Copyright 2013 Massimiliano Zupi
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a Miguel Ramírez Arévalo
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Se si desidera condividere questo libro con un’altra persona,
occorre richiedere all’autore una copia aggiuntiva
per ogni persona con cui la si condivida.
Grazie per aver rispettato il lavoro dell'autore.
Grazie di cuore
a tutti i miei studenti della Gregoriana
e ai miei lettori,
perché solo grazie
alla partecipazione attiva alle lezioni da parte degli uni
e alla lettura attenta da parte degli altri
le parole pronunciate e le lettere scritte
hanno speranza di arrivare a acquistare vita;
solo grazie alla relazione
la parola può raggiungere il suo obiettivo:
diventare carne e contatto.
Roma 2013
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Prefazione
Dopo undici anni di lezioni, dopo tanto materiale a uso degli studenti
inserito nel mio ufficio virtuale, dopo due files pdf fatti circolare negli ultimi
due anni, vede finalmente la luce, in un unico volume, questo manuale di
latino, presso l’editrice dell’Università Gregoriana di Roma, la più connaturale
a un testo nato a partire da un corso tenuto presso la facoltà di filosofia del
prestigioso Ateneo romano. «Finalmente» sta a dire senz’altro che è un punto
d’arrivo, dopo una lunga gestazione. Ma sta a dire anche, spero, che possa
essere un punto d’inizio: l’auspicio con il quale prendo congedo da codesta
fatica è che questo libro possa essere uno strumento utile per molti, e non solo
per gli studenti della Gregoriana, per essere introdotti allo studium, ossia allo
studio e all’amore della lingua latina.
Com’era prevedibile, rispetto ai due volumi fatti circolare negli ultimi
due anni, ho apportato molte correzioni. A volte si è trattato di banali refusi1
o di piccoli miglioramenti di stile, altre volte, in maniera più significativa, si è
riparato a veri e propri errori o sono state colmate importanti lacune. Sono
consapevole che l’opera di perfezionamento è lontana dall’essere completata.
Uno studente, per esempio, mi ha detto che in più punti sarebbe utile inserire
un maggior numero di esempi per rendere ancora più chiari i tanti argomenti
spiegati. Presumibilmente ha ragione e magari il prossimo anno uscirà una
seconda edizione arricchita soprattutto di esempi esplicativi. Il fatto è che con
1 In gergo tipografico, per refuso si intende un errore di stampa consistente nello scambio di lettere
o di segni.
Prefazione
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Roma 2013
ogni probabilità anche nella stesura di un manuale di latino vale quanto san
Benedetto afferma al termine della sua Regola2: che cioè paradossalmente,
sebbene scritto con la massima serietà possibile, è destinato a restare pur
sempre allo stadio di principianti.
M.Z.
Roma, 25 marzo 2013
lunedì santo, festa dell’Annunciazione
2 Scrive Benedetto all’inizio del capitolo conclusivo della sua Regola, il settantatreesimo: «Regulam
autem hanc descripsimus, ut hanc observantes in monasteriis aliquatenus vel honestatem morum aut
initium conversationis nos demonstremus habere», «Ma abbiamo tracciato questa Regola affinché
mostrassimo che noi, osservandola nei monasteri, abbiamo almeno fino a un certo grado o onestà
di costumi o inizio di conversione»; e più avanti definisce la propria Regola appena tracciata «hanc
minimam inchoationis regulam», «questa Regola minima per cominciare».
Roma 2013
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Introduzione
uesto manuale nasce da una pluriennale esperienza di
insegnamento del latino presso la Pontificia Università
Gregoriana di Roma. Quando, undici anni fa, mi venne
proposta la docenza, accettai avendo ben presente la sfida da
affrontare: che senso dare a un corso obbligatorio annuale di
latino in un’università pontificia? In via preliminare, la
stessa domanda, in forma ancora più radicale e fondamentale, deve rivolgersi
il lettore: perché studiare latino oggi?
Una lingua antica può essere studiata come strumento di lavoro da
parte di uno studioso: con ogni probabilità però non è questo il caso né dei
miei studenti di Roma né tanto meno dei lettori di codesto libro. Il latino può
essere studiato anche al fine di essere parlato: questa volta una simile
competenza, oltre a non essere certamente l’obiettivo né degli studenti né dei
lettori, non rientra nemmeno tra quelle possedute dall’autore3. Perché
dunque un corso e un manuale di latino?
3 Con ciò non si intende certo misconoscere che il latino possa ancora oggi essere parlato. Si
consulti ad esempio la pagina http://ephemeris.alcuinus.net/ : si tratta di un sito di news in latino!
Ephemeris (calco latino del termine greco con cui si indicava il libro nel quale si annotavano
faccende, avvenimenti, spese, ecc. di ogni giorno; «ephemerís», da «heméra», «giorno», si potrebbe
letteralmente tradurre appunto con «giornale») è un quotidiano on line, con aggiornamenti
settimanali delle notizie, creato a Varsavia su iniziativa di un gruppo di specialisti, con
collaboratori e esperti di tutto il mondo, la cui particolarità è di essere scritto interamente in lingua
latina. Particolarmente noto è anche il notiziario in lingua latina trasmesso dalla radio finlandese, e
pronunciato ovviamente con accento finlandese, a partire dal settembre del 1989 e scaricabile al
seguente indirizzo: http://yle.fi/radio1/tiede/nuntii_latini/ .
Q perché studiare latino oggi?
Studio Critico della Lingua Latina
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Alle due possibili finalità appena enunciate corrispondono le due
opposte vie che possono venire seguite nell’insegnamento/apprendimento di
una lingua. Da una parte, l’insegnamento del
latino come lingua morta. È la forma di studio
più adottata in Italia presso gli indirizzi di
istruzione che contemplano il latino nel loro curriculum: si comincia dalla
prima declinazione e via via si studia l’intera grammatica, affiancando la
teoria a esercizi calibrati sugli argomenti di volta in volta affrontati; la
competenza che si mira a acquisire è senz’altro quella di saper tradurre un
testo latino con l’ausilio del vocabolario, la cosiddetta versione. Ora, corsi di
latino di tal genere, in due o più volumi, esistono numerosi e sempre
aggiornati, per tutti i gusti: non occorre certo aggiungere un altro testo ai
tanti già esistenti. Per quanto riguarda poi gli studenti delle università
pontificie, pensare di raggiungere quella competenza in due ore settimanali
nel giro di un anno, con poco tempo a disposizione per lo studio a casa, è
pura utopia; sottoporre gli studenti a un simile tirocinio rischia di essere
addirittura controproducente: si richiederebbe comunque tanta fatica per
ottenere alla fine pochi risultati, ovverosia diventare in grado di tradurre
semplicissimi e banalissimi testi in latino; forse ci si convincerebbe che il
gioco non valga la candela. Non a caso, negli ultimi quindici anni, alcune voci
si sono alzate all’interno del mondo accademico pontificio per proporre di
non rendere più obbligatorio lo studio di un’annualità di latino e di greco per
gli aspiranti al baccellierato filosofico e teologico4.
4 Ricordo che il corso di studi in filosofia e teologia nelle università pontificie prevede ancora oggi
un baccellierato in filosofia, fino a oggi biennale e da quest’anno triennale, e uno in teologia, da
l’insegnamento del latino come lingua morta
Introduzione
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Roma
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Dall’altra parte, è possibile proporre il latino come lingua viva. È la
forma più comune di apprendimento delle lingue moderne: si comincia con
semplici comunicazioni relative alle più banali
situazioni di vita, procedendo via via a livelli di
difficoltà sempre maggiore e studiando
parallelamente la grammatica essenziale da conoscere per poter comunicare;
la competenza che si mira a raggiungere in questo caso è la capacità di
comprensione e produzione di una lingua, orale prima che scritta. Ora, esiste
già qualche manuale di latino di tal genere5: tuttavia non è assolutamente
questo lo scopo del presente volume. Del resto, per quanto riguarda gli
studenti delle università pontificie, è molto improbabile che il loro desiderio
sia di parlare latino come si parla l’inglese e, ancora prima, che questo sia lo
scopo dell’insegnamento del latino nelle intenzioni dell’istituzione. In ogni
caso, infine, ancora una volta due ore settimanali per due semestri non
sarebbero probabilmente comunque sufficienti per imparare a parlare latino.
Ricapitolando: l’intento di questo libro, nelle intenzioni di chi scrive,
non è di insegnare a parlare il latino come una lingua moderna; né d’altra
parte di insegnare a tradurre dal latino con l’ausilio di un dizionario, quale
sempre triennale, al quale possono seguire diverse licenze, ovvero specializzazioni, di norma
biennali, e infine il dottorato. 5 Normativo in tal senso resta il cosiddetto «metodo Ørberg» (dal nome del professore danese
Hans H. Ørberg, che lo ideò nel corso degli anni Cinquanta), ovvero il manuale Lingua latina per se
illustrata. Si tratta del cosiddetto «metodo diretto», che non prevede l'uso di altra lingua se non il
latino: i testi delle lezioni sono immediatamente comprensibili per l’allievo, in quanto sono
composti in maniera tale che il senso delle parole e la morfologia sono resi evidenti grazie alle
illustrazioni, al contesto e alle note marginali (esse pure in latino). Bisogna tuttavia specificare che
propriamente è un metodo vivo per l'insegnamento del latino, e non un metodo d'insegnamento del
latino vivo, in quanto tutti i temi trattati sono assolutamente classici, senza alcun riferimento
all’epoca moderna.
l’insegnamento del latino come lingua viva
Studio Critico della Lingua Latina
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solitamente è l’obiettivo dei tanti manuali scolastici italiani di latino in
circolazione. Ecco i due corni
dell’opposizione, entrambi respinti: né il
latino quale lingua per comunicare né il
latino quale lingua di studio. Di fronte a una
simile impasse è necessario un salto
prospettico che, con un colpo d’ali, utilizzando creativamente modalità e
strumenti delle due opposte vie scartate, sia capace di costruire una via altra,
mediana, inedita, di studio del latino.
La proposta sarà dunque la seguente: come nell’insegnamento delle
lingue vive, si comincerà proponendo fin da subito la lettura di un testo
integrale di san Tommaso; certamente quello di Tommaso è un latino
semplice, ciò nondimeno un latino vero, scritto
non per chi deve imparare il latino, come avviene
nei tradizionali corsi scolastici di lingua latina nei
quali si comincia da semplicissime frasi di prima declinazione per arrivare
alla fine dell’anno a proporre brevi versioni per lo più semplificate rispetto
all’originale. No, qui cominceremo fin dall’inizio con il proporre niente meno
che un testo della Summa Theologiae di Tommaso d’Aquino, il quale
presuppone grosso modo la conoscenza dell’intera grammatica e sintassi
latina. Nel lettore a questo punto sorgerà ovviamente una perplessità: per chi
comincia da zero, come è possibile leggere fin da subito Tommaso?
La risposta è semplice: si proporrà, sì, Tommaso, ma con una
traduzione interlineare in lingua italiana. Dunque, allo studente non sarà
richiesta la fatica del tradurre; egli piuttosto sarà guidato nella decifrazione
occorre un salto prospettico, una via mediana, inedita
testo integrale di san Tommaso …
Introduzione
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graduale di un testo già tradotto. Tuttavia la decifrazione alla quale il lettore
sarà guidato risponderà alle esigenze non più dello studio di una lingua viva,
bensì a quelle di una lingua di studio: si procederà
infatti essenzialmente alle analisi del periodo, logica e
grammaticale dei testi studiati. Perché questo? Per rispondere a una simile
domanda occorre chiarire i frutti che si vorrebbe che chi usi questo manuale
raggiunga.
Per chi legga e studi questo libro, un primo frutto dovrebbe essere
quello di arrivare a poter orientarsi in un testo latino di cui si disponga una
traduzione nella propria lingua. Non
dunque, come si diceva, saper parlare il
latino come una lingua viva, né però d’altro
canto saper leggere e tradurre più o meno
all’impronta un testo latino; diciamo piuttosto una prima base per arrivare a
conseguire, qualora interessi, quest’ultimo obiettivo; fermo restando, ed è
questo l’importante, che anche chi non fosse interessato a utilizzare il latino
come lingua di studio, chi dunque si arrestasse al livello raggiungibile grazie
al presente manuale, avrebbe comunque ottenuto un guadagno di una certa
utilità: quella di poter leggere, per esempio, per il resto della propria vita la
Bibbia nella versione latina della Vulgata, potendo confrontare il testo latino,
molto fedele in genere all’originale greco o ebraico, con la versione nella
propria lingua corrente. È questo senz’altro, si diceva, un obiettivo utile
spiritualmente per la stragrande maggioranza degli studenti delle Università
Pontificie (e, perché no, degli studenti cristiani in genere), che con ogni
probabilità saranno chiamati a avere un rapporto significativo con il testo
… con traduzione interlineare
primo obiettivo: decifrare un testo
latino tradotto
Studio Critico della Lingua Latina
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sacro. Del resto, una lettura quotidiana della Vulgata con versione a fronte o
interlineare nella propria lingua sarebbe per il futuro, dopo lo studio di
questo manuale, un ottimo metodo per progredire nella conoscenza della
lingua latina.
Ma questo, si diceva, è soltanto un primo frutto. Un secondo, a mio
avviso ancora più importante, dovrebbe essere il seguente: arrivare a avere
una buona competenza nelle tre analisi. Tale obiettivo evidentemente non è
legato in modo specifico all’appren-
dimento della lingua latina; al
contrario, è lo studio del latino che
diventa funzionale al raggiungimento di quell’obiettivo. Ma qual è l’utilità di
saper fare bene le analisi del periodo, logica e grammaticale nella propria
lingua e in ogni lingua? Esattamente questa: sviluppare un’intelligenza
logico-sintattica, che è capacità di ascoltare e decifrare, come pure di
produrre e pensare. Il latino, come si diceva, in tal senso è solamente
funzionale, un mezzo per arrivare a un obiettivo altro; ma un mezzo appunto
particolarmente adeguato e congeniale, perché è pur vero che per la sua
struttura il latino educa bene all’intelligenza logico-sintattica; appunto per
questo non è esagerato dire che chi conosce bene il latino lo si riconosce anche
solo da come parla e scrive nella propria lingua. Lo studio del latino, come
pure del greco, forgia in questo senso una vera forma mentis, che va molto
aldilà del latino in sé: sviluppa, si diceva, la capacità di organizzare un
discorso, orale o scritto che sia, in maniera rigorosa, chiara, sistematica, e farsi
capire quando si parla o si scrive non è certo di piccola utilità; ma, cosa forse
ancora più importante, potenzia la capacità di ascolto di un testo scritto come
secondo obiettivo: potenziare la capacità di ascolto e produzione
Introduzione
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pure di un discorso orale: e qui la ricaduta esistenziale è ancora più
significativa, se è vero che saper ascoltare è una competenza chiave per
vivere bene. Con ciò certo non si vuol dire che chi non conosca il latino non
sappia parlare bene o, ancora peggio, non sappia ascoltare; a tali scopi
subentra il concorso di altri fattori, quali ad esempio l’intelligenza emotiva;
ciò nondimeno, non si esagera dicendo che lo studio del latino,
indirettamente, aiuta molto la capacità di interpretazione e produzione di
testi. Soprattutto questo secondo frutto, nella convinzione di chi scrive, rende
lo studio del latino tanto importante ancora oggi, di contro a chi, per esempio,
auspicherebbe invece una sua riduzione nel mondo accademico pontificio.
Far studiare anche solo un’annualità di latino a tutti gli studenti delle
università pontificie è utilissimo: non solo perché consente a quegli studenti
di avvicinarsi al testo della Vulgata per il resto della propria vita, ma ancora
di più perché educa e forma la loro capacità di ascolto e di espressione – e
quanto queste due capacità sono importanti nell’attività pastorale di un
religioso o di una religiosa, come pure, del resto, nell’esistenza di ciascuno?!
Ricapitolando, perché studiare il latino oggi? Senz’altro, per quanti
fossero interessati a ciò, per poter accostarsi a testi in latino, quali la Vulgata e
la Summa Theologiae, dei quali è facilmente reperibile una versione nelle
lingue moderne. Ma soprattutto, per educare a intendere e interpretare
meglio i testi che incontriamo, e che siamo innanzitutto noi stessi e gli altri. In
questo senso, il presente manuale, pur nella sua modestia, negli obiettivi
limitatissimi che si propone, intende nondimeno concorrere al conseguimento
di una finalità, quella di ascoltare gli altri e esprimere sé stessi, assolutamente
alta e fondamentale nella vita degli uomini. Nella convinzione di chi scrive,
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infine, questa finalità si realizza attraverso una dialettica incessante tra logos e
carne, tra parola e contatto, dialettica che appunto nella traduzione e
interpretazione di un testo conosce la propria messa in opera esemplare, nella
consapevolezza che tutta intera la nostra esistenza
è opera di traduzione e interpretazione, affinché il
logos si faccia carne e la carne si faccia logos, in un
andirivieni che costituisce l’esperienza stessa dell’amore. Ma questo orizzonte
filosofico, all’interno del quale pure questo manuale rientra nelle intenzioni
dell’autore, basta qui averlo appena accennato, essendo possibile in altre
pagine seguenti richiamarlo e esplicitarlo un poco meglio, pur sempre nei
limiti di quello che è un manuale di latino e non un libro di filosofia.
A chi è rivolto questo manuale? Innanzitutto, a tutti gli studenti delle
università pontificie, per i quali esso è nato. Ma poi a
chiunque, di qualunque età e provenienza culturale, sia
interessato o a poter iniziare a decifrare testi latini con
traduzione a fronte, o a potenziare la propria capacità di espressione come
pure di ascolto. Alla luce di quest’ultima finalità si comprende infine il titolo
dato al libro: Studio critico della lingua latina. Critico allude senz’altro
all’approccio logico che si concretizza nell’assoluta centralità data alle
tre analisi, del periodo, logica e grammaticale; ma in senso più profondo
allude all’intento di educare a una maggiore capacità di ascolto,
all’apprezzamento del diverso, del differente, dell’altrimenti, attraverso
appunto l’iniziazione all’arte e al gusto di interpretare un testo6.
6 Da un punto di vista filosofico, qui la purezza, nel senso di universalità e astoricità, della critica in
senso kantiano, si trasmuta in impurità, in ermeneutica cioè di testi e mondi sempre storicamente
determinati.
orizzonte filosofico del manuale: la dialettica di lettera e spirito
destinatari del manuale
titolo
Introduzione
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Il corso si svolge attraverso la lettura progressiva dell’articolo decimo
della prima questione della prima parte della Summa Theologiae di san
Tommaso. Ogni Lezione presenta grosso modo la
medesima struttura: all’inizio, in un riquadro in giallo è
anticipata la materia che verrà trattata; quindi, dopo aver
presentato il contenuto del periodo preso in esame, si procede a una
decifrazione del testo latino attraverso un’approfondita analisi, del periodo,
logica e grammaticale; contestualmente, man mano che se ne offra
l’occasione, si presentano i diversi aspetti della grammatica e sintassi latina; si
conclude aggiungendo alcuni rilievi etimologici relativi ai vocaboli incontrati:
filosoficamente, la pratica etimologica è emblematica infatti di quella
forzatura della lettera che, rimanendo sulla lettera, permette di andare aldilà
della lettera; al termine, in un riquadro in verde vengono proposte domande
di verifica di quanto si sarebbe dovuto apprendere; seguono le schede
compilate di analisi del periodo, della proposizione e della parola del testo di
san Tommaso analizzato.
Nel corso universitario tenuto presso la Pontificia Università Gregoriana
ogni lezione è introdotta dalla recita dell’Ave Maria, del Salve Regina o del
Pater noster, seguita da un breve commento realizzato sulla base dell’analisi
testuale di un versetto della preghiera appena pronunciata7. L’intento, oltre a
quello di iniziare il lavoro con una preghiera, è di mostrare attraverso
un’esemplificazione l’utilità del metodo insegnato: quelle parole fin troppo
conosciute, grazie a una semplice, ma rigorosa analisi, può succedere che
7 È senz’altro mia intenzione pubblicare prossimamente in due volumi a parte quelle analisi alle tre
preghiere più recitate dai cristiani, come richiestomi con insistenza da molti studenti al termine di
ogni anno.
struttura delle Lezioni
Studio Critico della Lingua Latina
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accada di sembrare di ascoltarle quasi per la prima volta! L’insistenza
metodica e innamorata sulla lettera è capace di aprire il testo nella sua
profondità, nella sua capacità di toccare sempre in maniera personale e
significativa. Questo studio del latino vorrebbe educare proprio anche a
questa attenzione alla lettera quale veicolo per giungere al contatto tra i cuori.
Il volume si conclude con quattordici Appendici di evidente utilità
pratica per il lettore e studente di latino.
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Prima Lezione
Cominciamo con il gettarci subito, come dicevano i latini, in medias res8,
ovvero, nel nostro caso, nella lettura del testo di Tommaso che studieremo.
Videtur quod Sacra Scriptura sub una littera non habeat plures sensus, qui sunt historicus vel
litteralis, allegoricus, tropologicus sive moralis, et anagogicus.
È questo l’incipit dell’articolo decimo della prima questione della prima
parte della Summa Theologiae. L’articolo tratta del seguente interrogativo: se è
lecito affermare che la singola lettera del testo
sacro possa veicolare più significati, oppure no.
Avremo modo di approfondire la valenza di
questo dilemma. Per il momento, in prima approssimazione, è sufficiente
chiarire che oggetto di discussione sono i cosiddetti quattro sensi della Sacra
Scrittura, ancora oggi riconosciuti dalla dottrina della Chiesa cattolica: quelli
8 Useremo sempre il corsivo qualora faremo uso di vocaboli non italiani, oltre che per i nomi propri
di opere o istituzioni, o per evidenziare giochi di parole o termini-chiave.
l’argomento dell’articulus decimus
In questa Lezione impareremo: che cosa è un periodo, cosa una proposizione e quali
sono gli otto elementi del discorso: ovvero i tre livelli
in cui si articola una lingua le regole per leggere correttamente il latino secondo
la pronuncia ecclesiastica
Studio Critico della Lingua Latina
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letterale, allegorico, morale e anagogico, come si esprime Tommaso nel passo
appena citato. Ma veniamo subito a rileggere la frase fornendone una
traduzione interlineare in italiano e cambiando l’ordine delle parole latine in
modo che esse corrispondano alla sequenza propria della lingua italiana:
Videtur quod Sacra Scriptura non habeat sub una littera plures sensus,
Sembra che la Sacra Scrittura non abbia sotto un'unica lettera più sensi,
qui sunt historicus vel litteralis, allegoricus, tropologicus
che sono quello storico o letterale, quello allegorico, quello tropologico
sive moralis, et anagogicus.
o morale, e quello anagogico.
Come si è detto in sede introduttiva, obiettivo del presente manuale
non è di educare a tradurre dal latino con l’ausilio di un dizionario: la
traduzione in italiano, parola per parola, è fornita fin dall’inizio! Al lettore
non è richiesto alcuno sforzo in tal senso. Il lavoro che faremo insieme è
piuttosto un altro: decifrare il testo latino attraverso un’attenta e puntuale
riflessione sulla lingua. Ma occorre cominciare dall’inizio.
Quando vogliamo comunicare o esprimere qualcosa, noi utilizziamo un
insieme di parole, più o meno numerose. Il linguaggio infatti non funziona
per singoli vocaboli, ma per insiemi di più voci. Chiamiamo periodo questo
insieme di parole che utilizziamo per
esprimerci. Convenzionalmente per periodo, in
un testo scritto, intendiamo tutte le parole
che cos’è un periodo
Prima Lezione
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comprese tra due punti fermi9: nell’articulus decimus, il primo periodo è
appunto quello sopra riportato. Bisogna chiarire subito però che questa è solo
una convenzione, utile a fini didattici; in un’opera ben scritta, come quella di
Tommaso, si potrebbe considerare a buon ragione come unico periodo tutto
intero l’articolo, tanto esso è coeso e legato insieme da un punto di vista
logico. Ma su questo aspetto avremo modo di tornare più in là. Per il
momento ci è senz’altro utile la semplificazione che vuole che
meccanicamente periodo sia l’insieme di parole comprese tra due punti
fermi10.
Ora, è possibile classificare le parole in otto famiglie diverse, in base alla
funzione logica e semantica che esse svolgono:
nomi, aggettivi, pronomi, preposizioni, verbi,
congiunzioni, avverbi e esclamazioni (in latino
non esistono gli articoli). Sono questi i cosiddetti elementi del discorso.
A un primo livello, analizzare un testo significherà per noi analizzare
parola dopo parola, riconoscendone il tipo e altre caratteristiche
morfologiche, quali il numero (singolare o plurale), il genere (maschile o
femminile, e in latino anche neutro), e così via. È quella che in Italia viene
comunemente chiamata analisi grammaticale. Noi la chiameremo sempre
analisi della parola (è vero che grámma in greco significa «parola scritta»11, ma
come si vedrà in seguito, mi sembra molto più chiaro in questo caso utilizzare
9 Useremo sempre il sottolineato per evidenziare una definizione. 10 In verità, una seconda semplificazione, opposta, è anche affermare che un periodo sia
necessariamente composto da più parole. Il linguaggio è una realtà complessa e variegata; così,
come ricorda ad esempio Wittgenstein all’inizio delle Ricerche, una comunicazione completa è
anche il semplice grido «Mattone!» rivolto da un muratore verso un suo aiutante. 11 Useremo i caporali («») per racchiudere la traduzione di un vocabolo o di un’espressione, oltre
che la citazione di singole parole o di interi brani tratti da un autore.
gli otto elementi del
discorso in latino
Studio Critico della Lingua Latina
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il termine italiano). È senz’altro l’analisi più
noiosa, la più meccanica e quindi anche alla
fine la più facile. Ciò nondimeno, essere
consapevoli che un nome è altra cosa
rispetto a una congiunzione è comunque assai utile ai fini tanto della
produzione quanto della comprensione.
Ma nella lingua appunto le parole non vivono mai da sole, isolate, bensì
sempre legate tra di loro in insieme
chiamati periodi. L’analisi della parola è
un’astrazione molto lontana dalla realtà
viva della lingua. Né le diverse categorie di parole rivestono tutte la
medesima importanza. In prima approssimazione, possiamo affermare che
più importante di tutte le altre è la categoria dei verbi. Quando parliamo,
vogliamo dire qualcosa; il contenuto del dire solitamente è espresso
innanzitutto appunto dal verbo: esso indica infatti l’azione, il sentimento o
qualunque altra cosa si intenda dire. Il verbo è davvero l’anima di ogni
enunciato: è come un sole intorno al quale gravitano le altre parole. Esse sono
il soggetto (chi compie l’azione o prova il sentimento, o comunque ciò di cui
si parla) e tutti gli altri complementi che servono appunto a completare ciò
che stiamo dicendo, specificando
eventualmente il luogo, il tempo, ecc.
L’insieme di predicato (così chiameremo il
verbo a questo livello di analisi: dal latino dicare, «annunziare», e prae,
«pubblicamente, davanti a tutti, con forza»; predicato è ciò che viene
affermato, così come, in tutt’altro contesto, la predica è quanto viene detto
la prima analisi: l’analisi della parola
che cos’è una proposizione
il verbo: l’anima di ogni enunciato
Prima Lezione
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con forza e pubblicamente dal sacerdote o dal predicatore), soggetto e
complementi è quello che in Italia viene definita proposizione.
Lo studio degli elementi di ciascuna proposizione noi lo chiameremo
analisi della proposizione, andando contro la
consuetudine italiana che parla invece a questo
proposito di analisi logica. Riconosco che è
possibile causa di disorientamento e confusione apportare variazioni in seno
a una tradizione linguistica consolidata, ma a volte è opportuno. Perché si
dovrebbe qualificare come logica solo questo tipo di analisi? La cosiddetta
analisi del periodo è forse meno logica? Assolutamente no. Mi sembra
dunque semplicemente errato denominare analisi logica quella che più
propriamente è l’analisi della proposizione; semmai logiche sono tutte le
analisi che verremo compiendo: esse infatti esplicitano la struttura logica di
un testo a più livelli, della parola, della proposizione e del periodo.
Come dicevamo fin dall’inizio, noi ci esprimiamo formulando periodi.
Ora, ogni periodo, a ben guardare, è composto solitamente da più
proposizioni. Nel testo di Tommaso che abbiamo riportato all’inizio, per
esempio, è facile individuare tre verbi e quindi tre predicati: «sembra»,
«abbiano», «sono». Dunque, quel periodo è
formato da tre proposizioni: infatti, quanti sono i
predicati, altrettante sono le proposizioni12.
L’analisi del periodo è appunto lo studio della relazione che intercorre e lega
le proposizioni all’interno di un periodo. Come avviene per ogni organismo,
per condurre una simile indagine basterà evidenziare e riflettere sulle 12 Come vedremo, invece, non necessariamente il numero dei predicati coincide con quello dei
verbi.
la seconda analisi: l’analisi della
proposizione
la terza analisi: l’analisi del periodo
Studio Critico della Lingua Latina
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giunture, che nel caso del linguaggio sono le congiunzioni e i pronomi
relativi: sono questi gli elementi che
determinano la struttura di un testo, la quale
viene chiamata sintassi. L’analisi del periodo è
senz’altro l’analisi che si pone al livello più concreto, più vicino all’effettiva
realtà del parlare, perché quando parliamo, parliamo per periodi. Per questo
motivo il nostro studio procederà sempre nel seguente modo: prima l’analisi
del periodo, poi quella della proposizione, infine quella della parola, perché,
come insegnava Aristotele, conviene sempre partire da ciò che è più vicino
alla nostra esperienza vissuta.
Per il momento è sufficiente questa prima esposizione del lavoro che
dovremo ripetere per l’intero corso: analisi del periodo, della proposizione e
della parola dei testi che leggeremo. Al termine di questa prima Lezione,
basterà leggere il periodo di Tommaso riportato all’inizio e la sua traduzione,
in modo da familiarizzare con entrambi. La prossima volta cominceremo
l’analisi.
