Post on 17-Feb-2018
Le colonie di batteri che formano il fango contengono un elevato numero di
microrganismi diversi ognuno con proprie caratteristiche (tempo di generazione,
fabbisogno di ossigeno e di energia, resistenza alla presenza di fattori tossici ecc.) Un
fango dotato di buone caratteristiche di sedimentabilità deve contenere le varie specie di
batteri in proporzioni adeguate. La presenza di alte concentrazioni di una determinata
specie batterica può dare origine a fiocchi non facilmente sedimentabili.
In condizioni di funzionamento corretto i fiocchi di fango hanno un diametro variabile da
0,1 a 10 mm (mediamente fra 0,1 e 1 mm). L’accrescimento dei fiocchi è determinato dalla
produzione di biopolimeri extracellulari, principalmente polisaccaridi, che esercitano
un’azione coagulante consentendo l’aggregazione tra i vari batteri e altre sostanze solide
sia organiche che minerali comprese quelle colloidali.
La struttura del fiocco di fango è fortemente influenzata dalla natura dei batteri che lo
compongono e dalla proporzione dei vari tipi di batteri all’interno del fiocco. Una miscela
ben calibrata di batteri filamentosi e fioccosi forma un fango attivo costituito da particelle
sufficientemente compatte e resistenti alla turbolenza dell’acqua nella vasca di aerazione.
Quando le forme filamentose prevalgono allora i filamenti, che si estendono oltre il fiocco
di fango, tendono a interferire con altri fiocchi formando aggregati di maggiori
dimensioni con bassa densità che ne ostacolano la sedimentazione.
Se invece le forme filamentose sono in difetto allora il fiocco di fango risulta poco
resistente e viene distrutto dall’agitazione della miscela dei liquami nella vasca di
aerazione formando particelle di dimensioni troppo piccole per sedimentare in tempi
ragionevoli..
In definitiva una non corretta proporzione fra i vari tipi di batteri può causare la
produzione di fango con cattive caratteristiche di sedimentabilità (vedi figura 12.11).
Il caso più frequente di produzione di fango non idoneo è quello noto come bulking
evidenziato dalla presenza di fanghi sulla superficie del sedimentatore con conseguente
produzione di acque reflue torbide e con elevato valore del BOD.
Il primo segno evidente di bulking è dato dal valore di SVI che sale sopra i 150 ml/g.
L’analisi microscopica dei fiocchi che si formano mostra che ci sono due diversi tipi di
bulking.
Figura 12.11 – Tipi di fiocchi di fango
Il primo tipo, chiamato bulking viscoso, è causato dalla presenza di eccessive quantità
di batteri che formano esopolimeri, di natura polisaccaride, capaci di intrappolare elevate
quantità di acqua e formare fiocchi rigonfi con un elevato valore di SVI. Questi fiocchi
che hanno una densità paragonabile a quella dell’acqua sedimentano con difficoltà.
Il secondo e più frequente, chiamato bulking filamentoso, è causato invece dalla
presenza di elevate concentrazioni di batteri filamentosi che, formando ponti fra fiocchi
diversi, danno origine a agglomerati con elevato valore di SVI e quindi difficilmente
sedimentabili (vedi figura 12.11 – secondo riquadro).
Le principali cause di bulking sono riassunte nella tabella 12.4:
Tabella 12.4 – Principali cause del bulking
Causa del
bulking
Meccanismo d’azione
Caratteristiche
delle acque di
scarico
La presenza di un eccesso di sostanze biodegradabili solubili
(BOD disciolto) favorisce la riproduzione dei batteri di tipo
filamentoso. I batteri che formano colonie fioccose si nutrono
invece del BOD solido adsorbito nei fiocchiOssigeno
disciolto
I batteri di tipo filamentoso si formano più facilmente quando la
concentrazione di ossigeno è inferiore a 0,8 mg/l. Questo limite
aumenta all’aumentare del carico del fangoCarenza di
sostanze nutrienti
I batteri filamentosi si adattano meglio alle condizioni di
squilibrio di sostanze nutrienti. Usano prima degli altri i nutrienti
che costituiscono un fattore limitante rallentando la formazione
delle altre forme battericheAcque prive di
ossigeno
Nelle acque prive di ossigeno si può sviluppare idrogeno solforato
(H2S) che viene usato da alcuni tipi di batteri filamentosi che ne
traggono energia ossidandolo a ione solfato SO4--
Basso carico del
fango (basso Fc)
Quando il carico del fango assume valori eccessivamente bassi si
ha uno sviluppo preferenziale di batteri filamentosi
Le tecniche usate per eliminare l’effetto del bulking possono essere di tipo aspecifico
consistente generalmente nell’aggiunta di un disinfettante (esempio derivati del cloro
[NaOCl]) in modo da ridurre la popolazione dei batteri filamentosi, oppure di tipo
specifico agendo sui fattori che favoriscono la presenza dei batteri che sono la causa
della cattiva sedimentabilità del fango.
Fra le tecniche di tipo specifico ci sono l’aumento dell’ossigeno disciolto mediante
preareazione del liquame, la variazione del pH, l’aggiunta di sostanze nutrienti o la
variazione del rapporto di riciclo per variare il valore del carico del fango.
Una ulteriore tecnica di controllo del bulking consiste nel dotare l’impianto di un
piccolo bacino di contatto rapido fra il fango di riciclo e i liquami in ingresso, posto
all’ingresso della vasca di aerazione. In questo bacino, chiamato selettore si
mantengono le condizioni adatte allo sviluppo dei batteri che formano i fiocchi più
facilmente sedimentabili mantenendo un elevato rapporto fra substrato/microrganismi
con un carico del fango di circa 3 kg(BOD5)/kg(SSMA)·giorno e un tempo di contatto
variante da 15 a 30 minuti. (vedi figura 12.12)
Depurazione delle acque 4 Impianti a fanghi attivi
Figura 12.12 – Schema di impianto con bacino selettore
Altri inconvenienti che si possono riscontrare nella formazione dei fiocchi di fango sono
(chiamate in gergo “malattie del fango”):
• il pin point (punta di spillo)
• il rising (risalita dei fanghi)
• il foaming (formazione di schiume persistenti sulla superficie
dell’aeratore)
L’inconveniente chiamato pin point è causato da una quantità ridotta di batteri
filamentosi. Questo favorisce la formazione di fiocchi poco resistenti che si disgregano a
causa dell’agitazione formando fiocchi molto piccoli, detti appunto pin point (punta di
spillo), che sedimentano con grande difficoltà e rendono quindi l’effluente torbido (vedi
figura 12.11 terzo riquadro). Questo fenomeno è tipico degli impianti ad aerazione
prolungata.
Il rising, che si verifica principalmente nel sedimentatore secondario, è dovuto alla
formazione di azoto gassoso che si genera nelle reazioni di denitrificazione, che causa la
risalita del fango per trascinamento insieme alle bolle di gas.
Infine la formazione di schiume persistenti sulla superficie dell’aeratore (foaming) è
causata dalla presenza di un eccesso di batteri filamentosi associati con sostanze oleose
o grassi e a tensioattivi (detersivi) che si possono trovare nelle acque reflue.
Esempio 12.9 - Rapporto di ricircolo
Determinare il rapporto di ricircolo necessario per mantenere nell’aeratore una
concentrazione
di solidi sospesi totali (Ca) pari a 2 kg(SSMA)/m3 sapendo che i fanghi di riciclo hanno
indice Depurazione delle acque 5 Impianti a fanghi attivi
del volume del fango SVI = 100 ml/g.
***********
Dall’equazione (12.39) si ricava:
Ora si può calcolare il rapporto di ricircolo (R) usando l’equazione (28)
RICIRCOLO NATURALE DEL FANGO
[da “Depurazione delle acque reflue” di L. Masotti Ed.Calderini]
Un sistema di ricircolo del fango, utilizzato sia negli impianti ad aerazione meccanica
che in quelli ad insufflazione d'aria, è il cosiddetto ricircolo «naturale» o a gravità.
fango concentrato
uscita effluente
zona di decantazione
Fig. 10.84 - Sistema di ricircolo del fango a mezzo del richiamo operativo della vasca
di aerazione (da dis. Degrémont).
Depurazione delle acque 6 Impianti a fanghi attivi
Questo schema è ben caratterizzato dal particolare indicato nelle Figg. 10.84 e 10.85: i
fanghi, raccoltisi nella vasca di sedimentazione, tendono a scorrere per gravità verso il
fondo della vasca e, attraverso la fessura di comunicazione, tendono a ritornare nella
vasca di aerazione.
Il ricircolo è ulteriormente facilitato quando è adottata l'aerazione per insufflazione
d'aria, in quanto la miscela aerata, in prossimità della fessura, crea un «gradiente di
densità» dovuto alla minore densità del liquido mescolato con aria; nei primi
impianti impostati sul ricircolo «naturale», si sfruttava proprio
esclusivamente questo effetto di richiamo dovuto alla minore densità della
miscela aerata.
Questo sistema di ricircolo ha goduto di grande favore, fin dalle prime applicazioni dei
piccoli impianti «compatti» (in particolare degli impianti a fanghi attivi ad aerazione
prolungata), sia per la grande semplicità di funzionamento dovuta alla mancanza di
attrezzature meccaniche, sia per l'economicità delle strutture delle vasche. Altro
vantaggio del sistema, è che il fango, appena sedimentato, viene ricircolato nel comparto
di aerazione, in uno stato di elevata freschezza, evitando soste eccessive nel
sedimentatore.
Fig. 10.85 - Sistema di ricircolo del fango per gravita e per effetto del richiamo nella
vasca di aerazione
(doc. Degrémont).
Nonostante i vantaggi di questo sistema occorre porre in evidenza anche alcuni lati
meno positivi:
— il ricircolo fra i due comparti avviene prevalentemente per effetto della differenza di
densità, naturale ed indotta, dei due fluidi posti ad estremità opposte: ebbene, negli Depurazione delle acque 7 Impianti a fanghi attivi
impianti che lavorano con concentrazioni del fango nella vasca di aerazione molto
elevate, in certi casi si possono raggiungere ordini di grandezza assai prossimi a quelli
del fango nella vasca di sedimentazione. In queste condizioni, si creano delle difficoltà
nel trasferimento del fango di ricircolo da un comparto all'altro;
— le fessure di comunicazione fra i comparti tendono ad intasarsi, e richiedono perciò
un certo grado di attenzione e di manutenzione;
— come ho evidenziato a proposito del ricircolo operato con viti di Archimede,
particolarmente importante è che negli impianti a fanghi attivi si possano osservare ed
analizzare i fanghi ricircolati, e che si possa facilmente intervenire a variare la portata di
ricircolo: infatti, il controllo del ricircolo del fango (e di conseguenza il controllo della
quantità di fango «di supero» estratto), rappresenta uno dei più importanti strumenti
che si abbia a disposizione nella regolazione degli impianti a fanghi attivi, per potere
intervenire a creare le condizioni operative ottimali.
Al riguardo, è interessante riportare quanto, ad esempio, richiedono specificatamente le
Norme Americane dello Stato del Colorado: «dovranno essere previsti dispositivi sulla
linea del fango per osservare, campionare e controllare il flusso del fango»; le stesse
esigenze sono espresse dai «Ten States Standards» americani (che giustamente
richiedono anche che, quando il ricircolo avviene prelevando il fango dalle tramogge di
fondo di più vasche di sedimentazione, devono essere previsti adeguati dispositivi, onde
potere confrontare e controllare il fango prelevato da ciascuna vasca). Con il sistema di
ricircolo considerato, la regolazione della portata è piuttosto delicata da effettuare (sono
state studiate luci di sezione variabile poste sulla comunicazione fra i due comparti), e
praticamente impossibile da campionare e da controllare nella sua entità, avvenendo
completamente sotto il livello liquido.
Da parte di Costruttori di impianti con ricircolo «naturale» del fango, è posto
particolarmente in evidenza il fatto che il ricircolo avviene automaticamente, senza
spese di energia per il sollevamento, e con questo sistema si possono ricircolare portate
molto elevate, pari anche a 4 -5 volte la portata media di liquame che perviene
all'impianto.
Ritengo che il sistema di ricircolo «naturale» risulti valido per impianti molto piccoli, in
cui i sistemi meccanici presentano inconvenienti, soprattutto per la facilità con cui le
tubazioni tendono ad intasarsi; ritengo questo sistema altrettanto valido per impianti a
fanghi attivi di elevata potenzialità, in cui è possibile adottare particolari dispositivi di
controllo della portata di ricircolo (fessure regolabili, sistemi di aerazione altamente
versatili, e in cui le economie ottenibili nella costruzione dell'impianto, possono avere
un peso veramente decisivo nelle scelte. Per impianti di media potenzialità (5.000 -
Depurazione delle acque 8 Impianti a fanghi attivi
20.000 abitanti circa), ritengo invece che il ricircolo meccanico sia da preferirsi,
soprattutto per la sua flessibilità e facilità di controllo.
Configurazione delle vasche di aerazione
Le vasche di ossidazione, vero cuore pulsante degli impianti a fanghi attivi, possono
essere predisposte per funzionare in due modi sostanzialmente diversi: a]
funzionamento a pistone e
b] funzionamento a miscelazione completa. Esaminiamoli in dettaglio.
Funzionamento a <pistone>
A B
A
B
A : liquame + fango di ricircolo
B : miscela aerata al sedimentatore secondario
Tutte le particelle percorrono tutta la vasca, rimangono quindi all’interno per un tempo
uguale al tempo di detenzione (td), pertanto le reazioni biologiche avvengono per tutte le
particelle in modo uguale e completo. A questo schema si ricorre dunque quando si
vuole una ossidazione particolarmente spinta e controllata.
L’ inconveniente principale è il seguente: poiché la “richiesta di ossigeno” all’interno
della vasca non è costante, ma molto grande all’inizio per via della grande disponibilità
di sostanze organiche per poi diminuire verso l’uscita mano a mano che il BOD5
diminuisce, questa conformazione si adatta bene solo per sistemi di aerazione ad aria
insufflata.
Infatti solo per tali sistemi è relativamente facile modulare l’intensità della
ossigenazione in funzione del “fabbisogno locale” all’interno della vasca (tapered
aeration = aerazione modulata).
Un altro modo per ovviare all’inconveniente sopra citato è quello di alimentare la vasca
in un modo rispetto al BOD5 e in un altro rispetto al fango di ricircolo secondo il
Depurazione delle acque 9 Impianti a fanghi attivi
seguente schema
(step aeration = aerazione scaglionata):
B
A
SED IIC
A : liquame in ingresso
B : fango di ricircolo
C : miscela aerata al sedimentatore secondario
Questo schema mantiene il funzionamento a pistone per il fango di ricircolo, ma non per
il BOD5 , perdendo in tal modo uno dei suoi principali punti di forza; inoltre il sistema è
parecchio instabile dal momento che attraverso i vari settori della vasca si deve
mantenere un difficile equilibrio tra il “cibo” che arriva e i microrganismi, equilibrio
soggetto a possibili scompensi dovuti a variazioni di carico organico, di temperatura, di
possibili agenti tossici, ecc. ecc.
Funzionamento <a miscelazione completa>
B
B
A
A
Tipo 1 Tipo 2
A : liquame + fango di ricircolo
B : miscela aerata al sedimentatore secondario
Depurazione delle acque 10 Impianti a fanghi attivi
In questo schema le particelle del liquame e fango che entrano nella vasca sono
istantaneamente disperse in tutto il volume ove si creano condizioni praticamente
omogenee.
Le particelle che escono dalla vasca hanno un tempo di permanenza medio
corrispondente al tempo di detenzione, ma in realtà una parte rimane di meno e un’altra
di più, addirittura può capitare che alcune escano senza aver subito alcuna ossidazione.
Con tale schema quindi si ha un rendimento depurativo inferiore a quello con
funzionamento a pistone. Allo stesso tempo però ci sono parecchi vantaggi:
-‐ grande stabilità di funzionamento dovuto all’omogeneità di miscelazione di
microrganismi – cibo – ossigeno
-‐ rapporto cibo/microrganismi costante (Fc), come stabilito da progetto
-‐ istantanea diluizione di eventuali scarichi tossici, che, se di breve durata, provocano
ridotte conseguenze negative alla biomassa presente.
Conclusioni
In linea di massima il funzionamento a pistone è da preferirsi quando, compatibilmente
al fattore di carico organico stabilito, si vuole un rendimento depurativo elevato e si è in
grado di gestire con cura e competenza la fase di ossidazione, mentre la miscelazione
completa viene adottata quando più che il rendimento depurativo si hanno a cuore la
stabilità e la regolarità del processo ossidativo.
Per questi motivi si tende dunque, senza poter escludere possibili eccezioni, ad
adottare la miscelazione a pistone negli impianti medio-grandi dove esistono le
condizioni (tecnologiche e di personale) per poter seguire attentamente il processo
depurativo, mentre la miscelazione completa è tipica dei piccoli-medi impianti.
Discorso a parte va fatto per gli impianti ad aerazione prolungata nei quali, dato che il
buon rendimento è già assicurato dal bassissimo valore del fattore di carico organico, la
miscelazione completa assicura grande capacità dell’impianto di compensare alle
notevoli variazioni del carico organico in ingresso tipiche di queste situazioni.
Dobbiamo ricordare infine che il funzionamento a pistone, per la peculiarità del suo
funzionamento (abbondanza di “cibo” all’inizio della vasca rispetto alla quantità di
microrganismi), è meno soggetto della miscelazione completa al bulking filamentoso.
12.5.7 – Il fango di supero
Depurazione delle acque 11 Impianti a fanghi attivi
Nella vasca di ossidazione la biomassa e il volume dei fanghi tendono ad aumentano nel
tempo perché:
• aumenta la popolazione di microrganismi
• i fiocchi formati dalle colonie batteriche adsorbono le particelle solide che si trovano
in sospensione nei liquami da trattare (bioflocculazione)
• nei liquami sono presenti sostanze solide in sospensione di tipo organico o inorganico
non biodegradabili.
Per poter lavorare con un valore del carico del fango costante, cioè mantenere lo stato
stazionario, occorre smaltire la quantità di fango, cioè di biomassa, che si forma per il
metabolismo batterico e che risulta sovrabbondante rispetto ai fanghi comunemente
presenti nell’aeratore.
Il fango in eccesso, chiamato fango di supero, può essere smaltito secondo due diversi
sistemi:
• dividendo in due parti il fango che si ottiene nel sedimentatore secondario. Una parte
viene riciclata (fango di riciclo) mentre la parte rimanente (fango di supero) viene
eliminata (vedi figura 12.9).
• riciclando tutto il fango ottenuto nel sedimentatore secondario dividendolo in due
parti. Una parte viene riciclata alla vasca di aerazione (fango di riciclo) mentre la
seconda viene riciclata al sedimentatore primario (fango di supero). Tutti i fanghi i
uscita dal sedimentatore primario (fango misto: formato da quello di supero più
quello primario, cioè quello che si produce dalla sedimentazione dei solidi contenuti
nelle acque reflue), vengono eliminati inviandoli alla linea del trattamento dei fanghi
(vedi figura 12.13).
La seconda soluzione è quella più utilizzata perché ha il vantaggio di sfruttare anche nel
primo sedimentatore, il potere flocculante dei fanghi attivi ottenuti nell’aeratore. Inoltre
il sedimentatore primario può assolvere anche la funzione del selettore.
Depurazione delle acque 12 Impianti a fanghi attivi
Figura 12.13 – Schema con riciclo del fango al sedimentatore primario
Una grandezza che caratterizza la produzione del fango di supero è il “tasso di
crescita del fango” definito come l’aumento percentuale del peso del fango contenuto
nell’impianto di aerazione.
Per calcolare la quantità di fango di supero, cioè l’aumento della quantità del fango
rispetto a quello che deve essere normalmente presente nell’aeratore al fine mantenere
una concentrazione (Ca) costante di massa batterica, si devono esaminare i meccanismi
che causano la variazione della quantità della biomassa presente nell’impianto.
Il primo è l’aumento della biomassa dovuto all’accrescimento batterico a spese del BOD.
Il secondo è l’aumento del fango per bioflocculazione cioè per adsorbimento e
decantazione dei solidi inerti da parte dei fiocchi di fango attivo.
Il terzo è la diminuzione della biomassa per decadimento batterico cioè per la morte e la
distruzione dei batteri a causa della respirazione endogena.
Quindi:
Aumento dei fanghi = Produzione di batteri + Adsorbimento dei solidi
inerti – decadimento (12.41)
Indichiamo con:
SS = quantità di fango di supero prodotta giornalmente [kg(SS)/ g]
Qorg abb. = quantità di sostanze organiche rimosse ogni giorno dalle acque, ottenibile
moltiplicando il carico organico per il rendimento di depurazione:
(12.42)
SSMA = Massa totale dei solidi sospesi presente nell’aeratore.
Definiamo poi seguenti coefficienti:
Coefficiente di crescita lorda (y) [misurato in kg(SSMA)/kg(BOD5)] usato per
indicare la quantità di nuovi batteri che si formano per ogni kg di BOD5 rimosso. Si può
indicare allora l’aumento della biomassa per accrescimento batterico come:
aumento del fango per accrescimento batterico = (12.43)
Depurazione delle acque 13 Impianti a fanghi attivi
Coefficiente di bioflocculazione (f) [misurato in kg(SSMA)/kg(BOD5)] usato per
indicare la quantità di solidi fatti sedimentare, per effetto della flocculazione indotta
dalle colonie batteriche, per ogni kg di BOD5 rimosso. La quantità di fango generata con
questo meccanismo sarà perciò:
aumento del fango per bioflocculazione = f·BOD5 (12.44)
Costante di decadimento (kd) [misurata in giorni-1] usata per indicare, come
abbiamo già visto, la velocità di scomparsa specifica della biomassa a causa della
respirazione endogena. In pratica Kd misura la variazione giornaliera della quantità di
solidi sospesi nella miscela aerata (SSMA) per ogni kg di solidi sospesi presenti. Cioè:
(12.45)
se t = 1 giorno allora:
(12.46)
L’equazione 12.41 diventa allora:
(12.47)
I valori di y, f e kd dipendono dalla tipologia del liquame trattato. Per gli scarichi di
origine civile i valori medi più usati sono:
y = 0,5 kg(SSMA)/kg(BOD5)
f = 0,5 kg(SSMA)/kg(BOD5)
kd = 0,05 giorni-1
Dai valori riportati nel riquadro possiamo vedere che, per scarichi di origine civile, il
fango prodotto dalla fase assimilativa e quello per bioflocculazione sono uguali (mezzo
chilo e mezzo chilo per ogni chilogrammo di BOD5 abbattuto) mentre il fango che
sparisce a causa della fase endogena è sui
50 grammi ogni chilo di SSMA presente in vasca, al giorno.
Si noti che il termine endogeno, nonostante il piccolo valore della costante (0,05
giorni-1), non è affatto trascurabile perché esso viene moltiplicato per SSMA che è un
numero molto grande.
Un’altra grandezza usata spesso per determinare la quantità di fango di supero è l’età
del fango definita nei seguenti modi:
Depurazione delle acque 14 Impianti a fanghi attivi
• tempo medio di permanenza della biomassa nel sistema aeratore/sedimentatore
oppure
• tempo necessario per rigenerare completamente la biomassa
oppure
• tempo di ritenzione del fango.
In formula:
giorni (12.48)
Il valore dell’età del fango (E) dipende ovviamente dal valore del carico del fango (FC)
infatti per valori elevati del carico del fango si ha una elevata produzione di batteri e di
conseguenza un basso valore dell’età del fango. L’opposto succede per bassi valori del
carico del fango.
Per acque reflue di tipo civile la dipendenza di E da Fc per impianti a schema classico e
alla temperatura di 20 °C è mostrata nella Fig. 10.26
Depurazione delle acque 15 Impianti a fanghi attivi
In questo caso conoscendo il fattore di carico organico si può trovare agevolmente l’età
del fango e da questa il fango giornaliero prodotto:
Esempio 12.10 - Fango di supero e età del fango
Un impianto a fanghi attivi tratta i liquami di una comunità di 50000 abitanti con un
carico
organico Qorg = 3500 kg(BOD5)/giorno in arrivo alla vasca di aerazione.
La concentrazione dei solidi sospesi all’interno dell’aeratore è Ca = 4 kg(SSMA)/m3 il
carico del
fango è FC = 0,2 kg(BOD5)/giorno·kg(SSMA).
Determinare la quantità di fango di supero prodotta e l’età del fango.Depurazione delle acque 16 Impianti a fanghi attivi
************
La quantità di fanghi nella miscela aerata si può calcolare dalla loro concentrazione
Ca e dal volume della vasca. Questo valore è calcolabile anche dal carico organico
supponendo un
rendimento depurativo del 100%
kg
Supponendo che l’abbattimento reale del BOD5 sia = 90% (valore accettabile sulla
base del
valore del carico del fango adottato vedi figura 12.8 e Tabella 12.3) si può calcolare la
variazione
di BOD5 giornaliera (equazione 12.42):
kg(BOD5)/giorno
Prendendo per y, f e kd i valori indicati precedentemente per i reflui di tipo civile si
può calcolare
la quantità del fango di supero, vedi equazione 12.47.
kg/giorno
Infine usando l’equazione 12.48 si determina l’età del fango:
giorni
Per ottenere valori più precisi dei coefficienti y, f e kd relativi all’equazione (12.47) per il
calcolo della quantità di fanghi di supero si può usare la stessa tecnica applicata alla
determinazione delle costanti cinetiche (vedi equazione (12.20 ) e esempio 12.2)
In questo caso specifico se dividiamo tutti i termini dell’equazione (12.47) per SSMA si
ottiene:
(12.49)
Questa è l’equazione di una retta in cui:
rappresenta la variabile dipendente
Depurazione delle acque 17 Impianti a fanghi attivi
rappresenta la variabile indipendente
(y+f) = tgè la pendenza della retta
-kd è l’intercetta.
Si possono allora raccogliere, per un certo intervallo di tempo, i dati relativi ai solidi
sedimentabili presenti nel comparto di aerazione, al valore del BOD5 dei liquami in
ingresso e delle acque in uscita e alla quantità di fanghi di supero formatisi.
