R.T.I. DI PROGETTAZIONE
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ING. UMBERTO LUGLI
STUDIO URBANISTICO URB. VALENTINA ALTIERI
PROGETTAZIONE SPECIALISTICA AEROPORTUALE ING. PAOLO SARTORI
PROGETTAZIONE CAD GEOM. MICHELA DAL BIANCO
PROGETTAZIONE SPECIALISTICA AEROPORTUALE ING. ANDREA MANGANARO
Rev. Data
00 Agosto 2009
REGIONE FRIULI VENEZIA GIULIA
PROVINCIA DI GORIZIA COMUNE DI RONCHI DEI LEGIONARI
Piano di Rischio Aeroportuale
Relazione sulla verifica di non assoggettabilità alla VAS e di non incidenza sulle zone SIC-ZPS Pag. 1 di 11
Piano di Rischio Aeroportuale per conto del comune di Ronchi dei Legionari V0074SVRLA0003r00_Relazione_sulla_verifica_di_non_ assoggettabilità_alla_VAS_ e_di_non_incidenza_sulle_zone_SIC-ZPS
INDICE
1 PREMESSA 2
2 CAMPO DI APPLICAZIONE 2
3 CONDIZIONE DI VINCOLO 2
4 INDIVIDUAZIONE E DEFINIZIONE DELLE ZONE DI TUTELA 3
5 PRESCRIZIONI PER LA REDAZIONE DEL PIANO DI RISCHIO 4
6 ADOZIONE DEI PIANI DI RISCHIO 5
7 ASSOGGETTABILITÀ ALLA VAS 5 1.1 Riferimenti normativi 5 1.2 Verifica di assoggettabilità 6
8 INCIDENZA AMBIENTALE SULLA ZONA SIC 6 1.3 Riferimenti Normativi 6 1.4 Caratteristiche generali del sito 7 1.5 Altre caratteristiche sito 8 1.6 Qualità e importanza 8 1.7 Vulnerabilità 10 1.8 Analisi di significatività 10
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1 PREMESSA
Il presente documento, partendo dalla descrizione dei contenuti del Piano di Rischio
Aeroportuale e raffrontandoli con le principali Normative in vigore presso la Regione Friuli
Venezia Giulia, vuole dimostrare la non applicabilità della Valutazione Ambientale Strategica
e le condizioni di insussistenza perché il piano venga sottoposto a Valutazione di Incidenza
Ambientale in relazione alla vicinanza della zona SIC.
2 CAMPO DI APPLICAZIONE
Il piano di rischio è un documento contenente le indicazioni e le prescrizioni da recepire
negli strumenti urbanistici dei singoli Comuni ai sensi dell’art. 707 del codice della
navigazione. Le indicazioni e le prescrizioni sono finalizzate a tutelare il territorio dalle
conseguenze di un eventuale incidente.
Lo scopo dei piani di rischio è quello di rafforzare, tramite un finalizzato governo del
territorio, i livelli di tutela nelle aree limitrof e agli aeroporti , fino ad oggi già urbanizzate
nel rispetto di normative che ne hanno previsto un utilizzo sicuro e compatibile con l’attività
aeronautica.
La regolamentazione relativa ai piani di rischio si applica, come previsto dall’art. 707 del
Codice della Navigazione, a tutti gli aeroporti aperti al traffico civile. Le limitazioni derivanti
dall’attuazione dei piani di rischio , adottati in base al presente paragrafo, si applicano alle
nuove opere e alle nuove attività da insediare nel territorio circostante l’aeroporto.
Il piano di rischio definisce le aree da sottoporre a tutela, la cui estensione nelle direzioni di
decollo ed atterraggio non è preventivamente fissata dal citato art. 707 in ragione del tipo di
aeroporto. Il piano di rischio consente quindi di individuare le aree non soggette a vincolo e
fornisce elementi per l’ottimale gestione della situazione in essere in quelle sottoposte a
tutela.
3 CONDIZIONE DI VINCOLO
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L’art. 707 del Codice della Navigazione prevede la determinazione di vincoli per le zone
soggette a limitazioni, quali quelle nelle direzioni di decollo e di atterraggio; ciò al fine di
mitigare le eventuali conseguenze di un incidente.
La mitigazione delle conseguenze si basa:
• sulla limitazione di presenza umana;
• sull’individuazione di attività non compatibili a causa della potenziale
amplificazione delle conseguenze di incidenti.
