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Gli ordini di protezione

Artt. 342bis e 342ter c.c.

L’articolo 342bis prevede che quando la condotta del coniuge o di altro convivente è causa di grave pregiudizio all’integrità fisica o morale ovvero alla libertà dell’altro coniuge o convivente, il giudice (T.O.), su istanza di parte, può adottare con decreto uno o più dei provvedimenti di cui all’articolo 342ter.

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Provvedimenti Consistono essenzialmente nell’ingiunzione al coniuge, o al

convivente violento, di

- cessare la condotta pregiudizievole e, contestualmente,

- di allontanarsi dalla casa familiare, con ulteriore prescrizione, ove occorra,

- di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dall’istante, ed in particolare

- al luogo di lavoro,

- al domicilio della famiglia di origine, ovvero

- al domicilio di altri prossimi congiunti o di altre persone ed

- in prossimità dei luoghi di istruzione dei figli.

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Segue…

Il giudice può disporre, altresì, ove occorra:

- l’intervento dei servizi sociali del territorio o di un centro di mediazione familiare, nonché delle associazioni che abbiano come fine statutario il sostegno e l’accoglienza di donne e minori o di altri soggetti vittime di abusi e maltrattati, nonchè

- il pagamento periodico di un assegno a favore delle persone conviventi che, per effetto dei provvedimenti di cui sopra, rimangono privi di mezzi adeguati, fissando modalità e termini di versamento.

Il provvedimento ha una durata limitata: massimo un anno, eventualmente rinnovabile per il tempo «strettamente necessario» ed in presenza di «gravi motivi».

La violazione dell’OdP è punita con la reclusione fino a 3 anni

Se vi sono figli minori, coordinamento con artt. 330-333 c.c. (competenza del TM)

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Convivente qualsiasi…

La normativa in questione si applica anche nel caso in cui la condotta pregiudizievole sia stata tenuta da altro componente del nucleo familiare diverso dal coniuge o dal convivente, ovvero nei confronti di altro componente del nucleo familiare diverso dal coniuge o dal convivente.

In tal modo, viene preso in considerazione dalla legge ogni comportamento violento tenuto all’interno della famiglia, non solo dal coniuge nei confronti dell’altro, ma da qualsiasi componente nei confronti di tutti gli altri.

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Condotta violenta

La norma non specifica, in termini di tipicità, il contenuto della condotta violenta, limitandosi a richiamare, come unico criterio di valutazione, il pregiudizio, di natura grave, che ne possa derivare per l’integrità fisica o morale, o per la libertà dei conviventi familiari.

Solo in presenza di detto pregiudizio, collegato causalmente e derivante dalla condotta del coniuge o convivente, potrà adottarsi un provvedimento contro quest’ultimo.

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Gestire il conflitto familiare

L’intervento giudiziario, attraverso l’ordine di allontanamento, prova a “gestire” e “contenere” una situazione di crisi familiare…

Provvedimento temporaneo, non di carattere risolutivo bensì passaggio tra un “prima” e un “dopo”

Tutela penale Misura prevista dall’art. 282bis c.p.p., con cui il giudice

prescrive all’imputato:

• Lasciare immediatamente la casa familiare e non accedervi senza autorizzazione

• Non avvicinarsi a determinati luoghi abitualmente frequentati dalla p.o.

• Provvedere al pagamento di assegno a favore delle persone conviventi

Misura applicabile per ampia gamma di reati: 570, 571, 600, 600bis, 600ter, 600quater, 601, 602, 609bis ss., 582, 612bis

Misura prevista ex art. 384bis: allontanamento d’urgenza dalla casa familiare da parte della PG

Ammonimento del questore in caso di stalking, e da recenti interventi legislativi (d.l. 93/13) anche a fatti previsti dagli artt. 581 e 582 c.p. commessi nell’ambito di violenza domestica (anche in assenza di istanza della p.o.)

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Il minore all’interno della propria famiglia• La responsabilità genitoriale: diritti e obblighi.