Ora però, per mettere in grado di leggere quel testo, occorre dire
qualcosa sulla pronuncia del latino. Oggi si distinguono due modi diversi di
leggere il latino: classico e ecclesiastico. L’unico
ambiente nel quale si è continuato a parlare in latino
senza interruzione fino ai giorni nostri è la Chiesa
romana: per questo viene chiamata ecclesiastica la pronuncia del latino così
come essa è stata tramandata all’interno della Chiesa. Poi però è successo che
alcuni documenti risalenti ai primi secoli dell’era cristiana attestassero una
pronuncia differente del latino. A me stesso, leggendo una pagina di un noto
che cos’è la sintassi
la pronuncia ecclesiastica
Prima Lezione
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Roma
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padre della Chiesa di lingua greca del quarto secolo, Gregorio di Nissa, il
fratello del grande Basilio, è capitato di incontrare uno di questi documenti:
la parola «cielo» (uranós13 in greco), argomenta il Nisseno, è diversa in tutte le
lingue, eppure significa sempre la stessa realtà; per esempio in latino, scrive,
è «kaélum». Evidentemente dunque nel latino conosciuto dal Cappadoce il
latino caelum si proferiva kaélum e non, come
vuole la pronuncia ecclesiastica, célum. Gli
studiosi hanno così ricostruito una pronuncia
del latino diversa da quella ecclesiastica e l’hanno chiamata appunto restituta,
ovvero «ricostruita», o «classica», perché verosimilmente utilizzata al tempo
del latino classico, del grande Cicerone per intenderci (il verosimilmente qui è
una limitazione d’obbligo: resta il fatto che per ovvie ragioni non ci è dato di
ascoltare il latino pronunciato dagli antichi e d’altro canto la stessa
pronuncia, come avviene per ogni lingua, avrà subito alcune variazioni anche
importanti non solo nel corso dei secoli, ma anche da regione a regione).
Premesso ciò, noi qui utilizzeremo comunque la pronuncia ecclesiastica: sia
perché ci rivolgiamo anzitutto a studenti delle università pontificie sia perché
in Italia è comunque la più diffusa in quanto più congeniale a chi parla
italiano14.
13 Trascriveremo i vocaboli greci come vanno proferiti, al fine di consentire a tutti di pronunciarli
correttamente: così, ad esempio, la parola «cielo» in greco si scrive ouranós, ma si legge uranós (lo
stesso dicasi per la scrittura degli accenti nei dittonghi: l’accento è segnato sulla seconda vocale, ad
esempio kaì, ma si legge sulla prima, kái). Pertanto adotteremo la trascrizione uranós (e kái), non
corretta scientificamente, ma utile a chi quella lingua non conosce (del resto, se mi fossi rivolto a
lettori che conoscessero il greco, avrei utilizzato direttamente l’alfabeto greco!). 14 Così, ad esempio, in Germania è adottata viceversa la pronuncia restituta anche solo perché in
verità sarebbe alquanto difficile per un tedesco emettere i suoni dolci ci o ce.
la pronuncia classica o restituta
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
22
Veniamo dunque a esplicitare le poche
regole che occorre conoscere per pronunciare
correttamente il latino ecclesiastico:
1. i dittonghi ae e oe si pronunciano e (dittongo propriamente è
l’unione di due vocali che formano una sola sillaba, ovvero, da un
punto di vista fonetico, una sola emissione di fiato): così ad
esempio caelum si pronuncia celum (fanno eccezione solo
pochissimi vocaboli, di origine greca, con oe: per esempio,
adelphoe, titolo di una commedia di Terenzio, «I Fratelli», si legge
come si scrive); quando però ae e oe non formano dittongo, ma
due sillabe distinte (normalmente ciò è indicato dalla dieresi15
sopra la e), si leggono come si scrivono: ad esempio, poëta
2. ph si pronuncia f: così philosophia si legge «filosófia»
3. il gruppo gl è sempre gutturale, come nell’italiano «negligenza»
4. il gruppo ti+vocale si pronuncia zi+vocale: perciò gratia si legge
grazia (tuttavia si legge ti, se la t è preceduta da t/s/x oppure se
l’accento cade sulla i: vestio e totīus si leggono come si scrivono;
fanno eccezione anche poche parole di origine straniera: per
esempio tiara, il copricapo orientale, si legge come si scrive).
Le altre regole non servirebbe neanche esplicitarle, perché sono
equivalenti alla pronuncia italiana:
5. la h non si pronuncia: è, come si dice in italiano, muta
15 Si chiama dieresi appunto (dal greco diáiresis, «divisione»: il termine tecnico con il quale Platone
indica il procedimento per la ricerca della definizione di un concetto!) il segno diacritico che indica
la separazione di due suoni vocalici che normalmente invece sono assegnati a una sola sillaba.
Diacritico (dal greco diakritikós, «che serve a separare, a distinguere») è invece il segno grafico che,
posto sopra, sotto o accanto a una lettera dell’alfabeto, ne indica una particolare pronuncia.
le regole di pronuncia del latino ecclesiastico
Prima Lezione
23
Roma
2013
6. le sillabe ci/ce/gi/ge si pronunciano sempre dolci: per esempio,
Cícero (e non Chichero, come nella pronuncia restituta)
7. il gruppo gn si pronuncia anch’esso dolce, come nell’italiano sogno
(a differenza della pronuncia restituta, ove si legge la g gutturale,
come in tedesco)
8. la v si legge come la v italiana (nella pronuncia classica invece
come la u).
Resta ancora da spiegare dove cade l’accento nelle parole latine, così da
poterle pronunciare correttamente. Anche qui occorre
fare una premessa. I latini distinguevano le vocali in
base alla quantità, ovvero alla durata della loro
pronuncia, che poteva essere lunga (ˉ) o breve (˘). Il nostro orecchio in realtà
non percepisce più questa differenza, in quanto non è utilizzata nelle lingue
moderne (per questo, ad esempio, per noi oggi è difficile apprezzare
adeguatamente da un punto di vista musicale la poesia latina). Tuttavia la
quantità breve e lunga delle vocali riveste
un’importanza fondamentale per capire dove cada
l’accento tonico di una parola16. In latino infatti è
considerata lunga la sillaba che abbia vocale lunga oppure che termini per
consonante (in quest’ultimo caso si parla di sillaba chiusa); è breve invece la
sillaba che termini per vocale breve (nel caso di sillabe che terminino per
16 Si chiama accento tonico o principale l’accento che determina la pronuncia di un vocabolo nella
lingua parlata. Accento in generale è l’intensificazione o elevazione della voce nel pronunciare una
vocale così da darle risalto all’interno della parola; oltre a quello tonico, esistono altri tipi di
accenti: ad esempio, quello metrico o ritmico, tipico della poesia.
quantità vocalica: lunga o breve
quando la sillaba è lunga e quando è breve
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
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vocale si parla di sillaba aperta): ad esempio, in ă-mo, la ă è sillaba breve; in făc-
tos, făc è lunga.
Stabilito ciò, la legge dell’accento latino è semplice: se la penultima
sillaba di una parola è lunga, l’accento cade sulla
penultima, se è breve, cade sulla terzultima. Basta
dunque conoscere la quantità della penultima sillaba:
per questo motivo essa non solo è segnata ogni volta nei dizionari, ma d’ora
in avanti sarà indicata sempre nel nostro manuale17. Questa legge, nota come
legge della penultima, conosce solo due
eccezioni:
1. parole nelle quali è caduta la sillaba finale (si parla allora di
apocope, dal greco apokopé, «taglio») presentano l’accento
sull’ultima sillaba (per esempio, si legge addúc, perché in origine
era addūce);
2. parole nelle quali si aggiunge un’enclitica, ossia una parola priva
di accento che per questo motivo si salda alla precedente: in
questo caso l’accento cade sempre sulla penultima, anche se
questa fosse breve (per esempio líttěra, «lettera», diventa
«litteráque»; fanno eccezione solo parole nelle quali l’enclitica que
non è più sentita come enclitica, ma come parte di un unico
vocabolo, nel qual caso la parola segue le normali leggi d’accento:
così ităque, «pertanto», si pronuncia ítaque e non itáque).
17 Per la precisione, sempre, tranne quando però la parola sia formata solo da due sillabe, o quando
la penultima sillaba sia chiusa e quindi lunga, tranne cioè nei due casi in cui è sicuro che l’accento
tonico cada sulla penultima (oltre quando ovviamente la parola sia monosillabica, composta cioè
da una sola sillaba): così, ad esempio, segnaleremo la quantità in vidētur, ma non in plures o in
assignantur (né tanto meno in quod).
la legge della penultima…
…e le sue due eccezioni
Prima Lezione
25
Roma
2013
Per i più esigenti si possono aggiungere alcune ulteriori informazioni
generali introduttive sull’alfabeto e la pronuncia
latina. Rispetto a quello italiano, l’alfabeto latino
conosce in più le seguenti consonanti: k, x, y (consonanti comunque che
insieme alla j sono ormai entrate a far parte anche della scrittura in italiano; in
alcuni dizionari latini, del resto, è possibile trovare anche la lettera j,
utilizzata per trascrivere la i consonante: per esempio,
jocus, «gioco, scherzo»). Dalle iscrizioni latine di cui è
piena Roma, si può facilmente dedurre che in latino esisteva il suono u, ma
non anche v. I dittonghi più comuni in latino sono au, eu, ae, oe (più rari ei, ui,
yi: quest’ultimo si pronuncia i e non ii): essi sono sempre lunghi. La divisione
in sillabe è come in italiano18, tranne che nei seguenti casi:
1. le parole composte si suddividono in base ai loro componenti: per
esempio, sub-le-gě-re
2. i/u+vocale non fanno dittongo: perciò I-ta-lĭ-a
3. gu preceduta da m/n e qu fanno sillaba con la vocale seguente: per
esempio, e-quus o san-guis
4. i nessi di due o tre consonanti non fanno mai sillaba unica: ad
esempio, sanc-tus.
L’iniziale maiuscola infine in latino si usa non
18 Anzitutto per gli stranieri, tuttavia, vale la pena ricordare le norme che regolano la divisione in
sillabe in italiano e che sono valide anche in latino: 1) la sillaba più comune è formata dall’unione
di una consonante e una vocale (ad esempio, «la-ti-no»); 2) oi, au, eu, ou sono dittonghi (per
esempio, «poi»); 3) le doppie si separano sempre (per esempio, «bel-lo»); 4) la s seguita da una
consonante, detta s impura, non si separa mai dalla consonante che la accompagna (per esempio,
«stu-den-te»): questa regola però in latino vale solo a inizio parola (pertanto avremo «stu-di-um»,
ma «ma-gis-ter»).
per i più esigenti …
divisione in sillabe
iniziale maiuscola
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Roma 2013
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solo per i nomi propri, ma anche per sostantivi, aggettivi e avverbi da quelli
derivati: Italĭa, ma anche Ităli e Italĭcus.
Nella prossima Lezione, cominceremo a conoscere la struttura di una
proposizione e di un periodo. Prima di concludere,
un’ultima raccomandazione, di ordine metodologico.
Per raggiungere buoni risultati, è assolutamente
necessario studiare anche poco, 15-20 minuti, ma tutti i giorni! Ciò vale
probabilmente per qualunque competenza umana si voglia acquisire, ma
tanto più per imparare una lingua. Non serve studiare tre ore, un giorno solo
a settimana; è meglio poco, ma tutti i giorni. È questa, per dirlo con
un’espressione latina, una condicĭo sine qua non: una «condizione senza la
quale non» … si può ottenere nulla.
una condicĭo sine qua non …
Per verificare il mio apprendimento: Quali sono gli otto elementi del discorso nella lingua
latina? Cos’è un periodo? Cosa una proposizione? Cos’è la sintassi? Cosa si intende per pronuncia classica? Cosa per
pronuncia ecclesiastica? Cos’è la legge della penultima?
Roma
2013
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Seconda Lezione
Nella scorsa Lezione, oltre a indicare le regole da seguire per una
corretta pronuncia del latino, abbiamo cominciato a rendere ragione del fatto
che un’adeguata riflessione sulla lingua richiede tre diverse analisi: della
parola, della proposizione e del periodo. Prendiamo le mosse dal livello che
considera il linguaggio nella sua concretezza, così come di fatto è parlato,
ovvero dal periodo. Rileggiamo l’incĭpit dell’articŭlus decĭmus:
Vidētur quod Sacra Scriptūra sub una littěra non haběat plures sensus, qui sunt historĭcus vel
litterālis, allegorĭcus, tropologĭcus sive morālis, et anagogĭcus.
Per eseguire l’analisi di un periodo, occorre anzitutto individuare
quante e quali siano le proposizioni che lo compongano. A tale scopo è
sufficiente concentrare l’attenzione su tre
diversi elementi del discorso. In primo luogo,
vanno evidenziati i predicati, ovvero i verbi. Nel
nostro periodo sono tre: «vidētur», «non haběat» e «sunt». Tanti sono i
predicati, altrettante le proposizioni; come si ricorderà, infatti, il predicato è
In questa Lezione impareremo: a distinguere tra predicato verbale e nominale a riconoscere le tre diverse funzioni del verbo
essere: ausiliare, copulativa, predicativa a discriminare gli elementi di una proposizione:
soggetto, predicato, complementi e attributi a discernere le diverse proposizioni all’interno di
un periodo: reggenti, complementari e attributive
gli elementi strutturali di un periodo:
1) il predicato …
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
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l’anima di una proposizione: ciò che, secondo l’etimologia latina del termine,
«si dice con forza, pubblicamente» (proprio come avviene nella predica
pronunciata dal sacerdote appunto); insomma, quel che si intende in buona
sostanza comunicare attraverso una proposizione.
Ora, però, è necessario distinguere in verità tra predicato verbale e
nominale. Il predicato è verbale se, come
avviene nella maggioranza dei casi, esso è
costituito da un verbo: ad esempio «vidētur», o «non haběat» (l’avverbio di
negazione «non» si può considerare tutt’uno con il verbo). Quando però il
verbo è essere, può trattarsi, anziché di un
predicato verbale, di un predicato
nominale. Bisogna qui aprire un’ulteriore
parentesi relativa al verbo essere. Esso può svolgere tre funzioni differenti:
1) ausiliare: quando è unito a un participio passato per la formazione di un
tempo composto (per esempio, «è andato» è un’unica voce verbale, dal
verbo andare, al passato prossimo, formata da due parole);
2) predicativo: quando svolge da solo la funzione di predicato verbale; ciò
avviene solamente qualora significhi stare (seguito di solito da un
complemento di luogo: per esempio, «Sono all’università»), esserci
(riconoscibile dalla presenza della particella locativa ci/vi: «In
grammatica ci sono molte eccezioni»), appartenere (accompagnato dal
complemento di possesso, introdotto in italiano dalla preposizione di:
«Il libro è del professore»), esistere o essere (nel loro significato tecnico
filosofico: «Dio è»);
il predicato verbale
le tre funzioni del verbo essere
Seconda Lezione
Roma
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3) copulativo: quando introduce un predicato nominale, in unione con un
sostantivo o un aggettivo (presso gli antichi queste due parti del
discorso non venivano distinte, ma chiamate entrambe nomi: in questo
senso è da intendere l’espressione predicato nominale).
Se dunque il verbo essere è seguito da un aggettivo o da un sostantivo è
probabile che sia un predicato nominale. Esso risponde alle domande «chi
è?», «che cos’è?», o «qual è?», «come è?». Nel
nostro caso, «sunt historĭcus …» è un unico
predicato nominale, formato dalla copula «sunt» e da un elenco di aggettivi,
che nel loro insieme rispondono alla domanda: «Quali sono i significati che
sottostarebbero a una sola lettera?». Riconoscere un predicato nominale non è
uno sterile esercizio scolastico; significa piuttosto comprendere che quello che
si sta leggendo o scrivendo è una qualche definizione o giudizio, in quanto
appunto risposta alle domande «chi è?», «cosa è?», «come è?». La teoria
aristotelica del giudizio prende le mosse proprio dalla distinzione tra
sostanza e predicati (in greco, usía e kategoríai, da cui la nota tavola delle
categorie, ripresa e corretta in tempi recenti da Kant), sostanza e predicati che
nel linguaggio sono espressi esattamente dal soggetto e dai suoi possibili
predicati nominali: soggetto infatti è ciò che non conosciamo in sé stesso se
non attraverso quel che si predica di lui (i suoi predicati); viceversa, predicati
sono gli attributi che possiamo venire a conoscere del soggetto («chi è» e
«come è»). Il giudizio dunque nella sua forma più semplice è espresso da un
soggetto seguito da un aggettivo o da un nome e unito a essi tramite la
copula, ovvero il verbo essere (copŭla in latino significa infatti «unione»). Non
il predicato nominale
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
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è pertanto ammissibile che uno studente di filosofia sia incerto nel
riconoscimento di un predicato nominale!
Torniamo alla nostra analisi del periodo. Dopo aver individuato i
predicati, è necessario riconoscere le
congiunzioni. Le congiunzioni sono quelle
piccole parole dalle quali dipende la qualità di
uno scritto o di un discorso, tanto più se
filosofici. Come dice il termine stesso, congiunzione è ciò che congiunge,
unisce, collega due proposizioni tra di loro; più precisamente, è ciò che
determina il tipo di legame logico che intercorre tra due proposizioni: se di
causa-effetto («poiché»), se di ipotesi («se»), e così via. Un buon testo
filosofico è costruito su nessi logici chiari e forti, che rendono tali, chiaro e
forte, il procedere dell’argomentare stesso. Da questo punto di vista, come
avremo modo di apprezzare, san Tommaso è un maestro insuperato:
l’articolo decimo che leggeremo può essere considerato anche solo un unico
periodo, tanto ogni affermazione è collegata alla precedente grazie a un uso
perfetto delle congiunzioni all’interno di ciascuna proposizione. Nel nostro
periodo le congiunzioni che incontriamo sono molte: «quod», «vel», «sive»,
«et». Tuttavia è evidente che le ultime tre congiungono tra di loro gli aggettivi
dell’unico predicato nominale. Il fatto è che le congiunzioni possono collegare
non solo proposizioni, ma anche semplici sostantivi o aggettivi. Ovviamente
in sede di analisi del periodo interessano solo le congiunzioni che uniscano
tra di loro le proposizioni; nel nostro caso quindi solo «quod».
Una funzione simile a quella delle congiunzioni è svolta dal terzo e
ultimo elemento che dobbiamo individuare: i pronomi relativi. I pronomi
gli elementi strutturali di un periodo: 2) le congiunzioni …
Seconda Lezione
Roma
2013
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relativi infatti sono piccole parole che si sostituiscono a un nome (in latino,
pronōmen significa «al posto del nome») al quale si riferiscono (relatīvus
significa «che si riferisce a»): sono quindi parole
che fanno di un sostantivo il collegamento tra
due proposizioni. In italiano i pronomi relativi
sono cui, il/la quale, i/le quali e che quando possa essere sostituito con il/la quale,
i/le quali; in latino, come studieremo più avanti, il pronome relativo è qui,
quae, quod. Nella traduzione italiana del nostro periodo, due volte compare la
parola «che», in latino una volta «quod» e l’altra «qui». In latino «qui» è
sicuramente pronome relativo: e infatti in italiano esso può essere sostituito
da «i quali sensi». «Quod» invece è vocabolo equivoco come l’italiano che: può
essere tanto congiunzione quanto pronome relativo.
Ora, nel nostro caso è evidente che non ha nessun
senso dire «sembra il/la quale»; quel «quod» pertanto è
congiunzione: in italiano può essere resa anche dall’espressione «il fatto che»
e si chiama congiunzione dichiarativa, perché serve appunto a dichiarare, a dire
un fatto.
Tenendo conto che solitamente pronomi relativi e congiunzioni si
trovano a inizio proposizione, il nostro periodo risulta formato dalle seguenti
tre proposizioni:
1) «vidētur»,
2) «quod Sacra Scriptūra sub una littěra non haběat plures sensus»,
3) «qui sunt historĭcus vel litterālis, allegorĭcus, tropologĭcus sive morālis,
et anagogĭcus».
gli elementi strutturali di un periodo: 3) i pronomi relativi
la congiunzione dichiarativa
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Ora però, predicati, congiunzioni e pronomi relativi non servono solo a
riconoscere quante e quali siano le proposizioni all’interno di un periodo;
servono ancora di più a rilevarne la struttura logica, argomentativa: in
linguaggio tecnico, si parla di sintassi.
Sintassi deriva dal greco sýntaxis, vocabolo
che designa lo «schieramento a battaglia dei
soldati». I grammatici alessandrini del terzo
secolo a.C., dai quali ereditiamo ancor oggi buona parte della terminologia
grammaticale, pensavano dunque al linguaggio come a un efficace
schieramento di proposizioni in un campo di battaglia: buon retore è colui
che sa disporre in modo vincente le proposizioni, quasi fossero i pezzi in una
partita a scacchi. L’efficacia della disposizione la si può valutare appunto
guardando esclusivamente ai predicati, alle congiunzioni e ai pronomi
relativi: essi infatti costituiscono la struttura sintattica e logica, l’ossatura di
un periodo. Saper fare l’analisi del periodo significa cogliere subito questa
struttura: è un po’ come fare la radiografia di un testo e evidenziarne solo gli
elementi sintatticamente significativi. Il nostro periodo può dunque ridursi a
questo:
«Vidētur… quod non haběat plures sensus… qui sunt historĭcus …».
Tutte le altre parole sono inutili ai fini della comprensione del
procedere argomentativo di Tommaso (si noti che l’inserimento di «plures
sensus» si è reso necessario solamente per esplicitare a chi si riferisca il
pronome relativo «qui»): come si vede, dalla competenza nell’analisi del
periodo dipende niente meno che il livello e la qualità dell’apprezzamento di
un testo filosofico!
la sintassi: il periodo come un campo di battaglia
Seconda Lezione
Roma
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Per completare l’analisi del nostro periodo resta ancora solo da definire
la funzione logica svolta da ciascuna proposizione in rapporto alle altre. Per
fare ciò, tuttavia, dobbiamo sospendere l’analisi
del periodo e introdurre quella della
proposizione, perché non si può comprendere la prima senza avere
adeguatamente inteso la seconda. Proposizione è l’insieme di un predicato e
del suo soggetto: è questa quella che viene chiamata frase minima, ovvero
l’insieme minimo di parole necessario per comunicare qualcosa (per esempio,
«Tommaso scrive»)19.
Come già detto, l’anima di una proposizione è il predicato, non importa
se nominale o verbale: esso è come il sole intorno al quale gravitano tutte le
altre parole. Il soggetto è invece ciò di cui si predica qualcosa. Molte altre
tuttavia sono le parole che possono orbitare intorno al predicato: esse
vengono chiamate complementi, perché vanno a
completare la comunicazione espressa dal predicato.
Si è soliti giustamente suddividere i complementi in
due gruppi: i complementi diretti e quelli indiretti. Diretto è il complemento
oggetto20: esso è chiamato così perché forma un tutt’uno con il predicato, al
quale è unito senza l’ausilio di preposizioni; risponde alla domanda «chi è?
cos’è?» (e in questo senso indica l’oggetto del predicato: per esempio,
«Tommaso scrive la Summa»). Tutti gli altri complementi sono indiretti: essi
19 In verità, il linguaggio prevede anche proposizioni formate da soli sostantivi: per esempio,
«Mattone!», gridato da un muratore al suo aiutante, secondo il già ricordato esempio riportato da
Wittgenstein all’inizio delle sue Ricerche Filosofiche. Ciò nondimeno, ai fini della spiegazione che
stiamo portando avanti, ci si consenta di tralasciare simili precisazioni e di semplificare
affermando che la proposizione minima è formata da un soggetto e un predicato. 20 Per la precisione, diretti sono anche i complementi predicativi dell’oggetto e del soggetto; ma di
essi parleremo più avanti, a tempo debito.
la frase minima: soggetto + predicato
i complementi: diretti e indiretti
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Roma 2013
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possono aggiungere le più svariate informazioni, rispondendo a una
molteplicità di domande. Ad esempio, il complemento di tempo risponde alla
domanda «quando?», quello di luogo alla domanda «dove?», e così via (per
esempio, «Tommaso termina la Summa contra Gentīles nel 1273»).
Spesso i complementi indiretti sono introdotti da una preposizione:
preposizione è appunto quella parola o insieme di
parole preposte alla formazione di un
complemento (così, in italiano il complemento di tempo è solitamente
introdotto dalla preposizione in, come nell’ultimo esempio riportato).
Infine tanto il soggetto quanto i complementi possono essere
accompagnati da un aggettivo o da un
sostantivo che servano a qualificare
meglio il termine al quale si riferiscano: in analisi della proposizione gli
aggettivi vengono chiamati attributi (dal latino attribūtum, «che si riferisce a,
che è attribuito a»: per esempio, «san Tommaso») e i sostantivi con funzione
di aggettivi apposizioni (dal latino apposĭtum, «che è posto vicino a, che è
aggiunto a»: per esempio, «Tommaso, discepolo di Alberto Magno»). Nella
pagina seguente, ecco dunque rappresentata graficamente la struttura di una
proposizione:
le preposizioni
attributi e apposizioni
Seconda Lezione
Roma
2013
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A questo punto possiamo tornare alla nostra analisi del periodo e
completarla. Il periodo infatti, nel suo insieme, riflette la
medesima struttura di una proposizione. Il gruppo
soggetto+predicato è rappresentato da quella che è
chiamata proposizione reggente21 («Tommaso scrisse la Summa Theologĭae»).
21 In italiano essa è più comunemente chiamata proposizione principale o indipendente. Tuttavia non
sempre essa è davvero principale quanto al significato né è sempre sintatticamente indipendente: per
esempio, nel nostro periodo, come vedremo, la proposizione reggente è «vidētur»; essa ovviamente
non contiene l’informazione principale (da sola infatti non dice nulla) né è sintatticamente
indipendente (ché non avrebbe senso dire semplicemente «sembra»); resta però il fatto che regge,
introduce tutte le altre proposizioni. Insomma, una cosiddetta proposizione principale o
indipendente è sempre anche reggente, ma non sempre è propriamente indipendente o principale;
per questo preferiamo parlare di proposizioni reggenti piuttosto che di principali o indipendenti,
ancora una volta consapevoli di andare, per amore di chiarezza e di rigore terminologico, contro
una tradizione linguistica consolidata in Italia.
predicato (verbale o nominale)
complementi indiretti (con
o senza attributi e
apposizioni)
complemento diretto (con o senza attributi e apposizioni)
complementi indiretti (con
o senza attributi e
apposizioni)
soggetto (con o senza
attributi e apposizioni)
la struttura di una
proposizione
proposizione reggente
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Roma 2013
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A essa si possono inoltre aggiungere una o più proposizioni, che vanno
a fornire ulteriori informazioni, proprio come i
complementi: per questo le chiameremo proposizioni
complementari22, distinguendole tra dirette (quando svolgano la funzione di
complemento oggetto, rispondendo alla domanda «chi?», «che cosa?»: per
esempio, «Tommaso riteneva che sotto una sola lettera della Sacra Scrittura vi
possano essere più sensi …») e indirette (qualora corrispondano a uno
qualunque dei complementi indiretti, per esempio a un complemento di
causa: «… perché l’autore della Sacra Scrittura è Dio …»). Infine ciascuna
proposizione può essere accompagnata da un’altra che,
come un attributo o un’apposizione, qualifichi meglio un
suo elemento al quale è collegata tramite un pronome
relativo: chiameremo queste proposizioni attributive («… che ha il potere di fare
persino di un evento il significante di un altro evento»)23. Ecco dunque la possibile
struttura di un periodo:
22 Anche in questo caso dunque, sempre per amore di chiarezza e di rigore terminologico, andando
consapevolmente contro la tradizione scolastica italiana, che di solito preferisce chiamare le
complementari proposizioni subordinate o secondarie. 23 Esse, oltre che appositive, sono chiamate giustamente anche proposizioni relative. Tuttavia non
tutte le proposizioni relative sono attributive; soprattutto in latino, alcune proposizioni relative
svolgono la funzione di proposizioni complementari indirette, nel qual caso vengono chiamate
proposizioni relative improprie: per esempio, nel periodo «Tommaso progettò un’opera che
rappresentasse una sintesi del pensiero cristiano», la proposizione relativa svolge più
propriamente la funzione di proposizione complementare indiretta consecutiva, tant’è che può
essere anche sostituita con «Tommaso progettò un’opera tale che rappresentasse una sintesi del
pensiero cristiano». Sulle proposizioni relative improprie ci soffermeremo molto più avanti.
proposizioni complementari
proposizioni attributive
Seconda Lezione
Roma
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Non ci stancheremo mai di ripetere quanto sia importante, soprattutto
per uno studente di filosofia, comprendere lo stretto parallelismo sussistente
tra proposizione e periodo al fine di rendersi bene conto della struttura logica
di un periodo, e quanto a questo scopo sia altresì importante saper fare una
lettura e un uso attenti delle congiunzioni.
Dicevamo che la proposizione reggente corrisponde al gruppo
soggetto+predicato. A volte però la reggente è costituita da un verbo
impersonale, ossia privo di soggetto; in questi casi di frequente il soggetto in
verità c’è, ma è l’intera proposizione dipendente
dalla reggente, che chiameremo pertanto
proposizione complementare diretta soggettiva24. È
questo il caso del nostro periodo. È infatti evidente che «vidētur» sia la
24 Lo stretto parallelismo tra proposizione e periodo conosce pertanto qui una piccola restrizione:
mentre in una proposizione il complemento diretto è o il complemento oggetto o il complemento
predicativo, in un periodo la proposizione complementare diretta può essere oggettiva
(equivalente a un complemento oggetto) o soggettiva (equivalente al soggetto di un verbo
impersonale).
proposizione reggente (con o senza proposi-zione attributiva)
proposizione complemen-tare diretta (con o senza proposizione attributiva)
proposizione complemen-tare indiretta (con o senza proposizione attributiva)
proposizione complemen-tare indiretta (con o senza proposizione attributiva)
la proposizione complementare diretta soggettiva
la struttura di un periodo
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proposizione reggente: sebbene non contenga l’informazione principale,
tuttavia regge, introduce sintatticamente tutte le altre proposizioni. Ora,
«sembra» è un verbo impersonale: non ha soggetto. Ma a ben vedere, il
soggetto c’è: è l’intera proposizione introdotta da «quod». Il fatto che sotto
un’unica lettera della Sacra Scrittura non sia possibile la presenza di più
significati: tutto questo è ciò che «sembra»! Per quanto riguarda poi la
proposizione introdotta da «qui», ossia da un pronome relativo, è, come
dicevamo, una proposizione che va a qualificare meglio quali siano i «plures
sensus», il termine cioè al quale il pronome relativo si riferisce: è perciò una
proposizione attributiva. Ecco dunque l’analisi del nostro periodo:
1) «vidētur»: proposizione reggente
2) «quod Sacra Scriptūra sub una littěra non haběat plures sensus»:
proposizione complementare diretta soggettiva
3) «qui sunt historĭcus vel litterālis, allegorĭcus, tropologĭcus sive morālis, et
anagogĭcus»: proposizione attributiva.
