
** filantperchvengae sope [li] e faccdello per lae che della per lae per e renper laaffince trov<8. INe disp<8b. .l’arcidella possain pacdispee pascRicordi tuttdi tutte di tuRicorin que<8c. .anchee di c
Giraudo / Formazi
e questo in mo stesso modndo mesciutndo pronuncndo gustatoendo: «Prendllo della nuoper voi e p
e questo [segni volta infatunziate la ma che io ve
ANAMNESIsua santa p
l’ascensioneglorioso e triamo, a pato e per tutt
<6+7. DUropo buono
hé per il bena lo Spirito ra questi tusantifichi e
cia che quesstesso Sign
a remissionequesto CAnuova allea
a remissionela vita eterndi NOI deg
a santificaziché diventiviamo parte NTERCESSponila-in-pa...per la Chivescovo abgrande città
a presiedere ce, salvo, glnsando-rettcendo il tuordati, Signorto l’ordine-ti coloro chutto il tuo ferdati di noi, esto momen...per la Che della salvecoloro che n
ione liturgica per S
memoriale ddo [prese] ato vino e acciato-l’aziono, di nuovo dete, beveteova alleanza
per molti stagno del pantti che mang
mia morte, e enga».
I = memoriassione e dee nei cieli e tremendo nuartire dai tuoto e in tutto.
UPLICE EPo, Signore, nneplacito detuo santo souoi DONI p[li] manife
sto PANE dnore e Dio ee dei peccat
ALICE [divanza dello ste dei peccatna a coloro gni, Sovranoone dell’an
iamo un sole abbiamo
SIONI. 8a .ace, essa chehiesa gerarcbba N., papaà di Alessanalle tue san
lorioso, santamente la po gregge in pre, dei pres-dei-diacon
he dimoranedelissimo S., per aver
nto e una voiesa nel moezza di quesnella fede di
Sacerdoti e Laici /
di me». anche il caliqua, ne-di-grazie[lo] diede a
ene tutti: qua, a per essere
ne e del calicgiate questoconfessate
iale e offertella risurrezdella sessio
uovo ritornooi doni, le c.
PICLESI =noi peccatorlla tua bontopra di NOpresentati, sti quali [mdiventi il sa
e salvatore nti, e per la vventi] il preztesso Signoti, che ne parto, di parteci
nima, del corlo corpo (i{neredità con...per la Che hai acquis
chica> In pra e patriarcandria: fa’ chnte Chiese, no, longevo,parola della pace. sbiteri ortodni e dei minno nel celiba
popolo. re pietà di nolta per semondo> Ricorsta nostra ci Dio abitan
/ Seminario di Shk
ce, dopo av
e, -la-benedai suoi santiuesto è il mi
versato in rce] in memoo pane e bevla mia risur
a> Memorizione dai moone alla deso, cose che son
= supplica pri e indegni à
OI tuoi servi
misteri] santianto corpo nostro Gesùita eterna a
zioso sangueore e Dio e s
ecipano; ipare ai tuoirpo e dello na genwvme
n tutti i santihiesa> Ricorstato nel prerimo luogo ra he per tua gr
verità
dossi, nistri, ato,
noi tutti, mpre.
rdati, S., città, o in essa.