• Un po’ di storia: dal diritto romano alla rivoluzione francese, codice civile Italia unitaria(1865), codice del 1942… la soggezione alla potestà del padre quale forma di dipendenza economica

• Terminologia : autoritè parentale in Francia, elterliche Sorge (cura parentale) in Germania, parental rights nei paesi di common law, potestà (patria o parentale) poi trasformata in responsabilità genitoriale in Italia

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Responsabilità genitoriale

Nella legislazione europea da tempo si parla di “responsabilità responsabilità genitorialigenitoriali” definite come “insieme di poteri e di doveri diretti ad assicurare il benessere morale e materiale del fanciullo, specialmente mediante la cura della sua persona, il mantenimento delle relazioni personali con lui, la garanzia della sua educazione, il suo allevamento, la rappresentanza legale e l’amministrazione dei suoi beni” (Raccomandazione 84 del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa)

Altrove (art. 2, n. 7 regolamento CE 2201/2003 ), la «responsabilità genitoriale» viene così definita: “i diritti e doveri di cui è investita una persona fisica o giuridica in virtù di una decisione giudiziaria, della legge o di un accordo in vigore riguardanti la persona o i beni di un minore. Il termine comprende, in particolare, il diritto di affidamento e il diritto di visita”.

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Cos’è la responsabilità genitoriale

Potere di prendere decisioni che coinvolgono la vita del figlio, in ogni momento ed in ogni suo aspetto, dai più importanti a quelli più apparentemente banali: prendere decisioni al posto suo!

In teoria, ma non solo…

Il genitore ha il potere di costringere il figlio a fare ciò che non vuole fare, e a non fare ciò che egli vorrebbe fare…

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Compito dei genitori

… sono responsabili dello sviluppo della personalità del figlio ed in quanto tali hanno il dovere di garantire e promuovere i diritti di personalità del figlio, guidandolo all’esercizio libero e responsabile dei medesimi sino alla piena autonomia.

L’esercizio della responsabilità genitoriale deve essere finalizzato allo sviluppo della personalità del figlio minore e quindi a garantire e promuovere i diritti di personalità di quest’ultimo.

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Art. 316 c.c.

Vecchia formulazione: ll figlio è soggetto alla responsabilità dei genitori….

Nuova formulazione: Entrambi i genitori hanno la responsabilità genitoriale che è esercitata di comune accordo tenendo conto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni del figlio.

Resta un potere, ma non forte come prima, l’unico nel nostro ordinamento che vedeva un soggetto sottoposto ad un altro.

La responsabilità educativa è inevitabilmente correlata ad una posizione di potere ed autorità

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I genitori di comune accordo stabiliscono la residenza abituale del minore.

In caso di contrasto su questioni di particolare importanza ciascuno dei genitori può ricorrere senza formalità al giudice indicando i provvedimenti che ritiene più idonei.

Il giudice, sentiti i genitori e disposto l'ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento, suggerisce le determinazioni che ritiene più utili nell’interesse del figlio e dell’unità familiare. Se il contrasto permane il giudice attribuisce il potere di decisione a quello dei genitori che, nel singolo caso ritiene il più idoneo a curare l’interesse del figlio.

Il genitore che ha riconosciuto il figlio esercita la responsabilità genitoriale su di lui. Se il riconoscimento del figlio, nato fuori del matrimonio, è fatto dai genitori, l’esercizio della responsabilità genitoriale spetta ad entrambi.

Il genitore che non esercita la responsabilità genitoriale vigila sull’istruzione, sull’educazione e sulle condizioni di vita del figlio.

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Natura della responsabilità

Tale potere non si atteggia come diritto soggettivo del genitore nei confronti del minore.

Il diritto soggettivo è infatti il potere di agire per il soddisfacimento del proprio interesse, protetto dall’ordinamento giuridico.

Il potere/dovere (responsabilità) in questione invece non è attribuito al genitore nell’interesse proprio, ma per realizzare l’interesse dei figlio (nel caso specifico, i diritti della personalità dello stesso).

La compressione del diritto soggettivo del minore in cui si sostanzia tale responsabilità può essere giustificata solo dalla necessità di salvaguardare altri suoi diritti ritenuti prevalenti.

315bis c.c.• Il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato,

istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni.

• Il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti.

• Il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano.

• Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie capacità, alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa

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I doveri del figlio

Art. 315 bis c.c. (rispettare i genitori e contribuire al mantenimento della famiglia finchè vi convive)

Art. 318 c.c. (non abbandonare la casa dei genitori)

Si tratta di doveri non correlati in alcun modo alla soggezione alla responsabilità, quanto piuttosto – almeno il primo – allo status di figlio (permane, infatti, anche dopo la maggiore età)

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I diritti dei genitori

La posizione di responsabilità – di potere/dovere – ossia la responsabilità, assume nei confronti dei terzi la consistenza di un diritto

I doveri

Mantenere, istruire, educare, e assistere moralmente i figli, tenendo conto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni (art.147 – 315bis c.c.)

