I farmaci ossazolidinonici________________________________________________________
Università degli Studi Magna Graecia
Di Catanzaro.
Facoltà di Farmacia
Scuola di Specializzazione in Farmacia Ospedaliera
I Anno
Insegnamento di Chimica Farmaceutica e tossicologica I
Dott.ssa Mariagrazia Pedace
Chiar.mo Prof. S. Alcaro
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I farmaci ossazolidinonici________________________________________________________
I FARMACI
OSSAZOLIDINONICI
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I farmaci ossazolidinonici________________________________________________________
INDICE
Premessa
1. Introduzione
2. Chimica
2.1. Struttura base.2.2. Modifiche apportate alla struttura base2.3. Relazioni struttura-attività e struttura tossicità
3. Meccanismi d’azione e di resistenza
3.1 Il target biologico: la sintesi proteica3.2. Meccanismo d’azione3.3 Meccanismo della resistenza
4. Attività in vitro e in vivo
4.1. Attività in vitro4.2. Attività in vivo
5. Caratteristiche farmacocinetiche
6. Usi clinici
7. Effetti indesiderati
8. Conclusioni
9. Bibliografia
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Premessa
A seguito della scoperta da parte di Fleming (1929) dell’attività battericida di alcuni
metaboliti del Penicillum notatum ha avuto inizio la cosiddetta “era antibiotica”,
caratterizzata da importantissimi successi terapeutici. Nei decenni successivi sono stati
immessi in commercio numerosi antibiotici che, pur dissimili per natura chimica e
caratteristiche farmacologiche, hanno permesso la risoluzione di infezioni fino ad allora
letali.
Da qualche anno a questa parte, però, il fronte della chemioterapia ha subito una battuta
d’arresto legata al preoccupante aumento del numero di ceppi batterici e micotici divenuti
resistenti nei confronti degli antimicrobici in uso. I dati pubblicati sono quantomai
preoccupanti basti pensare che, ad esempio, negli USA il 34% dei ceppi di
Staphylococcus aureus isolati in ambiente nosocomiale sono resistenti alla meticillina
(MRSA), in America Latina il 35%, in Europa il 26% (con un minimo del 2% in Svizzera
ed un massimo del 54% in Portogallo). Discorsi sovrapponibili sono quelli che riguardano
ceppi di Streptococcus pneumoniae resistenti alle penicilline ed alle cefalosporine, ceppi
di enterococchi resistenti alla vancomicina (VRE) e alcuni ceppi di Mycobacterium
tubercolosis ed avium.
I motivi per i quali il fenomeno della resistenza è in costante aumento sono vari e
difficilmente scindibili: la mutazione da parte dei microrganismi, che diventano così
insensibili ai chemioterapici, è certamente legata all’uso sconsiderato degli antibiotici ma
anche all’assunzione inconsapevole degli antibiotici stessi ingeriti con gli alimenti poiché
utilizzati come promotori della crescita. Inoltre occorre considerare l’incremento degli
stimoli mutagenici correlati a insulti chimico-fisici tipici della moderna società. A questo
si deve aggiungere l’aumento del numero di soggetti immunodepressi che rappresentano
la maggioranza delle vittime di talune infezioni ed in particolare di quella tubercolotica
sostenuta da ceppi di micobatteri resistenti anche alla terapia combinata.
E’ quindi chiaro come la moderna ricerca punti allo sviluppo di nuove molecole
antimicrobiche capaci di inibire anche i ceppi resistenti e in quest’ottica si inserisce
l’interesse nei confronti degli ossazolidinoni.
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1. Introduzione
Gli ossazolidinoni rappresentano una classe di antimicrobici di sintesi capaci di inibire diversi
ceppi di microrganismi multiresistenti presentando un’attività batteriostatica che, a determinati
dosaggi e in relazione ad alcuni ceppi, può diventare battericida.
