Post on 12-Oct-2020
Capitolo 1
Adelisa non aveva mai fatto storie per dormire. Mai fino a
quando non successe quel fatto.
Il paese era immerso nel sonno e l’orologio della piazza aveva
già suonato da un pezzo la mezzanotte, quando il pavimento di legno
della sua stanza fu percorso da passetti incerti, accompagnati da un
debole squit, squit, squit…
Squitttt!!!
La bambina si svegliò, aprì gli occhi. Ai piedi del letto, alla fioca
luce della notte che filtrava dalla finestra, Adelisa vide due occhi tondi
che la fissavano. Pensò a Magò, la gatta dei vicini che spesso si
intrufolava in casa loro, e accese la lampada sul comodino.
Non era Magò.
Si mise a sedere sul letto e si stropicciò gli occhi: il topo restava
a guardarla, con le zampe anteriori sollevate e i baffi ritti sul naso in
movimento. Assomigliava al criceto di Martina, la sua compagna di
banco, pensò Adelisa.
«Perché hai acceso la luce… Stai male?» chiese sbadigliando la
mamma, mentre la porta della cameretta si spalancava.
Ma la piccola non ebbe modo di rispondere; l’urlo agghiacciante
della signora Ombretta la fece balzare in piedi sul letto, mentre il topo
saettava come impazzito attraverso la stanza: «Aiuuuutoooo!
Aaaaaldo, aiuuutooooo!».
Pubblicazione ad uso esclusivo di persone con difficoltà specifiche di apprendimento ai sensi dell'art.71 bis D.L. 9/4/2003 n.68
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Il topo sembrava nel panico più totale, passò tra le gambe della
mamma e si scontrò col piede in arrivo di papà Aldo, per imbucarsi tra
la cucina e il salotto.
Sembrava il finimondo: la signora Ombretta era salita in piedi
sulla poltroncina rossa e saltellava sul vestitino preferito di Adelisa,
continuando a urlare. Davanti agli occhi increduli della bambina, il
padre aveva imbracciato il fucile da caccia e si aggirava con passo
incerto e assonnato per le stanze, seguendo le indicazioni della
moglie, senza aver capito bene chi minacciasse la sua famiglia.
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«È andato verso il bagno! No, è in cucina… Corriiiiii, forse è
entrato nell’armadio… Guarda in dispensa!!!»
La signora Ombretta continuava a urlare, scossa da brividi di
terrore. A un certo punto sembrò ritrovare il coraggio: spiccò un balzo
acrobatico dalla poltroncina al letto e piombò accanto alla figlia. «Ti ha
morso? Fammi vedere» e la ispezionò dalla testa ai piedi.
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«Ma no, mamma! È solo un topino» disse Adelisa quasi divertita.
«UUUUUUn tooopinooo? Ecco a che cosa servono tutte quelle
stupide favole che vi raccontano a scuola sui topini! Che carini…!!! Ma
lo sai tu che per un morso di topo SI MUORE? Aldoooo! Aldoooo! L’hai
ucciso?»
Adelisa allora scoppiò in lacrime. I vicini suonarono alla porta. La
signora Ombretta confabulò velocemente con la signora Vanna,
dopodiché avvolse la figlia in una coperta, la prese in braccio e,
incurante delle proteste della bambina, attraversò il corridoio a lunghi
balzi per rifugiarsi nel salotto dei vicini, che avevano offerto
gentilmente il loro soccorso.
Il signor Aldo si chiuse in casa con la preziosa gatta soriana
Magò, concessa in prestito dalla signora Vanna. La gatta avrebbe
guidato le manovre per catturare il feroce topo.
La battaglia fu lunga. Si sentivano i rumori al di là del muro: i
passi affrettati del signor Aldo, ogni tanto un urlo, quindi un tonfo. A
poco a poco i rumori si affievolirono.
Poi più nulla.
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