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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI L’AQUILA
FACOLTA’ DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE
CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELLA FORMAZIONE PRIMARIA
TECNOLOGIA DELL’ ISTRUZIONE E DELL’ APPRENDIMENTO
Autismo e Tecnologie
Professoressa Studentessa
Vincenza Pellegrino Simona Restauri
Matr. 191565
Anno accademico 2010/2011
1
Introduzione ............................................................................................................... 2
Primo capitolo.- Che cos’è l’autismo infantile? ..................................................... 5
Le principali caratteristiche dell’autismo ................................................................................ 8
Secondo capitolo.- Autismo e scuola .................................................................. 13
Terzo capitolo.- Le tecnologie e la scuola ........................................................... 20
Quarto capitolo.-Un possibile incontro tra L’AUTISMO E LE TECNOLOGIE .......... 25
Comunicazione Aumentativa e Alternativa ( CAA) ................................................................ 35
Sistemi di CAA ......................................................................................................................................... 37
Natural Aided Language ( NAL, linguaggio assistito naturalmente) ........................................................ 37
Picture Exchange Communication System (PECS) ................................................................................... 37
System for Augmenting Language .......................................................................................................... 38
(SAL, sistema per aumentare il linguaggio) ............................................................................................. 38
Il Training di Comunicazione Funzionale con la CAA ( TCF con CAA ) ...................................................... 38
Valutazione della CAA ............................................................................................................................. 41
Quinto capitolo.- Conclusioni ................................................................................ 43
Bibliografia e sitografia ........................................................................................... 45
Indice
2
Introduzione
Il presente lavoro nasce con lo scopo di evidenziare un possibile
terreno di incontro tra l’uso della tecnologia e il disturbo autistico. In
particolar modo si vuole mettere in evidenza come la scuola, ed in particolar
modo la ricerca didattica, possa trovare un fertile terreno nell’utilizzo delle
moderne tecnologie per favorire l’apprendimento di bambini che
presentano una particolare patologia, come quella autistica. L’autismo è
una patologia della quale si sono interessati molti studiosi. Forse il disturbo
autistico è, tra tutti i disturbi mentali in età evolutiva, il più studiato eppure
ancora il più misterioso. Storicamente fu individuato da Leo Kanner, il quale,
nel 1943, pubblicò un articolo intitolato Autistic disturbance of affective
contanct, dove descriveva un gruppo di bambini il cui tratto caratterizzante,
a livello comportamentale, era reso con il termine “chiusura autistica”. 1 La
parola autismo deriva dal greco autòs che significa “se stesso” ed
alluderebbe, riferito ai bambini osservati da Kanner, al loro tipico ritiro
sociale.
La scelta di proporre un caso come l’autismo non è casuale, ma sorge
da un incontro avvenuto, non molto tempo fa, con un bambino con autismo
ad alto funzionamento.2 È stata una piacevole scoperta notare come, al di
là dei comportamenti bizzarri e della chiusura sociale, Riccardo3 sapesse,
non solo leggere e scrivere in modo corretto ma come sapesse usare, in
1 S. Melogno, L. Carsana, Disturbi Pervasivi dello Sviluppo ad alto funzionamento. Deficit
sociale e aspetti riabilitativi. Scione Editore, Roma, pag.14 2 Idem pag. 17: La popolazione clinica individuata dalla categoria del Disturbo autistico è estremamente
eterogenea. […] Dal punto di vista intellettivo, il 70% dei bambini con autismo presenta un deficit di ritardo mentale ( da lieve a profondo); il restante 30% ha un’ intelligenza nella norma o quasi, in quest’ultimo caso si parla di autismo ad alto funzionamento.
3 Nome di fantasia.
3
maniera sorprendere, diverse tecnologie. Il computer, il lettore MP3, il lettore
DVD, la TV, i video giochi, tutti strumenti usati quotidianamente a casa e a
volte a scuola.
Osservata una tale situazione, non si può non chiedersi come la scuola
possa intervenire e provare a stilare una programmazione che tenga conto
delle abilità di un bambino come Riccardo. Siamo abituati, quando
abbiamo un bambino con bisogni educativi speciali in classe, a rapportarci
con la diagnosi funzionale e a pensare a ciò che non sa fare. Ecco come la
scuola, limitandosi a vedere ciò che il bambino non sa fare, non offre
possibilità di crescita e blocca il suo intervento formativo. La scuola,
l’insegnate, deve vedere prima di tutto cosa sa fare e pensare al suo
progetto in base alle abilità che l’alunno già possiede e solo dopo
interessare a ciò che ancora non sa fare. Il raggiungimento di competenze
non ancora acquisite può passare attraverso quelle già apprese. Come dire
che, a proposito di Riccardo, il raggiungimento di obiettivo può essere
perseguito lavorando sulle competenze che già possiede. Queste ultimi
diventeranno strumenti operativi.
Nel caso di Riccardo si potrebbe ad esempio, usare il lettore MP3 per
la disciplina della Musica e Inglese; il lettore DVD per Arte e Immagine, storia
e Geografia; la TV per Italiano, Storia , Geografia e Scienze; il PC per la
Matematica, l’Italiano e Tecnologia. È ovvio che la scuola non può limitare il
suo intervento all’utilizzo delle tecnologie ma impedire, ad un bambino che
manifesta queste abilità, la loro fruizione cozza contro ogni teoria pedagogia
e formativa. Tra l’altro, non dobbiamo dimenticare che il bambino autistico,
ha tra le sue caratteristiche quella che potremmo chiamare una mancata
socializzazione. Quindi, l’utilizzo delle tecnologie non deve essere svincolato
4
da un percorso didattico - metodologico incentrato sull’interazione
comunicativa e sociale. L’insegnante, progettando il percorso formativo del
bambino autistico, può e deve attuare strategie che possano favorire la
crescita globale del bambino. Una di queste strategie, nel caso di Riccardo
in particolare ma per tutti i bambini autistici in generale, potrebbe essere
quella di favorire un incontro tra la didattica istituzionale e l’ausilio delle
moderne tecnologie.
Il lavoro si strutturerà nel seguente modo:
L ’AUTISMO E LE
NUOVE TECNOLOGIE
AUTISMO E
SCUOLA
TECNOLOGIA E
SCUOLA
Le principali caratteristiche
dell’autismo e le difficoltà
che la scuola incontra nel
progettare un intervento
educativo con bambini
autistici.
I nuovi obiettivi formativi di
una scuola che rispetta i
cambiamenti della società.
L’integrazione e la fruibilità
dei nuovi sistemi tecnologici
Le diverse modalità con
cui la scuola può favorire
un possibile incontro tra
l’autismo e le nuove
5
Primo capitolo.- Che cos’è l’autismo infantile?
“Autismo non significa assenza
di attaccamento affettivo”.
L’autismo è parte di una categoria di malattie gravemente disabilitanti
che si chiama “disturbi generalizzati o (pervasivi) dello sviluppo” e che
comprende anche le sindromi di Rett (bambine) e di Asperger (bambini).
L’autismo è una sindrome (un insieme di sintomi) che può essere provocata
non da una ma da diverse malattie organiche, quasi tutte genetiche, come
dimostra l’epidemiologia. Solo alcune di queste malattie e delle cause di
nocività sono conosciute. Nel passato, alcuni noti personaggi, pensavano
che la mancanza di affetto potesse essere la causa dell’autismo: questo
grave errore scientifico è ancora presente in Italia ed in Francia ed è
responsabile di numerosi danni agli autistici e alle loro famiglie. Anzitutto ha
distolto i ricercatori dallo studio dalla cause vere dell’autismo; ha sottratto
risorse alle famiglie dando in cambio psicoterapie prive di efficacia.
L’autismo è una sindrome che colpisce 4-5 bambini su 10000 nati e
costituisce il gruppo più caratteristico dei “ disturbi generalizzati ( o pervasivi)
dello sviluppo”. Stime recentissime rilevano che il totale dei disturbi
generalizzate dello sviluppo è in forte aumento nel mondo; giungendo ormai
a 3 casi su 1000, che significano 150000 casi in tutta Italia.