kodër, 14-16 dicem
ver cenato,
dizione, -la-si discepoli eo sangue,
remissione oriale di mevete questo rrezione e a
i dunque aorti, tra di te, Di
no tue,
per la transutuoi servi —
i
i dei santi,
ù Cristo, coloro che e salvatore no
i santi mistespirito, qa e}n sw'mi, che fin dardati, Signoezioso sanguricordati, S
razia
mbre 2016
santificazioe apostoli,
dei peccati.e [morto e rcalice,
ascensione,
nche noi
io e Padre,
ustanziazion— e ti adori
ne partecip
ostro Gesù C
eri,
a) e un soloa quando eraore, della saue del tuo Cignore, del
NOI
D
ne,
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ne> E preghamo —,
pano,
Cristo,
o spirito, ano nel monnta, unica,
Cristo. nostro santo
DONI
hiamo e inv
ndo ti furon cattolica tu
o padre,
vochiamo te
no graditi. ua Chiesa,
N
DONI
10
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NOI
Cesare G
RicorRicorRicorRalleinebrirendice ora Govea caua caua caupoichComptu cheRiemperchabbo<8d. .e di coe con<8e. .dell’udegnaanchedei sadei pre di oIn parstracodel tudi sandel sae del e di tue salvAllo sgià si degnaAbramlegalipressoe la trQuell<8f. .conse<9. Dsia glil sancomeper i s
Amen
Giraudo / Formazi
rdati, S., delrdati, Signorrdati, Signorgra ancora eia i suoi solcela quale dbenedicila
erna la nostrsa dei povesa del foressa di noi tut
hé gli occhi portati con ne dài il nutri
mpi di gioia ehé, avendo ndiamo in ...per la Choloro per i q
ncedi a tutti ...per la Chunigenito tuati ancora de di coloro canti padri, dredicatori,
ogni spirito grticolare [ricolma-di-ben
uo santo glonto Stefanoanto e beatosanto padreutto il coro vaci a causastesso modosono addor
ati di far ripmo, Isacco i-gli-uni-ago acqua di ristezza e il li, Signore, ..per la Chi
ervaci nella DOSSOLOGlorificato edntissimo, vene era, [comesecoli dei se
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ione liturgica per S
l clima e dere, delle piore, della cree rinnova lalchi, moltipldeve essere davvero.
ra vita: beneeri del tuo pstiero di patti che speridi tutti in tenoi secondoimento a oge di letizia isempre e dogni opera
hiesa offerenquali, attraveloro la ricomiesa Trionf
uo Figlio, chdi ricordarti,che ti furondei patriarcdegli evanggiusto che ncordati] delnedizioni, n
orioso profet, protodiaco
o padre noste nostro e tadei tuoi san
a del tuo Noo ricordati, rmentati, e dposare le ane Giacobbe
gli-altri in uriposo, nelgemito, neldi cui hai aciesa qui radtua fede e g
GIA = concld esaltato e lnerato e ben
e è, e come secoli.
Sacerdoti e Laici /
ei frutti delogge e delleescita misura faccia delllica i suoi gper il seme
edici il ciclopopolo, a cauassaggio e diamo in te ee sperano, eo la tua bontgni carne. i nostri cuordovunque ta buona, pente> Ricorderso i quali empensa celefante e Purghe noi comu Signore, no graditi fchi, degli apgelisti, dei mnella fede dlla santissimnostra Signota, precursoono e protomtro Marco, aaumaturgo Bnti, per le prome santo chSignore, di
di coloro chnime di tutt
e; distoglili un luogo ver paradiso dllo splendorccolto là le dunata> Quguidaci nel tlusione laulodato e bennedetto Nomsarà di gene
... com
... com
/ Seminario di Shk
la terra. e sementi drata delle acla terra: germogli; e e per la me
o dell’anno usa della ve
del forestier invochiam tu dài il lortà,
ri, utto il necer fare la tua
dati, Signoree per riguardeste. gante> E pounichiamo a
fin da quandpostoli, deimartiri, deii Cristo è gi
ma, gloriosiora, madre
ore, battista martire; apostolo edBasilio; di sreghiere e lehe è stato intutti coloro
he erano neti nel seno d[da questo rdeggiantedi delizie, dre dei tuoi sanime,fa’ r
uanto a noi, tuo regno, gdativa> pernedetto e same tuo, in Cerazione in g
me la firma
me un tuon
kodër, 14-16 dicem
ella terra.cque dei fiu
esse,
della tua beedova e dellro residente
mo il tuo santro nutrimen
essario, a santa volone, di coloro do ai quali li
oiché, o Sovalla memoria
do erano nei profeti, i confessoriunto a perfissima, imm
e-di-Dio e see martire G
d evangelistasan N., di cue intercessionvocato su do che, apparello stato didei nostri sa
mondo], e, da dove è fusanti. riposare, e che abitiam
gratificandorché in quesantificato Cristo Gesù generazione
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no dal cielo
mbre 2016
umi.