Doveri valevoli per ogni rapporto di filiazione

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…in particolare

Obbligo di mantenimento: comprende tutto ciò che appare necessario per dare al figlio una qualità di vita “adeguata”; non cessa automaticamente con la maggiore età

Diritto agli alimenti (art. 433 c.c.), qualora ci si trovi in stato di bisogno (per tutta la vita)

Nuova configurazione

Nella legislazione vigente la responsabilità genitoriale ha perso quel carattere autoritativo che la avvicinava al potere, poiché essa assomma, all’aspetto rappresentativo, quello educativo, di cura e promozione del minore, nel rispetto della sua personalità, per cui potremmo definirla come “quell’insieme di poteri-doveri finalizzati alla crescita spirituale e fisica del figlio”

La dottrina moderna non parla più di potere ma di munus (funzione), una sorta di “ufficio di diritto privato”, concetto che indica l’attribuzione di un potere ad un soggetto per la cura di interessi altrui

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Riassumendo:

La responsabilità genitoriale è una situazione giuridica complessa che si atteggia come dovere e responsabilità nei confronti del minore e come diritto nei confronti dei terzi, ivi compresa la P.A., e fra gli stessi genitori, in caso di conflitto.

Per cui:

la responsabilità genitoriale intesa come potere/dovere–responsabilità essendo finalizzata a garantire lo sviluppo del figlio come persona deve essere esercitata nell’interesse preminente del minore.

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Inoltre…

La responsabilità genitoriale, intesa come espressione del diritto (verso i terzi ed i pubblici poteri) dei genitori ad allevare il figlio ed a garantirne lo sviluppo come persona, incontra dei limiti ove non assicuri il soddisfacimento dell’interesse preminente del minore.

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L’esercizio in concreto della responsabilità genitoriale può riguardare:

1)      questioni di particolare rilevanza relative alla salute o alla educazione o alla vita del figlio, quali, a titolo meramente esemplificativo:

prestare il consenso per trasfusioni di sangue o decidere un intervento chirurgico;

praticare le vaccinazioni;

sottoporre il figlio a psicoterapia;

fissare la sua dimora e residenza;

iscriverlo a una scuola privata o pubblica;

battezzarlo;

praticare circoncisione etc.

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Segue…

2)      questioni non di particolare rilevanza ma influenti sulla vita e crescita del minore, quali:

- scelta delle attività sportive;

- delle attività extrascolastiche;

- delle frequentazioni,

scelte dei genitori naturalmente rapportate all’età dei figli minori.

3)      questioni di ordinaria amministrazione, attinenti quindi all’accudimento e alla cura quotidiana del minore.

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Due aspetti contenutistici della responsabilità1) quello relativo alla rappresentanza del minore

con riferimento alla sfera patrimoniale, all’amministrazione dei suoi beni ed all’usufrutto legale sugli stessi;

2) quello relativo al mantenimento, all’accudimento materiale, all’educazione, all’istruzione ed alle relazioni affettive ed alla rappresentanza del minore con riferimento alla sfera non patrimoniale.

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Interventi sulla responsabilità

AblativiLimitativiSospensivi

Il provvedimento ablativo, incidendo sulla titolarità, opera su entrambi i contenuti.

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Decadenza dalla responsabilità

Ogni decisione rimane preclusa al genitore dichiarato decaduto.

Non sopravvive nemmeno un mero potere di controllo o di vigilanza.

Rimangono però i doveri, ma strettamente limitati all’obbligo di mantenimento con la somministrazione dei mezzi necessari al tutore o all’altro genitore.

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Limitazione

Il provvedimento limitativo incide invece sui contenuti sub 2, e sulla rappresentanza del minore con riferimento alla sfera non patrimoniale e cioè sanitaria, educativa, scolastica, amministrativa.

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Art. 334 c.c.

Rimozione dei genitori dall’amministrazione del patrimonio del minore (quando è male amministrato).

Se entrambi i genitori sono rimossi, l’amministrazione è affidata ad un curatore

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Distinzione tra titolarità ed esercizio

Chi esercita la responsabilità, ovviamente ne è sempre titolare;

chi ne è titolare non necessariamente la esercita.

Art. 317 c.c.: la responsabilità comune non cessa quando in caso di separazione, divorzio annullamento del matrimonio i figli vengono affidati ad un solo genitore, con effetti solo sull’esercizio

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Vi sono dunque situazioni in cui titolarità ed esercizio coesistono, ed altre in cui titolarità ed esercizio sono scissi, ed altre ancora in cui non v’è né titolarità, né esercizio.

