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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI
“FEDERICO II”
SEMINARIO:
ESEMPI APPLICATIVI
DI ANALISI DEI SEGNALI BIOMEDICI
A cura di: Ing. Marcella Matrecano
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INDICE
1 GENERALITÀ 4
1.1 INGEGNERIA BIOMEDICA 4 1.1.1 SETTORI DI APPLICAZIONE 4 1.1.2 AMBITI DI LAVORO 5 1.1.2.1 Strumentazione biomedica 5 1.1.2.1.1 Strumentazione diagnostica 5 1.1.2.1.2 Strumentazione terapeutica 5 1.1.2.1.3 Strumentazione riabilitativa 6 1.1.2.2 Informatica biomedica 6 1.1.2.3 Biomeccanica 7 1.1.2.4 Esempi applicativi 7
2 L’ ANALISI DEI SEGNALI BIOMEDICI 8
2.1 DEFINIZIONE DI SEGNALE 8 2.1.1 ELABORAZIONE NUMERICA DEI SEGNALI 8 2.1.1.1 Trasduzione 9 2.1.1.2 Condizionamento 9 2.1.1.3 Conversione analogico/digitale 10
3 ESEMPI E APPLICAZIONI PRATICHE 12
3.1 PH-METRIA ESOFAGEA 13 3.1.1 IL SEGNALE DI PH 13 3.1.2 TECNICHE DI REGISTRAZIONE 13 3.1.2.1 Gli elettrodi 13 3.1.2.2 Registratori 14 3.1.2.3 Metodologia d'esecuzione 15 3.1.3 ANALISI 17 3.1.4 APPLICAZIONI CLINICO-DIAGNOSTICHE 19 3.2 MANOMETRIA ESOFAGEA 20 3.2.1 TECNICA DI REGISTRAZIONE 20 3.2.2 STUDIO DEGLI SFINTERI ESOFAGEI 20 3.2.2.1 Metodologia d’esecuzione 20 3.2.2.2 Analisi 21 3.2.2.3 Volume Vettore 23 3.2.3 STUDIO DELLA PERISTALSI ESOFAGEA E DEL RILASCIAMENTO DEGLI SFINTERI ESOFAGEI 23 3.2.3.1 Metodologia d’esecuzione 23 3.2.3.2 Analisi 24 3.2.3.3 Rilasciamento del LES 24 3.2.4 APPLICAZIONI CLINICO - DIAGNOSTICHE 25 3.3 ELETTROGASTROGRAFIA 26 3.3.1 IL SEGNALE ELETTROGRASTROGRAFICO 26 3.3.2 TECNICHE DI REGISTRAZIONE ED ANALISI 28 3.3.3 I PARAMETRI EGG 29 3.3.3.1 Frequenza dominante ed energia 29 3.3.3.1.1 Significato clinico 29 3.3.3.2 Variazioni relative dell'energia 30 3.3.3.2.1 Definizione e calcolo 30
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3.3.3.2.2 Significato clinico 31 3.3.3.3 Percentuale di onde lente normali 31 3.3.3.3.1 Definizione e calcolo 31 3.3.3.3.2 Significato clinico 32 3.3.3.4 Percentuale di disritmia gastrica 32 3.3.3.4.1 Definizione e calcolo 32 3.3.3.4.2 Significato clinico 33 3.3.3.5 Coefficiente di instabilita' 33 3.3.3.5.1 Definizione e calcolo 33 3.3.3.5.2 Significato clinico 33 3.3.4 VALIDAZIONE DEL SEGNALE EGG 33 3.3.5 APPLICAZIONI CLINICHE DELL'EGG CUTANEA 34 3.3.5.1 Egg nei pazienti adulti 34 3.3.5.2 Egg in età pediatrica 34
4 APPENDICE 35
4.1 CALCOLO DELLA FREQUENZA DOMINANTE E DELL’ENERGIA DOMINANTE 35 4.1.1 UNITA' DI MISURA DELLA FREQUENZA E DELL'ENERGIA 36 4.2 LA FREQUENZA FONDAMENTALE E LE ARMONICHE 37
5 BIBLIOGRAFIA 38
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1 GENERALITÀ
1.1 Ingegneria biomedica L' Ingegneria biomedica è una branca dell'ingegneria che utilizza le metodologie e le tecnologie
proprie dell’ingegneria al fine di comprendere, formalizzare e risolvere problematiche di interesse
medico-biologico, mediante una stretta collaborazione degli specialisti dei vari settori coinvolti.
L'ingegnere biomedico, quindi, per poter svolgere bene il proprio lavoro deve non soltanto
conoscere i metodi e gli strumenti dell'ingegneria classica ma anche le problematiche nei campi
della medicina e della biologia. Egli deve infatti fornire la propria collaborazione a partire dalla fase
di studio del problema medico-biologico, in modo da poter avere una visione globale completa e
non presentata a posteriori da medici o biologi.
Per questo motivo la preparazione dell'ingegnere biomedico deve necessariamente comprendere
conoscenze di anatomia, biologia, fisiologia, patologia; oltre ovviamente alle conoscenze
ingegneristiche di base come matematica, fisica, meccanica, chimica, energetica, elettronica,
informatica e gestionale.
1.1.1 Settori di applicazione L'ingegnere biomedico lavora in differenti settori dell'ingegneria, dallo sviluppo, alla progettazione,
alla organizzazione.
Sviluppo
L'ingegnere biomedico sviluppa:
• metodi di analisi per sistemi biologici molto complessi, per poterli semplificare
utilizzando modelli artificiali
• metodi di analisi e acquisizione di segnali che provengono dai sistemi biologici, per
poterli codificare con una strumentazione adatta.
• si occupa anche della sicurezza relativa ai dispositivi medici e quindi dovrebbe
conoscere le normative vigenti
Progettazione
L'ingegnere biomedico progetta:
• apparecchiature elettromedicali per la diagnosi, la terapia e la riabilitazione
• organi artificiali e protesi
• sistemi informativi dedicati alla sanità e alla telemedicina
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Organizzazione
L'ingegnere biomedico organizza:
• l'uso e la manutenzione della strumentazione biomedica
• l'organizzazione dei reparti e delle aziende ospedaliere
1.1.2 Ambiti di lavoro
1.1.2.1 Strumentazione biomedica L'ambito della strumentazione biomedica si occupa di progettazione, sviluppo, realizzazione e test
di dispositivi meccanici e/o elettronici da applicare in ambito clinico, o altrimenti come ausilio
all'attività di ricerca nelle scienze biologiche e fisiologiche.
La strumentazione biomedica può essere suddivisa in vari settori a seconda della modalità di
classificazione scelta, ossia in base allo scopo clinico, al campo di applicazione, alla zona
dell'organismo interessata, al tipo di analisi effettuata o alla fonte di energia utilizzata.
In riferimento alla prima modalità citata, l'ambito clinico, la strumentazione può essere:
• diagnostica
• terapeutica
• riabilitativa
Sebbene non esista una distinzione netta fra i tre campi, è opportuno operare tale suddivisione per
un'analisi più sistematica dell'argomento e perché si tratta di una distinzione centrata sulla figura del
paziente e sulle sue esigenze.
1.1.2.1.1 Strumentazione diagnostica Nella seguente categoria sono incluse per lo più le apparecchiature utilizzate in medicina nucleare e
radiologia che sfruttano tecniche di imaging a scopo diagnostico.
Tra gli esempi più rappresentativi ricordiamo la radiografia a raggi X, la TAC (tomografia assiale
computerizzata), la RMN (risonanza magnetica nucleare), la PET (tomografia ad emissione di
positroni), la SPECT (tomografia computerizzata ad emissione di singolo fotone), gli ultrasuoni
ecc...
1.1.2.1.2 Strumentazione terapeutica In questa sezione si includono tutti quei dispositivi, elettrici o meccanici, di supporto all'attività
terapeutica del paziente o che costituiscono l'intervento principale della terapia stessa.
Alcuni esempi sono il pacemaker, le valvole cardiache artificiali, i cardioversori e defibrillatori, il
dializzatore, il cuore artificiale, la macchina cuore polmone per circolazione extracorporea, i
neurostimolatori, gli apparecchi acustici e molti altri ancora: darne un elenco esaustivo sarebbe
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proibitivo e privo di senso, dal momento che di continuo nuovi apparecchi vengono impiegati in
specifiche terapie, o gli stessi apparecchi esistenti modificati vengono impiegati per nuove terapie.
