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Collevalenza

28 aprile – 1 maggio 2006

Chi ha dato al dolore dell’uomo il suo carattere sovrumano, oggetto di rispetto, di cura, e di culto, è Cristo paziente, il grande fratello

di ogni povero, di ogni sofferente. V’è di più: Cristo non mostra soltanto la dignità del dolore; Cristo lancia una vocazione al dolore.

Questa voce, figli e fratelli, è fra le più misteriose e le più benefiche che abbiano attraversato

il quadro della vita umana.

Mons. Luigi Novarese

Gesù chiama il dolore ad uscire dalla sua disperata inutilità e a diventare, se unito al suo,

fonte positiva di bene, fonte non solo delle

più sublimi virtù che vanno dalla pazienza

all’eroismo e alla sapienza, ma altresì alla capacità

espiatrice, redentrice, beatificante propria

della Croce di Cristo” (Paolo VI,

27 marzo 1964)

Mons. Luigi Novarese

Il segreto di questa trasformazione di valori, che da una negatività assoluta acquista valori insondabili,

sta nell’unire la propria sofferenza a quella di Gesù,

vivendo con Lui in grazia.

come insondabile nella Sua carità infinita è il Cuore di Gesù Cristo,

Vivendo con Lui si diventa

tralci uniti alla vite;tralci che,

necessariamente producono

i frutti della pianta, a cui sono

intimamente uniti (cfr Gv 15,5).

Mons. Luigi Novarese

“Ricordi ognuno di noi questa ineffabile possibilità. Le nostre sofferenze diventano buone,

diventano preziose. Nel cristiano si inizia un’arte strana

e stupenda: quella di “saper soffrire”, quella di far servire il proprio dolore

alla propria ed alla altrui redenzione”.

Giunio Tinarelli

(Servo di Dio)

Angiolino Bonetta

(Servo di Dio)

Angela Negri Anna Fulgida Bartolacelli

Fausto Gei

Cristiano Pavan

Margherita Quaranta

Mario Capone

Giunio Tinarelli

(Servo di Dio)

La sera del 26 maggio 1938, Giunio – che cammina ormai trascinandosi faticosamente e procede piano piano – arrivato sul Ponte Romano, a 200 metri dalla casa di Lina, vede che la ragazza sta uscendo con la sorella. La ragazza gli passa accanto e fa finta di non riconoscerlo.

E’ la fine: una coltellata al cuore per il giovane infermo

Giunio Tinarelli

Giunio ne soffre profondamente

ma ha la forza di saper scorgere

anche in questo abbandono

la misteriosa

volontà del Signore.

Giunio Tinarelli

Il bel giovanotto comincia a incurvarsi come un vecchietto,

a camminare con estremo sforzo, non ce la fa più a stare dritto

«Il dottore disse che le cure che si potevano fare non erano molte

e così pure la speranza di riabilitazione perché sembrava leso il midollo spinale»

Giunio Tinarelli

Una crisi di pianto disperato gli scoppia nel petto, una ribellione cieca lo porta alla rivoltacontro tutto e contro tutti

Quante volte aveva chiesto al Signore

di poter usare liberamente almeno le braccia e invece … anche queste sono bloccate

Giunio Tinarelli

INTERROGATIVI DI FRONTE AL DOLORE

«Vede, don Peppino, come il Signore mi ha voluto umiliare? Che cosa ho fatto di male?

Perché non mi ha lasciato le braccia libere, almeno per farmi le mie pulizie intime

senza dipendere dagli altri?»

Giunio Tinarelli

LA SPERANZA CERTADopo il primo momento di smarrimento Giunio mette a frutto i semi di bene

della sua giovinezza – si abbandona completamente alla volontà di Dio: «Nella volontà del Signore è la mia gioia e la mia pace»

Giunio Tinarelli

Il suo “Si” di pieno abbandono alla volontà del Signore

trasforma la vita di Giunio che, a poco a poco, ritrova il gusto di una preghiera continua,

fiduciosa e trasformante e fa rinascere in lui il bisogno del nutrimento spirituale.