L’autismo rappresenta sicuramente una delle sindromi più complesse e
difficilmente gestibili dell’età evolutiva ed è caratterizzato da una
compromissione qualitativa dell’interazione sociale, della comunicazione e
del repertorio comportamentale. Il disturbo si manifesta nei primi tre anni di
vita e impedisce di raggiungere l’autosufficienza per il resto della vita. I
6
bambini autistici veri hanno caratteristiche che invitano coloro che li
conoscono a fare fantasticherie, perché diversi di loro hanno isole di abilità
particolarmente evidenti. Questi bambini, che presentano uno sguardo
molto vivace e uno aspetto normale, affascinano tutti quelli che li
incontrano con il mistero del contrasto fra queste rare abilità e il resto del loro
comportamento, drammaticamente disabile. La metà di questi bambini non
parla, mentre gli altri presentano il tipico linguaggio autistico, fatto di frasi
stereotipate, inutili per la comunicazione. Non sopportano l’incertezza e il
cambiamento, vogliono conoscere con pignoleria la loro agenda futura e
lasciare invariata la posizione degli oggetti che li circondano. Fanno scenate
plateali per motivi assolutamente futili , che si concludono, a volte, con
comportamenti autolesionistici. La loro apparenza normale inganna e
aggrava il problema della loro disabilità.
A partire dagli anni Sessanta, organizzazioni private come la National
Autistic Society (NAS) inglese, o pubbliche, come la Division TEACCH nella
Carolina del Nord, hanno messo a punto strategie e tecniche riabilitative,
ausili di comunicazioni e pedagogie adattate specificamente ai bambini
affetti da sindromi autistiche, dimostrando che anch’essi sono educabili.
I sintomi dell’autismo, nella sua forma più tipica, si manifestano entro i
primi tre anni di vita, in bambini che apparivano sani alla nascita, in molti
casi hanno avuto un periodo più o meno lungo di sviluppo apparentemente
normale, e non presentano caratteristiche anatomiche salienti ma sono anzi,
spesso, dei bambini molto belli.
Le forme di recupero che si offrono ai bambini autistici sono, almeno in
Italia, spesso confinate al supporto scolastico e a quello psicologico
riabilitativo presso centri specializzati. Se la scuola offre una grande possibilità
7
di formazione per questi bambini è pur vero che al termine del percorso
scolastico, per questi bambini, a volte, non ci sono più forme di integrazione
e socializzazione.
Oggi in Italia sono rarissimi i casi di autistici adulti che riescono a
occupare un posto di lavoro in un ambiente normale, mentre la maggior
parte di loro finisce in “laboratori protetti” o “centri gravi” nei quali si trovano
ghettizzati insieme ad altri disabili. In Italia è stata fondata, nel 1985, l’ ANGSA
(Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici) ed è la più grande
associazione italiana che si occupa esclusivamente dell’autismo e degli altri
disturbi pervasivi dello sviluppo . L’ ANGSA è impegnata a dare una speranza
e un futuro dignitoso alle persone colpite dall’autismo, sostenendo le
famiglie, diffondendo una corretta informazione e sollecitando la ricerca
scientifica. 4
4 Il nostro autismo quotidiano. Storie di genitori e figli, (a cura di) Carlo Hanau e Daniela
Mariani Cerati, Erickson,Gardolo (TN) 2003 pag. 207
8
Le principali caratteristiche dell’autismo
Le persone sono in grado di percepire le configurazioni di stimoli come
organizzate perché le stesse non vengano solo captate, ma anche
opportunamente codificate attraverso un processo attivo. Il filtraggio degli
stimoli che in ogni momento colpiscono il sistema sensoriale viene effettuato
dall’attenzione selettiva; nei bambini autistici è stata già da tempo
documentata una modalità di risposta anomala agli stimoli sensoriali,
caratterizzata dall’elusione degli stimoli stessi e dall’attenzione per aspetti
inusuali o marginali. Per spiegare la particolarità a livello percettivo, alcuni
studiosi hanno formulato l’ipotesi della “dominanza sensoriale”; secondo
questa interpretazione, i bambini autistici farebbero un uso preferenziale dei
sensi prossimali (il tatto, il gusto e l’odorato) in confronto a quelli distali (la
vista e l’udito). Essi, infatti, tendono a toccare, gustare e odorare gli oggetti e
le persone, solitamente senza tenere conto del contesto nel quale si trovano.
Però, la verifica sperimentale non ha confermato questa ipotesi; inoltre, da
alcune ricerche è emerso che i bambini autistici mostrano spesso risposte
anomale alle sensazioni prossimali, come ad esempio l’insensibilità al dolore,
al freddo e al caldo. Perciò, è stata proposta un’altra ipotesi, nota come
“iperselettività degli stimoli”, la quale fa riferimento all’utilizzo dell’attenzione
e prevede che i bambini autistici si concentrino solamente su uno fra i vari
stimoli o addirittura solo ad una parte di un certo stimolo, ad esempio se
guarda una persona, il bambino autistico, si concentra solo su un dettaglio
di essa, che può essere un bottone della camicia o un orecchino.
Tali deficit dell’attenzione selettiva sono stati chiamati in causa anche
per spiegare il fatto che i bambini autistici tendono a ritenere
9
percettivamente importante quello che per altri bambini non lo è. Un altro
aspetto importante da prendere in considerazione riguarda la tendenza ad
evitare lo sguardo delle persone; di fatto, gli autistici, non vogliono
deliberatamente evitare lo sguardo, ma tendono a guardare più spesso lo
sfondo. La loro attenzione è regolata da processi diversi in confronto agli altri
bambini, cosicché essi non sembrano avere le preferenze considerate
normali.
Sempre in ambito percettivo vanno menzionati alcuni punti di forza
messi in mostra dai bambini autistici. Questi riguardano la grande abilità
nell’elaborare informazioni visuo-spaziali, nel localizzare figure nascoste, nel
costruire puzzle.
In sintesi, negli autistici esistono certamente dei deficit a livello attentivo
e percettivo, i quali convivono con alcune abilità molto affinate. Le posizioni
più recenti tendono ad interpretare queste situazioni come il frutto di
disfunzioni che non colpiscono i livelli più bassi dei processi senso-percettivi,
ma i processi superiori di elaborazione. L’autismo comporterebbe
“un’anormale elaborazione delle informazioni complesse” e non un deficit di
base dell’attenzione e dell’acquisizione iniziale delle informazioni. I bambini
autistici non riescono ad andare oltre la semplice stimolazione, hanno
difficoltà ad aggiungere significato alle percezioni, al contrario di quanto
avviene nei bambini normali, i quali vanno ben oltre la percezione.
Uno dei paradossi degli autistici è la loro abilità nel ricordare
meccanicamente fatti esterni, raffrontata all’incapacità di ricordare
avvenimenti personali. Infatti, mentre possono essere in grado di ricordare
qualunque dato relativo alla città in cui vivono, possono non essere capaci
di ricostruire la passeggiata fatta qualche ora prima nella stessa città.
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Questo tipo di problema di memoria viene generalmente imputato a
difficoltà nella memoria relativa a noi stessi. Se il bambino autistico è stato
testimone di un incidente ed è sembrato molto eccitato e interessato al
momento, vi lascerà interdetti quando alla domanda “Che cosa hai visto
mentre eri fuori?” resterà in silenzio o parlerà degli alberi o della campagna
poiché questa è la risposta, a suo tempo appresa, per questo tipo di
domanda.
Possiamo però dimostrare che il ricordo è presente suggerendo la
risposta attraverso una domanda più diretta come “Hai visto un incidente
oggi?”, che può benissimo essere accolta con il rinnovarsi dell’eccitazione
provata alla vista dell’avvenimento originale.
Il problema è che per ricordare degli episodi abbiamo bisogno di due
tecniche: la prima consiste nel fornire stimoli che automaticamente fanno
scattare la memoria. Sono spesso indizi minimi legati agli avvenimenti che
portano a rievocare il ricordo senza uno sforzo consapevole da parte nostra.
Il secondo modo può essere coscientemente controllato, ma comporta una
certa consapevolezza di sé. Bisogna riandare indietro con il pensiero e
collocarsi sulla scena dell’avvenimento per ricatturare le sensazioni e le
esperienze provate. I bambini autistici interrogati su ciò che è successo
durante la loro passeggiata possono ripensare all’emozione provata
vedendo lo scontro e questo farà scattare il ricordo. Gli autistici hanno
difficoltà a ricordare se stessi nell’atto di compiere azioni o provare
sensazioni senza avere un suggerimento esterno perché incontrano difficoltà
nel vivere gli avvenimenti come accaduti a loro stessi.
