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Depurazione delle acque 1 Parametri generali

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Depurazione delle acque 1 Parametri generali

Le colonie di batteri che formano il fango contengono un elevato numero di

microrganismi diversi ognuno con proprie caratteristiche (tempo di generazione,

fabbisogno di ossigeno e di energia, resistenza alla presenza di fattori tossici ecc.) Un

fango dotato di buone caratteristiche di sedimentabilità deve contenere le varie specie di

batteri in proporzioni adeguate. La presenza di alte concentrazioni di una determinata

specie batterica può dare origine a fiocchi non facilmente sedimentabili.

In condizioni di funzionamento corretto i fiocchi di fango hanno un diametro variabile da

0,1 a 10 mm (mediamente fra 0,1 e 1 mm). L’accrescimento dei fiocchi è determinato dalla

produzione di biopolimeri extracellulari, principalmente polisaccaridi, che esercitano

un’azione coagulante consentendo l’aggregazione tra i vari batteri e altre sostanze solide

sia organiche che minerali comprese quelle colloidali.

La struttura del fiocco di fango è fortemente influenzata dalla natura dei batteri che lo

compongono e dalla proporzione dei vari tipi di batteri all’interno del fiocco. Una miscela

ben calibrata di batteri filamentosi e fioccosi forma un fango attivo costituito da particelle

sufficientemente compatte e resistenti alla turbolenza dell’acqua nella vasca di aerazione.

Quando le forme filamentose prevalgono allora i filamenti, che si estendono oltre il fiocco

di fango, tendono a interferire con altri fiocchi formando aggregati di maggiori

dimensioni con bassa densità che ne ostacolano la sedimentazione.

Se invece le forme filamentose sono in difetto allora il fiocco di fango risulta poco

resistente e viene distrutto dall’agitazione della miscela dei liquami nella vasca di

aerazione formando particelle di dimensioni troppo piccole per sedimentare in tempi

ragionevoli..

In definitiva una non corretta proporzione fra i vari tipi di batteri può causare la

produzione di fango con cattive caratteristiche di sedimentabilità (vedi figura 12.11).

Il caso più frequente di produzione di fango non idoneo è quello noto come bulking

evidenziato dalla presenza di fanghi sulla superficie del sedimentatore con conseguente

produzione di acque reflue torbide e con elevato valore del BOD.

Il primo segno evidente di bulking è dato dal valore di SVI che sale sopra i 150 ml/g.

L’analisi microscopica dei fiocchi che si formano mostra che ci sono due diversi tipi di

bulking.

Figura 12.11 – Tipi di fiocchi di fango

Il primo tipo, chiamato bulking viscoso, è causato dalla presenza di eccessive quantità

di batteri che formano esopolimeri, di natura polisaccaride, capaci di intrappolare elevate

quantità di acqua e formare fiocchi rigonfi con un elevato valore di SVI. Questi fiocchi

che hanno una densità paragonabile a quella dell’acqua sedimentano con difficoltà.

Il secondo e più frequente, chiamato bulking filamentoso, è causato invece dalla

presenza di elevate concentrazioni di batteri filamentosi che, formando ponti fra fiocchi

diversi, danno origine a agglomerati con elevato valore di SVI e quindi difficilmente

sedimentabili (vedi figura 12.11 – secondo riquadro).

Le principali cause di bulking sono riassunte nella tabella 12.4:

Tabella 12.4 – Principali cause del bulking

Causa del

bulking

Meccanismo d’azione

Caratteristiche

delle acque di

scarico

La presenza di un eccesso di sostanze biodegradabili solubili

(BOD disciolto) favorisce la riproduzione dei batteri di tipo

filamentoso. I batteri che formano colonie fioccose si nutrono

invece del BOD solido adsorbito nei fiocchiOssigeno

disciolto

I batteri di tipo filamentoso si formano più facilmente quando la

concentrazione di ossigeno è inferiore a 0,8 mg/l. Questo limite

aumenta all’aumentare del carico del fangoCarenza di

sostanze nutrienti

I batteri filamentosi si adattano meglio alle condizioni di

squilibrio di sostanze nutrienti. Usano prima degli altri i nutrienti

che costituiscono un fattore limitante rallentando la formazione

delle altre forme battericheAcque prive di

ossigeno

Nelle acque prive di ossigeno si può sviluppare idrogeno solforato

(H2S) che viene usato da alcuni tipi di batteri filamentosi che ne

traggono energia ossidandolo a ione solfato SO4--

Basso carico del

fango (basso Fc)

Quando il carico del fango assume valori eccessivamente bassi si

ha uno sviluppo preferenziale di batteri filamentosi

Le tecniche usate per eliminare l’effetto del bulking possono essere di tipo aspecifico

consistente generalmente nell’aggiunta di un disinfettante (esempio derivati del cloro

[NaOCl]) in modo da ridurre la popolazione dei batteri filamentosi, oppure di tipo

specifico agendo sui fattori che favoriscono la presenza dei batteri che sono la causa

della cattiva sedimentabilità del fango.

Fra le tecniche di tipo specifico ci sono l’aumento dell’ossigeno disciolto mediante

preareazione del liquame, la variazione del pH, l’aggiunta di sostanze nutrienti o la

variazione del rapporto di riciclo per variare il valore del carico del fango.

Una ulteriore tecnica di controllo del bulking consiste nel dotare l’impianto di un

piccolo bacino di contatto rapido fra il fango di riciclo e i liquami in ingresso, posto

all’ingresso della vasca di aerazione. In questo bacino, chiamato selettore si

mantengono le condizioni adatte allo sviluppo dei batteri che formano i fiocchi più

facilmente sedimentabili mantenendo un elevato rapporto fra substrato/microrganismi

con un carico del fango di circa 3 kg(BOD5)/kg(SSMA)·giorno e un tempo di contatto

variante da 15 a 30 minuti. (vedi figura 12.12)

Depurazione delle acque 4 Impianti a fanghi attivi

Figura 12.12 – Schema di impianto con bacino selettore

Altri inconvenienti che si possono riscontrare nella formazione dei fiocchi di fango sono

(chiamate in gergo “malattie del fango”):

• il pin point (punta di spillo)

• il rising (risalita dei fanghi)

• il foaming (formazione di schiume persistenti sulla superficie

dell’aeratore)

L’inconveniente chiamato pin point è causato da una quantità ridotta di batteri

filamentosi. Questo favorisce la formazione di fiocchi poco resistenti che si disgregano a

causa dell’agitazione formando fiocchi molto piccoli, detti appunto pin point (punta di

spillo), che sedimentano con grande difficoltà e rendono quindi l’effluente torbido (vedi

figura 12.11 terzo riquadro). Questo fenomeno è tipico degli impianti ad aerazione

prolungata.

Il rising, che si verifica principalmente nel sedimentatore secondario, è dovuto alla

formazione di azoto gassoso che si genera nelle reazioni di denitrificazione, che causa la

risalita del fango per trascinamento insieme alle bolle di gas.

Infine la formazione di schiume persistenti sulla superficie dell’aeratore (foaming) è

causata dalla presenza di un eccesso di batteri filamentosi associati con sostanze oleose

o grassi e a tensioattivi (detersivi) che si possono trovare nelle acque reflue.

Esempio 12.9 - Rapporto di ricircolo

Determinare il rapporto di ricircolo necessario per mantenere nell’aeratore una

concentrazione

di solidi sospesi totali (Ca) pari a 2 kg(SSMA)/m3 sapendo che i fanghi di riciclo hanno

indice Depurazione delle acque 5 Impianti a fanghi attivi

del volume del fango SVI = 100 ml/g.

***********

Dall’equazione (12.39) si ricava:

Ora si può calcolare il rapporto di ricircolo (R) usando l’equazione (28)

RICIRCOLO NATURALE DEL FANGO

[da “Depurazione delle acque reflue” di L. Masotti Ed.Calderini]

Un sistema di ricircolo del fango, utilizzato sia negli impianti ad aerazione meccanica

che in quelli ad insufflazione d'aria, è il cosiddetto ricircolo «naturale» o a gravità.

fango concentrato

uscita effluente

zona di decantazione

Fig. 10.84 - Sistema di ricircolo del fango a mezzo del richiamo operativo della vasca

di aerazione (da dis. Degrémont).

Depurazione delle acque 6 Impianti a fanghi attivi

Questo schema è ben caratterizzato dal particolare indicato nelle Figg. 10.84 e 10.85: i

fanghi, raccoltisi nella vasca di sedimentazione, tendono a scorrere per gravità verso il

fondo della vasca e, attraverso la fessura di comunicazione, tendono a ritornare nella

vasca di aerazione.

Il ricircolo è ulteriormente facilitato quando è adottata l'aerazione per insufflazione

d'aria, in quanto la miscela aerata, in prossimità della fessura, crea un «gradiente di

densità» dovuto alla minore densità del liquido mescolato con aria; nei primi

impianti impostati sul ricircolo «naturale», si sfruttava proprio

esclusivamente questo effetto di richiamo dovuto alla minore densità della

miscela aerata.

Questo sistema di ricircolo ha goduto di grande favore, fin dalle prime applicazioni dei

piccoli impianti «compatti» (in particolare degli impianti a fanghi attivi ad aerazione

prolungata), sia per la grande semplicità di funzionamento dovuta alla mancanza di

attrezzature meccaniche, sia per l'economicità delle strutture delle vasche. Altro

vantaggio del sistema, è che il fango, appena sedimentato, viene ricircolato nel comparto

di aerazione, in uno stato di elevata freschezza, evitando soste eccessive nel

sedimentatore.

Fig. 10.85 - Sistema di ricircolo del fango per gravita e per effetto del richiamo nella

vasca di aerazione

(doc. Degrémont).

Nonostante i vantaggi di questo sistema occorre porre in evidenza anche alcuni lati

meno positivi:

— il ricircolo fra i due comparti avviene prevalentemente per effetto della differenza di

densità, naturale ed indotta, dei due fluidi posti ad estremità opposte: ebbene, negli Depurazione delle acque 7 Impianti a fanghi attivi

impianti che lavorano con concentrazioni del fango nella vasca di aerazione molto

elevate, in certi casi si possono raggiungere ordini di grandezza assai prossimi a quelli

del fango nella vasca di sedimentazione. In queste condizioni, si creano delle difficoltà

nel trasferimento del fango di ricircolo da un comparto all'altro;

— le fessure di comunicazione fra i comparti tendono ad intasarsi, e richiedono perciò

un certo grado di attenzione e di manutenzione;

— come ho evidenziato a proposito del ricircolo operato con viti di Archimede,

particolarmente importante è che negli impianti a fanghi attivi si possano osservare ed

analizzare i fanghi ricircolati, e che si possa facilmente intervenire a variare la portata di

ricircolo: infatti, il controllo del ricircolo del fango (e di conseguenza il controllo della

quantità di fango «di supero» estratto), rappresenta uno dei più importanti strumenti

che si abbia a disposizione nella regolazione degli impianti a fanghi attivi, per potere

intervenire a creare le condizioni operative ottimali.

Al riguardo, è interessante riportare quanto, ad esempio, richiedono specificatamente le

Norme Americane dello Stato del Colorado: «dovranno essere previsti dispositivi sulla

linea del fango per osservare, campionare e controllare il flusso del fango»; le stesse

esigenze sono espresse dai «Ten States Standards» americani (che giustamente

richiedono anche che, quando il ricircolo avviene prelevando il fango dalle tramogge di

fondo di più vasche di sedimentazione, devono essere previsti adeguati dispositivi, onde

potere confrontare e controllare il fango prelevato da ciascuna vasca). Con il sistema di

ricircolo considerato, la regolazione della portata è piuttosto delicata da effettuare (sono

state studiate luci di sezione variabile poste sulla comunicazione fra i due comparti), e

praticamente impossibile da campionare e da controllare nella sua entità, avvenendo

completamente sotto il livello liquido.

Da parte di Costruttori di impianti con ricircolo «naturale» del fango, è posto

particolarmente in evidenza il fatto che il ricircolo avviene automaticamente, senza

spese di energia per il sollevamento, e con questo sistema si possono ricircolare portate

molto elevate, pari anche a 4 -5 volte la portata media di liquame che perviene

all'impianto.

Ritengo che il sistema di ricircolo «naturale» risulti valido per impianti molto piccoli, in

cui i sistemi meccanici presentano inconvenienti, soprattutto per la facilità con cui le

tubazioni tendono ad intasarsi; ritengo questo sistema altrettanto valido per impianti a

fanghi attivi di elevata potenzialità, in cui è possibile adottare particolari dispositivi di

controllo della portata di ricircolo (fessure regolabili, sistemi di aerazione altamente

versatili, e in cui le economie ottenibili nella costruzione dell'impianto, possono avere

un peso veramente decisivo nelle scelte. Per impianti di media potenzialità (5.000 -

Depurazione delle acque 8 Impianti a fanghi attivi

20.000 abitanti circa), ritengo invece che il ricircolo meccanico sia da preferirsi,

soprattutto per la sua flessibilità e facilità di controllo.

Configurazione delle vasche di aerazione

Le vasche di ossidazione, vero cuore pulsante degli impianti a fanghi attivi, possono

essere predisposte per funzionare in due modi sostanzialmente diversi: a]

funzionamento a pistone e

b] funzionamento a miscelazione completa. Esaminiamoli in dettaglio.

Funzionamento a <pistone>

A B

A

B

A : liquame + fango di ricircolo

B : miscela aerata al sedimentatore secondario

Tutte le particelle percorrono tutta la vasca, rimangono quindi all’interno per un tempo

uguale al tempo di detenzione (td), pertanto le reazioni biologiche avvengono per tutte le

particelle in modo uguale e completo. A questo schema si ricorre dunque quando si

vuole una ossidazione particolarmente spinta e controllata.

L’ inconveniente principale è il seguente: poiché la “richiesta di ossigeno” all’interno

della vasca non è costante, ma molto grande all’inizio per via della grande disponibilità

di sostanze organiche per poi diminuire verso l’uscita mano a mano che il BOD5

diminuisce, questa conformazione si adatta bene solo per sistemi di aerazione ad aria

insufflata.

Infatti solo per tali sistemi è relativamente facile modulare l’intensità della

ossigenazione in funzione del “fabbisogno locale” all’interno della vasca (tapered

aeration = aerazione modulata).

Un altro modo per ovviare all’inconveniente sopra citato è quello di alimentare la vasca

in un modo rispetto al BOD5 e in un altro rispetto al fango di ricircolo secondo il

Depurazione delle acque 9 Impianti a fanghi attivi

seguente schema

(step aeration = aerazione scaglionata):

B

A

SED IIC

A : liquame in ingresso

B : fango di ricircolo

C : miscela aerata al sedimentatore secondario

Questo schema mantiene il funzionamento a pistone per il fango di ricircolo, ma non per

il BOD5 , perdendo in tal modo uno dei suoi principali punti di forza; inoltre il sistema è

parecchio instabile dal momento che attraverso i vari settori della vasca si deve

mantenere un difficile equilibrio tra il “cibo” che arriva e i microrganismi, equilibrio

soggetto a possibili scompensi dovuti a variazioni di carico organico, di temperatura, di

possibili agenti tossici, ecc. ecc.

Funzionamento <a miscelazione completa>

B

B

A

A

Tipo 1 Tipo 2

A : liquame + fango di ricircolo

B : miscela aerata al sedimentatore secondario

Depurazione delle acque 10 Impianti a fanghi attivi

In questo schema le particelle del liquame e fango che entrano nella vasca sono

istantaneamente disperse in tutto il volume ove si creano condizioni praticamente

omogenee.

Le particelle che escono dalla vasca hanno un tempo di permanenza medio

corrispondente al tempo di detenzione, ma in realtà una parte rimane di meno e un’altra

di più, addirittura può capitare che alcune escano senza aver subito alcuna ossidazione.

Con tale schema quindi si ha un rendimento depurativo inferiore a quello con

funzionamento a pistone. Allo stesso tempo però ci sono parecchi vantaggi:

-­‐ grande stabilità di funzionamento dovuto all’omogeneità di miscelazione di

microrganismi – cibo – ossigeno

-­‐ rapporto cibo/microrganismi costante (Fc), come stabilito da progetto

-­‐ istantanea diluizione di eventuali scarichi tossici, che, se di breve durata, provocano

ridotte conseguenze negative alla biomassa presente.

Conclusioni

In linea di massima il funzionamento a pistone è da preferirsi quando, compatibilmente

al fattore di carico organico stabilito, si vuole un rendimento depurativo elevato e si è in

grado di gestire con cura e competenza la fase di ossidazione, mentre la miscelazione

completa viene adottata quando più che il rendimento depurativo si hanno a cuore la

stabilità e la regolarità del processo ossidativo.

Per questi motivi si tende dunque, senza poter escludere possibili eccezioni, ad

adottare la miscelazione a pistone negli impianti medio-grandi dove esistono le

condizioni (tecnologiche e di personale) per poter seguire attentamente il processo

depurativo, mentre la miscelazione completa è tipica dei piccoli-medi impianti.

Discorso a parte va fatto per gli impianti ad aerazione prolungata nei quali, dato che il

buon rendimento è già assicurato dal bassissimo valore del fattore di carico organico, la

miscelazione completa assicura grande capacità dell’impianto di compensare alle

notevoli variazioni del carico organico in ingresso tipiche di queste situazioni.

Dobbiamo ricordare infine che il funzionamento a pistone, per la peculiarità del suo

funzionamento (abbondanza di “cibo” all’inizio della vasca rispetto alla quantità di

microrganismi), è meno soggetto della miscelazione completa al bulking filamentoso.

12.5.7 – Il fango di supero

Depurazione delle acque 11 Impianti a fanghi attivi

Nella vasca di ossidazione la biomassa e il volume dei fanghi tendono ad aumentano nel

tempo perché:

• aumenta la popolazione di microrganismi

• i fiocchi formati dalle colonie batteriche adsorbono le particelle solide che si trovano

in sospensione nei liquami da trattare (bioflocculazione)

• nei liquami sono presenti sostanze solide in sospensione di tipo organico o inorganico

non biodegradabili.

Per poter lavorare con un valore del carico del fango costante, cioè mantenere lo stato

stazionario, occorre smaltire la quantità di fango, cioè di biomassa, che si forma per il

metabolismo batterico e che risulta sovrabbondante rispetto ai fanghi comunemente

presenti nell’aeratore.

Il fango in eccesso, chiamato fango di supero, può essere smaltito secondo due diversi

sistemi:

• dividendo in due parti il fango che si ottiene nel sedimentatore secondario. Una parte

viene riciclata (fango di riciclo) mentre la parte rimanente (fango di supero) viene

eliminata (vedi figura 12.9).

• riciclando tutto il fango ottenuto nel sedimentatore secondario dividendolo in due

parti. Una parte viene riciclata alla vasca di aerazione (fango di riciclo) mentre la

seconda viene riciclata al sedimentatore primario (fango di supero). Tutti i fanghi i

uscita dal sedimentatore primario (fango misto: formato da quello di supero più

quello primario, cioè quello che si produce dalla sedimentazione dei solidi contenuti

nelle acque reflue), vengono eliminati inviandoli alla linea del trattamento dei fanghi

(vedi figura 12.13).

La seconda soluzione è quella più utilizzata perché ha il vantaggio di sfruttare anche nel

primo sedimentatore, il potere flocculante dei fanghi attivi ottenuti nell’aeratore. Inoltre

il sedimentatore primario può assolvere anche la funzione del selettore.

Depurazione delle acque 12 Impianti a fanghi attivi

Figura 12.13 – Schema con riciclo del fango al sedimentatore primario

Una grandezza che caratterizza la produzione del fango di supero è il “tasso di

crescita del fango” definito come l’aumento percentuale del peso del fango contenuto

nell’impianto di aerazione.

Per calcolare la quantità di fango di supero, cioè l’aumento della quantità del fango

rispetto a quello che deve essere normalmente presente nell’aeratore al fine mantenere

una concentrazione (Ca) costante di massa batterica, si devono esaminare i meccanismi

che causano la variazione della quantità della biomassa presente nell’impianto.

Il primo è l’aumento della biomassa dovuto all’accrescimento batterico a spese del BOD.

Il secondo è l’aumento del fango per bioflocculazione cioè per adsorbimento e

decantazione dei solidi inerti da parte dei fiocchi di fango attivo.

Il terzo è la diminuzione della biomassa per decadimento batterico cioè per la morte e la

distruzione dei batteri a causa della respirazione endogena.

Quindi:

Aumento dei fanghi = Produzione di batteri + Adsorbimento dei solidi

inerti – decadimento (12.41)

Indichiamo con:

SS = quantità di fango di supero prodotta giornalmente [kg(SS)/ g]

Qorg abb. = quantità di sostanze organiche rimosse ogni giorno dalle acque, ottenibile

moltiplicando il carico organico per il rendimento di depurazione:

(12.42)

SSMA = Massa totale dei solidi sospesi presente nell’aeratore.

Definiamo poi seguenti coefficienti:

Coefficiente di crescita lorda (y) [misurato in kg(SSMA)/kg(BOD5)] usato per

indicare la quantità di nuovi batteri che si formano per ogni kg di BOD5 rimosso. Si può

indicare allora l’aumento della biomassa per accrescimento batterico come:

aumento del fango per accrescimento batterico = (12.43)

Depurazione delle acque 13 Impianti a fanghi attivi

Coefficiente di bioflocculazione (f) [misurato in kg(SSMA)/kg(BOD5)] usato per

indicare la quantità di solidi fatti sedimentare, per effetto della flocculazione indotta

dalle colonie batteriche, per ogni kg di BOD5 rimosso. La quantità di fango generata con

questo meccanismo sarà perciò:

aumento del fango per bioflocculazione = f·BOD5 (12.44)

Costante di decadimento (kd) [misurata in giorni-1] usata per indicare, come

abbiamo già visto, la velocità di scomparsa specifica della biomassa a causa della

respirazione endogena. In pratica Kd misura la variazione giornaliera della quantità di

solidi sospesi nella miscela aerata (SSMA) per ogni kg di solidi sospesi presenti. Cioè:

(12.45)

se t = 1 giorno allora:

(12.46)

L’equazione 12.41 diventa allora:

(12.47)

I valori di y, f e kd dipendono dalla tipologia del liquame trattato. Per gli scarichi di

origine civile i valori medi più usati sono:

y = 0,5 kg(SSMA)/kg(BOD5)

f = 0,5 kg(SSMA)/kg(BOD5)

kd = 0,05 giorni-1

Dai valori riportati nel riquadro possiamo vedere che, per scarichi di origine civile, il

fango prodotto dalla fase assimilativa e quello per bioflocculazione sono uguali (mezzo

chilo e mezzo chilo per ogni chilogrammo di BOD5 abbattuto) mentre il fango che

sparisce a causa della fase endogena è sui

50 grammi ogni chilo di SSMA presente in vasca, al giorno.

Si noti che il termine endogeno, nonostante il piccolo valore della costante (0,05

giorni-1), non è affatto trascurabile perché esso viene moltiplicato per SSMA che è un

numero molto grande.

Un’altra grandezza usata spesso per determinare la quantità di fango di supero è l’età

del fango definita nei seguenti modi:

Depurazione delle acque 14 Impianti a fanghi attivi

• tempo medio di permanenza della biomassa nel sistema aeratore/sedimentatore

oppure

• tempo necessario per rigenerare completamente la biomassa

oppure

• tempo di ritenzione del fango.

In formula:

giorni (12.48)

Il valore dell’età del fango (E) dipende ovviamente dal valore del carico del fango (FC)

infatti per valori elevati del carico del fango si ha una elevata produzione di batteri e di

conseguenza un basso valore dell’età del fango. L’opposto succede per bassi valori del

carico del fango.

Per acque reflue di tipo civile la dipendenza di E da Fc per impianti a schema classico e

alla temperatura di 20 °C è mostrata nella Fig. 10.26

Depurazione delle acque 15 Impianti a fanghi attivi

In questo caso conoscendo il fattore di carico organico si può trovare agevolmente l’età

del fango e da questa il fango giornaliero prodotto:

Esempio 12.10 - Fango di supero e età del fango

Un impianto a fanghi attivi tratta i liquami di una comunità di 50000 abitanti con un

carico

organico Qorg = 3500 kg(BOD5)/giorno in arrivo alla vasca di aerazione.

La concentrazione dei solidi sospesi all’interno dell’aeratore è Ca = 4 kg(SSMA)/m3 il

carico del

fango è FC = 0,2 kg(BOD5)/giorno·kg(SSMA).

Determinare la quantità di fango di supero prodotta e l’età del fango.Depurazione delle acque 16 Impianti a fanghi attivi

************

La quantità di fanghi nella miscela aerata si può calcolare dalla loro concentrazione

Ca e dal volume della vasca. Questo valore è calcolabile anche dal carico organico

supponendo un

rendimento depurativo del 100%

kg

Supponendo che l’abbattimento reale del BOD5 sia = 90% (valore accettabile sulla

base del

valore del carico del fango adottato vedi figura 12.8 e Tabella 12.3) si può calcolare la

variazione

di BOD5 giornaliera (equazione 12.42):

kg(BOD5)/giorno

Prendendo per y, f e kd i valori indicati precedentemente per i reflui di tipo civile si

può calcolare

la quantità del fango di supero, vedi equazione 12.47.

kg/giorno

Infine usando l’equazione 12.48 si determina l’età del fango:

giorni

Per ottenere valori più precisi dei coefficienti y, f e kd relativi all’equazione (12.47) per il

calcolo della quantità di fanghi di supero si può usare la stessa tecnica applicata alla

determinazione delle costanti cinetiche (vedi equazione (12.20 ) e esempio 12.2)

In questo caso specifico se dividiamo tutti i termini dell’equazione (12.47) per SSMA si

ottiene:

(12.49)

Questa è l’equazione di una retta in cui:

rappresenta la variabile dipendente

Depurazione delle acque 17 Impianti a fanghi attivi

rappresenta la variabile indipendente

(y+f) = tgè la pendenza della retta

-kd è l’intercetta.

Si possono allora raccogliere, per un certo intervallo di tempo, i dati relativi ai solidi

sedimentabili presenti nel comparto di aerazione, al valore del BOD5 dei liquami in

ingresso e delle acque in uscita e alla quantità di fanghi di supero formatisi.