Si tratta di dispositivi molto delicati da tenere sotto costante controllo in quanto, a differenza della
categoria precedente, spesso si ha a che fare con energie molto superiori a quelle utilizzate in campo
diagnostico e che entrano in diretto contatto col paziente, interagendo direttamente con esso o
modificandone alcuni parametri fisiologici e/o fisici. In fase di progettazione si deve pertanto
prevedere una possibile diagnostica il meno possibile invasiva delle condizioni dell'apparecchio, per
poterne programmare con sufficiente anticipo e rischi minimi la sostituzione o la riparazione.
1.1.2.1.3 Strumentazione riabilitativa L'ultima sezione qui presentata è quella della strumentazione utilizzata a fini riabilitativi; sebbene
questa sezione abbia molto in comune con la precedente, anzi spesso i due campi vengono
considerati simili, è bene distinguere tali dispositivi in quanto si tratta spesso di macchine che
tentano di modificare un parametro fisiologico, fisico o meccanico del paziente al fine di farne
recuperare il normale e autonomo funzionamento. Si tratta quindi, per lo più, di soluzioni
temporanee, che non mirano semplicemente a fornire un supporto terapeutico ma hanno uno scopo
più ambizioso. Bisogna comunque sottolineare che spesso questi dispositivi, come nel caso delle
protesi, pur cercando di integrarsi pienamente nei processi metabolici e meccanici, possono talora
rimanere in modo permanente nel corpo dell'ospite, o possono altre volte essere riassorbiti
dall'organismo.
Alcuni esempi sono le protesi, gli organi artificiali, le macchine pneumatiche per il recupero post-
traumatico, e altri ancora.
1.1.2.2 Informatica biomedica Il campo dell'informatica biomedica abbraccia diversi aspetti.
Il primo campo di applicazione è quello della gestione informatizzata dei dati sanitari (cartella
clinica elettronica), con particolare attenzione alle problematiche di tipo legale insite nella
manipolazione di dati sensibili.
Inoltre l'informatica biomedica affronta il problema della trasmissione ed indicizzazione delle
immagini ottenute da dispositivi digitali di acquisizione (TAC, MRI, ecc). Il problema riguarda sia
la trasmissione di immagini per applicazioni di telemedicina sia l'immagazzinamento dei dati in
appositi server digitali (PACS). Di fondamentale importanza in questo campo è l'uso del protocollo
DICOM per la codifica delle immagini mediche digitali.
Infine, l'informatica biomedica affronta il problema dell'elaborazione delle immagini, spaziando
dalle problematiche di visualizzazione tridimensionale a quelle di analisi quantitativa per
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l'estrazione automatica o semi-automatica di indici diagnostici. Di grande interesse è il campo della
fusione di immagini, in cui immagini provenienti da diverse modalità di acquisizione vengono
combinate per fornire al medico le informazioni in modo integrato.
1.1.2.3 Biomeccanica L'ambito della biomeccanica è a sua volta un settore applicativo e di ricerca molto vasto, che
richiede competenze specifiche, oltre che di meccanica e fisica, anche di chimica, biochimica,
istologia, biologia molecolare e fisiologia.
Sotto questa categoria si può racchiudere anche il campo dell'ingegneria tissutale, che presenta
molti punti di contatto con la biomeccanica, anche se richiede conoscenze specifiche di trattamento
dei tessuti e di chimica delle superfici.
1.1.2.4 Esempi applicativi Riassumendo, campi d'intervento tipici dell'ingegnere biomedico sono: la realizzazione di strumenti
di diagnosi clinica, ad esempio TAC (tomografia assiale computerizzata) e macchine radiografiche,
protesi articolari (protesi d'anca, ginocchio, ecc) e funzionali (valvole cardiache, ecc), realizzazione
di sistemi software di supporto alla decisione e all'organizzazione in ambito clinico, ecc.
Negli ultimi anni si è diffusa anche in Italia la figura dell'Ingegnere clinico, che si occupa della
gestione del parco apparecchiature dell'ospedale interessato sia dal punto di vista manutentivo
(gestione degli interventi tecnici, contratti di manutenzione con ditte riparatrici, esecuzione tramite
personale tecnico competente delle verifiche di sicurezza, manutenzioni ordinarie ed interventi di
manutenzione correttiva sulle apparecchiature), che economico (segnalazione di fuori uso
attrezzature biomediche, consulenza sugli acquisti, gestione di gare pubbliche per rinnovo parco
macchine....) [17].
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2 L’ ANALISI DEI SEGNALI BIOMEDICI L’analisi di immagini e segnali biomedici ha oggi assunto un ruolo fondamentale nell’ambito della
diagnostica in medicina e inoltre trova grande utilizzo nelle problematiche relative alla
telemedicina, tele-diagnostica e tele-assistenza, coadiuvando l’operatore sanitario nell’estrazione di
dati ed informazioni utili al processo diagnostico.
La crescita esponenziale dei dati impone inoltre la progettazione di banche dati di immagini e
tecniche di data mining da affiancare alle procedure di analisi.
Radiografia, tomografie di diverso tipo, risonanza magnetica, ecografia, microscopia ottica ed
elettronica, immagini da elettroforesi e microarray sono esempi di tecniche che richiedono
un'elevata specializzazione per l’analisi e l’interpretazione delle immagini generate. Lo sviluppo di
tale settore è stato anche possibile grazie ai risultati ottenuti in fisica, matematica ed informatica
nello studio di modelli e nelle tecniche di estrazione dell’informazione [18].
2.1 Definizione di segnale Con il termine segnale si indica una funzione, generalmente del tempo, che rappresenta la legge di
variazione di una grandezza fisica (acustica, elettrica, ottica etc.).[20]
La pressione prodotta da un suono, il campo elettromagnetico irradiato da un’antenna, la tensione in
uscita da un microfono, l’intensità luminosa di una scena televisiva, la temperatura in un processo
chimico, la pressione dell’aria in un punto dello spazio, la velocità di un punto della crosta terrestre,
la velocità angolare di un albero motore, sono esempi di segnali.
2.1.1 Elaborazione numerica dei segnali Per permettere ad un calcolatore di elaborare un segnale, bisogna dapprima convertirlo in un
segnale di tipo elettrico [19].
Di seguito si riporta uno schema logico semplificato, che sintetizza il processo elaborativo subito
dal segnale dalla fase di rilevazione fino alla fase di memorizzazione su di un calcolatore.
Figura 2.1-1 Schema logico del processo di elaborazione del segnale
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2.1.1.1 Trasduzione Un trasduttore è un sensore che fornisce ai morsetti di uscita una differenza di potenziale
proporzionale alla grandezza che si intende misurare.
Un esempio di trasduttore è :un microfono (sensore di pressione), una termocoppia (sensore di
temperatura), un fotodiodo (sensore di luminosità), etc.
Esistono anche sensori di posizione, di velocità, di forza, e di quasi tutte le grandezze fisiche
soggette a misura.
Le proprietà più importanti che caratterizzano il comportamento di un trasduttore sono:
• l’ampiezza del segnale in uscita,
• la sensibilità, ovvero il minimo valore misurabile,
• la velocità di risposta, ovvero il tempo impiegato al sensore per fornire una risposta costante
dopo una brusca variazione della grandezza da misurare.
Inoltre, da quest’ultima caratteristica dipende la cosiddetta banda passante, ovvero la massima
frequenza di variazione del segnale a cui il sensore è in grado di funzionare.
Un trasduttore è uno strumento di misura: pertanto la tensione fornita sarà affetta da una piccola
componente casuale, che porterà la misurazione a fluttuare intorno al valor medio. Si schematizza
questo fenomeno considerando il segnale prodotto dal trasduttore come la somma di una parte
proporzionale al segnale vero e proprio che si intende misurare (o “segnale” tout-court), e da un
segnale aleatorio. A quest’ultimo si da il nome di “rumore”.
Le cause delle fluttuazioni, o “sorgenti di rumore”, sono molteplici, si va dalla temperatura (rumore
termico), alla quantizzazione della carica dell’elettrone, ai campi elettrici presenti nelle vicinanze
dell’apparecchio (ad esempio la linea a 50 Hz), alle vibrazioni meccaniche, etc.
Ulteriore rumore verrà introdotto quando il segnale prodotto dal trasduttore verrà trasportato lungo
una linea elettrica, o amplificato, o comunque manipolato.