4 INDIVIDUAZIONE E DEFINIZIONE DELLE ZONE DI TUTELA
L’esposizione al rischio aeronautico è connessa alla tipologia delle operazioni di volo nonché
alla tipologia di aeromobili che possono operare sull’aeroporto ed è pertanto riferibile alle
caratteristiche tecniche-operative della pista di volo, dipendendo anche essa dalla tipologia
del traffico aeroportuale. In relazione alla distribuzione probabilistica degli eventi aeronautici,
le diverse zone di tutela sono individuate in settori omogenei, illustrati nelle figure seguenti.
Per piste di volo di codice 1 e piste di volo di codice 2:
Per piste di volo di codice 3 e piste di volo di codice 4:
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La geometria delle zone tiene conto della diversa caratterizzazione delle operazioni di
decollo e di atterraggio. Per ciascuna zona sono previsti vincoli all’edifica zione e sono
definite le attività compatibili . La differenziazione delle indicazioni e delle prescrizioni nelle
tre zone provvede a fornire un uniforme livello di tutela.
5 PRESCRIZIONI PER LA REDAZIONE DEL PIANO DI RISCHI O
Fermo restando il mantenimento delle edificazioni e delle attività esistenti sul territorio, per i
nuovi insediamenti sono applicabili i seguenti indi rizzi , in termini di contenimento del
carico antropico e di individuazione delle attività compatibili, che i Comuni articolano e
dettagliano nei piani di rischio in coerenza con la propria regolamentazione urbanistico –
edilizia.
• Zona di tutela A: è da limitare al massimo il carico antropico. In tale zona non
vanno quindi previste nuove edificazioni residenziali. Possono essere previste
attività non residenziali, con indici di edificabilità bassi, che comportano la
permanenza discontinua di un numero limitato di persone.
• Zona di tutela B: possono essere previsti una modesta funzione residenziale, con
indici di edificabilità bassi, e attività non residenziali, con indici di edificabilità
medi, che comportano la permanenza di un numero limitato di persone.
• Zona di tutela C: possono essere previsti un ragionevole incremento della
funzione residenziale, con indici di edificabilità medi, e nuove attività non
residenziali.
Nelle tre zone vanno evitate :
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• insediamenti ad elevato affollamento;
• costruzioni di scuole, ospedali e, in generale, obiettivi sensibili;
• attività che possono creare pericolo di incendio, esplosione e danno ambientale.
I piani di rischio sono redatti sulla base dei piani di sviluppo aeroportuali e costituiscono la
naturale estensione di questi secondo l’interpretazione e le esigenze di governo del territorio
delle Amministrazioni interferite dall’operatività dell’area aeroportuale. In mancanza di tali
piani, il piano di rischio è redatto sulla base della situazione attuale. Nella redazione dei piani
di rischio i Comuni possono adattare il perimetro e l’estensione delle zone di tutela sulla
base della configurazione del territorio.
6 ADOZIONE DEI PIANI DI RISCHIO
Il piano di rischio è redatto dal Comune il cui territorio è interessato dalle zone di tutela e,
qualora tali zone interessino i territori di più Comuni, il piano è redatto in maniera coordinata.
L’ENAC, ricevuto il piano di rischio dai Comuni, esprime il proprio parere sulla base di
valutazioni di tipo aeronautico.
Nelle proprie valutazioni l’ENAC tiene conto dei dati aeronautici che caratterizzano
l’aeroporto nello scenario attuale e futuro così come delineato nel piano di sviluppo
segnalando le eventuali esigenze di adeguamento. I cambiamenti significativi di tali
parametri, se hanno impatto sui piani di rischio adottati, sono comunicati dall’ENAC ai
Comuni al fine di valutare le ricadute sul territorio e di procedere all’eventuale
aggiornamento del piano.
7 ASSOGGETTABILITÀ ALLA VAS
1.1 Riferimenti normativi
Il D.Lgs. 4/2008 (entrato in vigore il 13 febbraio 2008) “Ulteriori disposizioni correttive ed
integrative del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale”
all’Art. 6 comma 2 (ambito di applicazione della VAS) descrive le caratteristiche dei piani e
programmi che vengono sottoposti a VAS: concernano i settori agricolo, forestale, della
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pesca, energetico, industriale , dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle
telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli.
