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Page 1: Sulle ali della libertà per evadere dal potere - corriere.it · JOHN MILTON Il poeta inglese (1608-1674), difendendo la libertà di stampa come ... E in un verso della sua opera

IL PESO DEL RISCHIO

Quando le mura del vecchio ordine si sgretolano,coloro che hanno lottato per il cambiamentosi trovano di fronte ad una terribile responsabilità

L’INTERVENTO

A mmoniva il cattolico Blaise Pascal:«Non è un bene essere troppo libe-ri», ma un poco, sì. Constatava l’illu-minista Voltaire: «Siamo tutti debo-

li, incoerenti, soggetti all’incostanza, all’er-rore». Per questo, almeno una scintilla dilibertà è necessaria: per poter impararequalcosa da questa fragilità, per non limi-tarsi a sopravvivere, ma cercare di viveremeglio.

Quella di libertà è nozione tipicamenterelativa: l’essere umano si sente più liberodelle scimmie e giudica la scimmia più libe-ra di un’ameba. Un tempo avremmo ricor-dato che Adamo ed Eva erano stati fatti aimmagine e somiglianza del loro Creatore;oggi, più modestamente, riconosciamo chela nostra maggiore libertà è una conseguen-za di come siamo e di come siamo evoluti.È la lezione più profonda della teoria del-l’evoluzione di Charles Darwin. La nostralibertà si radica nel corpo — nella nostramano e nel nostro cervello. Non voglio svili-re i sentimenti più elevati, le grandi idee del-la cultura o le conquiste dell’arte e dellascienza — insomma, tutto quello che i filo-sofi chiamano il mondo dello Spirito o iprodotti della Mente. Ma senza questa di-mensione materiale, non avremmo alcunaesperienza di libertà. Quante volte sentia-mo parlare di "libertà di pensiero", e quan-to ci ripetono che anche sotto il più ferocetiranno ciascuno resta libero di pensare ciòche ritiene opportuno! Ma che cosa vale tut-to ciò se all’individuo viene impedito diesprimere quel che pensa, per esempio lesue ragioni per non piegarsi al tiranno? Di-fendendo la libertà di stampa come para-digma di ogni libertà di espressione, nel Sei-cento il poeta John Milton diceva che bru-ciare un libro era come uccidere un uomo.Viceversa, il Novecento dei totalitarismi haconosciuto persino la tirannia sui cervelli,nel tentativo di controllare materialmenteil pensiero stesso.

Chi ama la (propria) libertà potrebbe farsua la battuta di John Stuart Mill per cui«ogni vincolo in quanto vincolo è male». Ilpensatore britannico alludeva non solo al-l’economia, ma anche a quello della politi-ca e della religione. In un certo senso, colpi-va nel segno: possiamo percepire qualsiasivincolo come un legame che vorremmosciogliere, una catena che vorremmo spez-zare. «Come assomiglia il morto al prigio-niero», recita la tavola X dell’epopea di Gil-gamesh — l’eroe babilonese per il qualel’estinguersi della libertà equivale alla cessa-zione della vita. Ma la sensazione che ognu-

no di noi prova di essere un «individuo»autonomo e indipendente da tutto ciò che èaltro, è più labile e precaria di quanto usual-mente appaia. Siamo plasmati dai nostri ge-ni, modellati dall’ambiente e dall’educazio-ne, né certo possiamo illuderci di fare a me-no delle leggi della fisica o di dimenticare ilimiti della nostra struttura biologica. For-se, la stessa società di cui ci troviamo a fareparte è, come direbbe ancora Pascal, soloun enorme corpo «pieno di membra pen-santi». Se le cose stanno così, non dovrem-mo concludere che i condizionamenti sonotanto molteplici quanto potenti, al puntoche la libertà è solo un’illusione?

Eppure, questa illusione è così forte checambia il mondo. Magari la sua comparsaè stata, in un momento imprecisato del cam-mino dell’evoluzione del vivente, qualcosadi puramente accidentale, una sorta di inci-dente di percorso. Col tempo è diventatauna caratteristica sempre più consolidata,fino a costituire un tratto distintivo della

nostra natura. Come recita un verso de IlParadiso perduto di Milton, «ragionarenon è altro che scegliere»: più che di «liber-tà di pensiero», dovremmo parlare della li-bertà come condizione del pensiero stesso.Pensare è già agire. La libertà non è purascelta tra questa o quella idea in una sortadi magazzino dell’intelletto, ma decisionetra differenti linee di condotta. A differen-za dalla morte, si può — almeno qualchevolta — abbattere la parete del carcere ed«evadere».

Sia lecito un ricordo personale. Le imma-gini della caduta del muro di Berlino sonopresto diventate il simbolo di interi popoliche evadevano da pesanti condizioni di as-soggettamento: ne parlavo allora con dueamici che ora non ci sono più. LudovicoGeymonat, maestro della filosofia dellascienza italiana, che aveva «scommesso»,pur tra critiche e dissenso, sull’esperimentodel «socialismo reale», non si limitava a ri-credersi sulla propria scelta, ma traeva di

qui lo spunto per insegnarci che non si dàlibertà senza libertà di cambiare; MarcoMondadori (con cui qualche anno primaavevo curato un’edizione del saggio Sullalibertà di Mill) metteva in luce come la liber-tà di un popolo fosse ancora una volta otte-nuta attraverso la libertà delle «membra»che lo compongono: da sudditi a cittadini.Quando le mura del vecchio ordine si sgre-tolano, la «libertà» che le persone si conqui-stano appare solo «licenza» ai difensori delpassato. Ma essa è invece responsabilità,anzi responsabilità «terribile», per coloroche sono impazienti del nuovo.