2.1.1.2 Condizionamento Il processo di condizionamento ha la funzione di adattare il segnale prodotto in uscita dal
trasduttore ai dispositivi a valle nel sistema di acquisizione dati, tale segnale, infatti, sarà compreso
tra un valore massimo di tensione, Vmax ed un valore minimo, Vmin.
Per ottenere la massima risoluzione è necessario che tali valori di massimo e di minimo (Vmax e
Vmin) rientrino all’interno dell’intervallo di variabilità accettato dalla scheda di acquisizione, e che
vi si adattino al meglio. A questo scopo è necessario amplificare o attenuare il segnale fornito dal
trasduttore, ed eventualmente fornire una tensione aggiuntiva per evitare valori negativi.
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Queste operazioni costituiscono l’esempio più semplice del cosiddetto condizionamento del
segnale, che può prevedere anche un filtraggio, la sottrazione di una componente continua, etc.
Molte di queste operazioni vengono effettuate automaticamente dalla scheda di acquisizione stessa.
2.1.1.3 Conversione analogico/digitale A questo punto è possibile inviare il segnale ad una scheda di acquisizione che trasforma il segnale
in una tabella di numeri binari interi, gli unici in grado di essere elaborati dal calcolatore, che poi
l’utente leggerà come numeri decimali, dopo una appropriata conversione.
Si rendono quindi necessarie due distinte operazioni sul segnale: la discretizzazione e la
quantizzazione.
• La discretizzazione consiste nel misurare l’ampiezza del segnale ad intervalli di tempo
fissati.
• La quantizzazione consiste nella trasformazione dei valori misurati in numeri interi
binari.
Figura 2.1.1: Processo di conversione analogico - numerico
Il segnale che risulta dalla discretizzazione e dalla quantizzazione consiste essenzialmente in una
sequenza di N combinazioni di 1 e 0, ed in questa forma può essere salvata in un supporto
magnetico o trasmessa via cavo o via etere. Un segnale di questo tipo è detto segnale digitale.
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I vantaggi del digitale rispetto all’analogico sono molteplici: il più grosso è la robustezza al rumore.
Un segnale composto da 1 e 0, infatti, può subire danneggiamenti fino a metà della propria
ampiezza rimanendo sempre perfettamente ricostruibile.
Inoltre i segnali digitali sono facilmente elaborabili tramite calcolatore, che permette di effettuare
manipolazioni più sofisticate rispetto a quelle eseguibili sui segnali analogici[19].
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3 ESEMPI E APPLICAZIONI PRATICHE Nella pratica medica esistono moltissimi esempi di applicazioni di analisi del segnale.
Si comprende bene, infatti, come in alcuni settori, come quello della diagnostica, sia fondamentale,
se non addirittura vitale, monitorare dei particolari segnali fisiologici, considerati critici per una
corretta valutazione dello stato di salute del paziente.
I segnali generalmente acquisiti e che si vogliono manipolare possono essere di diverso tipo, dalle
variazioni di volume, alle variazioni di potenziale. Vengono impiegati quindi trasduttori di diverso
genere e normalmente, in questa fase, vengono adoperati diversi accorgimenti affinché la
rilevazione del segnale utile escluda quella del rumore.
In particolare saranno proposti tre esempi di analisi di un segnale biomedico, relativi a tre diverse
tipologie di segnale:
• segnale generato da una variazione di pH
• segnale generato da una variazione di pressione
• segnale generato da una variazione di potenziale
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3.1 Ph-metria esofagea La pH-metria prolungata ambulatoriale, pur con i limiti intrinseci di una valutazione solo
qualitativa, può essere considerata una delle principali metodiche di studio del reflusso
gastroesofageo. Essa può peraltro essere usata in combinazione con altre metodiche ambulatoriali in
grado di completare l'accuratezza delle informazioni acquisite [21, 22].
La pH-metria è la misurazione del pH. Essa misura la concentrazione degli idrogenioni dissociati o
liberi; in questo si differenzia dalla titolazione che, al contrario, misura l'acidità totale.
3.1.1 Il segnale di pH In questa immagine è rappresentato quello che
avviene quando si verifica un cambiamento di pH
(nell'esempio quando si passa da pH 1 a pH 7).
Il cambiamento nella misurazione non è istantaneo
ma assume una forma a "esse italica"; in altre
parole, vi è un tempo di adattamento necessario
affinchè l'elettrodo riesca ad accorgersi della
variazione del pH.
Come si nota nella figura, la maggior variazione
avviene in un tempo rapido; al contrario, viene
impiegato più tempo per raggiungere il 100% del
nuovo valore di pH.
Il tempo impiegato dall'elettrodo per raggiungere il 90% del valore è uno dei parametri che vengono
utilizzati per descrivere le caratteristiche degli elettrodi pH - metrici.
3.1.2 Tecniche di registrazione
3.1.2.1 Gli elettrodi Il sistema di rilevazione è rappresentato da elettrodi
sensibili alla concentrazione degli idrogenioni; gli
elettrodi sono talmente miniaturizzati da poter
consentire un'agevole introduzione nel naso del
paziente.
Nella foto sono mostrati due tipici elettrodi per la
pH-metria, le sonde rappresentate sono del tipo in
vetro.
Figura 3.1.1: Il segnale di pH
Figura 3.1.2: Sonde per pH - metria esofagea (in vetro)
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L'elettrodo dovrebbe essere preciso (cioè misurare con esattezza il vero pH) e anche sensibile (cioè
accorgersi anche di piccole variazioni del pH in esame); inoltre, deve essere rapido nell'effettuare le
variazioni del valore.
Poiché la pH-metria viene eseguita nell'arco delle 24 ore, l'elettrodo deve essere anche stabile;
inoltre gli elettrodi per pH-metria sono soggetti a traumatismi, soprattutto durante la fase di
introduzione nel paziente e durante la procedura di pulizia; pertanto la robustezza dell'elettrodo
risulta un parametro importante per assicurare una lunga durata di esercizio.
Ovviamente, un elettrodo ideale dovrebbe possedere tutte queste caratteristiche ad un costo
estremamente contenuto.
Sul mercato si trovano comunemente tre tipi di elettrodi:
1. elettrodi in antimonio
2. elettrodi in vetro
3. elettrodi ISFET
In effetti, tutti gli elettrodi generano una differenza di potenziale che è proporzionale alla
concentrazione degli ioni H+.
3.1.2.2 Registratori Vi è poi un sistema di elaborazione del segnale pH-metrico, formato da componenti elettronici e da
un'interfaccia analogico-digitale.
Le caratteristiche dei registratori per pH-metria sono:
• il numero dei canali, cioè il numero di elettrodi pH-metrici che possono essere collegati al
registratore;
• la frequenza di campionamento utilizzata dal registratore, espressa come numero di
campioni al minuto; in alcuni casi è possibile selezionare tale frequenza. Tutti i registratori
sono in grado di registrare esami della durata di 24 ore;
• il tipo di elettrodo che il registratore può utilizzare; quasi tutti i pH-metri sono in grado di
utilizzare indifferentemente sia gli elettrodi di antimonio (A) sia quelli di vetro (V);
• tutti i registratori sono dotati di tasto marca-eventi che viene utilizzato dal paziente per
segnalare il momento in cui si è presentato un sintomo.
Il sistema di memorizzazione dei dati è composto da memorie a stato solido, simili a quelle
utilizzate nei personal computer.
In realtà, per la memorizzazione di un esame di 24 ore, sono sufficienti pochi KByte di memoria e,
pertanto, la quantità di memoria non costituisce un problema particolare.
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Per quanto concerne la registrazione dei dati solitamente, alla fine dell'esame, vengono scaricati dal
registratore a un personal computer ed è quest' ultimo che provvede sia alla successiva elaborazione
sia alla visualizzazione dei dati [23].
3.1.2.3 Metodologia d'esecuzione Prima di iniziare l'esame occorre procedere alla
calibrazione del sistema per pH-metria, cioè
dell'insieme pH-metro più sonda. Si immerge la
sonda pH-metrica in soluzioni a pH noto (nella foto:
provetta a pH 7) affinche' il registratore possa
acquisire la differenza di potenziale prodotta da
quella sonda pH-metrica a quel dato valore di pH.