[operativamente mediante la Qr si varia la Ca e una volta a regime si misura il BOD5 in
uscita e il fango di supero prodotto]. Riportando i dati così ottenuti in un piano
cartesiano si ottiene il grafico mostrato in figura 12.14. (nella figura Qorg abb. /SSMA è
scritto ∆BOD5/SSMA)
Analisi di questo tipo per scarichi di origine domestica senza sedimentazione primaria
hanno fornito i seguenti valori medi:
(y + f) compreso fra 0,8 e 1,1 kg(SSMA)/kg(BOD5)
kd = 0,08 giorni-1
Acque di uso domestico con sedimentazione primaria hanno fornito invece:
(y + f) = 0,7 kg(SSMA)/kg(BOD5)
kd = 0,075 giorni-1
Figura 12.14 – Metodo grafico per la determinazione dei parametri y, f e kd
Depurazione delle acque 18 Impianti a fanghi attivi
Con questo metodo non è possibile determinare separatamente i valori di y e di f ma
solo il valore della somma (y + f) = y’ alla quale viene dato il nome di coefficiente di
crescita del fango (o coefficiente totale di crescita)
Esempio 12.11 – Coefficiente di crescita del fango
Per determinare il valore del coefficiente di crescita del fango e della costante di
decadimento di un campione di acque reflue, con BOD5 = 300 ppm, è stato usato un
impianto pilota del volume di 240 litri dotato di sedimentatore, mantenendo una
portata costante di 10 l/h.
Il rapporto di riciclo usato ha consentito di mantenere nella vasca valori della
concentrazione dei solidi sedimentabili varianti da 1 a 6 g/l. Per ogni prova è stato
determinato inoltre il valore del BOD5 in uscita e la massa dei fanghi di supero prodotti
in un giorno (SS). I valori trovati sono riportati nella tabella sottostante
Sulla base dei dati forniti determinare il valore del coefficiente totale di crescita del
fango (y + f) e della costante di decadimento (kd).
******************
Per costruire il grafico che ci permette di determinare quanto richiesto occorre
calcolare:
1 – la quantità di solidi sospesi presenti nella miscela aerata (SSMA)
2 – il BOD5 abbattuto ogni giorno (Qorg abb.)
3 – il rapporto fra la quantità di fango formata e la quantità dei solidi sospesi
(SS/SSMA)
4 – il rapporto fra il BOD5 abbattuto e la quantità dei solidi sospesi (Qorg abb./
SSMA)
Calcolo di (SSMA)
Depurazione delle acque 19 Impianti a fanghi attivi
Prova n° 1° 2° 3° 4° 5°
Ca (g/l) 1,0 2,0 3,0 4,0 5,0
ΔSS (g/giorno) 49,1 36,5 30,7 17,9 5,1
BOD5 (U) (ppm) 64,8 65,2 65,9 66,3 65,4
Si usa la relazione SSMA = Ca · V I valori per ogni prova sono riportati nella
tabella riassuntiva.
Calcolo di (Qorg abb.).
Si calcola moltiplicando la variazione del BOD5 per la portata giornaliera dei
liquami
Qorg abb.= (BOD5(I) – BOD5(U)) · Q · 24
I valori per ogni prova sono riportati nella tabella riassuntiva.
Calcolo di (SS/SSMA) e di (Qorg abb./SSMA)
Per ogni prova eseguita si fa il rapporto fra SS e SSMA e fra Qorg abb.e
SSMA.
Tabella riassuntiva dei risultati
Riportando su un grafico i valori di SS/SSMA contro quelli di Qorg abb. /
SSMA e tracciando la retta migliore che passa per i punti calcolati si ottiene (nella
figura Qorg abb. /SSMA è scritto ∆BOD5/SSMA):
Depurazione delle acque 20 Impianti a fanghi attivi
Prova n° 1° 2° 3° 4° 5°
SSMA (g) 240 480 720 960 1200
Qorg abb. (g) 64,8 65,2 65,9 66,3 65,4
ΔSS/SSMA 0,205 0,076 0,043 0,019 0,004
Qorg abb. /SSMA 0,270 0,136 0,091 0,069 0,054
L’equazione della retta di regressione così ottenuta è:
y = 0,92 · x – 0,045
Quindi i valori cercati risultano:
coefficiente totale di crescita del fango y’=(y + f) = 0,92 [kgSS/kgBOD5]
costante di decadimento kd = 0,045 giorni-1
La quantità di fango di supero è influenzata dai seguenti fattori:
• fattore di carico organico scelto. Tanto minore è il carico del fango tanto maggiore è il
tempo di detenzione (età del fango) e quindi tanto minore è la quantità di fango di
supero formata.
• dalla temperatura, dal momento che questa, come abbiamo più volte potuto osservare,
influenza la velocità dei processi perché causa la variazione del valore delle costanti
cinetiche
Nel caso in esame una variazione di temperatura non ha praticamente nessuna
influenza sulla costante di crescita del fango perché causa la variazione
contemporanea del BOD5 rimosso e della quantità di biomassa formatasi. Depurazione delle acque 21 Impianti a fanghi attivi
Al contrario, la costante di decadimento kd aumenta all’aumentare della temperatura e
quindi aumenta anche la velocità di scomparsa della biomassa. La conseguenza è
che un aumento della temperatura causa una diminuzione della quantità di fango di
supero.
• dalla presenza o meno di una fase di sedimentazione primaria. Il liquame non
sedimentato contiene una maggior quantità di solidi in sospensione e di conseguenza
produce una quantità di fango di supero maggiore.
per le acque reflue di tipo civile i valori delle costanti di temperatura sono:
per y’ → =~ 1(praticamente indipendente dalla temperatura), mentre per la
costante di decadimento kd →=~ 1,08 (piccola dipendenza dalla temperatura).
Depurazione delle acque 22 Impianti a fanghi attivi
Nel grafico di figura 12.15 è riportata la quantità di fango di supero prodotto, espresso
come kg di fango per ogni kg di BOD5 rimosso, in funzione del valore del carico del
fango (I, indice di produzione complessiva del fango), per tre diverse temperature e nel
caso sia di presenza che di assenza di sedimentazione primaria.
Figura 12.15 – Fango di supero in funzione del carico del fango
Il grafico può essere di straordinaria utilità: conoscendo il fattore di carico organico (Fc)
si trova facilmente l’indice di produzione complessivo e da questo il fango di supero
prodotto:
In conclusione di questo argomento sulla produzione di fango ricordiamo che per
calcolare il fango che si preleva dal SED I (fango primario) si fa riferimento ad un valore
statistico specifico;
per acque reflue di tipo civile la quantità di fango primario prodotta è circa 54÷55 gr/
ab·gg.
Infine riassumiamo nella tabella che segue la composizione dei diversi tipi di fango:Depurazione delle acque 23 Impianti a fanghi attivi
Tenore di H2O
(%)
Contenuto solidi
(%)Fango primario ~ 95 ~ 5Fango secondario ~ 98,5 ~ 1,5Fango misto ~ 96 ~ 4
Dalla semplice osservazione dei dati si può notare come la diversa natura del fango
influenzi moltissimo la sua affinità con l’acqua: i fiocchi di fango secondario sono
“acquosissimi” mentre il fango “fresco” primario è molto più concentrato; infine il fango
misto, come è naturale, “assomiglia” di più al componente presente in quantità
maggiore, cioè al fango primario.
Depurazione delle acque 24 Impianti a fanghi attivi
12.5.8 – Il tempo di detenzione
Il tempo di detenzione, cioè il tempo medio di permanenza dei liquami nella vasca di
aerazione, dipende dal carico del fango (FC), dal valore del BOD5 in ingresso e dalla
concentrazione dei solidi sospesi, infatti risolvendo l’equazione (12.24) rispetto a (t) si
ottiene:
(12.50)
Se indichiamo con: Q= portata dei liquami nella vasca
Li = valore del BOD5 entrante
Ca = concentrazione dei fanghi (dei solidi sospesi totali)
V = volume della vasca di aerazione
t = tempo di detenzione
Si può scrivere:
(12.51)
(12.52)
Sostituendo nella (12.50) si ottiene
(12.53)
ma (tempo di detenzione)
e quindi:
(12.54)
risolvendo rispetto a t:
(12.55)
che può essere scritta anche nella forma:
(12.56)
Il prodotto del tempo di detenzione per la concentrazione dei fanghi attivi viene
considerata un’altra grandezza significativa per le vasche di aerazione.
Esprimendo:
Li in ppmDepurazione delle acque 25 Impianti a fanghi attivi
Ca in kg/m3
FC in kg(BOD5)/m3·giorno
t in ore
Si ottiene:
(12.57)
se Ca viene espresso in mg/l (ppm) allora:
(12.58)
Il tempo di detenzione (t) risulta tanto maggiore quanto maggiore è il BOD5 e tanto
minori sono il valore della concentrazione dei fanghi attivi (Ca) e il carico del fango
(FC).
Nella tabella che segue sono riportati i tempi di detenzione usati in vari tipi di impianti
nell’ipotesi che il BOD5 = 300 ppm senza sedimentazione primaria e BOD5 = 200 con
sedimentazione primaria mentre Ca = 4 mg/l senza sedimentazione primaria e 3,5 mg/l
con sedimentazione.
Depurazione delle acque 26 Impianti a fanghi attivi
Tabella 12.5 – Valori dei tempi di detenzione per vari tipi di impianto
Tipo di impianto Tempo di detenzione in oreAerazione prolungata 10 – 78A basso carico 5 – 7A medio carico 3 – 5A alto carico 1,5 - 3
Il valore del tempo di detenzione non è un parametro fondamentale di un impianto a
fanghi attivi dal momento che dipende dal carico del fango (FC) che è invece un
parametro fondamentale mentre il valore del BOD5 è un dato iniziale e quello della
concentrazione dei fanghi attivi (Ca) viene fissato dal progettista.
12.5.9 - Fabbisogno di ossigeno nell’aeratore
Un altro dato molto importante per il dimensionamento di un impianto a fanghi attivi è
la determinazione della quantità totale di ossigeno che deve essere mandata in vasca di
ossidazione. La conoscenza di questo dato ci consente di:
• dimensionare le apparecchiature di aerazione
• determinare la quantità di energia necessaria al loro funzionamento e quindi una
stima dei costi di funzionamento.
L’ossigeno che deve essere alimentato sarà necessario per vari processi; in particolare:
• ossidare i solfiti e i solfuri presenti nelle acque da trattare. Questa quantità, chiamata
spesso richiesta immediata di ossigeno (e indicata con I), è generalmente
trascurabile a meno che le acque che arrivano all’impianto non siano in stato settico
(completamente prive di ossigeno)
• ossidare la parte carboniosa delle sostanze biodegradabili
• ossidare i batteri non più attivi (respirazione endogena). Questa quantità può essere
messa in relazione con la quantità totale di solidi sedimentabili presenti nei liquami
• ossidare l’azoto contenuto in forma ammoniacale nelle acque trattate (nitrificazione).
La quantità totale di ossigeno consumato (O2) sarà quindi la somma di:
1 – ossigeno immediato necessario per ossidare i solfuri e i solfiti (I)
2 – ossigeno necessario per trasformare il carbonio delle sostanze biodegradabili in CO2.
Se indichiamo con: Depurazione delle acque 27 Impianti a fanghi attivi
Qorg abb. = quantità di sostanze organiche rimosse ogni giorno dalle acque, ottenibile
moltiplicando il carico organico per il rendimento di depurazione:
z = coefficiente di respirazione attiva, cioè la massa di ossigeno necessaria per la
respirazione attiva, ossia per liberare l’energia necessaria alla crescita di nuovi batteri
misurato in [kg(O2)/kg(BOD5)rimosso]
allora la quantità di ossigeno necessaria per la respirazione attiva (fase assimilativa) è:
[ ]
3 – ossigeno usato nella respirazione endogena cioè per demolire la biomassa in fase di
decadimento. Se indichiamo con:
re = coefficiente di respirazione endogena, cioè massa di ossigeno necessaria alla
respirazione endogena per ogni kg di solidi sospesi presenti nella miscela aerata (SSMA)
misurato in [kg(O2)/kg(SSMA)]
allora la quantità di ossigeno necessaria per la respirazione endogena è: [ ]
4 – ossigeno necessario a ossidare l’azoto ammoniacale a nitrati. Da semplici calcoli
stechiometrici risulta che per ossidare 1 kg di azoto (presente come 1,214 kg di
ammoniaca) occorrono 4,57 kg di ossigeno. Quindi se indichiamo con:
m(N-amm)= massa di azoto contenuto nell’ammoniaca presente nei liquami
allora l’ossigeno necessario per ossidarlo a nitrati sarà:
La quantità totale di ossigeno necessaria sarà perciò:
(12.59)
Considerando trascurabile la quantità di solfiti o solfuri da ossidare e tralasciando per il
momento la quantità di ossigeno necessaria alla nitrificazione (la riprenderemo in
considerazione in seguito) l’equazione 12.59, che esprime il fabbisogno di ossigeno per
la frazione carboniosa, diventa:
(12.60)
E’ possibile determinare sperimentalmente i valori dei coefficienti z e re usando il
metodo già utilizzato per la determinazione delle costanti cinetiche della reazione di
ossidazione e quello usato per la determinazione del fango di supero.
Dividendo tutti i termini dell’equazione (12.60) per SSMA si ottiene:
(12.61)Depurazione delle acque 28 Impianti a fanghi attivi
Anche i questo caso l’equazione risultante è l’equazione di una retta con coefficiente
angolare z e intercetta re , vedi figura 12.16 (nella figura Qorg abb. /SSMA è scritto
∆BOD5/SSMA):
Figura 12.16 – Determinazione dei parametri relativi al fabbisogno di
ossigeno
Per acque di origine domestica I valori dei coefficienti, determinati sperimentalmente,
sono:
z compreso fra 0,5 e 0,65 (variabile in funzione di FC) [valore mediamente
accettato 0,5]
re compreso fra 0,08 e 0,15 (variabile in funzione di FC) [valore mediamente
accettato 0,1]
Depurazione delle acque 29 Impianti a fanghi attivi
Infine si deve considerare che le apparecchiature di distribuzione dell’aria devono essere
dimensionate sulla quantità massima di sostanze organiche che pervengono alla vasca
di ossidazione; per questa ragione si moltiplica il coefficiente di respirazione attiva z per
un fattore correttivo () che viene posto mediamente uguale a 2. L’equazione (12.60)
diventa perciò:
(12.62)
Un altro modo per determinare il fabbisogno medio e massimo di ossigeno fa
riferimento all’indice di richiesta di ossigeno definito come
in pratica FO rappresenta la quantità di ossigeno necessaria ai batteri per metabolizzare
una unità di massa di BOD5 (espressa in Kg); quindi, per esempio, un FO = 0,75 kgO2/
kgBOD5 significa che per metabolizzare 1 kg di BOD5 sono necessari 0,75 Kg di ossigeno.
È evidente che l’indice di richiesta di ossigeno dipende dal grado di ossidazione che il
BOD5 subisce in vasca di ossidazione e quindi, in ultima analisi, dipende direttamente
dal fattore di carico organico; per Fc bassi FO avrà un valore elevato mentre per Fc alti
FO avrà valori più bassi.
Per acque reflue di tipo civile questa dipendenza è stata calcolata per tutti i valori di Fc
ed è rappresentata nel grafico di Fig. 34.
Depurazione delle acque 30 Impianti a fanghi attivi
dalla conoscenza del fattore di carico organico, una volta ricavati dal grafico i valori di
FO medio e massimo, per calcolare il fabbisogno di ossigeno per la frazione carboniosa
avremo
e quindi
e
Dimensionamento del sistema di aerazione
Di seguito descriviamo i punti principali per giungere ad un corretto dimensionamento
del sistema di aerazione:
1. Abbiamo visto che considerate le condizioni operative dell’impianto, in
particolare la temperatura e la concentrazione dell’ossigeno all’interno della
vasca di ossidazione (Ceff = [O2]vasca), mediante la conoscenza di Fo max , di Depurazione delle acque 31 Impianti a fanghi attivi
e di Qorg, si arriva alla determinazione del fabbisogno massimo di ossigeno per
la frazione carboniosa .
È evidente che Il fabbisogno massimo di ossigeno deve corrispondere alla capacità di
ossigenazione del sistema di aerazione (OC = oxidation capacity), quindi
numericamente avremo:
2. La capacità di ossigenazione del sistema di aerazione sarà diversa se misurata in
condizioni standard ] o in condizioni di esercizio (OC).
Per condizioni standard si intendono le condizione operative nelle quali il sistema di
aerazione viene testato e certificato dal costruttore, mentre le condizioni di esercizio
sono quelle nelle quali si viene a trovare il sistema di aerazione quando è montato
sull’impianto; esse sono:
Condizioni
standard
Condizioni di
esercizioLiquido Acqua pulita Miscela aerataOssigeno disciolto (mg/l) 0 1,5 ÷ 2,0Temperatura (°C) 20 ∼ 20Pressione atmosferica
(atm)1 ∼ 1
Concentrazione a
saturazione dell’ossigeno
(mg/l)
9,07 ∼ 9,07
3. Se chiamiamo K il rapporto tra le due capacità:
risulta evidente che, se per altra via conoscessimo K potremmo scrivere:
che partendo dalla capacità ossidativa in condizioni di esercizio (equivalente al nostro )
permetterebbe di calcolare la capacità ossidativa nominale.
4. Senza inoltrarci nello specifico a proposito della determinazione di K [per chi è
interessato vedere nota in ultima pagina] è sufficiente osservare che esso
dipenderà sostanzialmente da tre fattori legati alle due diverse condizioni
operative:Depurazione delle acque 32 Impianti a fanghi attivi
a.dalla diversità intrinseca dei due liquidi (uno è acqua pulita e l’altro è una miscela di
acqua, fiocchi e sostanze organiche disciolte)
b.dalla concentrazione dell’ossigeno (in acqua è zero mentre nella miscela aerata è
diverso da zero)
c.dalla temperatura (nelle condizioni standard è 20°C mentre in esercizio può essere
diverso da 20°C)
La sua espressione, che riportiamo solo per completezza espositiva, risulta essere:
dove le varie grandezze sono:
(Csat)miscela aerata concentrazione a saturazione dell’ossigeno nella miscela aerata in
condizioni di esercizio (pressione e temperatura dell’impianto)
(Ceff)miscela aerata concentrazione effettiva dell’ossigeno nella miscela aerata
(Csat)acqua pulita concentrazione a saturazione dell’ossigeno in condizioni standard in
acqua pulita
(a 20°C e 1 atm)
T temperatura di esercizio
1,024 numero sperimentale
α fattore di trasferimento di ossigeno.
Le grandezze che compaiono nella espressione di K appaiono chiare, tranne α che
merita una doverosa spiegazione:
α è un coefficiente sperimentale che tiene conto del fatto che rispetto alle condizioni
standard il sistema d'aerazione dovrà trasferire l’ossigeno in un ambiente molto diverso
dall’acqua pulita (liquido diverso, geometria delle vasche diversa, facilità di intasamento
dei diffusori, ecc.).
Depurazione delle acque 33 Impianti a fanghi attivi
Il suo valore dipenderà dunque dai diversi modi che il sistema di aerazione adotta per
ossigenare la miscela (aria insufflata, turbine superficiali, ecc.)
A questo proposito nella tabella sottostante vengono riportati i valori di α per alcuni dei
modi più frequenti di ossigenazione:
Sistema di aerazioneSistema di aerazione α
Aria
insufflata
dischi a bolle fini 0.4 ÷ 0.6Aria
insufflatatubolari a bolle grosse 0.6 ÷ 0.7Aria
insufflata tubolari a bolle medie 0.7Aria
insufflatatubolari a bolle fini 0.75
Turbine flo-get 0.95
Turbine turbine verticali 0.7
5. Assumendo dunque un valore plausibile del fattore di trasferimento α e
conoscendo gli altri parametri si ricava K e quindi .
6. Trovata la capacità ossidativa nominale si può finalmente procedere alla scelta
“delle dimensioni” del sistema di aerazione più idoneo.
Accenniamo alle due modalità di ossigenazione più diffuse (turbine superficiali ed aria
insufflata).
Depurazione delle acque 34 Impianti a fanghi attivi
Turbine superficiali
scelto il tipo di sistema di aerazione dalla sua capacità di ossidazione specifica
(caratteristica intrinseca), cioè dall’ossigeno mandato per unità di energia consumata
OC*20 spec [kgO2/kWh] , si ricava la potenza necessaria per l’ossidazione della miscela
aerata:
Si deve controllare inoltre che l’aeratore abbia anche sufficiente capacità di
miscelazione.
Assunta la potenza specifica di miscelazione raccomandata per il tipo di impianto Wspec
misc [watt /m3] si calcola, conoscendo il volume della vasca, la potenza complessiva
Wmisc = Wspec misc ⋅ Vox [kW]
per garantire una sufficiente miscelazione.
Tra le due potenze necessarie (di miscelazione Wmisc e di ossigenazione Wox ) è la più
grande quella che assicura il buon funzionamento di tutta la fase di aerazione e quindi
quella da considerare per la scelta definitiva delle “dimensioni” del sistema di aerazione.
Aria insufflata
In questo caso bisogna conoscere la resa di trasferimento dell'ossigeno atmosferico
(η) [cioè quello presente nell’aria] all’acqua in condizioni standard per risalire alla
portata volumetrica d’aria (espressa m3/h) che deve fornire il sistema d'aerazione.
La resa di trasferimento dell'ossigeno atmosferico in condizioni standard si trova in
apposite tabelle espressa in % per metro di profondità dei diffusori. (Per esempio
prendendo in considerazione una rete di diffusori tubolari a bolle fini, posizionati a 3 m
di profondità, la resa di trasferimento in condizioni standard è pari al 20% ).
Sapendo che in 1 m3 d’aria a 20°C e 1 atm sono contenuti 0,278 kg di O2 possiamo
ricavarci il valore della portata volumetrica d'aria da fornire al sistema in m3/h nel se
l’assorbimento dell’ossigeno fosse del 100%:
Depurazione delle acque 35 Impianti a fanghi attivi
Poiché l’assorbimento dell’ossigeno avviene con una resa espressa da η, la portata
d’aria reale da mandare alla vasca si otterrà facendo:
Depurazione delle acque 36 Impianti a fanghi attivi
Nota
Il trasferimento di un gas in un liquido è regolato dalla legge di Lewis e Whitman che
sostanzialmente dice:
la velocità di trasferimento di un gas in un liquido dipende dal tipo di
liquido e dalla temperatura ed è proporzionale alla differenza tra la
sua concentrazione a saturazione e quella attuale.
In formula potremo scrivere:
dove :
con abbiamo indicato la variazione della concentrazione del gas nel liquido
nell’intervallo di tempo ∆t (è la velocità di trasferimento del gas nel liquido)
con un parametro funzione solo della temperatura
con un parametro funzione solo del tipo di liquido [ indica una generica
caratteristica del liquido]
mentre Csat – C è la differenza tra la concentrazione massima e quella generica.
Se chiamiamo V il volume del liquido che stiamo ossigenando, si ha che il prodotto:
è l’ossigeno totale che viene trasferito in tutto il liquido e quindi corrisponde alla
capacità ossidativa che l’eventuale sistema di aerazione dovrà possedere, cioè:
L’espressione generica per la capacità ossidativa è dunque:
che scritta per le condizioni di esercizio e per le condizioni standard (facendo uso di
una simbologia evidente ) è:
Se facciamo il rapporto:
si vede che l’ultima relazione è formata da “tre pezzi”:
Il primo pezzo è una funzione solo della temperatura e sperimentalmente si è trovato
essere ben rappresentato dall’espressione:
Depurazione delle acque 37 Impianti a fanghi attivi
Il secondo pezzo è una funzione solo del tipo di liquido, è cioè un termine che
rappresenta la diversa difficoltà di ossigenazione dei due liquidi in dipendenza delle
loro caratteristiche e assumerà quindi diversi valori a seconda del modo di
ossigenare (con turbine superficiali, con aria insufflata, ecc.); anche in questo caso
questi diversi valori sono stati trovati sperimentalmente (vedi tabella di pag. 2).
Infine nel terzo pezzo notiamo che due valori sono noti, in particolare:
mentre
(Csat)es andrà misurato (anche se con buona approssimazione si può assumere
uguale alla concentrazione a saturazione dell’ossigeno alla temperatura di esercizio in
acqua pulita) e infine (C)es è il valore che si decide di mantenere in vasca di
ossidazione per assicurare il metabolismo batterico [(C)es=1,5 ÷ 2,0 mg/litro].
Esempio 12.12 - Fabbisogno di ossigeno
Un impianto a fanghi attivi tratta i liquami di una comunità di 50000 abitanti
con un carico organico Qorg = 3500 kg(BOD5)/giorno in arrivo alla
vasca di aerazione.
La concentrazione dei solidi sospesi all’interno dell’aeratore è Ca = 4
kg(SSMA)/m3 il carico del fango è FC = 0,2 kg(BOD5)/giorno·kg(SSMA). Il
sistema di aerazione è realizzato con diffusore a bolle fini.
Determinare:
- il fabbisogno giornaliero di ossigeno
- il fabbisogno di ossigeno nel periodo di massimo consumo
- il consumo giornaliero di energia
- la potenza massima assorbita dagli aeratori.
**************
Risolvendo l’equazione 12.26 rispetto a V·Ca = SSMA si ottiene la quantità dei
fanghi ottenibili nel caso che il rendimento di depurazione sia del 100%
kg
Depurazione delle acque 38 Impianti a fanghi attivi
Supponendo che l’abbattimento reale del BOD5 sia= 90% (valore accettabile
sulla base del valore del carico del fango adottato vedi figura 12.8 e tabella 12.3) si
può calcolare la variazione di BOD5 giornaliera:
kg(BOD5)/giorno
Prendendo per (z = 0,5) e (re = 0,1) i valori medi indicati alla pagina
precedente si ottiene:
Per la capacità di ossigenazione prendiamo il valore medio (= 1,35 kg(O2)/
kWh)
Il fabbisogno di energia risulta pertanto
Per calcolare il fabbisogno di ossigeno di punta si usa l’equazione (12.62)
A cui corrisponde una potenza assorbita massima:
Depurazione delle acque 39 Impianti a fanghi attivi
Esempio 12.13 – SSMA, età del fango, O2 e potenza aeratori
Un impianto deve trattare 10000 m3/gg di acque reflue con un carico organico
Qorg = 2500
kg(BOD5)/gg. La vasca a fanghi attivi lavora con una concentrazione dei solidi
nella miscela aerata Ca = 4 kg(SSMA)/m3 e una carico del fango FC = 0,22
kg(BOD5)/kg(SSMA)·g.