Come finì con l’ammettere Karl Popper(incalzato dalle provocazioni di Paul Feye-rabend), «un liberale non è altro che unanarchico timido». Si può osare di più.Non si tratta di sognare un’ideale societàsenza tirannidi, ma di combattere, caso percaso, le tirannidi esistenti — comprese quel-le che possono sembrarci «democratiche»:«Quanto più perfetta è l’organizzazione,quanto più riesce ad attrarre e a educare aipropri fini le persone più capaci provenien-ti da ogni strato della comunità, tanto piùcompleta è la schiavitù per tutti, poiché igovernanti sono altrettanto schiavi della lo-ro disciplina quanto ne sono schiavi i gover-nati». Ai tempi (1859) del Saggio sulla liber-tà, Mill temeva soprattutto il crescente pe-so della burocrazia; più di un secolo dopo,Popper guarderà con altrettanto sospetto aquello dei media, come la televisione. Resi-stere a qualsiasi potere che si presenta co-me irresistibile: questo è il nucleo delle va-rie libertà (al plurale) che vengono via viaconquistate e difese spesso al prezzo di lacri-me e sangue.

Credo che Ludovico e Marco sarebberostati d’accordo che questo è il modo miglio-re di celebrare un pensatore come JohnStuart Mill, di cui ricorre quest’anno il se-condo centenario della nascita, che avevaintuito gli aspetti di quella particolare for-me di tirannide che oggi chiamiamo «cor-rettezza politica» — così ossessionata da«sicurezza» e «rispetto» al punto da vietareil gusto del rischio e l’esperienza del conflit-to. Ma ogni istituzione che «rimpiccioliscei propri membri perché possano essere stru-menti più docili nelle sue mani, anche se afini benefici, scoprirà che con gente piccolanon si possono compiere cose veramentegrandi» — nell’impresa scientifica comenella competizione politica: «La perfezionemeccanica cui tutto è stato sacrificato allafine non servirà a nulla, perché mancheràla forza vitale che, per fare funzionare me-glio la macchina, si è preferito bandire».

Quella parola contesa tra scienza e filosofia

Resistere a ogni tirannia che si presenta irresistibile: così l’uomo conquista la sua dignità

L a parola è il luogo in cuisi ordinano i rapporti tral’ignoranza e la saggezza

(in filosofia) e tra la conoscenzae la scoperta (nella scienza).Naturalmente, dentro una parola visono molte altre cose. Perché leparole non sono solo ambivalenti maanche generosamente ambigue.La parola può essere opera d’arte.La parola contesa è in questaprospettiva un progetto pensosoche coniuga, contaminandoli, i saperidella filosofia e della scienza.Perché non è del tutto superatala contrapposizione tra queste dueculture, causa la radicalizzazionedelle loro identità (retoricae tecnica). È sterile talecontrapposizione; non genera unadomanda alta, una sfida importante

alle nostre certezze: in fondo,filosofia e scienza non sono piuttostodue facce della stessa medaglia di cuiignoriamo o neghiamo il valore?Il valore di ricerca, l’interrogazionefondante, la lotta contro l’ovvio,l’allargamento della libertà dipensiero, le sue motivazioni etiche,sono questi alcuni elementi attraversoi quali si articola il progettodi Parola contesa come provocazionenei confronti delle nostre conoscenze.Dove dialogare non è attivitàpacificante o consolatoria.Al contrario, dia-logare significainvitare e ospitare discorsiper «provare» l’esperienza delladifferenza. E due sono le paroleemblematiche su questi temi: libertàed etica, occasioni per rifletteree comprendere le pieghe di questi due

concetti ricchi di sfumaturee stratificazioni di senso. Dove ognipiega ruota sempre attorno a unpunto che offre, così, anche un puntodi vista. All’interno dell’attualecontesto tra filosofia e scienza,in bilico fra una facile divulgazioneo una criptica autorevolezza, occorreri-scoprire una possibile strategia:la scelta di situarsi nelle pieghedell’oscillazione tra filosofiae scienza.

Il tema della Libertà sarà al centrodell’incontro del ciclo «La parolacontesa» che si svolgerà il 24 agostoalle 18 al PalaVolkswagendi Cortina d’Ampezzo tra il filosofodella scienza Giulio Giorelloe il biologo Edoardo Boncinelli.I dibattiti sono ideati e condottida Massimiliano Finazzer Flory

Sulle ali della libertà per evadere dal potere

CHARLES DARWINLa lezione profondadello scienziato inglese(1809-1882), autore de«L’origine delle specie»,è che la nostra libertàè una conseguenzadell’evoluzione: essasi radica nel corpo, e senzaquesta dimensione materialenon avremmo esperienzadi ciò che si definisce«libertà dello spirito»

JOHN MILTONIl poeta inglese(1608-1674), difendendola libertà di stampa comeparadigma di ogni libertàdi espressione, sostenneche bruciare un libro eracome bruciare un uomo.E in un verso della suaopera «Il Paradisoperduto» scrisse che«ragionare non è altroche scegliere»

JOHN STUART MILLIl filosofo ed economistabritannico (1806-1873),autore del saggio«Sulla libertà», sostenevache, tanto in economiacome in politica e inreligione, «ogni vincoloin quanto vincolo è unmale», e che impedirel’espressione diun’opinione significa«derubare» la razza umana

L ’ I N C O N T R O

di MASSIMILIANO FINAZZER FLORY

NOVEMBRE ’89 La cadutadel muro di Berlino (Turnley)

di GIULIO GIORELLO

i protagonisti

8 Corriere Eventi CORRIERE DELLA SERA U M ARTEDÌ 9 M AGGIO 2006