La calibrazione del sistema pH-metrico ha lo scopo
di far acquisire al registratore il voltaggio (espresso
in millivolt) generato dalla sonda pH-metrica per
quel determinato valore di pH. Bisogna anche ricordare che tutte le sonde pH-metriche assicurano,
indipendentemente dall'intervallo di calibrazione, una buona linearità nel range di valori fisiologici.
Figura 3.1.4: Linearizzazione della sonda
Si procede poi all'introduzione della sonda per via nasale e al corretto posizionamento nel punto
standard di registrazione, a 5 cm dal bordo superiore dello sfintere esofageo inferiore
Poiché l'interpretazione dell'esame pH-metrico comprende anche un'analisi di tipo quantitativo dei
dati registrati, è essenziale che la metodica venga eseguita in modo standard, così da poter rendere
confrontabili e affidabili i risultati dell'esame.
Uno dei maggiori problemi è il corretto posizionamento dell'elettrodo pH-metrico; secondo la
metodica standard, l'elettrodo deve essere posto a 5 cm in posizione prossimale rispetto al bordo
superiore dello sfintere esofageo inferiore (SEI).
Figura 3.1.3: Fase di calibrazione
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Per posizionare l'elettrodo pH-metrico si possono utilizzare diverse metodiche, che menzioniamo
soltanto, più o meno affidabili:
• la radiologia
• il pull-through pH-metrico
• la manometria esofagea
• altre
Dopo aver posizionato correttamente la sonda, occorre fissarla in modo accurato al naso in modo
che non possa spostarsi rispetto al punto calcolato.
Figura 3.1.5: Posizionamento corretto della sonda Figura 3.1.6: Fase di introduzione della sonda
Terminata la fase di introduzione dell'elettrodo, è opportuno far attendere il paziente un quarto d'ora
per assicurarsi della buona tollerabilità dell'esame.
Prima di congedare il paziente, occorre istruirlo su alcuni semplici accorgimenti da seguire durante
l'esame. Innanzitutto il paziente dovrà tenere un diario dettagliato in cui segnare con precisione ora
e minuto del cambio di posizione del tronco: dalla postura verticale, assunta durante la posizione in
piedi o seduta, a quella orizzontale. Gli altri importanti eventi da segnare sul diario sono l'ora di
inizio e di fine dei pasti, l'eventuale assunzione di cibo al di fuori dei pasti e il momento esatto di
insorgenza dei sintomi. Soprattutto nella segnalazione del sintomo occorre essere particolarmente
accurati nella rilevazione dell'ora e del minuto esatto. Tutti i pH-metri sono muniti almeno di un
tasto marca-eventi che il paziente deve premere in occasione dell'insorgenza di un sintomo; la
pressione del marca-eventi verrà poi visuallzzata sul tracciato pH-metrico finale [24, 25].
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Figura 3.1.8: Esempio di tracciato pH-metrico
3.1.3 Analisi L'analisi di un tracciato pH-metrico può essere effettuata sostanzialmente a tre livelli:
1. L'interpretazione grafica, consiste essenzialmente nell'osservare con attenzione il tracciato
pH-metrico; in questo modo si possono individuare eventuali artefatti provocati, per
esempio, da un cattivo funzionamento dell'elettrodo.
2. L'analisi numerica, si basa sul calcolo di alcuni parametri numerici da tempo ben
standardizzati.
3. L'interpretazione dell'esame sotto un profilo clinico, consiste nel correlare la presenza dei
sintomi con gli eventi registrati nel tracciato pH-metrico.
Per poter analizzare un tracciato pH-metrico in termini quantitativi si deve innanzitutto definire
cosa sia un reflusso.
Tracciando una distribuzione di frequenza dei valori di pH registrati in esofago in un soggetto
normale, si ottiene un grafico molto simile a quello riportato in figura, dove la maggior parte dei
valori di pH è compresa tra 4 e 7. I valori di pH superiori a 7 o inferiori a 4 sono, infatti, piuttosto
scarsi.
Figura 3.1.7: Esempio di tasto marca - evento
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In effetti, in un soggetto normale la distribuzione dei
valori di pH registrati in esofago si distribuisce in modo
gaussiano.
Viene definito reflusso gastroesofageo di tipo acido ogni
caduta del pH al di sotto del valore 4.
Utilizzando la tale definizione di reflusso si possono
calcolare molti parametri numerici. I più utilizzati sono
quelli proposti da DeMeester circa trent'anni fa, che
possono essere calcolati per differenti periodi della registrazione (per esempio, per il periodo
trascorso in posizione eretta, in posizione supina, per il periodo dei pasti ecc.). Occorre porre
attenzione al fatto che alcuni di questi parametri numerici possono essere influenzati
dall'impostazione del pH-metro o del software di analisi. Per esempio, il modo in cui viene definito
un reflusso (pH inferiore a una certa soglia per un certo tempo) influenzerà notevolmente i risultati
dell'esame. Anche la frequenza di campionamento influenza direttamente il calcolo del numero dei
reflussi e, di conseguenza, tutti i parametri numerici derivati.
Esistono altri parametri, meno comuni, che possono essere utilizzati per l'analisi del tracciato pH-
metrico; tra questi:
• l'Oscillatory Index, che viene espresso come percentuale di tempo trascorso all'interno di un
intervallo di pH dato (per esempio tra pH 3,75 e 4,25)
• l'area sotto pH 4, che corrisponde al valore dell'integrale calcolato al di sotto di pH 4.
Figura 3.1.10: Area sotto pH 4
Figura 3.1.9: Distribuzione in frequenza del valore di pH
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Esiste poi un ulteriore modo per interpretare il tracciato pH-metrico, più vicino al riscontro clinico,
che consiste nel valutare la correlazione tra i sintomi riferiti dal paziente e i reflussi
gastroesofagei.
Il sistema certamente più semplice e più utilizzato per stabilire la correlazione con i sintomi è il
cosiddetto Symptom Index (SI) che mette in correlazione il numero di sintomi che si verificano
in corrispondenza di un reflusso gastroesofageo di tipo acido con il numero di sintomi totale.
Tale test non tiene conto del numero totale dei reflussi; pertanto, se in un tracciato pH-metrico vi
fossero moltissimi reflussi, la correlazione tra sintomo e reflusso potrebbe avvenire in modo
casuale. Proprio per porre rimedio a quest'ultimo problema è stato proposto il Symptom Sensitivity
Index (SSI) che valuta la sensibilità e non la specificità della correlazione tra sintomo e reflusso [26,
27, 28, 29].
3.1.4 Applicazioni clinico-diagnostiche Il fenomeno del reflusso costituisce il determinante patogenico della sindrome da reflusso
gastroesofageo (MRGE), cioè al passaggio di parte del contenuto gastrico all'interno dell'esofago.
Esso costituisce l'anello di congiunzione tra le manifestazioni cliniche e le lesioni anatomiche della
mucosa esofagea, rappresentate dall'esofagite nei suoi vari gradi di severità. La presenza
contemporanea di sintomi tipici (pirosi retrosternale e rigurgito) e di esofagite documentata
endoscopicamente consente di formulare la diagnosi anche in assenza della dimostrazione
strumentale dell'esistenza del reflusso. L'approccio diagnostico è peraltro reso più complesso dal
fatto che le manifestazioni cliniche non sono sempre tipiche e soprattutto dal fatto che solo una
parte dei pazienti con sintomi suggestivi di reflusso presenta un quadro endoscopico di esofagite
[30].
20
3.2 Manometria esofagea La manometria esofagea è una metodica che permette di studiare la funzionalità del corpo
dell'esofago e dello sfintere esofageo inferiore (LES), introducendo in esso un catetere in grado
di misurare le variazioni di pressione che si verificano nel lume dell'organo.
Generalmente tale esame prevede l’esecuzione di diverse fasi:
• La fase che consente di ottenere il profilo pressorio del LES (lower esophageal sphincter)
in funzione della lunghezza, mediante l’estrazione a velocità costante del catetere.
Normalmente si utilizzano sonde a 4 o 8 vie radiali, per rilevare contemporaneamente le
pressioni lungo le 4 o 8 direttrici dello sfintere.
• La fase della peristalsi che viene utilizzata per lo studio della propagazione delle onde
originate da una deglutizione lungo l’esofago. Fornisce i tracciati delle pressioni nel
tempo. In questo caso si posiziona in esofago un catetere con più lumi longitudinali,
facendo quindi eseguire deglutizioni al paziente. Inoltre, uno o più lumi distali possono
essere posizionati nel LES, così da studiare il rilasciamento dello stesso indotto dalla
deglutizione.