L’interesse verso tali molecole fu inizialmente legato alla loro attività inibitoria nei confronti
delle monoaminossididasi e, pertanto, furono saggiate come antidepressivi. In un primo
momento, quindi, sono state disegnate in modo tale da interagire con un target ben preciso, le
MAO, inibendole per impedire la demolizione ossidativa delle catecolamine. Si scoprì
successivamente, e in maniera fortuita nel corso di uno screening,che tali composti avevano
attività antimicrobica e riuscivano a controllare alcune infezioni, batteriche e fungine, del
fogliame di varie piante (1978). Da qui la scoperta del meccanismo d’azione, cioè l’inibizione
della sintesi proteica, e lo studio per l’uso nell’uomo. Così nel 1987 si ebbe il primo tentativo di
introduzione degli ossazolidinoni nella terapia per infezioni sostenute da microrganismi
resistenti in sistemi biologici umani. Dopo varie vicissitudini la FDA ha recentemente
approvato la commercializzazione del Linezolid per la terapia di infezioni cutanee e dei tessuti
molli.
Gli ossazolidinoni rappresentano, quindi, uno dei rari casi in cui l’approccio razionale e quello
più tradizionale hanno concorso allo sviluppo di una nuova e importante classe di farmaci.
Infatti ad una prima fase legata alla casualità è seguita una fase di approccio moderno legata
alla razionalità e, quindi, all’individuazione del target e al successivo lavoro di design per la
costruzione di molecole capaci di svolgere l’attività richiesta.
Accanto al capostipite Linezolid vi sono molti composti in fase di studio e particolare
attenzione merita l’ AZD2563 recentemente saggiato in vitro.
Le prospettive dello sviluppo degli ossazolidinoni appaiono quantomai interessanti poiché tali
molecole sono dotate di elevata attività antimicrobica nei confronti di ceppi multiresistenti (in
particolare Gram-positivi aerobi e micobatteri), agiscono mediante un meccanismo unico tra gli
antimicrobici annullando così il problema della cross-resistenza, difficilmente inducono
resistenza, possiedono caratteristiche farmacocinetiche favorevoli, presentano scarsa tossicità.
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2. Chimica.
2.1. Struttura base.
La struttura base dei composti ossazolidinonici è:
Il primo composto ossazolidinonico ad attività antibatterica fu un derivato della sulfanilamide
denominato S-6132. In particolare il gruppo amminico in para, cui si attribuisce l’attività
antibatterica del sulfamidico, veniva sostituito dal raggruppamento 5-metossimetil-2-
ossazolidononico.
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a questa struttura sono state apportate modifiche a carico della porzione aromatica o
eterociclica nella posizione 4 del nucleo benzenico.
In una prima fase gli studiosi hanno sintetizzato numerose molecole e ne hanno saggiato
l’attività andando quasi per tentativi, come nell’approccio tradizionale, poiché non era noto il
target del farmaco. Successivamente, individuato il bersaglio, si è aperta una ricerca razionale
che si è basata sul disegno di molecole capaci di catalizzare la modificazione biologica
richiesta.
2.2. Modifiche apportate alla struttura base.
La DuPont, che aveva commercializzato l’antimicrobico per le piante, fu attratta dalla
prospettiva dell’utilizzo nell’uomo e produsse, nel 1987, due molecole (Dup-721 e Dup-105)
dotate di notevole attività antimicrobica nei confronti di vari Gram-positivi ma anche di elevata
tossicità. L’attività di queste strutture fu attribuita all’aumento della rigidità delle nuove
molecole (doppio legame carbonio- ossigeno) e alla modifica delle caratteristiche acido-base .
A causa della notevole tossicità fu abbondanata la ricerca su tali molecole che tornarono alla
ribalta anni dopo quando la Upjon Company, reduce dal successo avuto dai fluorochinoloni,
puntò sugli ossazolidinoni fluorosostituiti.
Le molecole a cui si è giunti sono l’U-100592 e l’U100766 rispettivamente Eprezolid e
Linezolid. Quest’ultimo recentemente introdotto in commercio (ZYVOX ®).