Si tratta pertanto di un periodo costituito da un predicato (1), da un
soggetto (2) e da un attributo del soggetto (3). Nella prossima Lezione
andremo ad aggiungere poche altre informazioni necessarie per completare
la nostra analisi del periodo, per poi volgere quindi l’attenzione all’analisi
delle tre singole proposizioni che formano il periodo appena analizzato: ciò ci
consentirà di introdurci a un argomento chiave della grammatica latina,
quello dei casi e delle declinazioni.
Seconda Lezione
Roma
2013
39
Per verificare il mio apprendimento: Quali sono gli elementi strutturali di un periodo? In
che senso esso può essere assimilato a un campo da battaglia?
Quali sono le tre possibili funzioni svolte dal verbo essere?
Cos’è un predicato? Perché si chiama così?
Cos’è un predicato verbale? Perché si chiama così? Cos’è un predicato nominale? Perché si chiama così? Perché in un testo filosofico è tanto importante
sapere usare bene le congiunzioni? Quali sono gli elementi strutturali di una
proposizione? Cos’è la frase minima? Qual è la funzione svolta dalle preposizioni? Cosa sono gli attributi? Perché si chiamano così? Cosa sono i complementi? Perché si chiamano così? In cosa consiste lo stretto parallelismo sussistente tra
struttura di un periodo e di una proposizione? Cosa sono le proposizioni reggenti? Perché si
chiamano così? Cosa sono le proposizioni attributive? Perché si
chiamano così? Cosa sono le proposizioni complementari? Perché si
chiamano così? Cosa è una congiunzione dichiarativa? Cosa una
proposizione complementare diretta soggettiva?
Roma 2013
40
Terza Lezione
Nella scorsa Lezione siamo stati introdotti allo svolgimento dell’analisi
di un periodo, attraverso la spiegazione di diversi concetti fondamentali,
quali quelli di predicato verbale e nominale, congiunzione e preposizione,
soggetto, complementi e attributi. Per
concludere l’analisi del periodo là avviata, sarà
sufficiente presentare ora uno strumento che da adesso in avanti utilizzeremo
sempre e che chiameremo scheda di analisi del periodo. Si tratta di una griglia
che ci guiderà passo passo nell’esecuzione dell’analisi di qualunque periodo.
Essa è composta di due pagine, allegate alla fine di questa Lezione. Come
usarle?
Anzitutto, occorre trascrivere il periodo da esaminare. Nel nostro caso,
dunque:
ANALISI DEL PERIODO: «Vidētur quod Sacra Scriptūra sub una littěra non haběat plures
sensus, qui sunt historĭcus vel litterālis, allegorĭcus, tropologĭcus sive morālis, et
anagogĭcus»
In questa Lezione impareremo: a fare l’analisi di un periodo seguendo uno dopo
l’altro i passi indicati in un’apposita scheda a fare l’analisi del periodo di «Vidētur quod …» a conoscere i componenti di una parola: radice,
suffissi, prefissi e desinenze a distinguere i sei casi latini: nominativo, genitivo,
dativo, accusativo, vocativo e ablativo
la scheda di analisi del periodo: …
Terza Lezione
Roma
2013
41
La prima colonna chiede quindi di elencare le congiunzioni, specificandone
il tipo. Nella Legenda si trova una classificazione di
tutte le possibili congiunzioni. Esse si distinguono in
coordinative e subordinative. Le prime servono a
collegare due proposizioni sul medesimo livello sintattico (per esempio, due
reggenti, o due complementari subordinate direttamente alla medesima
reggente : «Oggi andrò all’università e sosterrò l’esame …»); le seconde
invece a introdurre una proposizione che si trova su un piano sintattico
inferiore rispetto alla precedente (per esempio, una complementare retta da
un’altra complementare, o da una reggente : «…, quando arriverà il mio
turno»). Impareremo a conoscerle mano a mano che le incontreremo. In
questo nostro primo periodo abbiamo trovato solamente «quod» (come già
detto, infatti, nell’analisi del periodo non interessano quelle congiunzioni che
colleghino tra di loro non due proposizioni, ma due elementi all’interno di
un’unica proposizione). Scriveremo pertanto :
Elencare le congiunzioni
specificandone il tipo
Elencare
pronomi relativi
(e avverbi)
specificando il
termine al quale
si riferiscono
Elencare i
predicati
(verbali o
nominali)
Elencare le proposizioni,
indicando per ciascuna
congiunzione, pronome relativo
o avverbio da cui è introdotta e il
predicato verbale o nominale che
la caratterizza
1 Quod = congiunzione
subordinativa dichiarativa
Nella seconda colonna, come indicato,
trascriveremo i pronomi relativi presenti nel
periodo, indicando per ciascuno il termine al quale
si riferiscano (come si ricorderà, infatti, il pronome relativo, come un
… elencare le congiunzioni
… trascrivere i pronomi relativi
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
42
attributo, «si riferisce» sempre, è relatīvus appunto, a un altro termine). Nel
nostro caso dunque:
Elencare le congiunzioni
specificandone il tipo
Elencare pronomi
relativi (e avverbi)
specificando il
termine al quale si
riferiscono
Elencare
i
predicati
(verbali o
nominali)
Elencare le proposizioni,
indicando per ciascuna
congiunzione, pronome
relativo o avverbio da cui è
introdotta e il predicato
verbale o nominale che la
caratterizza
1 Quod = congiunzione
subordinativa dichiarativa
Qui = si riferisce a
«plures sensus»
Nella terza colonna infine andremo a registrare
tutti i predicati presenti nel periodo, specificando se si
tratti di predicati verbali o nominali:
Elencare le congiunzioni
specificandone il tipo
Elencare
pronomi relativi
(e avverbi)
specificando il
termine al quale
si riferiscono
Elencare i
predicati (verbali o
nominali)
Elencare le
proposizioni,
indicando per
ciascuna
congiunzione,
pronome relativo o
avverbio da cui è
introdotta e il
predicato verbale o
nominale che la
caratterizza
1 Quod = congiunzione
subordinativa dichiarativa
Qui = si riferisce a
«plures sensus»
Vidētur= predicato
verbale
2 Non haběat =
predicato verbale
3 Sunt historĭcus …=
predicato nominale
A questo punto resta da enumerare una a una le proposizioni presenti nel
periodo. A tale scopo, vale la regola: tanti predicati, altrettante proposizioni.
Nel nostro periodo, quindi, avremo tre proposizioni. Per il resto, si tratta di
… registrare tutti i predicati
Terza Lezione
Roma
2013
43
associare ciascuna congiunzione e pronome relativo al predicato che
introducono. È buona norma cominciare dai
pronomi relativi che sono quasi sempre vicini al
predicato al quale sono associati e che pertanto
sono più facili da collegare. Nel nostro caso, «qui» introduce evidentemente
«sunt historĭcus …»; ma in maniera altrettanto evidente, «quod» è unito a «non
haběat». Ecco dunque compilata anche la quarta colonna:
Elencare le congiunzioni
specificandone il tipo
Elencare
pronomi relativi
(e avverbi)
specificando il
termine al quale
si riferiscono
Elencare i
predicati (verbali o
nominali)
Elencare le
proposizioni,
indicando per
ciascuna
congiunzione,
pronome relativo o
avverbio da cui è
introdotta e il
predicato verbale o
nominale che la
caratterizza
1 Quod = congiunzione
subordinativa dichiarativa
Qui = si riferisce a
«plures sensus»
Vidētur= predicato
verbale
Vidētur
2 Non haběat =
predicato verbale
Quod … non haběat
3 Sunt historĭcus …=
predicato nominale
Qui sunt historĭcus …
Per indicare ciascuna proposizione, basta trascrivere questi elementi
sintattici significativi, ovvero congiunzioni,
pronomi relativi e predicati. In effetti, i predicati
sono il cuore delle proposizioni, in quanto
contengono ciò che si vuole dire, mentre congiunzioni e pronomi relativi
costituiscono i collegamenti, i connettori, i nessi logici che legano le
proposizioni tra di loro. Questi soli elementi dunque sono sufficienti per
… enumerare le proposizioni
gli elementi sintattici significativi
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
44
comprendere la struttura logica di quel che si sta leggendo o ascoltando. Da
questo punto di vista, tutte le altre parole sono irrilevanti. Saper fare l’analisi
del periodo significa fare immediatamente una sorta di radiografia del testo,
in modo da evidenziarne l’ossatura, la linea argomentativa: significa quindi
avere una competenza in più per comprendere quando si ascolta e farsi
comprendere quando si parla.
A questo punto manca solamente ancora di capire l’ordine sintattico
delle proposizioni, ovvero quale o quali siano le reggenti, quale o quali le
proposizioni complementari di primo grado, quelle cioè immediatamente
dipendenti dalle reggenti, e così via. Nella prima colonna della seconda metà
della griglia si riscrivono pertanto le proposizioni, seguendo la successione sintattica
e specificando la tipologia di ciascuna. A tale scopo, nella Legenda, sono riportate
tutte le possibili classificazioni. Anzitutto si distingue
tra proposizioni reggenti, complementari dirette e
indirette, attributive. La natura di ogni proposizione in genere è riconoscibile
guardando al termine che la introduce: un pronome relativo introdurrà una
proposizione attributiva, una congiunzione subordinativa dichiarativa
introdurrà una proposizione complementare diretta dichiarativa soggettiva o
oggettiva, e così via. In generale, una congiunzione subordinativa annuncia
sempre una proposizione complementare; invece una congiunzione
coordinativa può unire due proposizioni reggenti o due subordinate; nella
Legenda sono indicati i vari tipi sia di congiunzioni25 che di proposizioni.
25 Per la precisione, nella Legenda, insieme alle congiunzioni, sono enumerati anche i vari tipi di
avverbi, in quanto, come vedremo più avanti, gli avverbi a volte svolgono una funzione analoga a
quella dei pronomi relativi.
classificazione delle proposizioni
Terza Lezione
Roma
2013
45
Esistono diversi generi di proposizioni reggenti; tuttavia nel testo di san
Tommaso che studieremo per lo più si tratterà
sempre di proposizioni reggenti enunciative,
ovvero di proposizioni che semplicemente
enunciano, dicono qualcosa, come del resto avviene di regola in un testo
argomentativo.
Per ogni proposizione complementare e attributiva, infine, occorre
specificare il grado di subordinazione. Nel nostro caso, è evidente che «quod
… non haběat» dipende direttamente dalla reggente e quindi è una
complementare di primo grado (le reggenti
invece sono considerate di grado zero, in
quanto al vertice della piramide), così come
l’attributiva «qui sunt historĭcus …» dipende
dalla complementare di primo grado (il termine al quale «qui» si riferisce
infatti, ovvero «plures sensus», si trova appunto nella complementare
soggettiva) e quindi è una proposizione di secondo grado. Ecco dunque
compilata la prima colonna della seconda parte della griglia:
Elencare in ordine degradante le
proposizioni reggenti, complementari e
attributive, indicando per ciascuna il
grado e il tipo
Disegnare il diagramma di flusso dell’intero
periodo
1 Vidētur = proposizione reggente enunciativa
2 Quod … non haběat = proposizione
complementare diretta soggettiva di I grado
3 Qui sunt historĭcus … = proposizione
attributiva di II grado
specificazione del grado di subordinazione
proposizioni reggenti enunciative
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46
Resta infine da compilare un’ultima cella, quella intitolata Diagramma di
flusso. In maniera riassuntiva e schematica, è chiesto qui di disegnare il flusso
logico dell’argomentazione. Spesso non esiste un solo schema corretto, in quanto
la medesima argomentazione la si può guardare da differenti punti di vista.
Nel nostro caso, per esempio, si può scolasticamente porre la reggente sopra
la complementare e allora avremo:
vidētur
↓
quod … non haběat
Ma da un punto di vista semantico, guardando cioè al significato di
quanto scrive san Tommaso, la complementare soggettiva è appunto il
soggetto di «vidētur» e pertanto a buon ragione può essere rappresentata al di
sopra della reggente, così:
quod … non haběat
↓
vidētur
Per quanto concerne le attributive, poi, esse scolasticamente possono
essere considerate delle subordinate e quindi sempre di un grado inferiore
rispetto alla proposizione dalla quale dipendono. Nel nostro caso pertanto
avremo:
diversi diagrammi di flusso possibili
Terza Lezione
Roma
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quod … non haběat plures sensus26
↓
qui sunt historĭcus …
Ma in quanto attributive, in quanto cioè semplici attributi, possono
altresì essere collocate accanto alla proposizione alla quale si riferiscono,
considerandole perciò coordinate e non subordinate rispetto a esse. Avremo
allora:
quod … non haběat plures sensus (qui sunt historĭcus …)
Noi utilizzeremo sempre entrambe le prospettive: nella prima colonna
della griglia, considereremo le attributive sempre come subordinate (così, ad
esempio, sopra abbiamo scritto: «proposizione attributiva di secondo
grado»); nel diagramma di flusso invece le rappresenteremo sempre tra
parentesi, accanto al termine al quale si riferiscono, quindi in posizione
coordinata. Nella pagina seguente, ecco la nostra prima scheda di analisi del
periodo interamente completata:
26 Riscrivendo le proposizioni nel diagramma di flusso, è opportuno inserire parole che fino ad
adesso erano state tralasciate: per la precisione, i vocaboli ai quali i pronomi relativi si riferiscono
(nel nostro caso, «plures sensus»).
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ANALISI DEL PERIODO: «Vidētur quod Sacra Scriptūra sub una littěra non haběat plures
sensus, qui sunt historĭcus vel litterālis, allegorĭcus, tropologĭcus sive morālis, et
anagogĭcus»
Elencare le congiunzioni
specificandone il tipo
Elencare
pronomi relativi
(e avverbi)
specificando il
termine al quale
si riferiscono
Elencare i
predicati (verbali o
nominali)
Elencare le
proposizioni,
indicando per
ciascuna
congiunzione,
pronome relativo o
avverbio da cui è
introdotta e il
predicato verbale o
nominale che la
caratterizza
1 Quod = congiunzione
subordinativa dichiarativa
Qui = si riferisce a
«plures sensus»
Vidētur= predicato
verbale
Vidētur
2 Non haběat =
predicato verbale
Quod … non haběat
3 Sunt historĭcus …=
predicato nominale
Qui sunt historĭcus …
Elencare in ordine degradante le
proposizioni reggenti,
complementari e attributive,
indicando per ciascuna il grado e il
tipo
Disegnare il diagramma di flusso dell’intero periodo
1 Vidētur = proposizione reggente
enunciativa
Quod non haběat plures sensus (qui sunt historĭcus …)
↓
vidētur
2 Quod … non haběat = proposizione
complementare diretta soggettiva di I
grado
3 Qui sunt historĭcus … = proposizione
attributiva di II grado
Terminata l’analisi del periodo, passiamo a quella della proposizione.
Nella scorsa Lezione abbiamo già distinto gli elementi fondamentali di una
la scheda di analisi del periodo di «Vidētur quod …»
Terza Lezione
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49
proposizione: predicato, soggetto, complemento diretto, complementi
indiretti, attributi e apposizioni. Ogni parola dunque,
all’interno di una proposizione, assume una determinata
funzione logica: quella di soggetto, o di complemento
oggetto, e così via. Ora, in latino un nome, a seconda della funzione logica
che svolge, cambia desinenza. Per comprendere bene questo fenomeno,
occorre preliminarmente chiarire cosa sia una desinenza.
Ogni parola è formata da una radice: sono quelle poche lettere (in
genere, tre consonanti più alcune vocali) alle quali è
associato un determinato significato (per esempio,
in vidēre la radice è vid). Da una medesima radice
derivano diverse parole appartenenti alla stessa famiglia di significato: per
esempio, da vid derivano, oltre a vidēre, visio, «visione», visus, «vista», visĕre,
«visitare»27. Alla radice vengono quindi premessi dei prefissi o posposti dei
suffissi, che servono a specificare il significato della parola o la sua funzione
logica o grammaticale: così per esempio praevidēre significa «vedere in
anticipo o da lontano» (funzione semantica del prefisso: prae specifica il
significato della parola), mentre in scriptūra, dalla radice scrib, il suffisso ur fa
della parola un sostantivo (funzione grammaticale del suffisso). Ogni
parola infine termina con poche lettere che servono a dare alcune
informazioni esclusivamente grammaticali e logiche: in scriptūra la a dice che
si tratta di un sostantivo femminile singolare. Desinenza (dal latino desiněre,
«terminare») è il nome che viene dato a questa parte finale di ogni parola.
Preposizioni, congiunzioni, avverbi e esclamazioni sono sempre indeclinabili o 27 Le vocali o l’ultima consonante di una radice, nella formazione di una parola, possono subire
mutamenti a causa di differenti ragioni fonetiche.
analisi della proposizione
radice, suffissi e prefissi
desinenza
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
50
invariabili, ovvero la loro desinenza non varia. Invece nelle altre parti del
discorso, aggettivi, pronomi, sostantivi e verbi, la desinenza variando
fornisce importanti e differenti informazioni. Questo fenomeno avviene in
tutte le lingue: per esempio, in italiano «scrittura», singolare, al plurale
diventa «scritture»; oppure la prima persona singolare «vedo» alla seconda
persona singolare diventa «vedi».
In latino, però, nei sostantivi, negli aggettivi e nei pronomi, la desinenza
varia anche in base alla funzione logica che la parola assume all’interno di
una determinata proposizione: così in «Scriptūra sacra est», «la Scrittura è
sacra», la desinenza a designa che «Scriptūra» è soggetto singolare,
mentre in «Scriptūram lego», «leggo la Scrittura», la desinenza am
indica che «Scriptūram» è complemento oggetto singolare. Le diverse funzioni
logiche espresse dal variare della desinenza in un sostantivo, aggettivo o
pronome sono chiamate casi (dal latino casus, «il termine, la fine»): essi sono
sei.
Il nominativo: dal latino nomināre, come l’italiano «nominare», è il caso
del soggetto e del predicato nominale (serve appunto a dare un nome al
soggetto o ad alcune sue caratteristiche). Il
genitivo: serve a esprimere il complemento di
specificazione, quel complemento cioè che specifica di chi o di che cosa è il
sostantivo al quale si riferisce (conseguentemente, il complemento di
specificazione è sempre specificazione di qualche altra parte della
proposizione: complemento di specificazione del soggetto, del complemento
oggetto, ecc.); la denominazione viene dal latino genetīvus, «colui che genera»,
in quanto dalla desinenza del caso genitivo si genera tutto il resto della
casi
nominativo e genitivo
Terza Lezione
Roma
2013
51
declinazione, ovvero si riconosce a quale declinazione appartenga quella
parola28.
Dativo: esprime colui o ciò a cui si dà, datīvus,
ovvero il complemento di termine. Accusativo:
traduce il complemento oggetto, ovvero chi o che cosa è oggetto diretto
dell’azione del predicato verbale; per questo motivo il complemento oggetto
è chiamato anche complemento diretto e insieme a nominativo e vocativo è
uno dei tre cosiddetti casi retti; in latino, come pure in italiano, accusāre
significa appunto «chiamare in causa direttamente qualcuno o qualcosa».
Vocativo: traduce il complemento di vocazione, ovvero colui o ciò a cui
ci si rivolge invocandolo (vocāre significa
appunto «chiamare»); è il complemento che
accompagna l’imperativo, è presente in tutte le preghiere ed è sempre
separato dal resto della proposizione attraverso le virgole che lo racchiudono;
di norma, la desinenza del vocativo è uguale a quella del nominativo, in
quanto il referente del complemento di vocazione è il soggetto della
proposizione. Ablativo: il termine deriva dal verbo latino auferre, che significa
«allontanare» (e che in un modo verbale chiamato supino diventa ablātum), in
quanto è il caso che anticamente traduceva il complemento di origine e di
separazione; di fatto, è venuto poi a tradurre, spesso con l’ausilio di
28 Si può offrire anche un’altra spiegazione etimologica, non corretta scientificamente, ma
suggestiva filosoficamente. Presso gli antichi, per identificare una persona spesso si indicava di chi
fosse figlio (per esempio, «Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo») e in greco per dire «figlio di» si
usava proprio il caso genitivo (ovvero, semplicemente «Giacomo e Giovanni, di Zebedeo»). In tal
senso, il genitivo è il caso per dire che si è figli di qualcuno, ossia appunto che si è generati; e da
questo punto di vista, ogni uomo per definizione è al genitivo, in quanto non si è dato da sé stesso
la vita: è, teologicamente, creatura, essere-ricevuto.
dativo e accusativo
vocativo e ablativo
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
52
preposizioni, molti complementi indiretti (l’ablativo, insieme al genitivo e al
dativo, è uno dei tre cosiddetti casi indiretti o obliqui).
Ogni sostantivo, aggettivo e pronome dunque presenta una variazione
della desinenza in corrispondenza dei sei casi, al singolare e al plurale
(tuttavia le desinenze di ogni parola sono in numero minore di dodici, in
quanto alcune si ripetono uguali per diversi casi).
L’insieme delle dodici uscite si chiama declinazione
(dal latino declinatĭo, «lo spiegamento» di una parola in tutte le sue possibili
forme). In latino esistono cinque schemi di declinazione: la prima, la seconda,
la terza, la quarta e la quinta. Ogni sostantivo segue lo schema di una di
queste declinazioni. Come già detto, l’appartenenza di un nome a una
determinata declinazione si riconosce dalla desinenza del genitivo singolare:
per questo motivo, nei dizionari, di ogni sostantivo è riferito il nominativo e il
genitivo singolare (così, ad esempio, di Scriptūra il vocabolario riporta
«scriptūra, ae»: la desinenza ae al genitivo singolare è tipica e unica della
prima declinazione).
La maggior parte degli aggettivi utilizza le desinenze delle prime tre
declinazioni. Un numero ristretto di aggettivi e
pronomi utilizza le medesime desinenze, con
alcune variazioni loro proprie (si parla pertanto di desinenze pronominali).
Anche i verbi cambiano la parte finale di parola per specificare il tempo,
il modo, la persona e il numero della voce
verbale. La flessione dei verbi (dal latino flectĕre,
«il flettersi, lo spiegarsi», analogo alla declinatĭo di cui si è detto sopra) viene
chiamata coniugazione (dal latino coniugāre, «il mettere insieme, unire» i vari
le cinque declinazioni
le desinenze pronominali
le coniugazioni
Terza Lezione
Roma
2013
53
suffissi, vocali tematiche e desinenze per formare le diverse voci verbali), in
maniera del tutto simile a quel che avviene per i verbi in italiano.
Sui verbi ci soffermeremo più avanti. Per il momento, per concludere,
torniamo ai casi. Dicevamo che essi specificano la funzione logica svolta dalla
parola nella proposizione. Nel primo periodo di san Tommaso abbiamo letto:
«Sacra Scriptūra non haběat sub una littěra plures sensus, qui sunt historĭcus vel
litterālis, …». «Sacra Scriptūra» è il soggetto: entrambi infatti sono al
nominativo singolare, con desinenza a, propria della prima declinazione.
«Plures sensus» è il complemento oggetto: le due parole infatti sono in caso
accusativo plurale, con desinenza es, propria della terza declinazione, e us,
propria della quarta declinazione. «Sub una littěra» è un complemento di stato in
luogo, che risponde alla domanda «dove?» e in latino si traduce con in +
l’ablativo (ma anche con molte altre preposizioni, alcune delle quali
incontreremo nel testo di Tommaso): a infatti è la desinenza dell’ablativo
singolare della prima declinazione (come si noterà, analoga al nominativo
singolare della medesima declinazione). «Historĭcus, litterālis» e tutti gli altri
aggettivi sono predicati nominali e infatti sono in caso nominativo singolare:
us è la desinenza del nominativo singolare della seconda declinazione, is della
terza declinazione. Infine «qui» è nominativo maschile plurale del pronome
relativo «qui, quae, quod», che, come si è accennato sopra, ha una declinazione
sua propria.
Nella prossima Lezione ripartiremo da qui, dall’analisi della
proposizione. Con l’occasione, presenteremo un’altra scheda che sempre ci
guiderà nell’analisi delle proposizioni.
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
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Per verificare il mio apprendimento: Partendo da una scheda vuota, compilo la scheda di
analisi del periodo di «Vidētur quod …» Di questo periodo traccio i possibili diversi
diagrammi di flusso Cosa è una proposizione reggente enunciativa? Cosa sono i gradi di subordinazione?
Da quali elementi è formato un nome? Qual è la funzione specifica svolta dalle desinenze
dei nomi in latino rispetto all’italiano e alla maggioranza delle lingue moderne?
Quali sono i sei casi latini? Cosa traducono?
Terza Lezione
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ANALISI DEL PERIODO: ………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..
Elencare le congiunzioni
specificandone il tipo
Elencare pronomi
relativi (e avverbi)
specificando il
termine al quale si
riferiscono
Elencare i
predicati (verbali
o nominali)
Elencare le proposizioni, indicando per ciascuna la congiunzione,
il pronome relativo o l’avverbio da cui è introdotta e il predicato
verbale o nominale che la caratterizza
1
2
Elencare in ordine degradante le proposizioni
reggenti, complementari e attributive, indicando per
ciascuna il grado e il tipo
Disegnare il diagramma di flusso dell’intero periodo
1
2
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Roma 2013
56
LEGENDA
Avverbi: modali, temporali, locativi, interrogativi semplici e disgiuntivi, affermativi,
negativi, dubitativi, rafforzativi
Congiunzioni coordinative: copulative, disgiuntive inclusive o esclusive, avversative, esplicative, conclusive
Congiunzioni subordinative: dichiarative, consecutive, causali, finali, modali, temporali, locative, concessive,
comparative, eccettuative, privative, ipotetiche
Proposizioni reggenti: enunciative, interrogative dirette, esclamative, esortative, ottative, concessive,
dubitative, potenziali, imperative
Proposizioni complementari dirette: soggettive, oggettive, interrogative indirette
Proposizioni complementari indirette: consecutive, causali, finali, modali, temporali, locative, concessive, comparative,
eccettuative, privative, condizionali, incidentali
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Quarta Lezione
Nella scorsa Lezione abbiamo presentato la nozione di desinenza e
declinazione. Veniamo dunque subito a
conoscere la prima declinazione:
scriptūra, ae Singolare Plurale
Nominativo scriptūră scriptūrae
Genitivo scriptūrae scripturārum
Dativo scriptūrae scriptūris
Accusativo scriptūram scriptūras
Vocativo scriptūră scriptūrae
Ablativo scriptūrā scriptūris
In questa Lezione impareremo: la prima declinazione le desinenze attive dei verbi a discernere il tema verbale, composto da suffissi e
vocale tematica
a distinguere in un verbo tra modo, tempo e aspetto dell’azione
a definire che cos’è un verbo atematico o irregolare a classificare le quattro coniugazioni e la
coniugazione propria del verbo sum la flessione dell’indicativo presente attivo delle
quattro coniugazioni e del verbo sum a utilizzare la scheda di analisi della proposizione a fare l’analisi delle tre proposizioni del primo
periodo («Vidētur quod …»)
la prima declinazione
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
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È facile notare che alcune desinenze si ripetono uguali: ă per il
nominativo e vocativo singolare (e di fatto anche per l’ablativo singolare: in
un testo scritto latino infatti non si è soliti segnare la quantità dell’ultima
sillaba, per cui scriptūra può essere sia nominativo, sia vocativo sia ablativo
singolare); ae per il genitivo e dativo singolare, e per il nominativo e vocativo
plurale; is per il dativo e ablativo plurale. Per il resto, non c’è molto altro da
dire o da capire, quanto piuttosto da familiarizzare con simili desinenze, così
da riconoscerle quando le si incontri. Molti
aggettivi, al femminile, utilizzano le
desinenze della prima declinazione. Così
avremo:
sacra Singolare Plurale
Nominativo sacră sacrae
Genitivo sacrae sacrārum
Dativo sacrae sacris
Accusativo sacram sacras
Vocativo sacră sacrae
Ablativo sacrā sacris
Nel periodo di san Tommaso che abbiamo cominciato a studiare è
agevole riconoscere quattro parole appartenenti alla prima declinazione (per
la precisione, per gli aggettivi si è soliti parlare di aggettivi di prima classe):
aggettivi di prima classe
Quarta Lezione
Roma 2013
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«Sacra Scriptūra» è il soggetto della proposizione e infatti
entrambe le parole sono declinate al nominativo singolare, con
desinenza in a
«sub una littěra» è il complemento di stato in luogo, reso con
sub+ablativo: e infatti dopo la preposizione entrambe le parole
sono all’ablativo singolare, anch’esso in a (come si vede, è dal
contesto che si comprende se la desinenza a è del nominativo, del
vocativo o dell’ablativo singolare; lo stesso dicasi per le altre
desinenze omofone).