Gli studi sulle capacità di memorizzazione e recupero delle informazioni
da parte di soggetti autistici hanno messo in luce che le funzioni mnestiche
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risultano abbastanza integre, in confronto ad altre funzioni, anche se si
registrano modalità di elaborazione e organizzazione delle informazioni
molto particolari.
Per quanto riguarda la memoria di lavoro, va sottolineato che i
bambini autistici, pur presentando un ricordo più efficace con materiale
significativo, mostrano un’accentuazione dell’effetto decenza se paragonati
con bambini normali e ritardati mentali della stessa età mentale.
I bambini autistici hanno la stessa capacità di rievocare parole,
quando tale compito è richiesto subito dopo la presentazione del materiale
(capacità di memoria ecoica). La memoria ecoica è sicuramente una delle
loro abilità principali.
Le sperimentazioni condotte da psicologi cognitivisti per indagare il
funzionamento della memoria a lungo termine nei soggetti autistici hanno
messo in risalto, a livello generale, alcune problematiche, evidenti
soprattutto quando il tempo intercorrente fra la presentazione degli stimoli e
la prestazione mnestica è occupato da altre attività. Quello che
sicuramente risulta deficitario è la capacità di utilizzare strategie mestiche
(associazione, evidenziazione percettiva, parola chiave) per aiutare il
ricordo.
Un ultimo aspetto importante da prendere in considerazione riguarda
la capacità di utilizzare la memoria automatica. Un bambino autistico può
ricordare alla perfezione tutti i tragitti degli autobus di una città, gli orari dei
treni, ecc; tutto questo senza manifestare mai la minima volontà di utilizzare
tali conoscenze con finalità adattative. Considerare questa abilità come un
pregio è inadeguato. Una buona prestazione nel richiamo automatico di
materiale senza senso dovrebbe essere associata normalmente con una
12
prestazione ancora migliore nella memoria per materiale con senso. Quindi
è appropriato considerare le prodezze isolate della memoria automatica nei
bambini autistici come un segno di disfunzione piuttosto che come un
isolotto di capacità intatta.
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Secondo capitolo.- Autismo e scuola
La scuola, tra le molteplici difficoltà cui è chiamata a rispondere, deve
essere in grado di progettare un intervento didattico individualizzato quando
incontra bambini con bisogni educativi speciali. Nel caso di bambini autistici,
il problema diventa più complesso, essendo l’autismo una patologia, per
certi versi, ancora da scoprire nelle sue diverse sfaccettature ed essendo
spesso i bambini che ne sono colpiti, alunni con i quali è difficile relazionarsi.
La scuola deve quindi attivare le sue risorse e progettare un percorso
educativo che non solo tenga conto dei bisogni esistenziali dell’alunno
speciale ma che sia anche in grado di offrire un’offerta formativa molto
diversificata e modellata sulle reali necessità del bambino. La scuola deve
dispiegare il suo impegno ed arricchire le possibilità di apprendimento degli
alunni in difficoltà, inserendo nel percorso curricolare, attività individualizzate.
In particolar modo notiamo che i bambini con Disturbo di Tipo Autistico
pongono problemi particolarmente importanti alla scuola, in particolar
modo perché si tratta di una patologia che spesso è grave e richiede un
impegno prolungato e una competenza specifica da parte del personale
scolastico. Inoltre non dimentichiamo che se è vero che l’Italia a differenza
di altri paesi, ha un’integrazione scolastica di tutti i bambini disabili, e questo
è un potenziale vantaggio perché può consentire una pratica sociale più
articolata, è pur vero che in concreto è spesso inadeguatamente utilizzato.
La scuola, in un certo senso, a volte appare carente da punto di vista
metodologico. Compito della scuola è costruire, insieme ai suoi studenti,
percorsi di apprendimento formale e informale fuori e dentro ad essa capaci
di favorire lo sviluppo di un progetto e percorso di vita che aiuti a realizzare
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lo statuto di persona adulta anche se disabile. La scuola deve promuovere
apprendimenti significativi e per tale ragione deve far riferimento a una
didattica speciale di qualità, che si fondi sulle conoscenze disponibili circa
l’efficacia di vari modelli d’intervento ma che non si fermi ad essi. La
frequenza del contesto integrato da parte dell’allievo con autismo,
necessita, molto più di quanto avvenga per altre tipologie di deficit, di
essere preparata anche attraverso lavori individualizzati condotti dalla
classe, ma l’obiettivo deve comunque rimanere quello dell’inclusione.
È necessario adottare un approccio critico, flessibile e personalizzato in
quanto non esiste un singolo “miglior” intervento per tutti gli allievi con
autismo.
Non avendo a disposizione una cura, dobbiamo fare riferimento a un
sistema integrato di interventi per ridurre la disabilità e facilitare proficue
esperienze di vita sociale integrata. La frequenza della scuola comune
rappresenta, a questo proposito, un momento di fondamentale importanza.
È necessario, però, un approccio didattico “speciale”, in grado di rispondere
ai bisogni molto particolari del bambino con autismo.
L’intervento educativo che si vuole progettare con un bambino con
autismo prevede innanzi tutto un’attenta osservazione e quindi una
conoscenza e una raccolta di informazioni che può richiedere anche molto
tempo. E’ consigliabile inoltre che l’intervento educativo proceda da una
conoscenza analitica e specifica della situazione e delle reali possibilità di
azione in quel contesto.
Come per qualsiasi progetto anche per definire quello individualizzato
è buona regola pianificare in anticipo l’intervento educativo per evitare
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rischi di generalizzazione e superficialità che potrebbero danneggiare i
processi d’integrazione.
Bisogna, tra le altre cose, essere flessibili, infatti, per migliorare le abilità
è necessario rendere prevedibili le azioni educative. La scuola, quindi, nel
dispiegare suo intervento formativo, deve sempre dimostrasi flessibile. La
flessibilità va attivata sia a livello curricolare, didattico, metodologico,
organizzativo linguistico che relazionale. La normativa relativa all’autonomia
degli istituti scolastici (DPR 275/99) autorizza e sollecita questa flessibilità
attraverso:
� la promozione di percorsi formativi funzionali alla realizzazione del
diritto di apprendere e alla crescita educativa di tutti gli alunni;
� Il riconoscimento e la valorizzazione della diversità;
� la valorizzazione della potenzialità di ciascuno;
� l’adozione di tutte le iniziative utili al raggiungimento del successo
formativo;
� la regolazione dei tempi di insegnamento e dello svolgimento delle
singole discipline e attività nel modo più adeguato al tipo di studi e
ai ritmi di apprendimento degli alunni;
� l’adozione di forme di flessibilità dell’organizzazione educativa e
didattica;
� l’attivazione di iniziative di recupero e sostegno,continuità e
orientamento.
In ultimo è consigliabile che il progetto educativo venga condiviso e
supportato da tutte le agenzie del territorio che intervengono sul bambino.
Ciascuna figura professionale è opportuno che mantenga il proprio ruolo e
competenza specifica per migliorare la collaborazione.
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Il livello di apprendimento dipenderà, per quanto riguarda il bambino,
dal suo livello cognitivo, dalla sua capacità di prestare attenzione, di
comprendere la comunicazione verbale e non verbale; per quanto riguarda
la scuola, dall’adeguatezza dei contenuti in base alle caratteristiche del
bambino, dalla maggiore o minore presenza di stimoli nell’aula,
dall’organizzazione dello spazio, dall’accuratezza con cui è stato stilato il PEI
(Piano Educativo Individuale), sulla base della valutazione iniziale e della
presenza di competenze specifiche sull’autismo, dalla collaborazione fra gli
insegnanti, dall’attivazione di logiche di sostegno diffuso e di aiuto fra
compagni.
Per quanto riguarda la programmazione didattica è necessario
circoscrivere gli obiettivi di apprendimento in unità di apprendimento. In un
primo momento bisognerà dare precedenza al raggiungimento di
competenze chiave, quelle indispensabili per poter accedere ad altre forme
di sapere.