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La sintesi del Linezolid è riportata di seguito:
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Utilizzando come lead compound il Dup-105, la cui attività è attribuita al gruppo solforato, si
propose l’analago tiomorfolinico del linezolid che è un potente antimicobatterico. La sintesi si
ottiene sostituendo la tiomorfolina alla morfolina secondo lo schema della sintesi del linezolid.
Recentemente è stata proposta la sintesi dei derivati ossazolidinonici a partire dal D-mannitolo.
Da qui si ottiene un intermedio che è punto di partenza per ottenere i derivati chirali degli
ossazolidinoni:
Ulteriori studi sono stati condotti per saggiare l’attività dei derivati solfossido e solfone dell’U-
1000480 ma questi sono risultati inattivi:
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Le conclusioni degli studi condotti dalla DuPont e dalla Pharmacia mostrano come la
sostituzione in C-5 dell’anello ossazolidinonico permetta una modificazione dell’attività
antibatterica. In particolare una porzione acetilaminometilica sembra essere una buona
soluzione. Sono stati riportati studi relativi ad altri sostituenti come 5-tiourea (a), 5-tiocarbamati
(b), 5-ditiocarbamati (c), e sostituenti dell’azoto eterociclico (d) .
d
La serie dei derivati ossazolidinonici che presentano una sostituzione in C-5, particolarmente
per quanto riguarda le porzioni imidazoliche e triazoliche, e gli acidi idrossamici rappresentano
i composti di maggiore interesse poiché con maggiore attività.
I derivati 5 triazolidinici e 5 imidazolidici si sintetizzano come segue:
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Partendo dalla reazione della morfolina con il 3,4-difluorinitrobenzene si ottiene un intermedio
chiave dal quale possiamo ottenere i derivati triazolidinici (compresi quelli 4 o 5 sostituiti)
oppure i derivati imidazolici o, ancora, i derivati dell’acido idrossammico.
Il derivato più importante è il PH-027 cioè un derivato triazolico. In posizione 4 e 5 di
quest’ultimo anello si possono apportare notevoli modifiche a seconda dei sostituenti. Il PH-
027 sembra comunque essere una molecola dotata di maggiore attività rispetto ai suoi derivati.
L’inserimento di un quarto anello, evidentemente, costringe l’intera struttura a ripiegarsi nello
spazio in modo tale da interagire al meglio con il target. I sostituenti, invece, riducono l’attività
poiché modificano la tridimensionalità stessa e la polarità della molecola. Attraverso lo stesso
procedimento si può ottenere il derivato imidazolico.
L’attenzione degli scienziati si è rivolta anche ai derivati dell’acido idrossamico. Partendo,
come s’è detto, dal medesimo intermedio:
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All’interno di questa panoramica, quindi, maggiore importanza ricopre il composto PH-027 in
quanto ha dimostrato un’attività antimicrobica nei confronti di vari Gram positivi
multiresistenti paragonabile a quella del linezolid e della vancomicina.
2.3.Relazioni struttura-attività e struttura-tossicità.
Gli ossazolidinoni sono dei composti multiciclici la cui attività antimicrobica sembra essere
strettamente dipendente proprio dalla presenza di più anelli fusi. In questo gli ossazolidinoni
possono essere assimilati ai fluorochinoloni e, come proprio questi, presentano solo un isomero
attivo. E’ da sottolineare come la presenza di più anelli permetta di apportare numerose
modifiche cambiando i sostituenti e produrre così molecole con attività e tossicità molto
variabili.
I primi ossazolidinoni presentavano strutture bicicliche in particolare si trattava di metil-sulfinil
e acetilfenil derivati. Proprio queste strutture presentavano notevole tossicità ridotta poi
dall’introduzione del terzo anello ed in particolare dalla presenza di un anello aromatico a cui è
legato un atomo di fluoro e da anelli piperazinici.