Usando i dati di progetto standard determinare la quantità di fango di supero
prodotta giornalmente e l’età del fango. Calcolare inoltre il fabbisogno
giornaliero di ossigeno e la potenza necessaria per una turbina meccanica
considerando il fabbisogno di punta. Si consideri una capacità di ossigenazione
operativa O2 op = 1,3 kg(O2)/kWh.
**************
Per calcolare la quantità di fango di supero (SS) si usa l’equazione 12.47
(riportata sotto)
In primo luogo occorre calcolare SSMA e BOD5
Calcolo della quantità di solidi presenti nella miscela aerata SSMA
Si usa l’equazione 12.26 ricordando che Ca·V = SSMA
Calcolo del BOD5 rimosso (BOD5)
Per calcolare il valore di BOD5 supponiamo che il rendimento di
depurazione sia del 90% (valore riportato nella tabella 12.3 dei dati statistici).
Dai dati statistici si rilevano i valori comunemente usati per y, f e kd e
precisamente y = 0,5; f = 0,5 e kd = 0,05. Ora è possibile calcolare il valore di ∆SS:
Età del fango
Si usa l’equazione 12.48:
Depurazione delle acque 40 Impianti a fanghi attivi
Fabbisogno giornaliero di ossigeno (O2)
Si usa l’equazione 12.60 prendendo come valori comunemente usati per i
coefficienti: z = 0,5 e re =0,1
Fabbisogno di ossigeno nei momenti di punta (O2max)
Si considera un fattore correttivo = 2
Energia necessaria nei momenti di punta(En)
Depurazione delle acque 41 Impianti a fanghi attivi
Caratteristiche dei principali sistemi di aerazione
per impianti a FANGHI ATTIVI
Aerazione meccanica superficiale
Turbina fissa
NOTA: il controllo del livello di
immersione della turbina permette di
controllare la portata di miscela aerata
che viene pompata ed aerata, quindi
anche la portata di ossigeno aggiunta.
Turbine galleggianti
NOTA: permettono di operare a
volume variabile ma non consentono
di variare il flusso di ossigeno
aggiunto, dato che il livello di
immersione della turbina è costante.
Aria insufflata
Particolare: diffusore a disco a
membrana
Aria insufflata e turbine sommerse
Depurazione delle acque 42 Impianti a fanghi attivi
Sistema di aerazione a getto (Flo-Get)
________________________________________________________________________________43
Turbine
superficialiAria insufflata
Aria insufflata e
turbine
sommerse
Come
sono
Sono delle specie di
pompe centrifughe:
al centro aspirano il
liquido dal basso e lo
spargono “ad
ombrello” in
superficie. Alcuni
tipi necessitano di
un riduttore del
numero di giri, altri
no. Possono essere
galleggianti o fisse.
Un compressore
dall’esterno,
attraverso una
tubazione, manda
aria ad una certa
pressione in fondo
alla vasca dove esce
tramite un
opportuno sistema
di diffusione.
Al posto del
compressore si
possono usare le
soffianti centrifughe.
Come l’aria
insufflata con in più
un sistema
meccanico di
miscelazione
all’interno della
vasca.
Come
funzionano
Il trasferimento
dell’ossigeno
avviene tra
l’atmosfera e la
superficie del
liquido che si
rinnova
continuamente
(legge di Lewis-
Withman).
La turbina deve
assicurare anche
una efficiente
miscelazione.
La quantità d’aria
che arriva e la sua
pressione è
distribuita dal
sistema di diffusione
che assicura
omogeneità di
ossigenazione e una
sufficiente
miscelazione per
evitare la
sedimentazione. I
diffusori possono
essere di molti tipi
(porosi, non porosi,
non-clog, tubolari,
ecc.).
Come nel caso
dell’aria insufflata
con in più un
sistema meccanico
di miscelazione
(agitatore)
sommerso che
assicura un controllo
separato della
ossigenazione e della
miscelazione.
Depurazione delle acque 44 Impianti a fanghi attivi
Come si controlla la
loro capacità
ossidativa (OC)
- Con temporizzatore
sulla turbina
- variando il numero
delle turbine in
funzione
- con variatore del
numero di giri
- cambiando il verso
della turbina
- variando la quota di
immersione della
turbina (non per
quelle galleggianti).
- Con temporizzatore
sul compressore
- variando il numero
dei compressori in
funzione
- con valvola di
regolazione sul
ricircolo per i
compressori
volumetrici e con
semplice valvola di
regolazione in
mandata per le
soffianti centrifughe
- variando il numero
di giri del motore di
funzionamento.
Come nel caso
dell’aria insufflata
per l’ossigenazione.
Come nel caso delle
turbine superficiali
per la miscelazione
(esclusa la
variazione della
quota di
galleggiamento).
Vantaggi
- Flessibilità nella
progettazione delle
vasche
- buona elasticità di
esercizio.
- Scarso effetto della
temperatura
- buona elasticità
operativa
- nessuna formazione
di aerosol.
- Ottima elasticità di
esercizio dovuta alla
regolazione separata
della ossigenazione e
della miscelazione
- nessun pericolo di
gelo né di
formazione di
aerosol.
-
Svantaggi
- Possibilità di gelo in
climi freddi
- possibile formazione
di aerosol.
- Elevati costi sia
iniziale che di
manutenzione
- condizionamento
nella forma delle
vasche
- pericolo di
intasamenti (in
special modo con
diffusori porosi).
- Costi elevati
(richiede sia il
riduttore del numero
di giri che il
compressore d’aria)
- richiede elevata
potenza.
Depurazione delle acque 45 Impianti a fanghi attivi
NOTA: esistono in commercio, ma meno utilizzati, anche altri sistemi di aerazione; tra
questi giova ricordare il sistema di aerazione a getto (Flo-Get) dove l’aria, che arriva
dall’esterno, viene mescolata ad una parte del liquido della vasca aspirato da una
pompa che poggia sul fondo e quindi “sparata” ad elevata velocità all’interno della vasca
stessa producendo così ossigenazione e miscelazione. Questo sistema è usato
soprattutto per vasche molto profonde.
LA SEDIMENTAZIONE FINALE (secondaria)
Richiami sui sedimentatori
Sappiamo che data una certa Q [m3 / h ] in ingresso ad un sedimentatore per la
sedimentazione dei solidi sospesi, a parità di volume, conta la superficie disponibile,
cioè
sedimenta peggio sedimenta meglio
Definita la velocità ascensionale va = Q / S [m / s ] , possiamo ricavare S dalla relazione
S = Q / va
Nel caso di vasche non a flusso ascensionale la va non può esistere ed è rimpiazzata
dal carico idraulico superficiale (Cis ) che ha la sua stessa definizione, cioè
Cis = Q / S [m3/ h ⋅ m2]
Depurazione delle acque 46 Impianti a fanghi attivi
e può essere visto come il carico idraulico che arriva per unità di superficie (vedi unità di
misura).
Dimensionamento della vasca di sedimentazione secondaria
Premessa
Il sedimentatore secondario oltre a svolgere la funzione di chiarificazione deve
svolgere anche un’azione d’ispessimento in modo tale che il fango di ricircolo sia più
concentrato così da risparmiare, a parità di solidi sospesi, sulle spese di pompaggio;
inoltre il fango attivo, rispetto a quello primario, costituito da fiocchi leggeri e “pieni
d’acqua” è più difficilmente sedimentabile.
A differenza di quanto abbiamo visto nel SED I i solidi sospesi che entrano nel SED
II sono molto più concentrati (circa 10 volte di più!) e in queste condizioni avviene la
cosiddetta sedimentazione di massa (o di zona): le particelle solide non sedimentano
singolarmente e in modo indipendente, ma interagendo l’una con l’altra, sedimentano
tutte insieme, “come un tutt’uno”, in massa appunto e con una velocità media
inversamente proporzionale alla loro concentrazione.
Infine, per migliorarne il rendimento, il sedimentatore secondario viene fatto
funzionare, nel caso sia a flusso ascensionale, in modalità a letto di fango , quindi
diventa importante anche il controllo “dell’altezza liquida libera della vasca” cioè dello
spessore di liquame chiarificato che deve essere assicurato sopra alla superficie del letto
per non far sfuggire solidi sospesi nelle situazione di punte di carico idraulico.
Depurazione delle acque 47 Impianti a fanghi attivi
Detto questo veniamo al dimensionamento:
1) per prima cosa si deve decidere la portata Q che si prende in considerazione ( quella
media giornaliera (Qi), quella massima (Qi max), quella che entra nell’impianto più
quella di ricircolo (Qi +Qr), quella che entra nell’impianto più quella del ricircolo delle
schiume, ecc....), quindi, dalla letteratura specifica, si prende il corrispondente
valore massimo di Cis tenendo conto sia del tipo di impianto che del tipo di
fognature che adducono il refluo;
2) calcolata la superficie mediante la solita relazione:
tenendo conto del tipo di sedimentazione (sedimentazione di massa) si deve controllare
che il carico superficiale dei solidi sospesi (PSS) , definito come la quantità di
solidi sospesi che nell’unità di tempo arrivano sull’unità di superficie:
rientri entro valori accettabili (dati dalla letteratura specifica). Questo controllo è
necessario sia per evitare cattivo funzionamento della chiarificazione (il letto di fango
che cresce verso l’alto fino a sfuggire dallo stramazzo) che per avere la giusta azione di
ispessimento.
Calcolato Pss (da notare che in questo calcolo c’è anche la portata di ricircolo, che
quindi dovrà essere conosciuta) e confrontato con il valore di riferimento PSS rif. (preso
dalla letteratura specifica o dalla Normativa) avremo due possibilità:
a) PSS < PSS rif. , e allora la superficie S calcolata è accettabile
b) PSS > PSS rif. , e allora la superficie S calcolata non è accettabile.
Nel secondo caso la superficie S si calcola assumendo il PSS rif. come valore massimo
accettabile, cioè tramite la relazione
in questo modo si trova la superficie S minima compatibile con il dato di riferimento.
3) assumendo ora una profondità di vasca in accordo con i dati in letteratura (da notare
che, per le osservazioni fatte nella Premessa, la profondità del SED II è quasi doppia
Depurazione delle acque 48 Impianti a fanghi attivi
di quella del sedimentatore primario) si può calcolare il volume e quindi il tempo di
detenzione, tD:
4) infine, anche in questo caso, bisogna controllare che la portata specifica allo
stramazzo rientri nei valori consigliati [120 ÷180 m3/m⋅gg] (molto minori che nel
caso del SED I !), per evitare fughe di particelle leggere insieme all’effluente
chiarificato.
Conclusioni
Il dimensionamento del SED II è molto più delicato di quello del SED I,
infatti:
il SED II influisce direttamente sui rendimenti depurativi (dopo di lui può esserci
il recapito, mentre il SED I ha, dopo di lui, tutto il trattamento secondario);
la concentrazione dei solidi sospesi che entrano nel SED II è molto maggiore di
quella del SED I (circa 10 volte più grande);
i fanghi attivi, per loro costituzione, sono decisamente meno sedimentabili dei
fanghi primari;
i fanghi attivi possono “ammalarsi” (vedi bulking, ecc.) peggiorando ancor di più la
loro non buonissima attitudine alla sedimentazione.
Depurazione delle acque 49 Impianti a fanghi attivi
La diagnostica negli impianti a depurazione biologica
Per “diagnostica” s’intende qualsiasi tecnica atta a predire e a correggere
le cause di malfunzionamento di un impianto.
Un metodo diagnostico per essere valido deve avere le seguenti caratteristiche:
- diagnosticare senza incertezza la causa del malfunzionamento
- predire in anticipo l’avvento del malfunzionamento
- essere poco costoso e rapido
- essere misurabile da tecnici non eccessivamente specializzati.
Spesso capita che tecniche anche molto raffinate servono solo a “fotografare” uno stato
di malfunzionamento e non la causa; quasi sempre questo stato è già individuabile da
semplici osservazioni visive e non richiederebbe spreco di risorse ulteriori.
Nella depurazione biologica la quasi totalità dei malfunzionamenti coinvolge
direttamente o indirettamente il fango finale che viene prodotto. È dunque il fango il
soggetto più intensamente osservato e monitorato: dalle sue caratteristiche e proprietà
si è in grado, quasi sempre, di risalire alle cause del malfunzionamento e quindi ai
rimedi.
Fanghi attivi
Come sappiamo le alterazioni che possono presentarsi a carico del fango attivo
implicano problemi di separazione della fase liquida da quella solida; le più importanti
sono:
crescita dispersa: i batteri non aderiscono più gli uni agli altri e la bioflocculazione
è impedita;
bulking filamentoso:i batteri filamentosi si sviluppano eccessivamente sia
all’interno del fiocco creando “gomitoli a maglie larghe” e con molti vuoti sia oltre il
singolo fiocco creando ”ponti” tra un fiocco e l’altro;
bulking viscoso o zoogleale: i batteri producono elevate quantità di materiale
extracellulare e danno origine a fiocchi di aspetto gelatinoso che trattengono notevoli
quantità di acqua;
fiocchi pin point: i fiocchi sono di dimensioni molto ridotte (intorno alle decine di
micron), non sedimentano e sfuggono nell’effluente; i batteri filamentosi sono
praticamente assenti;
rising sludge: risalita e galleggiamento del fango dovuto principalmente alla
denitrificazione che avviene sul fondo dei sedimentatori secondari;
Depurazione delle acque 50 Impianti a fanghi attivi
schiume biologiche: di colore marrone scuro si presentano sia sulla superficie dei
sedimentatori che dei bacini di aerazione.
Lo schema sottostante riassume questi fenomeni e alcune delle loro probabili cause.
I possibili rimedi sono così numerosi che solo una diagnosi accurata sarà in grado di
indicare quelli realmente efficaci. A tale proposito più avanti si darà un cenno
all’impiego di software dedicati proprio alla risoluzione di questi problemi.
Principali disfunzioni degli impianti di depurazione a fanghi attivi
Descrizione del
fenomeno osservato
Cause probabili Osservazione
microscopica
Surnatante molto torbido;
assenza di fanghi
sedimentati
Crescita dispersa: alta
temperatura dei reflui o fase
iniziale dell’impianto o
alimentazione con reflui
molto ricchi di composti
carboniosi oppure alto Fc
Assenza di fiocchi ben
formati, cellule libere
disperse nel mezzo acquoso,
incapacità di
bioflocculazione (carenza di
microstruttura)Uscita costante di piccoli
fiocchi con l’effluente, SVI
basso (<70 ml/gr)
Pin-point: fango molto
mineralizzato, lungo tempo
di residenza o eccessiva
turbolenza
Fiocchi presenti, ma
prevalentemente molto
piccoli, compatti,
“deboli” (pin-point senza
struttura portante [150
micron])Spesso strato di fango sulla
superficie del
sedimentatore, nuvole di
fango
Rising: risalita del fango
dovuta a processi di
denitrificazione nel letto di
fango sedimentato
Il fango è ricco di bolle di
gas, ma non eccessivamente
di microrganismi
filamentosi, fango e
schiuma hanno la stessa
composizioneSchiuma sottile, biancastra,
instabile sulle unità di
trattamento
Schiume da
tensioattivi: presenza di
sostanze difficilmente
biodegradabili (ad es.
tensioattivi)
Nessuna influenza sulla
struttura del fiocco di fango
Schiuma spessa, marrone,
stabile, prevalentemente sul
bacino aerato, strabordante
Foaming: crescita
eccessiva di alcuni batteri
filamentosi o attinomiceti
Schiuma ricca di Nocardia o
Microthrix parvicella
Depurazione delle acque 51 Impianti a fanghi attivi
Fango di consistenza
gelatinosa, a volte
accompagnato da SVI alto, o
schiuma spessa e grigiastra
sulle vasche aerate,
possibile fuoriuscita di
fango col surnatante
Bulking viscoso (o
bulking non filamentoso):
deficienza di nutrienti a
volte accompagnata da alto
Fc
Fiocco ricco di forme
zoogleali e/o polisaccaridi
esocellulari evidenziabili
con il test all’inchiostro di
china
SVI alto o molto alto (>150
ml/gr), difficile separazione
acqua/fango, acqua limpida
finché non si verifica
copiosa fuga di fango dal
sedimentatore. Fanghi di
ricircolo poco concentrati
Bulking filamentoso: le
cause differiscono in
relazione ai microrganismi
dominanti
Fiocchi collegati tra loro da
ponti costituiti da
microrganismi filamentosi
oppure fiocchi a maglia
larga in cui i batteri
crescono attaccati ai
filamentosi, lasciando spazi
vuoti (eccesso di
macrostruttura)Bulking
Il fenomeno del bulking consiste nell’improvviso deterioramento delle
caratteristiche di sedimentabilità dei fanghi attivi al punto che essi non si separano
adeguatamente nelle vasche di sedimentazione secondarie, ma anzi cominciano ad
uscire copiosamente con l’effluente trattato.
I danni sono molteplici:
• cala il rendimento depurativo per la fuoriuscita di BOD5;
• cala l’efficienza dell’impianto per la diminuzione della concentrazione della
miscela aerata dovuta ad una ridotta quantità di fango attivo che viene riciclato;
• la fuoriuscita di fango con l’effluente comporta una diminuzione dell’età del fango
con diminuzione della nitrificazione;
• la qualità del fango è tale da rendere più difficili i trattamenti successivi.
Diversi sono i microrganismi filamentosi responsabili del bulking (Sfherotilus
natans, Haliscomenobacter hidrossis, Beggiatoa, Thiothrix, Flexibacter, Streptococcus,
Cyanophyc), i quali possono operare separati o insieme.
Nella normale formazione del fiocco di fango sono presenti dei batteri definiti “fiocco-
formatori” come Zooglea, Pseudomonas,Citromonas, capaci di produrre una matrice
gelatinosa eso-polisaccaridica , che batteri filamentosi come Spherotilus. Questi ultimi
sono fondamentali per conferire al fiocco una “ossatura”che dia al particolato organico,
inorganico e batteri una “struttura portante”. In assenza di struttura il fiocco è piccolo, Depurazione delle acque 52 Impianti a fanghi attivi
debole, tondeggiante e può sfaldarsi facilmente e decantare con difficoltà. In presenza di
un corretto rapporto fiocco-formatori – filamentosi il fiocco avrà dimensioni medio
grandi, resisterà alla turbolenza dell’aerazione, sarà abbastanza pesante per separarsi
dal surnatante ed ispessirsi nella fase di sedimentazione. Quando, invece, i batteri
filamentosi si accrescono eccessivamente, si protendono al di fuori del fiocco creando
ponti tra i fiocchi che, leggeri e “gonfi”, sedimenteranno con difficoltà.
Strategie di controllo del bulking
I parametri di controllo del bulking filamentoso sono:
l’SVI (un valore limite molto usato è 300 ml/gr);
la lunghezza totale dei filamenti;
il conteggio dei filamenti.
Le strategie di controllo sono principalmente:
- aggiunta di sostanze chimiche con azione tossica o aggregante la biomassa;
- modificazioni delle condizioni operative (età del fango, tenore dell’ossigeno
disciolto, correzione delle caratteristiche del liquame influente);
- modificazioni dello schema d’impianto con l’introduzione di zone in grado di
influenzare la composizione microbica della biomassa.
La prima strategia viene impiegata nel caso di bulking “acuto” (dovuto a cause
accidentali) mentre le altre nel caso di bulking “cronico” (dovuto a cause strutturali).
Lo schema sottostante riassume le linee guida per la possibile soluzione del problema
bulking.
Depurazione delle acque 53 Impianti a fanghi attivi
Bulking acuto (possibili rimedi):- clorazione ricircolo- impianto in anaerobiosi per 24
ore- aggiunta di proteine per sbilanciare la “dieta” dei batteri filamentosi
- polielettrolita
Bulking cronico:
ricerca cause analisi microscopica
del fiocco
Bulking acuto
Le cause di questo tipo di bulking sono difficili da individuare perché sostanzialmente i
fenomeni che lo provocano intervengono per brevissimo tempo (sversamenti saltuari di
sostanze tossiche, acidi, basi, scarichi caldi o freddi, scarico abusivo di autospurghi,
ecc.). Di solito quando l’operatore si accorge del problema la causa che lo ha provocato
ha già cessato di esistere. Si tratta dunque, da un lato di ripristinare più brevemente
possibile l’equilibrio batterico cercando di sfavorire le forme filamentose (mediante una
ben dosata disinfezione con ipoclorito o acqua ossigenata) e dall’altro favorire la
sedimentabilità del fango mediante l’aggiunta di opportuni coagulanti (polielettroliti).
Bulking cronico
La ricerca delle cause è fondamentale e va effettuata con estrema cura e con
particolare riguardo alle variazioni nel tempo dei vari parametri, avvalendosi oltre che
di analisi chimico-fisiche (concentrazioni di: ossigeno disciolto, BOD5, Ca, N, P, solventi,
metalli, tossici specifici, pH, temperatura ecc. ) anche di analisi microbiologiche.
A tale proposito la tabella sottostante mostra l’associazione tra condizioni ambientali e
tipo di batteri filamentosi predominanti
Depurazione delle acque 54 Impianti a fanghi attivi
Bulking da basso o s s i g e n o disciolto:
- > aerazione- < Fc- < spurgo
Bulking da basso Fc:
- < MLSS-miscelazione a pistone
- selettore
B u l k i n g d a solfuri
Liquame settico:
- > aerazione-dosaggio ossidanti in ingresso
B u l k i n g d a d e f i c i t d i nutrienti:
-dosaggio di nutrienti
Bulking da basso pH:
-Correzione del pH
Condizioni Batterio filamentoso
Basso ossigeno discioltoSpherotilus natans
Haliscomenobacter hydrossis
Basso carico
Microthrix parvicella
Nocardia
Haliscomenobacter hydrossis
Acque settiche, solfuriThiothrix
Beggiatoa
Carenza di nutrienti
Thiothrix
Spherotilus natans
Haliscomenobacter hydrossis
Basso pH funghi
Le brusche variazioni di molti parametri possono essere eliminate o diminuite
mediante l’adozione di vasche di equalizzazione o di selettori. Il selettore è una vasca
di piccolo volume o una serie di vasche di piccolissimo volume (1/20 della vasca di
aerazione), poste prima della vasca di aerazione, in cui avviene un rapido contatto (20 –
30 minuti) tra il ricircolo e il liquame grezzo con lo scopo di favorire la crescita dei
batteri fiocco-formatori a scapito dei filamentosi.
Pin-point
Si definisce in tal modo il fenomeno di sfaldamento del fiocco, che normalmente
si manifesta a bassi valori del fattore di carico organico, e dà origine ad un effluente
ricco di piccoli solidi sospesi e quindi di BOD5 ma in genere non torbido.
La rottura dei fiocchi, oltre che dal basso Fc, può essere provocata anche da effetti
tossici di metalli o disinfettanti.
Il pin –point può essere tenuto sotto controllo da un efficace dosaggio (1 – 2
ppm) di polielettroliti cationici.
Rising sludge
Con questo termine s’intende il fenomeno per cui i fanghi galleggiano nel
sedimentatore finale e, a seconda dell’entità del fenomeno, possono formare grossi strati
(anche di 20 cm e più).
Depurazione delle acque 55 Impianti a fanghi attivi
La causa della risalita è da imputarsi alla denitrificazione batterica che s’instaura
sul fondo del sedimentatore (quando hanno elevati tempi di ritenzione del fango), con il
risultato che grossi blocchi, ricchi di bollicine d’azoto risalgono alla superficie ed
“esplodono” allargandosi in chiazze scure.
I rimedi al problema sono diversi a seconda della sua entità. Se il fenomeno è
poco marcato conviene aumentare il ricircolo del fango e diminuire così il tempo di
permanenza del fango in anossia nel sedimentatore; nei casi più gravi invece, quando è
possibile, si opera in modo da far aumentare l’Fc, quindi diminuire l’età del fango, in
modo da evitare la nitrificazione (in questo caso si ritroverà NH3 nell’effluente). In
questo ultimo caso contestualmente, sempre per impedire la nitrificazione, si può
tentare di ridurre la concentrazione dell’ossigeno in vasca di aerazione.
Formazione di schiume (foaming)
Un altro dei problemi associati agli impianti a fanghi attivi è rappresentato dalla
formazione di schiume sia a livello dei reattori biologici che dei sedimentatori. Esse
rendono impossibile un controllo efficace delle concentrazioni del fango giacché nella
schiuma rimane intrappolata una gran quantità (fino al 40%) dei solidi presenti nel
sistema, inoltre nei sedimentatori, essendo in superficie, può causare una notevole
fuoriuscita di solidi.
Tra i vari tipi di schiume che si possono formare quella più frequente e dannosa è
una schiuma di colore marrone, spessa, viscosa e stabile; essa è dovuta, sembra,
all’eccessiva proliferazione del microrganismo Nocardia amarae che oltre ad essere un
battere fortemente idrofobo sembra essere capace di produrre sostanze tensioattive
durante la metabolizzazione di idrocarburi.
Le cause determinanti di questo tipo di fenomeno sono a tutt’oggi ancora poco
conosciute, non esistono quindi ancora dei rimedi sicuri ed efficaci, ma tutta una serie di
indicazioni derivanti da tentativi che hanno dato esiti positivi (diminuzione dell’età del
fango aumentando la portata del fango di supero, immissione di surnatante di fango
digerito per via anaerobica [!?], uso di antischiuma o spruzzi d’acqua, cessazione
dell’aerazione per alcune ore, rimozione fisica della schiuma, ecc.)