La devozione alla Madonna è il suo conforto più grande

Giunio Tinarelli

«Per me la migliore ricchezza è la sofferenza,

la quale mi permette di tanto in tanto di depositare

nella Banca del Signore parte delle mie sofferenze con la speranza di poterle

prelevare quando il Signore mi chiamerà per la vita eterna»

Giunio Tinarelli

Angiolino Bonetta

(Servo di Dio)

Finite le elementari, si apre un capitolo nuovo nella vita di Angiolino. Sono le pagine completamente sconosciute del dolore. Tempo di prova, tempo di

mistero, tempo di grazia.

Angiolino Bonetta

Una sofferenza martellante al ginocchio destro, un gonfiore sospetto e certe fitte acute di dolore in forma intermittente …

Angiolino Bonetta

Angiolino avverte ben presto che

la prova delle lacrime è anche un’occasione

di purificazione, di intercessione,

di redenzione.

Angiolino Bonetta

L’INVOCAZIONE DI ANGIOLINO NEL MOMENTO

DEL DOLORE

«Signore, ti ho offerto tutto

per i poveri peccatori;

ma ora…aiutami! Aiutami!».

Angiolino Bonetta

Angiolino Bonetta

risponde sorridendo: «Me l’han mangiata i topi!»

Nei primi giorni,dopo l’amputazione della gamba

e la dimissione dall’ospedale,ad Angiolino non mancano

la paura di esporsi, né le umiliazioni e i groppi sullo stomaco.

Ma presto prende confidenza con le stampelle…

a chi gli chiede mestamente cosa gli è successo,

indicando il moncone della gamba

Nella preghiera, nell’amore alla Madonna, nel calore dell’Eucaristia, Angiolino trova la forza per continuare a sorridere, a fare del bene, ad irradiare gioia e speranza.

Angiolino Bonetta

Angiolino sente il sorriso della Madonna soprattutto nelle ore di dolore,

nei momenti di solitudine. Sono le occasioni in cui la recita del Rosario

gli riaccende il cuore e gli riporta la gioia di sempre.

Angiolino Bonetta

Angela Negri

«Vedevo la sofferenza come un limite,

come un ostacolo, un impedimento alla vita, alla gioia. Sentivo la mia vita inutile, vuota».

Angela Negri

Angela Negri

«L’incontro con la madre Chiesa, con il Suo messaggio, il suo programma di Lourdes e di Fatima e con i realizzatori di questo programma e la mia adesione al Centro Volontari della Sofferenza trasformarono completamente la mia vita».

Angela Negri

«Prima di conoscere e amare il Maestroio sono stata una povera ragazzina infelice, terribilmente infelice. Io conoscevo che sapore amaro ha il dolore quando non se ne comprende il valore e il senso».

Angela Negri

DILANIATA TRA IL LEGAME D’AFFETTO PER LA PROPRIA FAMIGLIA

E LA CHIAMATA ALLA VITA RELIGIOSA«Con il corpo sono a Roma, ma solo con il corpo; l’anima è a Re!

Ho vergogna di tutto ciò, ho vergogna del mio amore e vorrei nasconderlo ma non posso».

Angela Negri

Angela si sforza di mostrarsi sempre allegra,anche quando non le mancano le sofferenze interiori; sofferenze che nascono anche dai suoi scoraggiamenti e dai suoi difetti non sempre facilmente superabili.

Con umiltà lei lo riconosce. Di fronte alle frequenti debolezze e miserie della vita comunitaria esprime ripetutamente la sua ripugnanza e ribellione per le stupidaggini di cui è circondata la vita delle suore

Angela Negri

Non mancano momenti di crisi e di inquietudine.

Soprattutto a causa della pesante responsabilità e dello scoraggiamento che nasce dalle sue pretese limitazioni

e dal suo impedimento nel camminare

Angela Negri

Preferisco morire lavorando per l’Opera della Madonna che vivere in pace senza nessun fastidio fuori di essa»

«La tentazione di cedere le armi e abbandonare

il mio campo di battaglia mi tormenta sempre.

Ma cerco di combatterla e ignorarla.

Angela Negri

«Ho imparato e imparo ogni giorno che la vera gioia scaturisce dalla sofferenza

o, meglio, dall’amore che accetta di soffrire per potersi

donare totalmente. Ogni dono d’amore richiede

un sacrificio e ogni sacrificio fatto per amore

porta gioia».

