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◗ LIVORNO

«Sì, il problema esiste: eccomese esiste». Giuliano Gallanti,presidente dell’Authority, nonci gira intorno: lo ammette estop. E gli va dato atto che nonprova a fare lo slalom specialefra i guai per buttare la croceaddosso ai suoi predecessori:come pure potrebbe avere latentazione di fare, visto chequesta storia va avanti dal2002.

Rischiamo di ritrovarci conla zona-chiave dell’intero Prgportuale che ha i piedi a mollonel fango e in pratica non può

ospitare terminal container obinari? il numero uno di Palaz-zo Rosciano, sede dell’istitu-zione portuale, lo esclude:«Stiamo immaginando una se-rie di ipotesi per arrivare a unasoluzione», si limita a dire. «Acominciare dalla palificazio-ne», aggiunge Giovanni Motta,che nel team di dirigentidell’Authority è quello che sioccupa di sicurezza e ambien-te.

Di cosa si tratta? In pratica, ipali andrebbero in profonditàa cercare terreno solido sulquale poggiare questi pali cherappresenterebbero le fonda-

menta del piazzale in superfi-cie. Detto un po’ (troppo) aspanne, qualcosa di simile a“palafitte”...

Non è poi molto differentequel che è accaduto nella pia-na di Guasticce: con l’interpor-to che è una sorta di zatteronasopra un terreno subsidente ocon la superstrada e l’autostra-da che corrono verso l’entro-terra come un viadotto alpinoche affonda i propri piloni finoa 50-60 metri di profondità nelsottosuolo.

In ballo anche l’idea di anda-re per sovraccarico: crescendoil peso che grava sul mix di

melma e acqua, quest’ultimadovrebbe essere forzata a usci-re. E intanto la prima vasca po-trebbe accogliere anche unaparte dei detriti escavati daifondali del molo Italia.

«Ma con la seconda vasca –aggiunge Motta – questi pro-blemi dovrebbero esser supe-rati in altro modo. Come? Cre-ando nello strato melmosouna serie di alveoli, dai qualipoter pompare via l’acqua inseguito». La rete di alveoli haqualche rassomiglianza con ilgattaiolato che si fa talvolta alpiano terra delle case per ri-durre l’umidità. (m.z.)

«Il guaio c’è, lo elimineremo con i pali»Il nuovo terminal sarà sulle palafitte. Gallanti: la Darsena Europa non è a rischio

di Mauro Zucchelli◗ LIVORNO

Il futuro del porto è finito sullesabbie mobili. E stavolta non èuna metafora degli intoppi bu-rocratici e dei guai paradossalicon cui è costretta a fare i contiogni opera pubblica, soprattut-to in porto. Stiamo parlandodell’espansione a mare previ-sta come progetto fondamenta-le del Prg: di quel che c’è sottola superficie là dove nasceran-no i piazzali del nuovo polocontainer della Darsena Euro-pa. Da realizzare sversando, indue enormi vasche “ritagliate”all’esterno dell’attuale DarsenaToscana, i fanghi escavati daifondali del porto. Peccato chela melma si sia consolidata sìma solo in un superficie: peruno spessore di un metro, forsedue. «Ma questo strato – affer-ma una fonte riservata di pri-missima mano – poggia su unasorta di “cuscinone” fatto difanghiglia e acqua, ed è difficilefarlo asciugare e solidificare».

In realtà, risulta al Tirrenoche sia qualcosa di più di un“cuscinone”: al di sotto dellaparte più superficiale già con-solidata come una sorta di“crosta”, si sprofonda per alme-no 3 metri (ma in altre zone fi-no a sei) prima di toccare laspessa guaina che, adagiata sulfondale marino preesistente,impermeabilizza la “vasca” dasotto. È costituita da un doppiostrato di bio-tessuto che proteg-ge un telo di 2 millimetri di po-lietilene ad alta densità (Hdpe).

Proprio questa impermeabi-lizzazione totale è quel che im-pedisce a questo “mare” di fan-ghiglia di compattarsi e consoli-darsi in maniera definitiva. Equesto ha una conseguenza di-retta: abbiamo potuto cammi-nare sul manto di fango conso-lidato della prima “vasca” masiamo lontani anni luce da

standard geotecnici che possa-no garantire una capacità por-tante in grado di reggere il pesodi container impilati l’unosull’altro fino al quarto tiro(com’è ora al terminal Tdt inDarsena Toscana) o, men chemai, le migliaia di tonnellate diinfrastrutture industriali rile-vanti come un fascio di binari etreni merci.