1.2 Verifica di assoggettabilità
Per le caratteristiche dette, il Piano di rischio aeroportuale non costituisce in sé e per sé
uno strumento urbanistico con ricadute dirette sul territorio, quanto piuttosto costituisce un
atto di indirizzo e coordinamento avente carattere prescrittivo per la revisione degli strumenti
di governo del territorio entro le aree interessate e ricadenti entro le zone di sicurezza del
dominio aeroportuale. In quanto tale, non può assimilarsi né riconoscersi in alcuna delle
fattispecie previste dalla vigente normativa in mat eria di Valutazione Ambientale
Strategica (così come riferite dallo stesso D.Lgs. n. 152/2006), poiché esso non ha la
valenza né le caratteristiche di Piano attuativo o di un programma in senso stretto,
concernente direttamente le trasformazioni del territorio con ricadute di natura ambientale.
Né può considerarsi un Piano dei Trasporti, in quanto non ha la facoltà e funzione di
modificare la tipologia, entità, nonché le rotte del traffico aereo in esercizio nello scalo
aeroportuale.
Fatte salve ulteriori specifiche indicazioni contenute in normative nazionali e regionali, per la
redazione dei piani di rischio si applicano i requisiti riportati in seno al regolamento ENAC –
Edizione 2 – Emendamento 4 del 30.01.2008.
Inoltre si rammenta che i contenuti e gli indirizzi (relazioni, cartografia e normativa) del PRA
verranno recepiti ed integrati nella redigenda variante generale al piano comunale per la
quale è sicuramente prevista la redazione della Valutazione Ambientale Strategica.
8 INCIDENZA AMBIENTALE SULLA ZONA SIC
1.3 Riferimenti Normativi
L’art. 6 della Dir. Habitat e il D.P.R. 357/97 prevedono che piani e progetti che possono
svolgere effetti significativi sulle aree Natura 2000, siano sottoposti ad una specifica
procedura di valutazione dell’incidenza che possono avere sulle aree medesime. Tale
procedura si applica anche a piani e progetti esterni alle aree Natura 2000, qualora siano
capaci di generare effetti “significativi” in tali aree.
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La procedura prevede che i proponenti di piani territoriali, urbanistici e di settore (compresi i
piani agricoli e faunistico-venatori), nonché di progetti/interventi che possono avere effetti,
anche temporanei, sulle aree Natura 2000, presentino alle autorità competenti (Ministero
dell’Ambiente o Regione) una relazione documentata (i cui contenuti sono specificati
nell’allegato G del D.P.R. 357/77 e succ. mod. e integr.), che individui e valuti i principali
effetti attesi, tenuto conto degli obiettivi di conservazione dell’area stessa. In FVG la
procedura di valutazione d’incidenza è regolata dalla Del.G.R. 18 luglio 2002, n. 2600,
"Indirizzi applicativi in materia di valutazione di incidenza".
Nel caso specifico, l’area Natura 2000 presa in esame, riguarda la zona SIC IT3340006
“Carso triestino e goriziano” che possiede un’estesnione (ha) pari a 9648 ed un’altitudine
media pari a 250 m.
1.4 Caratteristiche generali del sito
Tipi di habitat % coperta
Marine areas, Sea inlets 1
Salt marshes, Salt pastures, Salt steppes 1
Shingle, Sea cliffs, Islets 1
Inland water bodies (Standing water, Running water) 1
Bogs, Marshes, Water fringed vegetation, Fens 1
Heath, Scrub, Maquis and Garrigue, Phygrana 20
Dry grassland, Steppes 13
Improved grassland 4
Other arable land 1
Broad-leaved deciduous woodland 44
Evergreen woodland 1
Artificial forest monoculture (e.g. Plantations of poplar or Exotic trees) 6
Non-forest areas cultivated with woody plants (including Orchards, groves, Vineyards,
Dehesas) 1
Inland rocks, Screes, Sands, Permanent Snow and ice 3
Other land (including Towns, Villages, Roads, Waste places, Mines, Industrial sites) 2
Copertura totale habitat 100%
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1.5 Altre caratteristiche sito
Area tipicamente carsica con rilievi di tipo collinare (la cima più alta è il M. Cocusso con 670
m s.l.m.) con presenza di numerose doline e fenomeni carsici epigei ed ipogei. Nella zona
orientale è localizzata una valle fortemente incisa dal torrente Rosandra, unico corso
d'acqua epigeo del carso italiano, attraversata da una faglia di contatto fra calcari e flysch..