Angela Negri

«La Madonna è il mio unico rifugio, la soluzione di tutti i miei problemi, di tutte le mie crisi e in fondo penso che anche se non so far nulla, se non so amare, se non so soffrire, se non so capire neanche me stessa»

Angela Negri

UNA SPERANZA CERTA«La Croce è solo un passaggio;

la gioia è una dimora»

Anna Fulgida Bartolacelli

«Le mie ossa erano come di vetro e si fratturavano

ad ogni piccolo movimento, riattaccandosi poi spontaneamente.

Cominciò anche per me un duro Calvario;

si può immaginare quanta sofferenza procuravano

queste fratture in un essere così vivace come ero io»

Anna Fulgida Bartolacelli

e l’apporto che ciascuno di noi, anche se sofferente o invalido o impedito, anche se isolato dagli altri e dal mondo, anche se è immobile fisicamente nei suoi movimenti e scarsamente adatto ad un lavoro proficuo economicamente, può dare alla realizzazione del bene comune.

Durante gli esercizi spirituali a Re, Anna dice:«Man mano che passavano i giorni e meditavo

sulle parole che mi venivano dette capivo sempre più e sempre meglio

il valore della sofferenza sul piano spirituale e soprannaturale

Anna Fulgida Bartolacelli

Per la prima volta in vita mia, nonostante le sofferenze e i disagi di

una vita intera vissuta nella più avvilente condizione di invalidità, mi

sentivo veramente felice e realizzata».

Anna Fulgida Bartolacelli

Fausto Gei

Fausto Gei

«Ecco mamma. Questo è il libretto universitario;l’Università mi ha chiuso le porte.

Ho la sclerosi a placche! E’ una malattia letale. Non so quanto durerò!»

Lui, ammalato, sofferente, bisognoso di tutto e di tutti percepisce con chiarezza,ai piedi dell’Immacolata davanti alla Grotta di Massabielle,

la sua singolare vocazione: essere consolatore dei fratelli nel dolore. «Ciò che non posso fare come medico, lo farò come ammalato!»

Fausto Gei

Fausto Gei

«Benché la sofferenza molte volte mi voglia schiacciare con il suo peso, non voglio essere un vinto e desidero che il mio spirito trionfi sempre»

Credo di aver trovato il segreto della felicità.

Nonostante la limitazione fisica che mi affligge sono sempre sereno

perché sono sempre contento di tutto.

Fausto Gei

Non mancano anche a Fausto momenti di defaillance e giornate di scoraggiamento.

Anche in famiglia: l’ambiente nel quale l’ipersensibilità dei malati è più facilmente sottoposta

al duro logoramento della routine.

Fausto Gei

«Molte volte mi lascio colpire da uno stato di avvilimento,

perché mi sento molto solo».

Fausto Gei

«Non dobbiamo scoraggiarci nei momenti di abbattimento perché tali stati negativi non persistono a lungo.

Se riusciremo ad offrire alla Vergine anche questi momenti tanto dolorosi, quella sarà la migliore risposta

alle sue richieste presentate a Lourdes e a Fatima».

Fausto Gei

«Non amo la sofferenza, ma l’accetto volentieri

perché vedo in essa l’attuazione

della volontà di Dio. Soffrire è il più intimo

incontro con Cristo e la piena partecipazione

al suo amore».

«Accettate la malattia come un mezzo di salvezza. Non abbandonatevi a inutili lamentele.

Un’offerta fatta a Dio, per essere completa, deve essere generosa

e senza rimpianti».

Fausto Gei

Cristiano Pavan

Cristiano Pavan

Nonostante tutto l’amore, la tenerezza e la premurosa assistenza con le quali Cristiano è assistito, il suo cuore è dilaniato dall’asprezza della provae nulla vale a fargli ritornare sulle labbra le risate scoppiettanti dell’infanzia perduta.

Cristiano Pavan

Cristiano, dopo ripetute e prolungate giornate di sofferenza per un martellante mal di testa e per la paralisi diventata ormai irreversibile,continua a dibattersi Penosamente tra disperazione e speranza. Sono gli anni difficili della croce, e cadono proprio all’inizio dell’età ingrata dell’adolescenza.

Cristiano Pavan

La riscoperta della fede lo rende avido della parola di Dio, gli ridona serenità interiore, Gli fa gustare “il sapore di Cristo” attraversala preghiera.