Quando nel proprio percorso scolastico si incontra un bambino con
autismo bisogna essere capaci di mettere in campo diverse strategie
operative. È necessario che l’insegnante comprenda che per attivare un
progetto di vita, ideato sulla base delle caratteristiche peculiare del
bambino con cui dovremo interagire, bisogna essere pronti ad attivare un
importante cambiamento. Il compito più importante che la scuole deve
attivare è quello di qualificare le azioni attraverso cui conosce,
accompagna e responsabilizza ciascun allievo durante il suo viaggio
evolutivo. L’intervento diretto sulla programmazione didattica è solo uno
questi. La scuola del passato, ancorata sulla concezione che per una buona
didattica sia importante scegliere buoni contenuti, deve lasciare il posto alla
17
scuola di oggi, profondamente riformata, che deve mettere in luce
l’importanza del come fare. I contenuti, rilevanti per diffondere il sapere
lasciano spazio alle metodologie.
Nel caso specifico dell’autismo possiamo evidenziare quali sono i segni
comportamentali che questi bambini manifestano e sui quali dobbiamo
modellare il nostro intervento educativo e formativo:
Individuate le principali aree sulle quale operare si pensa sia
necessario, almeno all’inizio di un percorso formativo, focalizzarsi su questi
tre importanti obiettivi, ognuno dei quali si articolerà in obiettivi didattici
specifici:
Compromissione qualitativa
dell’interazione sociale;
Compromissione qualitativa della
comunicazione;
Modalità di comportamento,
interessi e attività ristretti, ripetitivi e
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Qualunque sia la disciplina con la quale intendiamo operare
dobbiamo necessariamente aspirare al raggiungimento di questi macro-
obiettivi. Solo con loro e attraverso loro possiamo raggiungere competenze
specifiche. Occorre che la scuola, in tutte le sue articolazioni, sappia
accogliere l’allievo predisponendo per lui un progetto formativo capace di
tradurre in atto le sue capacità, così da condurlo alla maturazione di quelle
conoscenze e competenze che gli consentiranno un inserimento sociale
adeguato e gli offriranno i massimi gradi di autonomia e di
autodeterminazione possibili. 5 Per quanto riguarda le strategie d’intervento
educativo ed i contenuti da privilegiare per favorire l’apprendimento e la
socializzazione del bambino autistico, è necessario promuovere un
approccio personalizzato che coniughi le indicazioni che provengono dalle
più affidate metodologie di intervento, con gli accorgimenti organizzativi e
5 M. Pavone, Dall’esclusione all’inclusione. Lo sguardo della Pedagogia Speciale,2010,
Mondadori Università, pag.161
OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO
SOCIALIZZAZIONE AREA AUTONOMIA
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metodologici - didattici necessari per la promozione di una reale
integrazione6.
Compito della scuola è costruire, insieme ai suoi studenti, percorsi di
apprendimento formale e informale, fuori e dentro di essa capaci di favorire
lo sviluppo di un progetto e percorso di vita che aiuti a realizzare lo statuto di
persona adulta anche se disabile. La frequenza del contesto integrato da
parte dell’allievo con autismo necessita, molto più di quanto avvenga per
altre tipologie di deficit, di essere preparata anche attraverso lavori
individualizzati condotti dalla classe, ma l’obiettivo deve comunque
rimanere quello dell’inclusione.
6 L. Cottini, Educazione e riabilitazione del bambino autistico, Roma, Carocci.
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Terzo capitolo.- Le tecnologie e la scuola
I cambiamenti epocali, cui stiamo assistendo, riguardano anche
l’introduzione e l’utilizzo delle moderne tecnologie che, se da un lato hanno
migliorato le condizioni di vita, dall’altro lato il loro uso eccesivo e improprio
sta favorendo la nascita di situazioni alquanto negative. La scuola, come
principale agenzia educativa, non può esimersi dall’accettare e riconoscere
la validità dell’acquisizione di competenze informatiche. La scuola è
chiamata a riprogettare il suo intervento formativo mettendo in luce
l’importanza, per la crescita del bambino nella sua totalità, di tutti gli aspetti
che concorrono alla formazione globale del bambino. Essendo le moderne
tecnologie entrate a far piena parte della vita di ciascun individuo pensare
alla scuola, come un luogo avulso dal raggiungimento di questa abilità,
significa immaginarla come una comunità che non provvede alla crescita
totale dei suoi alunni. La scuola per rispondere al bisogno di insegnare ai
bambini, come utilizzare in modo sano le nuove tecnologie, deve mettere in
campo tutte le sue risorse e adoperarsi non solo materialmente,
predisponendo aule e pc per il loro utilizzo, ma anche didatticamente,
inserendo personale che sappia insegnare in modo corretto cosa e come
apprendere l’uso delle tecnologie rispetto ad una moltitudine di strumenti
informatici di cui disponiamo.
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Se nel passato la missione della scuola era orientata dal
pensiero del perché, il nuovo orientamento dell’azione
educativo - didattica è sorretto dal pensiero del “come” e
richiede nuove forme di intervento didattico. Sempre più si
rendono necessari una revisione dei curricoli scolastici, nuovi
strumenti metodologici e un’adeguata formazione degli
insegnanti. 7
Facendo ricorso alle Indicazioni Nazionali per il curricolo ci accorgiamo
come sia importante non solo insegnare ai bambini un uso sano dei mezzi
informatici ma anche attuare precise scelte metodologiche e didattiche. In
particolare le Indicazione mettono in luce la necessità di proporre un
intervento nel quale l’approccio ai nuovi strumenti informatici sia graduale e
a lungo termine:
[…] La graduale competenza nell’uso di specifici strumenti
informatici e di comunicazione potrà consentire agli alunni di
sviluppare le proprie idee presentandole con accuratezza a sé e
agli altri, di trovare, interpretare e scambiare informazioni, di
organizzarle, di elaborale, di trovarle, di archiviarle e riutilizzarle. 8
Proviamo a soffermarci sui principali vantaggi educativi che vengono
messi in atto attraverso le nuove tecnologie9:
7 V. Pellegrino, S. Di Clemente, Tecnologia dell’istruzione e dell’apprendimento. Verso un
nuovo orientamento pedagogico, Anicia, 2010, pag. 18 8 Indicazioni nazionali per il curricolo, pag. 108 9 V. Pellegrino, S. Di Clemente, Tecnologia dell’istruzione e dell’apprendimento. Verso un
nuovo orientamento pedagogico, Anicia, 2010, pag. 61,62
22
Per quanto riguarda il primo vantaggio possiamo dire che con le
tecnologie l’insegnante riduce la sua centralità; non è più il detentore del
sapere ma il suo compito risiede in quello di facilitatore. Notiamo poi, nel
secondo punto, come le nuove tecnologie rispondano perfettamente alla
nuova concezione del’apprendimento, quella che si basa sul valore
dell’imparare facendo. Per quanto riguarda la motivazione, molti studiosi
sono concordi nell’affermare il suo ruolo centrale nei meccanismi di
apprendimento. Quindi un alunno apprende più facilmente se l’oggetto del
suo apprendere è qualcosa di motivante. L’ultimo aspetto, ma non il meno
importante, gioca un ruolo di primaria importanza e apre le porte a questioni
che coinvolgono tematiche pedagogiche di un certo spessore morale: la
cooperazione. In una società sempre più diversifica, nella quale coesistono
alunni di diverse culture, di differenti strati sociali, il problema della
cooperazione può essere affrontato proponendo attività che si avvalgano
dell’uso delle tecnologie.
Anche se i vantaggi del’uso delle tecnologie sono evidenti da un
punto di vista didattico, alcuni insegnanti sono un po’ reticenti nel
riconoscerne uno statuto formativo. Anche se le scuole italiane presentano
ancora un evidente ritardo nell’attuazione di strategie volte a favorire una
corretta fruizione dei mezzi informatici, non possiamo arenarci su questa
convinzione ma dobbiamo progettare il cambiamento che vorremmo
Spostamento del focus dall’insegnante allo studente.
Spostamento del focus dall’apprendimento sul fare.
Aumento della motivazione degli alunni.
Risalto alla cooperazione tra alunni.