Qui vi sono anche vaste aree rupestri e ghiaioni termofili, sui quali si rinviene l'associazione
endemica ad impronta illirico-balcanica a Festuca carniolica e Drypis spinosa ssp.
jacquiniana. Nel tratto costiero tra Sistiana e Duino vi sono falesie calcaree con relativa
inacessibilità al mare e brevi tratti di macereti calcarei ricchi in elementi mediterranei. Nella
zona di contatto tra il Carso e la pianura alluvionale dell'Isonzo si trova il corso terminale del
fiume Timavo, che rappresenta un fenomeno idrogeologico di rilevanza internazionale. Esso
infatti nasce in territorio sloveno e dopo alcuni chilometri si inabissa per riaffiorare in territorio
italiano nei pressi di S. Giovanni al Timavo e sfociare in mare dopo alcune centinaia di metri.
Nella porzione più occidentale del sito vi sono inoltre due grandi depressioni carsiche
parzialmente riempite dai laghi di Doberdò e Pietrarossa e separate da una dorsale
calcarea. Essi costituiscono l'unico esempio di sistema di specchi lacustri carsici, alimentati
da sorgenti sotterranee e suscettibili di notevoli variazioni del livello dell'acqua. Questi fanno
parte di un più ampio sistema ideologico cui appartengono anche la contigua area di Salici,
ove si trovano bei esempi di boschi paludosi, e le zone di risorgenza delle "Mucille". Il sito
confina a nord con la Repubblica di Slovenia.
1.6 Qualità e importanza
Data la complessità dell'area sono presenti numerosi habitat anche molto eterogenei, fra cui
numerosi habitat prioritari. Da ricordare le rupi ed i ghiaioni calcarei della Val Rosandra
particolarmente ricchi in endemismi, l'unico esempio di scogliere alte della coste adriatiche
settentrionali, habitat ideale per la stenoendemica Centaurea kartschiana che qui concentra
la maggior parte della sua popolazione, la lecceta extrazonale della costiera triestina, la
vegetazione acquatica e ripariale (fiume Timavo e laghi carsici) e le praterie alofile a
salicornie annuali (Lisert) che qui raggiungono il limite più settentrionale del loro areale di
distribuzione nel bacino mediterraneo. Tra le specie più significative e di pregio, molte delle
quali endemiche e/o di Lista Rossa nazionale, sono da annoverare: Genista januensis (unica
stazione dell'Italia nord-orientale, Daphne alpina, Genista holopetala, Moehringia tommasinii,
Drypis spinosa ssp. jacquiniana, Melampyrum fimbriatum, una delle poche stazioni di
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Digitalis laevigata (anche sul M. Hermada) e di Lactuca quercina ssp. chaixii (anche sul M.
Lanaro) nella zona della Val Rosandra; nella zona del M. Lanaro da segnalare Satureja
subspicata ssp. liburnica (limite occidentale di distribuzione), Carex fritschii (unica stazione
regionale), Orchis pallens, Paeonia mascula; nella zona del M. Hermada si rinvengono
Sesleria juncifolia, Euphorbia fragifera e Onosma dalmatica (= O. javorkae), tutte specie che
hanno qui il limite occidentale della loro distribuzione, ed una delle poche stazioni di Vicia
loiseleurii. Sulle falesie di Duino vi è un'alta concentrazione di specie stenomediterranee ed
endemiche oltre che le ultime stazioni nord adriatiche di Urospermum picroides e Reichardia
picroides. Nell'area dei laghi di Doberdò e Pietrarossa sono presenti stazioni di specie rare
sia termofili sia di umidità quali Lens ervoides, Asterolinon linumstellatum (uniche stazioni
regionali), Crepis vesicaria e Rhagadiolus edulis, Bellevalia romana, Thelypteris palustris,
Alisma lanceolatum, Leersia oryzoides, Scilla autumnalis, Viola elatior, Ranunculus
velutinus, Ranunculus illyricus,Ranunculus lingua, Veronica catenata, Ophioglossum
vulgatum, Linum strictum ssp. Corymbulosum, Zannichellia palustris e Utricularia australis.
