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Page 1: Troia e proci, gioia e fauci

l’EditorialeSO

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Troia e proci, gioia e fauci

Cotignola chiama Teramo. Teramo risponde?

Giorgio D’Ignazio si confessa

Il racconto dei volti, il racconto delle pietre

Cesare Battisti a Teramo. Parte seconda

Buona o cattiva scuola?

Servono regole anche per noi Prof.

I Queen, la Regina e le circolari di una Preside

Piazza Kabul

Il libro del mese

Embargo alla teramana

L’oggetto del desiderio

Musica

Festival Incontri d’Opera 2015

Dura lex sed lex

Note linguistiche

Il museo di Celano

Cinema

Calcio

Pallamano

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Hanno collaborato: Domenico Attanasii, Maurizio Carbone, Maria Gabriella Del Papa, Maurizio Di Biagio, Maria Gabriella Di Flaviano, Carmine Goderecci, Maria Cristina Marroni, Piero Natale, Orbilius, Leonardo Persia, Mario Rusconi, Sergio Scacchia, Rossella Scandurra.

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111diDomenicoAttanasiiTroia e proci,

gioia e fauci

P er essere una bufala fatta in casa è di sicuro

una bella insaponata di ingredienti prove-

nienti da tutti e quattro i punti cardinali messi

in fila per due tenuti per mano a pararsi il culo.

Adesso, dato per scontato che qui da noi le cose

vanno così come vanno e che se si continuerà di

questo passo finanche “l’omicidio volontario” sarà

presto derubricato in “procurata e indebita antici-

pazione di decesso” non c’è nemmeno stavolta la

scusa giusta per tentare di difendere l’indifendibile.

Ma chi ci crede che Ulisse, dopo avere combattuta

la guerra di... - e ci si trattiene a stento per non

stampare una parolaccia su un giornale - di colpo

si perde in mezzo al mare per dieci anni dopo

essersi imbattuto in un bestiario umano di per-

sonaggi da zoo. E ci manca pure la balla infantile

di un cieco, di un cantacazzate, che s’inventa di

tutto e di più come la Rai, per seminare gramigna

e zizzania in giro. Tra pecore imbecilli e ciclopi

morti di sonno, guarda caso, dov’è che Odisseo va

a trattenersi in quei due lustri? Per sette anni si

ingroppa la bellissima ninfa Calipso. Sparate le ul-

time cartucce, prende la via di casa giusto per fare

venire un infarto a quel poverino di Argo. Solo a un

cane poteva mancare uno stronzo di padrone che

lo abbandona per una Troia qualunque. Tra la realtà

e il sogno c’è sempre la nostra esistenza. A guerra

finita, Ulisse torna a casa un attimino in ritardo,

giusto in tempo per sbarazzarsi della bestiola che

alla sera gli toccava ogni volta di uscire a farle

fare il bisognino prima che quella gliela mollasse

sopra la tela. Quella coglionata da Penelope, da

fare e disfare la notte. Una barzelletta, dunque.

E non finisce qui la farsa. Il reduce, come tutti i

reduci dei Puttan Tour, anche il ritornato a Itaca si

dichiara sfiancato dalle avversità del mare, sfinito

dagli eventi, con i coglioni pieni di tutta quell’acqua

attorno. E allora, via fuori di casa a tutti quei proci

puzzolenti. Probabilmente, questa è la vera storia

di come è nato il prosciutto, come lo conosciamo

oggi. Proci nostrani provenienti da allevamenti

intensivi nella Bassa e allevati con una “passione”

che solo chi ama i prodotti autoctoni può garantire

di mettere nel proprio lavoro, nell’arte del buon

gusto. Del Made in Italy. Il prosciutto nostrano di

proci tirati su da mani esperte è apprezzato sopra

qualunque tipo di tavola conquistandosi giorno per

giorno dignità e nobiltà. Importantissima, la prove-

nienza delle carni dei proci d’allevamento. Spesso

sono nate polemiche sulla reale origine di proci

macellati e lavorati sì nel Bel Paese ma spesso

giunti da paesi extraeuropei come la Turchia, in cui

gli standard sono molto più bassi rispetto all’Italia.

Quanto alla legge europea sulle etichettature,

essa non impone l’obbligo di specificare l’origine

delle materie prime sui salumi. Una nota azienda

produttrice di salumi si è pure recata negli studi

televisivi della “Gabbia” e, nel corso della puntata,

il conduttore e giornalista Paragone ha chiesto:

“Cos’è che impedisce di scrivere il Paese di origine

dei suini?”. La risposta dei salumieri è stata assai

rasserenante: “Perché costa il 40% in più tracciare

la carne”.

La paura ci ha fatto inventare i limiti e i confini.