[operativamente mediante la Qr si varia la Ca e una volta a regime si misura il BOD5 in

uscita e il fango di supero prodotto]. Riportando i dati così ottenuti in un piano

cartesiano si ottiene il grafico mostrato in figura 12.14. (nella figura Qorg abb. /SSMA è

scritto ∆BOD5/SSMA)

Analisi di questo tipo per scarichi di origine domestica senza sedimentazione primaria

hanno fornito i seguenti valori medi:

(y + f) compreso fra 0,8 e 1,1 kg(SSMA)/kg(BOD5)

kd = 0,08 giorni-1

Acque di uso domestico con sedimentazione primaria hanno fornito invece:

(y + f) = 0,7 kg(SSMA)/kg(BOD5)

kd = 0,075 giorni-1

Figura 12.14 – Metodo grafico per la determinazione dei parametri y, f e kd

Depurazione delle acque 18 Impianti a fanghi attivi

Con questo metodo non è possibile determinare separatamente i valori di y e di f ma

solo il valore della somma (y + f) = y’ alla quale viene dato il nome di coefficiente di

crescita del fango (o coefficiente totale di crescita)

Esempio 12.11 – Coefficiente di crescita del fango

Per determinare il valore del coefficiente di crescita del fango e della costante di

decadimento di un campione di acque reflue, con BOD5 = 300 ppm, è stato usato un

impianto pilota del volume di 240 litri dotato di sedimentatore, mantenendo una

portata costante di 10 l/h.

Il rapporto di riciclo usato ha consentito di mantenere nella vasca valori della

concentrazione dei solidi sedimentabili varianti da 1 a 6 g/l. Per ogni prova è stato

determinato inoltre il valore del BOD5 in uscita e la massa dei fanghi di supero prodotti

in un giorno (SS). I valori trovati sono riportati nella tabella sottostante

Sulla base dei dati forniti determinare il valore del coefficiente totale di crescita del

fango (y + f) e della costante di decadimento (kd).

******************

Per costruire il grafico che ci permette di determinare quanto richiesto occorre

calcolare:

1 – la quantità di solidi sospesi presenti nella miscela aerata (SSMA)

2 – il BOD5 abbattuto ogni giorno (Qorg abb.)

3 – il rapporto fra la quantità di fango formata e la quantità dei solidi sospesi

(SS/SSMA)

4 – il rapporto fra il BOD5 abbattuto e la quantità dei solidi sospesi (Qorg abb./

SSMA)

Calcolo di (SSMA)

Depurazione delle acque 19 Impianti a fanghi attivi

Prova n° 1° 2° 3° 4° 5°

Ca (g/l) 1,0 2,0 3,0 4,0 5,0

ΔSS (g/giorno) 49,1 36,5 30,7 17,9 5,1

BOD5 (U) (ppm) 64,8 65,2 65,9 66,3 65,4

Si usa la relazione SSMA = Ca · V I valori per ogni prova sono riportati nella

tabella riassuntiva.

Calcolo di (Qorg abb.).

Si calcola moltiplicando la variazione del BOD5 per la portata giornaliera dei

liquami

Qorg abb.= (BOD5(I) – BOD5(U)) · Q · 24

I valori per ogni prova sono riportati nella tabella riassuntiva.

Calcolo di (SS/SSMA) e di (Qorg abb./SSMA)

Per ogni prova eseguita si fa il rapporto fra SS e SSMA e fra Qorg abb.e

SSMA.

Tabella riassuntiva dei risultati

Riportando su un grafico i valori di SS/SSMA contro quelli di Qorg abb. /

SSMA e tracciando la retta migliore che passa per i punti calcolati si ottiene (nella

figura Qorg abb. /SSMA è scritto ∆BOD5/SSMA):

Depurazione delle acque 20 Impianti a fanghi attivi

Prova n° 1° 2° 3° 4° 5°

SSMA (g) 240 480 720 960 1200

Qorg abb. (g) 64,8 65,2 65,9 66,3 65,4

ΔSS/SSMA 0,205 0,076 0,043 0,019 0,004

Qorg abb. /SSMA 0,270 0,136 0,091 0,069 0,054

L’equazione della retta di regressione così ottenuta è:

y = 0,92 · x – 0,045

Quindi i valori cercati risultano:

coefficiente totale di crescita del fango y’=(y + f) = 0,92 [kgSS/kgBOD5]

costante di decadimento kd = 0,045 giorni-1

La quantità di fango di supero è influenzata dai seguenti fattori:

• fattore di carico organico scelto. Tanto minore è il carico del fango tanto maggiore è il

tempo di detenzione (età del fango) e quindi tanto minore è la quantità di fango di

supero formata.

• dalla temperatura, dal momento che questa, come abbiamo più volte potuto osservare,

influenza la velocità dei processi perché causa la variazione del valore delle costanti

cinetiche

Nel caso in esame una variazione di temperatura non ha praticamente nessuna

influenza sulla costante di crescita del fango perché causa la variazione

contemporanea del BOD5 rimosso e della quantità di biomassa formatasi. Depurazione delle acque 21 Impianti a fanghi attivi

Al contrario, la costante di decadimento kd aumenta all’aumentare della temperatura e

quindi aumenta anche la velocità di scomparsa della biomassa. La conseguenza è

che un aumento della temperatura causa una diminuzione della quantità di fango di

supero.

• dalla presenza o meno di una fase di sedimentazione primaria. Il liquame non

sedimentato contiene una maggior quantità di solidi in sospensione e di conseguenza

produce una quantità di fango di supero maggiore.

per le acque reflue di tipo civile i valori delle costanti di temperatura sono:

per y’ → =~ 1(praticamente indipendente dalla temperatura), mentre per la

costante di decadimento kd →=~ 1,08 (piccola dipendenza dalla temperatura).

Depurazione delle acque 22 Impianti a fanghi attivi

Nel grafico di figura 12.15 è riportata la quantità di fango di supero prodotto, espresso

come kg di fango per ogni kg di BOD5 rimosso, in funzione del valore del carico del

fango (I, indice di produzione complessiva del fango), per tre diverse temperature e nel

caso sia di presenza che di assenza di sedimentazione primaria.

Figura 12.15 – Fango di supero in funzione del carico del fango

Il grafico può essere di straordinaria utilità: conoscendo il fattore di carico organico (Fc)

si trova facilmente l’indice di produzione complessivo e da questo il fango di supero

prodotto:

In conclusione di questo argomento sulla produzione di fango ricordiamo che per

calcolare il fango che si preleva dal SED I (fango primario) si fa riferimento ad un valore

statistico specifico;

per acque reflue di tipo civile la quantità di fango primario prodotta è circa 54÷55 gr/

ab·gg.

Infine riassumiamo nella tabella che segue la composizione dei diversi tipi di fango:Depurazione delle acque 23 Impianti a fanghi attivi

Tenore di H2O

(%)

Contenuto solidi

(%)Fango primario ~ 95 ~ 5Fango secondario ~ 98,5 ~ 1,5Fango misto ~ 96 ~ 4

Dalla semplice osservazione dei dati si può notare come la diversa natura del fango

influenzi moltissimo la sua affinità con l’acqua: i fiocchi di fango secondario sono

“acquosissimi” mentre il fango “fresco” primario è molto più concentrato; infine il fango

misto, come è naturale, “assomiglia” di più al componente presente in quantità

maggiore, cioè al fango primario.

Depurazione delle acque 24 Impianti a fanghi attivi

12.5.8 – Il tempo di detenzione

Il tempo di detenzione, cioè il tempo medio di permanenza dei liquami nella vasca di

aerazione, dipende dal carico del fango (FC), dal valore del BOD5 in ingresso e dalla

concentrazione dei solidi sospesi, infatti risolvendo l’equazione (12.24) rispetto a (t) si

ottiene:

(12.50)

Se indichiamo con: Q= portata dei liquami nella vasca

Li = valore del BOD5 entrante

Ca = concentrazione dei fanghi (dei solidi sospesi totali)

V = volume della vasca di aerazione

t = tempo di detenzione

Si può scrivere:

(12.51)

(12.52)

Sostituendo nella (12.50) si ottiene

(12.53)

ma (tempo di detenzione)

e quindi:

(12.54)

risolvendo rispetto a t:

(12.55)

che può essere scritta anche nella forma:

(12.56)

Il prodotto del tempo di detenzione per la concentrazione dei fanghi attivi viene

considerata un’altra grandezza significativa per le vasche di aerazione.

Esprimendo:

Li in ppmDepurazione delle acque 25 Impianti a fanghi attivi

Ca in kg/m3

FC in kg(BOD5)/m3·giorno

t in ore

Si ottiene:

(12.57)

se Ca viene espresso in mg/l (ppm) allora:

(12.58)

Il tempo di detenzione (t) risulta tanto maggiore quanto maggiore è il BOD5 e tanto

minori sono il valore della concentrazione dei fanghi attivi (Ca) e il carico del fango

(FC).

Nella tabella che segue sono riportati i tempi di detenzione usati in vari tipi di impianti

nell’ipotesi che il BOD5 = 300 ppm senza sedimentazione primaria e BOD5 = 200 con

sedimentazione primaria mentre Ca = 4 mg/l senza sedimentazione primaria e 3,5 mg/l

con sedimentazione.

Depurazione delle acque 26 Impianti a fanghi attivi

Tabella 12.5 – Valori dei tempi di detenzione per vari tipi di impianto

Tipo di impianto Tempo di detenzione in oreAerazione prolungata 10 – 78A basso carico 5 – 7A medio carico 3 – 5A alto carico 1,5 - 3

Il valore del tempo di detenzione non è un parametro fondamentale di un impianto a

fanghi attivi dal momento che dipende dal carico del fango (FC) che è invece un

parametro fondamentale mentre il valore del BOD5 è un dato iniziale e quello della

concentrazione dei fanghi attivi (Ca) viene fissato dal progettista.

12.5.9 - Fabbisogno di ossigeno nell’aeratore

Un altro dato molto importante per il dimensionamento di un impianto a fanghi attivi è

la determinazione della quantità totale di ossigeno che deve essere mandata in vasca di

ossidazione. La conoscenza di questo dato ci consente di:

• dimensionare le apparecchiature di aerazione

• determinare la quantità di energia necessaria al loro funzionamento e quindi una

stima dei costi di funzionamento.

L’ossigeno che deve essere alimentato sarà necessario per vari processi; in particolare:

• ossidare i solfiti e i solfuri presenti nelle acque da trattare. Questa quantità, chiamata

spesso richiesta immediata di ossigeno (e indicata con I), è generalmente

trascurabile a meno che le acque che arrivano all’impianto non siano in stato settico

(completamente prive di ossigeno)

• ossidare la parte carboniosa delle sostanze biodegradabili

• ossidare i batteri non più attivi (respirazione endogena). Questa quantità può essere

messa in relazione con la quantità totale di solidi sedimentabili presenti nei liquami

• ossidare l’azoto contenuto in forma ammoniacale nelle acque trattate (nitrificazione).

La quantità totale di ossigeno consumato (O2) sarà quindi la somma di:

1 – ossigeno immediato necessario per ossidare i solfuri e i solfiti (I)

2 – ossigeno necessario per trasformare il carbonio delle sostanze biodegradabili in CO2.

Se indichiamo con: Depurazione delle acque 27 Impianti a fanghi attivi

Qorg abb. = quantità di sostanze organiche rimosse ogni giorno dalle acque, ottenibile

moltiplicando il carico organico per il rendimento di depurazione:

z = coefficiente di respirazione attiva, cioè la massa di ossigeno necessaria per la

respirazione attiva, ossia per liberare l’energia necessaria alla crescita di nuovi batteri

misurato in [kg(O2)/kg(BOD5)rimosso]

allora la quantità di ossigeno necessaria per la respirazione attiva (fase assimilativa) è:

[ ]

3 – ossigeno usato nella respirazione endogena cioè per demolire la biomassa in fase di

decadimento. Se indichiamo con:

re = coefficiente di respirazione endogena, cioè massa di ossigeno necessaria alla

respirazione endogena per ogni kg di solidi sospesi presenti nella miscela aerata (SSMA)

misurato in [kg(O2)/kg(SSMA)]

allora la quantità di ossigeno necessaria per la respirazione endogena è: [ ]

4 – ossigeno necessario a ossidare l’azoto ammoniacale a nitrati. Da semplici calcoli

stechiometrici risulta che per ossidare 1 kg di azoto (presente come 1,214 kg di

ammoniaca) occorrono 4,57 kg di ossigeno. Quindi se indichiamo con:

m(N-amm)= massa di azoto contenuto nell’ammoniaca presente nei liquami

allora l’ossigeno necessario per ossidarlo a nitrati sarà:

La quantità totale di ossigeno necessaria sarà perciò:

(12.59)

Considerando trascurabile la quantità di solfiti o solfuri da ossidare e tralasciando per il

momento la quantità di ossigeno necessaria alla nitrificazione (la riprenderemo in

considerazione in seguito) l’equazione 12.59, che esprime il fabbisogno di ossigeno per

la frazione carboniosa, diventa:

(12.60)

E’ possibile determinare sperimentalmente i valori dei coefficienti z e re usando il

metodo già utilizzato per la determinazione delle costanti cinetiche della reazione di

ossidazione e quello usato per la determinazione del fango di supero.

Dividendo tutti i termini dell’equazione (12.60) per SSMA si ottiene:

(12.61)Depurazione delle acque 28 Impianti a fanghi attivi

Anche i questo caso l’equazione risultante è l’equazione di una retta con coefficiente

angolare z e intercetta re , vedi figura 12.16 (nella figura Qorg abb. /SSMA è scritto

∆BOD5/SSMA):

Figura 12.16 – Determinazione dei parametri relativi al fabbisogno di

ossigeno

Per acque di origine domestica I valori dei coefficienti, determinati sperimentalmente,

sono:

z compreso fra 0,5 e 0,65 (variabile in funzione di FC) [valore mediamente

accettato 0,5]

re compreso fra 0,08 e 0,15 (variabile in funzione di FC) [valore mediamente

accettato 0,1]

Depurazione delle acque 29 Impianti a fanghi attivi

Infine si deve considerare che le apparecchiature di distribuzione dell’aria devono essere

dimensionate sulla quantità massima di sostanze organiche che pervengono alla vasca

di ossidazione; per questa ragione si moltiplica il coefficiente di respirazione attiva z per

un fattore correttivo () che viene posto mediamente uguale a 2. L’equazione (12.60)

diventa perciò:

(12.62)

Un altro modo per determinare il fabbisogno medio e massimo di ossigeno fa

riferimento all’indice di richiesta di ossigeno definito come

in pratica FO rappresenta la quantità di ossigeno necessaria ai batteri per metabolizzare

una unità di massa di BOD5 (espressa in Kg); quindi, per esempio, un FO = 0,75 kgO2/

kgBOD5 significa che per metabolizzare 1 kg di BOD5 sono necessari 0,75 Kg di ossigeno.

È evidente che l’indice di richiesta di ossigeno dipende dal grado di ossidazione che il

BOD5 subisce in vasca di ossidazione e quindi, in ultima analisi, dipende direttamente

dal fattore di carico organico; per Fc bassi FO avrà un valore elevato mentre per Fc alti

FO avrà valori più bassi.

Per acque reflue di tipo civile questa dipendenza è stata calcolata per tutti i valori di Fc

ed è rappresentata nel grafico di Fig. 34.

Depurazione delle acque 30 Impianti a fanghi attivi

dalla conoscenza del fattore di carico organico, una volta ricavati dal grafico i valori di

FO medio e massimo, per calcolare il fabbisogno di ossigeno per la frazione carboniosa

avremo

e quindi

e

Dimensionamento del sistema di aerazione

Di seguito descriviamo i punti principali per giungere ad un corretto dimensionamento

del sistema di aerazione:

1. Abbiamo visto che considerate le condizioni operative dell’impianto, in

particolare la temperatura e la concentrazione dell’ossigeno all’interno della

vasca di ossidazione (Ceff = [O2]vasca), mediante la conoscenza di Fo max , di Depurazione delle acque 31 Impianti a fanghi attivi

e di Qorg, si arriva alla determinazione del fabbisogno massimo di ossigeno per

la frazione carboniosa .

È evidente che Il fabbisogno massimo di ossigeno deve corrispondere alla capacità di

ossigenazione del sistema di aerazione (OC = oxidation capacity), quindi

numericamente avremo:

2. La capacità di ossigenazione del sistema di aerazione sarà diversa se misurata in

condizioni standard ] o in condizioni di esercizio (OC).

Per condizioni standard si intendono le condizione operative nelle quali il sistema di

aerazione viene testato e certificato dal costruttore, mentre le condizioni di esercizio

sono quelle nelle quali si viene a trovare il sistema di aerazione quando è montato

sull’impianto; esse sono:

Condizioni

standard

Condizioni di

esercizioLiquido Acqua pulita Miscela aerataOssigeno disciolto (mg/l) 0 1,5 ÷ 2,0Temperatura (°C) 20 ∼ 20Pressione atmosferica

(atm)1 ∼ 1

Concentrazione a

saturazione dell’ossigeno

(mg/l)

9,07 ∼ 9,07

3. Se chiamiamo K il rapporto tra le due capacità:

risulta evidente che, se per altra via conoscessimo K potremmo scrivere:

che partendo dalla capacità ossidativa in condizioni di esercizio (equivalente al nostro )

permetterebbe di calcolare la capacità ossidativa nominale.

4. Senza inoltrarci nello specifico a proposito della determinazione di K [per chi è

interessato vedere nota in ultima pagina] è sufficiente osservare che esso

dipenderà sostanzialmente da tre fattori legati alle due diverse condizioni

operative:Depurazione delle acque 32 Impianti a fanghi attivi

a.dalla diversità intrinseca dei due liquidi (uno è acqua pulita e l’altro è una miscela di

acqua, fiocchi e sostanze organiche disciolte)

b.dalla concentrazione dell’ossigeno (in acqua è zero mentre nella miscela aerata è

diverso da zero)

c.dalla temperatura (nelle condizioni standard è 20°C mentre in esercizio può essere

diverso da 20°C)

La sua espressione, che riportiamo solo per completezza espositiva, risulta essere:

dove le varie grandezze sono:

(Csat)miscela aerata concentrazione a saturazione dell’ossigeno nella miscela aerata in

condizioni di esercizio (pressione e temperatura dell’impianto)

(Ceff)miscela aerata concentrazione effettiva dell’ossigeno nella miscela aerata

(Csat)acqua pulita concentrazione a saturazione dell’ossigeno in condizioni standard in

acqua pulita

(a 20°C e 1 atm)

T temperatura di esercizio

1,024 numero sperimentale

α fattore di trasferimento di ossigeno.

Le grandezze che compaiono nella espressione di K appaiono chiare, tranne α che

merita una doverosa spiegazione:

α è un coefficiente sperimentale che tiene conto del fatto che rispetto alle condizioni

standard il sistema d'aerazione dovrà trasferire l’ossigeno in un ambiente molto diverso

dall’acqua pulita (liquido diverso, geometria delle vasche diversa, facilità di intasamento

dei diffusori, ecc.).

Depurazione delle acque 33 Impianti a fanghi attivi

Il suo valore dipenderà dunque dai diversi modi che il sistema di aerazione adotta per

ossigenare la miscela (aria insufflata, turbine superficiali, ecc.)

A questo proposito nella tabella sottostante vengono riportati i valori di α per alcuni dei

modi più frequenti di ossigenazione:

Sistema di aerazioneSistema di aerazione α

Aria

insufflata

dischi a bolle fini 0.4 ÷ 0.6Aria

insufflatatubolari a bolle grosse 0.6 ÷ 0.7Aria

insufflata tubolari a bolle medie 0.7Aria

insufflatatubolari a bolle fini 0.75

Turbine flo-get 0.95

Turbine turbine verticali 0.7

5. Assumendo dunque un valore plausibile del fattore di trasferimento α e

conoscendo gli altri parametri si ricava K e quindi .

6. Trovata la capacità ossidativa nominale si può finalmente procedere alla scelta

“delle dimensioni” del sistema di aerazione più idoneo.

Accenniamo alle due modalità di ossigenazione più diffuse (turbine superficiali ed aria

insufflata).

Depurazione delle acque 34 Impianti a fanghi attivi

Turbine superficiali

scelto il tipo di sistema di aerazione dalla sua capacità di ossidazione specifica

(caratteristica intrinseca), cioè dall’ossigeno mandato per unità di energia consumata

OC*20 spec [kgO2/kWh] , si ricava la potenza necessaria per l’ossidazione della miscela

aerata:

Si deve controllare inoltre che l’aeratore abbia anche sufficiente capacità di

miscelazione.

Assunta la potenza specifica di miscelazione raccomandata per il tipo di impianto Wspec

misc [watt /m3] si calcola, conoscendo il volume della vasca, la potenza complessiva

Wmisc = Wspec misc ⋅ Vox [kW]

per garantire una sufficiente miscelazione.

Tra le due potenze necessarie (di miscelazione Wmisc e di ossigenazione Wox ) è la più

grande quella che assicura il buon funzionamento di tutta la fase di aerazione e quindi

quella da considerare per la scelta definitiva delle “dimensioni” del sistema di aerazione.

Aria insufflata

In questo caso bisogna conoscere la resa di trasferimento dell'ossigeno atmosferico

(η) [cioè quello presente nell’aria] all’acqua in condizioni standard per risalire alla

portata volumetrica d’aria (espressa m3/h) che deve fornire il sistema d'aerazione.

La resa di trasferimento dell'ossigeno atmosferico in condizioni standard si trova in

apposite tabelle espressa in % per metro di profondità dei diffusori. (Per esempio

prendendo in considerazione una rete di diffusori tubolari a bolle fini, posizionati a 3 m

di profondità, la resa di trasferimento in condizioni standard è pari al 20% ).

Sapendo che in 1 m3 d’aria a 20°C e 1 atm sono contenuti 0,278 kg di O2 possiamo

ricavarci il valore della portata volumetrica d'aria da fornire al sistema in m3/h nel se

l’assorbimento dell’ossigeno fosse del 100%:

Depurazione delle acque 35 Impianti a fanghi attivi

Poiché l’assorbimento dell’ossigeno avviene con una resa espressa da η, la portata

d’aria reale da mandare alla vasca si otterrà facendo:

Depurazione delle acque 36 Impianti a fanghi attivi

Nota

Il trasferimento di un gas in un liquido è regolato dalla legge di Lewis e Whitman che

sostanzialmente dice:

la velocità di trasferimento di un gas in un liquido dipende dal tipo di

liquido e dalla temperatura ed è proporzionale alla differenza tra la

sua concentrazione a saturazione e quella attuale.

In formula potremo scrivere:

dove :

con abbiamo indicato la variazione della concentrazione del gas nel liquido

nell’intervallo di tempo ∆t (è la velocità di trasferimento del gas nel liquido)

con un parametro funzione solo della temperatura

con un parametro funzione solo del tipo di liquido [ indica una generica

caratteristica del liquido]

mentre Csat – C è la differenza tra la concentrazione massima e quella generica.

Se chiamiamo V il volume del liquido che stiamo ossigenando, si ha che il prodotto:

è l’ossigeno totale che viene trasferito in tutto il liquido e quindi corrisponde alla

capacità ossidativa che l’eventuale sistema di aerazione dovrà possedere, cioè:

L’espressione generica per la capacità ossidativa è dunque:

che scritta per le condizioni di esercizio e per le condizioni standard (facendo uso di

una simbologia evidente ) è:

Se facciamo il rapporto:

si vede che l’ultima relazione è formata da “tre pezzi”:

Il primo pezzo è una funzione solo della temperatura e sperimentalmente si è trovato

essere ben rappresentato dall’espressione:

Depurazione delle acque 37 Impianti a fanghi attivi

Il secondo pezzo è una funzione solo del tipo di liquido, è cioè un termine che

rappresenta la diversa difficoltà di ossigenazione dei due liquidi in dipendenza delle

loro caratteristiche e assumerà quindi diversi valori a seconda del modo di

ossigenare (con turbine superficiali, con aria insufflata, ecc.); anche in questo caso

questi diversi valori sono stati trovati sperimentalmente (vedi tabella di pag. 2).

Infine nel terzo pezzo notiamo che due valori sono noti, in particolare:

mentre

(Csat)es andrà misurato (anche se con buona approssimazione si può assumere

uguale alla concentrazione a saturazione dell’ossigeno alla temperatura di esercizio in

acqua pulita) e infine (C)es è il valore che si decide di mantenere in vasca di

ossidazione per assicurare il metabolismo batterico [(C)es=1,5 ÷ 2,0 mg/litro].

Esempio 12.12 - Fabbisogno di ossigeno

Un impianto a fanghi attivi tratta i liquami di una comunità di 50000 abitanti

con un carico organico Qorg = 3500 kg(BOD5)/giorno in arrivo alla

vasca di aerazione.

La concentrazione dei solidi sospesi all’interno dell’aeratore è Ca = 4

kg(SSMA)/m3 il carico del fango è FC = 0,2 kg(BOD5)/giorno·kg(SSMA). Il

sistema di aerazione è realizzato con diffusore a bolle fini.

Determinare:

- il fabbisogno giornaliero di ossigeno

- il fabbisogno di ossigeno nel periodo di massimo consumo

- il consumo giornaliero di energia

- la potenza massima assorbita dagli aeratori.

**************

Risolvendo l’equazione 12.26 rispetto a V·Ca = SSMA si ottiene la quantità dei

fanghi ottenibili nel caso che il rendimento di depurazione sia del 100%

kg

Depurazione delle acque 38 Impianti a fanghi attivi

Supponendo che l’abbattimento reale del BOD5 sia= 90% (valore accettabile

sulla base del valore del carico del fango adottato vedi figura 12.8 e tabella 12.3) si

può calcolare la variazione di BOD5 giornaliera:

kg(BOD5)/giorno

Prendendo per (z = 0,5) e (re = 0,1) i valori medi indicati alla pagina

precedente si ottiene:

Per la capacità di ossigenazione prendiamo il valore medio (= 1,35 kg(O2)/

kWh)

Il fabbisogno di energia risulta pertanto

Per calcolare il fabbisogno di ossigeno di punta si usa l’equazione (12.62)

A cui corrisponde una potenza assorbita massima:

Depurazione delle acque 39 Impianti a fanghi attivi

Esempio 12.13 – SSMA, età del fango, O2 e potenza aeratori

Un impianto deve trattare 10000 m3/gg di acque reflue con un carico organico

Qorg = 2500

kg(BOD5)/gg. La vasca a fanghi attivi lavora con una concentrazione dei solidi

nella miscela aerata Ca = 4 kg(SSMA)/m3 e una carico del fango FC = 0,22

kg(BOD5)/kg(SSMA)·g.