3.2.1 Tecnica di registrazione In manometria gastrointestinale vengono utilizzati cateteri aventi un diametro di 2-5 mm
provvisti di canali in numero variabile con apertura distale dei lumi (open-ended tips).
Nei sistemi "perfusi" i canali sono occupati da una colonna d'acqua distillata ed ognuno di essi è
connesso ad un trasduttore esterno; la pressione intraluminale presente nel lume esofageo viene,
in questo modo, trasmessa dalla colonna d'acqua lungo ogni canale fino al trasduttore, che la
trasforma in un segnale elettrico [31].
3.2.2 Studio degli sfinteri esofagei
3.2.2.1 Metodologia d’esecuzione La preparazione alla manometria consiste nel digiuno a partire almeno dalle 4 ore precedenti
l'esame e nella sospensione delle terapie farmacologiche che possano influenzare la motilità
dell'esofago e del LES.
Al momento dell'esame il paziente viene posto in posizione seduta e premedicato con un
anestetico locale spruzzato in gola e nel naso. Dopo aver rimosso eventuali protesi dentarie, il
catetere viene introdotto attraverso una narice fino all'orofaringe; a questo punto viene chiesto al
paziente di flettere il capo in avanti e di deglutire in modo da facilitare il passaggiodel tubo in
21
esofago. Il catetere è correttamente posizionato quando almeno tre orifizi di misurazione si
trovano nello stomaco: di qui in avanti il paziente dovrà rimanere supino con la testa dritta. La
registrazione avverrà dopo 10 minuti dal posizionamento affinchè cessi ogni attività motoria
scatenata dall'intubazione. Durante l'esame, inoltre, il paziente dovrà cercare di ridurre al
minimo le deglutizioni [31].
In genere si utilizzano cateteri con almeno 4 lumi radiali in modo da registrare le pressioni lungo
le 4 direttrici ed ottenere poi il Volume Vettore. Alcuni software permettono di calcolare il
Volume Vettore anche utilizzando cateteri con lumi disposti elicoidalmente, lo stesso che viene
usato per la peristalsi. Questa caratteristica permette di eseguire tutti gli studi esofagei con un
solo catetere evitando così la fastidiosa introduzione di diversi cateteri.
Le vie del catetere sono connesse ai trasduttori di pressione e vengono perfuse tramite una
pompa.
Una volta verificato che tutte le vie del catetere siano pervie si procede all’azzeramento ponendo
il catetere ed i rispettivi trasduttori di pressione alla stessa altezza del paziente (per annullare la
differenza di altezza della colonna idrostatica) e si azzera.
Si introduce quindi il catetere per una lunghezza di 60 o 70 cm, in modo che tutti i punti di
registrazione si aprano nello stomaco. È opportuno lasciare per un certo tempo i lumi nello
stomaco facendo respirare il paziente con regolarità in modo da avere un tratto di tracciato
abbastanza lungo perché il software determini il valore della pressione gastrica media
inspiratoria con sufficiente precisione.
In questo modo la pressione esistente nel fondo gastrico è presa come pressione basale di
riferimento. Quindi si aggancia il catetere all’estrattore e si attiva l’estrazione del catetere.
Usualmente si nota un aumento di pressione nei lumi che attraversano lo sfintere, seguito da un
ritorno ai valori basali tipici dell’esofago che normalmente sono inferiori a quelli del fondo
gastrico, cioè sono negativi.
3.2.2.2 Analisi Uno strumento talvolta molto utile è la possibilità di filtrare i segnali acquisiti per eliminare
effetti indesiderati, quali quello del respiro o quello del battito cardiaco.
I filtri normalmente disponibili sono due:
• un filtro passa basso nello spazio delle frequenze, che elimina dal segnale tutte le
frequenze più alte di una frequenza di soglia specificata
• una media locale nello spazio (reale) dei tempi o delle lunghezze, che esegue una media
locale su “n” punti.
22
Nel caso di un filtro passa basso si deve decidere la frequenza di taglio. Le frequenze alte
corrispondono ai particolari più piccoli del segnale, quindi più alta è la frequenza di taglio
minore sarà l’effetto del filtro. Si deve prestare attenzione a non abbassare troppo la frequenza di
taglio per non ricadere nel range di frequenze proprio del fenomeno studiato e alterare quindi i
risultati dei calcoli.
Nel caso di una media locale nello spazio dei tempi o delle lunghezze si deve scegliere il numero
di punti sui quali effettuare la media. Se, ad esempio, il numero è 5, ogni punto verrà ricalcolato
come la media dei 5 punti che lo precedono e dei 5 che lo seguono. È un filtro molto più “rozzo”
del precedente, in quanto ha il difetto di attenuare ed allargare troppo le campane alte e strette
(ad esempio, come quella di un’onda peristaltica).
Figura 3.2.1: Esempio di tracciato
I parametri normalmente calcolabili sono:
• Pressione gastrica medio inspiratoria o pressione basale esofagea
• Pressione alla fine del profilo
• Pressione massima del profilo sottratta del valore della pressione basale
• Pressione media del profilo
• Lunghezza totale del profilo
• Area del profilo.
23
3.2.2.3 Volume Vettore Con i risultati dello studio degli sfinteri esofagei, si può ottenere una rappresentazione
tridimensionale del profilo pressorio mediante il calcolo del Volume Vettore.
Questo è normalmente effettuato utilizzando un catetere a tre o più vie radiali.
Figura 3.2.2: Esempio di Volume Vettore
3.2.3 Studio della peristalsi esofagea e del rilasciamento degli sfinteri esofagei
3.2.3.1 Metodologia d’esecuzione È necessario un catetere con almeno tre lumi longitudinali posizionati lungo il corpo
dell’esofago e uno o più lumi distali che vengono posizionati sullo sfintere esofageo inferiore.
Si somministrano boli liquidi standard di 5 ml ad intervalli di 30/40 secondi.
Se si dispone del rilevatore di deglutizione tale evento verrà segnalato.
I canali posti lungo il corpo esofageo mostreranno in sequenza la propagazione delle onde
peristaltiche.
Il canale (o i canali) a livello del LES mostreranno invece il rilasciamento dello sfintere.
Occorre studiare almeno 10 deglutizioni con bolo liquido al termine delle quali il test può
considerarsi concluso.
24
3.2.3.2 Analisi Per ogni onda peristaltica viene considerato:
• il punto di inizio dell’onda.
• il punto in cui si verifica il massimo
• il punto in cui si assiste al termine dell’onda.
I parametri più significativi per quanto riguarda l’analisi della peristalsi sono:
• Velocità di propagazione dell’onda peristaltica
• Ampiezza dell’onda calcolata come differenza tra la pressione massima e quella basale
• Pressione media dell’onda
• Durata dell’onda in secondi
• Pendenza media del fronte discendente dell’onda
• Pendenza media del fronte ascendente dell’onda
• Area sottesa alla curva dell’onda in mmHg per s
Normalmente l’analisi individua le proprietà di ogni singola onda, quindi calcola la media dei
valori per evento e per ultima la media globale.
I motivi per i quali un’onda viene considerata non peristaltica sono i seguenti:
• L’onda è simultanea: l’intervallo di tempo che trascorre tra il fronte dell’onda misurato
su due lumi distanti 50 mm è minore di 0,5 s, cioè la velocità è maggiore di 100 mm/s.
• L’onda è retrograda: si muove in direzione ab-orale.
• L’onda è non trasmessa: su uno o più canali l’onda non è stata registrata.
3.2.3.3 Rilasciamento del LES Questo test può essere effettuato contemporaneamente ad uno studio della peristalsi o per suo
conto.
I lumi vengono posizionati nel LES e durante il test il paziente viene invitato a deglutire per
poter studiare il conseguente comportamento del LES.
Per ogni rilasciamento viene considerato:
• il punto che indica l’inizio del rilasciamento, in corrispondenza della variazione di
pressione
• il punto in corrispondenza del minimo valore di pressione
• il punto che indica il termine del rilasciamento, quando la pressione nello sfintere ritorna
al suo valore basale.