SOFTWARE PER LA DIAGNOSTICA
Depurazione delle acque 56 Impianti a fanghi attivi
In questi ultimi anni sono apparsi molti software per la diagnostica dei fanghi
attivi. Per esempio il programma “DFA” di Vismara et al. si basa su di una serie di check
up visivi e strumentali.
In linea di massima il funzionamento del programma è il seguente:
1.l’Operatore, anche NON SPECIALIZZATO effettua in poco tempo (∼1 ora) una prima
fase di valutazione di screening (soprattutto visiva) e la immette come dati di INPUT nel
Programma;
2.il Programma presenta una o più ipotesi di diagnosi e suggerisce valutazioni o misure
da attuare per confermare o meno quelle ipotesi;
3.l’Operatore per mezzo di queste informazioni e/o di altre misure individua la diagnosi
giusta e la immette nel Programma;
4.con queste dati il Computer suggerisce all’operatore gli interventi da attuare per
eliminare le cause del malfunzionamento.
Per esempio:
1) Valutazione di screening (da parte dell’operatore): blocchi di fango di colore nero o
grigio sulla superficie del sedimentatore
2) Ipotesi di diagnosi (da parte del computer): - ricircolo aerato eccessivo
- mancanza di corrente elettrica
- rottura delle lame di raccolta fanghi del sedimentatore
e inoltre suggerimenti che permettono di individuare, tra le diagnosi ipotizzate, quella
realmente responsabile dei blocchi di fango
3) Individuazione della diagnosi giusta (da parte dell’Operatore): - ricircolo aerato
eccessivo
5) Suggerimenti (da parte del Computer): - diminuire la portata di ricircolo.
Depurazione delle acque 57 Impianti a fanghi attivi
Reattori biologici a biomassa fissa
Sono stati progettati e costruiti sistemi di depurazione biologica ad alto rendimento
dove, diversamente dai depuratori a fanghi attivi nei quali i batteri risultano
uniformemente dispersi nelle acque da depurare, la biomassa è fissa, aderisce cioè a
un supporto opportuno formato da materiale inerte.
A seconda del tipo di supporto inerte usato i sistemi a biomassa fissa si dividono in:
• impianti a filtri percolatori (o biofiltri o letti percolatori)
• impianti a biodischi (o dischi biologici)
14.1 – I filtri percolatori
La forma più semplice di questi dispositivi (vedi figura 14.1) è costituita da una vasca
cilindrica della profondità media di 2 – 3 metri (esistono anche vasche di profondità
maggiore) riempita di materiale inerte e non strutturato: pietrisco, pezzi di carbone,
scorie d’altoforno pezzi di materiale plastico ecc. con dimensioni varianti da 2 a 8 cm,
o con materiale strutturato formato in genere da profilati in materiale plastico. Nella
parte inferiore il sistema è dotato di uno strato drenante in grado di lasciar passare i
liquami ma capace di trattenere il materiale inerte di dimensioni minori.
I liquami da trattare, che normalmente devono essere chiarificati, devono essere stati
cioè sottoposti a una efficiente serie di trattamenti preliminari, vengono spruzzati
dall’alto e da qui percolano attraverso il letto di materiale inerte bagnandone la
superficie. Dopo una fase iniziale di adattamento, della durata di qualche settimana,
sulla superficie del materiale inerte si forma una pellicola (membrana biologica)
della spessore di 2 – 3 mm formata da batteri facoltativi, funghi, alghe, protozoi e in
alcuni casi anche organismi più complessi quali insetti. La composizione della
membrana biologica è normalmente più complessa della flora batterica presente negli
impianti a fanghi attivi.
Depurazione delle acque 59 Impianti a filtri percolatori
Figura 14.1 – Schema generale di un filtro percolatore
I liquami che attraversano il filtro percolatore non riempiono completamente lo
spazio vuoto ma bagnano solamente la superficie del materiale inerte formando una
pellicola d’acqua sugli elementi che lo costituiscono, mentre negli spazi vuoti rimasti
circola liberamente l’aria atmosferica.
Le acque che percolano attraverso il materiale inerte e che contengono le sostanze
biodegradabili (BOD solubile), oltre a una piccola quantità di solidi sospesi colloidali
non sedimentabili e materiale non biodegradabile, venendo a contatto con la
membrana biologica cedono a questa le sostanze che verranno in parte metabolizzate
e in parte usate come materiale per la generazione di altri batteri.
Lo strato di acqua che bagna il materiale di riempimento del filtro percolatore si può
considerare come formato da due strati distinti. Il primo, a contatto con la pellicola
biologica, è formato da acqua che si muove con moto laminare mentre nel secondo,
più esterno, il moto dell’acqua è turbolento (vedi figura 14.2).
Le sostanze biodegradabili diffondono verso la pellicola biologica attraverso lo strato
di acqua in moto laminare grazie al gradiente di concentrazione che si viene a creare.
Allo stesso modo avviene la diffusione dell’ossigeno dall’aria, contenuta negli spazi
vuoti, verso lo strato di batteri aderenti al materiale inerte (pellicola biologica). Anche
in questo caso il flusso è dovuto alla differenza di concentrazione che si stabilisce ai
lati dello strato acquoso.
I prodotti del metabolismo, principalmente anidride carbonica, fluiscono invece in
senso inverso dal momento che, formandosi nello strato di batteri, la loro
concentrazione è maggiore a livello della pellicola biologica rispetto alla zona interna
dello strato in moto turbolento.
Depurazione delle acque 60 Impianti a filtri percolatori
Figura 14.2 – Flusso delle sostanze attraverso la pellicola di acqua aderente al
materiale inerte
Depurazione delle acque 61 Impianti a filtri percolatori
Così come avviene per le particelle solide sedimentabili presenti negli impianti a
fanghi attivi, anche la membrana biologica dei filtri percolatori assorbe non
solamente le sostanze organiche biodegradabili ma anche quelle inerti, i solidi
colloidali e parte dei solidi disciolti presenti nelle acque da depurare. Questo processo
porta a un continuo e costante aumento dello spessore dello strato batterico che, in
mancanza di meccanismi atti alla sua riduzione, causerebbe in breve tempo
l’intasamento del filtro.
Mano a mano però che lo spessore della membrana biologica aumenta la diffusione
dell’ossigeno nella zona interna diventa sempre più difficile e le reazioni biochimiche
passano da quelle di tipo aerobico a quelle di tipo anaerobico. Fra la superficie del
materiale inerte e la pellicola biologica si forma uno strato anaerobico nel quale
l’ossigeno non riesce a diffondere (vedi figura 14.2 in basso) In questa situazione,
nella zona di contatto fra la membrana biologica e il materiale inerte, si ha la
formazione di sostanze gassose, metano, ammoniaca e idrogeno solforato, oltre a una
certa quantità di anidride carbonica (biogas), che causano il distacco della pellicola
biologica dalla superficie del supporto inerte (vedi figura 14.3).
Tale meccanismo causa un continuo rinnovamento della pellicola biologica e la
formazione di frammenti solidi che vengono trascinati verso il basso del filtro
percolatore (fango).
Depurazione delle acque 62 Impianti a filtri percolatori
Fig 14.3 – Ciclo di formazione e distacco della pellicola biologica
Le acque che escono dal fondo del filtro percolatore saranno perciò formate da una
sospensione di solidi sedimentabili, costituiti da batteri attivi e altri microrganismi
oltre che da solidi inerti non biodegradabili. Anche se la composizione dei solidi
sedimentabili è diversa da quella che si ottiene negli impianti a fanghi attivi si
verifica, anche in questo caso, la trasformazione del BOD solubile in BOD
sedimentabile e pertanto sarà necessaria una successiva fase di sedimentazione per
separare la parte solida dalle acque depurate e chiarificate.
La maggior parte del BOD viene eliminato nella parte superiore del filtro percolatore
mentre nella parte inferiore si hanno processi di affinamento.
Le acque da depurare vengono alimentate nella parte superiore del filtro percolatore
usando uno spruzzatore rotante munito di numerosi ugelli. La quantità di liquami
inviati al filtro non deve essere eccessiva per evitare che questo si riempia
completamente impedendo la libera circolazione dell’aria
Depurazione delle acque 63 Impianti a filtri percolatori
Per poter essere trattate nei filtri percolatori i liquami devono essere ben chiarificati e
quindi devono essere stati sottoposti a efficaci trattamenti preliminari e a una buona
sedimentazione primaria, infatti, oltre all’ovvia fase di grigliatura si devono eseguire
anche le fasi di dissabbiatura, disoleatura e sedimentazione primaria perché:
• i materiali sabbiosi si accumulerebbero nei digestori anaerobici, usati
nel trattamento dei fanghi, riducendone il volume utile disponibile e
impedendone un corretto svuotamento;
• le sostanze oleose, aderendo alla membrana biologica, ne
diminuirebbero fortemente la capacità di ossigenazione e l’attività
batterica;
• i solidi sospesi, non eliminati con una preventiva fase di
sedimentazione, si depositerebbero negli spazi vuoti all’interno del
materiale inerte intasando in breve tempo il filtro.
Lo schema classico di un impianto a filtro percolatore è simile a quello classico a
fanghi attivi con due differenze: la vasca di aerazione viene sostituita dal filtro
percolatore e non viene effettuato il riciclo dei fanghi (vedi figure 14.4 e 14.5).
Depurazione delle acque 64 Impianti a filtri percolatori
Figura 14.4 – Schema a blocchi di un impianto a filtro percolatore
I liquami che vengono raccolti sul fondo del filtro percolatore sono formati da una
sospensione acquosa contenente le parti della membrana biologica che si sono
distaccate dal materiale inerte, a causa del meccanismo descritto in precedenza, e
acqua con un BOD residuo (solubile) ridotto.
L’eliminazione del BOD, che in questa fase risulta concentrato nella parte dei solidi
sospesi sedimentabili, si può realizzare separando le sostanze in sospensione
dall’acqua (sedimentazione secondaria) e sottoponendo i fanghi ottenuti a un
processo di stabilizzazione, realizzato mediante fermentazione anaerobica oppure per
ossidazione aerobica in apposite vasche di aerazione (vedi gli esempi descritti anche
negli impianti a fanghi attivi) o ancora mediante trattamenti chimici opportuni (per
la descrizione di queste tecniche vedere in seguito).
Depurazione delle acque 65 Impianti a filtri percolatori
Figura 14.5 – Schema classico di un impianto a filtro percolatore
A differenza dei fanghi attivi i filtri percolatori godono di ossigenazione naturale:
l’aria atmosferica circola all’interno del filtro grazie ad apposite “finestrelle” poste
sull’intera circonferenza e situate nella parte bassa del filtro stesso. La circolazione
dell’aria è favorita dalla differenza di temperatura tra l’esterno e l’interno: in estate
l’aria esterna più calda entra dall’alto, si raffredda ed esce dal basso; in inverno si ha
il movimento opposto. Ossigenazione non ottimale si ha nei periodi in cui le
temperature, esterna e interna, sono simili.
14.2 - Confronto fra gli impianti a filtri percolatori e quelli a fanghi attivi
Rispetto agli impianti a fanghi attivi quelli a filtri percolatori presentano i seguenti
vantaggi:
• minor consumo di energia. Nei filtri percolatori lo scambio di ossigeno avviene
per aerazione naturale e non necessita di dispositivi elettromeccanici che
consumano rilevanti quantità di energia;
• numero di microrganismi attivi costante. Mentre negli impianti a fanghi
attivi si può avere, nel caso di un improvviso aumento del carico idraulico, una
diluizione della quantità di microrganismi contenuti nella vasca di aerazione, nei
filtri percolatori questo non può avvenire dal momento che i batteri sono
saldamente ancorati al materiale inerte;
• indipendenza da variazioni improvvise di carico organico. Così come per
le improvvise variazioni di carico idraulico i filtri percolatori sopportano meglio le
improvvise variazioni di carico organico rispetto agli impianti a fanghi attivi;
• assenza di schiume nel sedimentatore secondario. L’efficiente fase di
disoleazione effettuata sui liquami grezzi evita che nel sedimentatore secondario si
formino schiume;
• fanghi con migliore sedimentabilità. I fanghi che si formano negli impianti a
filtri percolatori hanno una densità maggiore e quindi sedimentano con più facilità
di quelli prodotti negli impianti a fanghi attivi;
• migliore gestione del sedimentatore secondario. Il ridotto carico organico
superficiale dei solidi sospesi facilita in modo sostanziale il compito del SED II.
Depurazione delle acque 66 Impianti a filtri percolatori
• funzionamento più semplice. L’assenza di apparecchiature elettromeccaniche
rende il funzionamento dei filtri percolatori più sicuro dal momento che la
necessità di interventi di manutenzione è quasi nulla;
• maggiore resistenza alla presenza di fattori tossici. Le membrane, per loro
costituzione, sono più resistenti perché molto meno permeabili dei fiocchi.
Gli svantaggi sono invece:
• grande rigidità dell’impianto. Impossibilità di regolare la quantità dei
microrganismi (come con il ricircolo del fango nei fanghi attivi) e scarsa possibilità
di regolare l’ossigenazione (si può tentare di regolare il grado di apertura delle
“finestrelle”, ma è poco funzionale);
• emissione di odori sgradevoli soprattutto durante il periodo estivo. Per
la presenza di qualche zona poco ossigenata e quindi soggetta a reazioni
anaerobiche;
• possibile sviluppo di insetti;
• a parità di potenzialità depurativa maggiore superficie richiesta;
• rendimenti depurativi minori nel periodo invernale. L’attività della
membrana biologica è molto influenzata dalla temperatura esterna;
• tempi di riattivazione lunghi. Nel caso in cui la membrana biologica sia stata
disattivata da fattori tossici ci vuole molto tempo prima che il filtro sia di nuovo in
condizione di depurare (riformazione delle membrane);
• maggiore costo di istallazione. La maggior parte della messa in opera del
riempimento deve essere fatta manualmente per evitare la frantumazione del
riempimento con gravi pericoli di futuri intasamenti.
14.3 - Dimensionamento del filtro: il fattore di carico volumetrico (Fcv) e il carico
idraulico superficiale (Cis)
Come per gli impianti a fanghi attivi anche in quelli a filtri percolatori si potrebbe
definire un parametro “fattore di carico organico” utile alla loro classificazione.
Tuttavia, mentre nel primo caso la massa dei batteri attivi può essere messa in
relazione alla quantità totale di solidi sedimentabili, nel caso attuale questo
parametro non è determinabile a causa dell’impossibilità di valutare il peso della
pellicola biologica che si sviluppa sul materiale inerte.
Depurazione delle acque 67 Impianti a filtri percolatori
E’ possibile però, partendo dall’ipotesi che la quantità di membrana biologica
aderente al materiale inerte sia costante nel tempo, che sia proporzionale alla
superficie del materiale inerte e che le dimensioni del materiale filtrante siano
omogenee, supporre che la massa dei batteri attivi sia proporzionale al volume di
contatto fra liquami e materiale inerte.
Si può allora definire un altro parametro, analogo a quello usato per gli impianti a
fanghi attivi, chiamato “fattore di carico organico volumetrico (FCV)” definito
come rapporto fra la quantità di BOD fornito giornalmente all’impianto, misurato
perciò in kg(BOD5)/giorno, e il volume di contatto espresso in m3.
In modo simile a quanto fatto con i sedimentatori è possibile definire anche un altro
parametro utile al dimensionamento degli impianti a filtri percolatori; questo
parametro è il “carico idraulico superficiale (CIS)” definito come il volume di
liquami spruzzati sull’unità di superficie del letto percolatore nell’unità di tempo e
misurato perciò in m3/m2·gg (o più frequentemente m3/m2·h).
Dalla conoscenza del fattore di carico organico volumetrico, il volume del filtro si
trova:
⇒
Allo stesso modo dal carico idraulico superficiale, la superficie di base del filtro si
trova:
⇒
Conoscendo il volume e la superficie è agevole trovare l’altezza e il diametro del filtro.
Similmente a quanto fatto con gli impianti a fanghi attivi anche i filtri percolatori
vengono classificati sulla base del fattore di carico organico volumetrico; nel loro caso
la suddivisione è più semplice, le categorie infatti sono solo due:
• impianti a filtri percolatori a basso carico
• impianti a filtri percolatori ad alto carico.
Depurazione delle acque 68 Impianti a filtri percolatori
14.4 - Filtri percolatori a basso carico
Nei filtri percolatori a basso carico si mantiene un fattore di carico organico
volumetrico compreso fra 0,1 e 0,4 kg(BOD5)/m3·giorno e un carico idraulico
superficiale compreso fra
0,05 e 0,25 m3/m2·h che, per un carico organico specifico che varia da
45 a 60 g(BOD5)/abitante·giorno), corrisponde al trattamento dei liquami
prodotti da un numero di abitanti che varia fra 2 e 9 per ogni m3 di impianto.
Parametri usati nei filtri percolatori a basso carico
0,1 < FCV < 0,4
0,05 < CIS < 0,25
Dal confronto dei valori riportati sopra con quelli corrispondenti, relativi agli
impianti a fanghi attivi (FCV che varia da 0,7 a 1,5 kg(BOD5)/m3·giorno), si vede che, a
parità di potenzialità, le superfici necessarie per gli impianti a filtri percolatori sono
maggiori di quelle richieste per i fanghi attivi. Per impianti ad alto carico queste
differenze risultano molto meno marcate.
Nei filtri percolatori a basso carico il distacco della membrana biologica produce un
fango con particelle compatte con alta densità e quindi un basso indice del volume del
fango (SVI). Questo fango dunque possiede una elevata sedimentabilità. Inoltre, visto
il basso carico organico volumetrico, il fango che viene inviato alla digestione
anaerobica risulta già parzialmente mineralizzato.
Gli impianti a filtri percolatori a basso carico usati per comunità medio piccole
possono fare uso di fosse Imhoff che funzionano sia da sedimentatori che da
digestori.
Gli schemi possibili sono:
• con fossa Imhoff usata sia come sedimentatore primario che come digestore e un
sedimentatore secondario classico (vedi figura 14.6);
• con due fosse Imhoff usate sia come sedimentatore primario che secondario e
come digestori.
Depurazione delle acque 69 Impianti a filtri percolatori
Fig. 14.6 – Schema a blocchi di un impianto con fossa Imhoff
Lo schema dello stesso impianto completato con i trattamenti preliminari di
grigliatura, desabbiatura e disoleazione è riportato nella figura 14.7.
Fig. 14.7 – Filtro percolatore con fossa Imhoff come sedimentatore primario
Depurazione delle acque 70 Impianti a filtri percolatori
Fig. 14.8 – Schema a blocchi di impianto a filtro percolatore e due fosse Imhoff
In impianti molto piccoli la fase di sedimentazione secondaria può essere sostituita
da un semplice pozzetto oppure mancare del tutto rendendo possibile, in casi
particolari, per esempio quando il corpo recettore ha un alto potere autodepurante,
l’esecuzione dello scarico delle acque in uscita dal filtro percolatore, direttamente nel
corpo recettore finale.
Se il sedimentatore secondario viene sostituito da una seconda fossa Imhoff allora si
evita anche la necessità di trasferire i liquami da digerire dalla fase di sedimentazione
secondaria alla fossa Imhoff che funziona come sedimentatore primario e di gestore
(vedi schema di figura 14.7).
L’impianto così realizzato possiede una rilevante semplicità di funzionamento (vedi
figg. 14.8 e 14.9)
Depurazione delle acque 71 Impianti a filtri percolatori
Figura 14.9 – Impianto a filtro percolatore con due fosse Imhoff
Si deve precisare tuttavia che le acque in uscita dalla 2° fossa Imhoff possono avere
un BOD piuttosto elevato (una parte di sostanze organiche solubili passano dal
comparto di digestione a quello di sedimentazione).
Quando si usano impianti con un fattore del carico organico volumetrico molto basso
(≤ 0,08), come nel caso di trattamento dei liquami prodotto da comunità molto
piccole, la quantità di fanghi in uscita dal filtro percolatore è poca e parzialmente
mineralizzata. In questo caso, se il recettore finale possiede buone capacità
autodepurative, è possibile scaricare le acque in uscita dal filtro percolatore senza
sottoporle a nessun trattamento ulteriore.
14.5 - Filtri percolatori ad alto carico o intensivi
In questi tipi di impianto si mantiene un valore del fattore di carico organico
volumetrico compreso fra 0,4 e 1,1 kg(BOD5)/m3·giorno che ci permette di
trattare i liquami prodotti da 10 – 25 abitanti per ogni m3 di materiale inerte di
supporto, e un carico idraulico superficiale compreso fra
0,6 e 1,6 m3/m2·h.
Parametri usati nei filtri percolatori a alto carico
0,4 < FCV < 1,1
0,6 < CIS < 1,6
Poiché si fornisce una elevata quantità di substrato la crescita è rapida e la pellicola
biologica presente sul materiale inerte acquista in breve tempo spessori rilevanti.
Occorre allora operare in modo che l’elevata quantità di solidi che si liberano quando
la membrana si sfalda (vedi figura 14.3) causi l’intasamento del filtro andando a
depositarsi negli spazi liberi utilizzati per il passaggio dell’aria.
Per ottenere questo risultato si può aumentare il carico idraulico, cioè la portata dei
liquami che attraversano il materiale inerte, in modo da effettuare una specie di
lavaggio del filtro. Si usa allora una parte dell’acqua depurata, uscente dalla fase di
sedimentazione secondaria, che ha un BOD molto basso e non contribuisce perciò al
valore del carico organico delle acque che entrano nel filtro percolatore (vedi figura
14.10). Questa operazione ha anche l’effetto di mantenere lo spessore della
membrana biologica a valori non troppo elevati in modo che non sia impedita
l’ossigenazione dello strato più interno.
Depurazione delle acque 72 Impianti a filtri percolatori
A tale proposito si definisce rapporto di ricircolo (R) il rapporto fra la portata di
liquami che viene rimandata al filtro percolatore (Qr) e quella dei liquami che entrano
nell’impianto (Qi), cioè:
(14.4)
Valori del rapporto di ricircolo comunemente adottati sono compresi fra
2 e 3 in modo, comunque, da mantenere, nel filtro percolatore, un valore del BOD5
compreso fra 100 e 150 ppm.
Filtro percolatore
Vasca di raccolta
Digestore anaerobico
Essiccamento fanghi
Fanghi secondari
Riciclo delle acque depurate
Acque depurate allo smaltimento
Fanghi totali
Fango essiccato allo smaltimento
Sedimentazione secondaria
Sedimentazione primaria
Figura 14.10 – Schema a blocchi di un impianto a filtro percolatore ad alto carico
Lo schema dello stesso impianto completato con i trattamenti preliminari di
grigliatura, desabbiatura e disoleazione è riportato nella figura 14.11.
Depurazione delle acque 73 Impianti a filtri percolatori
Uscita acque depurate
Smaltimento fanghi
Filtro percolatore
Sedimentatore secondario
Sedimentatore primario
Fanghi di supero
Digestore anaerobico
Uscita biogas
Fanghi prim
ari
e di su
per
o
Ric
iclo
su
rnat
ante
Uscita sostanze oleoseUscita sabbie
Disoleatore
Desabbiatore
Grigliatura
Letto di essiccamento dei fanghi
Ricircolo acque depurate
Vasca di raccolta delle acque
Figura 14.11 – Schema di impianto con filtro percolatore ad alto carico
Come già visto nel caso degli impianti a filtro percolatore a basso carico, quando il
liquami da trattare sono quelli prodotti da una comunità medio piccola si può
convenientemente sostituire il sedimentatore primario con una fossa Imhoff in modo
da eliminare anche il digestore anaerobico (vedi figure 14.12 e 14.13).
Filtro percolatore
Vasca di raccolta
Essiccamento fanghi
Fanghi secondari
Riciclo delle acque depurateAcque depurate allo smaltimento
Fanghi stabilizzati
Fango essiccato allo smaltimento
Sedimentazione secondaria
Fossa Imhoff
Figura 14.12 – Filtro percolatore a alto carico con fossa Imhoff
Smaltimento fanghi
Fanghi secondari
Uscita sostanze oleose
Uscita sabbie
Disoleatore
Desabbiatore
Grigliatura
Letto di essiccamento dei fanghi
Uscita acque depurate
Filtro percolatore
Sedimentatore
Fossa Imhoff
Fanghi
stab
ilizz
ati
Ricircolo acque depurate
Vasca di raccolta delle acque depurate
Figura 14.13 – Impianto ad alto carico con fossa Imhoff
Depurazione delle acque 74 Impianti a filtri percolatori
Uno schema alternativo a quelli visti sopra (figure 14.11 e 14.13) consiste nel
sistemare la vasca di accumulo delle acque per il ricircolo prima della sedimentazione
secondaria. Con questa disposizione si riduce in maniera rilevante la quantità di
acqua che deve essere trattata nel sedimentatore secondario [da (1+R)·Qi a Qi] e di
conseguenza si riducono le dimensioni della vasca di sedimentazione.
Le acque riciclate, anche se hanno un basso valore del BOD5, contengono ancora i
solidi sedimentabili e quindi il loro ricircolo non può essere fatto direttamente nel
filtro percolatore, perché ne causerebbero l’intasamento in breve tempo, ma deve
avvenire nel sedimentatore primario (modificando lo schema di fig 14.11) o nella
fossa Imhoff (modificando lo schema di figura 14.13) vedi schema a blocchi di figura
14.14 e figura 14.15.
Figura 14.14 – Impianto a alto carico con vasca di accumulo prima del sedimentatore
Negli impianti di maggiori dimensioni, quelli che non possono usare le fosse Imhoff
ma devono essere dotati di due vasche di sedimentazione, è possibile eliminare la
vasca di raccolta prelevando la quantità di liquami per il riciclo dal fondo della vasca
di sedimentazione secondaria. In questo caso non vengono riciclati solamente i
fanghi sedimentati ma una miscela di fanghi e di acqua chiarificata. Usando questo
schema di progetto risulta evidente che i liquami devono essere necessariamente
Depurazione delle acque 75 Impianti a filtri percolatori
riciclati alla sedimentazione primaria dal momento che contengono tutto il materiale
sedimentabile che si è separato dai liquami depurati (vedi figura 14.15).