La prossima Lezione presenteremo le desinenze della seconda
declinazione. Per il momento invece soffermiamoci sui verbi. Abbiamo già
avuto modo di dire che i verbi, in quanto predicati, costituiscono il cuore,
l’anima, il motore di una proposizione, e anche che essere è un verbo
particolare, che può svolgere funzione predicativa o, più spesso, copulativa o
ausiliaria. Infine avevamo rilevato come anche le voci verbali avessero una
desinenza variabile. In latino ve ne sono di cinque tipi: per l’attivo, per il
passivo, per il perfetto, per l’imperativo e per l’infinito. Per ora, limitiamoci a
presentare quelle dell’attivo. Sono le seguenti:
Desinenze attive
1a singolare m / o
2a singolare s
3a singolare t
1a plurale mus
2a plurale tis
3a plurale nt
desinenze attive dei verbi
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
60
Come si vede, per la prima persona singolare, alcune volte si usa una
desinenza, altre volte un’altra. Per il resto, sono da imparare a memoria,
come una filastrocca: il loro riconoscimento infatti consente già da solo di
distinguere un verbo e la persona alla quale è coniugato. Tuttavia, molte altre
informazioni occorre saper individuare in una voce verbale: il modo, il
tempo, la diatesi. Un verbo infatti è sempre coniugato in
un determinato modo. Il modo specifica come deve essere
percepita l’azione che viene predicata: come un dato di fatto, obiettivo,
solamente da constatare (l’indicativo, dal latino indicāre, «rendere noto»: è il
modo dell’oggettività o realtà); come una
possibilità o opinione (il congiuntivo, dal
latino coniungĕre, «collegare»: è il modo
della soggettività o eventualità); come un comando, un ordine (l’imperativo:
dal latino imperāre, «comandare» appunto). Sono questi i tre modi espliciti o
finiti, quelli cioè nei quali è esplicitamente indicata la persona che compie
l’azione (prima, seconda, terza singolare o plurale). Altri quattro modi invece
sono detti indefiniti o impliciti, perché non esprimono la persona, ma
eventualmente solo il numero, singolare o plurale (così
per esempio partiti può essere detto sia di noi sia di voi
sia di essi); sono il participio, l’infinito, il gerundio e
gerundivo, e il supino: di questi modi tuttavia tratteremo in seguito.
Oltre al modo, un verbo è ovviamente sempre coniugato a un
determinato tempo, che indica quando è svolta
l’azione: passato, presente, futuro; si distingue poi tra
diverse forme di passato (imperfetto, perfetto,
i modi verbali
i modi espliciti: indicativo, congiuntivo e imperativo
i modi impliciti
il tempo verbale e
l’aspetto dell’azione
Quarta Lezione
Roma 2013
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piuccheperfetto) e di futuro (semplice e anteriore). Per la precisione, in latino le
forme verbali, oltre al tempo, distinguono anche l’aspetto dell’azione, ovvero il
modo in cui è sentita la durata: come compiuta, come incompiuta, come
momentanea o come durativa; per ora, tuttavia, non occorre soffermarsi oltre su
simili distinzioni.
Dicevamo che le desinenze permettono di discernere persona e numero,
non però anche modo e tempo: questi è
possibile discriminarli in base al tema. Il tema è
ciò che resta del verbo una volta tolta la
desinenza: di fatto esso è formato dalla radice, da eventuali suffissi e dalla
vocale tematica, la vocale cioè che caratterizza il modo e la coniugazione
verbale (per esempio, hab-e-t)29. I suffissi sono sempre gli
stessi per ciascun tempo: per esempio, -ba- per
l’imperfetto indicativo (hab-e-ba-t). La vocale tematica invece è ciò che varia in
base al modo e alla coniugazione. Come infatti vi sono cinque declinazioni
per i nomi, così ci sono quattro coniugazioni per i
verbi: sostanzialmente, quattro schemi possibili di
flessione, caratterizzati ciascuno da un determinato uso delle vocali
tematiche. Ogni verbo ovviamente segue la flessione di una delle quattro
coniugazioni. Come in italiano, esse si indicano con la differente uscita
dell’infinito presente attivo (presenteremo in seguito la distinzione tra attivo
e passivo): -āre per la prima coniugazione (assignāre, «assegnare»), -ēre per la
29 La suddivisione di una voce verbale qui proposta, in tema verbale e desinenza, non è
unanimemente accettata. Per esempio, Tantucci distingue tra tema verbale (la parte invariabile del
verbo, che termina con la vocale tematica), eventuali suffissi temporali e desinenza (per esempio,
habe-ba-t), e definisce terminazione o uscita l’insieme di vocale tematica, suffisso e desinenza (ad
esempio, hab-ebat).
il tema verbale
suffissi e vocale tematica
le quattro coniugazioni
Studio Critico della Lingua Latina
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seconda (habēre, «avere»), -ĕre per la terza (arguĕre, «argomentare») e -īre per
la quarta (invenīre, «trovare»). Limitiamoci allo studio del presente indicativo
attivo. La vocale tematica che caratterizza la prima coniugazione è la -a-, la
seconda la -e-, la terza la -ĭ-, la quarta la -ī-. Avremo quindi:
Indicativo Presente Attivo
1a
coniugazione
in -āre
2a
coniugazione
in -ēre
3a
coniugazione
in –ĕre
4a
coniugazione
in –īre
1a singolare assign-o hab-ĕ-o argŭ-o inven-ĭ-o
2a singolare assign-a-s hab-e-s argŭ-i-s invĕn-i-s
3a singolare assign-a-t hab-e-t argŭ-i-t invĕn-i-t
1a plurale assign-ā-mus30 hab-ē-mus argu-ĭ-mus inven-ī-mus
2a plurale assign-ā-tis hab-ē-tis argu-ĭ-tis inven-ī-tis
3a plurale assign-a-nt hab-e-nt argŭ-u-nt inven-ĭu-nt
Come si vede, la prima persona singolare della prima e terza
coniugazione non ha vocale tematica, mentre nella terza persona plurale della
terza e quarta coniugazione c’è la vocale tematica -u-.
30 Indichiamo la quantità solo dove è utile per una corretta pronuncia della parola (si ricordi:
penultima sillaba lunga, accento tonico sulla penultima; penultima sillaba breve, accento tonico
sulla terzultima). In assigno non è indicata la quantità della -i-, perché -sig- è sillaba chiusa e quindi
comunque lunga (si ricordi che in latino i gruppi di due o più consonanti appartengono sempre a
sillabe diverse).
indicativo presente attivo delle quattro coniugazioni
Quarta Lezione
Roma 2013
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Una flessione a sé, non assimilabile a nessuna delle quattro, è quella del
verbo esse, «essere», che per questo si dice
avere coniugazione propria. Ecco il presente
indicativo attivo:
Indicativo presente del verbo sum
1a singolare s-u-m
2a singolare e-s
3a singolare es-t
1a plurale s-u-mus
2a plurale es-tis
3a plurale s-u-nt
Come si vede, in alcune voci, precisamente nella seconda e terza
singolare e nella seconda plurale, manca la vocale tematica e la desinenza si
unisce direttamente alla radice: per questo motivo il
verbo sum è chiamato atematico o irregolare (l’assenza di
vocale tematica si registra comunque solo in alcune voci
dei tempi derivati dal tema del presente). Pochi altri verbi in latino sono
atematici; tra questi però alcuni molto frequenti: fero, «porto», volo, «voglio»,
eo, «vado», e fio, «divento».
A questo punto possiamo tornare all’analisi della proposizione del
primo periodo del testo di san
Tommaso. Lo facciamo lasciandoci
guidare da una seconda apposita
scheda, che chiameremo scheda di analisi della proposizione, di cui un modello
la coniugazione propria del verbo esse
indicativo presente del verbo sum
verbi atematici o irregolari
la scheda di analisi della proposizione
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vuoto è allegato a fine Lezione. A questo livello, si considera ciascuna
proposizione in sé stessa, sciolta dal rapporto con le altre appartenenti al
medesimo periodo. Innanzitutto, si trascrive l’intera proposizione sulla
scheda, nello spazio riservato in alto, sopra la griglia:
ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «quod Sacra Scriptūra sub una littěra non haběat plures
sensus»
Poiché il predicato è il cuore di una proposizione, si comincia senz’altro
dall’individuare proprio questo, riportandolo nella prima
colonna e specificando se si tratti di un predicato verbale o
nominale:
Predicato
(verbale o
nominale)
Soggetto Complementi
diretti
(oggetto o
predicativo)
Connettori
Non haběat
(predicato verbale)
Come si nota, l’avverbio «non» si trascrive insieme al predicato che
accompagna e definisce, poiché semanticamente, quanto cioè al significato, fa
tutt’uno con esso. Quindi si individua il soggetto
e, se c’è, il complemento oggetto (si ricordi che
soggetto è ciò di cui si predica qualcosa, mentre il
complemento oggetto indica appunto l’oggetto del predicato e risponde alla
domanda «chi? che cosa?»: è chiamato «diretto» perché è unito direttamente
al predicato, forma cioè un tutt’uno con esso; del complemento predicativo
predicato
soggetto e complemento oggetto
Quarta Lezione
Roma 2013
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invece parleremo più in là), indicando l’occasionale presenza di uno o più
attributi:
Predicato
(verbale o
nominale)
Soggetto Complementi
diretti
(oggetto o
predicativo)
Connettori
non haběat
(predicato
verbale)
Sacra
Scriptūra (con
un attributo)
plures sensus
(complemento oggetto
con un attributo)
Nell’ultima colonna si inseriscono le congiunzioni, già analizzate
nell’analisi del periodo e che fungono da connettori
logici tra le proposizioni:
Predicato
(verbale o
nominale)
Soggetto Complementi
diretti
(oggetto o
predicativo)
Connettori
non haběat
(predicato
verbale)
Sacra Scriptūra
(con un attributo)
plures sensus
(complemento oggetto
con un attributo)
Quod=
subordinativo
dichiarativo
Nella sezione in basso si ricopiano infine i complementi indiretti,
specificando per ciascuno che tipo di complemento
sia e a quale domanda risponda (si ricordi che i
complementi indiretti vanno a completare la comunicazione espressa dal
predicato, aggiungendo le più svariate informazioni), oltre alla presenza di
eventuali attributi:
connettori logici
complementi indiretti
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Complementi indiretti Complementi indiretti Sub una littěra = complemento
di stato in luogo (dove?) (con un
attributo)
L’analisi della terza proposizione è molto rapida, composta com’è da un
soggetto, il pronome relativo «qui» (in quanto pronome relativo, nella scheda
occorrerà specificare sempre il termine al quale si riferisce), e un predicato
nominale, nel quale i sei aggettivi costituiscono il nome del predicato (le
congiunzioni in questo caso fanno parte del predicato nominale e non vanno
inserite nell’ultima colonna, dei connettori, in quanto non servono a
congiungere diverse proposizioni tra di loro):
ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «qui sunt historĭcus vel litterālis, allegorĭcus, tropologĭcus
sive morālis, et anagogĭcus»
Predicato
(verbale o
nominale)
Soggetto Complementi
diretti
(oggetto o
predicativo)
Connettori
sunt historĭcus vel
… (predicato
nominale)
qui (riferito a
«plures
sensus»)
La prima proposizione del periodo è assolutamente minima, formata dal
solo predicato verbale «vidētur», privo di soggetto in quanto impersonale: la
si potrà senz’altro inserire nella scheda insieme alla seconda proposizione,
avendo cura magari di separare graficamente con una riga vuota le due
proposizioni. Nelle pagine seguenti, addirittura in un’unica scheda, sarà
ricapitolata l’analisi di tutte e tre le proposizioni.
Quarta Lezione
Roma 2013
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Nella prossima Lezione presenteremo il terzo e ultimo strumento che ci
accompagnerà nelle nostre analisi: la scheda di analisi della parola.
Per verificare il mio apprendimento: Saper compilare la scheda di analisi della
proposizione di «Vidētur quod …» Declina i seguenti vocaboli di prima declinazione:
«scriptūra, ae», «sacra, a», «littěra, ae» Coniuga il presente indicativo del verbo «sum» Coniuga il presente indicativo attivo di «narro, as»,
«haběo, es», «tollo, is», «invenĭo, is» Partendo da una scheda vuota, compilo la scheda di
analisi della proposizione di «Vidētur quod …» Cosa sono i modi verbali? In particolare, quale modo
dell’azione è specificato dall’indicativo? Quale dal congiuntivo? Quale dall’imperativo?
Che differenza c’è tra modi espliciti e impliciti?
Imparare a memoria le desinenze verbali attive a mo’ di filastrocca
Quali sono gli elementi che compongono una voce verbale?
Quando un verbo è detto atematico o irregolare?
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
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ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: ................................................................................................................ ......................................
Predicato
(verbale o nominale)
Soggetto Complementi diretti
(oggetto o predicativo)
Connettori
Complementi indiretti
Complementi indiretti
Quarta Lezione
Roma 2013
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ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Vidētur quod Sacra Scriptūra sub una littěra non haběat plures sensus, qui sunt historĭcus vel litterālis,
allegorĭcus, tropologĭcus sive morālis, et anagogĭcus»
Predicato
(verbale o nominale)
Soggetto Complementi diretti
(oggetto o predicativo)
Connettori
Vidētur = predicato
verbale (impersonale)
Non haběat = predicato
verbale
Sacra Scriptūra (con un
attributo)
Plures sensus =
complemento oggetto (con
un attributo)
Quod = subordinativo
dichiarativo
Sunt historĭcus ... =
predicato nominale
Qui (riferito a «plures
sensus»)
Complementi indiretti
Complementi indiretti
Sub una littěra = complemento di stato in luogo
(dove?) (con un attributo)
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Quinta Lezione
Cominciamo con il vedere subito le desinenze di seconda declinazione:
articŭlus, i
(«articolo»)
Singolare Plurale
Nominativo articŭlus articŭli
Genitivo articŭli articulōrum
Dativo articŭlo articŭlis
Accusativo articŭlum articŭlos
Vocativo articŭle articŭli
Ablativo articŭlo articŭlis
In questa Lezione impareremo: la seconda declinazione e gli aggettivi di prima classe gli aggettivi pronominali le desinenze passivo-deponenti e l’indicativo presente
passivo-deponente delle quattro coniugazioni a distinguere tra verbi transitivi e intransitivi a discriminare tra diatesi attiva, passiva, deponente e
riflessiva a riconoscere i verbi difettivi, suppletivi e semideponenti a definire e utilizzare il paradigma verbale a servirsi della scheda di analisi della parola a ravvisare le esclamazioni a identificare gli aggettivi qualificativi e quelli numerali a diversificare tra congiunzioni, avverbi e preposizioni
a compilare la scheda di analisi della parola del primo periodo: «Vidētur quod …»
seconda declinazione
Quinta Lezione
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Roma 2013
L’unica desinenza in comune con la prima declinazione è la is del
dativo e ablativo plurale. Tuttavia saltano agli occhi altre corrispondenze: il
genitivo plurale ārum diventa ōrum; gli accusativi am e as diventano um e os; il
nominativo e vocativo plurale hanno la medesima desinenza, ae per la prima
declinazione e i per la seconda. Specificità della seconda declinazione però è
la desinenza propria del vocativo singolare, e (in tutte le altre declinazioni
invece la desinenza del vocativo è la medesima del nominativo singolare).
Alcuni sostantivi in –er e il sostantivo vir, «uomo», al nominativo e
vocativo singolare hanno desinenza zero, ovvero non hanno alcuna desinenza.
Avremo pertanto:
puer, ĕri («fanciullo») Singolare Plurale
Nominativo puer puĕri
Genitivo puĕri puerōrum
Dativo puĕro puĕris
Accusativo puĕrum puĕros
Vocativo puer puĕri
Ablativo puĕro puĕris
Altri sostantivi in -er hanno inoltre la particolarità di perdere la vocale e
in tutti i casi tranne che al nominativo e vocativo singolare, sempre a
desinenza zero. Così abbiamo:
desinenza zero
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liber, bri («libro») Singolare Plurale
Nominativo liber libri
Genitivo libri librōrum
Dativo libro libris
Accusativo librum libros
Vocativo liber libri
Ablativo libro libris
Infine un gruppi di sostantivi appartenenti alla seconda declinazione,
tutti neutri31, nei casi retti del singolare escono in um e nei casi retti del plurale
in a (in generale, tutti i sostantivi neutri hanno
una sola desinenza per il nominativo,
accusativo e vocativo singolare, e una per il plurale). Avremo pertanto:
mysterĭum, ĭi
(«mistero»)
Singolare Plurale
Nominativo mysterĭum mysterĭa
Genitivo mysterĭi mysteriōrum
Dativo mysterĭo mysterĭis
Accusativo mysterĭum mysterĭa
Vocativo mysterĭum mysterĭa
Ablativo mysterĭo mysterĭis
31 In latino infatti, oltre al maschile e al femminile, esiste il genere neutro, da neuter, tra, trum, «né
l’uno né l’altro», un genere appunto in origine usato per indicare realtà non identificabili in modo
univoco né come maschili né come femminili.
sostantivi neutri
Quinta Lezione
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Roma 2013
A questo punto è possibile completare la flessione degli aggettivi detti
della prima classe: essi infatti al femminile utilizzano le desinenze della prima
declinazione e al maschile e neutro quelle della seconda declinazione.
Avremo quindi:
historĭcus,a,um
(«storico»)
Singolare Plurale
Maschile
Femminile
Neutro
Maschile
Femminile
Neutro
Nominativo
historĭcus
historĭca
historĭcum
historĭci
historĭcae
historĭca
Genitivo
historĭci
historĭcae
historĭci
historĭcōrum
historĭcārum
historĭcōrum
Dativo
historĭco
historĭcae
historĭco
historĭcis
historĭcis
historĭcis
Accusativo
historĭcum
historĭcam
historĭcum
historĭcos
historĭcas
historĭca
Vocativo
historĭce
historĭca
historĭcum
historĭci
historĭcae
historĭca
Ablativo
historĭco
historĭca
historĭco
historĭcis
historĭcis
historĭcis
aggettivi di prima
classe
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Anche gli aggettivi in -er al nominativo e vocativo singolare escono a
desinenza zero; alcuni di essi inoltre conservano la vocale e solo in quei due
casi. Avremo perciò:
liber, a, um
(«libero»)
Singolare Plurale
Maschile
Femminile
Neutro
Maschile
Femminile
Neutro
Nominativo
liber
libĕra
libĕrum
libĕri
libĕrae
libĕra
Genitivo
libĕri
libĕrae
libĕri
liberōrum
liberārum
liberōrum
Dativo
libĕro
libĕrae
libĕro
libĕris
libĕris
libĕris
Accusativo
libĕrum
libĕram
libĕrum
libĕros
libĕras
libĕra
Vocativo
liber
libĕra
libĕrum
libĕri
libĕrae
libĕra
Ablativo
libĕro
libĕra
libĕro
libĕris
libĕris
libĕris
Quinta Lezione
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Oppure:
sacer, cra, crum
(«sacro»)
Singolare Plurale
Maschile
Femminile
Neutro
Maschile
Femminile
Neutro
Nominativo
sacer
sacra
sacrum
sacri
sacrae
sacra
Genitivo
sacri
sacrae
sacri
sacrōrum
sacrārum
sacrōrum
Dativo
sacro
sacrae
sacro
sacris
sacris
sacris
Accusativo
sacrum
sacram
sacrum
sacros
sacras
sacra
Vocativo
sacer
sacra
sacrum
sacri
sacrae
sacra
Ablativo
sacro
sacra
sacro
sacris
sacris
sacris
È facile riconoscere come appartenenti agli aggettivi di prima classe
quattro nomi del predicato presenti nell’unico periodo di san Tommaso che
abbiamo finora analizzato, vale a dire «historĭcus», «allegorĭcus», «tropologĭcus»,
«anagogĭcus», tutti e quattro ovviamente al nominativo maschile singolare.
Sembrerebbe appartenere alla seconda declinazione anche il sostantivo
«sensus»; tuttavia, cercandolo sul dizionario, si trova «sensus, us»: il genitivo
singolare in us, come studieremo, è tipico della quarta declinazione, della
quale fa parte appunto sensus.
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
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Resta ancora da notare che un piccolo gruppo di aggettivi, appartenenti
alla prima classe, al genitivo e dativo singolare utilizza due desinenze che,
come vedremo in seguito, sono proprie
dei pronomi, ovvero īus e i: per questo
sono detti aggettivi pronominali. Tra questi, l’aggettivo «unus, a um», che
abbiamo incontrato nel periodo di san Tommaso; ecco la declinazione:
unus, a, um («uno») Singolare32
Maschile Femminile Neutro
Nominativo unus una unum
Genitivo unīus unīus unīus
Dativo uni uni uni
Accusativo unum unam unum
Vocativo une una unum
Ablativo uno una uno
32 Trattandosi dell’aggettivo numerale cardinale «uno», si è soliti presentare solo la flessione al
singolare. Tuttavia in latino si utilizza in verità anche il plurale uni, unae, una, o con il significato di
«i soli, soltanto», o in unione con sostantivi che manchino del singolare (i cosiddetti pluralĭa tantum:
per esempio, «unae nuptĭae», «un solo matrimonio»), o nella correlazione «uni … altěri», «gli uni …
gli altri».
aggettivi pronominali
Quinta Lezione
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Roma 2013
Nella precedente Lezione avevamo presentato le desinenze attive dei
verbi; vediamo ora quelle passivo-deponenti:
Desinenze passivo-deponenti
1a singolare r
2a singolare ris / re
3a singolare tur
1a plurale mur
2a plurale mĭni
3a plurale ntur
Il presente indicativo passivo delle quattro coniugazioni si forma sostituendo
le desinenze passive a quelle attive; infatti il tema, compresa la vocale
tematica, restano i medesimi (l’unica eccezione è la seconda persona singolare
della terza coniugazione: la vocale
tematica non è i, ma e: argŭis diventa
arguĕris):
Indicativo Presente Passivo-Deponente
1a coniugazione
in –āre
2a coniugazione
in -ēre
3a coniugazione
in -ĕre
4a coniugazione
in -īre
1a singolare assign-o-r hab-ĕ-o-r argŭ-o-r inven-ĭ-o-r
2asingolare assign-ā-ris hab-ē-ris argu-ĕ-ris inven-ī-ris
3a singolare assign-ā-tur hab-ē-tur argu-ĭ-tur inven-ī-tur
1a plurale assign-ā-mur hab-ē-mur argu-ĭ-mur inven-ī-mur
2a plurale assign-a-mĭni hab-e-mĭni argu-i-mĭni inven-i-mĭni
3a plurale assign-a-ntur hab-e-ntur argu-u-ntur inven-iu-ntur
desinenze verbali passivo-deponenti
presente indicativo passivo delle quattro coniugazioni
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Roma 2013
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A questo punto ovviamente è necessario però spiegare cosa si intenda
per diatesi attiva, passiva e deponente di un verbo. Un verbo infatti, oltre a
essere coniugato in un determinato modo, tempo
ed eventualmente anche persona e numero, si
trova in una certa forma o diatesi. La diatesi (dal greco diáthesis, «disposizione,
stato in cui si trova qualcuno o qualcosa») esprime il rapporto, lo stato
appunto in cui il soggetto si trova rispetto al predicato. Esso può essere
anzitutto attivo o passivo. Nella diatesi attiva (dal latino actīvus, «che
compie») il soggetto compie, fa, svolge l’azione, ovvero è esterno rispetto a
essa: per esempio, «ego lego librum», «io leggo un libro».
L’azione poi può ricadere direttamente su un complemento oggetto,
come nell’esempio appena riportato: in
questo caso allora il verbo si dice
transitivo (dal latino transitīvus, «che
passa»). Qualora invece l’azione non possa mai cadere direttamente su un
complemento, ma solo indirettamente, qualora cioè un verbo non possa
reggere un complemento oggetto, ma solo un complemento indiretto (è il
tipico caso di tutti i verbi di movimento: «celerĭter ad universitātem eo», «vado
in fretta all’università»), il verbo stesso viene chiamato intransitivo.
I verbi transitivi attivi, e solo essi, possono assumere però anche una
forma inversa, detta passiva. Un verbo è passivo
(dal latino passīvus, «che subisce»), quando
l’azione ricade sul soggetto, che la subisce, ovvero quando il soggetto è
interno rispetto all’azione del predicato: per esempio, «liber legĭtur a me», «il
libro è letto da me».
diatesi attiva
verbi transitivi e intransitivi
diatesi passiva
Quinta Lezione
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Roma 2013
Si diceva che la diatesi passiva è inversa rispetto all’attiva; in effetti, la
costruzione della proposizione subisce una vera
inversione: il complemento oggetto dell’attiva
diventa soggetto della passiva e il soggetto dell’attiva diventa complemento
d’agente o di causa efficiente della passiva33. Un verbo dunque può essere
intransitivo attivo, oppure transitivo attivo o passivo.
Infine esiste la forma riflessiva, la quale indica che l’azione del predicato
si riflette, ricade sul soggetto («io mi lavo»): in
italiano la diatesi riflessiva si ottiene con l’ausilio
delle particelle pronominali riflessive (nell’esempio precedente, mi); in latino
invece, oltre che con l’utilizzo dei pronomi personali come in italiano, a volte
si rende semplicemente coniugando il verbo al passivo (ad esempio «lavarsi»
in latino è il passivo lavāri)34.
In latino esiste anche una quarta diatesi, detta deponente (dal latino
depōnens, entis, «che depone, abbandona»): è la
forma propria di quei verbi che hanno deposto la
forma attiva e conservano solo quella passiva, ciò nondimeno avendo un
significato attivo (per esempio, loquor, «parlo»). Vale la pena notare che a
volte la forma deponente di un verbo è semanticamente giustificata. Ad
33 Il complemento d’agente è appunto il complemento indiretto che specifica da chi o da che cosa è
compiuta l’azione di un verbo passivo; si parla di complemento d’agente se l’agente è una persona,
di causa efficiente se è una cosa. 34 Si tenga anche presente che non sempre c’è corrispondenza tra italiano e latino: così per esempio
il verbo latino attivo acceděre in italiano si traduce con il riflessivo «avvicinarsi». A proposito dei
verbi riflessivi, inoltre, occorrerebbe distinguere tra riflessivi propri (quando la particella
pronominale funge da complemento oggetto: «mi gratto») e impropri (quando la particella
pronominale funge da complemento indiretto: «mi metto»); e ancora, tra riflessivi reciproci (quando
le particelle pronominali indicano un’azione scambievole: «ci salutammo») e riflessivi intransitivi o
pronominali (quando i verbi riflessivi non possono reggere il complemento oggetto, sono cioè
appunto intransitivi: «mi meravigliai»).
costruzione inversa
diatesi deponente
diatesi riflessiva
Studio Critico della Lingua Latina
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esempio, non è un caso che proprio il verbo loquor sia deponente: il parlare
infatti è un’azione attiva, anzi è l’attività specificamente umana, che tuttavia
ha un’origine passiva, in quanto non si impara a parlare, se non ascoltando,
ovvero ricevendo da altri la parola; è dunque un’azione attiva che ha origine
passiva, ovvero una passività che è diventata attività: è deponente appunto35.
Un piccolo gruppo di verbi latini infine ha diatesi semideponente: sono
verbi che nei tempi derivati dal tema del
presente hanno forma attiva, mentre hanno
diatesi deponente negli altri tempi (così ad esempio abbiamo auděo, es al
presente, «oso», ma ausus sum al passato, «osai», o fido, is al presente, «mi
fido», e fisus sum al passato, «mi fidai»).
A questo punto possiamo presentare la terza e ultima scheda che ci
accompagnerà nelle nostre analisi, la scheda di
analisi della parola, di cui un modello vuoto, come
per le altre, si trova a fine Lezione. Come al solito,
si inizia riscrivendo il periodo che si sta analizzando, in alto dopo i due punti:
ANALISI DELLA PAROLA: Vidētur quod Sacra Scriptūra sub una littěra non haběat plures
sensus, qui sunt historĭcus vel litterālis, allegorĭcus, tropologĭcus sive morālis, et
anagogĭcus
Quindi, a ogni riga, nella prima colonna si copiano, uno dopo l’altro,
tutti i singoli vocaboli36: a livello di analisi della parola, infatti, ogni termine è
35 In questo senso, da un punto di vista filosofico, si può affermare che, in quanto creatura, l’uomo
in generale abbia natura deponente: è attività e libertà, resa possibile da un’originaria passività e
dipendenza. 36 Unica eccezione è il verbo essere con funzione di ausiliare (per esempio, «è letto»): in quel caso,
infatti, esso è un’unica voce verbale insieme al participio al quale è legato e perciò va trascritto
verbi semideponenti
scheda di analisi della parola
Quinta Lezione
81
Roma 2013
considerato in sé stesso, isolatamente dal contesto nel quale è inserito;
l’analisi della parola, per questo motivo, è senz’altro la più astratta, la più
lontana dalla realtà viva della comunicazione, perciò anche, alla lunga, la più
noiosa, la meno stimolante. Si procede poi all’analisi di ciascuna parola,
raccogliendo le informazioni richieste nella scheda cella dopo cella. Si
comincia con lo specificare in quale delle otto parti del discorso la parola
rientra ; tutte i vocaboli della lingua latina sono infatti raggruppabili entro le
otto categorie indicate nella scheda sotto la voce «Parte del discorso» (in
italiano sono nove, perché in latino mancano gli articoli).
Anzitutto i verbi, dei quali occorre specificare se svolgono funzione
predicativa, ovvero di predicato verbale, copulativa, all’interno di
un predicato nominale, o modale (dei verbi modali parleremo più
avanti, quando li incontreremo in san Tommaso). Nel nostro caso, «vidētur» e
«haběat» sono verbi predicativi, invece «sunt» è copulativo. Nella terza
colonna occorre indicare il paradigma, la diatesi e eventualmente altre
informazioni particolari (per esempio, a proposito del verbo sum, il fatto che è
atematico). Bisogna pertanto soffermarci brevemente per spiegare cosa sia il
paradigma.
Il paradigma di un verbo (dal greco parádeigma, «esempio, modello»)
sono l’insieme delle voci verbali dalle quali è possibile ricavare l’intera
coniugazione di un verbo e che per questo fungono da
modello appunto per la sua corretta flessione. Nella scorsa
Lezione abbiamo spiegato infatti che una voce verbale è formata dal tema e
insieme a esso (si noti tuttavia che in latino vi sono meno forme verbali composte, perché esistono
le desinenze passive, mentre in italiano ogni diatesi passiva si forma sempre con l’ausiliare essere:
così ad esempio «è letto» in latino è semplicemente legĭtur).
i verbi
il paradigma
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
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dalla desinenza; il tema è caratterizzato dalla vocale tematica, propria di ogni
tempo e coniugazione (per esempio, la a per il presente indicativo della prima
coniugazione), e da eventuali suffissi (per esempio ba per l’imperfetto
indicativo).