Usando i dati di progetto standard determinare la quantità di fango di supero

prodotta giornalmente e l’età del fango. Calcolare inoltre il fabbisogno

giornaliero di ossigeno e la potenza necessaria per una turbina meccanica

considerando il fabbisogno di punta. Si consideri una capacità di ossigenazione

operativa O2 op = 1,3 kg(O2)/kWh.

**************

Per calcolare la quantità di fango di supero (SS) si usa l’equazione 12.47

(riportata sotto)

In primo luogo occorre calcolare SSMA e BOD5

Calcolo della quantità di solidi presenti nella miscela aerata SSMA

Si usa l’equazione 12.26 ricordando che Ca·V = SSMA

Calcolo del BOD5 rimosso (BOD5)

Per calcolare il valore di BOD5 supponiamo che il rendimento di

depurazione sia del 90% (valore riportato nella tabella 12.3 dei dati statistici).

Dai dati statistici si rilevano i valori comunemente usati per y, f e kd e

precisamente y = 0,5; f = 0,5 e kd = 0,05. Ora è possibile calcolare il valore di ∆SS:

Età del fango

Si usa l’equazione 12.48:

Depurazione delle acque 40 Impianti a fanghi attivi

Fabbisogno giornaliero di ossigeno (O2)

Si usa l’equazione 12.60 prendendo come valori comunemente usati per i

coefficienti: z = 0,5 e re =0,1

Fabbisogno di ossigeno nei momenti di punta (O2max)

Si considera un fattore correttivo = 2

Energia necessaria nei momenti di punta(En)

Depurazione delle acque 41 Impianti a fanghi attivi

Caratteristiche dei principali sistemi di aerazione

per impianti a FANGHI ATTIVI

Aerazione meccanica superficiale

Turbina fissa

NOTA: il controllo del livello di

immersione della turbina permette di

controllare la portata di miscela aerata

che viene pompata ed aerata, quindi

anche la portata di ossigeno aggiunta.

Turbine galleggianti

NOTA: permettono di operare a

volume variabile ma non consentono

di variare il flusso di ossigeno

aggiunto, dato che il livello di

immersione della turbina è costante.

Aria insufflata

Particolare: diffusore a disco a

membrana

Aria insufflata e turbine sommerse

Depurazione delle acque 42 Impianti a fanghi attivi

Sistema di aerazione a getto (Flo-Get)

________________________________________________________________________________43

Turbine

superficialiAria insufflata

Aria insufflata e

turbine

sommerse

Come

sono

Sono delle specie di

pompe centrifughe:

al centro aspirano il

liquido dal basso e lo

spargono “ad

ombrello” in

superficie. Alcuni

tipi necessitano di

un riduttore del

numero di giri, altri

no. Possono essere

galleggianti o fisse.

Un compressore

dall’esterno,

attraverso una

tubazione, manda

aria ad una certa

pressione in fondo

alla vasca dove esce

tramite un

opportuno sistema

di diffusione.

Al posto del

compressore si

possono usare le

soffianti centrifughe.

Come l’aria

insufflata con in più

un sistema

meccanico di

miscelazione

all’interno della

vasca.

Come

funzionano

Il trasferimento

dell’ossigeno

avviene tra

l’atmosfera e la

superficie del

liquido che si

rinnova

continuamente

(legge di Lewis-

Withman).

La turbina deve

assicurare anche

una efficiente

miscelazione.

La quantità d’aria

che arriva e la sua

pressione è

distribuita dal

sistema di diffusione

che assicura

omogeneità di

ossigenazione e una

sufficiente

miscelazione per

evitare la

sedimentazione. I

diffusori possono

essere di molti tipi

(porosi, non porosi,

non-clog, tubolari,

ecc.).

Come nel caso

dell’aria insufflata

con in più un

sistema meccanico

di miscelazione

(agitatore)

sommerso che

assicura un controllo

separato della

ossigenazione e della

miscelazione.

Depurazione delle acque 44 Impianti a fanghi attivi

Come si controlla la

loro capacità

ossidativa (OC)

- Con temporizzatore

sulla turbina

- variando il numero

delle turbine in

funzione

- con variatore del

numero di giri

- cambiando il verso

della turbina

- variando la quota di

immersione della

turbina (non per

quelle galleggianti).

- Con temporizzatore

sul compressore

- variando il numero

dei compressori in

funzione

- con valvola di

regolazione sul

ricircolo per i

compressori

volumetrici e con

semplice valvola di

regolazione in

mandata per le

soffianti centrifughe

- variando il numero

di giri del motore di

funzionamento.

Come nel caso

dell’aria insufflata

per l’ossigenazione.

Come nel caso delle

turbine superficiali

per la miscelazione

(esclusa la

variazione della

quota di

galleggiamento).

Vantaggi

- Flessibilità nella

progettazione delle

vasche

- buona elasticità di

esercizio.

- Scarso effetto della

temperatura

- buona elasticità

operativa

- nessuna formazione

di aerosol.

- Ottima elasticità di

esercizio dovuta alla

regolazione separata

della ossigenazione e

della miscelazione

- nessun pericolo di

gelo né di

formazione di

aerosol.

-

Svantaggi

- Possibilità di gelo in

climi freddi

- possibile formazione

di aerosol.

- Elevati costi sia

iniziale che di

manutenzione

- condizionamento

nella forma delle

vasche

- pericolo di

intasamenti (in

special modo con

diffusori porosi).

- Costi elevati

(richiede sia il

riduttore del numero

di giri che il

compressore d’aria)

- richiede elevata

potenza.

Depurazione delle acque 45 Impianti a fanghi attivi

NOTA: esistono in commercio, ma meno utilizzati, anche altri sistemi di aerazione; tra

questi giova ricordare il sistema di aerazione a getto (Flo-Get) dove l’aria, che arriva

dall’esterno, viene mescolata ad una parte del liquido della vasca aspirato da una

pompa che poggia sul fondo e quindi “sparata” ad elevata velocità all’interno della vasca

stessa producendo così ossigenazione e miscelazione. Questo sistema è usato

soprattutto per vasche molto profonde.

LA SEDIMENTAZIONE FINALE (secondaria)

Richiami sui sedimentatori

Sappiamo che data una certa Q [m3 / h ] in ingresso ad un sedimentatore per la

sedimentazione dei solidi sospesi, a parità di volume, conta la superficie disponibile,

cioè

sedimenta peggio sedimenta meglio

Definita la velocità ascensionale va = Q / S [m / s ] , possiamo ricavare S dalla relazione

S = Q / va

Nel caso di vasche non a flusso ascensionale la va non può esistere ed è rimpiazzata

dal carico idraulico superficiale (Cis ) che ha la sua stessa definizione, cioè

Cis = Q / S [m3/ h ⋅ m2]

Depurazione delle acque 46 Impianti a fanghi attivi

e può essere visto come il carico idraulico che arriva per unità di superficie (vedi unità di

misura).

Dimensionamento della vasca di sedimentazione secondaria

Premessa

Il sedimentatore secondario oltre a svolgere la funzione di chiarificazione deve

svolgere anche un’azione d’ispessimento in modo tale che il fango di ricircolo sia più

concentrato così da risparmiare, a parità di solidi sospesi, sulle spese di pompaggio;

inoltre il fango attivo, rispetto a quello primario, costituito da fiocchi leggeri e “pieni

d’acqua” è più difficilmente sedimentabile.

A differenza di quanto abbiamo visto nel SED I i solidi sospesi che entrano nel SED

II sono molto più concentrati (circa 10 volte di più!) e in queste condizioni avviene la

cosiddetta sedimentazione di massa (o di zona): le particelle solide non sedimentano

singolarmente e in modo indipendente, ma interagendo l’una con l’altra, sedimentano

tutte insieme, “come un tutt’uno”, in massa appunto e con una velocità media

inversamente proporzionale alla loro concentrazione.

Infine, per migliorarne il rendimento, il sedimentatore secondario viene fatto

funzionare, nel caso sia a flusso ascensionale, in modalità a letto di fango , quindi

diventa importante anche il controllo “dell’altezza liquida libera della vasca” cioè dello

spessore di liquame chiarificato che deve essere assicurato sopra alla superficie del letto

per non far sfuggire solidi sospesi nelle situazione di punte di carico idraulico.

Depurazione delle acque 47 Impianti a fanghi attivi

Detto questo veniamo al dimensionamento:

1) per prima cosa si deve decidere la portata Q che si prende in considerazione ( quella

media giornaliera (Qi), quella massima (Qi max), quella che entra nell’impianto più

quella di ricircolo (Qi +Qr), quella che entra nell’impianto più quella del ricircolo delle

schiume, ecc....), quindi, dalla letteratura specifica, si prende il corrispondente

valore massimo di Cis tenendo conto sia del tipo di impianto che del tipo di

fognature che adducono il refluo;

2) calcolata la superficie mediante la solita relazione:

tenendo conto del tipo di sedimentazione (sedimentazione di massa) si deve controllare

che il carico superficiale dei solidi sospesi (PSS) , definito come la quantità di

solidi sospesi che nell’unità di tempo arrivano sull’unità di superficie:

rientri entro valori accettabili (dati dalla letteratura specifica). Questo controllo è

necessario sia per evitare cattivo funzionamento della chiarificazione (il letto di fango

che cresce verso l’alto fino a sfuggire dallo stramazzo) che per avere la giusta azione di

ispessimento.

Calcolato Pss (da notare che in questo calcolo c’è anche la portata di ricircolo, che

quindi dovrà essere conosciuta) e confrontato con il valore di riferimento PSS rif. (preso

dalla letteratura specifica o dalla Normativa) avremo due possibilità:

a) PSS < PSS rif. , e allora la superficie S calcolata è accettabile

b) PSS > PSS rif. , e allora la superficie S calcolata non è accettabile.

Nel secondo caso la superficie S si calcola assumendo il PSS rif. come valore massimo

accettabile, cioè tramite la relazione

in questo modo si trova la superficie S minima compatibile con il dato di riferimento.

3) assumendo ora una profondità di vasca in accordo con i dati in letteratura (da notare

che, per le osservazioni fatte nella Premessa, la profondità del SED II è quasi doppia

Depurazione delle acque 48 Impianti a fanghi attivi

di quella del sedimentatore primario) si può calcolare il volume e quindi il tempo di

detenzione, tD:

4) infine, anche in questo caso, bisogna controllare che la portata specifica allo

stramazzo rientri nei valori consigliati [120 ÷180 m3/m⋅gg] (molto minori che nel

caso del SED I !), per evitare fughe di particelle leggere insieme all’effluente

chiarificato.

Conclusioni

Il dimensionamento del SED II è molto più delicato di quello del SED I,

infatti:

il SED II influisce direttamente sui rendimenti depurativi (dopo di lui può esserci

il recapito, mentre il SED I ha, dopo di lui, tutto il trattamento secondario);

la concentrazione dei solidi sospesi che entrano nel SED II è molto maggiore di

quella del SED I (circa 10 volte più grande);

i fanghi attivi, per loro costituzione, sono decisamente meno sedimentabili dei

fanghi primari;

i fanghi attivi possono “ammalarsi” (vedi bulking, ecc.) peggiorando ancor di più la

loro non buonissima attitudine alla sedimentazione.

Depurazione delle acque 49 Impianti a fanghi attivi

La diagnostica negli impianti a depurazione biologica

Per “diagnostica” s’intende qualsiasi tecnica atta a predire e a correggere

le cause di malfunzionamento di un impianto.

Un metodo diagnostico per essere valido deve avere le seguenti caratteristiche:

- diagnosticare senza incertezza la causa del malfunzionamento

- predire in anticipo l’avvento del malfunzionamento

- essere poco costoso e rapido

- essere misurabile da tecnici non eccessivamente specializzati.

Spesso capita che tecniche anche molto raffinate servono solo a “fotografare” uno stato

di malfunzionamento e non la causa; quasi sempre questo stato è già individuabile da

semplici osservazioni visive e non richiederebbe spreco di risorse ulteriori.

Nella depurazione biologica la quasi totalità dei malfunzionamenti coinvolge

direttamente o indirettamente il fango finale che viene prodotto. È dunque il fango il

soggetto più intensamente osservato e monitorato: dalle sue caratteristiche e proprietà

si è in grado, quasi sempre, di risalire alle cause del malfunzionamento e quindi ai

rimedi.

Fanghi attivi

Come sappiamo le alterazioni che possono presentarsi a carico del fango attivo

implicano problemi di separazione della fase liquida da quella solida; le più importanti

sono:

crescita dispersa: i batteri non aderiscono più gli uni agli altri e la bioflocculazione

è impedita;

bulking filamentoso:i batteri filamentosi si sviluppano eccessivamente sia

all’interno del fiocco creando “gomitoli a maglie larghe” e con molti vuoti sia oltre il

singolo fiocco creando ”ponti” tra un fiocco e l’altro;

bulking viscoso o zoogleale: i batteri producono elevate quantità di materiale

extracellulare e danno origine a fiocchi di aspetto gelatinoso che trattengono notevoli

quantità di acqua;

fiocchi pin point: i fiocchi sono di dimensioni molto ridotte (intorno alle decine di

micron), non sedimentano e sfuggono nell’effluente; i batteri filamentosi sono

praticamente assenti;

rising sludge: risalita e galleggiamento del fango dovuto principalmente alla

denitrificazione che avviene sul fondo dei sedimentatori secondari;

Depurazione delle acque 50 Impianti a fanghi attivi

schiume biologiche: di colore marrone scuro si presentano sia sulla superficie dei

sedimentatori che dei bacini di aerazione.

Lo schema sottostante riassume questi fenomeni e alcune delle loro probabili cause.

I possibili rimedi sono così numerosi che solo una diagnosi accurata sarà in grado di

indicare quelli realmente efficaci. A tale proposito più avanti si darà un cenno

all’impiego di software dedicati proprio alla risoluzione di questi problemi.

Principali disfunzioni degli impianti di depurazione a fanghi attivi

Descrizione del

fenomeno osservato

Cause probabili Osservazione

microscopica

Surnatante molto torbido;

assenza di fanghi

sedimentati

Crescita dispersa: alta

temperatura dei reflui o fase

iniziale dell’impianto o

alimentazione con reflui

molto ricchi di composti

carboniosi oppure alto Fc

Assenza di fiocchi ben

formati, cellule libere

disperse nel mezzo acquoso,

incapacità di

bioflocculazione (carenza di

microstruttura)Uscita costante di piccoli

fiocchi con l’effluente, SVI

basso (<70 ml/gr)

Pin-point: fango molto

mineralizzato, lungo tempo

di residenza o eccessiva

turbolenza

Fiocchi presenti, ma

prevalentemente molto

piccoli, compatti,

“deboli” (pin-point senza

struttura portante [150

micron])Spesso strato di fango sulla

superficie del

sedimentatore, nuvole di

fango

Rising: risalita del fango

dovuta a processi di

denitrificazione nel letto di

fango sedimentato

Il fango è ricco di bolle di

gas, ma non eccessivamente

di microrganismi

filamentosi, fango e

schiuma hanno la stessa

composizioneSchiuma sottile, biancastra,

instabile sulle unità di

trattamento

Schiume da

tensioattivi: presenza di

sostanze difficilmente

biodegradabili (ad es.

tensioattivi)

Nessuna influenza sulla

struttura del fiocco di fango

Schiuma spessa, marrone,

stabile, prevalentemente sul

bacino aerato, strabordante

Foaming: crescita

eccessiva di alcuni batteri

filamentosi o attinomiceti

Schiuma ricca di Nocardia o

Microthrix parvicella

Depurazione delle acque 51 Impianti a fanghi attivi

Fango di consistenza

gelatinosa, a volte

accompagnato da SVI alto, o

schiuma spessa e grigiastra

sulle vasche aerate,

possibile fuoriuscita di

fango col surnatante

Bulking viscoso (o

bulking non filamentoso):

deficienza di nutrienti a

volte accompagnata da alto

Fc

Fiocco ricco di forme

zoogleali e/o polisaccaridi

esocellulari evidenziabili

con il test all’inchiostro di

china

SVI alto o molto alto (>150

ml/gr), difficile separazione

acqua/fango, acqua limpida

finché non si verifica

copiosa fuga di fango dal

sedimentatore. Fanghi di

ricircolo poco concentrati

Bulking filamentoso: le

cause differiscono in

relazione ai microrganismi

dominanti

Fiocchi collegati tra loro da

ponti costituiti da

microrganismi filamentosi

oppure fiocchi a maglia

larga in cui i batteri

crescono attaccati ai

filamentosi, lasciando spazi

vuoti (eccesso di

macrostruttura)Bulking

Il fenomeno del bulking consiste nell’improvviso deterioramento delle

caratteristiche di sedimentabilità dei fanghi attivi al punto che essi non si separano

adeguatamente nelle vasche di sedimentazione secondarie, ma anzi cominciano ad

uscire copiosamente con l’effluente trattato.

I danni sono molteplici:

• cala il rendimento depurativo per la fuoriuscita di BOD5;

• cala l’efficienza dell’impianto per la diminuzione della concentrazione della

miscela aerata dovuta ad una ridotta quantità di fango attivo che viene riciclato;

• la fuoriuscita di fango con l’effluente comporta una diminuzione dell’età del fango

con diminuzione della nitrificazione;

• la qualità del fango è tale da rendere più difficili i trattamenti successivi.

Diversi sono i microrganismi filamentosi responsabili del bulking (Sfherotilus

natans, Haliscomenobacter hidrossis, Beggiatoa, Thiothrix, Flexibacter, Streptococcus,

Cyanophyc), i quali possono operare separati o insieme.

Nella normale formazione del fiocco di fango sono presenti dei batteri definiti “fiocco-

formatori” come Zooglea, Pseudomonas,Citromonas, capaci di produrre una matrice

gelatinosa eso-polisaccaridica , che batteri filamentosi come Spherotilus. Questi ultimi

sono fondamentali per conferire al fiocco una “ossatura”che dia al particolato organico,

inorganico e batteri una “struttura portante”. In assenza di struttura il fiocco è piccolo, Depurazione delle acque 52 Impianti a fanghi attivi

debole, tondeggiante e può sfaldarsi facilmente e decantare con difficoltà. In presenza di

un corretto rapporto fiocco-formatori – filamentosi il fiocco avrà dimensioni medio

grandi, resisterà alla turbolenza dell’aerazione, sarà abbastanza pesante per separarsi

dal surnatante ed ispessirsi nella fase di sedimentazione. Quando, invece, i batteri

filamentosi si accrescono eccessivamente, si protendono al di fuori del fiocco creando

ponti tra i fiocchi che, leggeri e “gonfi”, sedimenteranno con difficoltà.

Strategie di controllo del bulking

I parametri di controllo del bulking filamentoso sono:

l’SVI (un valore limite molto usato è 300 ml/gr);

la lunghezza totale dei filamenti;

il conteggio dei filamenti.

Le strategie di controllo sono principalmente:

- aggiunta di sostanze chimiche con azione tossica o aggregante la biomassa;

- modificazioni delle condizioni operative (età del fango, tenore dell’ossigeno

disciolto, correzione delle caratteristiche del liquame influente);

- modificazioni dello schema d’impianto con l’introduzione di zone in grado di

influenzare la composizione microbica della biomassa.

La prima strategia viene impiegata nel caso di bulking “acuto” (dovuto a cause

accidentali) mentre le altre nel caso di bulking “cronico” (dovuto a cause strutturali).

Lo schema sottostante riassume le linee guida per la possibile soluzione del problema

bulking.

Depurazione delle acque 53 Impianti a fanghi attivi

Bulking acuto (possibili rimedi):- clorazione ricircolo- impianto in anaerobiosi per 24

ore- aggiunta di proteine per sbilanciare la “dieta” dei batteri filamentosi

- polielettrolita

Bulking cronico:

ricerca cause analisi microscopica

del fiocco

Bulking acuto

Le cause di questo tipo di bulking sono difficili da individuare perché sostanzialmente i

fenomeni che lo provocano intervengono per brevissimo tempo (sversamenti saltuari di

sostanze tossiche, acidi, basi, scarichi caldi o freddi, scarico abusivo di autospurghi,

ecc.). Di solito quando l’operatore si accorge del problema la causa che lo ha provocato

ha già cessato di esistere. Si tratta dunque, da un lato di ripristinare più brevemente

possibile l’equilibrio batterico cercando di sfavorire le forme filamentose (mediante una

ben dosata disinfezione con ipoclorito o acqua ossigenata) e dall’altro favorire la

sedimentabilità del fango mediante l’aggiunta di opportuni coagulanti (polielettroliti).

Bulking cronico

La ricerca delle cause è fondamentale e va effettuata con estrema cura e con

particolare riguardo alle variazioni nel tempo dei vari parametri, avvalendosi oltre che

di analisi chimico-fisiche (concentrazioni di: ossigeno disciolto, BOD5, Ca, N, P, solventi,

metalli, tossici specifici, pH, temperatura ecc. ) anche di analisi microbiologiche.

A tale proposito la tabella sottostante mostra l’associazione tra condizioni ambientali e

tipo di batteri filamentosi predominanti

Depurazione delle acque 54 Impianti a fanghi attivi

Bulking da basso o s s i g e n o disciolto:

- > aerazione- < Fc- < spurgo

Bulking da basso Fc:

- < MLSS-miscelazione a pistone

- selettore

B u l k i n g d a solfuri

Liquame settico:

- > aerazione-dosaggio ossidanti in ingresso

B u l k i n g d a d e f i c i t d i nutrienti:

-dosaggio di nutrienti

Bulking da basso pH:

-Correzione del pH

Condizioni Batterio filamentoso

Basso ossigeno discioltoSpherotilus natans

Haliscomenobacter hydrossis

Basso carico

Microthrix parvicella

Nocardia

Haliscomenobacter hydrossis

Acque settiche, solfuriThiothrix

Beggiatoa

Carenza di nutrienti

Thiothrix

Spherotilus natans

Haliscomenobacter hydrossis

Basso pH funghi

Le brusche variazioni di molti parametri possono essere eliminate o diminuite

mediante l’adozione di vasche di equalizzazione o di selettori. Il selettore è una vasca

di piccolo volume o una serie di vasche di piccolissimo volume (1/20 della vasca di

aerazione), poste prima della vasca di aerazione, in cui avviene un rapido contatto (20 –

30 minuti) tra il ricircolo e il liquame grezzo con lo scopo di favorire la crescita dei

batteri fiocco-formatori a scapito dei filamentosi.

Pin-point

Si definisce in tal modo il fenomeno di sfaldamento del fiocco, che normalmente

si manifesta a bassi valori del fattore di carico organico, e dà origine ad un effluente

ricco di piccoli solidi sospesi e quindi di BOD5 ma in genere non torbido.

La rottura dei fiocchi, oltre che dal basso Fc, può essere provocata anche da effetti

tossici di metalli o disinfettanti.

Il pin –point può essere tenuto sotto controllo da un efficace dosaggio (1 – 2

ppm) di polielettroliti cationici.

Rising sludge

Con questo termine s’intende il fenomeno per cui i fanghi galleggiano nel

sedimentatore finale e, a seconda dell’entità del fenomeno, possono formare grossi strati

(anche di 20 cm e più).

Depurazione delle acque 55 Impianti a fanghi attivi

La causa della risalita è da imputarsi alla denitrificazione batterica che s’instaura

sul fondo del sedimentatore (quando hanno elevati tempi di ritenzione del fango), con il

risultato che grossi blocchi, ricchi di bollicine d’azoto risalgono alla superficie ed

“esplodono” allargandosi in chiazze scure.

I rimedi al problema sono diversi a seconda della sua entità. Se il fenomeno è

poco marcato conviene aumentare il ricircolo del fango e diminuire così il tempo di

permanenza del fango in anossia nel sedimentatore; nei casi più gravi invece, quando è

possibile, si opera in modo da far aumentare l’Fc, quindi diminuire l’età del fango, in

modo da evitare la nitrificazione (in questo caso si ritroverà NH3 nell’effluente). In

questo ultimo caso contestualmente, sempre per impedire la nitrificazione, si può

tentare di ridurre la concentrazione dell’ossigeno in vasca di aerazione.

Formazione di schiume (foaming)

Un altro dei problemi associati agli impianti a fanghi attivi è rappresentato dalla

formazione di schiume sia a livello dei reattori biologici che dei sedimentatori. Esse

rendono impossibile un controllo efficace delle concentrazioni del fango giacché nella

schiuma rimane intrappolata una gran quantità (fino al 40%) dei solidi presenti nel

sistema, inoltre nei sedimentatori, essendo in superficie, può causare una notevole

fuoriuscita di solidi.

Tra i vari tipi di schiume che si possono formare quella più frequente e dannosa è

una schiuma di colore marrone, spessa, viscosa e stabile; essa è dovuta, sembra,

all’eccessiva proliferazione del microrganismo Nocardia amarae che oltre ad essere un

battere fortemente idrofobo sembra essere capace di produrre sostanze tensioattive

durante la metabolizzazione di idrocarburi.

Le cause determinanti di questo tipo di fenomeno sono a tutt’oggi ancora poco

conosciute, non esistono quindi ancora dei rimedi sicuri ed efficaci, ma tutta una serie di

indicazioni derivanti da tentativi che hanno dato esiti positivi (diminuzione dell’età del

fango aumentando la portata del fango di supero, immissione di surnatante di fango

digerito per via anaerobica [!?], uso di antischiuma o spruzzi d’acqua, cessazione

dell’aerazione per alcune ore, rimozione fisica della schiuma, ecc.)

