II DOMENICA DI QUARESIMA ANNO B Matteo 3,1-12 Marco 9,2-10.

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IIII

DOMENICA DOMENICA DI DI

QUARESIMQUARESIMAA

ANNO BANNO BMatteo 3,1-12

Marco 9,2-10Marco 9,2-10

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni

e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli.

Fu trasfigurato davanti a loro

e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime:

nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche.

E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù.

Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù:

«Rabbì, è bello per noi essere qui;

facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia».

Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati.

Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce:

«Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!».

E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno,

se non Gesù solo, con loro.

Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti.

Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse

dire risorgere dai morti.

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DOMENICA DOMENICA DI DI

QUARESIMQUARESIMAA

ANNO BANNO BMatteo 3,1-12

Marco 9,2-10Marco 9,2-10

QUESTI QUESTI ÈÈIL FIGLIO IL FIGLIO MIO, MIO, L’AMATOL’AMATO

«Ma voi,chi dite

che io sia?»

La trasfigurazione diventa un dono, uno sguardo di speranza

su questo faticoso cammino verso Gerusalemme che Gesù compie con i suoi discepoli.

È come una ulteriore risposta alla domanda centrale del vangelo di Marco: «Ma voi, chi dite che io sia?» (8,29). Sul monte viene rivelato al discepolo il volto

misterioso di quel Messia che cammina verso Gerusalemme.

Pietro, Giacomo e Giovanni sono

condotti da Gesù su questo alto monte,

in disparte.

E lui che li prende con sé, che fa loro il dono di fermarsi in

disparte, nella solitudine del monte.

Non dobbiamo mai dimenticare questo: salire sul monte e stare con Gesù non è qualcosa che

può decidere il discepolo, programmarlo fissando al

Signore un appuntamento in base ai propri desideri;

il discepolo può solamente accogliere quell'invito che gli viene rivolto, nello stupore e

nella gioia, e lasciarci condurre per mano.

«Rabbì, è bello per noi essere qui:

facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè, una

per Elia»

E in fondo la tentazione di localizzare il mistero, prolungare l'istante benedetto e fissare per

sempre la storia.

Ma è anche la pretesa di costruire una dimora per Dio, una

dimora in cui poter abitare assieme a questo Gesù e vedere ormai tutto alla sua luce, senza

più la fatica di proseguire un cammino così incerto e duro.

«Questi è il Figlio mio,

l'amato: ascoltatelo!»

Questo racconto deve piuttosto essere 'contemplato', visto, per essere veramente 'ascoltato'.

La parola umana non può narrare la gloria di Dio. Solo il linguaggio della parola stessa di Dio, la sua

forza evocativa capace di lasciarci affacciare nel mondo di

Dio, può farci intuire qualcosa della doxa, della gloria, che si

riflette sul volto di Gesù.

In qualche modo è appropriato il commento alla reazione di Pietro: «non sapeva infatti che cosa dire,

perché erano spaventati» (9,6).

«guardandosi attorno, non videro

più nessuno, se non Gesù solo con loro»

Al discepolo è richiesto di riprendere il cammino con questa Parola da seguire e da ascoltare. Il discepolo non è solo lungo la

via che conduce a Gerusalemme.

QUESTI QUESTI ÈÈIL FIGLIO IL FIGLIO MIO, MIO, L’AMATOL’AMATO