I parametri più significativi per quanto riguarda l’analisi del rilasciamento del LES sono [32]:
• Pressione dello stomaco medio inspiratoria
25
• Tono dello sfintere a riposo
• Pressione residua del rilasciamento, calcolata come la pressione nel minimo meno la
pressione gastrica medio inspiratoria
• Pressione media durante il rilasciamento
• Tempo necessario per raggiungere il rilasciamento massimo
• Durata totale del rilasciamento
• Rilasciamento percentuale
• Area sottesa al rilasciamento
3.2.4 Applicazioni clinico - diagnostiche L'esame è indicato ogni volta che si sospetti un'alterazione della fisiologica motilità dell'esofago:
questo può tradursi, dal punto di vista sintomatologico, in reflusso acido dallo stomaco, difficoltà
nella deglutizione o dolore.
Dal punto di vista diagnostico questo tipo d’indagine viene eseguita in concomitanza con altri
tipi d’analisi [32].
26
3.3 Elettrogastrografia Elettrogastrografia (EGG) è un termine generale che indica la registrazione dell'attività elettrica
gastrica nell'uomo.
L'EGG può rilevare l'attività elettrica dello stomaco dall'interno (EGG sierosa e mucosa) o
dall'esterno (EGG cutanea). Rispetto all'EGG sierosa o mucosa, l'EGG cutanea ha il vantaggio di
essere una metodica non invasiva e di permettere registrazioni di lunga durata anche ripetute nel
tempo [1]. Recenti studi hanno confermato la validità dell'EGG sia utilizzando registrazioni
simultanee effettuate dalla superficie cutanea e dalla mucosa sia mediante la registrazione
simultanea dell'attività elettrica e meccanica dello stomaco [5, 6, 7]. Nonostante ciò,
l'applicazione clinica dell'EGG cutanea è relativamente recente se comparata ad altre metodiche
elettrofisiologiche. Infatti, solo negli ultimi anni l'interesse dei clinici per l'EGG è notevolmente
cresciuto grazie ai progressi nelle tecniche di registrazione ed analisi del segnale [2, 3, 4]. Infine
è stato dimostrato che le alterazioni dell'attività elettrica gastrica sono associate a varie sindromi
cliniche caratterizzate da alterazione della motilità intestinale [8, 9].
Sino a pochi anni fa si trattava di una metodica riservata a pochi ricercatori, ciascuno dei quali
con una propria metodologia. Adesso è possibile utilizzare un prodotto commerciale, superando i
problemi relativi alla realizzazione in proprio della attrezzatura per la registrazione ed analisi del
segnale.
3.3.1 Il segnale elettrograstrografico Le fibrocellule muscolari lisce dell'intestino hanno la proprietà di generare variazioni spontanee
del potenziale di membrana. Tali variazioni possono essere di due tipi: variazioni lente di
potenziale e potenziali d'azione [5].
Il pattern caratterizzato dalle variazioni lente del potenziale di membrana consiste in
depolarizzazioni ritmiche, sempre presenti e cicliche, della membrana delle cellule muscolari
lisce che, in condizioni di riposo, presentano una polarizzazione elettrica dovuta ad una
differente distribuzione di ioni ai due lati della membrana plasmatica. Solitamente vengono
definite slow wave, basic electrical rhythm (BER) o electric control activity (ECA) (vedi Figura
3.3.1) [18, 19, 20, 21, 22].
Il secondo pattern è definito spike, spike potential, action potential, o electric response activity
(ERA). Gli spike rappresentano depolarizzazioni rapide e complete delle cellule muscolari lisce
e sono generalmente associate a contrazioni meccaniche visibili e misurabili. Gli spike si
manifestano solo quando la depolarizzazione, solitamente indotta da uno stimolo neuroumorale,
27
supera una determinata soglia critica (mechanical threshold), caratteristica per ciascun segmento
intestinale (Figura 3.3.1).
La sede di origine dell'attività elettrica gastrica è localizzata nella parte prossimale del corpo
gastrico, lungo la grande curvatura, denominata area del pace-maker gastrico. Da questa zona
pace-maker le onde lente si propagano in senso aborale verso il piloro con una frequenza che
nell'uomo è di 3 cicli per minuto (cpm) (Figura 3.3.2) [6].
Le slow wave molto probabilmente
hanno origine nella muscolatura
longitudinale e si propagano
elettrotonicamente nella muscolatura
circolare in direzione aborale.
L'attività elettrica, attraverso la
genesi delle onde lente, controlla la
frequenza e la direzione di
propagazione della contrazione.
Infatti, l'attività contrattile è
innescata da spike che occupano
solo uno specifico segmento dell'onda lenta. Pertanto, in un determinato distretto intestinale, la
massima frequenza possibile delle slow wave corrisponde alla massima frequenza della
contrazione e la direzione di propagazione dell'attività elettrica determina la direzione di
propagazione dell'attività contrattile. Per tale motivo le slow wave sono definite come il pace-
maker di un particolare segmento intestinale.
Figura 3.3.1: L'attività elettrica, le onde lente e gli spikes
Figura 3.3.2: Area del Pace - Maker gastrico
28
La forma d’onda
dell’elettrogastrogramma
cutaneo differisce da quello
mucosale o serosale e consiste in
variazioni di potenziale lente e
ritmiche, di aspetto sinusoidale,
alla frequenza di circa 3 cpm
(Figura 3.3.3).
L'EGG cutaneo, inoltre, registra
la differenza di potenziale tra punti posti ad una certa distanza, captando la somma dei dipoli di
un’area dello stomaco più ampia rispetto all'EGG interno, che registra la differenza di potenziale
tra due punti posti a breve distanza e corrispondenti alla posizione degli elettrodi. Sebbene
questa differenza nella forma del segnale sia stata per anni oggetto di discussione, è stata
definitivamente dimostrata la corrispondenza tra l'attività elettrica generata dalle fibrocellule
muscolari lisce dello stomaco e il segnale EGG mucosale o serosale e cutaneo [2].
Così come accade per altri segnali biologici registrati dalla superficie cutanea, il segnale EGG è
una combinazione di segnale e di rumore. Tuttavia, rispetto ad altre tecniche elettrofisiologiche
(es. ECG), l'identificazione del segnale EGG può risultare più difficile, a causa della bassa
ampiezza del segnale, dei vari tipi di interferenze che si sovrappongono al segnale elettrico
gastrico, della forma variabile dello stomaco e della presenza di altre fonti di attività elettrica
nella cavità addominale (duodeno, digiuno, ileo e colon). Tutto ciò richiede una particolare
attenzione nella disposizione degli elettrodi e l’utilizzo di metodi accurati di filtraggio ed analisi
del segnale.
3.3.2 Tecniche di registrazione ed analisi Per registrare un elettrogastrogramma cutaneo si utilizzano elettrodi cutanei autoadesivi non
polarizzabili del tipo in uso in elettrocardiografia. Sono possibili due tipi di registrazione:
bipolare e monopolare.
La modalità bipolare comporta la registrazione del segnale presente tra due siti di captazione
mentre la modalità monopolare registra il segnale proveniente da un solo sito rispetto a un
secondo sito neutro o di riferimento. In entrambi i casi l'elettrodo di terra è necessario per
utilizzare in maniera ottimale le capacità dell'amplificatore di escludere il rumore. La
registrazione bipolare (Figura 3.3.4: C) è preferibile a quella monopolare (Figura 3.3.4: A o B)
perchè non comporta problemi nella scelta dell'elettrodo di riferimento e permette di ottenere un
Figura 3.3.3: Corrispondenza tra segnale EGG interno e cutaneo
29
segnale con un migliore rapporto segnale/disturbo. Inoltre, gli artefatti dovuti al movimento del
corpo, alla respirazione o all'attività elettrica di altri organi, sono meno evidenti utilizzando la
registrazione bipolare.
Prima di applicare gli elettrodi è
necessario preparare la
superficie cutanea di contatto
eseguendo una leggera abrasione
o una detersione con Dietil Etere
allo scopo di limitare il segnale
D.C. (corrente continua).
L'impedenza di un circuito
formato da due elettrodi di
superficie e il corpo umano ha
valori elevati nel range delle basse frequenze ma l'abrasione può ridurre considerevolmente il
valore dell’impedenza. Dopo una adeguata preparazione della cute l'impedenza del circuito cute-
corpo umano è inferiore a 10 kW e ciò perchè l’impedenza è dovuta principalmente alla
giunzione elettrodo-cute.