Figura 14.15 – Impianto a alto carico senza vasca di accumulo e riciclo
Nelle figure che seguono sono rappresentati gli schemi di impianto relativi agli
schemi a blocchi delle figure 14.14 e 14.15.
Depurazione delle acque 76 Impianti a filtri percolatori
Figura 14.16 – Alto carico con vasca di accumulo prima del sedimentatore
Figura 14.17 – Impianto senza vasca di accumulo
I vantaggi dei filtri percolatori a alto carico consistono in una potenzialità specifica
più alta e una certa capacità di regolazione fornita dal riciclo delle acque di lavaggio.
Hanno tuttavia rendimento depurativo minore e producono fanghi che sono di tipo
fioccoso più simili a quelli prodotti negli impianti a fanghi attivi perciò con
Depurazione delle acque 77 Impianti a filtri percolatori
caratteristiche di sedimentabilità e putrescibilità peggiori. Sono inoltre di
funzionamento più delicato perché devono essere muniti di pompe per il
trasferimento dei liquami e consumano più energia degli impianti a basso carico.
Sulla base delle considerazioni precedenti si può perciò affermare che, eccetto che per
impianti di alta potenzialità, è sempre più conveniente usare impianti a basso carico.
14.6 - Rendimenti depurativi
I rendimenti depurativi degli impianti a filtri percolatori sono generalmente inferiori
a quelli a fanghi attivi e sono fortemente influenzati dal fattore di carico organico
volumetrico e dalla temperatura esterna.
Dall’esame statistico dei valori del rendimento depurativo ottenuto in diversi
impianti a filtri percolatori, con valori diversi del fattore del carico organico
volumetrico, è stata ricavata una formula empirica che fornisce il valore
dell’abbattimento percentuale del BOD5 in funzione del fattore di carico organico
volumetrico:
(14.6)
Questa formula è riportata graficamente in figura 14.19 nella quale l’area in grigio
rappresenta il valore dell’incertezza.
Depurazione delle acque 78 Impianti a filtri percolatori
Figura 14.19 – Rendimenti depurativi dei filtri percolatori in funzione del fattore di
carico organico volumetrico
Per filtri percolatori ad alto carico, con riciclo delle acque per il lavaggio, il
rendimento è influenzato anche dal rapporto di ricircolo e l’equazione 14.6 diventa:
(14.7)
dove:
(14.8)
ed R indica il rapporto di ricircolo.
Riportando i rendimenti depurativi in funzione del fattore di carico volumetrico per
valori diversi del rapporto di riciclo per i filtri percolatori a alto carico si ottiene il
grafico riportato in figura 14.20
Depurazione delle acque 79 Impianti a filtri percolatori
Figura 14.20 – Rendimenti depurativi in filtri percolatori a alto carico
Come abbiamo già detto i rendimenti depurativi dei filtri percolatori sono fortemente
influenzati dalla temperatura nel senso che basse temperature ambientali hanno una
incidenza negativa molto più alta rispetto agli impianti a fanghi attivi.
Analisi statistiche realizzate in condizioni estive, con una temperatura superiore a 18
°C e in condizioni invernali con temperature medie inferiori a 10 °C hanno fornito i
risultati riportati nel grafico di figura 14.21.
Depurazione delle acque 80 Impianti a filtri percolatori
Figura 14.21 – Rendimenti depurativi in funzione della temperatura
Per le due curve è possibile scrivere, per il rendimento, delle equazioni
semiempiriche; le condizioni estive (temperature medie superiori a 18 °C) sono ben
rappresentate dall’equazione:
(14.9)
mentre per le condizioni invernali (temperature medie inferiori a 10 °C) abbiamo:
(14.10)
In alcuni casi potrebbe essere possibile usare il biogas che si forma nel digestore
anaerobico per riscaldare il letto percolatore. Tuttavia una tale soluzione rende più
costoso e più delicato l’impianto dal momento che si dovrebbe istallare un sistema
per lo scambio termico oltre alle apparecchiature elettromeccaniche per la
circolazione dei fluidi riscaldanti.
14.7 - Filtri percolatori con supporto in materiale plastico
Attualmente c’è la tendenza a sostituire il materiale inerte di riempimento dei filtri
percolatori con un materiale artificiale plastico che possiede una ben precisa
configurazione e che consente perciò di ottenere rapporti superficie di contatto/
volume del riempimento particolarmente elevati.
Questi tipi di filtri hanno anche il vantaggio di essere molto più leggeri rispetto a
quelli con riempimento tradizionale e possono essere costruiti con altezze maggiori,
inoltre il materiale del riempimento è non putrescibile, inerte e può essere montato
con estrema facilità.
Gli elementi del riempimento possono essere costruiti con tubi di PVC del diametro
di 8 cm, spessore di 1 – 2 mm e lunghezza che può arrivare fino a 6 m. L’interno del
tubo è diviso da diaframmi che conferiscono al materiale una struttura a nido d’ape
(vedi figura 14.22)
Depurazione delle acque 81 Impianti a filtri percolatori
In altri casi il riempimento del filtro è formato da blocchi rigidi di materiale plastico,
con struttura alveolare, formati da fogli ondulati opportunamente sagomati e saldati
fra loro.
Queste strutture obbligano le gocce d’acqua a seguire un percorso tortuoso in modo
da allungare il tempo di contatto con la pellicola biologica che ricopre il riempimento.
Nello stesso tempo l’aria può fluire con facilità fornendo l’ossigeno necessario alla
pellicola biologica.
Gli spazi liberi permettono inoltre una facile caduta del materiale solido che si
distacca evitando il possibile intasamento del filtro percolatore.
Questi sistemi consentono inoltre di costruire filtri percolatori di forma diversa da
quella cilindrica e di altezza che può arrivare a 10 m e costituire delle vere e proprie
torri filtranti
(vedi figura 14.22 - A) e B)
Depurazione delle acque 82 Impianti a filtri percolatori
Figura 14.22 – A) Struttura del
materiale plastico usato come
riempimento nei filtri percolatori
Figura 14.22 – B) Materiale plastico
alveolare per filtri percolatori
Depurazione delle acque 1 Impianti a filtri percolatori
Rispetto al materiale inerte tradizionale, quasi sempre costituito da pietre, il
materiale plastico presenta i seguenti vantaggi:
• le superfici specifiche di contatto sono comprese fra 100 e 200 m2/m3 contro 50 –
70 m2/m3 del materiale tradizionale, consentendo un maggior sviluppo di pellicola
batterica;
• il valore percentuale degli spazi vuoti è compreso fra il 93 e il 97% contro il 40 –
60% del tipo di riempimento tradizionale. Questo rende possibile una migliore
circolazione dell’aria e elimina il rischio di intasamento dovuto a uno sviluppo
eccessivo della pellicola batterica;
• i pesi variano fra 30 e 100 kg/m3 contro 800 – 1400 kg/m3 del materiale
tradizionale. In questo modo è possibile costruire letti filtranti di altezza maggiore,
fino a 10 m, consentendo il trattamento di carichi idraulici più elevati.
Grazie a queste particolari caratteristiche si possono costruire filtri percolatori ad alto
e altissimo carico nei quali il materiale tubolare viene disposto verticalmente in modo
da formare un vero e proprio fascio di tubi. L’acqua immessa dall’alto scorre
verticalmente verso il basso bagnando le pareti del materiale alveolare e l’aria fluisce
naturalmente in senso opposto. La pellicola biologica, che cresce sulle pareti esterne
e interne del materiale tubolare, assorbe e metabolizza sia le sostanze biodegradabili
che parte di quelle inerti formando nuovo materiale batterico. Il materiale
sedimentabile che si forma quando si distacca lo strato batterico aderente al
riempimento tubolare fluisce facilmente verso il basso senza pericolo di ostruzione
dello spazio vuoto. Questo permette di inviare al filtro percolatore anche liquami non
perfettamente chiarificati e addirittura di riciclare acque contenenti solidi in
sospensione.
Risulta perciò possibile semplificare notevolmente l’impianto sottoponendo i liquami
da trattare a una triturazione ed eventualmente, ma non necessariamente a
grigliatura fine o stacciatura, senza dover eseguire la sedimentazione primaria (Vedi
figura 14.24)
Depurazione delle acque 129 Impianti a filtri percolatori
N.B. : non è necessario il SED I !
Figura 14.24 – Schema impianto a filtro percolatore con triturazione
In questo impianto, che può essere costruito in maniera molto compatta, si può
sostituire il normale sedimentatore secondario con una fossa di sedimentazione del
tipo Dortmund. (vedi figura 14.25)
Figura 14.25 – Schema di filtro percolatore con trituratore e sedimentatore
Dortmund
Una ulteriore semplificazione si ottiene riciclando continuamente anche il fango
ottenuto nel sedimentatore secondario sottoponendolo cioè a una aerazione
prolungata. Il risultato è simile a quello degli impianti a fanghi attivi a ossidazione
Depurazione delle acque 130 Impianti a filtri percolatori
totale (carico del fango molto basso) per cui oltre all’abbattimento del BOD si ottiene
anche la mineralizzazione dei fanghi ottenuti che possono essere essiccati e scaricati
senza ulteriori trattamenti.
In questo ultimo caso è però necessario che il filtro percolatore lavori con un fattore
del carico organico volumetrico molto basso. Questo processo è chiamato anche a
filtrazione prolungata (vedi figura 14.26)
Figura 14.26 – Impianto a filtrazione prolungata
Nella figura 14.27 è riportato lo schema di impianto relativo allo schema a blocchi di
figura 14.26
Depurazione delle acque 131 Impianti a filtri percolatori
Ricircolo predisposto, ma non necessariamente in funzione
Figura 14.27 – Impianto a filtrazione prolungata
Come detto in precedenza questi impianti possono lavorare anche ad altissimo carico
(FCV compreso fra 1,0 e 1,6 kg(BOD5)/m3·giorno con punte massime che arrivano a 4
– 5 kg(BOD5)/m3·giorno e carichi idraulici superficiali fino a 6 m3/m2·h).
Queste condizioni di esercizio risulterebbero proibitive per gli impianti tradizionali
che si intaserebbero in breve tempo anche se si operasse con un alto riciclo delle
acque di lavaggio.
I rendimenti depurativi dei filtri percolatori ad alto carico non sono elevati:
mediamente 50 – 75% e si ha inoltre una elevata produzione di fanghi di supero.
L’applicazione di questi impianti non è rivolta a ottenere una depurazione spinta ma
come sistema preliminare di sgrossatura di acque particolarmente inquinate
come:
• trattamento di acque di origine industriale prima della loro immissione nel sistema
fognario comune;
• trattamento preliminare di liquami che verranno poi inviati a un impianto di
abbattimento finale del BOD.
In relazione al secondo punto sono stati costruiti impianti nei quali il filtro
percolatore costituisce la fase preliminare di depurazione che prosegue poi con il
trattamento a fanghi attivi (vedi figura 14.28). In questo modo si sono ottenuti i
seguenti vantaggi:
• diminuzione dei costi dovuti alla fase di aerazione nel trattamento a fanghi attivi
dal momento che buona parte del BOD è già stato abbattuto;
• funzionamento più stabile dell’intero impianto grazie all’effetto ammortizzante del
filtro percolatore che può sopportare variazioni repentine di carico organico e
idraulico;
Depurazione delle acque 132 Impianti a filtri percolatori
• protezione contro l’immissione di eventuali scarichi tossici;
• riduzione del fenomeno del bulking;
• possibilità di sfruttare impianti a fanghi attivi sottodimensionati.
Figura 14.28 – Filtro percolatore a alto carico con impianto a fanghi attivi
Produzione di fango di supero per i sistemi a biomassa adesa
In analogia con quanto si fa con gli impianti a fanghi attivi si può definire, sia per i
F.P. che per i biodischi, il parametro I (indice di produzione del fango) e dal suo
valore calcolare il fango prodotto.
Per impianti a basso carico si può contare su un indice di produzione del fango
nell’intervallo:
I = 0,4 ÷ 0,5 kg SS/kg BOD5 rimosso
mentre per impianti ad alto carico
I = 0,7 ÷ 0,8 kg SS/kg BOD5 rimosso
Conoscendo il rendimento depurativo dell’impianto possiamo calcolare il fango
prodotto:
Un altro modo per stimare la produzione di fango è quello che fa uso di dati
riportati dalla letteratura specifica (Imhoff e altri) per temperature intorno a 20 °C
Depurazione delle acque 133 Impianti a filtri percolatori
(vedi tabella sotto), ma considerati allo stato attuale non sufficientemente cautelativi.
Per temperature più basse la produzione di fango sarà maggiore.
Tipo di fango
Produzione
specifica in
volume
Qvspec (litri/
ab⋅gg)
Produzione
specifica in
volume
Qvspec (litri/
ab⋅gg)
Produzione
specifica in peso
SSspec (gr/
ab⋅gg)
Produzione
specifica in peso
SSspec (gr/
ab⋅gg)
Tenore in acqua
(%)
Tenore in acqua
(%)
Tipo di fango
Basso
carico
Alto
carico
Basso
carico
Alto
carico
Basso
caricoAlto carico
Fango fresco
secondario0,16 0,40 13 20 92 95
Fanghi combinati (I
+II)1,22 1,48 67 74 94,5 95
Da notare il tenore di acqua decisamente più basso di quello del fango proveniente
dagli impianti a fanghi attivi che si aggira su valori intorno al 98%.
Il calcolo della quantità di fango prodotto, come della portata volumetrica, si fa al
solito modo, conoscendo il numero di abitanti equivalenti:
SS= n. ab. ⋅ SSspec
Qv= n. ab. ⋅ Qvspec
Depurazione delle acque 134 Impianti a filtri percolatori
Esempio 14.2 - Fitro percolatore
Determinare il BOD in uscita dall’impianto, il diametro e l’altezza di un filtro
percolatore a basso carico (FCV = 0,4 kg(BOD5)/m3·giorno) con riempimento di
pietrisco sapendo che il carico idraulico è Qi = 2000 m3/giorno, che il BOD5 dei
liquami in ingresso è 220 ppm e che il carico idraulico superficiale è CIS = 0,2 m3/
m2·h
*****************
Per determinare il rendimento depurativo si usa la formula:
ora si può calcolare il BOD in uscita (BODU), infatti
da cui si ricava:
Per ricavare le dimensioni del filtro percolatore bisogna calcolarne il volume (V) e
la superficie (S). Questi valori si possono ottenere conoscendo il carico organico
(Qorg) e la portata idraulica oraria (Q).
Calcolo del carico organico:
Calcolo del volume del filtro:
Carico idraulico orario:
Calcolo della superficie della vasca:
Depurazione delle acque 135 Impianti a filtri percolatori
Calcolo del diametro:
Calcolo dell’altezza:
Depurazione delle acque 136 Impianti a filtri percolatori
Esempio 14.3 - Fitro percolatore a alto carico
Determinare il BOD in uscita dall’impianto, il diametro e l’altezza di un filtro
percolatore ad alto carico usato per trattare 20000 m3/giorno di liquami con un
BOD5 in ingresso pari a 175 mg/l (FCV= 0,51 kg(BOD5)/m3·giorno) con riempimento di
pietrisco sapendo che il carico idraulico è CIS = 0,8 m3/m2·h e un rapporto di
ricircolo R = 1.
Per determinare il BOD in uscita si deve calcolare il rendimento di depurazione. In
questo caso si usano le formule 14.7 e 14.8:
Risolvendo si ottiene:
Valore del BOD in uscita:
Calcolo del carico organico:
Calcolo del volume del filtro:
Carico idraulico orario:
Calcolo della superficie della vasca:
Calcolo del diametro:
Calcolo dell’altezza:
Depurazione delle acque 137 Impianti a filtri percolatori
Poiché l’altezza risulta superiore a 3 metri, che viene considerato il limite massimo
per i letti percolatori con riempimento di pietrisco, occorre variare alcuni parametri
in modo da ottenere lo stesso rendimento depurativo ma diminuire il volume della
vasca e allo stesso tempo aumentare la superficie del filtro percolatore.
I parametri da cambiare sono il rapporto di ricircolo R e il fattore di carico
organico volumetrico FCV
Per esempio aumentando il rapporto di ricircolo a 1,13 si ottiene lo stesso
rendimento depurativo aumentando anche il fattore di carico organico volumetrico a
0,53 kg(BOD5)/m3·giorno.
Ripetendo i calcoli con questi nuovi valori si ottiene:
V = 6604 m3
S = 2218 m2
d = 53,2 m
h = 2,98 m
Esempio 14.4 - Fitro percolatore con riempimento in plastica
Determinare il BOD5 in uscita, il diametro e l’altezza di un filtro percolatore con
riempimento in plastica utilizzato per trattare 7600 m3/giorno di liquami sapendo
che il BOD5 in arrivo all’impianto è di 300 mg/l e che la sedimentazione primaria
riduce il BOD5 del 30%. I parametri di lavoro del filtro sono:
FCV = 0,7 Kg(BOD5)/m3·g
CIS = 0,9 m3/m2·h
Rendimento depurativo:
BOD5 in entrata dopo l’abbattimento nel sedimentatore primario
ppm
BOD in uscita:
Calcolo del carico organico:
Depurazione delle acque 138 Impianti a filtri percolatori
Calcolo del volume del filtro:
Carico idraulico orario:
Calcolo della superficie della vasca:
Calcolo del diametro:
Calcolo dell’altezza:
Depurazione delle acque 139 Impianti a filtri percolatori
Esempio 14.5 - Fitro percolatore con riempimento in plastica
Le acque reflue di un centro abitato vengono trattate con un filtro percolatore, ad
alto carico con riempimento in plastica, dell’altezza di 5,5 m. Le acque hanno un
BOD5 = 200 ppm e vengono alimentate usando un carico idraulico superficiale di 0,5
m3/m2·h. Sapendo che si usa un rapporto di ricircolo R = 3 determinare il BOD5
delle acque in uscita dall’impianto.
***************
Per determinare il BOD in uscita si deve calcolare il rendimento di depurazione. In
questo caso si usano le formule 14.7 e 14.8:
Risolvendo si ottiene:
Per eseguire il calcolo occorre determinare il valore del carico organico
volumetrico FCV cioè i kg di BOD5 alimentati al filtro ogni giorno per ogni m3 di
materiale inerte.
Dal testo sappiamo che ogni m2 di superficie filtrante viene alimentato con un
carico idraulico superficiale CIS = 0,5 m3 di acque reflue ogni ora.
Il carico idraulico superficiale giornaliero si ottiene da quello orario moltiplicando
per 24.
CIS’ = CIS·24
Il volume del filtro percolatore, per ogni m2 di superficie di base è
V = h·1 = h m3
È possibile allora calcolare il carico idraulico volumetrico (CIV), cioè il volume di
acque reflue alimentate ogni giorno per ogni m3 di materiale filtrante:
Depurazione delle acque 140 Impianti a filtri percolatori
Per calcolare il carico organico volumetrico è sufficiente moltiplicare il carico
idraulico volumetrico per il BOD5 delle acque trattate.
Il rendimento di depurazione sarà perciò:
Il valore del BOD uscente è allora:
Depurazione delle acque 141 Impianti a filtri percolatori
Diagnostica per filtri percolatori
Date le minori variabili in gioco (i filtri percolatori sono sistemi a conduzione molto
rigida) in questo caso la diagnostica è meno complessa che per i fanghi attivi, non si
deve pensare tuttavia che non esistano malfunzionamenti, i malfunzionamenti ci sono,
solo che spesso non si sa come farvi fronte. Di seguito si riporta una tabella delle
principali disfunzioni, delle possibili cause e dei rimedi desunti spesso dall’esperienza
sul campo.
Disfunzioni Possibili cause Rimedi
Calo del
rendimento
depurativo
Aumento eccessivo di Fcv
- ridurre la portata alimentata (se possibile)
- aumentare il ricircolo idraulico
- aumentare, se possibile, la rimozione di
BOD nei pretrattamenti
Calo del
rendimento
depurativo
Crescita di biomassa
indesiderata (funghi e
lieviti)
- lavare il riempimento con ipoclorito (o
soda) per eliminare le specie indesiderate
(!!)Calo del
rendimento
depurativo
Riduzione temperatura
operativa nel filtro
- ridurre la finestratura inferiore
- ridurre il ricircolo ai minimi consentiti
Calo del
rendimento
depurativo Riduzione della situazione
di aerobicità all’interno
del filtro
- aprire tutte le finestrature
- inserire sistemi ad aerazione forzata
Calo del
rendimento
depurativo
Variazioni di pH,
presenza di sostanze
tossiche, carenza di
nutrienti, ecc.
- aumentare il ricircolo idraulico al massimo
consentito
- intervenire sull’influente a monte
Presenza di
solidi sospesi
nell’effluente
del
sedimentator
e
Chiarificatore
sovraccaricato
- ridurre il ricircolo idraulico
Presenza di
solidi sospesi
nell’effluente
del
sedimentator
e
Innesco denitrificazione
nel sedimentatore
- aumentare l’estrazione dei fanghi
- aumentare il carico al filtro per impedire la
nitrificazione
- spruzzare il fango con getti di acqua per
eliminare le bolle di azoto Presenza di
solidi sospesi
nell’effluente
del
sedimentator
e
Eccessivo spoglio delle
pellicole dal supporto
- aumentare l’estrazione dei fanghi dal
sedimentatore
- eliminare la causa perturbatrice (pH,
sostanze tossiche, ecc.)
Presenza di
solidi sospesi
nell’effluente
del
sedimentator
e Disfunzione del
meccanismo
raschiafanghi
- riparazione del raschiafanghi
Presenza di
solidi sospesi
nell’effluente
del
sedimentator
e
Cortocircuitazioni
idrauliche
- regolare gli stramazzi di sfioro
- installare setto di smorzamento nella
distribuzione centrale o sfioro periferico
Depurazione delle acque 142 Impianti a filtri percolatori
Emanazione
di odori
sgradevoli
Carico organico eccessivo
- favorire condizioni aerobiche nei
pretrattamenti
- verificare la presenza di scarichi industriali
ad alto BOD
- coprire il filtro e deodorizzare lo spurgo del
fangoEmanazione
di odori
sgradevoli
Ventilazione insufficiente
- aumentare il ricircolo idraulico
- ridurre la velocità periferica del distributore
rotante
- disintasare le prese d’aria
- verificare un eventuale collasso o
intasamento del filtro
Sommersione
(anche
parziale) del
riempimento
Eccessiva crescita
biologica
- aumentare il ricircolo idraulico per
aumentare il dilavamento
- additivare cloro al ricircolo per molte ore
- fermare il filtro il tempo necessario a
permettere l’asciugatura del riempimento
Sommersione
(anche
parziale) del
riempimento
Riempimento non idoneo
(pezzatura troppo piccola
o disomogenea o
frammentata)
- sostituire completamente il riempimento, se
possibile, solo nelle zone interessate (!!)
Sommersione
(anche
parziale) del
riempimento
Eccessiva presenza di
solidi nell’alimentazione
- intervenire in modo idoneo nei
pretrattamenti
Sommersione
(anche
parziale) del
riempimento
Spoglio abnorme di
pellicola biologica
- ridurre il ricircolo
- verificare se il fenomeno dipende
dall’alimentazione ed eliminare la causa
perturbatrice
Sommersione
(anche
parziale) del
riempimento
Sviluppo di macrofauna
parassita (insetti,
lumache, ecc.)
- aumentare al massimo il ricircolo idraulico
- aumentare la velocità di distribuzione
- additivare il ricircolo con dosi massicce di
cloro per alcune ore (!!)
Presenza di
insetti,
mosche e
moscerini
Scarso o intermittente
carico idraulico
- aumentare il ricircolo
- aumentare la velocità periferica del sistema
rotante
Presenza di
insetti,
mosche e
moscerini
Ambiente particolarmente
adatto alla crescita
- allagare (se possibile) il filtro per 24 ore
- clorare leggermente per alcune ore il
ricircolo
- spruzzare con insetticida le pareti del filtro e
le zone circostantiPresenza di
insetti,
mosche e
moscerini
Riduzione temperatura
operativa nel filtro
- ridurre la finestratura inferiore
- ridurre il ricircolo ai minimi consentiti
Depurazione delle acque 143 Impianti a filtri percolatori
mosche e
moscerini
Scarsa manutenzione
- aprire tutte le finestrature
- ridurre il carico organico (?!)
- inserire sistemi ad aerazione forzata
mosche e
moscerini
Variazioni di pH,
presenza di sostanze
tossiche, carenza di
nutrienti, ecc.
- aumentare il ricircolo idraulico al massimo
- intervenire sull’influente a monte
Formazione
di ghiaccio
Raffreddamento eccessivo
dello scarico
- ridurre il ricircolo
- ridurre la velocità di distribuzione
- ridurre il tiraggio naturale
Sistema di
distribuzione
inefficiente
Portata insufficiente
- Aumentare il ricircolo
- Verificare che i sifoni di cacciata si
adeschino al momento opportunoSistema di
distribuzione
inefficiente Spruzzatori o bracci
rotanti intasati
- Pulire gli ugelli di uscita
- Ridurre i solidi sospesi in arrivo mediante
interventi sui pretrattamenti
Riempimento
rotto in
superficie
Problemi meccanici da
calpestio
- progettare il riempimento con griglie di
plastica fisse (o passerelle di legno mobili)
necessarie per la manutenzione della
distribuzione
Depurazione delle acque 144 Impianti a filtri percolatori
14.8 – Dischi biologici o biodischi
Un altro tipo di impianto nel campo dei reattori biologici a biomassa fissa, che sfrutta
cioè la crescita di microrganismi su un supporto inerte, è quello a biodischi. Questo
tipo di impianto, che costituisce, almeno per potenzialità non troppo elevate (10000
– 15000 abitanti), un miglioramento del sistema a filtri percolatori, è formato da una
serie di dischi, con diametro variante da 1 a 3 - 4 metri, costruiti in materiale plastico
(PVC o polietilene), sui quali viene fatta sviluppare la membrana biologica. Questi
dischi hanno uno spessore medio di 5 mm e sono montati su uno stesso asse alla
distanza di 20 – 30 mm l’uno dall’altro. Il sistema così ottenuto è posto in una vasca
in vetroresina (per potenzialità minori) o in calcestruzzo (per potenzialità maggiori),
nella quale vengono immessi i liquami da depurare, in modo che la superficie dei
dischi sia immersa per circa il 40% (vedi figura 14.29).