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l mondo:
ri, fezione. macolata, empre-verg
Giovanni;
a; ui oggi celeoni dei qualdi noi. rtenuti all’oi laici: nti padri
uggito il dolo
rendili degnmo da pellegoci della tuasto tempo co
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un comandaanti,
gine Maria;
briamo la mi abbi pietà
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Spirito,
uesti prezio
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memoria; di noi pure
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o dei cieli. iù, ni circostani tempo
si doni,
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11
Cesare Giraudo / Formazione liturgica per Sacerdoti e Laici / Seminario di Shkodër, 14-16 dicembre 2016 12
QUESTIONARI DI RIFLESSIONE PER UN ESAME DI COSCIENZA AD ALTA VOCE
1. Se celebrare l’Eucaristia vuol dire costruire la Chiesa, come vorrei che fosse nella mia comunità dioce-sana/parrocchiale la celebrazione dell’Eucaristia domenicale e quotidiana ? Sarebbe ipotizzabile insistere su una programmazione della Messa in comune tra il sacerdote e alcuni laici, che provveda — ad esempio — a una precisa distribuzione dei compiti, che garantisca, non solo la presenza di persone in gra-do di guidare il canto, ma anche di accoliti adulti che servono all’altare e di persone che aiutano a far de-fluire i comunicanti ?
2. Se la celebrazione dell’Eucaristia è veramente la ripresentazione di noi, oggi, al Calvario e alla Tomba del Risorto, allora tutta la comunità dovrà situarsi dinanzi alla santa Messa con una partecipazione vera-mente comunitaria, ossia come popolo radunato, come Chiesa. Nella mia comunità diocesana/parrocchia-le la Messa quotidiana rispecchia, sul piano celebrativo, questa esigenza basilare ?
3. Se la celebrazione dell’Eucaristia è veramente la ripresentazione di noi, oggi, al Calvario e alla Tomba del Risorto, allora essa è un evento di salvezza che supera infinitamente quelli che possono essere i senti-menti privati di devozione, di routine, di ritrosia ad assumere responsabilità nella preparazione e nello svolgimento del rito, di tendenza a chiudere l’Eucaristia in gruppi, a celebrare l’Eucaristia per dare ri-lievo a un incontro già programmato, o per riempire un vuoto d’orario. Siamo convinti di tutto questo, op-pure finiamo anche noi per strumentalizzare, nell’uno o nell’altro di questi modi, la santa Messa ?
4. Se la celebrazione dell’Eucaristia è veramente la ripresentazione di noi, oggi, al Calvario e alla Tomba del Risorto, allora ognuno dei presenti deve situarsi in un atteggiamento di disponibilità totale per curarne la preparazione fin nei minimi particolari; e cioè: chi è diacono o accolito, serva all’altare; chi è incari-cato di preparare, prepari accuratamente; chi sa cantare, canti e faccia cantare... I fedeli avvertono la loro responsabilità personale di fronte alla celebrazione dell’Eucaristia? Sanno, come dice Giovanni Crisosto-mo, che «ciò che concerne la preghiera eucaristica è comune al sacerdote e al popolo», e che pertanto la Messa non può essere considerata come affare dei soli sacerdoti ?
5. Il presbitero è chiamato a ripresentare ogni domenica — anzi ogni giorno — la sua comunità alla Morte-Risurrezione del Signore. Sono riconoscente ai miei sacerdoti per questa loro diakonia ?
6. Sotto il profilo teologico ti soddisfa l’espressione partecipare alla Messa (in sostituzione delle locuzioni desuete ascoltare Messa, assistere alla Messa, prendere Messa & simili), o pensi che si possa e si debba dire di più? Come comprendi il rapporto tra sacerdozio battesimale e sacerdozio ministeriale ?