Ora, però, aldilà di questi elementi (suffissi e vocale tematica), ogni
verbo ha tre temi differenti: quello del
presente, quello del perfetto e quello del
supino. Da questi tre temi, aggiungendo
determinati suffissi, vocali tematiche e desinenze, si ottengono tutte le voci
verbali. Specificamente, dal tema del perfetto si ottengono il perfetto, il
piuccheperfetto e il futuro anteriore; dal tema del supino, il supino e il
participio; dal tema del presente tutti gli altri tempi e modi, ovvero il presente,
l’imperfetto, il futuro semplice e il gerundio. Suffissi, vocali tematiche e
desinenze sono le medesime per tutti i verbi (per esempio, ba per l’imperfetto
indicativo di qualunque verbo); i temi del presente, del perfetto e del supino
invece sono propri di ciascun verbo: pertanto occorre conoscerli, imparando a
memoria il paradigma di ognuno. Per questo motivo, i dizionari riportano
sempre il paradigma dei verbi. Per la precisione, il paradigma è formato dalla
prima e seconda persona singolare del presente indicativo (si usa indicare anche la
seconda persona singolare per dissipare fin da subito l’equivocità tra prima e
terza coniugazione, che hanno la medesima uscita nella prima persona
singolare dell’indicativo presente; tuttavia alcuni dizionari non riportano la
seconda persona singolare), dalla prima persona singolare del perfetto indicativo,
dal supino e dall’infinito presente (quest’ultima voce si inserisce per esplicitare
a colpo d’occhio la coniugazione alla quale il verbo appartiene, ma anche per
temi del presente, del perfetto e del supino
Quinta Lezione
83
Roma 2013
semplificare il riconoscimento del tema del presente). Il tema del presente si
ottiene togliendo la desinenza o (prima e terza coniugazione), eo (seconda
coniugazione), io (quarta coniugazione) alla prima voce del paradigma, o più
semplicemente togliendo la desinenza re all’infinito presente37; il tema del
perfetto si ottiene togliendo la desinenza i, quella del supino togliendo la
desinenza um. Avremo pertanto «viděor, ēris, visus sum, ēri»38, «habĕo, es, habŭi,
habĭtum, ēre» e «sum, es, fui, esse».
Nel caso del verbo sum, si è già detto la scorsa Lezione che è un verbo
atematico e con coniugazione propria; adesso si può
notare altresì che manca del supino e per questo è
chiamato anche difettivo: difettivi (dal latino deficĕre, «essere mancante di»)
sono detti infatti quei verbi che non hanno coniugazione completa, ma
mancano di alcune voci39, quali ad esempio, nel nostro caso, del supino e del
participio.
Non solo, ma guardando al paradigma si può inoltre notare che il verbo
sum utilizza due radici assolutamente eterogenee: sum
infatti non ha nulla a che vedere con fui. Per questo
motivo esso è chiamato anche suppletivo: un verbo è suppletivo quando, per
completare la propria coniugazione, ricorre alla radice di un altro verbo che
37 O la desinenza ri (o i per la terza coniugazione) se si tratta di un verbo deponente, del quale
quindi nel paradigma si indicherà l’infinito presente con la desinenza passivo-deponente. 38 Più avanti discuteremo della questione se considerare il verbo «vidētur» un deponente o
piuttosto il passivo di viděo. Si noti che nel paradigma di un verbo deponente non si indica il supino,
perché il tema del supino è ricavabile dal participio passato riportato nel perfetto indicativo
composto, togliendo la desinenza us. 39 Alcune grammatiche latine tuttavia considerano difettivi solo un gruppo ristretto di verbi che
mancano o di tutti i tempi derivati dal presente, o comunque di molti tempi e persone.
verbi difettivi
verbi suppletivi
Studio Critico della Lingua Latina
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appunto supplisce, sostituisce quella mancante 40. A proposito del verbo sum,
pertanto, nella terza colonna, oltre al paradigma, dovremo scrivere che è un
verbo atematico, difettivo, suppletivo, con coniugazione propria. Per
«vidētur» e «haběat» invece, oltre al paradigma, basterà aggiungere che si
tratta di verbi di seconda coniugazione, deponente il primo, transitivo attivo
il secondo. Nelle ultime tre celle infine occorrerà trascrivere le informazioni
più consuete relativamente a una voce verbale: il modo, il tempo, la persona e
il numero41.
Dopo il verbo, la seconda parte del discorso più nota è senz’altro il
nome. Gli antichi sotto il nome facevano rientrare sia i
sostantivi che gli aggettivi, che invece in età moderna sono
stati differenziati in due categorie distinte. Sostantivi sono tutte le parole che
indicano di «chi» o di «che cosa» si sta parlando: corrispondono alla sostanza
prima aristotelica. Per i sostantivi, nella seconda colonna, basterà scrivere
«sostantivo»42. Nella terza colonna si riporterà il nominativo e genitivo singolare,
cioè quel che viene indicato in un dizionario, e l’esplicitazione della
declinazione di appartenenza: per esempio, «scriptūra, ae, I declinazione». Nelle
ultime tre colonne sarà come al solito indicato invece caso, genere e numero.
40 Oltre a sum, sono suppletivi altri due verbi di uso frequente in latino: «fero, fers, tuli, latum, ferre»,
«portare», e «fio, fis, factus sum, fieri», «diventare»; in entrambi casi, si tratti di verbi anche
atematici; come si vede dal paradigma, inoltre, fio è anche semideponente. 41 Si ricordi tuttavia che infinito, gerundio, participio e supino non hanno persona, in quanto modi
impliciti; l’infinito e il supino non hanno nemmeno il numero; il gerundio e il supino nemmeno il
tempo. 42 In verità, si potrebbe specificare se si tratta di un sostantivo primitivo (carta) o derivato (cartone),
semplice (carta) o composto (portacarte) o alterato (cartaccia); in questa sede, tuttavia, eviteremo di
specificare simili distinzioni.
sostantivi
Quinta Lezione
85
Roma 2013
Lo stesso tipo di analisi si ripete per gli aggettivi. Se i sostantivi
corrispondono alla sostanza prima aristotelica, gli aggettivi
equivalgono alle categorie che possono predicarsi della sostanza
(in greco kategoría significa appunto «predicato»); e come molteplici sono le
categorie aristoteliche, così vi sono molte specie di aggettivi diversi.
Nella seconda colonna pertanto si dovrà specificare il tipo di aggettivo: per
la maggior parte dei casi si tratterà di aggettivi
qualificativi, che indicano cioè una qualità e
rispondono pertanto alla domanda «come è?»; ma a volte si incontreranno
altre classi di aggettivi: per esempio, «una» è un aggettivo numerale cardinale
(si chiamano cardinali i numeri che costituiscono i cardini, gli elementi
fondamentali della numerazione «uno, due, ecc.», per distinguerli dagli
ordinali, che indicano invece l’ordine d’arrivo, «primo, secondo, ecc.»). Nella
terza colonna, si trascriverà non il nominativo e genitivo singolare, come per i
sostantivi, bensì il solo nominativo singolare, maschile, femminile e neutro, come
avviene appunto nei dizionari: così, ad esempio, «sacer, cra, crum, 1a classe».
Nella quarta colonna, infine, accanto al caso, si indicherà anche con quale
sostantivo è concordato: l’aggettivo infatti concorda sempre
in caso, numero e genere con il sostantivo al quale si
riferisce (la parola aggettivo deriva dal latino adiectīvus: «che si aggiunge», a
un sostantivo appunto); ad esempio, «sacra, nominativo concordato con
scriptūra».
Dei pronomi parleremo in seguito. Restano pertanto le ultime quattro
parti del discorso, tutte indeclinabili, ovvero con desinenza invariabile, che
non varia. Le interiezioni (dal latino intericĕre: inter, «in mezzo» + iacěre,
aggettivi
qualificativi e numerali
concordanza
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
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«porre», nel senso di inciso, ovvero di parola che è inserita in una
proposizione come un corpo a sé, che può essere tolto
senza che il senso compiuto venga meno) o esclamazioni
(dal latino exclamāre: ex, prefisso qui con valore intensivo, accrescitivo, «ad
alta voce» + clamāre, «gridare») sono quelle parole che esprimono
un’emozione, positiva o negativa: per esempio, «eia» nel Salve Regina, «orsù».
Per le preposizioni, congiunzioni e avverbi invece il discorso è un poco
più complesso. Delle preposizioni, in Italia, con una nota filastrocca si suole
dire che sono «di, a, da, in, con, su, per, tra, fra»; tuttavia molto più numerose
sono le preposizioni, anzi in numero non circoscrivibile. Quanto a
congiunzioni e avverbi, c’è una certa confusione, tant’è che spesso sembra
difficile distinguere tra le une e gli altri. Un esempio emblematico: cerco in
due dizionari italiani la parola «inoltre»; uno mi dice che è avverbio, l’altro
che è congiunzione! Il fatto è che probabilmente solo dal contesto si può
decidere. L’importante è avere una definizione il più possibile chiara di cosa
si debba intendere per ciascuna di queste tre parti del discorso: qual è, per
così dire, il segno di riconoscimento di ciascuna? Qui ne propongo uno, di
ordine squisitamente sintattico.
Preposizione è qualunque parola, o insieme di
parole, che introduca un complemento: così in «al di
sotto della lettera», «al di sotto della» è un’unica
preposizione che introduce il complemento di stato in luogo.
Avverbio è una parola che svolge la funzione di un complemento
indiretto (per esempio, «lì» = «in quel luogo»: complemento
di stato in luogo o di moto a luogo) o che si unisce a un’altra
esclamazioni
preposizioni
avverbi
Quinta Lezione
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Roma 2013
parola per completarne il significato (è il caso del nostro «non habeat»; in
effetti, «avverbio» viene dal latino ad verbum, «presso una parola, in aggiunta
a una parola»).
Congiunzione infine (dal latino coniungĕre, «congiungere») è una parola
che serve sintatticamente a congiungere due nomi o due
proposizioni: come abbiamo già avuto modo di vedere,
sono quei termini che costituiscono perciò l’ossatura, la struttura di un
periodo, anzi di un intero testo. Di volta in volta, dunque, in base a questi
criteri decideremo se un dato vocabolo sia una preposizione, un avverbio o
una congiunzione43. Anche quanto alla classificazione dei vari tipi di avverbi
e congiunzioni, poi, non c’è minore varietà di interpretazioni; man mano che
li incontreremo, offriremo una possibile nomenclatura. Nel periodo che
abbiamo studiato, già ci siamo soffermati su «quod»: una congiunzione
subordinativa dichiarativa; su «sub»: un preposizione, che regge l’ablativo
per formare il complemento di stato in luogo; e su «non»: un avverbio di
negazione. Resta da dire qualcosa solo su altre tre parole: «vel», «sive», «et».
Sono tutte e tre congiunzioni coordinative, che nel nostro caso coordinano tra
di loro i nomi del predicato e quindi non hanno rilevanza ai fini dell’analisi
del periodo.
«Et», congiunzione di uso assai frequente, è coordinativa (coordina cioè
due proposizioni del medesimo livello
sintattico o, come nel nostro caso, due
elementi sintattici analoghi) copulativa (la
43 Si tenga presente che una medesima parola assume differenti valori a seconda dell’uso: ad
esempio, sotto in «sotto il tavolo» è preposizione, ma in «guarda sotto» è avverbio.
congiunzioni
congiunzioni coordinative copulative
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
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coordinazione che stabilisce è infatti nel senso dell’unione: dal latino copŭla,
«corda, laccio, legame»).
«Vel» e «sive» invece sono congiunzioni coordinative disgiuntive:
all’opposto delle copulative, infatti,
servono a disgiungere, a separare, a
dividere44. Ora, però, ci sono due tipi di disgiuntive: le disgiuntive esclusive,
quando i due termini contrapposti non possono coesistere (o l’uno o l’altro,
ma non entrambi insieme: in latino, il famoso «aut … aut» kierkegaardiano); e
le disgiuntive inclusive, quando i due termini opposti sono in realtà sinonimi
o comunque facenti parte di un medesimo insieme (come nel nostro caso:
«historicus vel littěralis … tropologicus sive moralis» sono appunto due coppie di
sinonimi). Tutte queste informazioni, relative a preposizioni, congiunzioni e
avverbi, basterà inserirle nella terza colonna; trattandosi di parti del discorso
invariabili, le altre celle rimarranno vuote.
Nelle pagine seguenti, è allegata la scheda di analisi della parola del
primo periodo compilata, anche se di quattro vocaboli («habeat», «plures»,
«sensus», «qui») dobbiamo ancora studiare la flessione. Nella prossima
Lezione presenteremo appunto le desinenze di terza declinazione («plures») e
44 Il lettore più attento avrà notato che come l’espressione «congiunzione copulativa» costituisce
una sorta di endiadi, ovvero l’affiancamento di due vocaboli che significano entrambi «qualcosa
che unisce», così «congiunzione disgiuntiva» rappresenta un ossimoro, ovvero l’unione di due
termini che si escludono reciprocamente, in questo caso «qualcosa che unisce / qualcosa che
separa». Se insomma dire «congiunzione copulativa» è ridondante, definire una congiunzione
come «disgiuntiva» è un autentico controsenso. Il fatto è che il termine congiunzione ha valore
sintattico: si tratta di parole che servono a congiungere elementi di una proposizione o proposizioni
all’interno di un periodo; invece le denominazioni copulativa e disgiuntiva hanno valenza semantica,
hanno a che fare cioè con il significato e non con la funzione sintattica delle congiunzioni stesse:
quanto al significato esse possono esprimere l’unione o la separazione dei termini che
sintatticamente comunque congiungono.
congiunzioni coordinative disgiuntive, inclusive e esclusive
Quinta Lezione
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Roma 2013
il congiuntivo presente («habeat»); poco più in là ancora, la quarta
declinazione («sensus») e il pronome relativo «qui, quae, quod».
Per verificare il mio apprendimento: Saper compilare la scheda di analisi della parola di «Vidētur
quod …» Declina i seguenti sostantivi di seconda declinazione:
«articŭlus», «testamentum», «liber, bri», «puer, ěri»
Declina i seguenti aggettivi di prima classe: «historĭcus, a, um», «liber, běra, běrum», «sacer, cra, crum», «unus, a, um»
Impara a memoria a mo’ di filastrocca le desinenze passivo-deponenti dei verbi
Coniuga il presente indicativo passivo dei seguenti verbi: «assīgnor, āris», «videor, ēris», «trador, ěris», invenior, īris»
Che cosa sono le desinenze pronominali? Perché si chiamano così?
Che cos’è la diatesi di un verbo?
Che differenza c’è tra diatesi attiva e passiva? Cosa è la costruzione diretta? Cosa quella inversa?
Che differenza c’è tra verbi transitivi e intransitivi? Cosa si intende per diatesi riflessiva? Cosa sono i verbi deponenti in latino? Cosa i semideponenti? Che cos’è il paradigma di un verbo? Qual è la sua utilità? Come si ricavano i temi del presente, del supino e del perfetto
di un verbo? Quando un verbo è detto difettivo? Quando suppletivo?
Cosa sono gli aggettivi qualificativi? Cosa i numerali? Cosa gli ordinali e i cardinali?
Cosa si intende per concordanza? Che cosa sono le esclamazioni? Che differenza c’è tra preposizioni, avverbi e congiunzioni?
Quale la funzione, sintattica o semantica, svolta da ciascuno? Cosa sono le congiunzioni coordinative copulative? Che cosa
quelle coordinative disgiuntive inclusive ed esclusive? In che senso il termine congiunzione ha valore sintattico,
mentre le denominazioni di copulativa e disgiuntiva hanno
valenza semantica?
Studio Critico della Lingua Latina
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Roma 2013
ANALISI DELLA PAROLA: ……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
Parola
Parte del discorso
(sostantivo, verbo,
aggettivo, pronome,
avverbio, congiunzione,
preposizione,
esclamazione)
Paradigma e diatesi (verbi)
Declinazione (sostantivi)
Classe (aggettivi)
Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)
Complemento (preposizioni)
Modo
(verbi)
Caso
(sostantivi, aggettivi e pronomi)
Concordanza
(aggettivi, pronomi)
Tempo
(verbi)
Genere
(sostantivi, aggettivi e
pronomi)
Persona
(verbi)
Numero
(verbi , sostantivi,
aggettivi e pronomi)
Quinta Lezione
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Roma 2013
ANALISI DELLA PAROLA: «Vidētur quod Sacra Scriptūra sub una littěra non haběat plures sensus,
qui sunt historĭcus vel litterālis, allegorĭcus, tropologĭcus sive morālis, et anagogĭcus»
Parola
Parte del discorso
(sostantivo, verbo,
aggettivo, pronome,
avverbio, congiunzione,
preposizione,
esclamazione)
Paradigma e diatesi (verbi)
Declinazione (sostantivi)
Classe (aggettivi)
Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)
Complemento (preposizioni)
Modo
(verbi)
Caso
(sostantivi, aggettivi e pronomi)
Concordanza
(aggettivi, pronomi)
Tempo
(verbi)
Genere
(sostantivi, aggettivi e
pronomi)
Persona
(verbi)
Numero
(verbi , sostantivi,
aggettivi e pronomi)
Vidētur verbo predicativo viděor, ēris, visus sum, vidēri,
deponente, II coniugazione
indicativo presente III singolare
Quod congiunzione subordinativa dichiarativa
Sacra aggettivo qualificativo sacer, cra, crum, I classe nominativo, concordato con
«Scriptūra»
femminile singolare
Scriptūra sostantivo scriptūra, ae, I declinazione nominativo femminile singolare
Non avverbio di negazione
Haběat verbo predicativo habĕo, es, habŭi, habĭtum,
habēre, transitivo attivo, II
coniugazione
congiuntivo presente III singolare
Sub preposizione sub + ablativo = complemento di
stato in luogo
Una aggettivo numerale
cardinale
unus, a, um, pronominale, I
classe
ablativo, concordato con «littěra» femminile singolare
Littěra sostantivo littěra, ae, I declinazione ablativo femminile singolare
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
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Plures aggettivo indefinito plus, pluris, II classe a 1 uscita,
comparativo di maggioranza di
multus, a, um
accusativo, concordato con
«sensus»
maschile plurale
Sensus sostantivo sensus, us, IV declinazione accusativo maschile plurale
Qui pronome relativo qui, quae, quod nominativo, riferito a «sensus» maschile plurale
Sunt verbo copulativo sum, es, fui, esse, difettivo,
atematico, suppletivo,
coniugazione propria
indicativo presente III plurale
Historĭcus aggettivo qualificativo historĭcus, a, um, I classe nominativo, concordato a senso
con «qui»
maschile singolare
Vel congiunzione coordinativa disgiuntiva inclusiva
Litterālis aggettivo qualificativo litterālis, e, II classe a 2 uscite nominativo, concordato a senso
con «qui»
maschile singolare
Allegorĭcus aggettivo qualificativo allegorĭcus, a, um, I classe nominativo, concordato a senso
con «qui»
maschile singolare
Tropologĭcus aggettivo qualificativo tropologĭcus, a, um, I classe nominativo, concordato a senso
con «qui»
maschile singolare
Sive congiunzione coordinativa disgiuntiva inclusiva
Morālis aggettivo qualificativo morālis, e, II classe a 2 uscite nominativo, concordato a senso
con «qui»
maschile singolare
Et congiunzione coordinativa copulativa
Anagogĭcus aggettivo qualificativo anagogĭcus, a, um, I classe nominativo, concordato a senso
con «qui»
maschile singolare
Roma
2013
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Sesta Lezione
Ecco le desinenze di terza declinazione:
multiplicĭtas, ātis
(«molteplicità»)
Singolare Plurale
Nominativo multiplicĭtas multiplicitātes
Genitivo multiplicitātis multiplicitātum
Dativo multiplicitāti multiplicitatĭbus
Accusativo multiplicitātem multiplicitātes
Vocativo multiplicĭtas multiplicitātes
Ablativo multiplicitāte multiplicitatĭbus
In questa Lezione impareremo: la terza declinazione e gli aggettivi di seconda classe i tre gradi dell’aggettivo: positivo, comparativo e
assoluto la declinazione dei comparativi di maggioranza il congiuntivo presente, attivo e passivo, delle quattro
coniugazioni e del verbo sum l’uso del congiuntivo nelle proposizioni complementari a riconoscere gli aggettivi indefiniti a definire le congiunzioni coordinative esplicative,
copulative e avversative a discernere somiglianze e differenze tra avverbi,
congiunzioni e pronomi relativi a identificare gli avverbi locativi d’origine con valore
esplicativo a compilare la scheda di analisi del periodo di
«Multiplicĭtas enim …»
terza declinazione
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
94
Ormai sono riconoscibili alcune costanti delle desinenze dei sostantivi
latini: il nominativo e il vocativo hanno la medesima uscita, in questa
declinazione a desinenza zero al singolare; anche dativo e ablativo plurale
hanno la medesima desinenza; l’accusativo è caratterizzato dalla m al
singolare e dalla s al plurale. Relativamente in modo specifico alla terza
declinazione, c’è da notare che, più raramente, l’uscita del nominativo e
vocativo singolare può essere in is invece che a desinenza zero (per esempio,
panis, is), quella dell’accusativo può essere in im anziché em al singolare
(come sitis, is: all’accusativo singolare, sitim) e in is piuttosto che es al plurale
(così navis, is, all’accusativo plurale fa naves, ma più raramente anche navis),
quella dell’ablativo singolare in i invece che e (il già citato sitis, is, all’ablativo
singolare fa siti), quella del genitivo plurale in ĭum anziché in um (il già citato
navis, is, al genitivo plurale è navĭum)45.
I sostantivi neutri, come al solito, hanno la medesima desinenza nei tre
casi retti: zero al singolare, a o ĭa al plurale. Avremo pertanto:
45 Le grammatiche latine in genere cercano di classificare quali sostantivi prendono certe desinenze
e quali le altre, anzitutto distinguendo tra parisillabi (nomi che al nominativo e genitivo singolare
hanno il medesimo numero di sillabe: per esempio, panis, is) e imparisillabi (nomi che al genitivo
singolare hanno una sillaba in più rispetto al nominativo: per esempio, multiplicĭtas, ātis); tuttavia
sono così numerose le eccezioni, che in questa sede basterà indicare che un nome di terza
declinazione può avere l’una o l’altra uscita. Del resto, come si è detto fin dall’inizio, per non
appesantire ulteriormente una trattazione già di per sé ampia, si è rinunciato anche a riportare
tutte le parole che in ciascuna declinazione fanno eccezione.
Sesta Lezione
95
Roma 2013
caput, ĭtis («capo») Singolare Plurale
Nominativo caput capĭta
Genitivo capĭtis capĭtum
Dativo capĭti capitĭbus
Accusativo caput capĭta
Vocativo caput capĭta
Ablativo capĭte capitĭbus
Complessivamente dunque ecco le terminazioni possibili della terza
declinazione:
Desinenze di
terza
declinazione
Singolare Plurale
Maschile/Femminile Neutro Maschile/Femminile Neutro
Nominativo -46 - es a (ia)
Genitivo is is um (ium) um (ium)
Dativo i i ibus ibus
Accusativo em (im) = nom. es (is) a (ia)
Vocativo = nominativo = nom. es a (ia)
Ablativo e (i) e (i) ibus ibus
46 Il trattino indica il fatto che non è possibile determinare un numero abbastanza ristretto di uscite
possibili per il nominativo singolare: come si dirà poco più avanti, questo rappresenta l’unica vera
difficoltà dei nomi di terza declinazione. Le desinenze tra parentesi invece sono varianti, in genere
meno frequenti.
neutri di terza declinazione
desinenze di terza declinazione
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
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Gli aggettivi latini che non appartengono alla prima classe, fanno parte
della seconda classe, la quale utilizza le desinenze della terza declinazione. Loro
particolarità è che possono essere a tre, a due o a una uscita, a seconda che al
nominativo singolare abbiano tre desinenze diverse (per esempio, acer, acris,
e), due (come il nostro litterālis, e), oppure la medesima (ad esempio,
multĭplex, plĭcis; e si ricordi che in quest’ultimo caso i dizionari riportano,
unica eccezione per gli aggettivi, anziché il solo nominativo, il nominativo e
genitivo singolare, essendo anche il genitivo singolare unico per tutti e tre i
generi: in questi aggettivi infatti è dal genitivo singolare che è possibile
riconoscere il tema, togliendo la desinenza is). Caratteristiche comuni a quasi
tutti gli aggettivi di seconda classe sono l’ablativo singolare in i, il genitivo
plurale in ĭum e il nominativo, accusativo e vocativo plurale neutro in ĭa.
Avremo perciò:
Sesta Lezione
97
Roma 2013
litterālis, e47
(«letterale»)
Singolare Plurale
Maschile e
Femminile
Neutro
Maschile e
Femminile
Neutro
Nominativo
litterālis
litterāle
litterāles
littěralĭa
Genitivo
litterālis
litterālis
littěralĭum
littěralĭum
Dativo
litterāli
litterāli
littěralĭbus
littěralĭbus
Accusativo
litterālem
litterāle
litterāles
littěralĭa
Vocativo
litterālis
litterāle
litterāles
littěralĭa
Ablativo
litterāli
litterāli
littěralĭbus
littěralĭbus
47 Gli aggettivi a tre uscite hanno la medesima flessione; al nominativo e vocativo singolare maschile
però hanno desinenza zero. Sono comunque un piccolo gruppo di nomi, tutti in er al nominativo
maschile singolare: per esempio, celer, ĕris, ĕre, «celere, rapido». Alcuni di questi, come abbiamo
visto accadere anche nella seconda declinazione, conservano la -e- solo al nominativo e vocativo
singolare maschile: ad esempio, terrester, stris, stre.
aggettivi di seconda classe
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
98
L’unica vera difficoltà dei nomi che utilizzano le desinenze di terza
declinazione è risalire al nominativo singolare. Esso infatti spesso differisce
molto dal genitivo e non è riconducibile a
un numero ristretto di uscite possibili.
Anche qui tuttavia sarà l’uso, la frequentazione a far superare l’ostacolo: man
mano che incontreremo nomi di terza declinazione nel testo di san Tommaso,
impareremo a ricavare il nominativo singolare, sino a quando questa pratica
ci diventerà familiare.
Cominciamo dunque dal periodo che abbiamo già studiato. Troviamo
due aggettivi di seconda classe, «litterālis» e «morālis»: entrambi si trovano al
nominativo singolare maschile, in quanto nomi del predicato, concordati a
senso con «qui»48; ed entrambi sono parisillabi a due uscite: «litterālis, e» e
«morālis, e». Vi è poi un altro aggettivo di seconda classe, «plures», il quale
però presenta più di una difficoltà. Innanzitutto,
risalire al nominativo singolare maschile. Se a
«plures» togliamo la desinenza es, rimane il tema
plur; il genitivo singolare pertanto sarà «pluris». Vado a cercare sul dizionario
«pluris», per verificare se si tratta di un parisillabo in is, ma non lo trovo.
Siccome la desinenza is è preceduta da una r, e non è un parisillabo in is, tre
saranno le possibilità rimanenti: un nome in r (plur, ris), o in s (plus, ris), o un
48 Un aggettivo normalmente concorda in genere, numero e caso con il sostantivo al quale si
riferisce. In questa proposizione però gli aggettivi sono al singolare, mentre il soggetto al quale si
riferiscono è al plurale, come pure la copula «sunt», perché san Tommaso sta dicendo che i
molteplici sensi sono quello storico o letterale, e così via. In situazioni simili, quando cioè la
concordanza non è corretta grammaticalmente, ma solo logicamente, si parla appunto di
concordanza a senso.
difficoltà della terza declinazione
il nominativo singolare di plures
Sesta Lezione
99
Roma 2013
neutro in re (plure, is). Sul vocabolario riscontro che è plus, ris; però leggo che
è il comparativo di multus, a, um.
Gli aggettivi infatti possono trovarsi al grado positivo, comparativo o
superlativo. Il grado positivo è l’aggettivo semplice (per
esempio, «bello»). Il comparativo si ha invece, come dice il
nome stesso, quando si instaura un paragone con un altro
termine; il paragone stesso potrà essere di uguaglianza (per esempio, «tanto
bello quanto …», o «così bello come …»), di minoranza («meno bello di …») o
di maggioranza («più bello di …»). Il superlativo infine esprime l’aggettivo al
massimo grado, e potrà essere un superlativo relativo, ovvero rispetto, in
relazione a un gruppo («il più bello di …»), o un superlativo assoluto
(«bellissimo»).
In latino, come in italiano, per la formazione dei gradi dell’aggettivo
possono usarsi degli avverbi: per esempio, «meno bello di …» sarà «minus
pulcher quam …». Per il superlativo invece,
sempre come in italiano, si usa il suffisso issĭmus
da aggiungere al tema dell’aggettivo al grado
positivo: bonus – bonissĭmus, «buono – buonissimo». In latino però v’è un
suffisso anche per la formazione del grado comparativo di maggioranza (che
in italiano si forma invece con l’ausilio dell’avverbio più): ĭor per il maschile e
femminile, ĭus per il neutro. Avremo pertanto la seguente declinazione:
i tre gradi degli aggettivi
formazione dei gradi dell’aggettivo
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
100
litteralĭor, ĭus
(«letterale»)
Singolare Plurale
Maschile e
Femminile
Neutro
Maschile e
Femminile
Neutro
Nominativo
litteralĭor
litteralĭus
litteraliōres
litteraliōra
Genitivo
litteraliōris
litteraliōris
litteraliōrum
litteraliōrum
Dativo
litteraliōri
litteraliōri
litteraliorĭbus
litteraliorĭbus
Accusativo
litteraliōrem
litteralĭus
litteraliōres
litteraliōra
Vocativo
litteralĭor
litteralĭus
litteraliōres
litteraliōra
Ablativo
litteraliōre
litteraliōre
litteraliorĭbus
litteraliorĭbus
declinazione del comparativo di maggioranza
Sesta Lezione
101
Roma 2013
Come in italiano, infine, un piccolo gruppo di aggettivi, per formare il
comparativo e il superlativo, utilizza un’altra radice49. Tra questi appunto
multus, a, um, che al comparativo di maggioranza fa plus,
ris e al superlativo plurĭmus, a, um. In italiano il
superlativo di «molto» è regolare, «moltissimo»
(«plurimo» invece è considerato un aggettivo positivo, con il significato di
«molteplice», privo di comparativo e superlativo), mentre il comparativo
deriva dal latino ed è «più», il quale è indeclinabile ed è usato come avverbio
(«più bello di …») piuttosto che come aggettivo («ho letto più volte questo
libro», nel senso di «ho letto molte volte, più di una volta questo libro»). Plus,
ris in latino è usato invece al plurale, come aggettivo comparativo di
maggioranza50 (come nel testo di san Tommaso: «plures sensus», «molteplici
sensi, più di un senso»), mentre al singolare conosce un uso limitato al
nominativo, genitivo e accusativo, sempre con
valore di sostantivo (per esempio, «plus fidei», «più
fede, un po’ più di fede»). Quanto infine alla classificazione di multus,
siccome indica una quantità indeterminata, è chiamato aggettivo indefinito.