SOFTWARE PER LA DIAGNOSTICA

Depurazione delle acque 56 Impianti a fanghi attivi

In questi ultimi anni sono apparsi molti software per la diagnostica dei fanghi

attivi. Per esempio il programma “DFA” di Vismara et al. si basa su di una serie di check

up visivi e strumentali.

In linea di massima il funzionamento del programma è il seguente:

1.l’Operatore, anche NON SPECIALIZZATO effettua in poco tempo (∼1 ora) una prima

fase di valutazione di screening (soprattutto visiva) e la immette come dati di INPUT nel

Programma;

2.il Programma presenta una o più ipotesi di diagnosi e suggerisce valutazioni o misure

da attuare per confermare o meno quelle ipotesi;

3.l’Operatore per mezzo di queste informazioni e/o di altre misure individua la diagnosi

giusta e la immette nel Programma;

4.con queste dati il Computer suggerisce all’operatore gli interventi da attuare per

eliminare le cause del malfunzionamento.

Per esempio:

1) Valutazione di screening (da parte dell’operatore): blocchi di fango di colore nero o

grigio sulla superficie del sedimentatore

2) Ipotesi di diagnosi (da parte del computer): - ricircolo aerato eccessivo

- mancanza di corrente elettrica

- rottura delle lame di raccolta fanghi del sedimentatore

e inoltre suggerimenti che permettono di individuare, tra le diagnosi ipotizzate, quella

realmente responsabile dei blocchi di fango

3) Individuazione della diagnosi giusta (da parte dell’Operatore): - ricircolo aerato

eccessivo

5) Suggerimenti (da parte del Computer): - diminuire la portata di ricircolo.

Depurazione delle acque 57 Impianti a fanghi attivi

Depurazione delle acque 58 Impianti a fanghi attivi

Reattori biologici a biomassa fissa

Sono stati progettati e costruiti sistemi di depurazione biologica ad alto rendimento

dove, diversamente dai depuratori a fanghi attivi nei quali i batteri risultano

uniformemente dispersi nelle acque da depurare, la biomassa è fissa, aderisce cioè a

un supporto opportuno formato da materiale inerte.

A seconda del tipo di supporto inerte usato i sistemi a biomassa fissa si dividono in:

• impianti a filtri percolatori (o biofiltri o letti percolatori)

• impianti a biodischi (o dischi biologici)

14.1 – I filtri percolatori

La forma più semplice di questi dispositivi (vedi figura 14.1) è costituita da una vasca

cilindrica della profondità media di 2 – 3 metri (esistono anche vasche di profondità

maggiore) riempita di materiale inerte e non strutturato: pietrisco, pezzi di carbone,

scorie d’altoforno pezzi di materiale plastico ecc. con dimensioni varianti da 2 a 8 cm,

o con materiale strutturato formato in genere da profilati in materiale plastico. Nella

parte inferiore il sistema è dotato di uno strato drenante in grado di lasciar passare i

liquami ma capace di trattenere il materiale inerte di dimensioni minori.

I liquami da trattare, che normalmente devono essere chiarificati, devono essere stati

cioè sottoposti a una efficiente serie di trattamenti preliminari, vengono spruzzati

dall’alto e da qui percolano attraverso il letto di materiale inerte bagnandone la

superficie. Dopo una fase iniziale di adattamento, della durata di qualche settimana,

sulla superficie del materiale inerte si forma una pellicola (membrana biologica)

della spessore di 2 – 3 mm formata da batteri facoltativi, funghi, alghe, protozoi e in

alcuni casi anche organismi più complessi quali insetti. La composizione della

membrana biologica è normalmente più complessa della flora batterica presente negli

impianti a fanghi attivi.

Depurazione delle acque 59 Impianti a filtri percolatori

Figura 14.1 – Schema generale di un filtro percolatore

I liquami che attraversano il filtro percolatore non riempiono completamente lo

spazio vuoto ma bagnano solamente la superficie del materiale inerte formando una

pellicola d’acqua sugli elementi che lo costituiscono, mentre negli spazi vuoti rimasti

circola liberamente l’aria atmosferica.

Le acque che percolano attraverso il materiale inerte e che contengono le sostanze

biodegradabili (BOD solubile), oltre a una piccola quantità di solidi sospesi colloidali

non sedimentabili e materiale non biodegradabile, venendo a contatto con la

membrana biologica cedono a questa le sostanze che verranno in parte metabolizzate

e in parte usate come materiale per la generazione di altri batteri.

Lo strato di acqua che bagna il materiale di riempimento del filtro percolatore si può

considerare come formato da due strati distinti. Il primo, a contatto con la pellicola

biologica, è formato da acqua che si muove con moto laminare mentre nel secondo,

più esterno, il moto dell’acqua è turbolento (vedi figura 14.2).

Le sostanze biodegradabili diffondono verso la pellicola biologica attraverso lo strato

di acqua in moto laminare grazie al gradiente di concentrazione che si viene a creare.

Allo stesso modo avviene la diffusione dell’ossigeno dall’aria, contenuta negli spazi

vuoti, verso lo strato di batteri aderenti al materiale inerte (pellicola biologica). Anche

in questo caso il flusso è dovuto alla differenza di concentrazione che si stabilisce ai

lati dello strato acquoso.

I prodotti del metabolismo, principalmente anidride carbonica, fluiscono invece in

senso inverso dal momento che, formandosi nello strato di batteri, la loro

concentrazione è maggiore a livello della pellicola biologica rispetto alla zona interna

dello strato in moto turbolento.

Depurazione delle acque 60 Impianti a filtri percolatori

Figura 14.2 – Flusso delle sostanze attraverso la pellicola di acqua aderente al

materiale inerte

Depurazione delle acque 61 Impianti a filtri percolatori

Così come avviene per le particelle solide sedimentabili presenti negli impianti a

fanghi attivi, anche la membrana biologica dei filtri percolatori assorbe non

solamente le sostanze organiche biodegradabili ma anche quelle inerti, i solidi

colloidali e parte dei solidi disciolti presenti nelle acque da depurare. Questo processo

porta a un continuo e costante aumento dello spessore dello strato batterico che, in

mancanza di meccanismi atti alla sua riduzione, causerebbe in breve tempo

l’intasamento del filtro.

Mano a mano però che lo spessore della membrana biologica aumenta la diffusione

dell’ossigeno nella zona interna diventa sempre più difficile e le reazioni biochimiche

passano da quelle di tipo aerobico a quelle di tipo anaerobico. Fra la superficie del

materiale inerte e la pellicola biologica si forma uno strato anaerobico nel quale

l’ossigeno non riesce a diffondere (vedi figura 14.2 in basso) In questa situazione,

nella zona di contatto fra la membrana biologica e il materiale inerte, si ha la

formazione di sostanze gassose, metano, ammoniaca e idrogeno solforato, oltre a una

certa quantità di anidride carbonica (biogas), che causano il distacco della pellicola

biologica dalla superficie del supporto inerte (vedi figura 14.3).

Tale meccanismo causa un continuo rinnovamento della pellicola biologica e la

formazione di frammenti solidi che vengono trascinati verso il basso del filtro

percolatore (fango).

Depurazione delle acque 62 Impianti a filtri percolatori

Fig 14.3 – Ciclo di formazione e distacco della pellicola biologica

Le acque che escono dal fondo del filtro percolatore saranno perciò formate da una

sospensione di solidi sedimentabili, costituiti da batteri attivi e altri microrganismi

oltre che da solidi inerti non biodegradabili. Anche se la composizione dei solidi

sedimentabili è diversa da quella che si ottiene negli impianti a fanghi attivi si

verifica, anche in questo caso, la trasformazione del BOD solubile in BOD

sedimentabile e pertanto sarà necessaria una successiva fase di sedimentazione per

separare la parte solida dalle acque depurate e chiarificate.

La maggior parte del BOD viene eliminato nella parte superiore del filtro percolatore

mentre nella parte inferiore si hanno processi di affinamento.

Le acque da depurare vengono alimentate nella parte superiore del filtro percolatore

usando uno spruzzatore rotante munito di numerosi ugelli. La quantità di liquami

inviati al filtro non deve essere eccessiva per evitare che questo si riempia

completamente impedendo la libera circolazione dell’aria

Depurazione delle acque 63 Impianti a filtri percolatori

Per poter essere trattate nei filtri percolatori i liquami devono essere ben chiarificati e

quindi devono essere stati sottoposti a efficaci trattamenti preliminari e a una buona

sedimentazione primaria, infatti, oltre all’ovvia fase di grigliatura si devono eseguire

anche le fasi di dissabbiatura, disoleatura e sedimentazione primaria perché:

• i materiali sabbiosi si accumulerebbero nei digestori anaerobici, usati

nel trattamento dei fanghi, riducendone il volume utile disponibile e

impedendone un corretto svuotamento;

• le sostanze oleose, aderendo alla membrana biologica, ne

diminuirebbero fortemente la capacità di ossigenazione e l’attività

batterica;

• i solidi sospesi, non eliminati con una preventiva fase di

sedimentazione, si depositerebbero negli spazi vuoti all’interno del

materiale inerte intasando in breve tempo il filtro.

Lo schema classico di un impianto a filtro percolatore è simile a quello classico a

fanghi attivi con due differenze: la vasca di aerazione viene sostituita dal filtro

percolatore e non viene effettuato il riciclo dei fanghi (vedi figure 14.4 e 14.5).

Depurazione delle acque 64 Impianti a filtri percolatori

Figura 14.4 – Schema a blocchi di un impianto a filtro percolatore

I liquami che vengono raccolti sul fondo del filtro percolatore sono formati da una

sospensione acquosa contenente le parti della membrana biologica che si sono

distaccate dal materiale inerte, a causa del meccanismo descritto in precedenza, e

acqua con un BOD residuo (solubile) ridotto.

L’eliminazione del BOD, che in questa fase risulta concentrato nella parte dei solidi

sospesi sedimentabili, si può realizzare separando le sostanze in sospensione

dall’acqua (sedimentazione secondaria) e sottoponendo i fanghi ottenuti a un

processo di stabilizzazione, realizzato mediante fermentazione anaerobica oppure per

ossidazione aerobica in apposite vasche di aerazione (vedi gli esempi descritti anche

negli impianti a fanghi attivi) o ancora mediante trattamenti chimici opportuni (per

la descrizione di queste tecniche vedere in seguito).

Depurazione delle acque 65 Impianti a filtri percolatori

Figura 14.5 – Schema classico di un impianto a filtro percolatore

A differenza dei fanghi attivi i filtri percolatori godono di ossigenazione naturale:

l’aria atmosferica circola all’interno del filtro grazie ad apposite “finestrelle” poste

sull’intera circonferenza e situate nella parte bassa del filtro stesso. La circolazione

dell’aria è favorita dalla differenza di temperatura tra l’esterno e l’interno: in estate

l’aria esterna più calda entra dall’alto, si raffredda ed esce dal basso; in inverno si ha

il movimento opposto. Ossigenazione non ottimale si ha nei periodi in cui le

temperature, esterna e interna, sono simili.

14.2 - Confronto fra gli impianti a filtri percolatori e quelli a fanghi attivi

Rispetto agli impianti a fanghi attivi quelli a filtri percolatori presentano i seguenti

vantaggi:

• minor consumo di energia. Nei filtri percolatori lo scambio di ossigeno avviene

per aerazione naturale e non necessita di dispositivi elettromeccanici che

consumano rilevanti quantità di energia;

• numero di microrganismi attivi costante. Mentre negli impianti a fanghi

attivi si può avere, nel caso di un improvviso aumento del carico idraulico, una

diluizione della quantità di microrganismi contenuti nella vasca di aerazione, nei

filtri percolatori questo non può avvenire dal momento che i batteri sono

saldamente ancorati al materiale inerte;

• indipendenza da variazioni improvvise di carico organico. Così come per

le improvvise variazioni di carico idraulico i filtri percolatori sopportano meglio le

improvvise variazioni di carico organico rispetto agli impianti a fanghi attivi;

• assenza di schiume nel sedimentatore secondario. L’efficiente fase di

disoleazione effettuata sui liquami grezzi evita che nel sedimentatore secondario si

formino schiume;

• fanghi con migliore sedimentabilità. I fanghi che si formano negli impianti a

filtri percolatori hanno una densità maggiore e quindi sedimentano con più facilità

di quelli prodotti negli impianti a fanghi attivi;

• migliore gestione del sedimentatore secondario. Il ridotto carico organico

superficiale dei solidi sospesi facilita in modo sostanziale il compito del SED II.

Depurazione delle acque 66 Impianti a filtri percolatori

• funzionamento più semplice. L’assenza di apparecchiature elettromeccaniche

rende il funzionamento dei filtri percolatori più sicuro dal momento che la

necessità di interventi di manutenzione è quasi nulla;

• maggiore resistenza alla presenza di fattori tossici. Le membrane, per loro

costituzione, sono più resistenti perché molto meno permeabili dei fiocchi.

Gli svantaggi sono invece:

• grande rigidità dell’impianto. Impossibilità di regolare la quantità dei

microrganismi (come con il ricircolo del fango nei fanghi attivi) e scarsa possibilità

di regolare l’ossigenazione (si può tentare di regolare il grado di apertura delle

“finestrelle”, ma è poco funzionale);

• emissione di odori sgradevoli soprattutto durante il periodo estivo. Per

la presenza di qualche zona poco ossigenata e quindi soggetta a reazioni

anaerobiche;

• possibile sviluppo di insetti;

• a parità di potenzialità depurativa maggiore superficie richiesta;

• rendimenti depurativi minori nel periodo invernale. L’attività della

membrana biologica è molto influenzata dalla temperatura esterna;

• tempi di riattivazione lunghi. Nel caso in cui la membrana biologica sia stata

disattivata da fattori tossici ci vuole molto tempo prima che il filtro sia di nuovo in

condizione di depurare (riformazione delle membrane);

• maggiore costo di istallazione. La maggior parte della messa in opera del

riempimento deve essere fatta manualmente per evitare la frantumazione del

riempimento con gravi pericoli di futuri intasamenti.

14.3 - Dimensionamento del filtro: il fattore di carico volumetrico (Fcv) e il carico

idraulico superficiale (Cis)

Come per gli impianti a fanghi attivi anche in quelli a filtri percolatori si potrebbe

definire un parametro “fattore di carico organico” utile alla loro classificazione.

Tuttavia, mentre nel primo caso la massa dei batteri attivi può essere messa in

relazione alla quantità totale di solidi sedimentabili, nel caso attuale questo

parametro non è determinabile a causa dell’impossibilità di valutare il peso della

pellicola biologica che si sviluppa sul materiale inerte.

Depurazione delle acque 67 Impianti a filtri percolatori

E’ possibile però, partendo dall’ipotesi che la quantità di membrana biologica

aderente al materiale inerte sia costante nel tempo, che sia proporzionale alla

superficie del materiale inerte e che le dimensioni del materiale filtrante siano

omogenee, supporre che la massa dei batteri attivi sia proporzionale al volume di

contatto fra liquami e materiale inerte.

Si può allora definire un altro parametro, analogo a quello usato per gli impianti a

fanghi attivi, chiamato “fattore di carico organico volumetrico (FCV)” definito

come rapporto fra la quantità di BOD fornito giornalmente all’impianto, misurato

perciò in kg(BOD5)/giorno, e il volume di contatto espresso in m3.

In modo simile a quanto fatto con i sedimentatori è possibile definire anche un altro

parametro utile al dimensionamento degli impianti a filtri percolatori; questo

parametro è il “carico idraulico superficiale (CIS)” definito come il volume di

liquami spruzzati sull’unità di superficie del letto percolatore nell’unità di tempo e

misurato perciò in m3/m2·gg (o più frequentemente m3/m2·h).

Dalla conoscenza del fattore di carico organico volumetrico, il volume del filtro si

trova:

Allo stesso modo dal carico idraulico superficiale, la superficie di base del filtro si

trova:

Conoscendo il volume e la superficie è agevole trovare l’altezza e il diametro del filtro.

Similmente a quanto fatto con gli impianti a fanghi attivi anche i filtri percolatori

vengono classificati sulla base del fattore di carico organico volumetrico; nel loro caso

la suddivisione è più semplice, le categorie infatti sono solo due:

• impianti a filtri percolatori a basso carico

• impianti a filtri percolatori ad alto carico.

Depurazione delle acque 68 Impianti a filtri percolatori

14.4 - Filtri percolatori a basso carico

Nei filtri percolatori a basso carico si mantiene un fattore di carico organico

volumetrico compreso fra 0,1 e 0,4 kg(BOD5)/m3·giorno e un carico idraulico

superficiale compreso fra

0,05 e 0,25 m3/m2·h che, per un carico organico specifico che varia da

45 a 60 g(BOD5)/abitante·giorno), corrisponde al trattamento dei liquami

prodotti da un numero di abitanti che varia fra 2 e 9 per ogni m3 di impianto.

Parametri usati nei filtri percolatori a basso carico

0,1 < FCV < 0,4

0,05 < CIS < 0,25

Dal confronto dei valori riportati sopra con quelli corrispondenti, relativi agli

impianti a fanghi attivi (FCV che varia da 0,7 a 1,5 kg(BOD5)/m3·giorno), si vede che, a

parità di potenzialità, le superfici necessarie per gli impianti a filtri percolatori sono

maggiori di quelle richieste per i fanghi attivi. Per impianti ad alto carico queste

differenze risultano molto meno marcate.

Nei filtri percolatori a basso carico il distacco della membrana biologica produce un

fango con particelle compatte con alta densità e quindi un basso indice del volume del

fango (SVI). Questo fango dunque possiede una elevata sedimentabilità. Inoltre, visto

il basso carico organico volumetrico, il fango che viene inviato alla digestione

anaerobica risulta già parzialmente mineralizzato.

Gli impianti a filtri percolatori a basso carico usati per comunità medio piccole

possono fare uso di fosse Imhoff che funzionano sia da sedimentatori che da

digestori.

Gli schemi possibili sono:

• con fossa Imhoff usata sia come sedimentatore primario che come digestore e un

sedimentatore secondario classico (vedi figura 14.6);

• con due fosse Imhoff usate sia come sedimentatore primario che secondario e

come digestori.

Depurazione delle acque 69 Impianti a filtri percolatori

Fig. 14.6 – Schema a blocchi di un impianto con fossa Imhoff

Lo schema dello stesso impianto completato con i trattamenti preliminari di

grigliatura, desabbiatura e disoleazione è riportato nella figura 14.7.

Fig. 14.7 – Filtro percolatore con fossa Imhoff come sedimentatore primario

Depurazione delle acque 70 Impianti a filtri percolatori

Fig. 14.8 – Schema a blocchi di impianto a filtro percolatore e due fosse Imhoff

In impianti molto piccoli la fase di sedimentazione secondaria può essere sostituita

da un semplice pozzetto oppure mancare del tutto rendendo possibile, in casi

particolari, per esempio quando il corpo recettore ha un alto potere autodepurante,

l’esecuzione dello scarico delle acque in uscita dal filtro percolatore, direttamente nel

corpo recettore finale.

Se il sedimentatore secondario viene sostituito da una seconda fossa Imhoff allora si

evita anche la necessità di trasferire i liquami da digerire dalla fase di sedimentazione

secondaria alla fossa Imhoff che funziona come sedimentatore primario e di gestore

(vedi schema di figura 14.7).

L’impianto così realizzato possiede una rilevante semplicità di funzionamento (vedi

figg. 14.8 e 14.9)

Depurazione delle acque 71 Impianti a filtri percolatori

Figura 14.9 – Impianto a filtro percolatore con due fosse Imhoff

Si deve precisare tuttavia che le acque in uscita dalla 2° fossa Imhoff possono avere

un BOD piuttosto elevato (una parte di sostanze organiche solubili passano dal

comparto di digestione a quello di sedimentazione).

Quando si usano impianti con un fattore del carico organico volumetrico molto basso

(≤ 0,08), come nel caso di trattamento dei liquami prodotto da comunità molto

piccole, la quantità di fanghi in uscita dal filtro percolatore è poca e parzialmente

mineralizzata. In questo caso, se il recettore finale possiede buone capacità

autodepurative, è possibile scaricare le acque in uscita dal filtro percolatore senza

sottoporle a nessun trattamento ulteriore.

14.5 - Filtri percolatori ad alto carico o intensivi

In questi tipi di impianto si mantiene un valore del fattore di carico organico

volumetrico compreso fra 0,4 e 1,1 kg(BOD5)/m3·giorno che ci permette di

trattare i liquami prodotti da 10 – 25 abitanti per ogni m3 di materiale inerte di

supporto, e un carico idraulico superficiale compreso fra

0,6 e 1,6 m3/m2·h.

Parametri usati nei filtri percolatori a alto carico

0,4 < FCV < 1,1

0,6 < CIS < 1,6

Poiché si fornisce una elevata quantità di substrato la crescita è rapida e la pellicola

biologica presente sul materiale inerte acquista in breve tempo spessori rilevanti.

Occorre allora operare in modo che l’elevata quantità di solidi che si liberano quando

la membrana si sfalda (vedi figura 14.3) causi l’intasamento del filtro andando a

depositarsi negli spazi liberi utilizzati per il passaggio dell’aria.

Per ottenere questo risultato si può aumentare il carico idraulico, cioè la portata dei

liquami che attraversano il materiale inerte, in modo da effettuare una specie di

lavaggio del filtro. Si usa allora una parte dell’acqua depurata, uscente dalla fase di

sedimentazione secondaria, che ha un BOD molto basso e non contribuisce perciò al

valore del carico organico delle acque che entrano nel filtro percolatore (vedi figura

14.10). Questa operazione ha anche l’effetto di mantenere lo spessore della

membrana biologica a valori non troppo elevati in modo che non sia impedita

l’ossigenazione dello strato più interno.

Depurazione delle acque 72 Impianti a filtri percolatori

A tale proposito si definisce rapporto di ricircolo (R) il rapporto fra la portata di

liquami che viene rimandata al filtro percolatore (Qr) e quella dei liquami che entrano

nell’impianto (Qi), cioè:

(14.4)

Valori del rapporto di ricircolo comunemente adottati sono compresi fra

2 e 3 in modo, comunque, da mantenere, nel filtro percolatore, un valore del BOD5

compreso fra 100 e 150 ppm.

Filtro percolatore

Vasca di raccolta

Digestore anaerobico

Essiccamento fanghi

Fanghi secondari

Riciclo delle acque depurate

Acque depurate allo smaltimento

Fanghi totali

Fango essiccato allo smaltimento

Sedimentazione secondaria

Sedimentazione primaria

Figura 14.10 – Schema a blocchi di un impianto a filtro percolatore ad alto carico

Lo schema dello stesso impianto completato con i trattamenti preliminari di

grigliatura, desabbiatura e disoleazione è riportato nella figura 14.11.

Depurazione delle acque 73 Impianti a filtri percolatori

Uscita acque depurate

Smaltimento fanghi

Filtro percolatore

Sedimentatore secondario

Sedimentatore primario

Fanghi di supero

Digestore anaerobico

Uscita biogas

Fanghi prim

ari

e di su

per

o

Ric

iclo

su

rnat

ante

Uscita sostanze oleoseUscita sabbie

Disoleatore

Desabbiatore

Grigliatura

Letto di essiccamento dei fanghi

Ricircolo acque depurate

Vasca di raccolta delle acque

Figura 14.11 – Schema di impianto con filtro percolatore ad alto carico

Come già visto nel caso degli impianti a filtro percolatore a basso carico, quando il

liquami da trattare sono quelli prodotti da una comunità medio piccola si può

convenientemente sostituire il sedimentatore primario con una fossa Imhoff in modo

da eliminare anche il digestore anaerobico (vedi figure 14.12 e 14.13).

Filtro percolatore

Vasca di raccolta

Essiccamento fanghi

Fanghi secondari

Riciclo delle acque depurateAcque depurate allo smaltimento

Fanghi stabilizzati

Fango essiccato allo smaltimento

Sedimentazione secondaria

Fossa Imhoff

Figura 14.12 – Filtro percolatore a alto carico con fossa Imhoff

Smaltimento fanghi

Fanghi secondari

Uscita sostanze oleose

Uscita sabbie

Disoleatore

Desabbiatore

Grigliatura

Letto di essiccamento dei fanghi

Uscita acque depurate

Filtro percolatore

Sedimentatore

Fossa Imhoff

Fanghi

stab

ilizz

ati

Ricircolo acque depurate

Vasca di raccolta delle acque depurate

Figura 14.13 – Impianto ad alto carico con fossa Imhoff

Depurazione delle acque 74 Impianti a filtri percolatori

Uno schema alternativo a quelli visti sopra (figure 14.11 e 14.13) consiste nel

sistemare la vasca di accumulo delle acque per il ricircolo prima della sedimentazione

secondaria. Con questa disposizione si riduce in maniera rilevante la quantità di

acqua che deve essere trattata nel sedimentatore secondario [da (1+R)·Qi a Qi] e di

conseguenza si riducono le dimensioni della vasca di sedimentazione.

Le acque riciclate, anche se hanno un basso valore del BOD5, contengono ancora i

solidi sedimentabili e quindi il loro ricircolo non può essere fatto direttamente nel

filtro percolatore, perché ne causerebbero l’intasamento in breve tempo, ma deve

avvenire nel sedimentatore primario (modificando lo schema di fig 14.11) o nella

fossa Imhoff (modificando lo schema di figura 14.13) vedi schema a blocchi di figura

14.14 e figura 14.15.

Figura 14.14 – Impianto a alto carico con vasca di accumulo prima del sedimentatore

Negli impianti di maggiori dimensioni, quelli che non possono usare le fosse Imhoff

ma devono essere dotati di due vasche di sedimentazione, è possibile eliminare la

vasca di raccolta prelevando la quantità di liquami per il riciclo dal fondo della vasca

di sedimentazione secondaria. In questo caso non vengono riciclati solamente i

fanghi sedimentati ma una miscela di fanghi e di acqua chiarificata. Usando questo

schema di progetto risulta evidente che i liquami devono essere necessariamente

Depurazione delle acque 75 Impianti a filtri percolatori

riciclati alla sedimentazione primaria dal momento che contengono tutto il materiale

sedimentabile che si è separato dai liquami depurati (vedi figura 14.15).