Nelle acque dei laghi sono concentrate ben cinque specie di Potamogeton (P. cripsus, P.
lucens, P. nodosus, P. pectinatus e P. pusillus). ). Il Sic del Carso raggruppa uno
straordinario mosaico di zone umide e xerotermiche del Carso goriziano e triestino, e
dev'essere considerato uno dei più importanti d'Italia anche dal punto di vista faunistico. In
queste aree si incontrano numerose entità balcaniche, illirico-mediterranee (Carso triestino)
ed italiche (Carso goriziano), in una comunità faunistica assolutamente unica nell'ambito
europeo (Hyla arborea, Rana ridibunda, Algyroides nigropunctatus, Podarcis melisellensis,
Telescopus fallax, Elaphe quatuorlineata, ecc.). Diffuso e localmente piuttosto comune
Proteus anguinus, vertebrato stigobio di importanza prioritaria (dal 2003), che nella zona
trova il suo limite occidentale di diffusione naturale. Fra le specie più importanti merita
ricordare Austropotamobius pallipes, Triturus carnifex, Rana latastei, Emys orbicularis,
Ursus arctos, Lynx lynx, ed un corteggio di uccelli davvero notevole (Accipiter gentilis, Bubo
bubo, Strix uralensis, Otus scops, Picus canus, Dryocopus martius, Monticola solitarius,
ecc.). Nella zona sono frequenti anche Zamenis longissimus, Podarcis sicula, Podarcis
muralis, Felis silvestris, Canis aureus, Muscardinus avellanarius ed Erinaceus concolor, il
quale in diverse zone del Carso italiano può coabitare con Erinaceus europaeus. Nei
macereti è frequente Chionomys nivalis, che in queste zone si spinge quasi fino al livello del
mare. Tra gli insetti merita segnalare la presenza di Leptodirus hochenwarti, conosciuto solo
per alcune grotte di quest'area nell'ambito dell'intero territorio italiano, oltre che di Eriogaster
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catax, Euphydryas aurinia e Coenonympha oedippus. Nell'area sono presenti inoltre
Lucanus cervus e Morimus funereus, mentre esistono alcune vecchie segnalazioni di
Osmoderma eremita.
1.7 Vulnerabilità
L'imponente sistema idrologico sotterraneo risulta particolarmente vulnerabile
all'inquinamento idrico e alla realizzazione di infrastrutture, soprattutto in relazione alla
conservazione di Proteus anguinus, minacciato anche dall'abuso delle raccolte amatoriali. Le
cavità carsiche rivestono notevole valore per i Chirotteri, per tale motivo l'accesso alle grotte
di maggiore importanza andrebbe regolamentato per limitare il disturbo derivato dall'attività
speleologica. La tutela delle rare e localizzate raccolte d'acqua esistenti è prioritaria per la
conservazione delle risorse biogenetiche di importanza nazionale, costituite dalle popolazioni
di Hyla a. arborea e Rana ridibunda. Nella zona del lago di Doberdò potrebbero essere
costruiti dei sottopassi in corrispondenza di punti critici noti per limitare la mortalità di anfibi
dovuta ad investimenti stradali. I processi di incespugliamento, comuni a tutta l'area carsica,
producono una forte contazione delle praterie temofile ("lande") con il rischio di una notevole
perdita di biodiversità sia nella componente floristica che in quella faunistica. I cambiamenti
di uso del suolo, quali ad es. l'impianto di vigneti, causano una notevole perdita in
biodiversità oltre che erosione del suolo. L'arrampicata sportiva o percorsi turistici molto
frequentati sono inoltre fonte di disturbo soprattutto per l'avifauna nidificante sulle pareti
verticali. A ridosso del sito vi sono poi tutta una serie di impianti industriali di notevoli
dimensioni, dotti energetici ed infrastrutture fonti di vulnerabilità e inquinamento floristico.
1.8 Analisi di significatività
Per quanto attiene la verifica di significatività all’incidenza ambientale nei confronti
dell'esistente zona SIC (promontorio del Re di Puglia interferito parzialmente dall'area di
tutela "C"), basandosi sempre sulle caratteristiche anzidette del Piano di Rischio
Aeroportuale (cfr. 1-2-3-4-5), non essendo uno strumento in grado di modificare le rotte dei
corridoi di avvicinamento/decollo degli aeromobili cui la zona SIC risulta già soggetta,
essendo inoltre il traffico aereo della testata in questione molto contenuto (inferiore al 10%)
e non prevedendo modifiche sostanziali al PRG che comportino un aumento delle attuali e
nuove destinazioni edificatorie sulla zona, ma anzi assolvendo una funzione di controllo e
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limitazione degli insediamenti, il PRA non genera effetti significativi anche tempo ranei
sull’area di interesse .
Sovrapposizione della superficie di avvicinamento dei decolli/atterraggi con la zona SIC IT3340006
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