23
operare per favorire la realizzazione di una scuola, aperta al futuro e ai suoi
inaspettati cambiamenti. Non basta dire che abbiamo osservato che
durante l’ora di tecnologia l’insegnante ha passivamente indicato i vari
passaggi per usare, per esempio il programma paint, suggerendo ai bambini
il modo più veloce per disegnare, dobbiamo essere consapevoli del
cambiamento che vogliamo operare per migliorare l’incontro dei nostri
alunni con le nuove tecnologie. È importante che i bambini capiscano che il
pc, per esempio, non risponderà al comando complesso, come per esempio
“apri la scatola”, perché questa è un’azione articolata, è il risultato di altre
azioni più semplici.
In questo modo abituiamo anche i bambini a scomporre un problema
in sottoproblemi, operazione cognitiva importante per lo sviluppo del
pensiero logico. L’abilità dell’insegnante risiede nella capacità di andare
oltre la mera spiegazione delle azioni meccaniche per ottenere dei risultati.
Ciò che l’insegnante deve favorire nel processo di apprendimento è la
riflessione e la comprensione di tutte le tappe che si nascondo dietro
l’esecuzione di un semplice comando.
Spesso alcune maestre, poco preparate ad affrontare la nuova sfida
tecnologica che la società richiede, pensano che per la disciplina che va
sotto il nome di Tecnologia basti insegnare meccanicamente come
accedere, utilizzare i principali software e spegnere il pc. Questo pensiero
crolla quando entrano in contatto con alunni che già da anni hanno
raggiunto queste abilità, con alunni che usano un linguaggio informatico di
notevole livello. Ecco che l’insegnante si sente spiazzato. Come può la
scuola evitare quest’inconveniente? Non solo inserendo personale
specializzato, ma anche facendo in modo che questa figura racchiuda al
24
contempo una duplice funzione, educatore e tecnico specializzato e
naturalmente anche diversificando l’offerta formativa.
25
Quarto capitolo.- Un possibile incontro tra L’AUTISMO E LE TECNOLOGIE
L’utilizzo della tecnologia per la disabilità in ambito educativo e più
strettamente scolastico investe un gran numero di significati: da una parte
coinvolge aspetti programmatici e metodologici; dall’altra include anche
i dispositivi utilizzati. Il ricorso alla tecnologia informatica può risultare utile
grazie ad alcuni punti d forza del mezzo: in particolare la motivazione, il
rigore e l’ adattabilità. Quanto al primo e al terzo aspetto, il dialogo con
l’interfaccia elettronica risulta agevole e amichevole, sia perché si avvale
di accorgimenti (icone, mouse, viva voce) intuitivi e attraenti, sia perché
consente di utilizzare e predisporre programmi multimediali flessibili, che
possono veicolare un elevato numero di itinerari differenziati in tutte le
discipline. In sostanza il computer può favorire un migliore raccordo tra la
personalizzazione del processo formativo per lo studente autistico e
l’attività didattica della classe. 10
Proviamo ad individuare le principali motivazioni per le quali
potremmo lavorare con un bambino autistico usando le tecnologie:
10 M. Pavone, Dall’esclusione all’inclusione. Lo sguardo della Pedagogia Speciale,2010,
Mondadori Università, pag.126
IL COMPUTER
E' uno strumento multimediale, con un linguaggio prevalentemente visivo-spaziale (punto di forza dei ragazzi autistici).
Risponde alle loro esigenze di chiarezza, sobrietà e precisione comunicativa: il linguaggio dell'informatica è strutturato, chiaro e prevedibile, senza inferenze emotive o sottintesi.
È anaffettivo, rigido, prevedibile e strutturato (Teoria della mente)
Stimola l’intersoggettività e la socializzazione.
26
Sembra che l’utilizzo del computer fornisca buone opportunità ai
ragazzi autistici e questo per diversi motivi, alcuni dei quali riguardano la
realtà sensoriale delle persone autistiche, ed altri gli aspetti logici ed emotivi.
Pare che buona parte dei ragazzi autistici utilizzi prevalentemente il canale
visivo, privilegiandolo rispetto a quello uditivo, per impadronirsi di
informazioni. Molti di loro dichiarano di avere la possibilità di mantenere
vivida l’immagine vista, una sorta di fotografia, che è possibile rievocare ed
analizzare in momenti successivi. 11 Le informazioni scritte, e in particolare le
domande che vengono proposte tramite lo schermo del computer, risultano
essere comprese meglio di quelle dette a voce. Per altro verso lo schermo
consente al ragazzo di verificare e controllare ciò che sta esprimendo
digitando sulla tastiera. Il computer poi funziona in modo rigorosamente
logico, secondo schemi e procedure definite, ed in genere l’apprendimento
dei ragazzi facilitati procede analogamente. Molto spesso i ragazzi autistici
definiscono il proprio pensiero come un “groviglio” o un “impasto”, che
poco spazio concede anche alla pianificazione del movimento. L’uso della
tastiera, la digitazione, impone lentezza, ritmo e cadenza, e concede in tale
modo il tempo per l’organizzazione del movimento; consente, inoltre, a quel
gomitolo aggrovigliato, che è il pensiero, di dipanarsi con calma e con la
necessaria lentezza. Un’altra caratteristica delle persone autistiche è il subire
forti situazioni emotive, ed in particolare ansia da prestazione e da
esposizione. Il computer consentirebbe alla persona di esprimersi con altri
attraverso un oggetto intermedio, in tale modo l’ansia può essere più
facilmente ridotta o controllata.
11 http://www.itd.cnr.it/tdmagazine/PDF22/TDDIS22.pdf
27
Per quanto riguarda il disturbo autistico nel particolare, bisogna notare
che molti bambini affetti da questa patologia, circa la metà, hanno uno
sviluppo che, in un primo tempo, differisce poco dalla norma e
successivamente, in genere nel corso del secondo anno o all’inizio del terzo,
presenta una grave regressione durante la quale i bambini perdono il
linguaggio verbale, se chiamati per nome non si voltano, evitano lo sguardo
altrui e spesso rifiutano anche il contatto corporeo.12 Sul piano della relazione
sono al livello di un bambino di poche settimane. È per questo che il
rapporto con loro va ripreso con quelle modalità che sono in uso con i
bambini di pochi mesi, sviluppando quelle forme di rapporto che vanno
sotto il nome di “intersoggettività primaria” 13, che si riferiscono a quelle varie
maniere di relazione con le quali un bambino di pochi mesi entra in rapporto
con il mondo: fondamentalmente con un adulto che è capace d entrare in
sintonia con lui. Questa capacità di entrare in sintonia con l’altro e inserire
successivamente una variante è una delle chiavi di volta delle relazioni
umane a tutte le età. Solo così è possibile passare ad alcune tappe della
“intersoggettività secondaria” cioè quelle forme di rapporto nella quali la
relazione trai due interlocutori si fa più complessa. In questa strategia che
procede per tappe successive è bene valorizzare l’importanza di indicare
con l’indice gli oggetti. L’acquisizione di questa capacità è utile per lo
sviluppo delle parole e per mettere in atto un linguaggio preverbale e per
poterlo elaborare nella direzione di una comunicazione sempre più ricca. A
tal proposito si potrebbero struttura delle attività con l’ausilio, dapprima
immagini e foto, solo dopo di pittogrammi, immagini stilizzate che possono
12 Manuale per l’integrazione scolastica. I principi, le competenze, la buona pratica. A
cura di Carlo Ricci, Fabbri Editori, 2001, pag. 249 13 Idem pag. 250
28
assumere un significato corrispondente a nomi, verbi aggettivi e arricchire la
conversazione. La comunicazione per immagini trova nelle tecnologie un
terreno d’incontro. Si possono presentare al bambino autistico, attraverso il
pc, attività che possano stimolare la curiosità visiva e la successiva capacità
di associare all’immagine un significato. Dobbiamo però, a prescindere dal
tipo di attività sulla quale intendiamo lavorare, cercare di facilitare la
comprensione e la produzione. L’insegnante diventerà quindi un facilitatore.