Nel nostro periodo c’è un altro vocabolo che finora non abbiamo potuto
analizzare: «haběat». Si tratta di un congiuntivo presente attivo. Nella quarta
Lezione, abbiamo già avuto modo di accennare che il congiuntivo è il modo
della possibilità, della soggettività. Esso può
essere usato sia nelle reggenti che nelle
complementari; poiché però nel testo di san
49 Per la precisione, esistono altre eccezioni nella formazione del comparativo e del superlativo; ma
qui anche queste tralasciamo di specificare per non appesantire ulteriormente la trattazione. 50 Al neutro nei casi retti solitamente è plura, ma più di rado si trova anche plurĭa.
i tre gradi di multus, a, um
aggettivi indefiniti
uso del congiuntivo nelle complementari
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
102
Tommaso che studiamo le reggenti sono tutte di tipo enunciativo
all’indicativo, per il momento ci limitiamo a presentare l’uso del congiuntivo
nelle complementari, uso del resto abbastanza frequente.
In quanto modo della possibilità, il congiuntivo può esprimere
anzitutto il carattere eventuale di quel che si predica. Scriverà più avanti san
Tommaso: «È nel potere di Dio che adatti le
parole per significare qualcosa». Il
congiuntivo «adatti» (in latino, accommŏdet) è utilizzato proprio per dire che il
fatto che Dio adatti le parole per significare qualcosa è solo un’ipotesi,
un’eventualità, un evento possibile e non già realizzato e registrato. Si parla
pertanto di congiuntivo eventuale.
In quanto poi modo della soggettività, il congiuntivo può esprimere
anche la soggettività di un’affermazione: quando, nel nostro periodo, è detto
che «la Sacra Scrittura non abbia sotto un’unica
lettera più sensi», l’uso del congiuntivo «non
haběat» sta appunto a significare che quel che si sta dicendo è un’opinione,
tutta da verificare, e non un dato già assodato. In questi casi si parla di
congiuntivo obliquo (qui obliquo indica la natura non diretta, ma incerta
dell’affermazione).
Se infine nei due casi precedenti l’utilizzo del congiuntivo nelle
proposizioni complementari ha ragioni semantiche, è cioè legato al significato
della proposizione, c’è un terzo uso del
congiuntivo con valore meramente sintattico: è la
cosiddetta attrazione modale, ovvero il fatto che in latino una proposizione
complementare ha il predicato al congiuntivo se dipende da un’altra
congiuntivo eventuale
congiuntivo obliquo
attrazione modale
Sesta Lezione
103
Roma 2013
proposizione il cui predicato sia al congiuntivo o all’infinito, in quanto è
come se quest’ultima proposizione includa, attragga appunto nella propria
atmosfera soggettiva anche la proposizione da essa dipendente. Così la frase:
«Tommaso dice che la lettera che è nella Sacra Scrittura ha più sensi», in
latino suonerebbe: «Thomas dicit littěram, quae in sacra Scriptūra sit, plures
sensus habēre», in quanto la proposizione relativa «quae … sit» dipende dalla
proposizione all'infinito «habēre», cosìcché il predicato per attrazione modale
va al congiuntivo, «sit»51.
Dal punto di vista morfologico, quanto cioè alla flessione52, il congiuntivo
attivo delle quattro coniugazioni si ottiene premettendo determinate vocali
tematiche alle desinenze attive. Per la precisione, e nella prima coniugazione,
ea nella seconda, a nella terza e ia nella quarta. Avremo pertanto:
51 Come è facile intuire, anche nell’attrazione modale permane comunque una sfumatura eventuale
o obliqua; così nel nostro esempio si potrebbe bene intendere: «La lettera che venga eventualmente
a trovarsi nella Sacra Scrittura». Il fatto poi che, sempre nell’esempio addotto, la proposizione
dipendente «littěram habēre» abbia il soggetto in accusativo e il predicato all’infinito, è dovuto a
una costruzione tipica del latino, detta infinitiva, che studieremo più avanti. 52 Più precisamente, per morfologia si intende lo studio (in greco, lógos) delle forme (in greco, morfái)
linguistiche, delle norme che regolano la struttura, la flessione, la composizione e la derivazione
delle parole.
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
104
Congiuntivo Presente Attivo
1a coniugazione
in -āre
2a coniugazione
in –ēre
3a coniugazione
in -ĕre
4a coniugazione
in -īre
1a singolare assign-e-m hab-ĕa-m argŭ-a-m inven-ĭa-m
2a singolare assign-e-s hab-ĕa-s argŭ-a-s inven-ĭa-s
3a singolare assign-e-t hab-ĕa-t argŭ-a-t inven-ĭa-t
1a plurale assign-ē-mus hab-eā-mus argu-ā-mus inven-iā-mus
2a plurale assign-ē-tis hab-eā-tis argu-ā-tis inven-iā-tis
3a plurale assign-e-nt hab-ĕa-nt argŭ-a-nt inven-ĭa-nt
La diatesi passivo-deponente si ottiene semplicemente sostituendo le
desinenze passivo-deponenti a quelle attive:
Congiuntivo Presente Passivo-Deponente
1a coniugazione
in -āre
2a coniugazione
in –ēre
3a coniugazione
in -ĕre
4a coniugazione
in -īre
1a singolare assign-e-r hab-ĕa-r argŭ-a-r inven-ĭa-r
2a singolare assign-ē-ris hab-eā-ris argu-ā-ris inven-iā-ris
3a singolare assign-ē-tur hab-eā-tur argŭ-ā-tur inven-iā-tur
1a plurale assign-ē-mur hab-eā-mur argu-ā-mur inven-iā-mur
2a plurale assign-e-mĭni hab-ea-mĭni argu-a-mĭni inven-ia-mĭni
3a plurale assign-e-ntur hab-eā-ntur argu-a-ntur inven-ia-ntur
congiuntivo presente attivo delle quattro coniugazioni
congiuntivo presente passivo delle quattro coniugazioni
Sesta Lezione
105
Roma 2013
Il congiuntivo presente del verbo sum è invece caratterizzato dalla
vocale i:
Possiamo così considerare terminato lo studio del primo periodo del
testo di san Tommaso e cominciare pertanto l’analisi del secondo periodo
dell’articŭlus decĭmus della
Summa. Tuttavia, prima di
proseguire, vale la pena
soffermarsi brevemente a rimarcare un’importante osservazione metodologica.
Quando si sia conclusa la fatica di analizzare un brano, anziché liquidarlo e
procedere oltre, è proprio quello il momento in cui raccogliere i frutti:
leggendo e rileggendo il testo latino appena studiato, nella versione originale!
Attraverso questo esercizio il guadagno che si ottiene è duplice. Da una parte,
si prende dimestichezza con la lingua: alla fine, si arriva a leggere il testo e a
capirlo senza bisogno di tradurlo nella propria lingua; certo, questo è reso
possibile dallo studio precedente, ciò nondimeno lettura dopo lettura si
diventa sempre più familiari del latino; è come la fase dell’assimilazione
Congiuntivo presente verbo sum
1a singolare s-i-m
2a singolare s-i-s
3a singolare s-i-t
1a plurale s-i-mus
2a plurale s-i-tis
3a plurale s-i-nt
congiuntivo presente del verbo sum
un’importante raccomandazione metodologica: leggere e rileggere a voce alta il testo latino in originale
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
106
seguente a quella della masticazione e della digestione: ed è inutile aver fatto
lo sforzo di preparare, cucinare e mangiare un cibo, se poi l’organismo non lo
assimila! Dall’altra parte, il secondo guadagno è semplicemente di godere
della lettura del testo in originale: è bello leggere e rileggere un buon testo,
capendo quel che si legge e apprezzandone anzi le qualità sintattiche. Come
insegna sant’Ignazio a proposito della preghiera e della lettura della Bibbia,
anche nel nostro caso, dopo la fatica dell’analisi, è importante fermarsi a
gustare, e godere! Altrimenti è come fare la spesa, sistemare i viveri nella
dispensa … e digiunare! Anche nello studio, c’è un tempo della fatica e un
tempo della gioia, ed è importante imparare a vivere il secondo dopo il
primo. Dunque dedichiamo tempo a leggere più volte il testo di san Tommaso in
originale53, man mano che lo studiamo, preferibilmente a voce alta: sarà
un’occasione per imparare meglio il latino e per gioire.
Detto questo, veniamo senz’altro al secondo periodo. Lo riportiamo con
traduzione interlineare e costruzione italiana:
«Multiplicĭtas sensŭum in una scriptūra enim parit confusiōnem et deceptiōnem,
«La molteplicità dei sensi in una sola Scrittura infatti genera confusione e sviamento,
et tollit firmitātem arguendi: unde argumentātio non procēdit
e toglie la solidità dell’argomentare: tant’è vero che l’argomentazione non procede
ex multiplicĭbus propositionĭbus, sed alĭquae fallacĭae
da molteplici proposizioni, ma al contrario certi errori
53 A tale scopo, al termine del volume trascriveremo su un’unica facciata il testo di san Tommaso
studiato nel manuale nel corso di queste decine e decine di pagine.
Sesta Lezione
107
Roma 2013
assignantur secundum hoc ».
vengono designati in base a ciò».
È la prima argomentazione a sostegno della tesi secondo cui non è
possibile che una medesima lettera veicoli più significati. Se infatti si
verificasse questo, se cioè all’interno
della Scrittura una sola parola fosse
interpretabile secondo significati
diversi, ciò sarebbe evidentemente fonte di confusione; non tanto, come pure
oggi verrebbe da intendere, nel senso che ciascuno potrebbe interpretare il
passo a proprio piacimento, quanto piuttosto, come spiega san Tommaso, nel
senso che non sarebbe più possibile utilizzare la Bibbia per proporre
argomentazioni logicamente valide: infatti, secondo la teoria sillogistica
aristotelica, se nelle due premesse un termine è equivoco, è cioè interpretabile
secondo molteplici significati («multiplicĭbus propositionĭbus»), questo fatto
rende non più valido l’intero sillogismo54. Ma ciò, concluderà san Tommaso
nel prosieguo del capoverso, è impossibile, perché nessuno dubita che la
Scrittura sia fonte inequivocabile di argomentazioni a sostegno della verità55:
dunque non si può ammettere che in essa una sola lettera abbia più
significati.
54 Sillogismo è l’argomentazione nella quale una terza proposizione, la conclusione, segue
necessariamente da due proposizioni, le premesse; il nesso inferenziale tuttavia, come ricorda qui san
Tommaso, è valido se e solo se il cosiddetto termine medio, contenuto nelle due premesse, viene
usato in modo univoco e non con significati differenti in ciascuna delle due proposizioni. 55 Fin dai primi secoli dell’era cristiana, i Padri della Chiesa ritennero la ragione e la Scrittura le due
fonti da cui attingere la verità e in età scolastica era altresì naturale – per quanto oggi ciò possa
sembrare metodologicamente inaccettabile – utilizzare la Bibbia come un testo contenente
argomentazioni logiche a sostegno della verità.
significato dell’argomentazione contenuta nel primo capoverso
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
108
Chiarito il significato di quanto scrive l’Aquinate, procediamo con
l’analisi del periodo. Iniziamo, come sempre, dal trascrivere in alto nella
scheda di analisi del periodo il testo per intero, questo volta nella costruzione
originale:
«Multiplicĭtas enim sensŭum in una scriptūra parit confusiōnem et deceptiōnem, et tollit
firmitātem arguendi: unde ex multiplicĭbus propositionĭbus non procēdit argumentātio, sed
secundum hoc alĭquae fallacĭae assignantur».
Normalmente, dopo i due punti inizia un nuovo periodo; in questo
caso, però, come vedremo, dopo i due punti vi sono solo proposizioni
complementari, le quali pertanto fanno parte dell’unico periodo introdotto
dalle precedenti reggenti. Ma veniamo innanzitutto a individuare le
congiunzioni. Esse sono quattro, o meglio, tre congiunzioni e un avverbio:
«enim»: è una congiunzione coordinativa; essa infatti serve qui a
collegare il periodo che inizia con quello appena terminato: è
tipico di san Tommaso utilizzare sempre una congiunzione per
coordinare i periodi tra di loro, in modo da esplicitare il nesso
logico che li lega, così da rendere il più possibile chiara la linea
argomentativa di tutto l’articolo. È questa un’accortezza che
dovrebbe avere chiunque scriva o parli, e
specialmente chi scriva o parli di filosofia:
un’attenzione massima all’uso delle
congiunzioni, cosicché esse da sole rivelino la struttura
argomentativa che si sta sviluppando. Davvero dall’uso delle
congiunzioni può dipendere la qualità di un testo filosofico! La
enim: congiunzione coordinativa esplicativa
Sesta Lezione
109
Roma 2013
nostra congiunzione è di tipo esplicativo, in quanto serve a
spiegare quanto affermato precedentemente: non è possibile che
un’unica lettera abbia più significati, perché la molteplicità di
significati posseduti da un unico vocabolo genererebbe
confusione. È emblematico che tanto enim quanto il correlativo
greco gár vengano tradotti nei dizionari latini e greci con la
congiunzione causale «poiché»: in effetti, come per tutti ha
chiarito Aristotele, la spiegazione di un qualcosa viene a coincidere
con la sua causa
«et»: è la congiunzione usata più di frequente; ha valore coordinativo
copulativo, ossia serve a unire due elementi sintattici; nel nostro
periodo ne incontriamo due: la prima
collega due complementi oggetti, la
seconda due proposizioni; in sede di analisi del periodo ci
interessa pertanto solo la seconda
«unde»: i dizionari riconoscono in questa parola un avverbio di
luogo, o meglio d’origine, con il significato di «da dove». La
classificazione di avverbio è dovuta al fatto che «dove» è giudicato
appunto un avverbio locativo interrogativo. In effetti, una
proposizione interrogativa diretta, una
di quelle per intenderci che si
concludono con un punto
interrogativo, è una reggente nella quale il primo vocabolo è un
avverbio che serve a specificare la domanda («dove», «perché»,
«quando», e così via); si tratta di avverbi e non di congiunzioni
et: congiunzione coordinativa copulativa
avverbi, congiunzioni e pronomi relativi
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
110
perché introducono, sì, una proposizione, ma senza collegarla alla
precedente. Tuttavia questi tipi di avverbi vanno segnalati nella
nostra scheda, perché appunto introducono una proposizione:
svolgono quindi comunque un’importante funzione di nesso logico,
sintattico. Del resto, a guardar bene, simili avverbi sono pronomi
relativi camuffati (per questo nella scheda si suggerisce di inserirli
nella colonna dei pronomi relativi): così ad esempio l’avverbio
«da dove?» si può parafrasare con l’espressione equivalente «qual
è il luogo dal quale?»; anche il «donde» della nostra proposizione
si potrebbe tradurre con «dalla qual cosa». Dunque, «unde» è un
avverbio locativo d’origine. Tuttavia nel nostro caso, inteso così, il
senso dell’argomentazione di Tommaso potrebbe risultare non
del tutto chiaro. Il fatto è che l’origine può ben assumere il
significato di causa, in quanto l’origine è la causa; ma sopra
abbiamo visto che a sua volta la causa è altresì la spiegazione di un
qualcosa. E in effetti, per capire cosa stia
dicendo Tommaso, sarebbe meglio
tradurre «unde» con una congiunzione
coordinativa esplicativa tipo enim,
«infatti». Dunque nella scheda potremo scrivere avverbio locativo
d’origine, con valore esplicativo, decidendo poi a proprio piacimento
se tradurre con un letterale «donde» o con un più libero, ma più
comprensibile «infatti», o «motivo per cui»
«sed»: insieme a et è la congiunzione più frequente; come et è
copulativa, serve cioè ad unire, così sed è avversativa, serve cioè a
unde: avverbio locativo d’origine con valore esplicativo
Sesta Lezione
111
Roma 2013
contrapporre (in italiano abbiamo «avversario», che deriva
appunto dal latino adversarĭus, da cui
anche il nostro adversatīvus). Resta da
decidere se è una congiunzione
coordinativa o subordinativa: noi la interpreteremo sempre come
una coordinativa, in quanto dal punto di vista logico la
contrapposizione è comunque una forma di coordinazione,
proprio in quanto opposta all’unione copulativa. Del resto, non a
caso, in una proposizione introdotta da una congiunzione
avversativa è sempre sottintesa la congiunzione che introduce la
proposizione precedente a essa appunto coordinata; nel nostro
caso: «per questo infatti da molte proposizioni …, ma al contrario
per questo stesso motivo alcuni errori …»56.
Non essendoci pronomi relativi, passiamo a elencare i predicati. Anch’essi
sono quattro, tutti evidentemente verbali (non compare mai infatti il verbo
essere): «parit», «tollit», «non procēdit»,
«assignantur». Unendo i quattro connettori ai
quattro predicati otteniamo le quattro proposizioni che formano il nostro
periodo: «enim … parit», «et … tollit», «unde … non procēdit», «sed …
assignantur». È questa l’ossatura, l’architettura della frase.
Resta ancora da esplicitare la natura di ciascuna proposizione e il
rapporto che lega l’una alle altre. Per fare ciò, basterà utilizzare le
informazioni già raccolte nella metà superiore
56 Traduciamo «per questo infatti … per questo stesso motivo», anziché solo «infatti … infatti», per
rendere più chiaro il senso della ripetizione dell’avverbio unde con valore esplicativo.
sed: congiunzione coordinativa avversativa
le quattro proposizioni …
… e la loro
architettura sintattica
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
112
della griglia. «Sed» è coordinato a «unde», e «unde» è l’esplicitazione di quanto
affermato nelle due proposizioni precedenti, collegate tra di loro dall’«et»:
dunque «enim … parit» e «et … tollit» sono le due reggenti; entrambe però sono
introdotte da una congiunzione: «enim … parit» sarà pertanto coordinata al
precedente periodo in forma esplicativa, mentre «et … tollit» è coordinata alla
precedente reggente in forma copulativa. Quanto poi a «unde … non procēdit»,
essa è una complementare indiretta d’origine con valore esplicativo, di primo grado,
in quanto immediatamente subordinata alle reggenti; «sed … assignāntur»
invece è un’altra complementare indiretta d’origine con valore esplicativo
coordinata alla precedente complementare in forma avversativa, quindi anch’essa di
primo grado. Nella scheda compilata riportata nella pagina seguente, si trova
pure il diagramma di flusso, comprendente anche il primo periodo: come già
detto, infatti, Tommaso collega così bene i periodi tra di loro per mezzo di
appropriate congiunzioni, che da un punto di vista sintattico l’intero testo
può alla fine essere considerato come un unico periodo!
Nella prossima Lezione procederemo all’analisi delle proposizioni e
delle parole del periodo appena esaminato.
Sesta Lezione
113
Roma 2013
Per verificare il mio apprendimento: Saper compilare la scheda di analisi del periodo di
«Multiplicĭtas enim …» Declina i seguenti sostantivi di terza declinazione:
«multiplicĭtas, ātis», «confusĭo, ōnis», «caput, ĭtis» Declina i seguenti aggettivi di seconda classe:
«litterālis, e», «multĭplex, ĭcis», «plus, ris» Declina il comparativo di maggioranza «litteralĭor,
ĭus» Coniuga il presente congiuntivo del verbo «sum» Coniuga il presente congiuntivo attivo dei seguenti
verbi: «narro, as», «haběo, es», «tollo, is», «invěnĭo, is»
Coniuga il presente congiuntivo passivo dei seguenti verbi: «assīgnor, āris», «viděor, ēris», «trador, ěris», «invenĭor, īris»
Quando un aggettivo di seconda classe è detto a 3
uscite? Quando a 2 uscite? Quando a 1 uscita? Perché nei dizionari, relativamente agli aggettivi di
seconda classe a 1 uscita, viene indicato anche il genitivo singolare?
Quali sono i tre gradi di un aggettivo? Qual è la formazione di un comparativo di maggioranza in latino? Cosa si intende per formazione irregolare dei comparativi di maggioranza?
Cosa sono gli aggettivi indefiniti? Perché si chiamano così?
Quali sono i tre possibili casi di uso del congiuntivo in una proposizione complementare in latino? Fare degli esempi.
Perché, nella scheda di analisi del periodo, gli avverbi sono collocati nella colonna dei pronomi relativi?
Quale il legame tra valore causale, d’origine e esplicativo di una congiunzione?
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
114
ANALISI DEL PERIODO: «Multiplicĭtas enim sensŭum in una scriptūra parit confusiōnem et deceptiōnem, et tollit firmitātem arguendi:
unde ex multiplicĭbus propositionĭbus non procēdit argumentatĭo, sed secundum hoc alĭquae fallacĭae assignantur»
Elencare le congiunzioni
specificandone il tipo
Elencare pronomi relativi
(e avverbi) specificando il
termine al quale si
riferiscono
Elencare i predicati
(verbali o nominali)
Elencare le proposizioni, indicando per ciascuna la
congiunzione, il pronome relativo o l’avverbio da cui è
introdotta e il predicato verbale o nominale che la
caratterizza
1 Enim = congiunzione
coordinativa esplicativa
Unde = avverbio d’origine
con valore esplicativo
Parit = predicato verbale Enim ... parit
2 Et = congiunzione coordinativa
copulativa
Tollit = predicato
verbale
Et ... tollit
3 Sed = congiunzione
coordinativa avversativa
Non procēdit = predicato
verbale
Unde ... non procēdit
4 Assignantur = predicato
verbale
Sed ... assignantur
Elencare in ordine degradante le proposizioni
reggenti, complementari e attributive, indicando per
ciascuna il grado e il tipo
Disegnare il diagramma di flusso dell’intero periodo
1 Enim ... parit = proposizione reggente enunciativa
coordinata al precedente periodo in forma esplicativa
vidētur quod …
2 Et ... tollit = proposizione reggente enunciativa
coordinata alla proposizione reggente precedente in
forma copulativa
↓
enim ... parit ↔ et ... tollit
3 Unde ... non procēdit = proposizione complementare
indiretta d’origine con valore esplicativo di I grado
↓
4 Sed ... assignantur = proposizione complementare
indiretta d’origine con valore esplicativo di I grado
coordinata alla precedente proposizione complementare
in forma avversativa
unde ... non procēdit <> sed ... assignantur
115
Roma
2013
Settima Lezione
Ecco le desinenze della quarta declinazione:
sensus, us Singolare Plurale
Nominativo sensus sensus
Genitivo sensus sensŭum
Dativo sensui sensĭbus
Accusativo sensum sensus
Vocativo sensus sensus
Ablativo sensu sensĭbus
In questa Lezione impareremo: la quarta declinazione e la declinazione dei nomi
d’origine straniera il perfetto indicativo attivo delle quattro coniugazioni e
del verbo sum
la declinazione di alĭqui, alĭqua, alĭquod e di alĭquis,
alĭquid la flessione dei verbi in ĭo della terza coniugazione la flessione e l’uso del gerundio a definire cosa siano i nomi verbali a distinguere tra perfetto storico e perfetto logico, e
tra perfetto debole e perfetto forte a identificare i pronomi indefiniti a ricavare il nominativo singolare dei nomi in dentale,
in nasale e in gutturale di terza declinazione
a riconoscere i complementi di modo, di limitazione e d’origine
a compilare le schede di analisi della proposizione e della parola di «Multiplicĭtas enim …»
a apprezzare alcuni rilievi etimologici
quarta declinazione
Studio Critico della Lingua Latina
116
Roma 2013
Come si vede, l’uscita us è comune a ben sei casi su dodici. Per il resto,
ritroviamo l’accusativo singolare in um, come nella seconda declinazione, e
il dativo e ablativo plurale in ĭbus, come nella terza declinazione (a volte
però si trova anche la desinenza ŭbus). Come si ricorderà, nel primo periodo
abbiamo incontrato «sensus»: lì si trattava di un accusativo plurale. I
sostantivi neutri di quarta declinazione, rari, hanno la desinenza ŭa nei casi
retti del plurale, mentre al singolare hanno il genitivo in us e tutti gli altri casi
in u. Abbiamo pertanto:
genu, us (ginocchio) Singolare Plurale
Nominativo genu genŭa
Genitivo genus genŭum
Dativo genu genĭbus
Accusativo genu genŭa
Vocativo genu genŭa
Ablativo genu genĭbus
Potrebbe sembrare un sostantivo di quarta declinazione il nome Iēsus;
in realtà è un nome straniero57, che in quanto tale ha una declinazione sua
propria:
57 I nomi stranieri non greci spesso sono indeclinabili: è il caso dei biblici Abraham o Bethleem. Più
raramente si declinano regolarmente: per esempio Maria, ae o Iohannes, is. I nomi di origine greca
infine, in alcuni casi, conservano le desinenze della lingua greca (ad esempio, Aenēas all’accusativo
fa Aenēam, ma anche Aenēan, alla greca).
neutri di quarta declinazione
Settima Lezione
117
Roma
2013
Iēsus, u
Nominativo Iēsus
Genitivo Iēsu
Dativo Iēsu
Accusativo Iēsum
Vocativo Iēsu
Ablativo Iēsu
Nella scorsa Lezione, abbiamo presentato il congiuntivo presente, voce
verbale derivata dal tema del presente. Come forse si ricorderà, dopo il
presente indicativo, il paradigma di un verbo presenta il perfetto: veniamo
dunque a studiare il perfetto indicativo attivo. Esso deve il proprio nome al
fatto che in origine era utilizzato per indicare un’azione compiuta (in latino,
perfecta), di contro all’imperfetto, che indicava un’azione incompiuta nel
passato, e al presente, che indicava un’azione incompiuta nel presente. A
questo aspetto, si è aggiunto poi il valore temporale, di
passato. Ecco allora che il perfetto in italiano si può
tradurre con il passato remoto o con il trapassato
remoto (per esempio, «studiai» o «ebbi studiato»): è il cosiddetto perfetto
storico, che denota semplicemente un’azione compiuta nel passato; oppure
con il passato prossimo («ho studiato»): è il cosiddetto perfetto logico, che
esprime un fatto accaduto, compiuto nel passato, i cui effetti perdurano nel
declinazione di
Iēsus, u
perfetto storico e perfetto logico
Studio Critico della Lingua Latina
118
Roma 2013
presente58. Il perfetto, oltre ad avere un tema proprio, possiede anche
desinenze proprie. Esse sono le seguenti:
Desinenze del perfetto
indicativo attivo
1a singolare -i
2a singolare -isti
3a singolare -it
1a plurale -ĭmus
2a plurale -istis
3a plurale -ērunt / -ēre
Conseguentemente, ecco la flessione
del perfetto indicativo attivo delle quattro
coniugazioni:
Indicativo Perfetto Attivo
1a coniugazione
in -āre
2a coniugazione
in -ēre
3a coniugazione
in -ĕre
4a coniugazione
in -īre
1a singolare ded-i habŭ-i scrips-i invēn-i
2a singolare ded-isti habu-isti scrips-isti inven-isti
3a singolare ded-it habŭ-it scrips-it invēn-it
1a plurale ded-ĭmus habu-ĭmus scrips-ĭmus inven-ĭmus
2a plurale ded-istis habu-istis scrips-istis inven-istis
3a plurale ded-ērunt habu-ērunt scrips-ērunt inven-ērunt
58 In latino vi sono alcuni verbi che sono coniugati al perfetto, ma vanno tradotti al presente
proprio in virtù del loro essere perfetti logici: così ad esempio novi si traduce con «so» in quanto
significa «ho conosciuto»; o ancora, memĭni significa «ho richiamato alla memoria» e quindi
«ricordo».
desinenze del perfetto
perfetto indicativo attivo delle quattro coniugazioni
Settima Lezione
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Roma
2013
I quattro verbi proposti presentano le quattro possibili formazioni del tema
del perfetto:
1) tema con suffisso ŭ/v: habĕo
utilizza il suffisso ŭ (se si
fosse trovato in posizione
intervocalica sarebbe stato v: per esempio, laudāvi) e diventa habŭi;
è il cosiddetto perfetto debole, di contro alle altre tre seguenti forme
che sono dette perfetto forte
2) tema con raddoppiamento: do raddoppia la radice e diventa dedi
3) tema sigmatico59: scribo inserisce un s tra radice e desinenza e
diventa scripsi
4) tema con apofonia: invĕnĭo allunga la vocale radicale (è il
fenomeno chiamato apofonia) e diventa invēni (a volte
l’allungamento comporta una modificazione della stessa vocale:
così ad esempio ăgo diventa ēgi).
Infine, ecco il perfetto indicativo del verbo sum:
Indicativo perfetto del verbo sum
1a singolare fu-i
2a singolare fu-isti
3a singolare fu-it
1a plurale fu-ĭmus
2a plurale fu-istis
3a plurale fu-ērunt
59 In greco, «sigma» è il nome dato alla consonante s.
il perfetto debole e le tre forme di perfetto forte
perfetto indicativo del verbo sum
Studio Critico della Lingua Latina
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Roma 2013
A questo punto, possiamo riprendere il secondo periodo di san
Tommaso e procedere all’analisi delle proposizioni. Prima
proposizione:
«Multiplicĭtas sensŭum in una scriptūra enim parit confusiōnem et deceptiōnem».
«La molteplicità dei sensi in una sola Scrittura infatti genera confusione e sviamento».