Figura 14.29 - Biodischi
Contrariamente a quanto avviene per i filtri percolatori nei quali la biomassa è
immobile mentre le acque da depurare scorrono, nei biodischi sia la biomassa che
l’acqua si muovono. Anche in questo caso tuttavia la pellicola biologica è fissata a un
supporto inerte costituito appunto dai dischi.
Ai dischi viene imposta una lenta rotazione in modo da avere una velocità periferica
di circa 30 cm/s
(1 ÷ 2 numero di giri al minuto per i dischi di maggiori dimensioni, 3 ÷ 4 per quelli
più piccoli). È opportuno non superare la velocità periferica indicata per evitare che
l’attrito con l’acqua porti a un distacco precoce della pellicola biologica e rendere
quindi il sistema meno efficiente.
Dopo una prima fase iniziale sui dischi si forma una pellicola di materiale biologico
che, quando è fuori dall’acqua assorbe ossigeno, mentre quando è immersa sfrutta
Depurazione delle acque 145 Impianti a biodischi
l’ossigeno assorbito sia per la respirazione batterica che per la crescita e la
riproduzione.
Quando lo strato batterico ha raggiunto uno spessore variante da 2 a 5 mm, si
distacca dal supporto in materiale plastico, azione favorita anche dal movimento di
rotazione, e forma così una sospensione sedimentabile. Il movimento dei dischi
all’interno dei liquami mantiene in continua agitazione la sospensione stessa e
trasferisce parte dell’ossigeno assorbito dallo strato batterico ai liquami
mantenendoli costantemente ossigenati.
Il meccanismo di funzionamento è pertanto simile a quello dei filtri percolatori e
anche in questo caso c’è la necessità di sottoporre il liquami a un trattamento
preliminare ben fatto in modo da evitare l’intasamento del dispositivo o il deposito di
sostanze oleose sui dischi che può causare una pesante riduzione dell’efficienza del
processo di depurazione.
Per ottenere rendimenti depurativi dell’ordine del 90 – 95% si deve operare in più
stadi successivi, intendendo per stadio un gruppo di dischi che lavorano in porzioni di
vasca separate fra loro da setti divisori che obbligano i liquami a scorrere secondo un
percorso più lungo (vedi figura 14.30)
Figura 14.30 – Depuratore a biodischi a quattro stadi
Operando con 3 – 4 stadi e volendo ottenere un abbattimento del BOD superiore al
90% occorrono circa 2 m2 di disco per ogni abitante.
Un modo diverso di costruzione dei biodischi consiste nell’uso di un nastro di
materiale plastico corrugato che viene avvolto a spirale in modo da formare un
cilindro della larghezza desiderata.
Depurazione delle acque 146 Impianti a biodischi
Grazie alla forma corrugata del nastro fra le varie spire del nastro rimane un certo
spazio che consente il passaggio delle acque da depurare, quando la parte del disco si
trova immersa, e quello dell’aria quando la parte del disco si trova fuori dall’acqua.
In figura 14.31 è riportato un rotore di biodischi formato da nastro corrugato avvolto
a spirale, mentre nella figura 14.32 è riportato il disegno di un piccolo impianto a
biodischi tradizionali:
Figura 14.31 – Biodischi formati da spirale di nastro corrugato
Figura 14.32 – Piccolo impianto a biodischi a 4 stadi
Per ottenere rendimenti depurativi di circa il 95% usando biodischi a 3 o 4 stadi
occorre usare una superficie di dischi pari a 3 – 3,5 m2/AE. Sulla base di questo
Depurazione delle acque 147 Impianti a biodischi
valore si può determinare, una volta stabilito il diametro di ogni disco, il numero
totale di dischi da usare.
I vantaggi dei biodischi rispetto ai filtri percolatori e agli impianti a fanghi attivi sono:
• il loro funzionamento non è influenzato dalle basse temperature invernali dal
momento che questi dispositivi vengono montati al coperto;
• richiedono dislivelli minimi (30 – 40 cm) mentre per i filtri percolatori sono
necessari dislivelli
di 2 – 3 m;
• l’impianto può essere facilmente ispezionato in ogni punto rendendo la
manutenzione agevole e evitando i pericoli di intasamenti;
• si possono variale le condizioni di funzionamento dell’impianto variando
semplicemente la velocità di rotazione dei dischi;
• possono lavorare a alto carico come i filtri percolatori, ma in questo caso non c’è la
necessità del riciclo delle acque;
• il contatto occasionale con scarichi tossici danneggia solo superficialmente la
membrana biologica e consente un ripristino veloce delle normali condizioni
operative.
Gli svantaggi invece sono:
• richiesta di una superficie superiore sia a quella degli impianti a fanghi attivi che a
quella dei filtri percolatori;
• costo di istallazione superiore sia a quello degli impianti a fanghi attivi che a quello
dei filtri percolatori.
Con i biodischi è possibile costruire sistemi compatti, esempio:
• biodischi montati sopra la vasca di sedimentazione secondaria di tipo rettangolare
a fondo piatto;
• impianto formato da fossa biologica, biodischi e sedimentatore disposto come nel
caso precedente;
• fossa Imhoff, biodischi e sedimentatore.
Depurazione delle acque 148 Impianti a biodischi
Nella figura 14.33 è riportato un impianto completo a biodischi completo di linea per
il trattamento dei fanghi ottenuti.
In figura 14.34 è riportato invece uno schema compatto nel quale si usa una fossa
Imhoff sia per la sedimentazione primaria che per la stabilizzazione dei fanghi
ottenuti. I biodischi sono costruiti direttamente sopra il sedimentatore secondario
Figura 14.33 – Schema classico con biodischi
Depurazione delle acque 149 Impianti a biodischi
Figura 14.34 – Sistema compatto biodischi/sedimentatore
Depurazione delle acque 150 Impianti a biodischi
Reattori a biomassa adesa a letto mobile
(MBBR - Moving Bed Biofilm Reactor)
I principali vantaggi dei SISTEMI A BIOMASSA ADESA (“attached growth”) sono:
•possibilità di svincolare il tempo di residenza cellulare da quello di ritenzione idraulica,
senza operare ricircoli di biomassa;
•possibilità di aumentare le concentrazioni di biomassa, con la conseguente riduzione dei
volumi dei reattori e delle superfici occupate;
•possibilità di migliorare le prestazioni di impianti esistenti sottodimensionati o al fine di
rispettare standard allo scarico più restrittivi;
• indipendenza del processo dalle caratteristiche di sedimentabilità del fango.
I più importanti processi a biomassa adesa sono (Fig. 1):
Fig. 1
Dopo ad aver visto i filtri percolatori ed i biodischi diamo di seguito una generale
descrizione dei reattori a biomassa adesa a letto mobile (MBBR) che per le loro future
potenzialità vanno considerati con particolare attenzione.
Generalità
I reattori a biomassa adesa a letto mobile (MBBR) fanno parte della famiglia dei sistemi
a biomassa adesa che stanno soppiantando i processi a fanghi attivi nel trattamento dei
reflui inquinati.
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Depurazione delle acque 151 Impianti MBBR
Sono reattori biologici in cui i microrganismi attecchiscono su mezzi di supporto
dispersi e sospesi nel refluo oggetto del trattamento. Il biofilm che si forma su tali
supporti è funzione del carico organico associato al refluo in ingresso. A differenza degli
altri processi a biomassa adesa, i supporti in questo caso sono liberi di muoversi e
quindi non mantengono fisse né le mutue posizioni né quelle rispetto al reattore (Fig. 2).
La crescita del biofilm sul supporto è il risultato dell’interazione tra processi di tipo
biologico (metabolismo batterico in senso stretto) e processi di trasporto dei substrati
(come arrivano il “cibo” e l’ossigeno). In particolare la formazione del biofilm è dovuta
principalmente alla crescita delle cellule microbiche e alla produzione di polimeri
extracellulari (in genere è trascurabile il contributo della massa in sospensione che
attecchisce al supporto stesso).
Lo sviluppo della pellicola varia quindi in funzione della composizione del refluo e dei
processi di trasporto; da questi ultimi dipende la disponibilità di substrati per i
microrganismi all’interno del biofilm. Il progressivo ispessirsi della pellicola da una
parte influenza la diffusione dei substrati organici e dell’ossigeno dall’altra determina, in
funzione delle caratteristiche idrodinamiche del reattore, il parziale distacco delle
pellicole dai supporti, attraverso il fenomeno che viene solitamente indicato come
“distacco delle pellicole di spoglio”.
Fig. 2
In particolare questo accade per diversi motivi:
• predazione da parte di organismi quali protozoi o metazoi
• forze di taglio indotte dal flusso di acqua tangenziale al film, abrasione dovuta agli urti
reciproci cui sono sottoposti i supporti dove è presente la pellicola (nei processi a letto
mobile)
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Depurazione delle acque 152 Impianti MBBR
• distacco spontaneo o collassamento quando nelle zone profonde del biofilm si
realizzano condizioni limitanti di ossigeno e di substrati.
Tipologie dei reattori
I reattori MBBR possono essere realizzati con o senza ricircolo del fango dal
sedimentatore secondario. Nel caso non sia previsto il ricircolo, i reattori a
biomassa adesa si definiscono puri (solo biomassa adesa), mentre nel caso in cui i
fanghi vengano ricircolati si parla di reattori a biomassa adesa ibridi o a
biomassa mista (adesa + sospesa).
I reattori a letto mobile sono costituiti da vasche all’interno delle quali vengono
mantenuti in movimento elementi di supporto, che possono essere realizzati in diversi
materiali, e sui quali si sviluppa la pellicola biologica. Il movimento degli elementi è
garantito dal sistema di insufflazione di aria o da miscelatori meccanici; questo
garantisce la realizzazione di reattori a miscelazione completa, quindi si riduce la
presenza di zone idraulicamente morte e si sfrutta al massimo il volume disponibile.
Le principali caratteristiche dei reattori a letto mobile possono essere così riassunte:
operano in continuo e, grazie al loro elevato grado di vuoto, non sono
soggetti ad intasamento;
presentano limitate perdite di carico, in quanto non si ha la formazione di
percorsi preferenziali tra i supporti (come per esempio nei filtri
percolatori);
hanno una buona versatilità in fase di gestione: è possibile variare il tasso
di riempimento (sempre) e il rapporto di ricircolo dei fanghi (nei reattori
ibridi).
Elementi di supporto rigido
Sono in genere realizzati in plastica rigida, per esempio in HDPE o in polipropilene,
spesso di forma cilindrica cava con diametro e altezza attorno a 1÷2 cm, corrugati
all'esterno a protezione del biofilm dagli urti prodotti dall'agitazione nel reattore.
All'interno sono realizzate superfici di attecchimento aggiuntive, mediante lamelle o
crociere in posizione protetta e quindi più intensamente colonizzabili. La superficie
specifica è di 400÷600 m2/m3. I supporti vengono collocati alla rinfusa nelle vasche,
con tasso di riempimento del 30÷60%. L'effettiva superficie specifica, riferita all'intero
_________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Depurazione delle acque 153 Impianti MBBR
volume utile del reattore è quindi proporzionalmente ridotta (200÷350 m2/m3). La
densità dei supporti colonizzati va mantenuta molto prossima a quella dell'acqua (da cui
l'importanza dei materiali utilizzati) per contenere l'energia necessaria alla
miscelazione. In genere i supporti nudi risultano di poco più leggeri dell'acqua e quindi
galleggiano durante la fase di avviamento dell'impianto, fino a quando lo sviluppo dei
biofilm non produce un sufficiente appesantimento. Tale fase può protrarsi a lungo in
processi con bassi livelli di sintesi, quali la nitrificazione terziaria. Un esempio al
riguardo è riportato in Fig. 3. In tali casi è opportuno utilizzare additivi alla matrice
polimerica per assicurare densità al prodotto già pari a quella dell'acqua anche in
assenza di colonizzazione.
Fig. 3
Reattore a letto mobile per nitrificazione
terziaria in fase di avviamento. Si noti il
galleggiamento dei supporti connesso al
limitato sviluppo di biofilm (Impianto di
Bergamo).
Altri tipi di supporto
Sono disponibili anche supporti in materiali porosi (generalmente poliuretano espanso)
in cui la colonizzazione avviene sia sulla superficie esterna che nelle cavità interne. Essi
sono tuttavia spesso soggetti a fenomeni di intasamento per eccessivo accumulo di
biomassa nel corpo spugnoso con conseguenti difficoltà di penetrazione dei substrati e
dell'ossigeno. Si rendono quindi necessari periodici interventi, con estrazione dei
supporti ad energico trattamento meccanico di pulizia, mediante pressatura,
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Depurazione delle acque 154 Impianti MBBR
centrifugazione o passaggio attraverso pompe a vortice. Tali complicazioni gestionali ne
hanno fortemente limitato l'applicazione soprattutto in campo urbano. Questo tipo di
supporto non sarà qui ulteriormente preso in considerazione.
Trattenimento dei supporti
Può essere ottenuto mediante griglie collocate in corrispondenza della sezione di uscita
dal reattore che lasciano comunque defluire il refluo con in sospensione le pellicole di
spoglio. Possono essere costituite da elementi estraibili per consentire periodiche
operazioni di pulizia. Poiché la portata in uscita tende a far accumulare contro la griglia i
supporti le condizioni idrodinamiche del reattore devono assicurarne una continua
ripresa e una uniforme dispersione.
Sistemi di aerazione e di miscelazione
L'ossigenazione, se condotta con aria, viene preferenzialmente realizzata con sistemi a
bolle grossolane
(2 ÷ 4 mm) che comunque tendono a suddividersi lungo il percorso di risalita per i
continui urti con i supporti. L'impiego di sistemi a bolle fini va valutato con prudenza
per l'impossibilità di intervenire con operazioni di periodica pulizia dei diffusori, se non
procedendo ad un preliminare e oneroso asporto dei supporti. Un'alternativa al
riguardo può essere costituita dall'uso di rastrelli estraibili da sollevare a rotazione,
senza quindi dover interrompere l'aerazione della vasca. L'impiego di ossigeno puro può
essere conveniente nel caso di nitrificazione per mantenere rapporti O2 / TKN nei
reattori sufficientemente elevati ad evitare un’azione limitante dell'ossigeno sulle
cinetiche del metabolismo.
I processi brevettati sono numerosi e si differenziano principalmente per i corpi di
riempimento utilizzati che
variano nel materiale, per la forma, per la densità e per la superficie specifica (processi
Captor®, Linpor®, Flocor-RMP®, Natrix®, Kaldnes KMT®).
In Fig. 4 sono mostrate le fotografie di un tipo di supporto dove si apprezzano le
dimensioni e la forma particolare oltre che ad un ingrandimento che mostra la pellicola
cresciuta anche all’interno.
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Depurazione delle acque 155 Impianti MBBR
Fig. 4
Modalità di impiego e rendimento depurativo
Un pre-trattamento dei reflui è necessario per ridurre la presenza di solidi sospesi e i
conseguenti rischi di intasamento dei supporti. È in genere sufficiente una stacciatura
fine. La sedimentazione primaria, eventualmente coadiuvata da flocculanti, può
risultare opportuna per rimuovere parte del BOD5.
Le pellicole di spoglio nei sistemi puri, soprattutto se alimentati con forte carico
volumetrico, possono presentare cattiva sedimentabilità e richiedere quindi il dosaggio
di flocculanti in sedimentazione finale.
La possibilità di utilizzare bacini di conformazione non dissimile da quelle in uso nei
processi a biomassa sospesa, senza significative modifiche del profilo idraulico, consente
l'applicazione del processo per il potenziamento di impianti a fanghi attivi
sovraccaricati. Tale potenziamento può realizzarsi con processi ibridi, mediante
aggiunta di supporti e di griglie nei reattori di aerazione (o di denitrificazione) esistenti
e con mantenimento di una significativa presenza di biomassa sospesa. In alternativa
può prevedersi la completa trasformazione del processo, eliminando il ricircolo dei
fanghi biologici e realizzando quindi un processo MBBR puro.
I rendimenti depurativi, a parità di conformazione, sono analoghi a quelli dei processi a
fanghi attivi. La struttura dell’impianto è simile, salvo l’importante differenza costituita _________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Depurazione delle acque 156 Impianti MBBR
dal minor ingombro dei sedimentatori finali che ne facilita notevolmente l’inserimento
ambientale.
Conclusioni
I vantaggi principali della tecnologia
MBBR sono:
facile impiego per l’upgrade di impianti
a fanghi attivi
sedimentazione primaria non
indispensabile, ma soprattutto
sedimentazione secondaria più facile
ingombro in pianta minore rispetto ad
un impianto a fanghi attivi normale
limitate perdite di carico.
Gli svantaggi sono rappresentati da:
maggiore quantità di aria a causa della
aerazione con bolle medio-grandi
controllo limitato del processo
costo dei supporti.
Nota finale
La tecnologia MBBR è ancora poco diffusa in Italia, mentre aumentano
velocissimamente le sue applicazioni soprattutto nel Nord Europa.
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Depurazione delle acque 157 Impianti MBBR
Trattamenti chimici delle acque reflue
I primi impianti usati nel trattamento delle acque di rifiuto, istallati in Francia
nella seconda metà del diciottesimo secolo, sono stati di tipo chimico. Gli impianti di
tipo biologico, ideati intorno al 1920, hanno sostituito progressivamente quelli di tipo
chimico perché meno costosi, con rendimenti generalmente migliori e una minore
produzione di fango di supero. Da qualche anno i primi sono tornati in auge a causa
della loro migliore adattabilità nel trattamento di liquami civili, nei quali sono presenti
anche scarichi industriali spesso tossici, della possibilità di associarli a trattamenti di
tipo fisico e della capacità di abbattere anche i composti del fosforo e dell’azoto.
In definitiva, l’associazione dei trattamenti chimici con quelli fisici consente di ottenere
un abbattimento degli inquinanti migliore di quello ottenibile con i soli trattamenti
biologici.
Condizioni operative nei trattamenti chimici
Per trattamento chimico delle acque reflue si intende sostanzialmente un trattamento
che provoca la coagulazione e flocculazione dei solidi colloidali non sedimentabili e in
parte anche dei solidi disciolti, contenuti nelle acque di rifiuto, realizzate mediante
l’azione di particolari sostanze. I liquami grezzi, dopo aver subito gli usuali trattamenti
preliminari, con esclusione della sedimentazione primaria, vengono addizionati e
rapidamente miscelati con i reattivi necessari, generalmente composti del ferro o
dell’alluminio, e quindi inviati a una vasca di flocculazione (o di maturazione) nella
quale si ha la formazione e l’accrescimento dei fiocchi che inviati poi al sedimentatore si
separeranno dalla fase liquida nel modo che ormai ben conosciamo (vedi schema a
blocchi di figura TT1).
Al recapitoLiquami grezzi
Essiccamento dei fanghi
Flocculazione Sedimentazione
Stabilizzazione del fango
Trattamento di finissaggio
Eventuale disinfezione
Cloro
Allo smaltimento fanghi
Reattivi chimici (Flocculanti)
Trattamenti preliminari
Miscelazione rapida
Figura TT1 – Schema generale del trattamento chimico delle acque reflue
Meccanismi di coagulazione-flocculazione
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Depurazione delle acque 158 Impianti a precipitazione chimica
Molte delle sostanze che si trovano nei liquami da depurare sono presenti in forma
colloidale e quindi non sedimentabile. L’aggiunta delle sostanze flocculanti destabilizza
la sospensione, interagendo con le cariche elettriche che si trovano sulla superficie delle
particelle, causandone la flocculazione. I microfiocchi che si formano nella fase iniziale
aumentano di volume e adsorbono altre sostanze in sospensione fino a formare fiocchi
di dimensioni e densità maggiori, ben visibili anche a occhio nudo, che sono facilmente
sedimentabili.
Il processo, nella sua forma fondamentale, è costituito dalle seguenti fasi, che si
susseguono nelle varie vasche:
• nella vasca di miscelazione rapida le acque da trattare vengono mescolate
energicamente con le sostanze flocculanti usando tempi di contatto generalmente
molto brevi, inferiori a 1 minuto, in modo da causare la destabilizzazione e la
coagulazione delle sostanze colloidali (coagulazione elettrocinetica).
• Nella vasca di flocculazione i fiocchi formatisi nella prima fase, in un tempo
nell’ordine dei 30 minuti, aumentano di volume e densità producendo materiale
facilmente sedimentabile (coagulazione ortocinetica).
• Nella vasca di sedimentazione si ottengono acque chiarificate (non contenenti solidi
sospesi) e parzialmente depurate (non contenenti sostanze colloidali e parte delle
sostanze disciolte inglobate nei fiocchi sedimentati).
• Eventuale correzione del pH ottenuta per carbonatazione (aggiunta di anidride
carbonica) delle acque. Durante questa fase è possibile eliminare anche gli ioni
magnesio e calcio rendendo le acque più dolci.
• Trattamenti di finissaggio. Questi trattamenti, generalmente di tipo fisico, vengono
attuati per migliorare ulteriormente la qualità delle acque trattate. Alcuni tipi di
trattamenti di rifinitura sono: filtrazione a sabbia, passaggio su letti di carboni
attivi ecc.
• Disinfezione. Questo trattamento viene eseguito quando si presume che nelle acque
da smaltire sia presente ancora una elevata carica batterica patogena.
Parallelamente alla linea di trattamento delle acque viene eseguita, come vedremo più
dettagliatamente in seguito, quella del trattamento fanghi nella fase di sedimentazione,
e formata da stabilizzazione, ispessimento, disidratazione e smaltimento
In alcuni tipi di impianto a trattamento chimico, allo scopo di migliorare la
sedimentabilità dei fanghi, viene effettuato il ricircolo di parte del materiale
sedimentato dalla vasca di sedimentazione a quella di flocculazione.
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Depurazione delle acque 159 Impianti a precipitazione chimica
È possibile costruire impianti di tipo compatto nei quali le fasi di miscelazione,
flocculazione e sedimentazione vengono eseguite nella stessa vasca (vedi figura TT2)
Ingresso reagenti
Zona miscelazione Zona flocculazione Zona sedimentazione
Uscita fanghi
Uscita acque depurate
Liquami dai trattamenti preliminari
Figura TT2 – Sistema compatto di trattamento chimico
Il rendimento depurativo relativo alla rimozione delle sostanze organiche risulta
inferiore a quello degli impianti con trattamento biologico secondario (fanghi attivi,
filtri percolatori o biodischi) perché, mentre la rimozione delle sostanze colloidali è
molto efficiente, la rimozione delle sostanze organiche solubili avviene solo in piccola
parte per adsorbimento. In definitiva il solo trattamento chimico consente di ottenere
rendimenti depurativi medi compresi fra quelli della sola sedimentazione e quelli del
trattamento biologico completo.
Ulteriori svantaggi rispetto ai trattamenti biologici sono:
alto costo dei reattivi chimici;
elevato volume dei fanghi di supero perché oltre ai solidi che vengono abbattuti ci
sono anche i reattivi chimici aggiunti;
necessità di effettuare un monitoraggio continuo della presenza di fattori tossici
che, contrariamente agli impianti biologici, non vengono rilevati durante il normale
funzionamento dell’impianto.
Al contrario i vantaggi degli impianti a trattamento chimico sono:
• diversamente dagli impianti a fanghi attivi che necessitano di lunghi tempi di
avviamento, quelli di tipo chimico sono a partenza immediata. Questa particolarità
risulta molto importante quando, in luoghi con popolazione fortemente variabile:
scuole, fabbriche, località turistiche ecc., si presenta la necessità di mettere in
funzione l’impianto di depurazione in tempi rapidi;
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Depurazione delle acque 160 Impianti a precipitazione chimica
• conduzione dell’impianto molto semplice e facilmente controllabile con sistemi
automatici;
• insensibilità agli effetti di eventuali sostanze tossiche. Gli impianti a depurazione
biologica possono venire completamente bloccati e richiedere in seguito tempi molto
lunghi per ripristinare le condizioni di funzionamento;
• possibilità di abbattimento contemporaneo del fosforo (vedi problema
dell’eutrofizzazione);
• insensibilità a improvvise variazioni di carico organico, fattore che al contrario
mette in crisi gli impianti di tipo biologico;
• facile regolazione del livello depurativo desiderato mediante variazione nel
dosaggio dei reagenti chimici;
• possibilità di trattare liquami con basso contenuto di carico organico;
• possibilità di eliminazione dei metalli pesanti e/o addolcimento delle acque, con
eliminazione del calcio e del magnesio, per trattamento con calce.
Reagenti chimici usati nella depurazione
Le sostanze che possono essere usate come reattivi nella depurazione chimica delle
acque reflue devono:
- possedere ioni con un’alta carica positiva per destabilizzare le sospensioni colloidali
che di solito possiedono carica negativa;
- avere un basso costo dal momento che vengono consumati in continuo;
- formare precipitati in forma fioccosa in modo da poter adsorbire le sostanze
colloidali e in sospensione contenute nelle acque reflue.
Come abbiamo già accennato l’azione di queste sostanze si esplica in due fasi: durante la
prima, fase di coagulazione, avviene la destabilizzazione dei colloidi e la loro unione
in modo da formare piccoli agglomerati, e in seguito, nella fase di flocculazione, gli
agglomerati si ingrandiscono unendosi insieme e adsorbendo altre particelle colloidali
fino a formare fiocchi ben sedimentabili.
Di seguito diamo una panoramica dei flocculanti più utilizzati.
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Depurazione delle acque 161 Impianti a precipitazione chimica
Solfato di alluminio, Al2(SO4)3
Commercializzato in forma solida formata da solfato di alluminio idrato o in soluzione
acquosa al 6 – 8%.