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Genitori sposati e conviventi

Gli articoli 147, 316 e 320 c.c. riconoscono identica dignità alla posizione di padre e di madre, costruendo in termini di diarchia il loro rapporto:

essi sono contitolari della responsabilità (316 co.1)

la esercitano ambedue di comune accordo (316 comma 2 e 320 comma 1)

Art. 317 c.c.: impedimento di uno dei genitori

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Genitori non sposati e conviventi

Titolarità ed esercizio spettano congiuntamente ad entrambi secondo le disposizioni dell’art. 316 c.c. e dell’art. 320 1° comma c.c.

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Genitori sposati e non conviventi (cd. separati di fatto)

Ovviamente restano contitolari della responsabilità;

l’esercizio ordinario evidentemente compete al genitore che è affidatario di fatto del figlio.

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Genitori non sposati e non conviventi

La titolarità compete ad entrambi

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Genitori sposati ma separati (o divorziati, o con matrimonio annullato)

Artt. 337 bis e seguenti, che ha recepito i principi della legge 54/06: affidamento condiviso

Se uno dei genitori è morto, o per altre cause non può esercitare la responsabilità

L’esercizio si concentra in modo esclusivo sull’altro e così pure la titolarità nel caso di morte e decadenza (ad es., il caso della straniera giunta in Italia con il figlio il cui padre è rimasto all’estero).

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Se un solo genitore ha riconosciuto il figlio

Spetta a lui titolarità ed esercizio;

tale caso ricorre anche quando un genitore coniugato riconosce il proprio figlio naturale.

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Genitore/i minorenne/i sposato/i Essi sono di diritto emancipati.

L’emancipazione fa cessare la responsabilità dei genitori;

v’è da chiedersi se conferisca il libero esercizio della responsabilità sui loro figli per quanto riguarda i rapporti non patrimoniali;

deve ritenersi di si in quanto da un lato nel procedimento ex art. 84 c.c. il TM ha già valutato la sua maturità psico-fisica. E dall’altro lato l’art. 394 c.c. riguarda esclusivamente i rapporti patrimoniali.

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Genitore/i infrasedicenne/i

In tal caso non v’è chi possa essere titolare ed esercitare la responsabilità;

è applicabile l’art. 11 comma 3° della Legge 184/83: apertura procedura di adottabilità, e sospensione fino al 16° anno o fino al riconoscimento se avviene prima (su autorizzazione del tribunale)

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Genitore minorenne ultrasedicenne non sposato che ha riconosciuto il figlio

In tal caso il genitore minorenne è sicuramente titolare della responsabilità;

ma in quanto incapace di agire non in grado di esercitarla;

nel caso quindi in cui l’altro genitore sia maggiorenne sarà applicabile il 1° comma dell’art. 317 c.c.;

diversamente dovrà nominarsi un tutore a norma dell’art. 343 c.c. (soluzione non condivisa da tutti, anzi minoritaria)

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Nell’adozione in casi particolari

Con la sentenza di adozione in casi particolari il genitore o i genitori adottivi acquistano titolarità ed esercizio della responsabilità ( la responsabilità sull’adottato ed il relativo esercizio) con la conseguenza che i genitori biologici ne risultano per l’effetto privati ( salvo il caso del genitore coniuge dell’adottante).

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Titolarità ed esercizio

La distinzione fra titolarità ed esercizio della responsabilità assume particolare rilievo perché sulla stessa si fonda la distinzione fra provvedimenti ablativi e provvedimenti solo limitativi o sospensivi della responsabilità: i primi incidono sulla titolarità, i secondi sul solo esercizio.

L’individuazione dell’esercente la responsabilità è utile anche al fine di stabilire chi sia legittimato a prestare i consensi agli interventi dei servizi psico-sociali previsti dalla legge 184/83

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Cessazione della responsabilità per raggiungimento della maggiore età da

parte del figlio;

per emancipazione;

per morte del genitore (se muore l’unico genitore o se muoiono entrambi i genitori di figlio minorenne si rende quindi necessaria la nomina di tutore da parte del GT presso il Tribunale Ordinario);

per effetto di un provvedimento ablativo da parte dell’autorità giudiziaria minorile (decadenza dalla responsabilità).

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Effetti della decadenza

La dichiarazione di decadenza dalla responsabilità non necessariamente tronca i legami affettivi ed i rapporti tra minore e genitori; a tal fine occorre specifica pronunzia di interruzione di rapporti.

Inoltre non determina il venir meno dell’obbligo in capo al genitore di contribuire economicamente al mantenimento del figlio.

I provvedimenti adottati ex art. 330 c.c. hanno la funzione di impedire che i figli subiscano pregiudizi a causa della condotta dei genitori ma non hanno alcuna valenza liberatoria rispetto all’obbligo di provvedere al mantenimento dei figli stessi.