Così le strutture tricicliche mostrano potente attività antimicrobica nei confronti dei ceppi
meticillino resistenti e i derivati morfolinici hanno attività antimicotica. . I nuovi composti
presentano, quasi tutti, bassa tossicità
In generale possiamo dire che per avere un’attività antimicrobica è necessario un nucleo
ossazolidinonico che può essere rimpiazzato da un anello a struttura butenodilica ma non da un
nucleo pirrolidonico o pirrolidinico. Fondamentale è anche la funzione acetilaminometilica
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chirale (S) accanto all’ossigeno. La sostituzione con gruppi formile, metossiacetile e dicloro
acetile riduce l’attività. E’ altrettanto importante che le posizioni 4 del nucleo ossazolidinonico
e 6’ del benzene non abbiano sostituenti. Ancora l’azoto dell’anello ossazolidinonico deve
avere un anello benzenico sostituito in 3 e/o 4. Il fluoro in posizione 3 sembra essere il miglior
sostituente, mentre in posizione 4 possiamo trovare gruppi acetile, arile, metilsolfossido. Inoltre
la presenza in tale posizione di morfolina o tiomorfolina induce notevole attività antimicotica.
.
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3. Meccanismi d’azione e di resistenza.
3.1. Il target biologico: la sintesi proteica.
Gli ossazolidinoni sono inibitori della sintesi proteica. I batteri possiedono ribosomi 70S:
Il ribosoma 70S è formato da due subunità: 30S e 50S.
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30S
50S
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A sua volta la subunità 30S è composta da 16S rRNA e 21 proteine (S1-S21). La subunità 50S
possiede 5S, 23S rRNA e 36 proteine (L1-36). Il ribosoma si assembla per la sintesi proteica e i
vari costituenti si separano alla fine di essa. Sono necessari anche l’f-metil transfer RNA,
l’RNA messaggero, i fattori di iniziazione (EF-Tu) e il GTP che libera l’energia necessaria per
il processo. Assemblate le due subunità il tRNA trasporta il primo aminoacido cioè la metionina
e in questa fase il sito peptidico (P) e quello aminoacidico (A) sono liberi. Successivamente il
tRNA che trasporta l’aminoacido codificato dal secondo codone del mRNA, in associazione
con i fattori di allungamento e il GTP, si lega al sito A. Il tRNAs e l’mRNA sono legati da una
interazione codone-anticodone e l’aminoaciso trasportato viene condotto alla subunità 50S.
L’energia liberata dal GTP consente una modificazione conformazionale che permette il
trasferimento dell’aminoacido dal sito A al sito P e il conseguente allungamento della catena
peptidica in costruzione. Grazie all’energia liberata dal complesso EF-G-GTP è possibile far
scorrere l’mRNA e leggere il codone successivo cosicché il tRNA possa trasportare il nuovo
aminoacido nel sito A.
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3.2. Meccanismo d’azione degli ossazolidinoni.
Gli ossazolidinoni si legano alla subunità 50S del ribosoma sull’interfaccia con la subunità 30S.
Il sito di legame è adiacente a quello della lincomicina e del cloramfenicolo con i quali,
pertanto, esiste competizione. In particolare si tratta di un sito vicino alla regione centrale del
dominio V dell’RNA ribosomiale 23S cioè il centro peptil-transferasico.
23S
Recenti ricerche dimostrano come gli ossazolidinoni si leghino al sito P, impediscano il legame
dell’fMet-tRNA al sito P e la traslocazione dal sito A al sito P. Non impediscono, invece la
formazione dell’fMet-RNA.
Pertanto il meccanismo d’azione degli ossazolidinoni è differente rispetto a quello mostrato
dagli altri antimicrobici inibitori della sintesi finora conosciuti.
Gli ossazolidinoni risultano essere batteriostatici ma ad alti dosaggi possono presentare attività
battericida
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3.3. Meccanismo della resistenza.
Proprio per l’unicità del meccanismo d’azione gli ossazolidinoni non mostrano cross-resistenza.