Dunque, il tassello-chiavedel puzzle portuale, quello al

quale la città affida la propriasperanza di non perdere il con-tatto con le grandi rotte del traf-fico marittimo mondiale, nonha le caratteristiche geotecni-che indispensabili per poterloutilizzare realmente. O quanto-meno, non le ha ancora. Restail fatto che il consolidamentoresta un rebus complicato per itecnici dell’Authority: ancheperché sta andando assai piùlentamente di quanto ci si eraimmaginati.

«L’idea della guaina – tiene aribadire un funzionario che haseguito il caso fin dall’inizio –non l’hanno tirata fuori i tecni-ci dell’Authority: è stato un dik-tat del ministero dell’ambien-te». Una scelta della tecnostrut-tura romana (con un appaltoda 248mila euro di costi extraper l’Autorità portuale), macon l’avallo politico dell’alloraministro Altero Matteoli. Per

uno dei tanti paradossi di que-sta vicenda era stato il leader li-vornese del Pdl, al quale gli eco-logisti avevano attribuito pole-micamente il “premio Attila”, aimporre ulteriori garanzie con-tro il rischio di contatto (inqui-nante) fra la “vasca” e l’ambien-te marino esterno.

In pratica, la melma sversataè considerata un rifiuto: dun-que, si devono usare le cauteleche si adoperano con i rifiuti.

Non a caso, la geomembrana èpressoché identica a quella usa-ta per le discariche sulla terra-ferma, conferma uno fra i fun-zionari interpellati («e non èstato nemmeno semplice posi-zionarla perché è un materialeche in acqua galleggia»).

Del resto, si sconta anche ilfatto che Livorno nella primametà del decennio scorso hafatto da apripista: è stata tenutaa battesimo per la prima voltaqui da noi, con tutti i problemidi una esperienza inedita, la“vasca di colmata” come luogoper accogliere i fanghi escavatiin porto. In precedenza veniva-no semplicemente presi e ribut-tati in mare al largo: come fossemovimento terra. Poi sono di-ventati “rifiuti”: ma “riciclarli”in forma di piazzale portuale siè rivelato assai più complicatodel previsto.

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Il futuro del porto ha i piedi nel fangoIl consolidamento dei nuovi piazzali funziona solo in superficie. Sotto resta la melma escavata con il dragaggio dei fondali

Giuliano Gallanti

◗ LIVORNO

La “vasca di colmata” è in viadi raddoppio ritagliando conun argine largo da 12 a 25 me-tri un tratto di mare all’esternodella Darsena Toscana. Cosasarà lo dicono le cifre: da un la-to, un milione e mezzo di me-tri cubi di fanghi messi quidentro per portarli via con ladraga dai fondali del porto;dall’altro, 370mila metri qua-dri di nuovi piazzali.

Ma questi numeri ci indica-no solo ordini di grandezza,pur ragguardevoli. Non ci spie-gano che dietro quelle cifre c’èqualcosa di più di uno dei tantielementi del mosaico del por-to: è lì il “cuore” della strategiasulla quale punta la città peruscire dal tunnel del declino.Riassumibile guardando duesemplici dati: 1) la movimenta-zione complessiva di mercisulle banchine livornesi è ri-masta nel 2013 d’un soffio sot-to i 28 milioni di tonnellate,eravamo al di sopra di questostandard già nel 2005; 2) in fat-to di container la crescitadell’1,8% ci riporta tutt’al piùai livelli del 2003.

Nel concreto, parliamo diun obiettivo nel breve termi-ne: far entrare in porto anchele navi da 8mila teu che hannobisogno di un pescaggio di 13metri. E la strategia di me-dio-lungo periodo? Avere glispazi di banchina sui quali edi-ficare il nuovo terminal conte-nitori formato kolossal cherappresenta l’espansione amare del porto per avere fon-dali a meno 16-17 metri cosìda puntare ad accogliere lemega-navi di ultimissima ge-nerazione. (m.z.)

Finché non saràben solidificato

il sottosuolo, tutta l’areanon potrà reggerela (pesante) presenzadi un terminal contenitorio di indispensabiliinfrastrutture ferroviarie

Tutto nascedal diktat con cui

il ministero dell’ambiente(negli anni di Matteoli)impose all’Authoritydi impermeabilizzareil fondo della “vasca”per non inquinare il mare

L’ANALISI

È quelloil tassello-cloudi tutto il Prg

Il terminal contenitori Tdt e, a destra, le due vasche di colmata: la “A” è già praticamente riempita di fanghi escavati (nel riquadro), la “B” è in costruzione e se ne vedono i primi argini (Muzzi)

L’INCHIESTA» I GUAI DELLA PRIMA “VASCA”

Giovanni Motta

IL TIRRENO MARTEDÌ 1 APRILE 2014 I

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