Il predicato è evidentemente «parit» ed è verbale. Il soggetto è
«multiplicĭtas»; esso è completato dal complemento di specificazione
«sensŭum». Il predicato regge due complementi oggetti: «confusiōnem» e
«deceptiōnem». «In una scriptūra» infine è il complemento di stato in luogo,
formato dalla preposizione in + l’ablativo. Anche l’analisi della seconda
proposizione è semplice:
«et tollit firmitātem arguendi».
«e toglie la solidità dell’argomentare».
Il predicato verbale è «tollit»; «multiplicĭtas» è il soggetto sottinteso;
«firmitātem» è il complemento oggetto. Questa volta poi un complemento di
specificazione completa non il soggetto, bensì il complemento oggetto:
«arguendi». Prosegue san Tommaso:
« unde argumentātio non procēdit ex multiplicĭbus propositionĭbus».
«tant’è vero che l’argomentazione non procede da molteplici proposizioni».
analisi delle proposizioni
Settima Lezione
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Roma
2013
«Non procēdit» è il predicato verbale. «Argumentatĭo» è il soggetto. Il
complemento oggetto non c’è e non ci sarebbe potuto essere, in quanto il
predicato è un verbo di movimento e quindi intransitivo. C’è però un
complemento indiretto; per la precisione, un complemento d’origine, che indica
appunto da chi o da che cosa il termine di
riferimento tragga origine, principio; esso è
collegato al verbo di movimento ed è formato con la preposizione ex+
l’ablativo: «ex multiplicĭbus propositionĭbus». Ecco infine la quarta
proposizione:
« sed alĭquae fallacĭae assignantur secundum hoc »
«ma al contrario certi errori vengono designati in base a ciò».
Il predicato verbale è «assignantur» e il soggetto «alĭquae fallacĭae».
Anche in questo caso non c’è complemento oggetto e non sarebbe potuto
esserci, in quanto il verbo è passivo. Troviamo sempre un solo complemento
indiretto: si tratta di «secundum quod», formato dalla preposizione secundum +
l’accusativo. È un’espressione usata di frequente da Tommaso per delimitare,
definire ciò di cui sta parlando: si può interpretare pertanto come un
complemento di limitazione. Altrimenti,
intendendo l’espressione «secondo ciò» nel
senso di «in questo modo», si può anche interpretare più semplicemente
come un complemento di modo60.
60 Il complemento di modo indica appunto il modo, la maniera in cui è compiuta l’azione espressa dal
predicato.
complemento d’origine
complemento di limitazione e complemento di modo
Studio Critico della Lingua Latina
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Roma 2013
Veniamo ora all’analisi parola per parola. Cominciamo dai nomi.
Incontriamo nuovamente «una» e «scriptūra»: il primo è aggettivo numerale
cardinale di prima classe pronominale, il secondo
appartiene alla prima declinazione; entrambi sono
all’ablativo singolare femminile, retti dalla preposizione in, che introduce il
complemento di stato in luogo. Anche «fallacĭae» è sostantivo di prima
declinazione, qui al nominativo plurale.
«Alĭquae» è aggettivo indefinito: è la prima
volta che ne incontriamo uno. Segue la flessione propria dei pronomi, ossia
ha le desinenze uniche īus e i rispettivamente al genitivo e al dativo singolare.
Indefiniti sono detti tutti i pronomi che indicano una quantità o una qualità
non determinata: alcuni, altri, e così via. In latino ne esistono vari; noi ci
limitiamo a presentare quello che abbiamo incontrato:
Singolare Plurale
Maschile
Femminile
Neutro
Maschile
Femminile
Neutro
Nominativo
alĭqui
alĭqua
alĭquod
alĭqui
alĭquae
alĭqua
Genitivo
alicuius61
alicuius
alicuius
aliquōrum
aliquārum
aliquōrum
61 Quando la desinenza īus del genitivo singolare dei pronomi è preceduta dalla vocale u, si forma
il dittongo ui; l’accento allora cade sul primo elemento, ovvero sulla u: alicúius, húius, cúius. Se
invece la desinenza è preceduta da una consonante, l’accento tonico cade sulla i lunga di īus: illíus,
istíus, ipsíus.
analisi della parola
pronomi indefiniti
alĭqui, alĭqua, alĭquod
Settima Lezione
123
Roma
2013
Dativo alĭcui alĭcui alĭcui aliquĭbus aliquĭbus aliquĭbus
Accusativo
alĭquem
alĭquam
alĭquod
alĭquos
alĭquas
alĭqua
Ablativo
alĭquo
alĭqua
alĭquo
aliquĭbus
aliquĭbus
aliquĭbus
Si notino le tipiche desinenze pronominali del genitivo e dativo singolare,
rispettivamente in ĭus e i. Per il resto, troviamo alcune uscite proprie degli
aggettivi di prima classe (nominativo maschile plurale, in i, e nominativo
femminile singolare e plurale, in a ed ae; genitivo plurale, in ōrum e ārum,
ablativo singolare, in o e a, accusativo femminile, in am e as) e di seconda
classe (accusativo maschile singolare, in em, dativo e ablativo plurale, in ĭbus).
Nella flessione di tutti i pronomi manca il vocativo, perché di fatto non è mai
usato. Alĭqui è utilizzato con valore di aggettivo; il pronome equivalente è a
due sole uscite, perché manca del femminile:
Singolare Plurale
Maschile
Neutro
Maschile
Neutro
Nominativo
alĭquis
alĭquid
alĭqui
alĭqua
Genitivo
alicuius
alicuius rei
aliquōrum
aliquārum rerum
alĭquis, alĭquid
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Roma 2013
Dativo alĭcui alĭcui rei aliquĭbus aliquĭbus rebus
Accusativo
alĭquem
alĭquid
alĭquos
alĭqua
Ablativo
alĭquo
alĭqua re
aliquĭbus
aliquĭbus rebus
Come si vede, per rendere il genere neutro nei tre casi obliqui, si ricorre al
sostantivo res, rei, di quinta declinazione, che significa «cosa» (del resto,
proprio ricorrendo a questo sostantivo si traduce
per lo più in italiano il pronome di genere neutro):
questa regola vale per l’uso di tutti i pronomi! Per
il resto, la flessione è come quella dell’aggettivo alĭqui, con l’unica differenza
al nominativo singolare.
«Alĭquae» dunque è nominativo femminile plurale, concordato con
«fallacĭae». Oltre al già noto sostantivo di quarta declinazione «sensŭum», al
genitivo plurale, troviamo poi un certo numero di nomi di terza declinazione,
che ci consentono di imparare a riconoscere tre tipi di nominativo singolare.
Cominciamo da «multiplicĭtas»: è un nominativo singolare. Al genitivo
fa multiplicitātis: se si toglie la desinenza is, rimane il tema multiplicĭtat. È un
tema che termina in t, consonante che
insieme alla d viene chiamata dentale,
perché per produrla si fa battere la punta
della lingua sui denti. Ora, tutti i sostantivi di terza declinazione che
terminano in dentale al nominativo singolare perdono la dentale ed escono
casi obliqui neutri dei pronomi
nomi di terza declinazione in dentale
Settima Lezione
125
Roma
2013
con la sola desinenza s: ecco allora che multiplicĭtats diventa multiplicĭtas. Allo
stesso modo, abbiamo «firmitātem», accusativo singolare da firmĭtas, ātis.
«Confusiōnem» e «deceptiōnem» sono altri due accusativi singolari. Se
togliamo la desinenza em, rimane il tema confusĭon e deceptĭon: si tratta di due
temi in n, consonante che insieme alla m viene detta nasale, perché per
produrla si fa passare l’aria attraverso il
naso. Ora, tutti i sostantivi in nasale della
terza declinazione al nominativo singolare perdono la nasale e sono a
desinenza zero: così abbiamo deceptĭo e confusĭo. Analogamente,
«propositionĭbus» è ablativo plurale da propositĭo, ōnis, mentre «argumentatĭo» è
nominativo singolare da argumentatĭo, ōnis.
«Multiplicĭbus» è un aggettivo indefinito di seconda classe, concordato
con «propositionĭbus». Se togliamo la
desinenza ĭbus, rimane il tema multĭplic. La
c, come pure la g, sono consonanti gutturali,
in quanto per produrle si utilizza la gola (in latino, guttur, ŭris): tutti i nomi di
terza declinazione in gutturale al nominativo singolare escono in x, che è
frutto dell’incontro della gutturale con la desinenza s. Pertanto abbiamo
l’aggettivo a una sola uscita multĭplex, ĭcis62, come anche ad esempio il
sostantivo rex, regis.
Resta ancora solo un nome da analizzare: «arguendi». Si
tratta di un genitivo singolare di seconda declinazione.
«Arguendi» però non è un semplice sostantivo, bensì un verbo nominale o nome
verbale che dir si voglia, ovvero un verbo con valore di sostantivo. Alcune
62
Come si vede, in questo caso il cambiamento del tema comporta anche un fenomeno di apofonia, ovvero di
cambiamento della vocale. Un fenomeno analogo abbiamo già visto accadere nella formazione di alcuni perfetti.
nomi di terza declinazione
in nasale
nomi di terza declinazione in gutturale
nomi verbali
Studio Critico della Lingua Latina
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Roma 2013
forme verbali infatti svolgono la funzione di nomi: tra queste quella del
gerundio.
Il gerundio è facilmente riconoscibile dal suffisso nd: come «arguendi»
avremo pertanto assignandi, habendi, scribendi, inveniendi (com’è evidente, il
gerundio pertanto si forma dal tema del presente). Anche
l’infinito può svolgere la funzione di sostantivo: per esempio in
«studiare è bello», «studiare» svolge la funzione di soggetto e ha valore di
nome (tant’è che potrebbe essere sostituito dal sostantivo «studio»: «lo studio
è bello»). Ora, però, a differenza che in italiano, in latino l’infinito può avere
valore di sostantivo solo se soggetto o complemento oggetto; in tutti gli altri
casi si ricorre al gerundio. Si dice perciò che il gerundio è un sostantivo
verbale che completa la flessione dell’infinito: il gerundio latino dunque in
italiano va tradotto sempre con l’infinito. Avremo:
Gerundio del verbo argŭo
Genitivo arguendi
Dativo arguendo
Accusativo arguendum
Ablativo arguendo
Come si vede, il gerundio utilizza le desinenze di seconda declinazione.
L’accusativo è utilizzato solo se preceduto da una preposizione, solitamente la
preposizione ad con funzione di complemento di fine. Il gerundio inoltre ha
sempre diatesi attiva.
Il paradigma di argŭo è il seguente: argŭo, is, argŭi, arguitūrus, ĕre. Il
perfetto è in i senza alcun suffisso né apofonia: è tipico dei verbi in uo di terza
gerundio
Settima Lezione
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Roma
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coniugazione. L’uscita ūrus invece è propria
del participio futuro (un modo verbale che
per il momento a noi non interessa
studiare): infatti argŭo manca del supino; però, come molti verbi difettivi del
genere, delle voci derivate dal supino conserva comunque il participio futuro;
per questo motivo, in via eccezionale, nei paradigmi viene inserita questa
voce.
«Assignantur» è un verbo che conosciamo già: è un indicativo presente,
terza persona plurale, diatesi passiva. «Tollit» e
«procēdit» sono due verbi di terza coniugazione,
entrambi all’indicativo presente, terza persona singolare, il primo transitivo
attivo e il secondo intransitivo attivo. Il paradigma di «tollit» è: tollo, is,
sustŭli, sublātum , ĕre. Si tratta di un paradigma sicuramente difficile, derivato
nel perfetto e nel supino da antiche forme di raddoppiamento che hanno
causato differenti forme di variazioni vocaliche e consonantiche. Tuttavia
vale la pena memorizzarlo bene, perché è il verbo utilizzato dall’importante e
molto usato suppletivo fero, «portare», per il perfetto e il supino: fero, fers, tuli,
latum, ferre.
Il paradigma di «procēdit» invece è: procēdo, is, cessi, cessum, ĕre.
Composto di cedo, è uno dei tipici verbi di terza coniugazione
con il perfetto e supino in s. Infine troviamo «parit»: anch’esso
indicativo presente, terza persona singolare, transitivo attivo, appartiene ai
cosiddetti verbi in ĭo di terza coniugazione. In verità si tratta di un piccolo
participio futuro all’interno di un paradigma
il paradigma di tollo
verbi in ĭo
Studio Critico della Lingua Latina
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Roma 2013
gruppo di verbi63 appartenenti in origine alla quarta coniugazione, ma con
vocale tematica breve, cosicché nei tempi derivati dal presente essi hanno
trasformato la vocale tematica ĭ in e se essa si trova davanti a r o in finale di
parola: così l’infinito da parĭre diventa parĕre, come fosse un verbo di terza
coniugazione64. Il paradigma di «parit» è: parĭo, is, pepĕri, partum, paritūrus, ĕre.
Il perfetto è ottenuto con il raddoppiamento e la conseguente apofonia da par
in per; ma la particolarità è la presenza nel paradigma del participio futuro,
accanto al supino: ciò è dovuto al fatto che il
participio futuro si forma eccezionalmente da un
tema leggermente diverso rispetto a quello del supino (parit anziché part).
Resterebbe solo una parola ancora da analizzare: «hoc». Si tratta di un pronome
dimostrativo; la sua flessione però la presenteremo la prossima Lezione.
Per il momento, concludiamo piuttosto con alcune osservazioni
semantiche e etimologiche sulle parole appena analizzate. In effetti, l’etimologia è
una prassi molto utilizzata nella filosofia
contemporanea, da Heidegger in avanti; del
resto, già Platone ne aveva fatto largamente uso.
In generale, è mia convinzione che la prassi etimologica in filosofia risponda
all’esigenza di forzare la parola nel tentativo, per così dire, di andare aldilà
63 Oltre a «parĭo», degni di nota per la frequenza con cui sono usati o per il loro significato sono i
seguenti verbi in ĭo: «capĭo», «prendere», «cupĭo», «desiderare», «facĭo», «fare», «fugĭo», «fuggire»,
«iacĭo», «gettare», «morĭor», «morire», «patĭo», «soffrire», «rapĭo», «rapire». 64 Oltre all’infinito, di fatto i verbi in ĭo seguono il modello di flessione dei verbi di terza
coniugazione solo all’imperfetto congiuntivo, all’imperativo e in alcune voci del presente
indicativo (per la precisione, alla seconda e terza persona singolare e alla prima e seconda persona
plurale). In tutti gli altri tempi seguono invece la quarta coniugazione.
paradigma di parĭo
la prassi etimologica
Settima Lezione
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Roma
2013
della lettera attraverso la lettera stessa65. Proprio per l’uso autorevole che ne è
stato fatto, dunque, al termine di ogni analisi della parola concederemo un
po’ di spazio ad alcuni rilievi etimologici.
«Multiplicĭtas», come anche «multiplicĭbus», deriva da multus + plicāre o
plectĕre, ossia dall’aggettivo «molto» in unione con il verbo «piegare» o
«intrecciare»: indica infatti la presenza di
molte pieghe, quindi di una pluralità e
complessità di piani; all’opposto di simplex, ĭcis, che al prefisso multus
sostituisce l’indoeuropeo sem, da cui il latino unus: la semplicità è appunto
l’unicità e quindi assenza di pieghe, di risvolti, di sottofondi.
«Confusiōnem» viene da cum + fundĕre, «versare insieme, mischiare»: è la
conseguenza dell’unire ciò che invece andrebbe tenuto distinto.
«Deceptiōnem» deriva da de + capĕre, «prendere e portare altrove» (il prefisso
de ha appunto il significato locativo di «via da»: esprime allontanamento e
separazione): quindi «sviare, ingannare». «Tollit» è un verbo importante per il
cristianesimo: nella Messa in
latino il sacerdote pronuncia le
parole «Ecce agnus Dei qui tollit
peccātum mundi». Significa propriamente «prendere su di sé un peso,
sollevandolo» e quindi, in senso derivato, «eliminare, allontanare,
cancellare»; come l’italiano «levare», che indica sia «l’alzare, il sollevare» sia
«il rimuovere», viene così ad avere due significati fondamentali: «prendere su
di sé un peso, sollevandolo sulle proprie spalle» e «togliere». In modo
65 A questo proposito, mi permetto di rimandare al mio Incanto e incantesimo del dire. Logica e/o
mistica nella filosofia del linguaggio di Platone (Cratilo e Sofista) e Gregorio di Nissa (Contro Eunomio),
Studia Anselmiana 143, Philosophica 6, Roma 2007, pp.500-501.
semplicità e molteplicità
Ecce agnus Dei qui tollit peccātum mundi (Gv 1,29)
Studio Critico della Lingua Latina
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Roma 2013
legittimo pertanto alcuni sacerdoti nella Messa in italiano traducono il
versetto tratto dal Vangelo di Giovanni con un doppio predicato verbale:
«Ecco l’agnello di Dio che prende su di sé e toglie il peccato del mondo». In
effetti, in questa equivocità semantica di tollĕre risiede niente meno che la
dinamica, ovvero la forza e il movimento, del mistero della croce.
«Firmitātem» viene dal’aggettivo firmus, a, um, che indica la stabilità, la
solidità. «Arguendi» e «argumentatĭo» condividono la
medesima radice, che ha in sé il significato dello
«splendore, chiarore» (come l’aggettivo greco argós, «splendente»): indicano
perciò il procedimento, l’argomentazione appunto, con la quale «si pone in
chiara luce, si chiarisce». Abbiamo già detto che «procēdit» è un composto di
pro («avanti») + cedĕre («andare, muoversi»), in modo analogo all’italiano
«incedere». «Propositionĭbus» viene da pro («avanti») + ponĕre («porre»): è il
«porre innanzi, il manifestare», attraverso un enunciato, la proposizione
appunto. Infine «assignantur» è composto da ad + signāre: «mettere un segno
su qualcosa, a qualcuno», quindi «rendere riconoscibile, attribuire, assegnare,
designare».
La prossima Lezione potremo procedere all’analisi del terzo periodo del
primo capoverso di san Tommaso.
l’argomentazione
Settima Lezione
131
Roma
2013
Per verificare il mio apprendimento: Saper compilare le schede di analisi della
proposizione e della parola di «Multiplicĭtas enim …» Declinare i seguenti sostantivi di quarta
declinazione: «sensus, us»; «genu, us»
Declinare «Iēsus, u» Declinare l’aggettivo indefinito «alĭqui, alĭqua,
alĭquod» e il pronome indefinito «alĭquis, alĭquid» Coniugare il perfetto indicativo attivo dei seguenti
verbi: «do, āre», «haběo, ēre», «scribo, ěre», «invenĭo, īre»
Coniugare il perfetto indicativo del verbo «sum» Imparare a memoria le desinenze verbali del
perfetto In che senso il tempo verbale del perfetto può
essere interpretato sia come perfetto storico sia come perfetto logico?
Quali sono le quattro possibili formazioni del tema del perfetto?
Che cosa si intende per “nomi verbali”? Come si traduce il gerundio latino in italiano? Che cosa sono i verbi in –ĭo? Come si ricava il nominativo singolare dei sostantivi
di terza declinazione in dentale? Come quello dei
nomi in nasale? E quello dei sostantivi in gutturale? Che cos’è il complemento d’origine? Che cosa sono il complemento di limitazione e il
complemento di modo? Qual è l’etimologia di «multiplex, ĭcis», e di
«simplex, ĭcis»? Qual è il significato del verbo «tollo, ěre»? Qual è l’etimologia di «argomentatĭo, ōnis»?
Studio Critico della Lingua Latina
132
Roma 2013
ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Multiplicĭtas enim sensŭum in una scriptūra parit confusiōnem et deceptiōnem, et
tollit firmitātem arguendi»
Predicato
(verbale o nominale)
Soggetto Complementi diretti
(oggetto o predicativo)
Connettori
Parit = predicato verbale
Multiplicĭtas
Confusiōnem et
deceptiōnem =
complemento oggetto
Enim = coordinativo
esplicativo
Tollit = predicato verbale
Multiplicĭtas
(sottinteso)
Firmitātem = complemento
oggetto
Et = coordinativo
copulativo
Complementi indiretti Complementi indiretti
Sensŭum = complemento di specificazione del
soggetto
Arguendi = complemento di specificazione del
complemento oggetto
In una scriptūra = complemento di stato in luogo
(con attributo)
Settima Lezione
133
Roma 2013
ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «unde ex multiplicĭbus propositionĭbus non procēdit argumentātio, sed secundum hoc alĭquae fallacĭae assignantur»
Predicato
(verbale o nominale)
Soggetto Complementi diretti
(oggetto o predicativo)
Connettori
Non procēdit = predicato
verbale
Argumentatĭo
Unde = subordinativo
d’origine con valore
esplicativo
Assignantur = predicato
verbale
Alĭquae fallacĭae (con
attributo)
Sed = coordinativo
avversativo
Complementi indiretti
Complementi indiretti
Ex multiplicĭbus propositionĭbus = complemento
d’origine (con attributo)
Secundum hoc = complemento di limitazione o di modo
Studio Critico della Lingua Latina
134
Roma 2013
ANALISI DELLA PAROLA: «Multiplicĭtas enim sensŭum in una scriptūra parit confusiōnem et deceptiōnem, et tollit firmitātem arguendi: unde ex multiplicĭbus propositionĭbus non procēdit argumentātio, sed secundum hoc alĭquae fallacĭae assignantur»
Parola
Parte del discorso
(sostantivo, verbo,
aggettivo, pronome,
avverbio, congiunzione,
preposizione, esclamazione)
Paradigma e diatesi (verbi)
Declinazione (sostantivi)
Classe (aggettivi)
Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)
Complemento (preposizioni)
Modo
(verbi)
Caso
(sostantivi, aggettivi e pronomi)
Concordanza
(aggettivi, pronomi)
Tempo
(verbi)
Genere
(sostantivi, aggettivi e
pronomi)
Persona
(verbi)
Numero
(verbi , sostantivi,
aggettivi e pronomi)
Multiplicĭtas sostantivo multiplicĭtas, ātis, III
declinazione, in dentale
nominativo femminile singolare
Enim congiunzione coordinativa esplicativa
Sensŭum sostantivo sensus, us, IV declinazione genitivo maschile plurale
In preposizione in + ablativo = complemento di
stato in luogo
Una aggettivo numerale
cardinale
unus, a, um, , I classe,
pronominale
ablativo, concordato con «scriptūra» femminile singolare
Scriptūra sostantivo scriptūra, ae, I declinazione ablativo femminile singolare
Parit verbo predicativo parĭo, is, pepĕri, partum parĕre,
III coniugazione in ĭo, transitivo
attivo
indicativo presente III singolare
Confusiōnem sostantivo confusĭo, ōnis, III declinazione,
in nasale
accusativo femminile singolare
Et congiunzione coordinativa copulativa
Settima Lezione
135
Roma 2013 Deceptiōnem sostantivo deceptĭo, ōnis, III declinazione,
in nasale
accusativo femminile singolare
Et congiunzione coordinativa copulativa
Tollit verbo predicativo tollo, is, sustŭli, sublātum, tollĕre,
III coniugazione, transitivo attivo
indicativo presente III singolare
Arguendi verbo sostantivato argŭo, is, argŭi, arguitūrus,
arguĕre, difettivo, transitivo
attivo, III coniugazione, II
declinazione
gerundio, genitivo maschile singolare
Firmitātem sostantivo firmĭtas, ātis, III declinazione, in
dentale
accusativo femminile singolare
Unde avverbio d’origine, con valore esplicativo
Ex preposizione ex + ablativo = complemento
d’origine
Multiplicĭbus aggettivo indefinito multĭplex, plĭcis, II classe, a 1
uscita, in gutturale
ablativo, concordato con
«propositionĭbus»
femminile plurale
Propositionĭbus sostantivo propositĭo, ōnis, III declinazione,
in nasale
ablativo femminile plurale
Non avverbio di negazione
Procēdit verbo predicativo procēdo, is, procēssi, procēssum ,
procedĕre, III coniugazione,
intransitivo attivo
indicativo presente III singolare
Argumentatĭo sostantivo argumentatĭo, ōnis, III
declinazione, in nasale
nominativo femminile singolare
Studio Critico della Lingua Latina
136
Roma 2013
Sed congiunzione coordinativa avversativa
Secundum preposizione secundum + accusativo =
complemento di limitazione o di
modo
Hoc pronome dimostrativo hic, haec, hoc accusativo neutro singolare
Alĭquae aggettivo indefinito alĭqui, alĭqua, alĭquod nominativo, concordato con
«fallacĭae»
femminile plurale
Fallacĭae sostantivo fallacĭa, ae, I declinazione nominativo femminile plurale
Assignantur verbo predicativo assīgno, as, āvi, ātum, āre, I
coniugazione, transitivo passivo
indicativo presente III plurale
Roma
2013
137
Ottava Lezione
Veniamo alla quinta e ultima declinazione:
res, rei («cosa») Singolare Plurale
Nominativo res res
Genitivo rĕi rērum
Dativo rĕi rēbus
Accusativo rem res
Vocativo res res
Ablativo re rēbus
Ormai note sono le uscite del genitivo plurale in rum, del dativo e
ablativo plurale in bus, dell’accusativo singolare in m e plurale in s,
dell’ablativo singolare in vocale semplice. Pochi sono i sostantivi
appartenenti alla quinta declinazione; i più noti sono sicuramente res, «cosa»,
e dies, «giorno». La e del genitivo e dativo singolare è lunga se preceduta da
In questa Lezione impareremo: la quinta declinazione i pronomi dimostrativi a riconoscere i verbi modali a tradurre il gerundivo
a identificare il complemento di fine e quello di separazione a definire le particelle enclitiche a compilare le tre schede, di analisi del periodo, della
proposizione e della parola, di «Sacra autem …»
a apprezzare alcuni rilievi etimologici
quinta declinazione
Studio Critico della Lingua Latina
138
Roma 2013
vocale (per esempio, diēi), è breve se preceduta da consonante (per esempio,
rĕi).
La scorsa Lezione una sola parola non avevamo analizzato: «hoc». Si
tratta di un pronome dimostrativo. Molti pronomi possono essere anche
aggettivi, a seconda che nella
proposizione vengano o no accompagnati
dal sostantivo al quale si riferiscono: così, ad esempio, in «secondo questo
errore» «questo» è aggettivo, mentre in «secondo questo» è pronome. Tutti i
pronomi qualificativi e numerali, e alcuni indefiniti, in latino seguono la
flessione di prima o seconda classe. Invece i pronomi dimostrativi e
determinativi, relativi, interrogativi e alcuni indefiniti seguono una flessione
propria, che utilizza alcune desinenze delle prime tre declinazioni e, al
genitivo e dativo singolare, le uscite proprie di questo gruppo di pronomi,
dette appunto pronominali66: rispettivamente īus e i. Sono pertanto flessioni da
imparare a riconoscere per ciascuno di essi.
Si dicono dimostrativi i pronomi che servono a indicare qualcosa di
vicino o lontano. In latino sono tre; ecco la loro declinazione:
66 Come si ricorderà, abbiamo parlato di queste due uscite presentando un piccolo gruppo di
aggettivi di prima classe che le utilizza e che per questo sono detti pronominali; tra questi, il nostro
numerale cardinale unus, a, um. Ma anche gli altri aggettivi appartenenti a questo gruppo,
indefiniti e interrogativi, sono di uso relativamente frequente: totus, a, um, «tutto», alĭus, a, um, «un
altro (fra molti)», alter, ĕra, ĕrum, «l’altro (fra due)», solus, a, um, «solo», nullus, a, um, «nessuno»,
ullus, a, um, «alcuno», uter, utra, utrum, «quale (dei due)?».
flessione dei pronomi
Ottava Lezione
139
Roma
2013
Pronomi Dimostrativi
Singolare Plurale
Maschile Femminile Neutro Maschile Femminile Neutro
Nominativo hic haec hoc hi hae haec
Genitivo huius huius huius67 horum harum horum
Dativo huic huic huic his his his
Accusativo hunc hanc hoc hos has haec
Ablativo hoc hac hoc his his his
Nominativo iste ista istud isti istae ista
Genitivo istīus istīus istīus istōrum istārum istōrum
Dativo isti isti isti istis istis istis
Accusativo istum istam istud istos istas ista
Ablativo isto ista isto istis istis istis
Nominativo ille illa illud illi illae illa
Genitivo illīus illīus illīus illōrum illārum illōrum
Dativo illi illi illi illis illis illis
Accusativo illum illam illud illos illas illa
Ablativo illo illa illo illis illis illis
67 Si ricordi la regola in base alla quale tutti i pronomi, nella misura in cui siano usati come
pronomi e non come aggettivi, nei casi obliqui del neutro vogliono essere accompagnati dal
sostantivo res, rei: avremo perciò, ad esempio, huius rei, «di questa cosa, di ciò». Si ricordi inoltre
che il genitivo huius va pronunciato con l’accento tonico sul primo elemento del dittongo ui: húius;
invece in illīus e istīus l’accento cade sulla i lunga della desinaneza īus: illíus e istíus.
pronomi dimostrativi
Studio Critico della Lingua Latina
140
Roma 2013
Possiamo ora cominciare l’analisi del nuovo periodo di san Tommaso:
«Autem68 Sacra Scriptūra debet esse effĭcax ad ostendendam veritātem
« Ma la Sacra Scrittura deve essere efficace a mostrare la verità
absque omni fallacĭa».
lontano da ogni errore».
Il testo originale è appena differente; cambia solo la posizione della
congiunzione iniziale:
«Sacra autem Scriptūra debet esse effĭcax ad ostendendam veritātem absque omni fallacĭa».
L’analisi del periodo è presto fatta: è una sola proposizione, che
pertanto è reggente enunciativa. È introdotta però
dalla congiunzione autem: come sed, è una
coordinativa avversativa; quindi la proposizione è
coordinata al periodo precedente in forma avversativa. In effetti, Tommaso aveva
appena scritto che la pluralità di sensi comporterebbe l’impossibilità per la
lettera della Scrittura di essere argomentazione valida a favore della verità:
ma la Bibbia è per definizione strumento di manifestazione della verità, dunque
(congiunzione coordinativa conclusiva che introdurrà il periodo seguente)
non è possibile che la lettera della Scrittura abbia più di un significato. Come
68 In «autem» non indichiamo nessuna quantità perché è bisillabo, in quanto au è dittongo, vale cioè
come un’unica sillaba, cosicché l’accento cade necessariamente sulla penultima (e nei dittonghi,
l’accento cade sempre sul primo elemento: nel nostro caso, sulla a).
analisi del periodo
Ottava Lezione
141
Roma
2013
si vede, sono le congiunzioni il filo rosso lungo il quale si dipana
l’argomentazione, il tessuto stesso che la regge.