Per tale motivo la resistenza a questi antimicrobici è difficilmente espressa tanto da indurre in
difficoltà i ricercatori.
Sono stati isolati, comunque, ceppi di E.faecium resitstenti al linezolid. Tale resistenza è da
attribuirsi ad una mutazione a carico del 23S rRNA. In particolare una sostituzione da G ad U in
posizione 2576 nel centro peptidil trnsferasico.
Anche alcuni ceppi di Escherichia coli mostrano resistenza per mutazione in posizione 2032 e
2447 sempre del 23 S rRNA. Ceppi di S. aureus mostrano mutazione in 2447 e S. pneumoniae
in 2576.
Mutazione in E. coli
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4. Attività in vitro e in vivo.
4.1. Attività in vitro.
In vitro il Linezolid è molto attivo nei confronti dei batteri Gram-positivi aerobi ma poco verso
i Gram-negativi.
In particolare la concentrazione minima inibente MIC90 per lo S .aueus è di 2mg/L; per lo S:
pneumoniae tra 0,5-2 mg/L; per gli enterococchi faecium e faecalis 2-4 mg/L; S. pyogenes
4mg/L. Inoltre il Linezolid è attivo nei confronti di Nocardia, Listeria monocytogenes,
Pediococcus, Corynebacterium. Importante è anche l’attività registrata nei confronti di alcuni
Mycobacterium e soprattutto quella relativa al Mycobacterium tubercolosis (2mg/L), e M.
avium (2mg/L). Di gran lunga minore è l’attività mostrata nei confronti del Mycoplasma
pneumoniae (64 mg/L).
Pochi mesi addietro è stato pubblicato un importante studio che apre nuove prospettive
terapeutiche: 2mg/L di AZD2563 inibiscono il 98% dei ceppi Gram-positivi aerobi, compresi i
ceppi multiresistenti e 4mg/L il 100%.
4.2. Attività in vivo.
In vivo gli ossazolidinoni, particolarmente il Linezolid, presentano attività sovrapponibile a
quella mostrata in vitro. Il LInezolid è attivo su: Staphylococcus aureus inclusi i ceppi
meticillino resistenti, Staphylococcus epidermidis e altri stafilococchi coagulase-negativi
compresi i ceppi mwtcillino resistenti, Streptococcus pneumoniae inclusi ceppi multiresistenti,
Streptococcus pyogenes e altri streptococchi betaemolitici, Viridans streptococci, Enterococcus
faecalis compresi i ceppi vancomicina resistenti, Enterococcus fecium, Corynebacterium
species, Listeria monocytogenes, Mycobacterium tbercolosois, Mycobacterium avium,
Mycobacterium fortuitum, Nocardia species.
In vivo, oltre alle infezioni cutanee e dei tessuti molli sostenute da Staphylococcus aureus,
Streptococcus pyogenes, o Streptococcus agalactiae e alle infezioni polmonari acquisite in
comunità o di tipo nosocomiale sostenute da Steotococcus pneumoniae e Staphylococcus
aureus, sono state saggiate numerose infezioni riconducibili a diversi ceppi multiresistenti.
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Ad esempio alcune recenti pubblicazioni riportano buoni risultati su endocarditi da
Staphylococcus aureus meticillino resistenti in modelli animali. Studi correlabili sono quelli
relativi ad endocarditi sostenute da Enterococcus faecium.
5. Caratteristiche farmacocinetiche.
Gli ossazolidinoni presentano una buona cinetica. Possono essere somministrati per via orale o
parenterale.
La dose prevista nella somministrazione per os è di 400 mg ogni 12 ore e 600 mg per le
infezioni severe. L’assorbimento è ridotto dalla contemporanea assunzione di cibo. La
biodisponibilità è del 100%. La concentrazione massima plasmatica si registra a distanza di 2
ore dalla somministrazione orale. Il legame alle proteine plasmatiche è del 31% ca consentendo
così una buona distribuzione nei tessuti.