In soluzione acquosa, a pH compreso fra 5 e 7 (intervallo ottimale di lavoro), si forma
idrossido di alluminio Al(OH)3 in forma fioccosa. Se l’alcalinità della soluzione non è
sufficientemente alta si corregge il pH con calce [idrossido di calcio, Ca(OH)2]. Le
reazioni chimiche complete e bilanciate, la prima in assenza di calce e la seconda con
calce come coadiuvante di flocculazione, sono:
Al2(SO4)3 + 3Ca(HCO3)2 → 3CaSO4 + 2Al(OH)3↓ + 6CO2
Al2(SO4)3 + 3Ca(OH)2 → 3CaSO4 + 2Al(OH)3↓
Miscele di solfato ferrico, Fe3(SO4)2 e cloruro ferrico, FeCl3
In soluzione acquosa, a pH compreso fra 6 e 11,5 (valore ottimale 8) produce idrossido
ferrico [Fe(OH)3↓ ] in forma di fiocchi compatti e grossi.
Questa caratteristica, unita all’ampio intervallo di pH utilizzabile e al basso costo del
prodotto rende questo composto uno dei più utilizzati nel trattamento delle acque.
Viene normalmente commercializzato in soluzione acquosa e, quando l’alcalinità
dell’acqua è troppo bassa, viene usato insieme alla calce.
Policloruro di alluminio (PAC), [Aln(OH)mCl3n-m]
Viene usato come coagulante-flocculante. La sua azione coagulante è poco influenzata
dal pH e si esplica nell’intervallo di pH compreso fra 5 e 10. La sua azione coagulante
non richiede l’azione dell’alcalinità dell’acqua. Complessivamente viene considerato
migliore del cloruro ferrico.
Solfato ferroso, FeSO4
In soluzione acquosa forma idrossido ferroso [Fe(OH)2] che viene ossidato a idrossido
ferrico per azione dell’ossigeno disciolto.
L’intervallo ottimale di lavoro è compreso fra pH = 8,5 e 11. In presenza di fosfati si ha
coprecipitazione [Fe(OH)3↓ e Fe(PO4)↓], può essere perciò usato come agente
defosfatante nei processi a fanghi attivi.
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Depurazione delle acque 162 Impianti a precipitazione chimica
bicarbonato dell’acqua precipita e agisce da flocculante
Dosaggio dei flocculanti
Il dosaggio di questi reattivi è tale da avere in soluzione una concentrazione dello ione
metallico, Men+ , compresa fra 10 e 40 mg/l.
Idrossido di calcio (calce), Ca(OH)2
È possibile realizzare la flocculazione anche solamente con calce usando un pH di
lavoro compreso fra 11 e 11,5. L’uso di questo reagente, al pH indicato, consente anche la
precipitazione del fosfato di calcio, quella del carbonato di calcio e dell’idrato di
magnesio realizzando così anche l’addolcimento dell’acqua. Questo ultimo aspetto può
risultare molto utile nel caso di riuso a scopo industriale dell’acqua depurata.
Polielettroliti
Si tratta di polimeri ottenuti sia modificando opportunamente prodotti naturali quali
alginati e amidi, sia attraverso la polimerizzazione artificiale di particolari monomeri.
Attualmente i polielettroliti di origine sintetica sono preferiti rispetto a quelli di origine
naturale perché costano meno e hanno una struttura e quindi proprietà più facilmente
controllabili. In base alle proprietà elettriche questi polimeri si dividono in:
• non ionici – non hanno cariche elettriche. Esempio:
la poliacrilammide (coadiuvante nella coagulazione e nella filtrazione)
• cationici – possiedono cariche elettriche positive. Esempi:
il polialchil-dimetilammonio cloruro (coagulante primario, rimozione di torbidità e
colore, condizionamento dei fanghi)
le poliammine quaternarie (coagulanti primarie, rimozione di torbidità e colore)
• anionici – possiedono cariche elettriche negative. Esempio:
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Depurazione delle acque 163 Impianti a precipitazione chimica
la poliacrilammide parzialmente idrolizzata (coadiuvante nella coagulazione, nella
filtrazione e nel condizionamento dei fanghi)
I polielettroliti come flocculanti sono molto più efficaci rispetto ai cationi metallici e
anche molto più costosi; il loro dosaggio è dell’ordine di 1,0÷2,5 mg/l.
Correzione del pH
Quando le acque vengono trattate con calce il pH risultante è elevato (compreso fra
10 e 11,5) e incompatibile con la qualità richiesta per gli effluenti finali (non si può certo
sversare in un qualsiasi recapito un’acqua così basica!). Per abbassare il valore del pH si
attua la ricarbonatazione mediante anidride carbonica, prodotto abbastanza
economico, in modo da ottenere il risultato desiderato senza causare un elevato
aumento della concentrazione salina (effetto che si avrebbe se l’acidificazione fosse
eseguita con un acido minerale forte).
Negli impianti di grandi dimensioni la ricarbonatazione viene eseguita in due stadi:
prima il pH viene portato fino a 9,3 ottenendo la precipitazione del carbonato di calcio,
che può essere allontanato, poi si prosegue nell’aggiunta di anidride carbonica fino a
portare il pH intorno alla neutralità.
La seconda fase di carbonatazione risulta particolarmente importante quando le acque
devono essere sottoposte a ulteriori trattamenti che richiedono un valore ben definito
del pH oppure per evitare la possibile formazione di incrostazioni di carbonati di calcio
sia all’interno delle tubazioni che sulla superficie del materiale filtrante quando vengono
eseguite anche operazioni di filtrazione.
L’operazione di ricarbonatazione si esegue prelevando l’anidride carbonica da bombole
opportunamente collegate all’impianto oppure usando i fumi di combustione del
metano.
A conclusione di questa disamina sui principali reattivi di flocculazione è opportuno
evidenziare che è molto difficile fornire a priori previsioni attendibili sul tipo di reagente
più adatto, sulle quantità necessarie e sul punto di immissione più opportuno del ciclo
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Depurazione delle acque 164 Impianti a precipitazione chimica
operativo, e che solo accurate prove di laboratorio e su impianto pilota possono fornire,
di volta in volta, orientamenti veramente sicuri.
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Depurazione delle acque 165 Impianti a precipitazione chimica
Fanghi di supero e rendimenti depurativi
Negli impianti con trattamento chimico la quantità di fango prodotta è maggiore di
quella ottenuta con gli impianti a fanghi attivi. Questo è dovuto sia alle caratteristiche
particolari del fango, difficilmente concentrabile per ispessimento, sia alla quantità di
sostanze flocculanti aggiunte. Un ultimo motivo infine è l’assenza di metabolismo
batterico, che al contrario di quanto accade negli impianti biologici, non può contribuire
alla riduzione della quantità di fango di supero.
Per quanto concerne i rendimenti depurativi si ottiene un buon abbattimento dei solidi
sedimentabili e colloidali mentre la rimozione del BOD solubile non supera
generalmente il 25% e questo, aggiunto alla rimozione del BOD associato alle sostanze
sedimentabili, porta a un abbattimento globale del BOD che varia fra il 60 e il 75%.
In alcuni impianti pilota tuttavia, usando alti valori della concentrazione di cloruro
ferrico o mediante flocculazione con calce a pH = 11,5, è stato possibile abbattere
complessivamente il BOD iniziale fino all’80%.
La riduzione dei solidi sospesi varia dal 95 al 98% e quella del fosforo dal 90 al 98%. La
riduzione della carica batterica e virale, in genere, è simile a quella ottenibile con gli
impianti a fanghi attivi, mentre quando si usa calce a un pH pari a 11,5 si ottiene una
vera e propria disinfezione con un abbattimento batterico quasi del 100%. Gli impianti
chimici consentono anche una rimozione di oli e grassi in quantità superiore a quella
ottenibile con impianti a fanghi attivi poiché le sostanze flocculanti riescono a rompere
le emulsioni consentendo alle sostanze grasse di separarsi per gravità. L’eliminazione
degli oli e dei grassi viene spesso effettuata durante la fase di sedimentazione.
Schemi di impianto
Come per gli impianti a fanghi attivi e a filtri percolatori, anche nei trattamenti chimici è
possibile realizzare impianti con sequenze diverse.
Nella figura TT3 è riportato lo schema relativo alla figura TT1.
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Depurazione delle acque 166 Impianti a precipitazione chimica
Fango mineralizzatoEssiccamento fango
Smaltimento fanghi
Grigliatura
Desabbiatura
Serbatoio reattivi chimici
Pompa dosatrice
Miscelatore
Coagulazione
Flocculazione
Sedimentatore
FiltrazioneCarboni attivi
Serbatoio ipoclorito
MiscelatoreRic
iclo
fa
ngo
Fango di supero
Uscita biogas
Surnatante
Uscita sostanze oleose
Acque depurate allo smaltimento
Figura TT3 – Schema di trattamento chimico.
Nel trattamento di reflui industriali vengono spesso associati il trattamento chimico e
quello biologico in modo da sfruttare il basso costo di gestione del secondo e lasciare al
primo la funzione o di sgrossatura, in questo caso si inserisce il trattamento chimico
prima di quello biologico, o la funzione di affinamento finale mettendo prima il
trattamento biologico e poi quello chimico.
Il trattamento chimico può essere sfruttato anche per la sua capacità di abbattere il
fosforo e evitare così che le acque smaltite possano provocare fenomeni di
eutrofizzazione.
Esistono anche sistemi compatti, formati da una sola vasca, nei quali si realizzano tutte
le fasi di coagulazione, flocculazione e sedimentazione (vedi figura TT2).
Nello schema a blocchi di figura TT4 è riportato un impianto misto chimico/biologico
con l’impianto chimico posto a monte di quello biologico.
Miscelazione, flocculazione e sedimentazione Fanghi attivi Sedimentazione
Eventuale by-pass
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Depurazione delle acque 167 Impianti a precipitazione chimica
Trattamenti preliminari
StabilizzazioneDisidratazione e smaltimento
Figura TT4 – Trattamento chimico a monte del trattamento a fanghi attivi
Lo stesso schema disegnato usando, quando possibile, i simbolo UNICHIM è riportato
in figura TT5.
Grigliatura
Desabbiatura
Serbatoio reattivi chimici
Pompa dosatrice
Fango di supero
Digestore anaerobico
Separatore fango digerito
Fango mineralizzatoEssiccamento fango
Smaltimento fanghi
Uscita biogas
Vasca a fanghi attiviSedimentatore
Uscita sostanze oleose
Flocculazione e sedimentazione chimica
Fanghi secondariRic
iclo
fa
ngo
Uscita acque depurateSurnatante
Figura TT5 – Associazione fra trattamento chimico e trattamento biologico
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Depurazione delle acque 168 Impianti a precipitazione chimica
Accenni alla depurazione
di acque reflue industriali
La normativa (DL 152/2006) definisce così le acque reflue industriali:
“.....qualsiasi tipo di acque reflue provenienti da edifici od installazioni in cui si
svolgono attività commerciali o di produzione di beni, differenti qualitativamente
dalle acque reflue domestiche e da quelle meteoriche di dilavamento, intendendosi per
tali anche quelle venute in contatto con sostanze o materiali, anche inquinanti, non
connessi con le attività esercitate nello stabilimento”.
Mentre questa definizione, per quanto riguarda “ le attività commerciali”, non sembra
essere molto rigorosa (che tipo di acque reflue producono, per esempio, i ristoranti?) è
assodato al contrario che tutte le attività “di produzione di beni” appartengono a questa
categoria.
In questa scheda prenderemo in considerazione proprio le acque reflue che provengono
da alcune delle principali “attività di produzione di beni” (botteghe artigiane e industrie
vere e proprie).
Industrie alimentari e delle fermentazioni
Caratteristiche comuni degli effluenti:
-‐ alti valori del BOD5 e dei solidi sospesi
-‐ rapporto dei nutrienti non sempre ottimale per il metabolismo batterico (potenziale
causa di bulking)
-‐ assenza di metalli pesanti e di altri inquinanti inorganici
Tipi di depurazione: meccanica, biologica
Possibili conformazioni degli impianti:
A)più impianti in serie (F.P. + F.A. e anche F.P. + F.P.)
B)impianto sgrossatore (per esempio F.A. ad alto carico oppure F.P. in materiale plastico)
e sversamento nella fognatura civile per la successiva depurazione in impianto
consortile
C)digestione anaerobica del liquame (per produzione biogas) seguita da impianto di
affinamento (soprattutto F.A.)
In particolare per i seguenti settori industriali sono ampiamente usate le seguenti
modalità:
• industrie conserviere (frutta, verdure, ecc.) → A) e C)_________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Depurazione delle acque 169 Acque industriali
• fabbriche di birra e distillerie → A) , B) e C)
•zuccherifici → essicazione della componente
più carica e C)
•caseifici e centrali del latte → A) e C)
•mattatoi, salumifici e fabbriche di carne in scatola. → B) e C)
•oleifici → fertirrigazione e C)
Industrie della carta e dell’abbigliamento
Caratteristiche comuni degli effluenti:
-‐ alto valore del BOD5
-‐ forte presenza di sostanze chimiche inorganiche, a volte anche tossiche, dovute ai
processi lavorativi
Tipi di depurazione: biologica, chimica-biologica, chimica e chimica-fisica
Possibili conformazioni degli impianti:
A)impianti a F.A. e/o F.P.
B)più impianti in serie (precipitazione chimica + depurazione biologica)
C)impianto a precipitazione chimica e sversamento nella fognatura civile
D)digestione anaerobica del liquame (per produzione biogas) seguita da impianto di
affinamento (soprattutto F.A.)
In particolare per i seguenti settori industriali sono ampiamente usate le seguenti
modalità:
• industrie cartarie → A) , B) e D)
•concerie → B) [eliminazione del cromo per precipitazione + F.A.] e
C)
• industria tessile e tintorie → A) , B) e C)
Industrie metallurgiche e minerarie
Caratteristiche comuni degli effluenti:
-‐ assenza o basso valore di BOD5
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Depurazione delle acque 170 Acque industriali
-‐ forte presenza di sostanze chimiche inorganiche, disciolte e sospese, spesso tossiche e
comunque molto nocive se sversate nei normali recapiti.
Tipi di depurazione: meccanica, chimica e chimica-fisica.
Industrie galvaniche
Gli effluenti delle industrie galvaniche sono tra i più nocivi che si conoscano, sia per le
loro caratteristiche chimiche (possono contenere sostanze estremamente tossiche e non
biodegradabili), sia per la notevole diffusione degli impianti, spesso anche a livello
artigianale, sul territorio.
Per questo motivo il caso viene trattato in modo più esteso.
Questo tipo di industrie effettuano lavorazioni di galvanostegia e di galvanoplastica. La
galvanostegia è l'insieme delle tecniche di rivestimento di superfici metalliche con altri
metalli o leghe (dorature, cromature, nichelature,ecc,) mentre la galvanoplastica
comprende le tecniche di rivestimento con metalli di superfici non metalliche (plastica,
tessuti, ecc.). La galvanostegia, per esempio, è un processo elettrochimico che si effettua
in un bagno galvanico sfruttando il passaggio di una corrente continua a basso
voltaggio. L'oggetto funge da catodo e su di esso si ha la riduzione del metallo
“pregiato”, mentre come anodo si utilizza una lamina dello stesso metallo che,
ovviamente, si ossida. Il bagno galvanico è una soluzione di un sale del metallo pregiato
di cui si vuol formare il rivestimento.
In generale si possono identificare due tipologie di scarichi:
♦scarichi periodici e discontinui di reflui concentrati (da bagni esausti, bonifica e pulizia
vasche);
♦scarichi continui provenienti dai lavaggi successivi ai diversi trattamenti galvanici.
Per una migliore resa di depurazione, le due tipologie di reflui vanno stoccate e trattate
separatamente. Dal momento che la tecnologia impiantistica è definita in base a
composizione e portata della torbida, e che tale tecnologia è tanto più efficace quanto
più tali parametri restano costanti, è opportuno che i bagni concentrati vengano smaltiti
come rifiuti liquidi, attraverso ditte autorizzate. In subordine, tali bagni concentrati
possono essere immessi in una vasca di raccolta distinta da svuotare lentamente nel
depuratore, in modo da garantire l'indispensabile diluizione e la costanza nel tempo
delle concentrazioni.
Gli effluenti di una fabbrica galvanica si possono raggruppare nelle seguenti categorie:
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Depurazione delle acque 171 Acque industriali
Acque alcaline: provenienti dai lavaggi successivi alle operazioni di sgrassatura,
pulitura elettrolitica, elettrodeposizione da bagni alcalini. Possono contenere
cianuri, rame, zinco, cadmio, carbonati, idrati, nitrati, silicati, fosfati alcalini, agenti
tensioattivi, sostanze grasse.
Rientrano quindi in questa categorie anche le acque cianidriche, il cui trattamento
va però effettuato in maniera mirata.
Acque acide: provenienti dai lavaggi successivi alle operazioni di decapaggio,
passivazione, ossidazione anodica, elettrodeposizione da bagni acidi. Possono
contenere rame, zinco, nichel, ferro, stagno, piombo, acidi solforico, nitrico,
cloridrico, prodotti di natura organica (splendogeni, antipuntinanti, brillantanti,
ecc.).
Acque cromiche: provenienti alle operazioni successive alla fase di cromatura e
passivazione. Contengono acido cromico e solforico.
Acque di varia provenienza: provenienti da lavorazioni ausiliarie (es. smerigliatura,
verniciatura finale). Possono contenere solidi sospesi, detergenti inorganici alcalini,
tensioattivi, solventi di varia natura.
Acque non contaminate: provenienti da operazioni di raffreddamento o altro.
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Depurazione delle acque 172 Acque industriali
I trattamenti di depurazione
La depurazione dei reflui da galvanica si attua mediante un impianto di tipo chimico-
fisico con fasi depurative così sintetizzabili:
1.trattamenti di ossido-riduzione (svelenamento di cianuri e cromati);
2.neutralizzazione, formazione di idrossidi metallici e decantazione;
3.filtrazioni finali.
La depurazione viene oggi realizzata con il metodo continuo detto anche "in acque
correnti", perché il dosaggio dei reagenti, la miscelazione ed il controllo analitico
avvengono appunto in acque correnti.
La depurazione classica dei reflui da galvanica si attua secondo uno dei due seguenti
schemi a blocchi:
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Depurazione delle acque 173 Acque industriali
2.
ossidazione riduzione
miscelazione e neutralizzazione
chiariflocculazione e sedimentazione
acque acide ed alcaline
acque cromicheacque cianidriche
1.
ossidazione riduzione
neutralizzazione
chiariflocculazione e sedimentazione
acque alcaline e cianidriche
acque acide e cromiche
1. Trattamenti di ossido-riduzione (“svelenamento” di cianuri e cromati)
a)Acque cianidriche
Ossidazione classica per aggiunta di ipoclorito di sodio
CN- + Cl2 → CNCl + Cl-
CNCl + 2 OH- → CNO- + Cl- + H2O
Lo ione cianato (CNO-) che si forma è molto meno tossico del cianuro (CN-) e subisce
una rapida ossidazione nel corpo d'acqua ricevente.
b)Acque cromiche
1° fase: riduzione del cromo per aggiunta di bisolfito di sodio o anidride
solforosa
2H2CrVIO4 + 3SO2 → CrIII2(SO4)3 + 2H2O
2° fase: neutralizzazione e precipitazione dell'idrossido di cromo per aggiunta di soda
(pH=10.5 – 11)
Cr3+ + 3OH- → Cr(OH)3↓
Anche rame, zinco e cadmio precipitano come idrossidi insolubili, gli oli ed i grassi
vengono adsorbiti nei fiocchi di idrossido.
2. Neutralizzazione, formazione di idrossidi metallici e decantazione
a)Neutralizzazione e coagulazione
La neutralizzazione delle acque acide ed alcaline, comprese quelle già pretrattate
mediante i metodi sopra descritti, porta alla formazione di idrossidi fioccosi di zinco,
cadmio, rame. Tali idrossidi sono pressoché insolubili ed hanno la facoltà di inglobare e
precipitare sostanze colloidali ed altri solidi sospesi. Se il reagente neutralizzante
utilizzato è la calce si ha anche la rimozione dell'acido fosforico. Il processo può essere
ottimizzato mediante l'aggiunta di coagulanti primari e/o polielettroliti.
b)Decantazione
In un normale sedimentatore, ma più spesso in sedimentatore a letto di fango.
3. Filtrazioni finali
Con filtro a sabbia: si utilizza per trattenere eventuali solidi sospesi insolubili. La portata
di filtrato è decrescente nel tempo a causa del progressivo intasamento del letto
filtrante, vanno dunque fatti frequenti controlavaggo in relazione comunque al tempo
ed al volume di acqua filtrata.
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Depurazione delle acque 174 Acque industriali
Con filtro a carboni attivi: si utilizza per trattenere le sostanze organiche, ed in primo
luogo i tensioattivi. E' sempre opportuno che tale filtro venga posto a valle di un filtro a
sabbia al fine di prevenire l’occlusione dei pori e di ridurre al minimo le perdite di carico
causate dai solidi in sospensione.
Con filtro a resine a scambio ionico: garantisce una buona depurazione, eliminando il
rischio di utilizzo di reagenti in eccesso. Si attua per la rimozione di ioni indesiderati in
soluzione, specie di eventuali ioni metallici.
4. Regolazione finale del pH
Serve per portare il pH finale intorno ad un valore prossimo a 7, dal momento che la
fase precedente è stata condotta a pH alcalino. Si effettua mediante l'aggiunta di un
acido, solitamente acido solforico. Questa fase, data la sua delicatezza, va accuratamente
monitorata tanto che sarebbe consigliabile l’installazione di un misuratore in continuo
del pH nella vasca in questione, con i dati rilevati sempre a disposizione dell’organo di
controllo.
Trattamento dei fanghi
Durante la depurazione delle acque reflue di uno stabilimento galvanico si formano
ingenti quantità di fanghi voluminosi, con scarse caratteristiche di disidratabilità e ad
alto contenuto di sostanze tossiche (specie metalli pesanti). Essi vanno disidratati con
nastropressa o filtropressa, al fine di diminuirne volume e peso, e quindi stoccati fino al
ritiro da parte di ditta autorizzata. Lo stoccaggio deve avvenire in contenitori
impermeabili, al coperto o in una zona cementata dotata di cordoli di contenimento e
delle pendenze opportune a far convergere al depuratore le eventuali acque meteoriche
di dilavamento e le acque percolate dai fanghi stessi.
Acciaierie e trafilerie
In questo tipo di industrie, solitamente di grandi dimensioni, le acque reflue prodotte
sono di diverse tipologie a seconda della lavorazione di provenienza. Anche, e forse
soprattutto per motivi economici, i vari sistemi di depurazione, generalmente di tipo
chimico, tendono al recupero per un loro reimpiego nell’impianto sia degli inquinanti
che dell’acqua stessa.
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Depurazione delle acque 175 Acque industriali
Di seguito uno schema generale dell’origine e dei trattamenti delle più importanti
tipologie di acque reflue prima dello scarico in acque pubbliche:
Origine Contenuto Trattamenti per rendere possibile
lo scarico in fognaturaSpurgo circuito di
raffreddamento
alto tenore di
sostanze sospese e
disciolte
rimozione sostanze sospese per
precipitazione chimica
Effluenti oleosi di varia
natura
oli liberi e in
emulsione
a.acidificazione
b.separazione oli
c.neutralizzazione
d.chiarificazioneAcque di lavaggio acide
(decapaggio)
acidi, sali e sostanze
sospese
neutralizzazione e chiarificazione
Operazioni di cokeria e
lavorazioni sottoprodotti
fenoli, tiocianati,
ammoniaca
ossidazione biologica e
chiarificazione
Industrie petrolifere e petrolchimiche
Caratteristiche degli effluenti:
-‐ alti valori del BOD5 (soprattutto oli, idrocarburi e fenoli) e dei solidi sospesi
-‐ presenza di NH3 e H2S
In generale l’impianto di depurazione si articola in una successione di trattamenti che si
possono suddividere in: meccanici, biologici e chimico-fisici.
I trattamenti meccanici (grigliatura, sedimentazione, flottazione, centrifugazione,
filtrazione) rimuovono le sostanze in sospensione e i materiali galleggianti (oli, grassi,
schiume); particolare importanza hanno i separatori per gravità acqua/olio. Per
aumentare l’efficacia della disoleazione possono essere previsti trattamenti aggiuntivi
quali la filtrazione e, soprattutto, la flottazione con aria disciolta in presenza di agenti
chimici flocculanti.
I trattamenti biologici sono quasi sempre a F.A. (mediante ceppi batterici selezionati
per il metabolismo di idrocarburi). L’impianto è munito anche dei trattamenti per
l’eliminazione dell’azoto (generalmente mediante predenitrificazione).
I trattamenti chimico - fisici sono generalmente a base di carbone attivo granulare.
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Depurazione delle acque 176 Acque industriali
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Depurazione delle acque 177 Acque industriali
La rimozione dei nutrienti (AZOTO e FOSFORO)
e accenni ai trattamenti terziari
La sola rimozione del BOD, cioè della parte carboniosa delle sostanze biodegradabili,
può non essere sufficiente a ottenere acque reflue che possano essere smaltite nei
recettori naturali senza problemi. Quando il recettore finale è costituito da un bacino
idrico con scarso ricambio, quindi particolarmente sensibile al fenomeno
dell’eutrofizzazione, allora diventa importante eliminare anche i composti del fosforo
e dell’azoto.
In teoria, per eliminare il pericolo di eutrofizzazione, potrebbe essere sufficiente
eliminare il solo fosforo, infatti . secondo la “legge del fattore minimo” o “legge di
Liebig” è sufficiente eliminare una delle sostanze che costituiscono la catena nutritiva
affinché si interrompa o almeno venga fortemente limitato il fenomeno. Tuttavia, lo
smaltimento in corpi idrici che fungono anche da fonti di approvvigionamento per le
acque destinate all’uso civile, deve prevedere anche l’abbattimento dei composti
azotati, in particolar modo dell’ammoniaca, perché sono tossici, sono difficilmente
eliminabili nelle fasi di potabilizzazione e perché possono reagire con il cloro, usato
spesso nella fase di disinfezione delle acque per uso potabile, formando cloramine
tossiche e di odore e sapore sgradevoli. Hanno inoltre un effetto tossico per i pesci e
altri organismi superiori e consumano l’ossigeno disciolto nell’acqua, infatti
l’ammoniaca può essere ossidata a ione nitrito o a ione nitrato ad opera di batteri
consumando, in questa reazione, l’ossigeno contenuto nell’acqua.