3.3.3 I parametri EGG
3.3.3.1 Frequenza dominante ed energia Quando l'EGG è registrato in maniera accurata, la componente principale che si osserva
nell'analisi spettrale è il segnale elettrico gastrico. La frequenza con il picco di energia spettrale
più alto viene definita frequenza dominante. L'energia dominante è l'energia corrispondente alla
frequenza dominante.
3.3.3.1.1 Significato clinico La frequenza dominante dell'EGG riflette la frequenza delle onde lente dello stomaco.
Numerosi studi [2, 4, 10] hanno dimostrato che la frequenza dominante è uguale alla frequenza
delle onde lente ottenuta mediante registrazione serosale o mucosale. L'energia dell'EGG relativa
alla frequenza dominante riflette l'ampiezza e la regolarità delle onde lente dello stomaco.
L'energia della frequenza dominante aumenta proporzionalmente all'incremento dell'ampiezza
del segnale interno, mentre si riduce quando il segnale è meno regolare e rumoroso.
L'energia EGG relativa alla frequenza dominante è influenzata da diversi fattori quali lo spessore
della parete addominale, la preparazione della cute, la posizione degli elettrodi, la distanza tra gli
elettrodi nella registrazione bipolare, le caratteristiche del sistema di registrazione e il metodo
Figura 3.3.4: Differenze tra registrazione monopolare e bipolare
30
dell'analisi spettrale. Generalmente si ritiene che solo le variazioni relative dell'energia EGG
abbiano un significato clinico, sebbene alcuni autori abbiano riportato che anche i valori assoluti
di energia possano avere significato clinico.
Le onde lente dello stomaco controllano la frequenza e la propagazione delle contrazioni
gastriche. Poiché la frequenza dominante EGG riflette la frequenza delle onde lente dello
stomaco, se ne deduce che c'è correlazione tra la frequenza dominante e la motilità gastrica.
Precedenti studi [11] hanno dimostrato che la frequenza dominante dell'EGG delimita la
massima frequenza delle contrazioni gastriche e quindi la frequenza delle contrazioni fasiche
dello stomaco corrisponde alla frequenza dominante dell'EGG (Figura 3.3.5).
Figura 3.3.5: Relazione tra EGG cutaneo, interno e contrazione
3.3.3.2 Variazioni relative dell'energia
3.3.3.2.1 Definizione e calcolo E' noto che il valore assoluto dell'energia dominante EGG è vincolato a diversi fattori e pertanto
non è considerato un parametro affidabile. Tuttavia il problema può essere superato calcolando
l'energia in termini di variazioni relative (Figura 3.3.6).
La variazione relativa dell'energia
dominante EGG è calcolata come power
ratio, ovvero come rapporto tra l'energia
rilevata dopo una certa stimolazione (ad
esempio un pasto test) e l'energia rilevata
di base [12]. Quando l'unità di misura è
espressa in dB, la variazione relativa è
definita come la differenza tra l'energia
dominante in dB prima e dopo la
stimolazione.
Figura 3.3.6: Il calcolo del power ratio
31
3.3.3.2.2 Significato clinico Numerosi ricercatori hanno dimostrato che dopo il pasto è presente un incremento della energia
dominante EGG [2, 3, 13]. Il problema è rappresentato dalla interpretazione di questo fenomeno,
ovvero se l'incremento di energia postprandiale sia dovuto ad aumento della forza di contrazione
dello stomaco, a distensione dello stomaco e quindi ad un avvicinamento della parete dello
stomaco alla cute o ad entrambi i fattori.
Sono state fornite numerose spiegazioni e alla luce dei risultati esposti in letteratura possiamo
dire che:
1) La distensione gastrica può avvicinare la parete dello stomaco alla superficie addominale,
e quindi agli elettrodi, con conseguente incremento dell'energia. E' inoltre possibile che
le variazioni di posizione dello stomaco nella fase post-prandiale aumentino la distanza
tra lo stomaco e gli elettrodi comportando una riduzione dell'energia.
2) La stimolazione delle contrazioni gastriche può solo incrementare l'energia.
L'unica possibile causa di riduzione dell'energia del picco gastrico in fase postprandiale è
costituita da una variazione delle onde lente dello stomaco, dovuta ad una riduzione
dell'ampiezza e/o riduzione della regolarità. La riduzione dell'ampiezza postprandiale
non è presente nei soggetti normali ma si può osservare nei pazienti con gastroparesi.
Si ritiene, pertanto, che la riduzione dell'ampiezza postprandiale possa essere un indice
della presenza di un disordine motorio gastrico.
3.3.3.3 Percentuale di onde lente normali
3.3.3.3.1 Definizione e calcolo La percentuale delle onde lente
normali rappresenta la misura
quantitativa, rispetto al tempo
totale, della regolarità del
segnale EGG. La percentuale di
onde lente normali è calcolata
sulla base dell'analisi running
spectra (Figura 3.3.7).
Ogni picco viene definito
normale se è compreso nel range
Figura 3.3.7: L'analisi running spectra
32
2.0-4.0 cpm e la percentuale di onde lente normali è calcolata come rapporto tra il numero di
spettri normali e il totale degli spettri. Ad esempio, se un running spectra contiene 30 min di
segnale e si contano 27 picchi normali, la percentuale di onde lente normali sarà del 90%.
3.3.3.3.2 Significato clinico L'interpretazione della normalità di un tracciato elettrogastrografico è stata per lungo tempo
basata su una valutazione qualitativa del segnale nel tempo e/o della sua analisi spettrale. E'
evidente come la valutazione qualitativa sia soggettiva ed imprecisa. Mentre il calcolo della
percentuale di onde lente normali fornisce una valutazione quantitativa della normalità del
segnale elettrico gastrico. In generale, si considera normale un esame in cui la percentuale di
onde lente normali è maggiore al 70%.
3.3.3.4 Percentuale di disritmia gastrica
3.3.3.4.1 Definizione e calcolo La percentuale di disritmia gastrica è definita come la percentuale di tempo in cui si osservano
alterazioni del ritmo elettrico gastrico ed è un parametro che riflette la anormalità delle onde
elettriche gastriche. Le alterazioni del ritmo elettrico gastrico comprendono la bradigastria,
tachigastria, bradiaritmia, tachiaritmia e aritmia. Il calcolo della percentuale di disritmia viene
effettuato analogamente alla percentuale di onde lente normali.
Si parla di bradigastria se il picco dominante si trova nel range 0.6-2.0 cpm e di tachigastria se il
picco è compreso tra 4.0-9.0 cpm.
Si parla di aritmia gastrica quando non sono evidenti picchi dominanti nel range 0.6-9.0 cpm.
Figura 3.3.8: Esempio di tachigastria (a sinistra), e di bradigastria (a destra)
33
3.3.3.4.2 Significato clinico Alterazioni del ritmo elettrico gastrico sono state osservate in molte patologie. In genere si
ritiene che le alterazioni del ritmo siano associate a disordini della motilità gastrointestinale.
3.3.3.5 Coefficiente di instabilita'
3.3.3.5.1 Definizione e calcolo Il coefficiente di instabilità (IC) è stato introdotto per specificare la stabilità della frequenza
dominante e dell'energia [49, 53] ed è calcolato dalla tabella riassuntiva della frequenza e
dell'energia (e rispettive SD) che si ottiene dal running spectra. Il coefficiente di variazione della
frequenza e dell'energia rappresenta il rapporto percentuale tra la deviazione standard e il valore
di frequenza o di energia.
3.3.3.5.2 Significato clinico Mentre la percentuale delle onde lente normali specifica la normalità del ritmo elettrico gastrico,
il coefficiente di instabilità (IC) è un indice delle sottili variazioni delle onde lente nel tempo.
Nell'ipotesi in cui la percentuale delle onde lente normali sia del 100%, la frequenza delle onde
lente è normale per tutta la durata della registrazione, ma questo parametro non mostra le
eventuali variazioni della frequenza all'interno del range di normalità. L'IC rappresenta proprio
l'indicatore di queste sottili variazioni. Allo stesso modo l'IC dell'energia riflette le variazioni
dell'energia del picco gastrico relative al periodo di registrazione.
3.3.4 Validazione del segnale EGG Numerosi lavori hanno confermato la corrispondenza tra il segnale EGG cutaneo e l'attività
elettrica gastrica. Inoltre recentemente, attraverso la registrazione simultanea dell'EGG cutaneo e
serosale, è stata dimostrata una notevole affidabilità dell'EGG cutaneo nel rilevare l'attività
elettrica gastrica normale e alterata [14]. Pertanto, l'EGG è considerata una tecnica affidabile per
il rilevamento dell'attività elettrica gastrica, in quanto è dimostrato che la frequenza dominante
del segnale EGG riflette, in maniera accurata, la frequenza delle onde lente dello stomaco.