Specialmente attraverso quella prolungata e dolce preghiera

della corona del Rosario che è tipica degli ammalati:

perché sembra fatta apposta per cullare le lunghe notti insonni

dei sofferenti, per spalancare, anche davanti agli occhi

dei ciechi, la raffigurazione vivente dei “misteri” di Cristo,

per ritmare momenti di distensione e di pace nei cuori più afflitti,

Cristiano Pavan

per far sentire, nella propria,la mano di una Mamma del Cielo che non abbandona mai.

«Ringrazio la Mamma che, anche nei momenti più oscuri, mi ha fatto sentire la sua dolce presenza. Quanto è buona!»

Cristiano Pavan

Margherita Quaranta

Margherita Quaranta

Il dramma della malattia sconvolge la giovinezza di Margherita e della famiglia. Si tratta di una malattia reale, grave, dolorosa, martirizzante anche se inafferrabile nelle sue radici e talvolta strana nelle sue manifestazioni

Margherita Quaranta

«Vivo talvolta momenti difficili: la natura insorge ribelle, la giovinezza reclama i suoi diritti,il mondo sembra attraente,

la salute appare allora un bene prezioso, indispensabile.Soprattutto mi fa paura e suscita ribellione questo lento peggiorare, questo morire ogni giorno un poco, senza neppure sapere il perché»

Margherita Quaranta

Dopo le prime settimane di interna ribellione Margherita compie quella grande scelta che, nonostante tante lacrime e qualche ritorno di fiamma circa la misteriosità dei suoi mali, manterrà per tutta la vita: bisogna gettarsi tra le braccia dell’Amore.

Margherita Quaranta

Margherita vive terribili momenti di notte dello spirito soprattutto a causa degli scrupoli.

Una delle inquietudini interiori che maggiormente fanno soffrire Margherita è il timore di fingere di essere ammalata, appunto

perché i medici non riescono a definire chiaramente in lei alcuna malattia organica di gravità eccezionale.

Margherita Quaranta

«Soffro per la malattia, soffro per le rinunce, la solitudine, l’inattività che il male mi impone e tuttavia non posso dirmi infelice, anche se non sento gioia,

perché non cambierei nulla della mia vita in quanto son certa, per me, che il meglio sta nel fare la volontà di Dio.

Non so trovare paroleper esprimere il mio desiderio di abbandono e di amore».

Margherita Quaranta

Sostegno primario, nel suo cammino misto di lacrime e angosce, di passione ecclesiale

e di apostolato tra i sofferenti, di straordinaria capacità

di comprendere e generosità nel donare,

è la forza che scaturisce in lei dall’Eucaristia, il grande amore

della sua vita.

Margherita Quaranta

I dubbi che l’hanno tormentata durante tutta la vita, si fanno vivi con prepotenza. Sofferenze terribili, causate da una osteoporosi diffusa in tutto il corpo; soffriva per il dover dipendere dagli altri in ogni più piccolo movimento e necessità: non riusciva più a fare niente da sola.

Margherita Quaranta

«Dio è amore. Ad ogni si dell’uomo, corrisponde una nuova pazzia di Dio. Dio è chino sempre, su ciascuno di noi, su di me in particolare.

Margherita Quaranta

L’essere stata chiamata a compatire, patire con Lui, vuol certo dire

che mi prepara una gloria meravigliosa in Cielo».

Mario Capone

Anche la malattia più nera è sempre una vocazione del Cielo. Mario – già per natura tanto riflessivo, delicato e intimista, nel decennio del suo Calvario di malattia coglie in pieno la profonda verità delle parole pronunciate da Giovanni Paolo II agli ammalati:

Mario Capone

«la vostra sofferenza presente non è inutile e tantomeno assurda.

Questa vostra misteriosa vocazione alla sofferenza è una vocazione all’amore»

Mario Capone

Mario Capone

Da persona colta, intelligente,

interiormente libera sente la “fatica”

del voto di obbedienza, ma vi aderisce

per amore di Dio

e della Comunità…

«E’ nel profondo del nostro Io

che nasce il Si della nostra vocazione.

Col Si esprimiamo tutta la nostra persona,

cosciente, libera e responsabile

nei confronti di Dio.Ciascuno di noi

ha una propria originalità: non siamo fatti in serie…io non ho paura: amo!»

Mario Capone

Collevalenza

28 aprile – 1 maggio 2006