Per quanto riguarda il livello di comunicazione con la classe dobbiamo
precisare che, se il bambino comunica per mezzo dei pittogrammi , è
necessario spiegare ai suoi compagni in che modo anche loro possono far
ricorso allo stesso metodo ed unirsi così al loro compagno in difficoltà, in
parte parlando, in parto comunicando con le immagini. Quest’ultima vien
definita come “Comunicazione Aumentativa e Alternativa” 14. In questo
contesto l’uso del Pc può rappresentare una risorsa preziosa: i soggetti
autistici sono molto “visivi” e spesso se ne possono giovare.
I bambini autistici spesso leggono ma non comprendono il significato
di ciò che hanno letto, parliamo infatti di iperlessia. Per aiutarli è utile
costruire dei piccoli libri in cui le figure occupino grande spazio e sotto,
separatamente, vi siano una o più righe di parole, ben spaziate e correlate
alle immagini che si vedono sopra. Ancora una volta il computer può essere
una possibile soluzione. Si possono offrire dei programmi nei quali si lasci
grande spazio alle immagini, e solo cliccando sull’icona corrispondente
uscirà scritta la parola.
14 Manuale per l’integrazione scolastica. I principi, le competenze, la buona pratica. A
cura di Carlo Ricci, Fabbri Editori, 2001, pag. 252
Se è vero che molti ed evidenti sono i vantaggi che ci spingono a
ritenere che le tecnologie possano aiutare l’apprendim
comunicazione e la socializzazione dei bambini autistici, è pur vero che è
necessario utilizzare programmi e strumenti flessibili, che siano quindi
personalizzabili perché i bambini autistici, pur avendo molte caratteristiche
che li rendono simili, cambiano uno dall’altro. Inoltre, l’attività tecnologia
deve necessariamente essere affiancata da una progettazione didattica
ben strutturata.
Dal momento che l’autismo è una patologia nella quale il problema
della comunicazione appare di primaria impor
che modo le nuove tecnologie offrono una nuova opportunità didattica.
migliora l'attenzione
favorisce un migliore contatto
oculare;
migliora e sviluppa
comunicative;
Se è vero che molti ed evidenti sono i vantaggi che ci spingono a
ritenere che le tecnologie possano aiutare l’apprendim
comunicazione e la socializzazione dei bambini autistici, è pur vero che è
necessario utilizzare programmi e strumenti flessibili, che siano quindi
perché i bambini autistici, pur avendo molte caratteristiche
, cambiano uno dall’altro. Inoltre, l’attività tecnologia
deve necessariamente essere affiancata da una progettazione didattica
Dal momento che l’autismo è una patologia nella quale il problema
della comunicazione appare di primaria importanza, proviamo a vedere in
che modo le nuove tecnologie offrono una nuova opportunità didattica.
Infine
migliora l'attenzionemigliora la reciprocità e la
condivisione emotiva
Inoltre
favorisce un migliore contatto
oculare;
migliora la comunicazione
spontanea;
L'USO DELLE TECNOLOGIE
sviluppa le capacità favorisce una migliore
vocale;
29
Se è vero che molti ed evidenti sono i vantaggi che ci spingono a
ritenere che le tecnologie possano aiutare l’apprendimento la
comunicazione e la socializzazione dei bambini autistici, è pur vero che è
necessario utilizzare programmi e strumenti flessibili, che siano quindi
perché i bambini autistici, pur avendo molte caratteristiche
, cambiano uno dall’altro. Inoltre, l’attività tecnologia
deve necessariamente essere affiancata da una progettazione didattica
Dal momento che l’autismo è una patologia nella quale il problema
tanza, proviamo a vedere in
che modo le nuove tecnologie offrono una nuova opportunità didattica.
migliora la reciprocità e la
condivisione emotiva
migliora la comunicazione
spontanea;
migliore interazione
30
Uno degli obiettivi che ci eravamo precedentemente preposti era di
favorire l’acquisizione dell’autonomia. Ancora una volta l’uso corretto delle
tecnologia si presta al raggiungimento di questo obiettivo. È necessario però
non lasciare mai il bambino completamente da solo davanti al PC perché
favoriremmo la crescita della rigidità intellettiva e comportamentale, la
chiusura sociale egli atteggiamenti stereotipati. L’insegnante, nel suo
compito di guida e facilitatore, dovrà sempre supportare l’alunno
chiedendo, a volte, la presenza dei compagni al fine di strutturare un
ambiente di apprendimento di tipo collaborativo. Il facilitatore ha una
duplice funzione: offre un supporto fisico, favorendo il soggetto nell’isolare
ed estendere il dito indice, aiutandolo a controllare il movimento del
puntare il dito e del ritirare la mano dopo ogni esecuzione, consentendo il
superamento di alcune difficoltà fisiche specifiche quali lo scarso
coordinamento occhio/mano, o un irregolare tono muscolare che in alcuni
casi si presenta eccessivamente alto ed in altri troppo basso; garantisce la
perseveranza nel portare a termine il compito definito, fornisce un controllo
sull’impulsività. Il facilitatore inoltre fornisce un sostegno emotivo alla persona
facilitata. Questa seconda funzione è l’elemento preminente dal quale
dipende buona parte del successo del “percorso comunicativo”. 15
Molta cautela va applicata alla scelta dei programmi con i quali
lavorare. Dal momento che i bambini autistici tendono a ripetere sempre gli
stessi comportamenti è necessario che l’insegnanti vari continuamente la
proposta didattico-formativa. Concludendo possiamo dire che le nuove
tecnologie possono essere utilizzate a livello didattico con bambino autistici,
devono però essere rispettare alcune semplici ma importanti regole: 15 http://www.itd.cnr.it/tdmagazine/PDF22/TDDIS22.pdf
31
PERSONALIZZAZIONE DELL’HARDWARE PERSONALIZZAZIONE DEL SOFTWARE
SCHERMO ben regolato
SOFTWARE VIA INTERNET
TASTIERA facilitata
TOUCH SCREEN
CD-ROM
SOFTWARE DI DISEGNO
L'autismo e
il computer
Personalizzazione
del Software
Personalizzazione
dell'Hardware
32
La connessione alla rete offre una serie di programmi che permettono
di favorire gli apprendimenti e le abilità socio-cognitive.
Nel caso dei bambini autisti possiamo proporre software didattici che
sembrano rispondere a più esigenze. Il web ma anche note cose editrici che
si occupano anche di programmi multimediali, offrono interessanti attività.
Ne presentiamo alcune.
COMPETENZE COGNITIVE
Un esempio di cartone animato
con alcun test e training per
valutare e potenziare le
competenze cognitive ed
emotive di bambini con
difficoltà nella sfera emotiva e
nelle relazioni sociali.
LETTURA
L'apprendimento è facilitato dal
collegamento della parola con
il disegno corrispondente.
SCRITTURA
Favorisce l’apprendimento della
produzione scritta, con la
possibilità di riflettere sul proprio
lavoro con un'autovalutazione
metacognitiva.
33
EDUCAZIONE RAZIONALE
EMOTIVA
Lo scopo è quello di insegnare ad
avere consapevolezza delle
proprie emozioni e dei
meccanismi mentali che vi sono
sottesi.
BES e INCLUSIONE
Per disturbi dell'apprendimento,
difficoltà psicologiche,
comportamentali e relazionali,
ma anche svantaggio
socioculturale e varie differenze
linguistiche, etniche e culturali.
COMPORTAMENTI ED EMOZIONI
Vengono affrontati argomenti
importanti per la crescita
psicologica: dal superare la paura
del rifiuto e della derisione, al
riuscire a socializzare con gli altri,
ad affrontare impegni e
responsabilità, soprattutto in
campo scolastico, e così via.
34
STRATEGIE COGNITIVE
I problemi presentati richiedono
infatti di analizzare visivamente
un'immagine, ricavata dalla
sovrapposizione di una serie di carte
colorate in cui sono state ritagliate
varie forme e di riprodurre tale
immagine scegliendo, all'interno di
un insieme dato, le carte che
compongono il modello, seguendo
l'ordine corretto.
ATTENZIONE E CONCENTRAZIONE
Permette di misurare, di
recuperare e potenziare. Si
propone quindi come uno
strumento di valutazione-
intervento.