7. Parlando della preghiera eucaristica, Giustino sottolinea ripetutamente l’impegno di colui che presiede, precisando che egli «fa a lungo (ejpi; poluv) un’eucaristia» (1Apologia 65,3) e che «innalza in pari tempo suppliche e azioni di grazie quanta è la sua forza (o{sh duvnami" aujtw'/)» (ib., 67,5). Oggi ai sacerdoti di rito romano è data un’ampia possibilità di scelta fra le preghiere eucaristiche. Quali sono quelle che vengono usate abitualmente nelle mie assemblee (diocesane/parrocchiali), e quali sono — a mio parere — i criteri che determinano la scelta ?
8. Quali sono i sentimenti che i fedeli provano allorché il sacerdote celebra l’Eucaristia con la IV preghiera eucaristica romana ? Sono sentimenti di gioiosa riscoperta delle nostre radici storiche, o sono senti-menti di fastidio nei confronti di una preghiera che trovano troppo lunga ? Se così avviene, a chi addebi-tare la colpa: ai fedeli, ai mistagoghi che hanno disatteso il loro principale compito ?
9. Quante sono le preghiere eucaristiche contenute nel Messale Romano ? Ho imparato a distinguerle e a valutarle ? Ho mai pensato che il loro testo possa essere oggetto di meditazione e di studio ?
10. Dalla preghiera giudaica e dalla preghiera eucaristica della Chiesa di Gerusalemme risulta chiara e stimo-lante la teologia del Sanctus. Che cosa potrei fare per aiutare i presbiteri e i fedeli della mia comunità dio-cesana a sintonizzarsi alla coralità di questo inno teologico, in riferimento all’assemblea degli Angeli, dei Santi e dei nostri Defunti ?
11. Nelle comunità della mia diocesi il Sanctus viene semplicemente recitato, oppure è abitualmente canta-to ?
12. Quale posizione (in ginocchio, in piedi, seduti) assumono i fedeli nelle comunità della mia diocesi duran-te la consacrazione ? Che cosa penso in proposito ?
13. Nella mia diocesi si percepisce la funzione dell’acclamazione anamnetica che segue la consacrazione? I fedeli ne colgo il collegamento con il racconto istituzionale e la successiva anamnesi ?
14. Che cosa evocano nei presbiteri e nei fedeli della mia diocesi le intercessioni della preghiera eucaristica, ossia: l’intercessione per la Chiesa universale, l’intercessione per la Chiesa gerarchica, quella per la
Cesare Giraudo / Formazione liturgica per Sacerdoti e Laici / Seminario di Shkodër, 14-16 dicembre 2016 13
Chiesa nel mondo e per la città in cui si vive, quella per la Chiesa dei Santi, e quella per la Chiesa dei Defunti ? Su quali di queste si sofferma di più l’attenzione dei fedeli, e perché ?
15. I fedeli della mia comunità (diocesana e parrocchiale) sono adeguatamente catechizzati sulla teologia del-l’Amen finale? Ne valutano appieno il peso teologico, o si contentano dell’Amen furtivo, dell’Amen strappato, dell’Amen orfano ?
16. Ponendomi alla scuola dell’epiclesi per la nostra trasformazione escatologica «in un solo corpo», quale penso debba essere per un cristiano la frequenza ottimale alla comunione ?
17. Nella preghiera eucaristica noi chiediamo a Dio Padre che, in forza della nostra comunione al corpo sa-cramentale, ci trasformi nel corpo ecclesiale. Colgo l’interazione dinamica tra «i due corpi di Cristo» ?
18. La Comunione sacramentale è la nostra ripresentazione — domenicale e quotidiana — all’unico sacrifi-cio di Cristo, ossia alla sua Morte e Risurrezione, attraverso la ripresa dei segni dati nell’Ultima Cena. Comunicando a quel pane spezzato e al calice eucaristico noi siamo realmente riportati al Calvario in quel primo Venerdì santo (per essere immersi nella morte del Signore) e alla Tomba del Risorto in quella prima domenica della storia (per risorgere con Lui a una vita sempre nuova). Mi sento teologicamente in movi-mento quando mi accosto alla santa Comunione ? Quando ricevo l’Eucaristia, avverto l’intenso movimen-to dei miei piedi teologici che, in sinergia con gli occhi dell’anima, mi riportano al Calvario ?