La metabolizzazione del Linezolid produce composti per ossidazione enzimatica. Il farmaco
non induce il citocromo P450. L’eliminazione avviene soprattutto per via renale.
Per le sue caratteristiche farmacocinetiche il Linezolid potrebbe essere somministrato a dosagio
pieno in soggetti con funzionalità epetica e renele compromessa. Rimangono., però, forti dubbi
sull’utilizzo in pazienti con grave danno epatico e in dialisi. Proprio su tali pazienti sono in
corso studi.
6. Usi clinici del Linezolid.
La FDA ha approvato il Linezolid per il trattamento di infezioni sostenute da ceppi di
Enteroccus faeciun vancomicina resistenti. Inoltre per le polmoniti acquisite in comunità
sostenute da Steotococcus pneumoniae e quelle nosocomiali da Staphylococcus aureus. Ancora
per le infezioni cutanee dei tessuti molli da Staphylococcus aureus (sensibili o resistenti alla
meticillina), streptococcus pyogenes, o Streptococcus agalactiae.
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Le percentuali di successo riportate da vari studi sono molto incoraggianti: con un trattamento
di 600mg ogni 12 ore sa ha la risoluzione dell’88,6% delle infezioni sostenute da enterococchi
vancomicina resistenti e l’73,7% con un dosaggio di 200mg.
Inoltre sono stati registrati in trias clinici importanti successi in merito ad infezioni intra
addominali, osteomieliti ed endocarditi di origine batterica.
Una buona prospettiva è quella della terapia con Linezolid di infezioni dei tessuti osteoarticolari
e del liquido sinoviale poiché il farmaco si accumula nell’osso e nel liquido stesso. Ancora sono
stati registrati buone concentrazioni a livello del liquido cerebrospinale e si indaga per valutare
la qualità dell’intervento con Linezolid nelle meningiti.
Ancora di gran rilievo è l’attività mostrata su ceppi di Mycobacterium tubercolosis
multiresistenti e in tale campo i nuovi ritrovati sembrano avere maggiore efficacia rispetto al
capostipite Linezolid.
7. Effetti indesiderati.
Gli ossazolidinoni hanno, come detto in precedenza, tossicità variabile. Gli studi condotti sul
Linezolid riportano una bassa tossicità. Sono stati riportati disturbi gastroenterici ma soprattutto
effetti ematologici. In particolare mielosoppressione con trombocitopenia e anemia. In pazienti
trattati per più di sei mesi si è registrata neuropatia.
E’ importante ricordare che i primi ossazolidinoni furono sviluppati come inibitori delle MAO
e pertanto va adeguatamente valutata la contemporanea assunzione di questi antimicrobici con
farmaci che interagiscono con le monoaminossodasi anche se recenti evidenze sperimentali
sembrano escludere interazioni tra ossazolidinoni e sostanze serotoninergiche o inibitori del
reuptake della serotonina.
Gli ossazolidinoni vanno usati con cautela in soggetti nefropatici poiché gli studi effettuati non
escludono categoricamente un peggioramento delle condizioni renali.
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8. Conclusioni.
Gli ossazolidinoni sono molecole molto interessanti dal punto di vista strutturale. Consentendo
numerose variazioni sulla struttura base hanno incuriosito i gruppi di ricerca multidisciplinari e
soprattutto i chimici farmaceutici che hanno sviluppato diverse molecole. Selezionato il lead
compound si procede secondo una logica strettamente razionale ma è opportuno ricordare che
tali composti erano stati disegnati per altri scopi e che la scoperta della loro attività
antimicrobica è del tutto casuale.
Il recente sviluppo del composto AZD2563 apre nuovi scenari nel campo della terapia
ossazolidinonica e, qualora si rivelasse idoneo all’uso nell’uomo, molte infezioni multiresistenti
sarebbero bedellate.
In definitiva gli ossazolidinoni presentano notevoli possibilità di sviluppo proprio per la loro
struttura chimica.
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