35
Comunicazione Aumentativa e Alternativa ( CAA)
Un tipo di tecnologia che può essere utilizzata con bambini con
autismo è la Comunicazione Aumentativa e Alternativa ( CAA), un tipo di
tecnologia assistiva o AT ( Assistive Technology). 16 La CAA è una
comunicazione interattiva a due vie, perciò viene usata da entrambi i
partner: quello verbale e quello che ha un linguaggio limitato o assente. Ciò
significa che il partner verbale utilizza lo strumento di CAA assieme al
linguaggio, così che il partner non verbale riceva un input comunicativo per
via sia visiva che uditiva.
La CAA facilita il linguaggio aumentando le abilità di comunicazione e
le interazioni, fornisce i modelli verbali per l'eloquio, sia tramite il partner
verbale di comunicazione sia tramite i dispositivi per la comunicazione con
emissione vocale.
La CAA è costituita da qualsiasi strumento, dispositivo, immagine,
parola, simbolo o gesto che compensa le difficoltà di comunicazione
espressiva (ciò che “esce”) e recettiva (ciò che “entra”). Gli strumenti, gli
ausili e le strategie di CAA servono a “aumentare, mantenere o migliorare”
la capacità di una persona di comunicare, ampliando le abilità che già
16 J. M. Cafiero, Comunicazione aumentativa e alternativa. Strumenti e strategie per
l’autismo e i deficit di comunicazione, Edizioni Erickson, Gardolo(TN), 2009: La tecnologia
assistiva rappresenta un'ampia categoria che comprende qualsiasi oggetto, equipaggiamento,
prodotto o sistema, anche modificato o personalizzato, che viene usato per aumentare,
mantenere o migliorare le abilità funzionali delle persone disabili. Le carrozzine, i corrimano, gli
scooter elettrici, le rampe, gli occhiali, i giocattoli adattati con interruttori e le stoviglie adattate
per mangiare sono tutti esempi di AT.
36
possiede e fornendo un mezzo alternativo laddove necessario. La CAA non
viene mai usata per sostituire il linguaggio funzionale esistente, ma per
migliorarlo.
La CAA può comprendere il linguaggio dei segni, immagini, parole,
lettere o oggetti usati da soli o in combinazione con tavole di
comunicazione, dispositivi con emissione vocale ( VOCA, Voice Output
Communication Aid) o tastiere.
Esistono sistemi1 di CAA assistiti e non assistiti.
I sistemi di CAA assistiti permettono di trasmettere messaggi tramite
strumenti di CAA “senza tecnologia”, a “bassa tecnologia” o ad “alta
tecnologia”.
I sistemi di CAA senza tecnologia sono semplici strumenti che non
hanno bisogno di batterie o di circuiti elettrici, come ad esempio un
cartellino con sopra una parola o un simbolo per la comunicazione, un
quadernetto contenente diverse tavole di comunicazione o una tavola di
comunicazione specifica per un'attività.
I sistemi non assistiti comprendono i segni manuali, i gesti e le
vocalizzazioni. Esse richiedono soltanto il corpo e nessun altro
sistema o dispositivo esterno ad esso.
I sistemi assistiti comportano l'uso di oggetti, simboli concreti
tridimensionali, disegni, fotografie, parole o semplici simboli
lineari. I simboli tangibili, visivi, della CAA assistita possono
essere usati da soli o in combinazione con un dispositivo per la
comunicazione a emissione vocale (VOCA) o con ausili
37
I sistemi di CAA a bassa tecnologia sono i semplici dispositivi per la
comunicazione con emissione di voce ( VOCA , Voice Output
Communication Aid) con i quali è possibile riprodurre messaggi verbali che
possono durare da pochi secondi fino a otto minuti.
Gli strumenti di CAA ad alta tecnologia sono VOCA più sofisticati, che
permettono di riprodurre centinaia di messaggi e possono includere tastiere
portatili con cui è possibile generare linguaggio e anche prevedere parole.
Sistemi di CAA
Natural Aided Language ( NAL, linguaggio assistito naturalmente) 17
Il NAL è una strategia di CAA che utilizza il metodo della “lingua
materna” per insegnare il linguaggio . Il NAL è un'immersione totale
misurabile nel sistema di linguaggio visivo, in cui il partner di comunicazione
che parla abbina il linguaggio parlato all'indicazione dei simboli
corrispondenti. Il NAL insegna simultaneamente al partner di comunicazione
che non parla sia a comprendere che a generare un linguaggio interattivo.
Picture Exchange Communication System (PECS) 18
Il PECS è una strategia che prevede sei fasi. Prima viene insegnato alla
persona con DSA ad avviare una comunicazione porgendo al partner un
simbolo visivo per avere un oggetto molto desiderato. In cambio
dell'immagine, foto, disegno semplice, le viene quindi offerto l'oggetto.
17 J. M. Cafiero, Comunicazione aumentativa e alternativa. Strumenti e strategie per
l’autismo e i deficit di comunicazione, Edizioni Erickson, Gardolo(TN), 2009
18 idem
38
Come secondo passo, viene ampliato l'uso delle immagini in modo da
comprendere un numero maggiore di persone, luoghi e ricompense che la
persona con DSA potrebbe desiderare. Nella terza fase, viene insegnato a
fare delle scelte specifiche tra le immagini; nella quarta, a costruire delle
semplici frasi con le immagini, come ad esempio “Io voglio il camion”. La
risposta alla domanda “Che cosa vuoi?” viene affrontata nella quinta fase,
mentre nella sesta viene insegnato a sviluppare abilità di conversazione,
facendo commenti sui vari oggetti e attività a scopo sociale e non solo per
avere una ricompensa tangibile.
System for Augmenting Language 19
(SAL, sistema per aumentare il linguaggio)
Il SAL è una strategia simile al NAL, nel senso che i partner verbali
forniscono ai loro partner non verbali sia un input sia un output di
comunicazione, nell'ambito di contesti naturali. Nel sistema SAL la
comunicazione viene veicolata dall'uso di dispositivi con emissione vocale.
Il Training di Comunicazione Funzionale con la CAA ( TCF con CAA )
E’ un protocollo specifico ideato per diminuire i comportamenti
problema. Il TCF è costituito da due parti essenziali: primo, scoprire perché si
verifica un particolare problema o che cosa sta cercando di comunicare la
persona attraverso quel determinato comportamento; secondo , insegnare
un modo più appropriato di comunicare. Nel caso di bambini autistici
19 idem
39
questo protocollo appare estremamente interessante, essendo i bambini
DSA, deficitari a livello comunicativo.
AUTISMO e CAA : un abbinamento perfetto
Apprendimento visivo : La CAA si basa su stimoli visivi, come gli
oggetti, le immagini, le fotografie e le parole scritte.
Interesse per oggetti inanimati : Gli strumenti e i dispositivi di CAA
sono inanimati.
Difficoltà con gli stimoli complessi :Il livello di complessità può
essere adattato in modo da crescere insieme alle capacità del
bambino.
Difficoltà con i cambiamenti : La CAA è statica e prevedibile; i
simboli visivi vengono raggruppati su una tavola di comunicazione o su
un VOCA , i concetti nuovi e le parole che li rappresentano vengono
aggiunti alle tavole di comunicazione inserendoli nello schema
familiare dei simboli esistenti, in modo da renderli meno estranei.
Problemi a gestire la complessità delle interazioni sociali : La CAA
fornisce un'interfaccia tra i partner di comunicazione.
Difficoltà nella programmazione motoria : Dal punto di vista
motorio, la CAA è più semplice del linguaggio verbale.
Ansia : Gli interventi di CAA non creano pressione o stress.
Problemi di comportamento : La CAA fornisce un mezzo
istantaneo di comunicazione, prevenendo i comportamenti problema.
Difficoltà di memoria : La CAA fornisce un mezzo per la
comprensione del linguaggio che si basa sul riconoscimento piuttosto
che sulla memoria.