Figura 14.15 – Impianto a alto carico senza vasca di accumulo e riciclo

Nelle figure che seguono sono rappresentati gli schemi di impianto relativi agli

schemi a blocchi delle figure 14.14 e 14.15.

Depurazione delle acque 76 Impianti a filtri percolatori

Figura 14.16 – Alto carico con vasca di accumulo prima del sedimentatore

Figura 14.17 – Impianto senza vasca di accumulo

I vantaggi dei filtri percolatori a alto carico consistono in una potenzialità specifica

più alta e una certa capacità di regolazione fornita dal riciclo delle acque di lavaggio.

Hanno tuttavia rendimento depurativo minore e producono fanghi che sono di tipo

fioccoso più simili a quelli prodotti negli impianti a fanghi attivi perciò con

Depurazione delle acque 77 Impianti a filtri percolatori

caratteristiche di sedimentabilità e putrescibilità peggiori. Sono inoltre di

funzionamento più delicato perché devono essere muniti di pompe per il

trasferimento dei liquami e consumano più energia degli impianti a basso carico.

Sulla base delle considerazioni precedenti si può perciò affermare che, eccetto che per

impianti di alta potenzialità, è sempre più conveniente usare impianti a basso carico.

14.6 - Rendimenti depurativi

I rendimenti depurativi degli impianti a filtri percolatori sono generalmente inferiori

a quelli a fanghi attivi e sono fortemente influenzati dal fattore di carico organico

volumetrico e dalla temperatura esterna.

Dall’esame statistico dei valori del rendimento depurativo ottenuto in diversi

impianti a filtri percolatori, con valori diversi del fattore del carico organico

volumetrico, è stata ricavata una formula empirica che fornisce il valore

dell’abbattimento percentuale del BOD5 in funzione del fattore di carico organico

volumetrico:

(14.6)

Questa formula è riportata graficamente in figura 14.19 nella quale l’area in grigio

rappresenta il valore dell’incertezza.

Depurazione delle acque 78 Impianti a filtri percolatori

Figura 14.19 – Rendimenti depurativi dei filtri percolatori in funzione del fattore di

carico organico volumetrico

Per filtri percolatori ad alto carico, con riciclo delle acque per il lavaggio, il

rendimento è influenzato anche dal rapporto di ricircolo e l’equazione 14.6 diventa:

(14.7)

dove:

(14.8)

ed R indica il rapporto di ricircolo.

Riportando i rendimenti depurativi in funzione del fattore di carico volumetrico per

valori diversi del rapporto di riciclo per i filtri percolatori a alto carico si ottiene il

grafico riportato in figura 14.20

Depurazione delle acque 79 Impianti a filtri percolatori

Figura 14.20 – Rendimenti depurativi in filtri percolatori a alto carico

Come abbiamo già detto i rendimenti depurativi dei filtri percolatori sono fortemente

influenzati dalla temperatura nel senso che basse temperature ambientali hanno una

incidenza negativa molto più alta rispetto agli impianti a fanghi attivi.

Analisi statistiche realizzate in condizioni estive, con una temperatura superiore a 18

°C e in condizioni invernali con temperature medie inferiori a 10 °C hanno fornito i

risultati riportati nel grafico di figura 14.21.

Depurazione delle acque 80 Impianti a filtri percolatori

Figura 14.21 – Rendimenti depurativi in funzione della temperatura

Per le due curve è possibile scrivere, per il rendimento, delle equazioni

semiempiriche; le condizioni estive (temperature medie superiori a 18 °C) sono ben

rappresentate dall’equazione:

(14.9)

mentre per le condizioni invernali (temperature medie inferiori a 10 °C) abbiamo:

(14.10)

In alcuni casi potrebbe essere possibile usare il biogas che si forma nel digestore

anaerobico per riscaldare il letto percolatore. Tuttavia una tale soluzione rende più

costoso e più delicato l’impianto dal momento che si dovrebbe istallare un sistema

per lo scambio termico oltre alle apparecchiature elettromeccaniche per la

circolazione dei fluidi riscaldanti.

14.7 - Filtri percolatori con supporto in materiale plastico

Attualmente c’è la tendenza a sostituire il materiale inerte di riempimento dei filtri

percolatori con un materiale artificiale plastico che possiede una ben precisa

configurazione e che consente perciò di ottenere rapporti superficie di contatto/

volume del riempimento particolarmente elevati.

Questi tipi di filtri hanno anche il vantaggio di essere molto più leggeri rispetto a

quelli con riempimento tradizionale e possono essere costruiti con altezze maggiori,

inoltre il materiale del riempimento è non putrescibile, inerte e può essere montato

con estrema facilità.

Gli elementi del riempimento possono essere costruiti con tubi di PVC del diametro

di 8 cm, spessore di 1 – 2 mm e lunghezza che può arrivare fino a 6 m. L’interno del

tubo è diviso da diaframmi che conferiscono al materiale una struttura a nido d’ape

(vedi figura 14.22)

Depurazione delle acque 81 Impianti a filtri percolatori

In altri casi il riempimento del filtro è formato da blocchi rigidi di materiale plastico,

con struttura alveolare, formati da fogli ondulati opportunamente sagomati e saldati

fra loro.

Queste strutture obbligano le gocce d’acqua a seguire un percorso tortuoso in modo

da allungare il tempo di contatto con la pellicola biologica che ricopre il riempimento.

Nello stesso tempo l’aria può fluire con facilità fornendo l’ossigeno necessario alla

pellicola biologica.

Gli spazi liberi permettono inoltre una facile caduta del materiale solido che si

distacca evitando il possibile intasamento del filtro percolatore.

Questi sistemi consentono inoltre di costruire filtri percolatori di forma diversa da

quella cilindrica e di altezza che può arrivare a 10 m e costituire delle vere e proprie

torri filtranti

(vedi figura 14.22 - A) e B)

Depurazione delle acque 82 Impianti a filtri percolatori

Figura 14.22 – A) Struttura del

materiale plastico usato come

riempimento nei filtri percolatori

Figura 14.22 – B) Materiale plastico

alveolare per filtri percolatori

Depurazione delle acque 1 Impianti a filtri percolatori

Rispetto al materiale inerte tradizionale, quasi sempre costituito da pietre, il

materiale plastico presenta i seguenti vantaggi:

• le superfici specifiche di contatto sono comprese fra 100 e 200 m2/m3 contro 50 –

70 m2/m3 del materiale tradizionale, consentendo un maggior sviluppo di pellicola

batterica;

• il valore percentuale degli spazi vuoti è compreso fra il 93 e il 97% contro il 40 –

60% del tipo di riempimento tradizionale. Questo rende possibile una migliore

circolazione dell’aria e elimina il rischio di intasamento dovuto a uno sviluppo

eccessivo della pellicola batterica;

• i pesi variano fra 30 e 100 kg/m3 contro 800 – 1400 kg/m3 del materiale

tradizionale. In questo modo è possibile costruire letti filtranti di altezza maggiore,

fino a 10 m, consentendo il trattamento di carichi idraulici più elevati.

Grazie a queste particolari caratteristiche si possono costruire filtri percolatori ad alto

e altissimo carico nei quali il materiale tubolare viene disposto verticalmente in modo

da formare un vero e proprio fascio di tubi. L’acqua immessa dall’alto scorre

verticalmente verso il basso bagnando le pareti del materiale alveolare e l’aria fluisce

naturalmente in senso opposto. La pellicola biologica, che cresce sulle pareti esterne

e interne del materiale tubolare, assorbe e metabolizza sia le sostanze biodegradabili

che parte di quelle inerti formando nuovo materiale batterico. Il materiale

sedimentabile che si forma quando si distacca lo strato batterico aderente al

riempimento tubolare fluisce facilmente verso il basso senza pericolo di ostruzione

dello spazio vuoto. Questo permette di inviare al filtro percolatore anche liquami non

perfettamente chiarificati e addirittura di riciclare acque contenenti solidi in

sospensione.

Risulta perciò possibile semplificare notevolmente l’impianto sottoponendo i liquami

da trattare a una triturazione ed eventualmente, ma non necessariamente a

grigliatura fine o stacciatura, senza dover eseguire la sedimentazione primaria (Vedi

figura 14.24)

Depurazione delle acque 129 Impianti a filtri percolatori

N.B. : non è necessario il SED I !

Figura 14.24 – Schema impianto a filtro percolatore con triturazione

In questo impianto, che può essere costruito in maniera molto compatta, si può

sostituire il normale sedimentatore secondario con una fossa di sedimentazione del

tipo Dortmund. (vedi figura 14.25)

Figura 14.25 – Schema di filtro percolatore con trituratore e sedimentatore

Dortmund

Una ulteriore semplificazione si ottiene riciclando continuamente anche il fango

ottenuto nel sedimentatore secondario sottoponendolo cioè a una aerazione

prolungata. Il risultato è simile a quello degli impianti a fanghi attivi a ossidazione

Depurazione delle acque 130 Impianti a filtri percolatori

totale (carico del fango molto basso) per cui oltre all’abbattimento del BOD si ottiene

anche la mineralizzazione dei fanghi ottenuti che possono essere essiccati e scaricati

senza ulteriori trattamenti.

In questo ultimo caso è però necessario che il filtro percolatore lavori con un fattore

del carico organico volumetrico molto basso. Questo processo è chiamato anche a

filtrazione prolungata (vedi figura 14.26)

Figura 14.26 – Impianto a filtrazione prolungata

Nella figura 14.27 è riportato lo schema di impianto relativo allo schema a blocchi di

figura 14.26

Depurazione delle acque 131 Impianti a filtri percolatori

Ricircolo predisposto, ma non necessariamente in funzione

Figura 14.27 – Impianto a filtrazione prolungata

Come detto in precedenza questi impianti possono lavorare anche ad altissimo carico

(FCV compreso fra 1,0 e 1,6 kg(BOD5)/m3·giorno con punte massime che arrivano a 4

– 5 kg(BOD5)/m3·giorno e carichi idraulici superficiali fino a 6 m3/m2·h).

Queste condizioni di esercizio risulterebbero proibitive per gli impianti tradizionali

che si intaserebbero in breve tempo anche se si operasse con un alto riciclo delle

acque di lavaggio.

I rendimenti depurativi dei filtri percolatori ad alto carico non sono elevati:

mediamente 50 – 75% e si ha inoltre una elevata produzione di fanghi di supero.

L’applicazione di questi impianti non è rivolta a ottenere una depurazione spinta ma

come sistema preliminare di sgrossatura di acque particolarmente inquinate

come:

• trattamento di acque di origine industriale prima della loro immissione nel sistema

fognario comune;

• trattamento preliminare di liquami che verranno poi inviati a un impianto di

abbattimento finale del BOD.

In relazione al secondo punto sono stati costruiti impianti nei quali il filtro

percolatore costituisce la fase preliminare di depurazione che prosegue poi con il

trattamento a fanghi attivi (vedi figura 14.28). In questo modo si sono ottenuti i

seguenti vantaggi:

• diminuzione dei costi dovuti alla fase di aerazione nel trattamento a fanghi attivi

dal momento che buona parte del BOD è già stato abbattuto;

• funzionamento più stabile dell’intero impianto grazie all’effetto ammortizzante del

filtro percolatore che può sopportare variazioni repentine di carico organico e

idraulico;

Depurazione delle acque 132 Impianti a filtri percolatori

• protezione contro l’immissione di eventuali scarichi tossici;

• riduzione del fenomeno del bulking;

• possibilità di sfruttare impianti a fanghi attivi sottodimensionati.

Figura 14.28 – Filtro percolatore a alto carico con impianto a fanghi attivi

Produzione di fango di supero per i sistemi a biomassa adesa

In analogia con quanto si fa con gli impianti a fanghi attivi si può definire, sia per i

F.P. che per i biodischi, il parametro I (indice di produzione del fango) e dal suo

valore calcolare il fango prodotto.

Per impianti a basso carico si può contare su un indice di produzione del fango

nell’intervallo:

I = 0,4 ÷ 0,5 kg SS/kg BOD5 rimosso

mentre per impianti ad alto carico

I = 0,7 ÷ 0,8 kg SS/kg BOD5 rimosso

Conoscendo il rendimento depurativo dell’impianto possiamo calcolare il fango

prodotto:

Un altro modo per stimare la produzione di fango è quello che fa uso di dati

riportati dalla letteratura specifica (Imhoff e altri) per temperature intorno a 20 °C

Depurazione delle acque 133 Impianti a filtri percolatori

(vedi tabella sotto), ma considerati allo stato attuale non sufficientemente cautelativi.

Per temperature più basse la produzione di fango sarà maggiore.

Tipo di fango

Produzione

specifica in

volume

Qvspec (litri/

ab⋅gg)

Produzione

specifica in

volume

Qvspec (litri/

ab⋅gg)

Produzione

specifica in peso

SSspec (gr/

ab⋅gg)

Produzione

specifica in peso

SSspec (gr/

ab⋅gg)

Tenore in acqua

(%)

Tenore in acqua

(%)

Tipo di fango

Basso

carico

Alto

carico

Basso

carico

Alto

carico

Basso

caricoAlto carico

Fango fresco

secondario0,16 0,40 13 20 92 95

Fanghi combinati (I

+II)1,22 1,48 67 74 94,5 95

Da notare il tenore di acqua decisamente più basso di quello del fango proveniente

dagli impianti a fanghi attivi che si aggira su valori intorno al 98%.

Il calcolo della quantità di fango prodotto, come della portata volumetrica, si fa al

solito modo, conoscendo il numero di abitanti equivalenti:

SS= n. ab. ⋅ SSspec

Qv= n. ab. ⋅ Qvspec

Depurazione delle acque 134 Impianti a filtri percolatori

Esempio 14.2 - Fitro percolatore

Determinare il BOD in uscita dall’impianto, il diametro e l’altezza di un filtro

percolatore a basso carico (FCV = 0,4 kg(BOD5)/m3·giorno) con riempimento di

pietrisco sapendo che il carico idraulico è Qi = 2000 m3/giorno, che il BOD5 dei

liquami in ingresso è 220 ppm e che il carico idraulico superficiale è CIS = 0,2 m3/

m2·h

*****************

Per determinare il rendimento depurativo si usa la formula:

ora si può calcolare il BOD in uscita (BODU), infatti

da cui si ricava:

Per ricavare le dimensioni del filtro percolatore bisogna calcolarne il volume (V) e

la superficie (S). Questi valori si possono ottenere conoscendo il carico organico

(Qorg) e la portata idraulica oraria (Q).

Calcolo del carico organico:

Calcolo del volume del filtro:

Carico idraulico orario:

Calcolo della superficie della vasca:

Depurazione delle acque 135 Impianti a filtri percolatori

Calcolo del diametro:

Calcolo dell’altezza:

Depurazione delle acque 136 Impianti a filtri percolatori

Esempio 14.3 - Fitro percolatore a alto carico

Determinare il BOD in uscita dall’impianto, il diametro e l’altezza di un filtro

percolatore ad alto carico usato per trattare 20000 m3/giorno di liquami con un

BOD5 in ingresso pari a 175 mg/l (FCV= 0,51 kg(BOD5)/m3·giorno) con riempimento di

pietrisco sapendo che il carico idraulico è CIS = 0,8 m3/m2·h e un rapporto di

ricircolo R = 1.

Per determinare il BOD in uscita si deve calcolare il rendimento di depurazione. In

questo caso si usano le formule 14.7 e 14.8:

Risolvendo si ottiene:

Valore del BOD in uscita:

Calcolo del carico organico:

Calcolo del volume del filtro:

Carico idraulico orario:

Calcolo della superficie della vasca:

Calcolo del diametro:

Calcolo dell’altezza:

Depurazione delle acque 137 Impianti a filtri percolatori

Poiché l’altezza risulta superiore a 3 metri, che viene considerato il limite massimo

per i letti percolatori con riempimento di pietrisco, occorre variare alcuni parametri

in modo da ottenere lo stesso rendimento depurativo ma diminuire il volume della

vasca e allo stesso tempo aumentare la superficie del filtro percolatore.

I parametri da cambiare sono il rapporto di ricircolo R e il fattore di carico

organico volumetrico FCV

Per esempio aumentando il rapporto di ricircolo a 1,13 si ottiene lo stesso

rendimento depurativo aumentando anche il fattore di carico organico volumetrico a

0,53 kg(BOD5)/m3·giorno.

Ripetendo i calcoli con questi nuovi valori si ottiene:

V = 6604 m3

S = 2218 m2

d = 53,2 m

h = 2,98 m

Esempio 14.4 - Fitro percolatore con riempimento in plastica

Determinare il BOD5 in uscita, il diametro e l’altezza di un filtro percolatore con

riempimento in plastica utilizzato per trattare 7600 m3/giorno di liquami sapendo

che il BOD5 in arrivo all’impianto è di 300 mg/l e che la sedimentazione primaria

riduce il BOD5 del 30%. I parametri di lavoro del filtro sono:

FCV = 0,7 Kg(BOD5)/m3·g

CIS = 0,9 m3/m2·h

Rendimento depurativo:

BOD5 in entrata dopo l’abbattimento nel sedimentatore primario

ppm

BOD in uscita:

Calcolo del carico organico:

Depurazione delle acque 138 Impianti a filtri percolatori

Calcolo del volume del filtro:

Carico idraulico orario:

Calcolo della superficie della vasca:

Calcolo del diametro:

Calcolo dell’altezza:

Depurazione delle acque 139 Impianti a filtri percolatori

Esempio 14.5 - Fitro percolatore con riempimento in plastica

Le acque reflue di un centro abitato vengono trattate con un filtro percolatore, ad

alto carico con riempimento in plastica, dell’altezza di 5,5 m. Le acque hanno un

BOD5 = 200 ppm e vengono alimentate usando un carico idraulico superficiale di 0,5

m3/m2·h. Sapendo che si usa un rapporto di ricircolo R = 3 determinare il BOD5

delle acque in uscita dall’impianto.

***************

Per determinare il BOD in uscita si deve calcolare il rendimento di depurazione. In

questo caso si usano le formule 14.7 e 14.8:

Risolvendo si ottiene:

Per eseguire il calcolo occorre determinare il valore del carico organico

volumetrico FCV cioè i kg di BOD5 alimentati al filtro ogni giorno per ogni m3 di

materiale inerte.

Dal testo sappiamo che ogni m2 di superficie filtrante viene alimentato con un

carico idraulico superficiale CIS = 0,5 m3 di acque reflue ogni ora.

Il carico idraulico superficiale giornaliero si ottiene da quello orario moltiplicando

per 24.

CIS’ = CIS·24

Il volume del filtro percolatore, per ogni m2 di superficie di base è

V = h·1 = h m3

È possibile allora calcolare il carico idraulico volumetrico (CIV), cioè il volume di

acque reflue alimentate ogni giorno per ogni m3 di materiale filtrante:

Depurazione delle acque 140 Impianti a filtri percolatori

Per calcolare il carico organico volumetrico è sufficiente moltiplicare il carico

idraulico volumetrico per il BOD5 delle acque trattate.

Il rendimento di depurazione sarà perciò:

Il valore del BOD uscente è allora:

Depurazione delle acque 141 Impianti a filtri percolatori

Diagnostica per filtri percolatori

Date le minori variabili in gioco (i filtri percolatori sono sistemi a conduzione molto

rigida) in questo caso la diagnostica è meno complessa che per i fanghi attivi, non si

deve pensare tuttavia che non esistano malfunzionamenti, i malfunzionamenti ci sono,

solo che spesso non si sa come farvi fronte. Di seguito si riporta una tabella delle

principali disfunzioni, delle possibili cause e dei rimedi desunti spesso dall’esperienza

sul campo.

Disfunzioni Possibili cause Rimedi

Calo del

rendimento

depurativo

Aumento eccessivo di Fcv

- ridurre la portata alimentata (se possibile)

- aumentare il ricircolo idraulico

- aumentare, se possibile, la rimozione di

BOD nei pretrattamenti

Calo del

rendimento

depurativo

Crescita di biomassa

indesiderata (funghi e

lieviti)

- lavare il riempimento con ipoclorito (o

soda) per eliminare le specie indesiderate

(!!)Calo del

rendimento

depurativo

Riduzione temperatura

operativa nel filtro

- ridurre la finestratura inferiore

- ridurre il ricircolo ai minimi consentiti

Calo del

rendimento

depurativo Riduzione della situazione

di aerobicità all’interno

del filtro

- aprire tutte le finestrature

- inserire sistemi ad aerazione forzata

Calo del

rendimento

depurativo

Variazioni di pH,

presenza di sostanze

tossiche, carenza di

nutrienti, ecc.

- aumentare il ricircolo idraulico al massimo

consentito

- intervenire sull’influente a monte

Presenza di

solidi sospesi

nell’effluente

del

sedimentator

e

Chiarificatore

sovraccaricato

- ridurre il ricircolo idraulico

Presenza di

solidi sospesi

nell’effluente

del

sedimentator

e

Innesco denitrificazione

nel sedimentatore

- aumentare l’estrazione dei fanghi

- aumentare il carico al filtro per impedire la

nitrificazione

- spruzzare il fango con getti di acqua per

eliminare le bolle di azoto Presenza di

solidi sospesi

nell’effluente

del

sedimentator

e

Eccessivo spoglio delle

pellicole dal supporto

- aumentare l’estrazione dei fanghi dal

sedimentatore

- eliminare la causa perturbatrice (pH,

sostanze tossiche, ecc.)

Presenza di

solidi sospesi

nell’effluente

del

sedimentator

e Disfunzione del

meccanismo

raschiafanghi

- riparazione del raschiafanghi

Presenza di

solidi sospesi

nell’effluente

del

sedimentator

e

Cortocircuitazioni

idrauliche

- regolare gli stramazzi di sfioro

- installare setto di smorzamento nella

distribuzione centrale o sfioro periferico

Depurazione delle acque 142 Impianti a filtri percolatori

Emanazione

di odori

sgradevoli

Carico organico eccessivo

- favorire condizioni aerobiche nei

pretrattamenti

- verificare la presenza di scarichi industriali

ad alto BOD

- coprire il filtro e deodorizzare lo spurgo del

fangoEmanazione

di odori

sgradevoli

Ventilazione insufficiente

- aumentare il ricircolo idraulico

- ridurre la velocità periferica del distributore

rotante

- disintasare le prese d’aria

- verificare un eventuale collasso o

intasamento del filtro

Sommersione

(anche

parziale) del

riempimento

Eccessiva crescita

biologica

- aumentare il ricircolo idraulico per

aumentare il dilavamento

- additivare cloro al ricircolo per molte ore

- fermare il filtro il tempo necessario a

permettere l’asciugatura del riempimento

Sommersione

(anche

parziale) del

riempimento

Riempimento non idoneo

(pezzatura troppo piccola

o disomogenea o

frammentata)

- sostituire completamente il riempimento, se

possibile, solo nelle zone interessate (!!)

Sommersione

(anche

parziale) del

riempimento

Eccessiva presenza di

solidi nell’alimentazione

- intervenire in modo idoneo nei

pretrattamenti

Sommersione

(anche

parziale) del

riempimento

Spoglio abnorme di

pellicola biologica

- ridurre il ricircolo

- verificare se il fenomeno dipende

dall’alimentazione ed eliminare la causa

perturbatrice

Sommersione

(anche

parziale) del

riempimento

Sviluppo di macrofauna

parassita (insetti,

lumache, ecc.)

- aumentare al massimo il ricircolo idraulico

- aumentare la velocità di distribuzione

- additivare il ricircolo con dosi massicce di

cloro per alcune ore (!!)

Presenza di

insetti,

mosche e

moscerini

Scarso o intermittente

carico idraulico

- aumentare il ricircolo

- aumentare la velocità periferica del sistema

rotante

Presenza di

insetti,

mosche e

moscerini

Ambiente particolarmente

adatto alla crescita

- allagare (se possibile) il filtro per 24 ore

- clorare leggermente per alcune ore il

ricircolo

- spruzzare con insetticida le pareti del filtro e

le zone circostantiPresenza di

insetti,

mosche e

moscerini

Riduzione temperatura

operativa nel filtro

- ridurre la finestratura inferiore

- ridurre il ricircolo ai minimi consentiti

Depurazione delle acque 143 Impianti a filtri percolatori

mosche e

moscerini

Scarsa manutenzione

- aprire tutte le finestrature

- ridurre il carico organico (?!)

- inserire sistemi ad aerazione forzata

mosche e

moscerini

Variazioni di pH,

presenza di sostanze

tossiche, carenza di

nutrienti, ecc.

- aumentare il ricircolo idraulico al massimo

- intervenire sull’influente a monte

Formazione

di ghiaccio

Raffreddamento eccessivo

dello scarico

- ridurre il ricircolo

- ridurre la velocità di distribuzione

- ridurre il tiraggio naturale

Sistema di

distribuzione

inefficiente

Portata insufficiente

- Aumentare il ricircolo

- Verificare che i sifoni di cacciata si

adeschino al momento opportunoSistema di

distribuzione

inefficiente Spruzzatori o bracci

rotanti intasati

- Pulire gli ugelli di uscita

- Ridurre i solidi sospesi in arrivo mediante

interventi sui pretrattamenti

Riempimento

rotto in

superficie

Problemi meccanici da

calpestio

- progettare il riempimento con griglie di

plastica fisse (o passerelle di legno mobili)

necessarie per la manutenzione della

distribuzione

Depurazione delle acque 144 Impianti a filtri percolatori

14.8 – Dischi biologici o biodischi

Un altro tipo di impianto nel campo dei reattori biologici a biomassa fissa, che sfrutta

cioè la crescita di microrganismi su un supporto inerte, è quello a biodischi. Questo

tipo di impianto, che costituisce, almeno per potenzialità non troppo elevate (10000

– 15000 abitanti), un miglioramento del sistema a filtri percolatori, è formato da una

serie di dischi, con diametro variante da 1 a 3 - 4 metri, costruiti in materiale plastico

(PVC o polietilene), sui quali viene fatta sviluppare la membrana biologica. Questi

dischi hanno uno spessore medio di 5 mm e sono montati su uno stesso asse alla

distanza di 20 – 30 mm l’uno dall’altro. Il sistema così ottenuto è posto in una vasca

in vetroresina (per potenzialità minori) o in calcestruzzo (per potenzialità maggiori),

nella quale vengono immessi i liquami da depurare, in modo che la superficie dei

dischi sia immersa per circa il 40% (vedi figura 14.29).

