Il Ciclo Economico -...

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Il Ciclo Economico

Definizione, misurazione e evidenza

Introduzione • Il ciclo è dato dai movimenti del livello dell’attività

economica (principalmente il reddito reale) intorno al suo trend. Un alternarsi di fasi di crescita e di recessione.

• Misuraz. = Non solo PIL o PIL/N. Ampio set di variabili/indicatori il cui andamento riflette il livello di attività economica (es. indici di consumo, investimento, scambi di merci anche con l’estero, occupazione, produzione industriale, costruzioni, prezzi, salari, tassi di interesse, aggregati monet. e creditizi).

... ancora definizioni

• Il ciclo può avere ampiezza e frequenza molto diversa nel tempo e tra paesi e aree economiche.

• Frequenza: distinguiamo tra growth cycles e business cycles.

• Growth cycle: si compone di variazioni del trend di fondo delle variabili, movimenti dovuti a shock che hanno effetti molto persistenti sull’attività economica.

• Busines cycle: si compone di variazioni di più breve periodo (es. Baxter-King ‘94, in US nel periodo succ. la II guerra mondiale, da 1,5 a 8 anni).

PIL reale - Italia

No-trend

Aprocci quantitativi

1. tradizionale, o ciclo classico; 2. del ciclo di crescita.

– Il primo, più di natura statistica, ricerca delle regolarità empiriche che possano essere soprattutto usate per predire l’andamento dell’economia. – il secondo ha un legame più stretto con la teoria economica: le regolarità empiriche possono essere spiegate sulla base di leggi di comportamento economico. Real Business Cycle (RBC) e New-Keynesian (NK-DSGE).

Ciclo classico • Burns&Mitchell ’46, riprendono il programma del National Bureau

of Economic Research (NBER) degli anni ‘30 (Mills-Mitchell-Kuznet)

• Defin.= Il ciclo è una successione di fasi di espansione e recessione dato dai movimenti del livello dell’attività economica (principalmente l’output).

• Le fluttuazioni si manifestano come un fenomeno ricorrente con molte regolarità (statistiche) anche se possono avere ampiezza diversa (cicli e sotto-cicli).

• Misuraz. = Non solo PIL o PIL/N. Altre variabili aggregate e non.

• Attualmente, un ampio set di variabili/indicatori il cui andamento riflette il livello di attività economica (oltre 70 tra indici di consumo, investimento, scambi di merci anche con l’estero, occupazione, produzione industriale, costruzioni, prezzi, salari, tassi di interesse, aggregati monet. e creditizi).

• Un “ciclo” completo è individuato da due picchi di massimo o minimo; ovvero da due fasi complete (recessione-espansione o viceversa).

• La distanza nel tempo tra i picchi era la durata del ciclo.

Analisi dei dati

• dinamica di breve periodo degli aggregati (Y, C, I, ecc.); • individuazione dei punti di svolta delle fasi cicliche

(sincronizzazione); • durata delle fasi stesse; • ampiezza delle fluttuazioni (distanza punti di svolta); • eventuali asimmetrie all’interno delle fasi.

Misurazione • Si decompongono le serie eliminando stagionalità

e outliers (non il trend!) • Spesso si utilizzano algoritmi (ad es. Bry &

Boschan(1971) ) che depurano le serie da fluttuazioni troppo frequenti attraverso il calcolo di medie mobili e l’eliminazione di fasi troppo brevi (ad es. inferiori a 5 mesi). Quindi, si passa alla sincronizzazione per trovare i turning points.

• Si applicano sia metodi non-inferenziali (non-parametrici) che inferenziali (parametrici).

Sincronizzazione • E’ La capacità di una variabile di essere coerente

con i punti di svolta (massimi e minimi) del PIL. • Le variabili utilizzate possono avere queste

caratteristiche di sincronizzazione: – variabile leading: anticipa i punti di svolta del PIL; – variabile coincidente: coincide con i punti di svolta del

PIL; – variabile lagging: ritarda a coincidere con i punti di

svolta del PIL • Gli indicatori di ciclo: aggregano le variabili

ritenute più significative (es. CLI- OCSE previsionale).

Esempio

BCE - area Euro, anno 2002, tra parentesi il numero max di trimestri relativo al ritardo o all’anticipo.

Datare il ciclo

• “Recessione “ = almeno 2 trimestri di decrescita del reddito/PIL reale.

• (NBER) “… una significativa riduzione, diffusa su tutta l’economia, del PIL reale, dell’occupazione, del reddito reale, della produzione industriale e delle vendite al dettaglio, di durata superiore a pochi mesi.” Fluttuazioni regolari e persistenti dell’attività economica tra i 2 e gli 8-12 anni.

• Certificazione: USA NBER, Italia Istat-BI., EU CEPR.

Euro Area (CEPR dating)

• 1970-1998 (Austria, Belgium, Finland, France, Germany, Greece, Ireland, Italy, Luxembourg, Netherlands, Portugal, and Spain) Euro area dal 1999 .

• 3 fasi recessive: 1974q3 - 1975q1, 1980q1 - 1982q3, 1992q1 - 1993q3.

PEAK TROUGH

1974q3 1975q1 1980q1 1982q3 1992q1 1993q3

...le 3 recessioni

Il Ciclo Crescita • Entriamo nel dominio del RBC. Premessa: la crescita e il ciclo

non sono fenomeni economici separati. La teoria economica dovrebbe essere in grado di spiegarli insieme, con gli stessi strumenti analitici/modello interpretativo.