40
Le persone autistiche con linguaggio verbale scarso o assente possono
imparare a comunicare con la CAA, i cui strumenti e dispositivi ben si
adattano ai loro particolari stili di apprendimento.20
➢
➢
➢
20 J. M. Cafiero, Comunicazione aumentativa e alternativa. Strumenti e strategie per
l’autismo e i deficit di comunicazione, Edizioni Erickson, Gardolo(TN), 2009
Una serie di potenziali vantaggi della CAA:
può stimolare lo sviluppo cerebrale ;
favorisce la comunicazione funzionale spontanea;
facilita l'accesso a informazioni sociali;
facilita l'integrazione a casa, a scuola e nella
comunità;
facilita l'accesso a esperienze di lettura; previene
la necessità di sviluppare comportamenti
problematici;
facilita un migliore senso di sé
(autoconsapevolezza), per la maggiore
autonomia e il numero minore di crisi;
fornisce alla persona con autismo una voce e un
orecchio e offre dei vantaggi psicologici legati
41
Valutazione della CAA
La valutazione della CAA non è qualcosa che si fa in una volta sola,
ma è piuttosto un'evoluzione. Per la natura dinamica dello sviluppo della
comunicazione e delle tecnologie di CAA, la valutazione costituisce sempre
un processo continuo. Per fare una valutazione della CAA, bisogna prendere
in considerazione il livello di linguaggio espressivo e recettivo della persona,
ovvero che cosa è in grado di trasmettere e cosa è i n grado di
comprendere.
Una valutazione di CAA può essere svolta da qualsiasi operatore che
abbia esperienza di CAA, che sia un educatore professionale, un
logopedista, un terapista occupazionale, un fisioterapista, uno psicologo
oppure un esperto di tecnologia assistiva.
Il processo della valutazione comporta l'osservazione diretta
dell'alunno nel suo ambiente naturale, la partecipazione del bambino alla
valutazione si limita alla semplice interazione con il suo ambiente e con i suoi
potenziali partner di comunicazione.
Dopo aver condiviso le varie osservazioni tra i genitori e gli operatori, il
passo successivo comporta la compilazione di una o più scale di
valutazione.
Esistono diversi strumenti di valutazione della CAA:
il Participation Model (Modello di Partecipazione)( Beukelman e
Mirenda,1998): In questo modello vengono prese in
considerazione le abilità fisiche, cognitive e di linguaggio della
persona, osservando come comunica e partecipa alle attività
42
a casa, a scuola o nella comunità, in confronto ai coetanei con
sviluppo nella norma;
il SETT Framework (Zabala, 2000) : SETT è una acronimo che sta
per Student, Environment, Tasks, Tools (alunno, ambiente,
compiti, strumenti). Il SETT è uno strumento di tecnologia assistiva
che fornisce una lista di domande strutturate, che permettono
all'équipe di individuare in modo preciso di che cosa ha
bisogno l'alunno per comunicare e partecipare;
Social Networks (Blackstone e Berg, 2003): è uno strumento di
valutazione completo che si basa sui partner di comunicazione
di una persona per individuare i suoi bisogni comunicativi e
scegliere gli interventi di CAA più adeguati. Il primo passo è
procedere con un inventario del linguaggio recettivo ed
espressivo della persona, delle sue abilità di lettura, scrittura,
cognitive, motorie e adattive e di ogni ausilio tecnologico che
eventualmente utilizza. Il Social Networks procede ad
esaminare i partner di comunicazione presenti nella vita della
persona; adotta il modello dei cerchi concentrici per
differenziare le relazioni sociali e i potenziali partner di
comunicazione della persona; nel cerchio più interno si trovano
i membri della famiglia, in quello successivo si trovano gli amici,
seguiti dai conoscenti, dagli operatori e dai partner non
familiari. Il Social Networks segue il formato di un colloquio
durante il quale vengono raccolte le informazioni da parte di
persone rappresentative di ciascun cerchio e anche dalla
persona con bisogni comunicativi complessi.
43
Quinto capitolo.- Conclusioni
Il lavoro presentato ha voluto mettere in evidenza come sia possibile
tracciare un percorso didattico nel quale, attraverso le nuove tecnologie, sia
possibile progettare un intervento educativo per i bambini autistici.
Il problema dell’autismo non ti riguarda fino a quando non incontri e
non condividi un po’ del tuo tempo con un bambino autistico. L’impatto è
spesso traumatico. Ci si sente impotenti e a disagio. Bastano pochi incontri
per capire che è possibile e necessario intervenire. Si delineano molteplici
strategie, tutte sembrano a livello teorico infallibili, ma tutte o quasi tutte
crollano non appena vengono messe in atto. Non è facile progettare un
percorso educativo per un bambino autistico. I metodi, gli strumenti i
programmi, tutto deve essere rimesso in discussione. Bisogna selezionare,
amputare, riprogettare, individuare nuove strade ed avere il coraggio e la
tenacia per percorrerle. Si cambierà spesso rotta ma i tentativi non saranno
mai una battaglia persa. Se siamo riusciti ad individuare, nell’uso delle
tecnologie, un possibile terreno d’incontro con i bambini autistici significa
che siamo sulla buona strada, che non dobbiamo mollare. Offrire ai bambini
DSA nuove opportunità formative, significa aprirsi verso un nuovo concetto
di educazione, integrante e migliorativa. La scuola deve riprogettare il suo
percorso formativo, di vita e lo può fare solo se riesce a coniugare lo
sviluppo e il cambiamento sociale con le urgenti necessità che le si pongono
davanti. La presenza di bambini con BES è una di questa necessità.
L’autismo è una di queste necessità.
In ultima analisi indichiamo le principali tappe o i più importanti criteri
che non dobbiamo dimenticare se vogliamo proporre una strategia
tecnologica:
• L'insegnante
proporrà le attività
tecnologiche senza
rinunciare
all'attuazione della programmazione
ufficiale.
• L'insegnante deve
sempre progettare
il suo intervendo
proponendo un
percorso personalizzato.
PERSONALIZZAZIONE DELL'HARDWARE E
DEL SOFTWARE
L'USO DEL PC NON
DEVE ESSERE MAI
SVINCOLATO DA
ALTRE FORME DI
CONOSCENZA E
DALLE ATTIVITA'
sviluppo e il cambiamento sociale con le urgenti necessità che le si pongono
davanti. La presenza di bambini con BES è una di questa necessità.
ismo è una di queste necessità.
In ultima analisi indichiamo le principali tappe o i più importanti criteri
che non dobbiamo dimenticare se vogliamo proporre una strategia
PERSONALIZZAZIONE DELL'HARDWARE E
DEL SOFTWARE
NUOVO RUOLO DELL'INSEGNANTE
FARE RICORSO ALLE
TECNOLOGIE
ASSISTIVE
L'USO DEL PC NON
DEVE ESSERE MAI
SVINCOLATO DA
ALTRE FORME DI
CONOSCENZA E
DALLE ATTIVITA'
DIDATTICHE .
44
sviluppo e il cambiamento sociale con le urgenti necessità che le si pongono
davanti. La presenza di bambini con BES è una di questa necessità.
In ultima analisi indichiamo le principali tappe o i più importanti criteri
che non dobbiamo dimenticare se vogliamo proporre una strategia
• CAA
• SOFTWARE
SPECIFICI
• L'insegnante da
leader didattico
diventa
"facilitatore".
45
Bibliografia e sitografia
J. M. Cafiero, Comunicazione aumentativa e alternativa. Strumenti e
strategie per l’autismo e i deficit di comunicazione, Edizioni Erickson,
Gardolo(TN), 2009
L. Cottini, Educazione e riabilitazione del bambino autistico, Roma,
Carocci.
Il nostro autismo quotidiano. Storie di genitori e figli, (a cura di)
Carlo Hanau e Daniela Mariani Cerati, Erickson,Gardolo (TN)
2003
Indicazioni nazionali per il curricolo Manuale per l’integrazione
scolastica. I principi, le competenze, la buona pratica. A cura di Carlo
Ricci, Fabbri Editori, 2001
S. Melogno, L. Carsana, Disturbi Pervasivi dello Sviluppo ad alto
funzionamento. Deficit sociale e aspetti riabilitativi. Scione
Editore, Roma
M. Pavone, Dall’esclusione all’inclusione. Lo sguardo della
Pedagogia Speciale,2010, Mondadori Università
V. Pellegrino, S. Di Clemente, Tecnologia dell’istruzione e
dell’apprendimento. Verso un nuovo orientamento pedagogico,
Anicia, 2010
www.erikson.it
http://www.itd.cnr.it/tdmagazine/PDF22/TDDIS22.pdf