Figura 14.29 - Biodischi

Contrariamente a quanto avviene per i filtri percolatori nei quali la biomassa è

immobile mentre le acque da depurare scorrono, nei biodischi sia la biomassa che

l’acqua si muovono. Anche in questo caso tuttavia la pellicola biologica è fissata a un

supporto inerte costituito appunto dai dischi.

Ai dischi viene imposta una lenta rotazione in modo da avere una velocità periferica

di circa 30 cm/s

(1 ÷ 2 numero di giri al minuto per i dischi di maggiori dimensioni, 3 ÷ 4 per quelli

più piccoli). È opportuno non superare la velocità periferica indicata per evitare che

l’attrito con l’acqua porti a un distacco precoce della pellicola biologica e rendere

quindi il sistema meno efficiente.

Dopo una prima fase iniziale sui dischi si forma una pellicola di materiale biologico

che, quando è fuori dall’acqua assorbe ossigeno, mentre quando è immersa sfrutta

Depurazione delle acque 145 Impianti a biodischi

l’ossigeno assorbito sia per la respirazione batterica che per la crescita e la

riproduzione.

Quando lo strato batterico ha raggiunto uno spessore variante da 2 a 5 mm, si

distacca dal supporto in materiale plastico, azione favorita anche dal movimento di

rotazione, e forma così una sospensione sedimentabile. Il movimento dei dischi

all’interno dei liquami mantiene in continua agitazione la sospensione stessa e

trasferisce parte dell’ossigeno assorbito dallo strato batterico ai liquami

mantenendoli costantemente ossigenati.

Il meccanismo di funzionamento è pertanto simile a quello dei filtri percolatori e

anche in questo caso c’è la necessità di sottoporre il liquami a un trattamento

preliminare ben fatto in modo da evitare l’intasamento del dispositivo o il deposito di

sostanze oleose sui dischi che può causare una pesante riduzione dell’efficienza del

processo di depurazione.

Per ottenere rendimenti depurativi dell’ordine del 90 – 95% si deve operare in più

stadi successivi, intendendo per stadio un gruppo di dischi che lavorano in porzioni di

vasca separate fra loro da setti divisori che obbligano i liquami a scorrere secondo un

percorso più lungo (vedi figura 14.30)

Figura 14.30 – Depuratore a biodischi a quattro stadi

Operando con 3 – 4 stadi e volendo ottenere un abbattimento del BOD superiore al

90% occorrono circa 2 m2 di disco per ogni abitante.

Un modo diverso di costruzione dei biodischi consiste nell’uso di un nastro di

materiale plastico corrugato che viene avvolto a spirale in modo da formare un

cilindro della larghezza desiderata.

Depurazione delle acque 146 Impianti a biodischi

Grazie alla forma corrugata del nastro fra le varie spire del nastro rimane un certo

spazio che consente il passaggio delle acque da depurare, quando la parte del disco si

trova immersa, e quello dell’aria quando la parte del disco si trova fuori dall’acqua.

In figura 14.31 è riportato un rotore di biodischi formato da nastro corrugato avvolto

a spirale, mentre nella figura 14.32 è riportato il disegno di un piccolo impianto a

biodischi tradizionali:

Figura 14.31 – Biodischi formati da spirale di nastro corrugato

Figura 14.32 – Piccolo impianto a biodischi a 4 stadi

Per ottenere rendimenti depurativi di circa il 95% usando biodischi a 3 o 4 stadi

occorre usare una superficie di dischi pari a 3 – 3,5 m2/AE. Sulla base di questo

Depurazione delle acque 147 Impianti a biodischi

valore si può determinare, una volta stabilito il diametro di ogni disco, il numero

totale di dischi da usare.

I vantaggi dei biodischi rispetto ai filtri percolatori e agli impianti a fanghi attivi sono:

• il loro funzionamento non è influenzato dalle basse temperature invernali dal

momento che questi dispositivi vengono montati al coperto;

• richiedono dislivelli minimi (30 – 40 cm) mentre per i filtri percolatori sono

necessari dislivelli

di 2 – 3 m;

• l’impianto può essere facilmente ispezionato in ogni punto rendendo la

manutenzione agevole e evitando i pericoli di intasamenti;

• si possono variale le condizioni di funzionamento dell’impianto variando

semplicemente la velocità di rotazione dei dischi;

• possono lavorare a alto carico come i filtri percolatori, ma in questo caso non c’è la

necessità del riciclo delle acque;

• il contatto occasionale con scarichi tossici danneggia solo superficialmente la

membrana biologica e consente un ripristino veloce delle normali condizioni

operative.

Gli svantaggi invece sono:

• richiesta di una superficie superiore sia a quella degli impianti a fanghi attivi che a

quella dei filtri percolatori;

• costo di istallazione superiore sia a quello degli impianti a fanghi attivi che a quello

dei filtri percolatori.

Con i biodischi è possibile costruire sistemi compatti, esempio:

• biodischi montati sopra la vasca di sedimentazione secondaria di tipo rettangolare

a fondo piatto;

• impianto formato da fossa biologica, biodischi e sedimentatore disposto come nel

caso precedente;

• fossa Imhoff, biodischi e sedimentatore.

Depurazione delle acque 148 Impianti a biodischi

Nella figura 14.33 è riportato un impianto completo a biodischi completo di linea per

il trattamento dei fanghi ottenuti.

In figura 14.34 è riportato invece uno schema compatto nel quale si usa una fossa

Imhoff sia per la sedimentazione primaria che per la stabilizzazione dei fanghi

ottenuti. I biodischi sono costruiti direttamente sopra il sedimentatore secondario

Figura 14.33 – Schema classico con biodischi

Depurazione delle acque 149 Impianti a biodischi

Figura 14.34 – Sistema compatto biodischi/sedimentatore

Depurazione delle acque 150 Impianti a biodischi

Reattori a biomassa adesa a letto mobile

(MBBR - Moving Bed Biofilm Reactor)

I principali vantaggi dei SISTEMI A BIOMASSA ADESA (“attached growth”) sono:

•possibilità di svincolare il tempo di residenza cellulare da quello di ritenzione idraulica,

senza operare ricircoli di biomassa;

•possibilità di aumentare le concentrazioni di biomassa, con la conseguente riduzione dei

volumi dei reattori e delle superfici occupate;

•possibilità di migliorare le prestazioni di impianti esistenti sottodimensionati o al fine di

rispettare standard allo scarico più restrittivi;

• indipendenza del processo dalle caratteristiche di sedimentabilità del fango.

I più importanti processi a biomassa adesa sono (Fig. 1):

Fig. 1

Dopo ad aver visto i filtri percolatori ed i biodischi diamo di seguito una generale

descrizione dei reattori a biomassa adesa a letto mobile (MBBR) che per le loro future

potenzialità vanno considerati con particolare attenzione.

Generalità

I reattori a biomassa adesa a letto mobile (MBBR) fanno parte della famiglia dei sistemi

a biomassa adesa che stanno soppiantando i processi a fanghi attivi nel trattamento dei

reflui inquinati.

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Depurazione delle acque 151 Impianti MBBR

Sono reattori biologici in cui i microrganismi attecchiscono su mezzi di supporto

dispersi e sospesi nel refluo oggetto del trattamento. Il biofilm che si forma su tali

supporti è funzione del carico organico associato al refluo in ingresso. A differenza degli

altri processi a biomassa adesa, i supporti in questo caso sono liberi di muoversi e

quindi non mantengono fisse né le mutue posizioni né quelle rispetto al reattore (Fig. 2).

La crescita del biofilm sul supporto è il risultato dell’interazione tra processi di tipo

biologico (metabolismo batterico in senso stretto) e processi di trasporto dei substrati

(come arrivano il “cibo” e l’ossigeno). In particolare la formazione del biofilm è dovuta

principalmente alla crescita delle cellule microbiche e alla produzione di polimeri

extracellulari (in genere è trascurabile il contributo della massa in sospensione che

attecchisce al supporto stesso).

Lo sviluppo della pellicola varia quindi in funzione della composizione del refluo e dei

processi di trasporto; da questi ultimi dipende la disponibilità di substrati per i

microrganismi all’interno del biofilm. Il progressivo ispessirsi della pellicola da una

parte influenza la diffusione dei substrati organici e dell’ossigeno dall’altra determina, in

funzione delle caratteristiche idrodinamiche del reattore, il parziale distacco delle

pellicole dai supporti, attraverso il fenomeno che viene solitamente indicato come

“distacco delle pellicole di spoglio”.

Fig. 2

In particolare questo accade per diversi motivi:

• predazione da parte di organismi quali protozoi o metazoi

• forze di taglio indotte dal flusso di acqua tangenziale al film, abrasione dovuta agli urti

reciproci cui sono sottoposti i supporti dove è presente la pellicola (nei processi a letto

mobile)

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Depurazione delle acque 152 Impianti MBBR

• distacco spontaneo o collassamento quando nelle zone profonde del biofilm si

realizzano condizioni limitanti di ossigeno e di substrati.

Tipologie dei reattori

I reattori MBBR possono essere realizzati con o senza ricircolo del fango dal

sedimentatore secondario. Nel caso non sia previsto il ricircolo, i reattori a

biomassa adesa si definiscono puri (solo biomassa adesa), mentre nel caso in cui i

fanghi vengano ricircolati si parla di reattori a biomassa adesa ibridi o a

biomassa mista (adesa + sospesa).

I reattori a letto mobile sono costituiti da vasche all’interno delle quali vengono

mantenuti in movimento elementi di supporto, che possono essere realizzati in diversi

materiali, e sui quali si sviluppa la pellicola biologica. Il movimento degli elementi è

garantito dal sistema di insufflazione di aria o da miscelatori meccanici; questo

garantisce la realizzazione di reattori a miscelazione completa, quindi si riduce la

presenza di zone idraulicamente morte e si sfrutta al massimo il volume disponibile.

Le principali caratteristiche dei reattori a letto mobile possono essere così riassunte:

operano in continuo e, grazie al loro elevato grado di vuoto, non sono

soggetti ad intasamento;

presentano limitate perdite di carico, in quanto non si ha la formazione di

percorsi preferenziali tra i supporti (come per esempio nei filtri

percolatori);

hanno una buona versatilità in fase di gestione: è possibile variare il tasso

di riempimento (sempre) e il rapporto di ricircolo dei fanghi (nei reattori

ibridi).

Elementi di supporto rigido

Sono in genere realizzati in plastica rigida, per esempio in HDPE o in polipropilene,

spesso di forma cilindrica cava con diametro e altezza attorno a 1÷2 cm, corrugati

all'esterno a protezione del biofilm dagli urti prodotti dall'agitazione nel reattore.

All'interno sono realizzate superfici di attecchimento aggiuntive, mediante lamelle o

crociere in posizione protetta e quindi più intensamente colonizzabili. La superficie

specifica è di 400÷600 m2/m3. I supporti vengono collocati alla rinfusa nelle vasche,

con tasso di riempimento del 30÷60%. L'effettiva superficie specifica, riferita all'intero

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Depurazione delle acque 153 Impianti MBBR

volume utile del reattore è quindi proporzionalmente ridotta (200÷350 m2/m3). La

densità dei supporti colonizzati va mantenuta molto prossima a quella dell'acqua (da cui

l'importanza dei materiali utilizzati) per contenere l'energia necessaria alla

miscelazione. In genere i supporti nudi risultano di poco più leggeri dell'acqua e quindi

galleggiano durante la fase di avviamento dell'impianto, fino a quando lo sviluppo dei

biofilm non produce un sufficiente appesantimento. Tale fase può protrarsi a lungo in

processi con bassi livelli di sintesi, quali la nitrificazione terziaria. Un esempio al

riguardo è riportato in Fig. 3. In tali casi è opportuno utilizzare additivi alla matrice

polimerica per assicurare densità al prodotto già pari a quella dell'acqua anche in

assenza di colonizzazione.

Fig. 3

Reattore a letto mobile per nitrificazione

terziaria in fase di avviamento. Si noti il

galleggiamento dei supporti connesso al

limitato sviluppo di biofilm (Impianto di

Bergamo).

Altri tipi di supporto

Sono disponibili anche supporti in materiali porosi (generalmente poliuretano espanso)

in cui la colonizzazione avviene sia sulla superficie esterna che nelle cavità interne. Essi

sono tuttavia spesso soggetti a fenomeni di intasamento per eccessivo accumulo di

biomassa nel corpo spugnoso con conseguenti difficoltà di penetrazione dei substrati e

dell'ossigeno. Si rendono quindi necessari periodici interventi, con estrazione dei

supporti ad energico trattamento meccanico di pulizia, mediante pressatura,

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Depurazione delle acque 154 Impianti MBBR

centrifugazione o passaggio attraverso pompe a vortice. Tali complicazioni gestionali ne

hanno fortemente limitato l'applicazione soprattutto in campo urbano. Questo tipo di

supporto non sarà qui ulteriormente preso in considerazione.

Trattenimento dei supporti

Può essere ottenuto mediante griglie collocate in corrispondenza della sezione di uscita

dal reattore che lasciano comunque defluire il refluo con in sospensione le pellicole di

spoglio. Possono essere costituite da elementi estraibili per consentire periodiche

operazioni di pulizia. Poiché la portata in uscita tende a far accumulare contro la griglia i

supporti le condizioni idrodinamiche del reattore devono assicurarne una continua

ripresa e una uniforme dispersione.

Sistemi di aerazione e di miscelazione

L'ossigenazione, se condotta con aria, viene preferenzialmente realizzata con sistemi a

bolle grossolane

(2 ÷ 4 mm) che comunque tendono a suddividersi lungo il percorso di risalita per i

continui urti con i supporti. L'impiego di sistemi a bolle fini va valutato con prudenza

per l'impossibilità di intervenire con operazioni di periodica pulizia dei diffusori, se non

procedendo ad un preliminare e oneroso asporto dei supporti. Un'alternativa al

riguardo può essere costituita dall'uso di rastrelli estraibili da sollevare a rotazione,

senza quindi dover interrompere l'aerazione della vasca. L'impiego di ossigeno puro può

essere conveniente nel caso di nitrificazione per mantenere rapporti O2 / TKN nei

reattori sufficientemente elevati ad evitare un’azione limitante dell'ossigeno sulle

cinetiche del metabolismo.

I processi brevettati sono numerosi e si differenziano principalmente per i corpi di

riempimento utilizzati che

variano nel materiale, per la forma, per la densità e per la superficie specifica (processi

Captor®, Linpor®, Flocor-RMP®, Natrix®, Kaldnes KMT®).

In Fig. 4 sono mostrate le fotografie di un tipo di supporto dove si apprezzano le

dimensioni e la forma particolare oltre che ad un ingrandimento che mostra la pellicola

cresciuta anche all’interno.

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Depurazione delle acque 155 Impianti MBBR

Fig. 4

Modalità di impiego e rendimento depurativo

Un pre-trattamento dei reflui è necessario per ridurre la presenza di solidi sospesi e i

conseguenti rischi di intasamento dei supporti. È in genere sufficiente una stacciatura

fine. La sedimentazione primaria, eventualmente coadiuvata da flocculanti, può

risultare opportuna per rimuovere parte del BOD5.

Le pellicole di spoglio nei sistemi puri, soprattutto se alimentati con forte carico

volumetrico, possono presentare cattiva sedimentabilità e richiedere quindi il dosaggio

di flocculanti in sedimentazione finale.

La possibilità di utilizzare bacini di conformazione non dissimile da quelle in uso nei

processi a biomassa sospesa, senza significative modifiche del profilo idraulico, consente

l'applicazione del processo per il potenziamento di impianti a fanghi attivi

sovraccaricati. Tale potenziamento può realizzarsi con processi ibridi, mediante

aggiunta di supporti e di griglie nei reattori di aerazione (o di denitrificazione) esistenti

e con mantenimento di una significativa presenza di biomassa sospesa. In alternativa

può prevedersi la completa trasformazione del processo, eliminando il ricircolo dei

fanghi biologici e realizzando quindi un processo MBBR puro.

I rendimenti depurativi, a parità di conformazione, sono analoghi a quelli dei processi a

fanghi attivi. La struttura dell’impianto è simile, salvo l’importante differenza costituita _________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

Depurazione delle acque 156 Impianti MBBR

dal minor ingombro dei sedimentatori finali che ne facilita notevolmente l’inserimento

ambientale.

Conclusioni

I vantaggi principali della tecnologia

MBBR sono:

facile impiego per l’upgrade di impianti

a fanghi attivi

sedimentazione primaria non

indispensabile, ma soprattutto

sedimentazione secondaria più facile

ingombro in pianta minore rispetto ad

un impianto a fanghi attivi normale

limitate perdite di carico.

Gli svantaggi sono rappresentati da:

maggiore quantità di aria a causa della

aerazione con bolle medio-grandi

controllo limitato del processo

costo dei supporti.

Nota finale

La tecnologia MBBR è ancora poco diffusa in Italia, mentre aumentano

velocissimamente le sue applicazioni soprattutto nel Nord Europa.

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Depurazione delle acque 157 Impianti MBBR

Trattamenti chimici delle acque reflue

I primi impianti usati nel trattamento delle acque di rifiuto, istallati in Francia

nella seconda metà del diciottesimo secolo, sono stati di tipo chimico. Gli impianti di

tipo biologico, ideati intorno al 1920, hanno sostituito progressivamente quelli di tipo

chimico perché meno costosi, con rendimenti generalmente migliori e una minore

produzione di fango di supero. Da qualche anno i primi sono tornati in auge a causa

della loro migliore adattabilità nel trattamento di liquami civili, nei quali sono presenti

anche scarichi industriali spesso tossici, della possibilità di associarli a trattamenti di

tipo fisico e della capacità di abbattere anche i composti del fosforo e dell’azoto.

In definitiva, l’associazione dei trattamenti chimici con quelli fisici consente di ottenere

un abbattimento degli inquinanti migliore di quello ottenibile con i soli trattamenti

biologici.

Condizioni operative nei trattamenti chimici

Per trattamento chimico delle acque reflue si intende sostanzialmente un trattamento

che provoca la coagulazione e flocculazione dei solidi colloidali non sedimentabili e in

parte anche dei solidi disciolti, contenuti nelle acque di rifiuto, realizzate mediante

l’azione di particolari sostanze. I liquami grezzi, dopo aver subito gli usuali trattamenti

preliminari, con esclusione della sedimentazione primaria, vengono addizionati e

rapidamente miscelati con i reattivi necessari, generalmente composti del ferro o

dell’alluminio, e quindi inviati a una vasca di flocculazione (o di maturazione) nella

quale si ha la formazione e l’accrescimento dei fiocchi che inviati poi al sedimentatore si

separeranno dalla fase liquida nel modo che ormai ben conosciamo (vedi schema a

blocchi di figura TT1).

Al recapitoLiquami grezzi

Essiccamento dei fanghi

Flocculazione Sedimentazione

Stabilizzazione del fango

Trattamento di finissaggio

Eventuale disinfezione

Cloro

Allo smaltimento fanghi

Reattivi chimici (Flocculanti)

Trattamenti preliminari

Miscelazione rapida

Figura TT1 – Schema generale del trattamento chimico delle acque reflue

Meccanismi di coagulazione-flocculazione

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Depurazione delle acque 158 Impianti a precipitazione chimica

Molte delle sostanze che si trovano nei liquami da depurare sono presenti in forma

colloidale e quindi non sedimentabile. L’aggiunta delle sostanze flocculanti destabilizza

la sospensione, interagendo con le cariche elettriche che si trovano sulla superficie delle

particelle, causandone la flocculazione. I microfiocchi che si formano nella fase iniziale

aumentano di volume e adsorbono altre sostanze in sospensione fino a formare fiocchi

di dimensioni e densità maggiori, ben visibili anche a occhio nudo, che sono facilmente

sedimentabili.

Il processo, nella sua forma fondamentale, è costituito dalle seguenti fasi, che si

susseguono nelle varie vasche:

• nella vasca di miscelazione rapida le acque da trattare vengono mescolate

energicamente con le sostanze flocculanti usando tempi di contatto generalmente

molto brevi, inferiori a 1 minuto, in modo da causare la destabilizzazione e la

coagulazione delle sostanze colloidali (coagulazione elettrocinetica).

• Nella vasca di flocculazione i fiocchi formatisi nella prima fase, in un tempo

nell’ordine dei 30 minuti, aumentano di volume e densità producendo materiale

facilmente sedimentabile (coagulazione ortocinetica).

• Nella vasca di sedimentazione si ottengono acque chiarificate (non contenenti solidi

sospesi) e parzialmente depurate (non contenenti sostanze colloidali e parte delle

sostanze disciolte inglobate nei fiocchi sedimentati).

• Eventuale correzione del pH ottenuta per carbonatazione (aggiunta di anidride

carbonica) delle acque. Durante questa fase è possibile eliminare anche gli ioni

magnesio e calcio rendendo le acque più dolci.

• Trattamenti di finissaggio. Questi trattamenti, generalmente di tipo fisico, vengono

attuati per migliorare ulteriormente la qualità delle acque trattate. Alcuni tipi di

trattamenti di rifinitura sono: filtrazione a sabbia, passaggio su letti di carboni

attivi ecc.

• Disinfezione. Questo trattamento viene eseguito quando si presume che nelle acque

da smaltire sia presente ancora una elevata carica batterica patogena.

Parallelamente alla linea di trattamento delle acque viene eseguita, come vedremo più

dettagliatamente in seguito, quella del trattamento fanghi nella fase di sedimentazione,

e formata da stabilizzazione, ispessimento, disidratazione e smaltimento

In alcuni tipi di impianto a trattamento chimico, allo scopo di migliorare la

sedimentabilità dei fanghi, viene effettuato il ricircolo di parte del materiale

sedimentato dalla vasca di sedimentazione a quella di flocculazione.

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Depurazione delle acque 159 Impianti a precipitazione chimica

È possibile costruire impianti di tipo compatto nei quali le fasi di miscelazione,

flocculazione e sedimentazione vengono eseguite nella stessa vasca (vedi figura TT2)

Ingresso reagenti

Zona miscelazione Zona flocculazione Zona sedimentazione

Uscita fanghi

Uscita acque depurate

Liquami dai trattamenti preliminari

Figura TT2 – Sistema compatto di trattamento chimico

Il rendimento depurativo relativo alla rimozione delle sostanze organiche risulta

inferiore a quello degli impianti con trattamento biologico secondario (fanghi attivi,

filtri percolatori o biodischi) perché, mentre la rimozione delle sostanze colloidali è

molto efficiente, la rimozione delle sostanze organiche solubili avviene solo in piccola

parte per adsorbimento. In definitiva il solo trattamento chimico consente di ottenere

rendimenti depurativi medi compresi fra quelli della sola sedimentazione e quelli del

trattamento biologico completo.

Ulteriori svantaggi rispetto ai trattamenti biologici sono:

alto costo dei reattivi chimici;

elevato volume dei fanghi di supero perché oltre ai solidi che vengono abbattuti ci

sono anche i reattivi chimici aggiunti;

necessità di effettuare un monitoraggio continuo della presenza di fattori tossici

che, contrariamente agli impianti biologici, non vengono rilevati durante il normale

funzionamento dell’impianto.

Al contrario i vantaggi degli impianti a trattamento chimico sono:

• diversamente dagli impianti a fanghi attivi che necessitano di lunghi tempi di

avviamento, quelli di tipo chimico sono a partenza immediata. Questa particolarità

risulta molto importante quando, in luoghi con popolazione fortemente variabile:

scuole, fabbriche, località turistiche ecc., si presenta la necessità di mettere in

funzione l’impianto di depurazione in tempi rapidi;

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Depurazione delle acque 160 Impianti a precipitazione chimica

• conduzione dell’impianto molto semplice e facilmente controllabile con sistemi

automatici;

• insensibilità agli effetti di eventuali sostanze tossiche. Gli impianti a depurazione

biologica possono venire completamente bloccati e richiedere in seguito tempi molto

lunghi per ripristinare le condizioni di funzionamento;

• possibilità di abbattimento contemporaneo del fosforo (vedi problema

dell’eutrofizzazione);

• insensibilità a improvvise variazioni di carico organico, fattore che al contrario

mette in crisi gli impianti di tipo biologico;

• facile regolazione del livello depurativo desiderato mediante variazione nel

dosaggio dei reagenti chimici;

• possibilità di trattare liquami con basso contenuto di carico organico;

• possibilità di eliminazione dei metalli pesanti e/o addolcimento delle acque, con

eliminazione del calcio e del magnesio, per trattamento con calce.

Reagenti chimici usati nella depurazione

Le sostanze che possono essere usate come reattivi nella depurazione chimica delle

acque reflue devono:

- possedere ioni con un’alta carica positiva per destabilizzare le sospensioni colloidali

che di solito possiedono carica negativa;

- avere un basso costo dal momento che vengono consumati in continuo;

- formare precipitati in forma fioccosa in modo da poter adsorbire le sostanze

colloidali e in sospensione contenute nelle acque reflue.

Come abbiamo già accennato l’azione di queste sostanze si esplica in due fasi: durante la

prima, fase di coagulazione, avviene la destabilizzazione dei colloidi e la loro unione

in modo da formare piccoli agglomerati, e in seguito, nella fase di flocculazione, gli

agglomerati si ingrandiscono unendosi insieme e adsorbendo altre particelle colloidali

fino a formare fiocchi ben sedimentabili.

Di seguito diamo una panoramica dei flocculanti più utilizzati.

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Depurazione delle acque 161 Impianti a precipitazione chimica

Solfato di alluminio, Al2(SO4)3

Commercializzato in forma solida formata da solfato di alluminio idrato o in soluzione

acquosa al 6 – 8%.