19. Come reagisco dinanzi alle parole di Giovanni Paolo II circa la natura sacrificale della Messa ? Ho re-cepito l’insistenza sulla dimensione sacrale della liturgia che Benedetto XVI ha trasmesso nel MP Sum-morum Pontificum cura ?
20. Che cosa penso riguardo al modo di ricevere la comunione ?
«Ite, missa est!»: L’EUCARISTIA COME IMPEGNO PER LA MISSIONE «Vuoi onorare il corpo di Cristo? Non trascurarlo quando è nudo. Non onorarlo qui [in chiesa] con vesti di seta, mentre fuori lo trascuri quando soffre il freddo e la nudità. Colui che disse: “Questo è il mio corpo” [Mt 26,26], confermando il fatto con la parola, è lo stesso che disse: “Mi avete visto affamato e non mi avete nutrito” [Mt 25,35], e “Ogni volta che non avete fatto queste cose a uno dei più piccoli, non l’avete fatto a me” [Mt 25,45]. Questo [corpo che è in chiesa] non ha bisogno di abito, ma di un’anima pura; invece quello [che sta fuori] ha bisogno di molta cura. Impariamo dunque a ragionare e a onorare Cristo come egli vuole. Infatti l’onore più gradito a colui che vogliamo onorare è quello che egli vuole, non quello che noi pensiamo. Anche Pietro credeva di onorarlo quando impediva a lui di lavargli i piedi; ma quello che voleva non era onore, bensì il contrario. Così anche tu rendigli quell’onore che egli ha comandato, elargendo la tua ricchezza ai poveri. Dio non ha bisogno di vasi d’oro, ma di anime d’oro. Non dico questo per impedirvi di fare simili doni [alla chiesa]; ma per chiedervi di fare, con quelli e prima di quelli, l’elemosina. Infatti [Dio] accetta i doni [alla chiesa], ma più ancora quelli [fatti ai poveri]. Nel primo caso ne trae vantaggio solo chi offre, nel secondo invece anche chi riceve. Qui il dono potrebbe essere occasione di ostentazione; là invece è soltanto elemosina e amore. Che vantaggio può avere [Cristo] se la sua mensa è piena di calici d’oro, mentre lui stesso si consuma per la fame? Prima sazia l’affamato, e poi orna la sua mensa con quello che rimane. Fai [a lui] un calice d’oro e non [gli] dài un bicchiere d’acqua fresca? Che bisogno c’è di adornare con veli d’oro la mensa, se poi non gli offri il necessario vestito? Che guadagno ne ricava? Dimmi: se vedessi uno privo del cibo necessario e, lasciandolo così, circondassi d’oro solo la sua mensa, pensi che ti sarebbe riconoscente, o piuttosto che si mostrerebbe indignato? E se lo vedessi coperto di stracci e intirizzito dal freddo, trascurando di dargli dei vestiti, gli innalzassi colonne dorate, dicendo che lo fai in suo onore, non si riterrebbe forse deriso e insultato al massimo grado? Applica questo a Cristo, quando va errante e pellegrino, bisognoso di un tetto. Tralasci di accoglierlo e adorni invece il pavimento, le pareti e i capitelli delle colonne; leghi catene d’argento alle lampade, e non vuoi neppure guardarlo quando è incatenato in carcere. Non dico questo per impedirvi di usare tali ornamenti, ma per esortarvi a procurare, con quelli, anche questi; o meglio, perché questi siano fatti prima di quelli. Nessuno mai è stato chiamato in giudizio per non aver fatto quelle cose; ma chi trascura queste è destinato alla geenna, al fuoco inestinguibile e al supplizio insieme ai demoni. Perciò, mentre adorni la casa [del Signore], non trascurare il fratello tribolato: questo è un tempio più signorile di quello» (GIOVANNI CRISOSTOMO, PG 58, 508-509).
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Cesare G
Giraudo / Formaziione liturgica per SSacerdoti e Laici // Seminario di Shkkodër, 14-16 dicemmbre 2016 14