È importante però considerare che i composti del fosforo e dell’azoto sono
indispensabili perché sono componenti fondamentali delle cellule viventi e risultano
pertanto necessari per un buon funzionamento dei processi biologici di depurazione
nei quali avviene un continuo aumento della popolazione batterica.
Si deve infine considerare che nelle acque reflue sono sempre più spesso presenti
scarichi di origine industriale, talvolta in concentrazioni tanto elevate da renderle
inadatte ai trattamenti biologici e che sempre più spesso risulta necessario spingere la
depurazione fino al punto di ottenere acque reflue riutilizzabili, almeno a livello
industriale. Questi fatti hanno spinto i progettisti a ideare trattamenti sempre più
spinti e completi.
Depurazione delle acque 178 Rimozione dei nutrienti
Rimozione dei composti dell’azoto
La maggior parte dell’azoto è presente nelle acque reflue in forma ammoniacale
essendo prodotto, già durante la permanenza in fognatura prima dell’arrivo
all’impianto, dall’ossidazione biologica delle proteine e dell’urea (ammonificazione)
secondo lo schema seguente:
ad esempio per un amminoacido
e per l’urea
Nelle acque reflue che arrivano all’impianto di depurazione il contenuto di azoto in
forma ammoniacale equivale a circa il 60-65% dell’azoto totale, quello organico
(ammine, ammidi,....) a circa il 35% e solo a circa il 5% quello ossidato (nitriti e
nitrati).
La produzione di ammoniaca ammonta a 10-20 gr/ab.eq.· gg con una conseguente
concentrazione di 50-100 mg/litro.
L’azoto può essere eliminato dalle acque reflue per via biologica, chimica e chimico
fisica.
Eliminazione dell’azoto per via biologica
È il metodo più comunemente usato e consiste nel far trasformare dai batteri tutto
l’azoto ridotto (ammoniacale e organico) nella forma ossidata (nitrificazione) e quindi
trasformare i nitrati, sempre per via biologica, in azoto elementare [gassoso]
(denitrificazione).
La nitrificazione
L’ammoniaca presente nei liquami può essere ossidata ad opera di due gruppi di
batteri autotrofi aerobici prima a nitriti e poi a nitrati. La prima ossidazione è
dovuta a un gruppo di batteri del tipo nitrosomonas secondo la reazione:
Depurazione delle acque 179 Rimozione dei nutrienti
La seconda consiste invece nell’ossidazione dei nitriti a nitrati ad opera di un gruppo
di batteri del tipo nitrobacter secondo la reazione:
La reazione complessiva è allora:
Dalla reazione totale di ossidazione è agevole calcolare l’ossigeno consumato per
mole di ammoniaca e quindi per grammo. Questo consumo totale di ossigeno è pari a
4,57 grammi per ogni grammo di azoto (ammoniacale).
Nella vasca di ossidazione–nitrificazione il consumo di ossigeno non avviene con
continuità ma per stadi successivi: prima si ha l’ossidazione dello scheletro
carbonioso e successivamente, in tempi più brevi quanto più alta è la temperatura, si
ha l’ossidazione dell’azoto ammoniacale (NOD).
Il ritardo con il quale avviene l’ossidazione dei composti azotati è dovuto al basso
tasso di crescita dei batteri nitrificanti. Per raggiungere una concentrazione di batteri
nitrificanti adeguata alla reazione di nitrificazione occorre lavorare con bassi valori
del fattore di carico organico, e conseguenti alti valori dell’età del fango (mediamente
fra 10 e 20 giorni) in modo da evitare che vengano eliminati, con il fango di supero,
più batteri di quanti vengono generati nello stesso intervallo di tempo.
Da tutto ciò si deduce che gli impianti a fanghi attivi ad aerazione prolungata e a
basso carico e gli impianti a filtri percolatori a basso carico sono i soli in grado di
garantire una nitrificazione spinta dell’effluente. Il grafico di fig.1 mostra con
chiarezza questo concetto: è infatti evidente che per valori di Fc>0,5 il grado di
nitrificazione cala rapidamente a valori molto bassi.
Depurazione delle acque 180 Rimozione dei nutrienti
Oltre a questo, a differenza dei batteri che metabolizzano la frazione carboniosa, i
batteri nitrificanti hanno bisogno di una concentrazione di ossigeno in vasca molto
maggiore; per garantire una corretta nitrificazione è necessario infatti che la
concentrazione dell’ossigeno disciolto sia almeno 2,5 – 3,0 ppm, mentre per la
frazione carboniosa sono sufficienti 1,5 – 2,0 ppm.
Negli impianti a fanghi attivi dunque nel calcolo del fabbisogno di ossigeno in
presenza di nitrificazione si deve tener conto anche della quantità di ossigeno
necessaria all’ossidazione dell’ammoniaca a nitrato.
La relazione del fabbisogno diventa allora:
dove i primi due termini si riferiscono alla frazione carboniosa , mentre il terzo
all’azoto e mN-amm indica appunto la quantità di azoto ammoniacale che viene
ossidato.
Per la determinazione di mN-amm bisogna conoscere:
−il carico idraulico
−la concentrazione di ammoniaca nell’acqua reflua
−il grado di nitrificazione.
Infatti:
mtot-NH3 = [NH3]·Qi massa totale di ammoniaca in arrivoDepurazione delle acque 181 Rimozione dei nutrienti
fig.1
Determinazione sperimentale del grado di nitrificazione in funzione del fattore di carico organico (Fc) a 17°C e 23°C
mN-amm= (14/17)·(%nitr/100)·[NH3]·Qi massa di ammoniaca ossidata espressa
come
azoto
dove la %nitr si trova dal grafico in funzione di Fc dell’impianto.
Per acque reflue di tipo civile il fabbisogno di ossigeno per la frazione azotata è circa il
30% del totale e quindi assolutamente da considerare per il dimensionamento del
sistema di aerazione.
Esercizio 1 sulla nitrificazione
In un impianto a fanghi attivi che lavora a 20 °C si vuole trattare anche l’azoto. I dati
in ingresso sono:
Qi=12000 m3/gg
[NH3]=85 mg/l
Fc=0,4 kgBOD5/kgSSMA·gg
Trova il fabbisogno di ossigeno per l’ossidazione dell’azoto.
Dal grafico di %nitr=f(Fc) troviamo che ad un Fc=0,4 corrisponde (a 20 °C)
all’incirca un grado di nitrificazione percentuale del 92-93%; prendiamo 92,5 e con
questo dato calcoliamo mN-amm:
mN-amm = (14/17) (%nitr/100)·[NH3]·Qi=0.824·(92,5/100)·85 mg/l·12000 m3/gg=
0.824·0,925·0,085 kgNH3/m3·12000 m3/gg=777 kgN-NH3/gg
Per calcolare l’ossigeno basta moltiplicare per 4,57 grO2/grN-NH3:
Esercizio 2 sulla nitrificazione
Depurazione delle acque 182 Rimozione dei nutrienti
A un impianto a nitrificazione combinata arriva un carico di 600 kg/giorno di azoto
ammoniacale che deve essere ridotto dell’80%. Determinare l’età del fango
ammissibile nell’ipotesi che per ogni grammo di azoto rimosso si producano 0,08 g di
batteri nitrificanti e che questi rappresentino il 4% della biomassa secca e infine che
nella vasca siano presenti 18000 kg di biomassa totale.
Perché non si verifichi il fenomeno del dilavamento è necessario che la quantità di
batteri nitrificanti uscenti dalla vasca sia al massimo uguale a quella dei batteri
prodotti.
Calcoliamo allora la quantità di batteri prodotti
La quantità di azoto rimosso deve essere l’80% di quella che arriva all’impianto:
Azoto che deve essere rimosso = 600 kg(N)/giorno·0,8 = 480 kg(N)/giorno
La quantità di batteri nitrificanti prodotti è allora:
Batteri nitrificanti prodotti = 480 kg(N)/giorno · 0,08 Kg(batteri)/kg(N)= 38,4
kg(batteri)/giorno
Poiché questi sono anche la quantità dei batteri uscenti e questi ultimi costituiscono il
4% della biomassa uscente si può calcolare il valore di questa biomassa ( FU ):
Conoscendo la biomassa totale contenuta nella vasca ( BIOMASSATOTALE ) si può
calcolare il tempo di detenzione che è poi l’età del fango:
Depurazione delle acque 183 Rimozione dei nutrienti
La denitrificazione
Per eliminare in maniera definitiva l’azoto che è stato trasformato in nitrato occorre
eseguire la sua riduzione, sempre per via biologica, ad azoto elementare che può
essere allontanato facilmente dall’acqua come gas.
In questo senso i nitrati possono essere considerati perciò come una fonte di ossigeno
che si può rendere disponibile quando la concentrazione di ossigeno disciolto diventi
molto bassa.
Il rilascio di ossigeno da parte dello ione nitrato avviene secondo la reazione:
Le sostanze che si ossidano, quelle cioè capaci di fornire carbonio organico, possono
essere le stesse sostanze biodegradabili contenute nelle acque da depurare oppure
possono essere altre, di facile ossidabilità, come ad esempio il metanolo, che vengono
aggiunte alla miscela nitrificata in modo da far avvenire la seguente reazione:
Nella pratica quindi si devono perciò far eseguire ai microrganismi due operazioni:
1 – trasformazione dell’azoto ammoniacale in azoto nitrico (nitrificazione);
2 - trasformazione dell’azoto nitrico in azoto elementare gassoso (denitrificazione).
Da un punto di vista operativo queste operazioni si possono eseguire seguendo
diversi schemi, tra i quali i più importanti sono:
1° schema - (PREDENITRIFICAZIONE )
Questa procedura prevede di eseguire la denitrificazione sui liquami che devono
ancora essere ossidati nella vasca di aerazione provvedendo comunque a riciclare
parte dei fanghi e delle acque in uscita dalla fase di ossidazione-nitrificazione.
Le fasi operative sono la seguenti:
• i liquami grezzi vengono inviati a una vasca di predenitrificazione anossica perchè
priva di sistema di aerazione. I batteri denitrificanti vengono forniti grazie al riciclo
di parte dei fanghi presenti nel sedimentatore secondario mentre l’azoto nitrico da
Depurazione delle acque 184 Rimozione dei nutrienti
b a t t e r i denitrificatori
ridurre viene invece fornito riciclando parte dei liquami uscenti dalla fase di
ossidazione-nitrificazione (vedi fig.2)
• dopo aver subito la denitrificazione i liquami passano alla vasca di aerazione dove
subiscono la nitrificazione dell’ammoniaca non ancora ossidata. Da lì una parte di
questi liquami viene riciclata alla vasca di denitrificazione mentre il resto viene
inviata alla sedimentazione secondaria. I fanghi prodotti nel sedimentatore
vengono in parte riciclati alla vasca di ossidazione-nitrificazione mentre quelli di
supero vanno ai trattamenti successivi.
Ossidazione e Nitrificazione
Denitrificazione
Riciclo acque nitrificate
Riciclo fango
Fango di supero
Ingresso liquami
Acque depurate
Fig. 2 – Schema con predenitrificazione
È evidente che questo sistema non consente di effettuare una denitrificazione
completa, infatti la parte non ricircolata dopo la vasca di ossidazione-nitrificazione
contiene azoto nitrico che prima entra nel sedimentatore secondario e quindi esce
dall’impianto. Questa frazione di azoto nitrico non denitrificata dipende dall’entità
del ricircolo: più grande è il ricircolo rispetto alla portata che viene lasciata passare
minore sarà la quantità di nitrati non ridotti ad azoto elementare.
2° schema - (POSTDENITRIFICAZIONE )
Questo schema operativo prevede che la denitrificazione venga eseguita dopo la fase
di ossidazione-nitrificazione usando come materiale organico, ossidabile dai nitrati,
parte dei liquami in ingresso all’impianto. Lo schema è costituito dalle seguenti fasi:
• i liquami grezzi, dopo le fasi preliminari, arrivano alla vasca di aerazione
(ossidazione e nitrificazione).
Depurazione delle acque 185 Rimozione dei nutrienti
• le acque in uscita dalla vasca di ossidazione vengono inviate alla vasca di
denitrificazione insieme a una parte dei liquami che arrivano dai trattamenti
preliminari.
• per evitare che i liquami, carichi di azoto gassoso, possano causare, nel
sedimentatore secondario, fenomeni di rising (risalita del sedimentato a causa di
azoto gassoso e uscita di acque non limpide) si esegue un trattamento di stripping
con aria dei liquami prima di inviarli al sedimentatore secondario.
• infine i liquami proseguono verso il sedimentatore secondario secondo lo schema
usuale. (vedi fig.3)
Ossidazione e
Stripping dell'azoto
Denitrificazione
al trattamento fanghi
Fig.3 – Impianto con postdenitrificazione
Contrariamente alla predenitrificazione questo schema assicura una completa
denitrificazione, ma non una completa ossidazione, infatti la parte di acqua reflua che
dal sedimentatore primario viene mandata direttamente nella vasca di
denitrificazione per fornire “cibo fresco” ai batteri denitrificatori senza passare dalla
vasca di ox-nitr può contenere ancora BOD5 non metabolizzato (dai batteri
denitrificatori).
Una variante della postdenitrificazione che evita quest’ultimo inconveniente è
mostrata nello schema a blocchi che segue:
Depurazione delle acque 186 Rimozione dei nutrienti
CH3OH
Sed IIOx-‐Nitr Sed II Den Strippingai tra2amen4 successivi
al tra2amento fanghi
L’alcool metilico (CH3OH) viene aggiunto dall’esterno (cibo esogeno) dal momento
che alla vasca di denitrificazione non arriva più né BOD disciolto né solidi sospesi
volatili (perché eliminati dal sedimentatore secondario); questa variante è molto
dispendiosa sia per l’aggiunta in continuo di metanolo che per la necessità di due
sedimentatori secondari.
3° schema – (PREDENITRIFICAZIONE + POSTDENITRIFICAZIONE)
Come già detto i due schemi esaminati presentano delle evidenti limitazioni: il primo
non riesce a eseguire una denitrificazione completa, mentre il secondo non consente
una completa ossidazione. Per superare queste limitazioni si può eseguire sia una
predenitrificazione che una postdenitrificazione (vedi fig.4).
Ossidazione e Nitrificazione
Stripping dell'azoto
Post Denitrificazione
Pre Denitrificazione
Fig.4 – Sistema di denitrificazione misto
Depurazione delle acque 187 Rimozione dei nutrienti
Eliminazione dell’ammoniaca per via chimica (reazione con cloro)
L’eliminazione dell’azoto ammoniacale si può eseguire sulle acque reflue, prima del
loro sversamento, mediante trattamento con cloro. L’ammoniaca reagisce con l’acido
ipocloroso, che si forma quando si solubilizza il cloro in acqua, formando azoto e
acido cloridrico:
L’andamento della reazione non è influenzato dalla temperatura o dalla presenza di
fattori tossici che hanno invece una forte influenza sul processo di denitrificazione
biologica. Poiché si libera acido cloridrico è necessario aggiungere Ca(OH)2 oppure
NaOH in modo da riportare il pH a valori accettabili.
Gli inconvenienti di questo sistema sono:
• costo dovuto all’alto consumo di cloro
• necessità di eseguire la declorazione prima dello smaltimento finale delle acque
depurate.
Eliminazione dell’azoto con metodi fisici
Un metodo di tipo fisico per eliminare l’ammoniaca dalle acque consiste
nell’alcalinizzazione della miscela con calce fino a pH 11 – 11,5 seguito dallo
stripping con aria dell’ammoniaca gassosa che si forma, in un’apposita torre
di degasazione (vedi fig.5).
L’alcalinizzazione è necessaria per spostare l’equilibrio
verso destra. Al termine della degassazione è necessario abbassare il pH mediante
ricarbonatazione (si insuffla, come abbiamo già visto, anidride carbonica).
Depurazione delle acque 188 Rimozione dei nutrienti
Rimozione del fosforo
La rimozione del fosforo dalle acque di scarico viene attuata essenzialmente
attraverso processi di precipitazione chimica usando gli stessi agenti flocculanti che si
usano nel trattamento chimico dei liquami: sali ferrici, sali di alluminio e calce.
Per l’alluminio e la calce, per esempio, le reazioni coinvolte sono:
e
Il fosforo organico e i polifosfati vengono abbattuti soprattutto per effetto di
adsorbimento.
Gli schemi di processo usati sono tre:
• trattamenti eseguiti sul liquame grezzo
• trattamento dell’effluente finale di impianti di tipo biologico (postprecipitazione)
• trattamenti eseguiti contemporaneamente a quelli di tipo biologico
(coprecipitazione)
Trattamenti sul liquame grezzo
Rientrano in questo tipo operativo gli impianti con trattamento chimico dei liquami.
La flocculazione che porta all’abbattimento dei solidi sedimentabili e a quello parziale
del BOD disciolto causa anche la rimozione, con alte rese (generalmente > 90%), dei
composti del fosforo.
Postprecipitazione
La rimozione del fosforo eseguita sulle acque in uscita dal sedimentatore secondario
può essere considerata un vero e proprio trattamento terziario dal momento che:
• ha un rendimento, relativo alla rimozione del fosforo, superiore al 95%.
• l’azione flocculante causa anche una efficace rimozione dei solidi sospesi,
eventualmente sfuggiti alla sedimentazione secondaria, producendo acque
altamente chiarificate. Sotto questo aspetto può essere considerato un trattamento
terziario di affinamento delle acque depurate.
Depurazione delle acque 190 Rimozione dei nutrienti
• la precipitazione eseguita in questa fase ha lasciato il tempo affinché tutto il fosforo
presente, anche quello organico, si sia trasformato in ione ortofosfato.
• i reattivi usati in questa fase non interferiscono con l’azione dei batteri nitrificanti
durante il trattamento di nitrificazione-denitrificazione.
Questo trattamento ha tuttavia lo svantaggio di richiedere apparecchiature e vasche
aggiuntive e risulta pertanto più costoso.
Coprecipitazione
La precipitazione del fosforo viene indotta nella stessa vasca di ossidazione. Uno
schema di questo tipo è riportato in fig.6. Lo schema mostrato utilizza un filtro a
sabbia per il trattamento di denitrificazione.
I liquami, dopo un trattamento di triturazione arrivano alla vasca di aerazione nella
quale vengono dosati anche i reattivi necessari alla rimozione del fosforo. A questa
vasca vengono inviati oltre ai fanghi di ricircolo anche le acque di lavaggio del filtro a
sabbia usato nella denitrificazione.
Le acque in uscita dal sedimentatore vengono inviate a un filtro a sabbia nel quale i
lavaggi in controcorrente vengono eseguiti a intervalli di tempo molto lunghi. In
questo modo sulle particelle di sabbia si sviluppano i batteri denitrificatori utili alla
rimozione dell’azoto nitrico. Come sostanza facilmente ossidabile (“cibo per i
batteri”) viene usato metanolo opportunamente dosato.
Il trattamento dei fanghi viene condotto per ossidazione aerobica mentre le acque in
uscita vengono disinfettate con cloro.
Filtro a sabbia(denitrificatore)
Serbatoio metanolo Serbatoio cloro
Acqua per il lavaggio del filtro
Flocculanti per la rimozione del fosforo
Ai trattamenti successivi
Compressore
Vasca ox-nitr
Dig. aerobico
Trituratore
Depurazione delle acque 191 Rimozione dei nutrienti
Fig.6 – Sistema con coprecipitazione
Trattamenti di tipo chimico-fisico
Il solo trattamento chimico o l’associazione trattamento chimico e trattamento
biologico,sono generalmente sufficienti a produrre acque che possono essere sversate
nei normali recapiti, ma non a produrre acque reflue a elevato grado di purezza, cioè
acque nelle quali l’abbattimento dei fattori inquinanti sia quasi totale.
Alcune sostanze, presenti in quantità minime (microinquinanti), come, insetticidi,
pesticidi, metalli pesanti, sostanze tossiche di vario tipo, non biodegradabili, non
vengono eliminate ad opera dei trattamenti chimici e/o biologici.
Quando le acque reflue “depurate” devono essere riciclate per uso industriale o civile
(acque potabili) diventa necessario completare il trattamento con processi di tipo
fisico e chimico-fisico come la filtrazione e il trattamento con carboni attivi.
I carboni attivi sono formati da particelle di carbonio porose che possiedono
un’altissima superficie specifica (compresa fra 700 e 1500 m2/gr). Questa enorme
superficie di contatto permette l’istaurarsi di forze di attrazione superficiale, del tipo
di Van der Walls, capaci di catturare e legare (adsorbire) le molecole dei
microinquinanti e le particelle colloidali contenute nell’acqua attuando in questo
modo una efficacissima di rimozione degli inquinanti rimasti.
Il carbone attivo può essere usato in forma di polvere, che viene aggiunta alle acque,
in uscita da un trattamento chimico, lasciata agire per tempi varianti da 15 a 40
minuti e quindi eliminata per filtrazione. Le acque che si ottengono da questo
trattamento sono generalmente limpide, prive di colore e di odori.
La pulizia del filtro si esegue per lavaggio in controcorrente e le acque risultanti
vengono inviate al trattamento chimico iniziale (vedi fig.7)
Depurazione delle acque 192 Rimozione dei nutrienti
acque depurate
vasca di accumulo
Lavaggio filtro in
Fanghi al trattamento finale
Carbone attivo
Filtro
Vasca di flocculazione e sedimentazione
Reattivi chimici
acque dai trattamenti preliminari
Fig.7 – Trattamento chimico associato con quello a carbone attivo
In alternativa al trattamento chimico dei liquami, da eseguire prima di quello con
carboni attivi, si può effettuare un trattamento biologico. Con la depurazione di tipo
biologico l’aggiunta del carbone attivo può essere fatta prima o dopo il trattamento.
In genere si preferisce aggiungere il carbone attivo prima perché in questo modo
vengono assorbiti alcuni microinquinanti, che hanno un effetto inibitore sull’attività
batterica, rendendo l’ossidazione biologica più efficace (vedi fig.8).
Nei due sistemi esaminati sopra il carbone attivo in forma di polvere viene aggiunto
alle acque da trattare e al termine si ritrova nei fanghi in uscita dal sedimentatore.
Questo procedimento rende impossibile il recupero e la rigenerazione del carbone
attivo usato aumentando così i costi di gestione dell’impianto (è importante
sottolineare che il carbone attivo ha un costo abbastanza elevato).
A causa dei costi elevati che i trattamenti descritti sopra comportano, questi schemi
operativi sono applicabili solo in particolari condizioni nelle quali, a causa di eventi
particolari, l’impianto si deve adattare a carichi particolarmente elevati.
Depurazione delle acque 193 Rimozione dei nutrienti
Carbone attivo
Fig.8 – Trattamento combinato biologico e carbone attivo.
Per avere consumi e costi inferiori si usano colonne in cui il carbone attivo si trova in
forma granulare e quindi non viene trascinato con le acque trattate. Quando l’attività
della colonna si esaurisce è possibile rigenerarla per trattamento termico, lavandola
in controcorrente con vapore ad alta temperatura e in assenza di aria in modo da
favorire il “deadsorbimento” delle sostanze che erano state assorbite.
Il processo di filtrazione e di lavaggio avviene utilizzando due colonne che lavorano in
parallelo alternando il loro ciclo (quando una lavora l’altra si pulisce e viceversa).
Nello schema a blocchi della fig.9 è riportato un trattamento completo.
Trattamenti preliminari
Trattamento chimicoFlocculanti
Sedimentazione
Stabilizzazione fango
Stripping ammoniaca
Ricarbonatazione
Sedimentazione
Filtrazione
Carboni attivi
Acqua depurata
Aria
Anidride carbonica
Cloro
Essiccamento
Depurazione delle acque 194 Rimozione dei nutrienti
Fig.9 – Schema a blocchi di un trattamento completo
Il trattamento completo è costituito dalle seguenti fasi (Fig.10):
• trattamento chimico eseguito con flocculante e calce. In questa fase si ha anche
l’eliminazione del fosforo in forma di fosfato di calcio e di alluminio e
l’alcalinizzazione delle acque che consentono la trasformazione dello ione
ammonio in ammoniaca. In questa fase si ha anche la sedimentazione.
• stripping dell’ammoniaca. L’ammoniaca liberata nella prima fase viene eliminata
mediante stripping con aria.
• ricarbonatazione. Questa operazione è necessaria per abbassare il pH delle acque.
Durante questa fase si ha la precipitazione di carbonati e bicarbonati.
• filtrazione. Dopo una ulteriore fase di sedimentazione le acque vengono filtrate
per eliminare tutte le sostanze in sospensione.
• trattamento con carboni attivi. È il trattamento di rifinitura che consente la
depurazione finale.
• disinfezione. Per ridurre, se necessario, la carica batterica.
Serbatoio reattivi chimici
CO2
Serbatoio cloro
Trattamento chimico
Stripping di NH3
Filtro a sabbia Filtro a carbone attivo
Digestore aerobico Letto di essiccamento
Vasca di carico
Vasca di clorazione
Fig.10 – Trattamento completo.
Nella tabella che segue sono riportati i valori dei parametri relativi alla depurazione
di un liquame medio dopo trattamento depurativo tradizionale (primario +
secondario) e dopo ulteriore trattamento chimico-fisico (terziario):
Depurazione delle acque 195 Rimozione dei nutrienti
Rendimenti depurativi a confronto
ParametroValore
iniziale
Trattamento
primario + secondario
Trattamento
primario + secondario
Con trattamento
chimico-fisico
(trattamento terziario)
Con trattamento
chimico-fisico
(trattamento terziario)ParametroValore
inizialeValore
finale
Rendimento
depurativo
Valore
finale
Rendimento
depurativoBOD5 (mg/l) 300 30 90% 0,7 99,8%COD (mg/l) 480 40 91% 10 97,9%Solidi sospesi (mg/l) 230 26 89% 0 100%Detersivi (mg/l) 7 2 71% 0,1 98,6%Fosforo (mg/l) 12 6 50% 0,1 99,2%Indice colimetrico
(MPN/100 ml)5·107 > 106 98% < 2 ~ 100%
Depurazione delle acque 196 Rimozione dei nutrienti