In soluzione acquosa, a pH compreso fra 5 e 7 (intervallo ottimale di lavoro), si forma

idrossido di alluminio Al(OH)3 in forma fioccosa. Se l’alcalinità della soluzione non è

sufficientemente alta si corregge il pH con calce [idrossido di calcio, Ca(OH)2]. Le

reazioni chimiche complete e bilanciate, la prima in assenza di calce e la seconda con

calce come coadiuvante di flocculazione, sono:

Al2(SO4)3 + 3Ca(HCO3)2 → 3CaSO4 + 2Al(OH)3↓ + 6CO2

Al2(SO4)3 + 3Ca(OH)2 → 3CaSO4 + 2Al(OH)3↓

Miscele di solfato ferrico, Fe3(SO4)2 e cloruro ferrico, FeCl3

In soluzione acquosa, a pH compreso fra 6 e 11,5 (valore ottimale 8) produce idrossido

ferrico [Fe(OH)3↓ ] in forma di fiocchi compatti e grossi.

Questa caratteristica, unita all’ampio intervallo di pH utilizzabile e al basso costo del

prodotto rende questo composto uno dei più utilizzati nel trattamento delle acque.

Viene normalmente commercializzato in soluzione acquosa e, quando l’alcalinità

dell’acqua è troppo bassa, viene usato insieme alla calce.

Policloruro di alluminio (PAC), [Aln(OH)mCl3n-m]

Viene usato come coagulante-flocculante. La sua azione coagulante è poco influenzata

dal pH e si esplica nell’intervallo di pH compreso fra 5 e 10. La sua azione coagulante

non richiede l’azione dell’alcalinità dell’acqua. Complessivamente viene considerato

migliore del cloruro ferrico.

Solfato ferroso, FeSO4

In soluzione acquosa forma idrossido ferroso [Fe(OH)2] che viene ossidato a idrossido

ferrico per azione dell’ossigeno disciolto.

L’intervallo ottimale di lavoro è compreso fra pH = 8,5 e 11. In presenza di fosfati si ha

coprecipitazione [Fe(OH)3↓ e Fe(PO4)↓], può essere perciò usato come agente

defosfatante nei processi a fanghi attivi.

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Depurazione delle acque 162 Impianti a precipitazione chimica

bicarbonato dell’acqua precipita e agisce da flocculante

Dosaggio dei flocculanti

Il dosaggio di questi reattivi è tale da avere in soluzione una concentrazione dello ione

metallico, Men+ , compresa fra 10 e 40 mg/l.

Idrossido di calcio (calce), Ca(OH)2

È possibile realizzare la flocculazione anche solamente con calce usando un pH di

lavoro compreso fra 11 e 11,5. L’uso di questo reagente, al pH indicato, consente anche la

precipitazione del fosfato di calcio, quella del carbonato di calcio e dell’idrato di

magnesio realizzando così anche l’addolcimento dell’acqua. Questo ultimo aspetto può

risultare molto utile nel caso di riuso a scopo industriale dell’acqua depurata.

Polielettroliti

Si tratta di polimeri ottenuti sia modificando opportunamente prodotti naturali quali

alginati e amidi, sia attraverso la polimerizzazione artificiale di particolari monomeri.

Attualmente i polielettroliti di origine sintetica sono preferiti rispetto a quelli di origine

naturale perché costano meno e hanno una struttura e quindi proprietà più facilmente

controllabili. In base alle proprietà elettriche questi polimeri si dividono in:

• non ionici – non hanno cariche elettriche. Esempio:

la poliacrilammide (coadiuvante nella coagulazione e nella filtrazione)

• cationici – possiedono cariche elettriche positive. Esempi:

il polialchil-dimetilammonio cloruro (coagulante primario, rimozione di torbidità e

colore, condizionamento dei fanghi)

le poliammine quaternarie (coagulanti primarie, rimozione di torbidità e colore)

• anionici – possiedono cariche elettriche negative. Esempio:

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Depurazione delle acque 163 Impianti a precipitazione chimica

la poliacrilammide parzialmente idrolizzata (coadiuvante nella coagulazione, nella

filtrazione e nel condizionamento dei fanghi)

I polielettroliti come flocculanti sono molto più efficaci rispetto ai cationi metallici e

anche molto più costosi; il loro dosaggio è dell’ordine di 1,0÷2,5 mg/l.

Correzione del pH

Quando le acque vengono trattate con calce il pH risultante è elevato (compreso fra

10 e 11,5) e incompatibile con la qualità richiesta per gli effluenti finali (non si può certo

sversare in un qualsiasi recapito un’acqua così basica!). Per abbassare il valore del pH si

attua la ricarbonatazione mediante anidride carbonica, prodotto abbastanza

economico, in modo da ottenere il risultato desiderato senza causare un elevato

aumento della concentrazione salina (effetto che si avrebbe se l’acidificazione fosse

eseguita con un acido minerale forte).

Negli impianti di grandi dimensioni la ricarbonatazione viene eseguita in due stadi:

prima il pH viene portato fino a 9,3 ottenendo la precipitazione del carbonato di calcio,

che può essere allontanato, poi si prosegue nell’aggiunta di anidride carbonica fino a

portare il pH intorno alla neutralità.

La seconda fase di carbonatazione risulta particolarmente importante quando le acque

devono essere sottoposte a ulteriori trattamenti che richiedono un valore ben definito

del pH oppure per evitare la possibile formazione di incrostazioni di carbonati di calcio

sia all’interno delle tubazioni che sulla superficie del materiale filtrante quando vengono

eseguite anche operazioni di filtrazione.

L’operazione di ricarbonatazione si esegue prelevando l’anidride carbonica da bombole

opportunamente collegate all’impianto oppure usando i fumi di combustione del

metano.

A conclusione di questa disamina sui principali reattivi di flocculazione è opportuno

evidenziare che è molto difficile fornire a priori previsioni attendibili sul tipo di reagente

più adatto, sulle quantità necessarie e sul punto di immissione più opportuno del ciclo

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Depurazione delle acque 164 Impianti a precipitazione chimica

operativo, e che solo accurate prove di laboratorio e su impianto pilota possono fornire,

di volta in volta, orientamenti veramente sicuri.

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Depurazione delle acque 165 Impianti a precipitazione chimica

Fanghi di supero e rendimenti depurativi

Negli impianti con trattamento chimico la quantità di fango prodotta è maggiore di

quella ottenuta con gli impianti a fanghi attivi. Questo è dovuto sia alle caratteristiche

particolari del fango, difficilmente concentrabile per ispessimento, sia alla quantità di

sostanze flocculanti aggiunte. Un ultimo motivo infine è l’assenza di metabolismo

batterico, che al contrario di quanto accade negli impianti biologici, non può contribuire

alla riduzione della quantità di fango di supero.

Per quanto concerne i rendimenti depurativi si ottiene un buon abbattimento dei solidi

sedimentabili e colloidali mentre la rimozione del BOD solubile non supera

generalmente il 25% e questo, aggiunto alla rimozione del BOD associato alle sostanze

sedimentabili, porta a un abbattimento globale del BOD che varia fra il 60 e il 75%.

In alcuni impianti pilota tuttavia, usando alti valori della concentrazione di cloruro

ferrico o mediante flocculazione con calce a pH = 11,5, è stato possibile abbattere

complessivamente il BOD iniziale fino all’80%.

La riduzione dei solidi sospesi varia dal 95 al 98% e quella del fosforo dal 90 al 98%. La

riduzione della carica batterica e virale, in genere, è simile a quella ottenibile con gli

impianti a fanghi attivi, mentre quando si usa calce a un pH pari a 11,5 si ottiene una

vera e propria disinfezione con un abbattimento batterico quasi del 100%. Gli impianti

chimici consentono anche una rimozione di oli e grassi in quantità superiore a quella

ottenibile con impianti a fanghi attivi poiché le sostanze flocculanti riescono a rompere

le emulsioni consentendo alle sostanze grasse di separarsi per gravità. L’eliminazione

degli oli e dei grassi viene spesso effettuata durante la fase di sedimentazione.

Schemi di impianto

Come per gli impianti a fanghi attivi e a filtri percolatori, anche nei trattamenti chimici è

possibile realizzare impianti con sequenze diverse.

Nella figura TT3 è riportato lo schema relativo alla figura TT1.

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Depurazione delle acque 166 Impianti a precipitazione chimica

Fango mineralizzatoEssiccamento fango

Smaltimento fanghi

Grigliatura

Desabbiatura

Serbatoio reattivi chimici

Pompa dosatrice

Miscelatore

Coagulazione

Flocculazione

Sedimentatore

FiltrazioneCarboni attivi

Serbatoio ipoclorito

MiscelatoreRic

iclo

fa

ngo

Fango di supero

Uscita biogas

Surnatante

Uscita sostanze oleose

Acque depurate allo smaltimento

Figura TT3 – Schema di trattamento chimico.

Nel trattamento di reflui industriali vengono spesso associati il trattamento chimico e

quello biologico in modo da sfruttare il basso costo di gestione del secondo e lasciare al

primo la funzione o di sgrossatura, in questo caso si inserisce il trattamento chimico

prima di quello biologico, o la funzione di affinamento finale mettendo prima il

trattamento biologico e poi quello chimico.

Il trattamento chimico può essere sfruttato anche per la sua capacità di abbattere il

fosforo e evitare così che le acque smaltite possano provocare fenomeni di

eutrofizzazione.

Esistono anche sistemi compatti, formati da una sola vasca, nei quali si realizzano tutte

le fasi di coagulazione, flocculazione e sedimentazione (vedi figura TT2).

Nello schema a blocchi di figura TT4 è riportato un impianto misto chimico/biologico

con l’impianto chimico posto a monte di quello biologico.

Miscelazione, flocculazione e sedimentazione Fanghi attivi Sedimentazione

Eventuale by-pass

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Depurazione delle acque 167 Impianti a precipitazione chimica

Trattamenti preliminari

StabilizzazioneDisidratazione e smaltimento

Figura TT4 – Trattamento chimico a monte del trattamento a fanghi attivi

Lo stesso schema disegnato usando, quando possibile, i simbolo UNICHIM è riportato

in figura TT5.

Grigliatura

Desabbiatura

Serbatoio reattivi chimici

Pompa dosatrice

Fango di supero

Digestore anaerobico

Separatore fango digerito

Fango mineralizzatoEssiccamento fango

Smaltimento fanghi

Uscita biogas

Vasca a fanghi attiviSedimentatore

Uscita sostanze oleose

Flocculazione e sedimentazione chimica

Fanghi secondariRic

iclo

fa

ngo

Uscita acque depurateSurnatante

Figura TT5 – Associazione fra trattamento chimico e trattamento biologico

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Depurazione delle acque 168 Impianti a precipitazione chimica

Accenni alla depurazione

di acque reflue industriali

La normativa (DL 152/2006) definisce così le acque reflue industriali:

“.....qualsiasi tipo di acque reflue provenienti da edifici od installazioni in cui si

svolgono attività commerciali o di produzione di beni, differenti qualitativamente

dalle acque reflue domestiche e da quelle meteoriche di dilavamento, intendendosi per

tali anche quelle venute in contatto con sostanze o materiali, anche inquinanti, non

connessi con le attività esercitate nello stabilimento”.

Mentre questa definizione, per quanto riguarda “ le attività commerciali”, non sembra

essere molto rigorosa (che tipo di acque reflue producono, per esempio, i ristoranti?) è

assodato al contrario che tutte le attività “di produzione di beni” appartengono a questa

categoria.

In questa scheda prenderemo in considerazione proprio le acque reflue che provengono

da alcune delle principali “attività di produzione di beni” (botteghe artigiane e industrie

vere e proprie).

Industrie alimentari e delle fermentazioni

Caratteristiche comuni degli effluenti:

-­‐ alti valori del BOD5 e dei solidi sospesi

-­‐ rapporto dei nutrienti non sempre ottimale per il metabolismo batterico (potenziale

causa di bulking)

-­‐ assenza di metalli pesanti e di altri inquinanti inorganici

Tipi di depurazione: meccanica, biologica

Possibili conformazioni degli impianti:

A)più impianti in serie (F.P. + F.A. e anche F.P. + F.P.)

B)impianto sgrossatore (per esempio F.A. ad alto carico oppure F.P. in materiale plastico)

e sversamento nella fognatura civile per la successiva depurazione in impianto

consortile

C)digestione anaerobica del liquame (per produzione biogas) seguita da impianto di

affinamento (soprattutto F.A.)

In particolare per i seguenti settori industriali sono ampiamente usate le seguenti

modalità:

• industrie conserviere (frutta, verdure, ecc.) → A) e C)_________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

Depurazione delle acque 169 Acque industriali

• fabbriche di birra e distillerie → A) , B) e C)

•zuccherifici → essicazione della componente

più carica e C)

•caseifici e centrali del latte → A) e C)

•mattatoi, salumifici e fabbriche di carne in scatola. → B) e C)

•oleifici → fertirrigazione e C)

Industrie della carta e dell’abbigliamento

Caratteristiche comuni degli effluenti:

-­‐ alto valore del BOD5

-­‐ forte presenza di sostanze chimiche inorganiche, a volte anche tossiche, dovute ai

processi lavorativi

Tipi di depurazione: biologica, chimica-biologica, chimica e chimica-fisica

Possibili conformazioni degli impianti:

A)impianti a F.A. e/o F.P.

B)più impianti in serie (precipitazione chimica + depurazione biologica)

C)impianto a precipitazione chimica e sversamento nella fognatura civile

D)digestione anaerobica del liquame (per produzione biogas) seguita da impianto di

affinamento (soprattutto F.A.)

In particolare per i seguenti settori industriali sono ampiamente usate le seguenti

modalità:

• industrie cartarie → A) , B) e D)

•concerie → B) [eliminazione del cromo per precipitazione + F.A.] e

C)

• industria tessile e tintorie → A) , B) e C)

Industrie metallurgiche e minerarie

Caratteristiche comuni degli effluenti:

-­‐ assenza o basso valore di BOD5

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Depurazione delle acque 170 Acque industriali

-­‐ forte presenza di sostanze chimiche inorganiche, disciolte e sospese, spesso tossiche e

comunque molto nocive se sversate nei normali recapiti.

Tipi di depurazione: meccanica, chimica e chimica-fisica.

Industrie galvaniche

Gli effluenti delle industrie galvaniche sono tra i più nocivi che si conoscano, sia per le

loro caratteristiche chimiche (possono contenere sostanze estremamente tossiche e non

biodegradabili), sia per la notevole diffusione degli impianti, spesso anche a livello

artigianale, sul territorio.

Per questo motivo il caso viene trattato in modo più esteso.

Questo tipo di industrie effettuano lavorazioni di galvanostegia e di galvanoplastica. La

galvanostegia è l'insieme delle tecniche di rivestimento di superfici metalliche con altri

metalli o leghe (dorature, cromature, nichelature,ecc,) mentre la galvanoplastica

comprende le tecniche di rivestimento con metalli di superfici non metalliche (plastica,

tessuti, ecc.). La galvanostegia, per esempio, è un processo elettrochimico che si effettua

in un bagno galvanico sfruttando il passaggio di una corrente continua a basso

voltaggio. L'oggetto funge da catodo e su di esso si ha la riduzione del metallo

“pregiato”, mentre come anodo si utilizza una lamina dello stesso metallo che,

ovviamente, si ossida. Il bagno galvanico è una soluzione di un sale del metallo pregiato

di cui si vuol formare il rivestimento.

In generale si possono identificare due tipologie di scarichi:

♦scarichi periodici e discontinui di reflui concentrati (da bagni esausti, bonifica e pulizia

vasche);

♦scarichi continui provenienti dai lavaggi successivi ai diversi trattamenti galvanici.

Per una migliore resa di depurazione, le due tipologie di reflui vanno stoccate e trattate

separatamente. Dal momento che la tecnologia impiantistica è definita in base a

composizione e portata della torbida, e che tale tecnologia è tanto più efficace quanto

più tali parametri restano costanti, è opportuno che i bagni concentrati vengano smaltiti

come rifiuti liquidi, attraverso ditte autorizzate. In subordine, tali bagni concentrati

possono essere immessi in una vasca di raccolta distinta da svuotare lentamente nel

depuratore, in modo da garantire l'indispensabile diluizione e la costanza nel tempo

delle concentrazioni.

Gli effluenti di una fabbrica galvanica si possono raggruppare nelle seguenti categorie:

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Depurazione delle acque 171 Acque industriali

Acque alcaline: provenienti dai lavaggi successivi alle operazioni di sgrassatura,

pulitura elettrolitica, elettrodeposizione da bagni alcalini. Possono contenere

cianuri, rame, zinco, cadmio, carbonati, idrati, nitrati, silicati, fosfati alcalini, agenti

tensioattivi, sostanze grasse.

Rientrano quindi in questa categorie anche le acque cianidriche, il cui trattamento

va però effettuato in maniera mirata.

Acque acide: provenienti dai lavaggi successivi alle operazioni di decapaggio,

passivazione, ossidazione anodica, elettrodeposizione da bagni acidi. Possono

contenere rame, zinco, nichel, ferro, stagno, piombo, acidi solforico, nitrico,

cloridrico, prodotti di natura organica (splendogeni, antipuntinanti, brillantanti,

ecc.).

Acque cromiche: provenienti alle operazioni successive alla fase di cromatura e

passivazione. Contengono acido cromico e solforico.

Acque di varia provenienza: provenienti da lavorazioni ausiliarie (es. smerigliatura,

verniciatura finale). Possono contenere solidi sospesi, detergenti inorganici alcalini,

tensioattivi, solventi di varia natura.

Acque non contaminate: provenienti da operazioni di raffreddamento o altro.

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Depurazione delle acque 172 Acque industriali

I trattamenti di depurazione

La depurazione dei reflui da galvanica si attua mediante un impianto di tipo chimico-

fisico con fasi depurative così sintetizzabili:

1.trattamenti di ossido-riduzione (svelenamento di cianuri e cromati);

2.neutralizzazione, formazione di idrossidi metallici e decantazione;

3.filtrazioni finali.

La depurazione viene oggi realizzata con il metodo continuo detto anche "in acque

correnti", perché il dosaggio dei reagenti, la miscelazione ed il controllo analitico

avvengono appunto in acque correnti.

La depurazione classica dei reflui da galvanica si attua secondo uno dei due seguenti

schemi a blocchi:

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

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Depurazione delle acque 173 Acque industriali

2.

ossidazione riduzione

miscelazione e neutralizzazione

chiariflocculazione e sedimentazione

acque acide ed alcaline

acque cromicheacque cianidriche

1.

ossidazione riduzione

neutralizzazione

chiariflocculazione e sedimentazione

acque alcaline e cianidriche

acque acide e cromiche

1. Trattamenti di ossido-riduzione (“svelenamento” di cianuri e cromati)

a)Acque cianidriche

Ossidazione classica per aggiunta di ipoclorito di sodio

CN- + Cl2 → CNCl + Cl-

CNCl + 2 OH- → CNO- + Cl- + H2O

Lo ione cianato (CNO-) che si forma è molto meno tossico del cianuro (CN-) e subisce

una rapida ossidazione nel corpo d'acqua ricevente.

b)Acque cromiche

1° fase: riduzione del cromo per aggiunta di bisolfito di sodio o anidride

solforosa

2H2CrVIO4 + 3SO2 → CrIII2(SO4)3 + 2H2O

2° fase: neutralizzazione e precipitazione dell'idrossido di cromo per aggiunta di soda

(pH=10.5 – 11)

Cr3+ + 3OH- → Cr(OH)3↓

Anche rame, zinco e cadmio precipitano come idrossidi insolubili, gli oli ed i grassi

vengono adsorbiti nei fiocchi di idrossido.

2. Neutralizzazione, formazione di idrossidi metallici e decantazione

a)Neutralizzazione e coagulazione

La neutralizzazione delle acque acide ed alcaline, comprese quelle già pretrattate

mediante i metodi sopra descritti, porta alla formazione di idrossidi fioccosi di zinco,

cadmio, rame. Tali idrossidi sono pressoché insolubili ed hanno la facoltà di inglobare e

precipitare sostanze colloidali ed altri solidi sospesi. Se il reagente neutralizzante

utilizzato è la calce si ha anche la rimozione dell'acido fosforico. Il processo può essere

ottimizzato mediante l'aggiunta di coagulanti primari e/o polielettroliti.

b)Decantazione

In un normale sedimentatore, ma più spesso in sedimentatore a letto di fango.

3. Filtrazioni finali

Con filtro a sabbia: si utilizza per trattenere eventuali solidi sospesi insolubili. La portata

di filtrato è decrescente nel tempo a causa del progressivo intasamento del letto

filtrante, vanno dunque fatti frequenti controlavaggo in relazione comunque al tempo

ed al volume di acqua filtrata.

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Depurazione delle acque 174 Acque industriali

Con filtro a carboni attivi: si utilizza per trattenere le sostanze organiche, ed in primo

luogo i tensioattivi. E' sempre opportuno che tale filtro venga posto a valle di un filtro a

sabbia al fine di prevenire l’occlusione dei pori e di ridurre al minimo le perdite di carico

causate dai solidi in sospensione.

Con filtro a resine a scambio ionico: garantisce una buona depurazione, eliminando il

rischio di utilizzo di reagenti in eccesso. Si attua per la rimozione di ioni indesiderati in

soluzione, specie di eventuali ioni metallici.

4. Regolazione finale del pH

Serve per portare il pH finale intorno ad un valore prossimo a 7, dal momento che la

fase precedente è stata condotta a pH alcalino. Si effettua mediante l'aggiunta di un

acido, solitamente acido solforico. Questa fase, data la sua delicatezza, va accuratamente

monitorata tanto che sarebbe consigliabile l’installazione di un misuratore in continuo

del pH nella vasca in questione, con i dati rilevati sempre a disposizione dell’organo di

controllo.

Trattamento dei fanghi

Durante la depurazione delle acque reflue di uno stabilimento galvanico si formano

ingenti quantità di fanghi voluminosi, con scarse caratteristiche di disidratabilità e ad

alto contenuto di sostanze tossiche (specie metalli pesanti). Essi vanno disidratati con

nastropressa o filtropressa, al fine di diminuirne volume e peso, e quindi stoccati fino al

ritiro da parte di ditta autorizzata. Lo stoccaggio deve avvenire in contenitori

impermeabili, al coperto o in una zona cementata dotata di cordoli di contenimento e

delle pendenze opportune a far convergere al depuratore le eventuali acque meteoriche

di dilavamento e le acque percolate dai fanghi stessi.

Acciaierie e trafilerie

In questo tipo di industrie, solitamente di grandi dimensioni, le acque reflue prodotte

sono di diverse tipologie a seconda della lavorazione di provenienza. Anche, e forse

soprattutto per motivi economici, i vari sistemi di depurazione, generalmente di tipo

chimico, tendono al recupero per un loro reimpiego nell’impianto sia degli inquinanti

che dell’acqua stessa.

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Depurazione delle acque 175 Acque industriali

Di seguito uno schema generale dell’origine e dei trattamenti delle più importanti

tipologie di acque reflue prima dello scarico in acque pubbliche:

Origine Contenuto Trattamenti per rendere possibile

lo scarico in fognaturaSpurgo circuito di

raffreddamento

alto tenore di

sostanze sospese e

disciolte

rimozione sostanze sospese per

precipitazione chimica

Effluenti oleosi di varia

natura

oli liberi e in

emulsione

a.acidificazione

b.separazione oli

c.neutralizzazione

d.chiarificazioneAcque di lavaggio acide

(decapaggio)

acidi, sali e sostanze

sospese

neutralizzazione e chiarificazione

Operazioni di cokeria e

lavorazioni sottoprodotti

fenoli, tiocianati,

ammoniaca

ossidazione biologica e

chiarificazione

Industrie petrolifere e petrolchimiche

Caratteristiche degli effluenti:

-­‐ alti valori del BOD5 (soprattutto oli, idrocarburi e fenoli) e dei solidi sospesi

-­‐ presenza di NH3 e H2S

In generale l’impianto di depurazione si articola in una successione di trattamenti che si

possono suddividere in: meccanici, biologici e chimico-fisici.

I trattamenti meccanici (grigliatura, sedimentazione, flottazione, centrifugazione,

filtrazione) rimuovono le sostanze in sospensione e i materiali galleggianti (oli, grassi,

schiume); particolare importanza hanno i separatori per gravità acqua/olio. Per

aumentare l’efficacia della disoleazione possono essere previsti trattamenti aggiuntivi

quali la filtrazione e, soprattutto, la flottazione con aria disciolta in presenza di agenti

chimici flocculanti.

I trattamenti biologici sono quasi sempre a F.A. (mediante ceppi batterici selezionati

per il metabolismo di idrocarburi). L’impianto è munito anche dei trattamenti per

l’eliminazione dell’azoto (generalmente mediante predenitrificazione).

I trattamenti chimico - fisici sono generalmente a base di carbone attivo granulare.

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Depurazione delle acque 176 Acque industriali

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Depurazione delle acque 177 Acque industriali

La rimozione dei nutrienti (AZOTO e FOSFORO)

e accenni ai trattamenti terziari

La sola rimozione del BOD, cioè della parte carboniosa delle sostanze biodegradabili,

può non essere sufficiente a ottenere acque reflue che possano essere smaltite nei

recettori naturali senza problemi. Quando il recettore finale è costituito da un bacino

idrico con scarso ricambio, quindi particolarmente sensibile al fenomeno

dell’eutrofizzazione, allora diventa importante eliminare anche i composti del fosforo

e dell’azoto.

In teoria, per eliminare il pericolo di eutrofizzazione, potrebbe essere sufficiente

eliminare il solo fosforo, infatti . secondo la “legge del fattore minimo” o “legge di

Liebig” è sufficiente eliminare una delle sostanze che costituiscono la catena nutritiva

affinché si interrompa o almeno venga fortemente limitato il fenomeno. Tuttavia, lo

smaltimento in corpi idrici che fungono anche da fonti di approvvigionamento per le

acque destinate all’uso civile, deve prevedere anche l’abbattimento dei composti

azotati, in particolar modo dell’ammoniaca, perché sono tossici, sono difficilmente

eliminabili nelle fasi di potabilizzazione e perché possono reagire con il cloro, usato

spesso nella fase di disinfezione delle acque per uso potabile, formando cloramine

tossiche e di odore e sapore sgradevoli. Hanno inoltre un effetto tossico per i pesci e

altri organismi superiori e consumano l’ossigeno disciolto nell’acqua, infatti

l’ammoniaca può essere ossidata a ione nitrito o a ione nitrato ad opera di batteri

consumando, in questa reazione, l’ossigeno contenuto nell’acqua.