• Il “ciclo” è una successione di fasi di espansione e recessione dato dai movimenti del livello dell’attività economica intorno al suo trend.

• Il trend è l’andamento di fondo delle variabili economiche. Esso è governato da variazioni persistenti dei fondamentali e interpretato come un equilibrio «stabile» di lungo periodo. E’ oggetto di studio dell’ economia della crescita.

• Il ciclo è originato da shock aleatori, inattesi e temporanei, che allontanano l’economia dal suo trend e producono conseguenti dinamiche di aggiustamento verso l’equilibrio di lungo periodo.

• Il ciclo è esso stesso un fenomeno di equilibrio. • In RBC, ciclo e trend sono spiegati come traiettorie di

equilibrio. • L’idea dei disturbi stocastici come causa del ciclo è

precedente: Frish (1933) -ispirato da Wicksell- interpreta il ciclo come l’effetto della propagazione nel sistema economico di un disturbo stocasico. Slutzky (1937) ha una teoria molto simile. Ma ci sono forti inconsistenze e problemi irrisolti in queste teorie.

• Dalla grande depressione in poi, il focus passa dallo studio della crescita e del ciclo alla comprensione delle determinanti del livello delle variabili macro (Y,C,I,..) ad ogni momento, data la loro storia passata. Tale studio era strumentale all’elaborazione di politiche di stabilizzazione che prevenissero le crisi più gravi.

• Il programma dello studio della crescita riprende nel II dopoguerra con il lavoro di Kaldor e ha un accelerazione con Solow nel ‘70.

• L’interesse per lo studio del ciclo viene ridestato da Lucas, Prescott, Kydland nel ‘70.

• Centrale è stato il contributo teorico di Cass e Koopmans sempre nel ’70.

Analisi quantitativa ciclo-trend • L’enfasi è sui commovimenti delle variabili

rispetto al PIL (prociclicità e anticiclicità vs. aciclicità).

• Fase preliminare: trasformazione logaritmica e detrendizzazione.

• Fase successiva: analisi statistica dei commovimenti, della persistenza e della variabilità. – tabelle di correlazione col PIL e di autocorrelazione del

PIL, tabelle di varianza relativa. – metodi parametrici per le serie storiche (analisi di

cointegrazione).

Fase preliminare

1. Perché la trasformazione logaritmica?

2. Quali metodi per detrendizzare (oltre all’interpolazione lineare)?

Tecniche di detrendizzazione

• Trend lineare

• Filtro di Hodrick-Prescott

• Band pass filter (analisi dello spettro) Baxter-King

Fase successiva

• Costruzione di tabelle di indicatori di – Volatilità (dev standard rispetto a PIL)

– Commovimento (Correlazione col PIL)

– Persistenza (Autocorrelazione)

Regolarità empiriche del ciclo • Sorpresa!! La nuova metodologia quantitativa del

ciclo-trend evidenzia le stesse regolarità empiriche dell’approccio classico trovate da Burns & Mitchell.

• Lucas osserva che il fatto che empiricamente “business cycles are all alike” suggerisce che la natura del ciclo è sostanzialmente indipendente da fattori istituzionali e regionali. Quindi, può essere interpretata con una teoria generalmente valida.

• Nella realta esistono differenze quantitative tra periodi e paesi/aree, ma qualitativamente alcuni fatti stilizzati si osservano comunemente.

Fatti stilizzati del ciclo

Volatilità rispetto all’output (std(x)/std(y)): – Consumo beni non-durevoli (-)

– Consumi durevoli (+)

– Investimenti non-resid. (++)

– Importazioni e esportazioni (+ +)

– Spesa pubblica (-)

– Ore totali lavorate (= in US, + in IT)

– Numero occupati (+ in US, = in IT)

– Capital (- -), utilizzazione capitale (+)

– Produttività del lavoro (-) e salario reale (- -)

Fatti stilizzati del ciclo

Fonte: Handbooks in Macroeconomics, chp. 14. Dati Usa 1947-96, il logs, HP-detrended.

• Commovimento rispetto all’output – La maggior parte delle variabili macroeconomiche

sono (fortemente) pro-cicliche (corr. positiva con output), corr>0.2 (corr>0.5).

– 3 serie sono sostanzialmente acicliche (�corr�<0.2): • Salari (salario per ora lavorata, non salario percepito)

• Stock di capitale

• Spesa pubblica

• Persistenza La maggior parte delle serie mostra elevata persistenza (correlazione seriale elevata, 0.8-0.9 quella del I ordine)

Contributo relativo • Alcune serie sono molto volatili, come gli investimenti in

scorte, altri lo sono poco come i consumi non-durevoli.

• La volatilità del PIL e della domanda aggregata è “una media di tali volatilità” i cui pesi riflettono i pesi relativi delle sue componenti.

• In generale, i consumi hanno un peso elevato ma spiegano poco le fluttuazioni del PIL, viceversa per gli investimenti.

• Di seguito riporto una tabella che misura il contributo medio delle componenti al PIL negli USA (fonte Romer).

Investimenti residenziali

x In percentuale PIL Contrib. in Recessione

Consumi durevoli 7% 8,7%

Consumi non-durevoli

25% 14,3%

Servizi 31% 7,2%

Tot. consumi 61%

Investimenti residenziali

5% 14,7%

Investimenti fissi non-resid

10% 21,1%

Scorte 0.6% 30,7%

Tot. investimenti 16%

X-M 1% 6%

Spesa pubblica 22% 9,4%

L’ultima colonna di destra misura il contributo medio % di ciascuna variabile a una caduta del PIL (fonte: Romer)