Più controversa è la relazione tra EGG e motilità gastrica. Esistono molti lavori che hanno
dimostrato come l'energia EGG aumenti dopo pasto, tuttavia non è ancora chiaro se questo
incremento di energia sia legato ad un aumento della forza di contrazione, ad aumento di volume
dello stomaco o ad entrambi i fattori [51, 52, 56].
34
3.3.5 Applicazioni cliniche dell'EGG cutanea
3.3.5.1 EGG nei pazienti adulti La principale applicazione clinica dell'EGG sembra essere il campo delle patologie funzionali, in
quanto permette di chiarire e completare la diagnosi di dispepsia funzionale. In generale le
anomalie del ritmo elettrico gastrico registrate in pazienti affetti da patologia funzionale del
tratto gastroenterico superiore sono [15]:
a. instabilità della frequenza gastrica;
b. tachi- o bradigastria a digiuno e in fase postprandiale;
c. assenza di incremento dell'ampiezza del segnale elettrico gastrico in fase
postprandiale.
La normalizzazione del ritmo elettrico gastrico si accompagna a remissione della sintomatologia
mentre in soggetti con persistenza della sintomatologia l'attività mioelettrica rimaneva
immodificata.
Studi combinati elettro-meccanici in soggetti con anoressia nervosa [16] hanno mostrato una
ridotta contrattilità antrale e la presenza di evidenti episodi di disritmia gastrica: ciò suggerisce
che la ripienezza epigastrica postprandiale, che si riscontra frequentemente in pazienti con
anoressia nervosa, possa essere conseguenza di una disfunzione gastrica e non il risultato di
sensazioni anormali riferibili a un disordine psichiatrico.
3.3.5.2 EGG in età pediatrica In età pediatrica le registrazioni EGG sono state raramente riportate. In genere i risultati
mostrano che bambini con sintomatologia ricorrente suggestiva di un disordine funzionale dello
stomaco presentano una incidenza elevata di anomalie del ritmo elettrico gastrico e di ritardo
nello svuotamento gastrico. Inoltre, l'EGG può rappresentare un parametro obiettivo di verifica
dell'efficacia della terapie.
35
4 APPENDICE
4.1 Calcolo della frequenza dominante e dell’energia dominante
La frequenza dominante e l'energia EGG sono calcolate dall'analisi spettrale (Figura 4.1.1).
Lo spettro di energia si può definire in due
modi [7]:
• Definizione indiretta: la densità
dell'energia spettrale di una
sequenza di dati è definita come la
trasformata di Fourier della
funzione di auto-correlazione della
sequenza in oggetto.
E' una definizione indiretta perché
la densità spettrale dell'energia è
calcolata dalla funzione di auto-
correlazione invece che
direttamente dalla sequenza dei
dati.
• Definizione diretta: la densità
dell'energia spettrale è calcolata
dalla sequenza dei dati ed è definita come l'ampiezza al quadrato della trasformata di Fourier
della sequenza dei dati con opportuni calcoli di media statistica. La densità spettrale in
questo caso è calcolata direttamente dalla sequenza dei dati. In accordo con la definizione
diretta, i due metodi riportati di seguito sono quelli più spesso usati per effettuare l'analisi
spettrale dell'EGG:
Sample spectrum. Quando si calcola la densità spettrale di una sequenza di dati EGG,
specialmente nel calcolo dei running spectra, la parte relativa al calcolo della media
descritta nella definizione diretta non viene eseguita. Il calcolo della densità spettrale è
effettuato prendendo direttamente il quadrato dell'ampiezza della trasformata di Fourier
della sequenza di dati finita senza calcolo della media. La funzione risultante viene
chiamata sample spectrum. Tale metodo risulta semplice e lineare ed è utilizzato da
Figura 4.1.1: Calcolo della frequenza e dell'energia dominante
36
numerosi ricercatori [7]. Il difetto è rappresentato dal fatto che produce stime erratiche
dello spettro totale. La deviazione standard che risulta da questo metodo potrebbe essere
tanto ampia quanto la media stimata [8].
• Periodogramma. L'esatta implementazione della densità dell'energia spettrale secondo la
definizione diretta si effettua con questo metodo. Una finestra di lunghezza equivalente a
L campioni è applicata ai primi L campioni e una trasformata di Fourier di lunghezza M
(M >= L) è effettuata sui campioni contenuti in una finestra L. Se M > L, una serie di
zero (in numero uguale a M - L) sono applicati alla fine degli L campioni. Lo spettro
campione dei primi L campioni è ottenuto calcolando il quadrato dell'ampiezza della
trasformata di Fourier. Successivamente, la finestra è spostata nel tempo di S (S <= L)
campioni e il secondo spettro è calcolato. La procedura si ripete finché tutta la sequenza
dei dati non è stata esaminata. Lo
spettro di energia dei dati si ottiene
calcolando la media di tutti gli spettri
campione. Il metodo del
periodogramma risulta il più
appropriato per il calcolo dello spettro
di energia di una registrazione EGG di
lunga durata e fornisce la stima più
accurata della spettro totale. Ogni volta
che si ha a disposizione un numero
sufficiente di campioni di dati, il
metodo del periodogramma dovrebbe
essere utilizzato al posto del sample
spectrum per il calcolo della frequenza
dominante e dell'energia [9].
4.1.1 Unita' di misura della frequenza e dell'energia Gli effetti della finestra sono stati descritti nella parte dedicata all'analisi spettrale. La lunghezza
della finestra determina lo smoothing dello spettro: più breve è la finestra, ovvero minore il numero
di campioni, minore sarà la risoluzione di frequenza (Figura 4.1.2).
L'unità di misura della frequenza si esprime in cicli per minuto (cpm) o in Hertz (Hz). L'equivalenza
tra le due unità di misura è data dalla seguente relazione: 1 Hz = 60 cpm.
Figura 4.1.2: Effetto della lunghezza della finestra
37
L'energia può essere misurata in unità lineari o in decibel (dB). Il decibel è l'unità di misura più
comunemente usata ed è definita come segue: A(dB) = 10 x Log10B dove A è l'energia espressa in
decibel e B è l'energia in unità lineari.
Il vantaggio della scala lineare è quello che i picchi spettrali sono più definiti mentre il problema
principale è la scarsa evidenza delle frequenze di bassa energia.
La scala in dB permette di rappresentare in dettaglio tutte le frequenze anche quelle con una bassa
energia.
La figura 4.1.3 riporta le differenze tra le due unità di misura dell'energia spettrale. Il segnale
contiene frequenze a 1 cpm, 3 cpm e 7 cpm e l'ampiezza di queste frequenze è rispettivamente di 5,
25 e 1 mV.
Figura 4.1.3: Differenze nello spettro tra scala in dB e quella lineare
E' evidente come le frequenze a 1 e 7 cpm non siano affatto rappresentate nella scala lineare.
4.2 La frequenza fondamentale e le armoniche Nell'analisi di Fourier si assume che qualunque segnale possa essere modellato usando una
combinazione di sinusoidi differenti con differenti ampiezze. Per esempio, se il segnale da
analizzare è una sinusoide pura a 3 cpm, nell'analisi di Fourier tutte le sinusoidi tranne quella a 3
cpm avranno ampiezza 0 e quindi nello spettro sarà presente solo un picco a 3 cpm. Se il segnale è
un'onda quadra a 3 cpm, nell'analisi di Fourier tutte le sinusoidi con una frequenza di 3 cpm o
multipli di 3 cpm avranno uguale ampiezza (l'onda quadra a 3 cpm può essere generata da una
combinazione di sinusoidi a 3 cpm e suoi multipli). Nello spettro sarà presente il picco a 3 cpm e
quelli a frequenza multipla di 3 cpm. Il segnale EGG reale ha una forma d'onda intermedia tra
quella sinusoidale e quella quadra, e solitamente è sinusoidale. Nello spettro sono presenti
l'armonica di secondo ordine della frequenza principale e raramente quella di terzo ordine. La forma
d'onda del segnale EGG registrato dalla superficie serosa è più simile all'onda quadra e pertanto le
armoniche sono presenti nello spettro.
38
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