È importante però considerare che i composti del fosforo e dell’azoto sono

indispensabili perché sono componenti fondamentali delle cellule viventi e risultano

pertanto necessari per un buon funzionamento dei processi biologici di depurazione

nei quali avviene un continuo aumento della popolazione batterica.

Si deve infine considerare che nelle acque reflue sono sempre più spesso presenti

scarichi di origine industriale, talvolta in concentrazioni tanto elevate da renderle

inadatte ai trattamenti biologici e che sempre più spesso risulta necessario spingere la

depurazione fino al punto di ottenere acque reflue riutilizzabili, almeno a livello

industriale. Questi fatti hanno spinto i progettisti a ideare trattamenti sempre più

spinti e completi.

Depurazione delle acque 178 Rimozione dei nutrienti

Rimozione dei composti dell’azoto

La maggior parte dell’azoto è presente nelle acque reflue in forma ammoniacale

essendo prodotto, già durante la permanenza in fognatura prima dell’arrivo

all’impianto, dall’ossidazione biologica delle proteine e dell’urea (ammonificazione)

secondo lo schema seguente:

ad esempio per un amminoacido

e per l’urea

Nelle acque reflue che arrivano all’impianto di depurazione il contenuto di azoto in

forma ammoniacale equivale a circa il 60-65% dell’azoto totale, quello organico

(ammine, ammidi,....) a circa il 35% e solo a circa il 5% quello ossidato (nitriti e

nitrati).

La produzione di ammoniaca ammonta a 10-20 gr/ab.eq.· gg con una conseguente

concentrazione di 50-100 mg/litro.

L’azoto può essere eliminato dalle acque reflue per via biologica, chimica e chimico

fisica.

Eliminazione dell’azoto per via biologica

È il metodo più comunemente usato e consiste nel far trasformare dai batteri tutto

l’azoto ridotto (ammoniacale e organico) nella forma ossidata (nitrificazione) e quindi

trasformare i nitrati, sempre per via biologica, in azoto elementare [gassoso]

(denitrificazione).

La nitrificazione

L’ammoniaca presente nei liquami può essere ossidata ad opera di due gruppi di

batteri autotrofi aerobici prima a nitriti e poi a nitrati. La prima ossidazione è

dovuta a un gruppo di batteri del tipo nitrosomonas secondo la reazione:

Depurazione delle acque 179 Rimozione dei nutrienti

La seconda consiste invece nell’ossidazione dei nitriti a nitrati ad opera di un gruppo

di batteri del tipo nitrobacter secondo la reazione:

La reazione complessiva è allora:

Dalla reazione totale di ossidazione è agevole calcolare l’ossigeno consumato per

mole di ammoniaca e quindi per grammo. Questo consumo totale di ossigeno è pari a

4,57 grammi per ogni grammo di azoto (ammoniacale).

Nella vasca di ossidazione–nitrificazione il consumo di ossigeno non avviene con

continuità ma per stadi successivi: prima si ha l’ossidazione dello scheletro

carbonioso e successivamente, in tempi più brevi quanto più alta è la temperatura, si

ha l’ossidazione dell’azoto ammoniacale (NOD).

Il ritardo con il quale avviene l’ossidazione dei composti azotati è dovuto al basso

tasso di crescita dei batteri nitrificanti. Per raggiungere una concentrazione di batteri

nitrificanti adeguata alla reazione di nitrificazione occorre lavorare con bassi valori

del fattore di carico organico, e conseguenti alti valori dell’età del fango (mediamente

fra 10 e 20 giorni) in modo da evitare che vengano eliminati, con il fango di supero,

più batteri di quanti vengono generati nello stesso intervallo di tempo.

Da tutto ciò si deduce che gli impianti a fanghi attivi ad aerazione prolungata e a

basso carico e gli impianti a filtri percolatori a basso carico sono i soli in grado di

garantire una nitrificazione spinta dell’effluente. Il grafico di fig.1 mostra con

chiarezza questo concetto: è infatti evidente che per valori di Fc>0,5 il grado di

nitrificazione cala rapidamente a valori molto bassi.

Depurazione delle acque 180 Rimozione dei nutrienti

Oltre a questo, a differenza dei batteri che metabolizzano la frazione carboniosa, i

batteri nitrificanti hanno bisogno di una concentrazione di ossigeno in vasca molto

maggiore; per garantire una corretta nitrificazione è necessario infatti che la

concentrazione dell’ossigeno disciolto sia almeno 2,5 – 3,0 ppm, mentre per la

frazione carboniosa sono sufficienti 1,5 – 2,0 ppm.

Negli impianti a fanghi attivi dunque nel calcolo del fabbisogno di ossigeno in

presenza di nitrificazione si deve tener conto anche della quantità di ossigeno

necessaria all’ossidazione dell’ammoniaca a nitrato.

La relazione del fabbisogno diventa allora:

dove i primi due termini si riferiscono alla frazione carboniosa , mentre il terzo

all’azoto e mN-amm indica appunto la quantità di azoto ammoniacale che viene

ossidato.

Per la determinazione di mN-amm bisogna conoscere:

−il carico idraulico

−la concentrazione di ammoniaca nell’acqua reflua

−il grado di nitrificazione.

Infatti:

mtot-NH3 = [NH3]·Qi massa totale di ammoniaca in arrivoDepurazione delle acque 181 Rimozione dei nutrienti

fig.1

Determinazione sperimentale del grado di nitrificazione in funzione del fattore di carico organico (Fc) a 17°C e 23°C

mN-amm= (14/17)·(%nitr/100)·[NH3]·Qi massa di ammoniaca ossidata espressa

come

azoto

dove la %nitr si trova dal grafico in funzione di Fc dell’impianto.

Per acque reflue di tipo civile il fabbisogno di ossigeno per la frazione azotata è circa il

30% del totale e quindi assolutamente da considerare per il dimensionamento del

sistema di aerazione.

Esercizio 1 sulla nitrificazione

In un impianto a fanghi attivi che lavora a 20 °C si vuole trattare anche l’azoto. I dati

in ingresso sono:

Qi=12000 m3/gg

[NH3]=85 mg/l

Fc=0,4 kgBOD5/kgSSMA·gg

Trova il fabbisogno di ossigeno per l’ossidazione dell’azoto.

Dal grafico di %nitr=f(Fc) troviamo che ad un Fc=0,4 corrisponde (a 20 °C)

all’incirca un grado di nitrificazione percentuale del 92-93%; prendiamo 92,5 e con

questo dato calcoliamo mN-amm:

mN-amm = (14/17) (%nitr/100)·[NH3]·Qi=0.824·(92,5/100)·85 mg/l·12000 m3/gg=

0.824·0,925·0,085 kgNH3/m3·12000 m3/gg=777 kgN-NH3/gg

Per calcolare l’ossigeno basta moltiplicare per 4,57 grO2/grN-NH3:

Esercizio 2 sulla nitrificazione

Depurazione delle acque 182 Rimozione dei nutrienti

A un impianto a nitrificazione combinata arriva un carico di 600 kg/giorno di azoto

ammoniacale che deve essere ridotto dell’80%. Determinare l’età del fango

ammissibile nell’ipotesi che per ogni grammo di azoto rimosso si producano 0,08 g di

batteri nitrificanti e che questi rappresentino il 4% della biomassa secca e infine che

nella vasca siano presenti 18000 kg di biomassa totale.

Perché non si verifichi il fenomeno del dilavamento è necessario che la quantità di

batteri nitrificanti uscenti dalla vasca sia al massimo uguale a quella dei batteri

prodotti.

Calcoliamo allora la quantità di batteri prodotti

La quantità di azoto rimosso deve essere l’80% di quella che arriva all’impianto:

Azoto che deve essere rimosso = 600 kg(N)/giorno·0,8 = 480 kg(N)/giorno

La quantità di batteri nitrificanti prodotti è allora:

Batteri nitrificanti prodotti = 480 kg(N)/giorno · 0,08 Kg(batteri)/kg(N)= 38,4

kg(batteri)/giorno

Poiché questi sono anche la quantità dei batteri uscenti e questi ultimi costituiscono il

4% della biomassa uscente si può calcolare il valore di questa biomassa ( FU ):

Conoscendo la biomassa totale contenuta nella vasca ( BIOMASSATOTALE ) si può

calcolare il tempo di detenzione che è poi l’età del fango:

Depurazione delle acque 183 Rimozione dei nutrienti

La denitrificazione

Per eliminare in maniera definitiva l’azoto che è stato trasformato in nitrato occorre

eseguire la sua riduzione, sempre per via biologica, ad azoto elementare che può

essere allontanato facilmente dall’acqua come gas.

In questo senso i nitrati possono essere considerati perciò come una fonte di ossigeno

che si può rendere disponibile quando la concentrazione di ossigeno disciolto diventi

molto bassa.

Il rilascio di ossigeno da parte dello ione nitrato avviene secondo la reazione:

Le sostanze che si ossidano, quelle cioè capaci di fornire carbonio organico, possono

essere le stesse sostanze biodegradabili contenute nelle acque da depurare oppure

possono essere altre, di facile ossidabilità, come ad esempio il metanolo, che vengono

aggiunte alla miscela nitrificata in modo da far avvenire la seguente reazione:

Nella pratica quindi si devono perciò far eseguire ai microrganismi due operazioni:

1 – trasformazione dell’azoto ammoniacale in azoto nitrico (nitrificazione);

2 - trasformazione dell’azoto nitrico in azoto elementare gassoso (denitrificazione).

Da un punto di vista operativo queste operazioni si possono eseguire seguendo

diversi schemi, tra i quali i più importanti sono:

1° schema - (PREDENITRIFICAZIONE )

Questa procedura prevede di eseguire la denitrificazione sui liquami che devono

ancora essere ossidati nella vasca di aerazione provvedendo comunque a riciclare

parte dei fanghi e delle acque in uscita dalla fase di ossidazione-nitrificazione.

Le fasi operative sono la seguenti:

• i liquami grezzi vengono inviati a una vasca di predenitrificazione anossica perchè

priva di sistema di aerazione. I batteri denitrificanti vengono forniti grazie al riciclo

di parte dei fanghi presenti nel sedimentatore secondario mentre l’azoto nitrico da

Depurazione delle acque 184 Rimozione dei nutrienti

b a t t e r i denitrificatori

ridurre viene invece fornito riciclando parte dei liquami uscenti dalla fase di

ossidazione-nitrificazione (vedi fig.2)

• dopo aver subito la denitrificazione i liquami passano alla vasca di aerazione dove

subiscono la nitrificazione dell’ammoniaca non ancora ossidata. Da lì una parte di

questi liquami viene riciclata alla vasca di denitrificazione mentre il resto viene

inviata alla sedimentazione secondaria. I fanghi prodotti nel sedimentatore

vengono in parte riciclati alla vasca di ossidazione-nitrificazione mentre quelli di

supero vanno ai trattamenti successivi.

Ossidazione e Nitrificazione

Denitrificazione

Riciclo acque nitrificate

Riciclo fango

Fango di supero

Ingresso liquami

Acque depurate

Fig. 2 – Schema con predenitrificazione

È evidente che questo sistema non consente di effettuare una denitrificazione

completa, infatti la parte non ricircolata dopo la vasca di ossidazione-nitrificazione

contiene azoto nitrico che prima entra nel sedimentatore secondario e quindi esce

dall’impianto. Questa frazione di azoto nitrico non denitrificata dipende dall’entità

del ricircolo: più grande è il ricircolo rispetto alla portata che viene lasciata passare

minore sarà la quantità di nitrati non ridotti ad azoto elementare.

2° schema - (POSTDENITRIFICAZIONE )

Questo schema operativo prevede che la denitrificazione venga eseguita dopo la fase

di ossidazione-nitrificazione usando come materiale organico, ossidabile dai nitrati,

parte dei liquami in ingresso all’impianto. Lo schema è costituito dalle seguenti fasi:

• i liquami grezzi, dopo le fasi preliminari, arrivano alla vasca di aerazione

(ossidazione e nitrificazione).

Depurazione delle acque 185 Rimozione dei nutrienti

• le acque in uscita dalla vasca di ossidazione vengono inviate alla vasca di

denitrificazione insieme a una parte dei liquami che arrivano dai trattamenti

preliminari.

• per evitare che i liquami, carichi di azoto gassoso, possano causare, nel

sedimentatore secondario, fenomeni di rising (risalita del sedimentato a causa di

azoto gassoso e uscita di acque non limpide) si esegue un trattamento di stripping

con aria dei liquami prima di inviarli al sedimentatore secondario.

• infine i liquami proseguono verso il sedimentatore secondario secondo lo schema

usuale. (vedi fig.3)

Ossidazione e

Stripping dell'azoto

Denitrificazione

al trattamento fanghi

Fig.3 – Impianto con postdenitrificazione

Contrariamente alla predenitrificazione questo schema assicura una completa

denitrificazione, ma non una completa ossidazione, infatti la parte di acqua reflua che

dal sedimentatore primario viene mandata direttamente nella vasca di

denitrificazione per fornire “cibo fresco” ai batteri denitrificatori senza passare dalla

vasca di ox-nitr può contenere ancora BOD5 non metabolizzato (dai batteri

denitrificatori).

Una variante della postdenitrificazione che evita quest’ultimo inconveniente è

mostrata nello schema a blocchi che segue:

Depurazione delle acque 186 Rimozione dei nutrienti

CH3OH

Sed  IIOx-­‐Nitr Sed  II Den Strippingai  tra2amen4  successivi

al  tra2amento  fanghi

L’alcool metilico (CH3OH) viene aggiunto dall’esterno (cibo esogeno) dal momento

che alla vasca di denitrificazione non arriva più né BOD disciolto né solidi sospesi

volatili (perché eliminati dal sedimentatore secondario); questa variante è molto

dispendiosa sia per l’aggiunta in continuo di metanolo che per la necessità di due

sedimentatori secondari.

3° schema – (PREDENITRIFICAZIONE + POSTDENITRIFICAZIONE)

Come già detto i due schemi esaminati presentano delle evidenti limitazioni: il primo

non riesce a eseguire una denitrificazione completa, mentre il secondo non consente

una completa ossidazione. Per superare queste limitazioni si può eseguire sia una

predenitrificazione che una postdenitrificazione (vedi fig.4).

Ossidazione e Nitrificazione

Stripping dell'azoto

Post Denitrificazione

Pre Denitrificazione

Fig.4 – Sistema di denitrificazione misto

Depurazione delle acque 187 Rimozione dei nutrienti

Eliminazione dell’ammoniaca per via chimica (reazione con cloro)

L’eliminazione dell’azoto ammoniacale si può eseguire sulle acque reflue, prima del

loro sversamento, mediante trattamento con cloro. L’ammoniaca reagisce con l’acido

ipocloroso, che si forma quando si solubilizza il cloro in acqua, formando azoto e

acido cloridrico:

L’andamento della reazione non è influenzato dalla temperatura o dalla presenza di

fattori tossici che hanno invece una forte influenza sul processo di denitrificazione

biologica. Poiché si libera acido cloridrico è necessario aggiungere Ca(OH)2 oppure

NaOH in modo da riportare il pH a valori accettabili.

Gli inconvenienti di questo sistema sono:

• costo dovuto all’alto consumo di cloro

• necessità di eseguire la declorazione prima dello smaltimento finale delle acque

depurate.

Eliminazione dell’azoto con metodi fisici

Un metodo di tipo fisico per eliminare l’ammoniaca dalle acque consiste

nell’alcalinizzazione della miscela con calce fino a pH 11 – 11,5 seguito dallo

stripping con aria dell’ammoniaca gassosa che si forma, in un’apposita torre

di degasazione (vedi fig.5).

L’alcalinizzazione è necessaria per spostare l’equilibrio

verso destra. Al termine della degassazione è necessario abbassare il pH mediante

ricarbonatazione (si insuffla, come abbiamo già visto, anidride carbonica).

Depurazione delle acque 188 Rimozione dei nutrienti

Depurazione delle acque 189 Rimozione dei nutrienti

Rimozione del fosforo

La rimozione del fosforo dalle acque di scarico viene attuata essenzialmente

attraverso processi di precipitazione chimica usando gli stessi agenti flocculanti che si

usano nel trattamento chimico dei liquami: sali ferrici, sali di alluminio e calce.

Per l’alluminio e la calce, per esempio, le reazioni coinvolte sono:

e

Il fosforo organico e i polifosfati vengono abbattuti soprattutto per effetto di

adsorbimento.

Gli schemi di processo usati sono tre:

• trattamenti eseguiti sul liquame grezzo

• trattamento dell’effluente finale di impianti di tipo biologico (postprecipitazione)

• trattamenti eseguiti contemporaneamente a quelli di tipo biologico

(coprecipitazione)

Trattamenti sul liquame grezzo

Rientrano in questo tipo operativo gli impianti con trattamento chimico dei liquami.

La flocculazione che porta all’abbattimento dei solidi sedimentabili e a quello parziale

del BOD disciolto causa anche la rimozione, con alte rese (generalmente > 90%), dei

composti del fosforo.

Postprecipitazione

La rimozione del fosforo eseguita sulle acque in uscita dal sedimentatore secondario

può essere considerata un vero e proprio trattamento terziario dal momento che:

• ha un rendimento, relativo alla rimozione del fosforo, superiore al 95%.

• l’azione flocculante causa anche una efficace rimozione dei solidi sospesi,

eventualmente sfuggiti alla sedimentazione secondaria, producendo acque

altamente chiarificate. Sotto questo aspetto può essere considerato un trattamento

terziario di affinamento delle acque depurate.

Depurazione delle acque 190 Rimozione dei nutrienti

• la precipitazione eseguita in questa fase ha lasciato il tempo affinché tutto il fosforo

presente, anche quello organico, si sia trasformato in ione ortofosfato.

• i reattivi usati in questa fase non interferiscono con l’azione dei batteri nitrificanti

durante il trattamento di nitrificazione-denitrificazione.

Questo trattamento ha tuttavia lo svantaggio di richiedere apparecchiature e vasche

aggiuntive e risulta pertanto più costoso.

Coprecipitazione

La precipitazione del fosforo viene indotta nella stessa vasca di ossidazione. Uno

schema di questo tipo è riportato in fig.6. Lo schema mostrato utilizza un filtro a

sabbia per il trattamento di denitrificazione.

I liquami, dopo un trattamento di triturazione arrivano alla vasca di aerazione nella

quale vengono dosati anche i reattivi necessari alla rimozione del fosforo. A questa

vasca vengono inviati oltre ai fanghi di ricircolo anche le acque di lavaggio del filtro a

sabbia usato nella denitrificazione.

Le acque in uscita dal sedimentatore vengono inviate a un filtro a sabbia nel quale i

lavaggi in controcorrente vengono eseguiti a intervalli di tempo molto lunghi. In

questo modo sulle particelle di sabbia si sviluppano i batteri denitrificatori utili alla

rimozione dell’azoto nitrico. Come sostanza facilmente ossidabile (“cibo per i

batteri”) viene usato metanolo opportunamente dosato.

Il trattamento dei fanghi viene condotto per ossidazione aerobica mentre le acque in

uscita vengono disinfettate con cloro.

Filtro a sabbia(denitrificatore)

Serbatoio metanolo Serbatoio cloro

Acqua per il lavaggio del filtro

Flocculanti per la rimozione del fosforo

Ai trattamenti successivi

Compressore

Vasca ox-nitr

Dig. aerobico

Trituratore

Depurazione delle acque 191 Rimozione dei nutrienti

Fig.6 – Sistema con coprecipitazione

Trattamenti di tipo chimico-fisico

Il solo trattamento chimico o l’associazione trattamento chimico e trattamento

biologico,sono generalmente sufficienti a produrre acque che possono essere sversate

nei normali recapiti, ma non a produrre acque reflue a elevato grado di purezza, cioè

acque nelle quali l’abbattimento dei fattori inquinanti sia quasi totale.

Alcune sostanze, presenti in quantità minime (microinquinanti), come, insetticidi,

pesticidi, metalli pesanti, sostanze tossiche di vario tipo, non biodegradabili, non

vengono eliminate ad opera dei trattamenti chimici e/o biologici.

Quando le acque reflue “depurate” devono essere riciclate per uso industriale o civile

(acque potabili) diventa necessario completare il trattamento con processi di tipo

fisico e chimico-fisico come la filtrazione e il trattamento con carboni attivi.

I carboni attivi sono formati da particelle di carbonio porose che possiedono

un’altissima superficie specifica (compresa fra 700 e 1500 m2/gr). Questa enorme

superficie di contatto permette l’istaurarsi di forze di attrazione superficiale, del tipo

di Van der Walls, capaci di catturare e legare (adsorbire) le molecole dei

microinquinanti e le particelle colloidali contenute nell’acqua attuando in questo

modo una efficacissima di rimozione degli inquinanti rimasti.

Il carbone attivo può essere usato in forma di polvere, che viene aggiunta alle acque,

in uscita da un trattamento chimico, lasciata agire per tempi varianti da 15 a 40

minuti e quindi eliminata per filtrazione. Le acque che si ottengono da questo

trattamento sono generalmente limpide, prive di colore e di odori.

La pulizia del filtro si esegue per lavaggio in controcorrente e le acque risultanti

vengono inviate al trattamento chimico iniziale (vedi fig.7)

Depurazione delle acque 192 Rimozione dei nutrienti

acque depurate

vasca di accumulo

Lavaggio filtro in

Fanghi al trattamento finale

Carbone attivo

Filtro

Vasca di flocculazione e sedimentazione

Reattivi chimici

acque dai trattamenti preliminari

Fig.7 – Trattamento chimico associato con quello a carbone attivo

In alternativa al trattamento chimico dei liquami, da eseguire prima di quello con

carboni attivi, si può effettuare un trattamento biologico. Con la depurazione di tipo

biologico l’aggiunta del carbone attivo può essere fatta prima o dopo il trattamento.

In genere si preferisce aggiungere il carbone attivo prima perché in questo modo

vengono assorbiti alcuni microinquinanti, che hanno un effetto inibitore sull’attività

batterica, rendendo l’ossidazione biologica più efficace (vedi fig.8).

Nei due sistemi esaminati sopra il carbone attivo in forma di polvere viene aggiunto

alle acque da trattare e al termine si ritrova nei fanghi in uscita dal sedimentatore.

Questo procedimento rende impossibile il recupero e la rigenerazione del carbone

attivo usato aumentando così i costi di gestione dell’impianto (è importante

sottolineare che il carbone attivo ha un costo abbastanza elevato).

A causa dei costi elevati che i trattamenti descritti sopra comportano, questi schemi

operativi sono applicabili solo in particolari condizioni nelle quali, a causa di eventi

particolari, l’impianto si deve adattare a carichi particolarmente elevati.

Depurazione delle acque 193 Rimozione dei nutrienti

Carbone attivo

Fig.8 – Trattamento combinato biologico e carbone attivo.

Per avere consumi e costi inferiori si usano colonne in cui il carbone attivo si trova in

forma granulare e quindi non viene trascinato con le acque trattate. Quando l’attività

della colonna si esaurisce è possibile rigenerarla per trattamento termico, lavandola

in controcorrente con vapore ad alta temperatura e in assenza di aria in modo da

favorire il “deadsorbimento” delle sostanze che erano state assorbite.

Il processo di filtrazione e di lavaggio avviene utilizzando due colonne che lavorano in

parallelo alternando il loro ciclo (quando una lavora l’altra si pulisce e viceversa).

Nello schema a blocchi della fig.9 è riportato un trattamento completo.

Trattamenti preliminari

Trattamento chimicoFlocculanti

Sedimentazione

Stabilizzazione fango

Stripping ammoniaca

Ricarbonatazione

Sedimentazione

Filtrazione

Carboni attivi

Acqua depurata

Aria

Anidride carbonica

Cloro

Essiccamento

Depurazione delle acque 194 Rimozione dei nutrienti

Fig.9 – Schema a blocchi di un trattamento completo

Il trattamento completo è costituito dalle seguenti fasi (Fig.10):

• trattamento chimico eseguito con flocculante e calce. In questa fase si ha anche

l’eliminazione del fosforo in forma di fosfato di calcio e di alluminio e

l’alcalinizzazione delle acque che consentono la trasformazione dello ione

ammonio in ammoniaca. In questa fase si ha anche la sedimentazione.

• stripping dell’ammoniaca. L’ammoniaca liberata nella prima fase viene eliminata

mediante stripping con aria.

• ricarbonatazione. Questa operazione è necessaria per abbassare il pH delle acque.

Durante questa fase si ha la precipitazione di carbonati e bicarbonati.

• filtrazione. Dopo una ulteriore fase di sedimentazione le acque vengono filtrate

per eliminare tutte le sostanze in sospensione.

• trattamento con carboni attivi. È il trattamento di rifinitura che consente la

depurazione finale.

• disinfezione. Per ridurre, se necessario, la carica batterica.

Serbatoio reattivi chimici

CO2

Serbatoio cloro

Trattamento chimico

Stripping di NH3

Filtro a sabbia Filtro a carbone attivo

Digestore aerobico Letto di essiccamento

Vasca di carico

Vasca di clorazione

Fig.10 – Trattamento completo.

Nella tabella che segue sono riportati i valori dei parametri relativi alla depurazione

di un liquame medio dopo trattamento depurativo tradizionale (primario +

secondario) e dopo ulteriore trattamento chimico-fisico (terziario):

Depurazione delle acque 195 Rimozione dei nutrienti

Rendimenti depurativi a confronto

ParametroValore

iniziale

Trattamento

primario + secondario

Trattamento

primario + secondario

Con trattamento

chimico-fisico

(trattamento terziario)

Con trattamento

chimico-fisico

(trattamento terziario)ParametroValore

inizialeValore

finale

Rendimento

depurativo

Valore

finale

Rendimento

depurativoBOD5 (mg/l) 300 30 90% 0,7 99,8%COD (mg/l) 480 40 91% 10 97,9%Solidi sospesi (mg/l) 230 26 89% 0 100%Detersivi (mg/l) 7 2 71% 0,1 98,6%Fosforo (mg/l) 12 6 50% 0,1 99,2%Indice colimetrico

(MPN/100 ml)5·107 > 106 98% < 2 ~ 100%

Depurazione delle acque 196 Rimozione dei nutrienti