Veniamo all’analisi della proposizione. Essa presenta subito una
difficoltà, relativa al predicato. Abbiamo infatti due verbi: «debet» e «esse».
Relativamente al verbo essere, come sempre,
dobbiamo domandarci se esso svolga
funzione predicativa (con il significato di «esistere», «stare, esserci»,
«appartenere»), ausiliaria (accompagnato da un participio passato per la
formazione di un tempo composto) o copulativa (se è seguito da un nome e
risponde alla domanda «chi è?», «che cosa è?», «come è?»). Qui «esse» è
seguito dall’aggettivo «effĭcax», insieme al quale spiega come deve essere la
Sacra Scrittura. Si tratta senza dubbio quindi di un predicato nominale.
Ora, però, come mai c’è anche il verbo «debet»? Si può subito notare che
la frase continuerebbe ad avere senso pure se togliessimo quest’ultimo:
potremmo dire «la Scrittura è efficace a mostrare …»69. Il fatto è che «debet» è
un cosiddetto verbo modale: un verbo cioè che da solo non
svolge funzione predicativa, bensì si accompagna sempre a
un predicato per aggiungere una sfumatura di significato (un modo
appunto)70. Sono quindi verbi che non possono mai essere usati da soli71, ma
sempre si accompagnano a un predicato, di norma all’infinito, ma anche al
69 Per la precisione, nel nostro caso avrebbe senso anche dire «la Sacra Scrittura deve mostrare»; ma
ciò è dovuto al fatto che «essere efficace» è espressione che significa «potere»: e «potere» è un altro
verbo modale, come «dovere»! 70 Per questa attinenza con quel che effettivamente significano, preferiamo chiamare codesti verbi
modali, anziché, come pure si è soliti leggere nelle grammatiche italiane, servili o fraseologici. 71 Quando sono usati da soli, è solo perché il predicato all’infinito è sottinteso. Un docente può
certamente dire ai suoi allievi :«Cominciate!», ma essi sanno che egli li sta invitando a cominciare,
per esempio, a rispondere alle domande di una prova scritta.
analisi della proposizione
verbi modali
Studio Critico della Lingua Latina
142
Roma 2013
gerundio o al participio. Oltre a dovere, molti sono i verbi modali. Possiamo
raggrupparli in tre grandi categorie:
1) i verbi che indicano l’inizio, lo svolgimento, la fine, l’imminenza o la
ripetitività di una certa azione: cominciare, venire, cessare, solere, ecc.
2) i verbi che indicano la possibilità, la necessità, l’intenzione o la
capacità di svolgere una determinata azione: potere, dovere, volere,
sapere, ecc.
3) i verbi che indicano l’atteggiamento o le sensazioni del soggetto che
compie l’azione: sentirsi, sapersi, ecc.
Nel nostro caso, dunque, «debet esse effĭcax» è un unico predicato
nominale. Il soggetto è evidentemente «Sacra Scriptūra». Il complemento
oggetto non c’è e non sarebbe comunque potuto esserci, perché il predicato è
nominale. Vi sono però due complementi indiretti. Il primo è retto dal nome
del predicato «effĭcax»: «ad ostendendam
veritātem». Si tratta di un complemento di fine, reso
in latino dalla preposizione ad + l’accusativo72.
Incontriamo qui però una forma verbale sulla quale è necessario
soffermarsi: il gerundivo «ostendendam». La scorsa Lezione abbiamo
presentato il gerundio: una forma verbale con funzione di sostantivo.
Morfologicamente, il gerundivo è identico al
gerundio, formato cioè dal suffisso nd; non a
caso, ad esempio, in francese non esiste la distinzione terminologica tra
gerundio e gerundivo, ma si parla unicamente di gérondif. Ciò nondimeno, da
72 La medesima preposizione in latino traduce anche il complemento di moto a luogo: in effetti, il
complemento di fine indica lo scopo, il verso dove appunto, è cioè una sorta di complemento di
moto a luogo figurato.
complemento di fine
gerundio e gerundivo
Ottava Lezione
143
Roma
2013
un punto di vista sintattico e semantico la differenza c’è ed è importante. Se
infatti il gerundio è un verbo con valore di sostantivo, il gerundivo è un verbo
con funzione di aggettivo; non solo, ma il gerundio ha significato attivo,
mentre il gerundivo è passivo. In italiano il verbo con valore di sostantivo si
rende con l’infinito preceduto dall’articolo: come si ricorderà, «arguendi»
l’abbiamo tradotto «dell’argomentare». Il verbo con valore di aggettivo si
rende invece con la preposizione da + l’infinito: così «ostendendam» va tradotto
alla lettera con «da mostrarsi»73.
Il gerundivo, essendo un aggettivo, concorda in caso, numero e genere
con il sostantivo al quale si riferisce: «ad ostendendam veritatem» quindi alla
lettera è «per la verità da essere mostrata». In
italiano tuttavia non ci esprimeremmo così,
sostituendo piuttosto il complemento di fine con
una proposizione finale: l’aggettivo verbale diventa predicato verbale attivo e
il complemento di fine complemento oggetto, cosicché «per la verità da essere
mostrata» si trasforma in «per mostrare la verità». Si noti inoltre che
l’espressione «da essere mostrata» porta con sé l’idea di necessità: «per la
verità da essere mostrata» significa anche infatti «per la verità che deve essere
mostrata». In effetti, spesso in latino si ricorre al gerundivo per esprimere un
bisogno, una necessità: è la cosiddetta costruzione perifrastica passiva, che
presenteremo più avanti, quando la incontreremo in san Tommaso.
Anche «absque omni fallacĭa» è un’espressione che non può essere
tradotta alla lettera in italiano. Quando infatti traduciamo «lontano da ogni
errore», aggiungiamo un aggettivo, lontano, che in latino non c’è, cosicché in 73 Si ricordi che il gerundivo ha sempre valore passivo. Il si in italiano ha appunto valore
passivante: «da mostrarsi» significa «da essere mostrato».
traduzione italiana
del gerundivo latino
Studio Critico della Lingua Latina
144
Roma 2013
italiano abbiamo due predicati nominali, «deve essere efficace» e «deve essere
lontana», mentre in latino abbiamo un unico predicato nominale, «debet esse
effĭcax», seguito da un complemento di fine, «ad
ostendendam veritātem», e da un complemento di
separazione, «absque omni fallacĭa». Del resto,
capita spesso che in latino le preposizioni abbiano una pregnanza semantica
maggiore rispetto alle lingue moderne, dimodoché per tradurne una occorre
magari, come nel nostro caso, aggiungere un aggettivo di cui in latino non c’è
bisogno.
La preposizione «absque» ha poi un’altra particolarità. È formata
dall’unione della preposizione ab + la congiunzione coordinativa copulativa
enclitica que. Ab è preposizione che ha in sé l’idea
fondamentale di allontanamento; traduce quindi
innanzitutto il complemento di moto da luogo, di cui il
complemento di separazione è come una sottoclasse, figurata, che serve a
indicare la persona o cosa da cui ci si allontana o ci si differenzia. Que invece
è una congiunzione coordinativa copulativa enclitica, equivalente a et;
enclitica significa che è un vocabolo privo di
accento tonico e che per questo si unisce alla fine
della parola seguente, cosicché et ab diventa absque (la s si aggiunge solo per
motivi di eufonia, ossia di gradevolezza di suono, il medesimo motivo per cui
ad esempio la preposizione a diventa ab davanti a parola che inizi per vocale).
In origine, pertanto, absque significava «e da». Con il tempo però poi si è
cristallizzata in un’unica preposizione equivalente ad «ab», come appunto nel
nostro caso.
pregnanza semantica delle preposizioni latine
complemento di separazione
particelle enclitiche
Ottava Lezione
145
Roma
2013
Passiamo infine alla terza e ultima analisi: l’analisi della parola. «Sacra»
e «Scriptūra» sono termini che abbiamo già
analizzato nelle Lezioni scorse. «Autem» è stato già
detto essere congiunzione coordinativa avversativa. «Debet» è verbo modale,
da debĕo, es, debŭi, debĭtum, ēre, seconda coniugazione, indicativo presente,
terza persona singolare74. «Esse» è verbo copulativo, sum, es, fui, esse,
coniugazione propria, intransitivo, atematico, difettivo, suppletivo, infinito
presente. «Effĭcax» è aggettivo qualificativo, nominativo femminile singolare,
concordato con «Scriptūra», in gutturale della seconda classe a una sola uscita,
effĭcax, ācis. «Ad» abbiamo già detto essere una preposizione che regge
l’accusativo per la formazione del complemento di fine, così come «absque»
regge l’ablativo per la formazione del complemento di separazione.
«Veritātem» è sostantivo di terza declinazione in dentale, verĭtas, ātis,
accusativo femminile singolare. «Ostendendam» è verbo con funzione di
aggettivo; in quanto tale, la sua analisi è più complessa, perché va
considerato sia come verbo sia come aggettivo: da ostendo, is, tendi,
tentum/tensum75, ĕre, terza coniugazione, transitivo passivo, prima classe,
gerundivo, concordato con «veritātem», accusativo femminile singolare.
«Fallacĭa» è sostantivo di prima declinazione, fallacĭa, ae, ablativo femminile
74 Poiché essi si appoggiano a un altro verbo, predicativo o copulativo che sia, i modali di per sé
non sono né transitivi né intransitivi, né attivi né passivi. Normalmente utilizzano l’ausiliare del
verbo con cui concordano: «egli ha dovuto leggere un libro» (diatesi attiva), «un libro è stato dovuto
leggere da lui» (diatesi passiva); se tuttavia il verbo è intransitivo, in italiano l’ausiliare del modale
può essere sia essere che avere: «è dovuto andare all’università», ma anche «ha dovuto andare
all’università». 75 Alcuni verbi, come ostendo, presentano due forme possibili di supino; in genere, questo
fenomeno è dovuto al fatto che una delle due forme si è attestata in secoli più recenti (per esempio,
ostensum è forma più tarda rispetto a ostentum).
analisi della parola
Studio Critico della Lingua Latina
146
Roma 2013
singolare. Con esso concorda «omni», aggettivo indefinito di seconda classe a
due uscite, omnis, e.
Concludiamo con alcuni rilievi etimologici. «Effĭcax» deriva da ex +
facĕre, ovvero «fare a partire dall’inizio,
completamente76», quindi «essere capace di
compiere, di portare a termine»: tale è
appunto la definizione di efficace. «Ostendendam» è composto da obs + tendĕre,
«tendere verso, dinanzi», quindi «mostrare»; da questo verbo deriva
«ostensorio», l’oggetto sacro deputato appunto a mostrare l’Eucarestia.
«Fallacĭa» deriva dal verbo fallo, ĕre, il cui supino è falsum, come l’italiano
«falso». «Omni» è aggettivo di uso frequente in latino: corrisponde all’italiano
«ogni», che però è invariabile e si usa solo al singolare; il plurale latino omnes,
ĭa, viene normalmente tradotto con «tutti». Infine «debĕo»: deriva
da de + habĕo, «avere, avere ricevuto da» e quindi «essere in
debito verso». Teologicamente, debēre è pertanto il verbo modale che esprime
meglio di tutti la condizione creaturale, il cui essere è un essere ricevuto
appunto: con tale accezione etimologica è utilizzato ad esempio da
sant’Anselmo77; ed è interessante che l’imperativo categorico kantiano, nella
sua traduzione latina, sia espressione della dipendenza ontologica creaturale
propria dell’uomo.
Nella prossima Lezione potremo finalmente terminare la lettura del
primo capoverso di san Tommaso. 76 Il prefisso ex infatti ha valore sia locativo, d’origine, «da, a partire dall’inizio», sia intensivo,
«totalmente, completamente». 77 A questo proposito mi permetto di rimandare al mio Dialettica tra concezione rappresentativa,
concezione etica, fondamento ontologico e anteriorità mistica nel De veritate di Anselmo d’Aosta, in corso
di pubblicazione.
alcuni rilievi etimologici
debēre
Ottava Lezione
147
Roma
2013
Per verificare il mio apprendimento: Saper compilare le schede di analisi del periodo,
della proposizione e della parola di «Sacra autem …» Declinare i seguenti sostantivi di quinta declinazione:
«res, ei», «dies, ēi» Declinare i seguenti pronomi dimostrativi: «hic,
haec, hoc», «iste, ista, istud», «ille, illa, illud» Che differenza c’è tra pronomi e aggettivi? Dove cade l’accento tonico nei dittonghi? Cos’è una particella enclitica? Cosa e quali sono i verbi modali? Cos’è il gerundivo? In cosa si differenzia dal
gerundio? Come si traduce in italiano? Cos’è un complemento di fine? Cosa uno di
separazione? Come si traduce in italiano l’aggettivo indefinito
«omnis, e»? Qual è l’etimologia del verbo «debēre»?
Studio Critico della Lingua Latina
148
Roma 2013
ANALISI DEL PERIODO: «Sacra autem Scriptūra debet esse effĭcax ad ostendendam veritātem absque omni fallacĭa»
Elencare le congiunzioni
specificandone il tipo
Elencare pronomi
relativi (e avverbi)
specificando il
termine al quale si
riferiscono
Elencare i predicati
(verbali o nominali)
Elencare le proposizioni, indicando per ciascuna la
congiunzione, il pronome relativo o l’avverbio da cui è
introdotta e il predicato verbale o nominale che la caratterizza
1 Autem = congiunzione
coordinativa avversativa
Debet esse effĭcax =
predicato nominale
Autem ... debet esse effĭcax
2
Elencare in ordine degradante le proposizioni
reggenti, complementari e attributive, indicando per
ciascuna il grado e il tipo
Disegnare il diagramma di flusso dell’intero periodo
vidētur quod …
↓
enim … parit ↔ et … tollit
↓ <> autem … debet esse effĭcax
unde … non procēdit <> sed … assignantur
1 Autem ... debet esse effĭcax = proposizione reggente
enunciativa coordinata al periodo precedente in forma
avversativa
2
Ottava Lezione
149
Roma 2013
ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Sacra autem Scriptūra debet esse effĭcax ad ostendendam veritātem absque omni fallacĭa»
Predicato
(verbale o nominale)
Soggetto Complementi diretti
(oggetto o predicativo)
Connettori
Debet esse effĭcax =
predicato nominale
(con verbo modale)
Sacra Scriptūra (con
attributo)
Autem = coordinativo
avversativo
Complementi indiretti
Complementi indiretti
Ad ostendendam veritātem = complemento di fine (con
attributo)
Absque omni fallacĭa = complemento di separazione (con
attributo)
Studio Critico della Lingua Latina
150
Roma 2013
ANALISI DELLA PAROLA: «Sacra autem Scriptūra debet esse effĭcax ad ostendendam veritātem absque omni fallacĭa»
Parola
Parte del discorso
(sostantivo, verbo,
aggettivo, pronome,
avverbio, congiunzione,
preposizione,
esclamazione)
Paradigma e diatesi (verbi)
Declinazione (sostantivi)
Classe (aggettivi)
Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)
Complemento (preposizioni)
Modo
(verbi)
Caso
(sostantivi, aggettivi e pronomi)
Concordanza
(aggettivi, pronomi)
Tempo
(verbi)
Genere
(sostantivi, aggettivi
e pronomi)
Persona
(verbi)
Numero
(verbi , sostantivi,
aggettivi e pronomi)
Sacra aggettivo qualificativo sacer, sacra, sacrum, I classe nominativo, concordato con
«Scriptūra»
femminile singolare
Autem congiunzione coordinativa avversativa
Scriptūra sostantivo scriptūra, ae, I declinazione nominativo femminile singolare
Debet verbo modale debĕo, es, debŭi, debĭtum debēre,
II coniugazione, modale, attivo
indicativo presente III singolare
Esse verbo copulativo sum, es, fui, esse, difettivo,
atematico, suppletivo,
coniugazione propria
infinito presente
Effĭcax aggettivo qualificativo effĭcax, cācis, II classe a 1 uscita,
in gutturale
nominativo, concordato con
«Scriptūra»
femminile singolare
Ad preposizione ad + accusativo = complemento
di fine
Ostendendam aggettivo verbale ostendo, is, ostendi, ostentum
(ostensum), ĕre, III coniugazione,
transitivo passivo
gerundivo, accusativo concordato
con «veritātem»
femminile singolare
Veritātem sostantivo verĭtas, ātis, III declinazione in
dentale
accusativo femminile singolare
Ottava Lezione
151
Roma 2013 Absque preposizione absque + ablativo = complemento
di separazione
Omni aggettivo indefinito omnis, e, II classe a 2 uscite ablativo concordato con «fallacĭa» femminile singolare
Fallacĭa sostantivo fallacĭa, ae, I declinazione ablativo femminile singolare
Roma 2013
152
Nona Lezione
La scorsa Lezione, dopo aver ultimato l'esposizione delle cinque
declinazioni, abbiamo introdotto la flessione dei pronomi, cominciando da
quella dei dimostrativi. Procediamo su questa via presentando il pronome
più importante da un punto di vista sintattico: il relativo. Esso si declina nel
modo seguente:
Pronome Relativo
Singolare Plurale
Maschile Femminile Neutro Maschile Femminile Neutro
Nominativo qui quae quod qui quae quae
Genitivo cuius78 cuius cuius quorum quarum quorum
Dativo cui cui cui quibus quibus quibus
Accusativo quem quam quod quos quas quae
Ablativo quo qua quo quibus quibus quibus
78 Si ricordi che in cuius l’accento tonico cade sul primo elemento del dittongo ui: cúius.
In questa Lezione impareremo: l’infinito presente attivo e passivo delle quattro coniugazioni la flessione del pronome relativo la flessione e l’uso dei pronomi determinativi, possessivi e
personali
a compilare le tre schede, di analisi del periodo, della
proposizione e della parola, di «Ergo non debent …»
pronome relativo
Nona Lezione
153
Roma
2013
Oltre alle desinenze pronominali del genitivo e dativo singolare, in īus e
i, si riconoscono facilmente alcune terminazioni proprie delle prime tre
declinazioni: come nella prima declinazione, la a dell’ablativo femminile
singolare, la ae e la as del nominativo e accusativo femminile plurale, la ārum
del genitivo plurale; della seconda declinazione, la o dell’ablativo singolare, la
i del nominativo maschile plurale, la ōrum del genitivo plurale e la os
dell’accusativo maschile plurale; infine, il dativo e ablativo plurale della terza
declinazione, in ibus. In seguito avremo modo di soffermarci su alcune
importanti particolarità sintattiche del pronome relativo in latino.
Nelle ultime due Lezioni abbiamo avuto occasione di presentare il
gerundio e il gerundivo: due forme verbali con valore rispettivamente di
sostantivo e aggettivo, che corrispondono all’uso sostantivato e attributivo
dell'infinito in italiano (attivo il primo, passivo il secondo). Vediamo dunque
adesso l'infinito presente latino. Esso è un modo
implicito o indefinito: ciò significa che in questa forma
verbale non è possibile in base alla desinenza
distinguere tra prima, seconda e terza persona né tra singolare e plurale.
L'infinito in latino può essere usato sia con valore predicativo sia come
sostantivo nella sola funzione di soggetto (negli altri casi, come si ricorderà, si
ricorre infatti al gerundio). L'infinito presente attivo si forma unendo al tema
del presente le note desinenze delle quattro coniugazioni: āre, ēre, ĕre, īre.
L'infinito presente passivo è caratterizzato invece dalla vocale finale i: āri, ēri, i,
īri. Avremo pertanto:
infinito presente attivo e passivo
Studio Critico della Lingua Latina
154
Roma 2013
Infinito Presente
Attivo Passivo
Prima Coniugazione d-āre d-āri
Seconda Coniugazione deb-ēre deb-ēri
Terza Coniugazione trad-ĕre trad-i
Quarta Coniugazione inven-īre inven-īri
Veniamo infine all'analisi dell'ultimo periodo del primo capoverso di
san Tommaso:
«Ergo non debent in ea sub una littěra plures sensus tradi».
Ecco il testo con traduzione interlineare e disposizione delle parole
secondo la costruzione italiana:
« Ergo in ea sub una littěra non debent tradi plures sensus ».
«Dunque in essa sotto un’unica lettera non devono essere trasmessi più significati».
L'analisi del periodo è presto fatta: abbiamo infatti una sola proposizione,
la quale pertanto sarà la proposizione reggente enunciativa. Essa è introdotta
dalla congiunzione coordinativa conclusiva «ergo»:
sarà quindi coordinata al periodo precedente in
forma conclusiva. Nella scheda compilata, a fine Lezione, è trascritto in un
unico diagramma di flusso l'intero primo capoverso, così da rendere evidente
lo stretto legame che unisce ciascun periodo al precedente e al seguente.
analisi del periodo
Nona Lezione
155
Roma
2013
Per quanto riguarda l'analisi della proposizione, l’unico predicato verbale
è formato da due verbi, «debent» e «tradi», in quanto il
primo è un modale che aggiunge solo una sfumatura di
significato in più al vero predicativo che è «tradi». Al
soggetto «plures sensus» non si aggiunge né si sarebbe potuto aggiungere un
complemento oggetto, in quanto il predicato verbale è passivo. Abbiamo
invece due complementi indiretti: entrambi complementi di stato in luogo,
formati con le preposizioni in e sub + l'ablativo.
Anche l'analisi della parola non dovrebbe presentare difficoltà. Oltre ai
vocaboli che conosciamo già, «debent», «una», «littěra», «plures» e «sensus»,
incontriamo l’infinito presente passivo di terza coniugazione «tradi», da trado,
is, tradĭdi, tradĭtum, ěre. Troviamo però anche un nuovo pronome: il
determinativo «ea». Vengono chiamati
determinativi un gruppo di tre pronomi che
servono appunto a determinare il soggetto o l’oggetto di cui si sta parlando:
is, ea, id; idem, eădem, idem; ipse, ipsa, ipsum. Nella pagina seguente è riportata
la loro flessione.
analisi della proposizione
pronomi determinativi
Studio Critico della Lingua Latina
156
Roma 2013
Pronomi Determinativi
Singolare Plurale
Maschile Femminile Neutro Maschile Femminile Neutro
Nominativo is ea id ii (i, ei)79 eae ea
Genitivo eius80 eius eius eōrum eārum eōrum
Dativo ei ei ei iis (is, eis) iis (is, eis) iis (is, eis)
Accusativo eum eam id eos eas ea
Ablativo eo ea eo iis (is, eis) iis (is, eis) iis (is, eis)
Nominativo idem eădem idem iīdem
(idem,eidem)
eaedem eădem
Genitivo eiusdem eiusdem eiusdem eorundem earundem eorundem
Dativo eidem eidem eidem iisdem
(isdem,eisdem)
iisdem
(isdem,eisdem)
iisdem
(isdem,eisdem)
Accusativo eundem eandem idem eosdem easdem eădem
Ablativo eōdem eādem eōdem iisdem iisdem iisdem
Nominativo ipse ipsa ipsum ipsi ipsae ipsa
Genitivo ipsīus ipsīus ipsīus ipsōrum ipsārum ipsōrum
Dativo ipsi ipsi ipsi ipsis ipsis ipsis
Accusativo ipsum ipsam ipsum ipsos ipsas ipsa
Ablativo ipso ipsa ipso ipsis ipsis ipsis
79 Le forme messe tra parentesi sono varianti usate meno frequentemente. 80 Si ricordi che in eius l’accento tonico cade sul primo elemento del dittongo ei: éius; in ipsius invece
sulla i lunga della desinenza īus: ipíus; in eiusdem infine sulla penultima sillaba lunga us: eiúsdem.
Nona Lezione
157
Roma
2013
Anche in questo caso, oltre alle desinenze pronominali del genitivo e
dativo singolari, in īus e i, è facile riconoscere diverse
terminazioni appartenenti alle prime tre declinazioni, senza
necessità di esplicitarle nuovamente, dopo averlo fatto da poco
con il pronome relativo. Is, ea, id è utilizzato spesso come pronome personale di
terza singolare: così nel nostro periodo, «in ea» sta per «in essa». Come
aggettivo invece va tradotto in italiano con il pronome dimostrativo quello: «ii
sensus» si tradurrà con «quei sensi». È utilizzato infine al genitivo per
tradurre l'aggettivo possessivo di terza persona quando esso non è usato
riflessivamente, ovvero quando non si riferisce al soggetto della proposizione.
In italiano, l'aggettivo possessivo di terza persona è suo, sua81, dal latino suus,
a, um. Ora, però, l’aggettivo latino suus, a, um può essere usato solo se ha
valore riflessivo: si dirà «Sacra Scriptūra veritātem suam ostendit», se «suam» si
riferisce al soggetto «Scriptūra»; si dirà invece «Sacra Scriptūra veritātem eius
ostendit», alla lettera «la Sacra Scrittura mostra la verità di lui/lei», se «eius» si
riferisce a un termine diverso da «Scriptūra», per esempio a «Deus»; in
italiano, tuttavia, tradurremo sempre con «la Sacra Scrittura mostra la sua
verità».
Idem, eădem, idem è un composto di is, ea, id + il suffisso invariabile dem:
indica l’identità di due termini, per cui in italiano
viene tradotto con «il medesimo, lo stesso»; è il
contrario di alĭus, a, ud, «altro».
81 Si faccia attenzione: in italiano si distingue tra aggettivo possessivo di terza persona singolare
suo, sua, e plurale, loro; in latino invece suus, a, um vale sia per il singolare che per il plurale.
is, ea, id
idem, eădem, idem
Studio Critico della Lingua Latina
158
Roma 2013
Ipse, a, um serve invece per dare maggiore rilievo al soggetto o oggetto
al quale si riferisce; in italiano si traduce pertanto con
i rafforzativi «stesso82, proprio»: res ipsas sono «le cose
stesse»; il pronome ipse sta invece per il pronome personale «proprio egli».
Nei precedenti capoversi abbiamo fatto riferimento a altri due tipi di
pronomi: il possessivo e il personale. Si dicono possessivi i pronomi che
indicano a chi appartenga qualcosa. I
pronomi di prima e seconda persona in
latino sono molto simili ai corrispettivi italiani e si declinano come un
qualunque aggettivo di prima classe, senza cioè l’ausilio delle desinenze
pronominali: meus, a, um, tuus, a, um al singolare, noster, stra, strum, vester,
stra, strum, al plurale. Come abbiamo già visto, invece, il pronome possessivo
di terza persona è suus, a, um, sia al singolare sia al plurale, se riflessivo,
altrimenti si ricorre al genitivo singolare eius, e plurale eōrum, eārum, eōrum.
Si dice invece personale il pronome che indica la persona di cui si sta
parlando e può essere alla prima, seconda o terza singolare o plurale. Ecco la
loro flessione:
82 Si noti che in italiano stesso può essere usato sia come rafforzativo, per tradurre ipse, sia, se
preceduto dall’articolo determinativo, come sinonimo de il medesimo, per tradurre quindi idem.
pronomi possessivi
ipse, a, um
Nona Lezione
159
Roma
2013
Pronomi83 Personali
Singolare Plurale
1a persona
(«io»)
2a persona
(«tu»)
3a persona
(«egli»)
1a persona
(«noi»)
2a persona
(«voi»)
3a persona
(«essi»)
Nominativo ego tu _ nos vos _
Genitivo mei tui sui nostri/nostrum84 vestri/vestrum sui
Dativo mihi tibi sibi nobis vobis sibi
Accusativo me te se nos vos se
Ablativo me te se nobis vobis se
Come già detto, per il pronome personale di terza persona singolare e
plurale le forme indicate valgono solo quando il pronome abbia valore
riflessivo, altrimenti si ricorre al pronome determinativo is, ea, id; al
nominativo non è riportata alcuna voce, perché il pronome personale
soggetto non ha mai valore riflessivo: si utilizza quindi is, ea, id al singolare
(o, con valore rafforzativo, ipse, a, um) e ii, eae, ea al plurale (o, sempre con
valore espletivo, ipsi, ae, a).
Concludiamo con un rilievo etimologico. Il verbo tradĕre è composto dal
prefisso trans + dare85: alla lettera significa perciò «dare attraverso», ovvero
83 Si osservi che mentre i pronomi possessivi, determinativi e dimostrativi possono sempre essere
usati anche con valore di aggettivi, i personali invece possono essere solo pronomi e non anche
aggettivi. 84 Le forme nostri e vestri si usano se hanno valore oggettivo, ovvero di complemento oggetto: per
esempio, in «miserēre nostri», in quanto il significato è «abbi misericordia verso di noi, nei nostri
confronti». Nostrum e vostrum invece hanno valore partitivo, si utilizzano cioè per indicare una
parte di un tutto: ad esempio, nell’espressione «complūres vestrum», «molti di voi». 85 Il verbo dare, nei composti con un prefisso monosillabo, abbrevia la vocale tematica e diventa
così un verbo di terza coniugazione: abbiamo pertanto tradĕre, perché trans è monosillabo, ma
circumdāre, perché circum è bisillabo.
pronomi personali
Studio Critico della Lingua Latina
160
Roma 2013
«passare di mano in mano». È un verbo importante nel cristianesimo: la
traditĭo, calco latino del vocabolo greco «parádosis», è infatti la
trasmissione di generazione in generazione, di testimone in
testimone, dell'esperienza di fede, trasmissione che ebbe inizio a partire da
Gesù in persona, che si consegnò nelle mani degli uomini; il tradimento di
Giuda fu infatti più propriamente il consegnarsi, il tradi appunto di Gesù
stesso agli uomini.
Nella prossima Lezione cominceremo il secondo capoverso e
conosceremo due nuovi complementi: il complemento di argomento e il
complemento predicativo.
traditĭo
Per verificare il mio apprendimento: Compilare le schede di analisi del periodo, della
proposizione e della parola di «Ergo non debent …» Illustrare il filo dell’argomentazione logica del primo
capoverso dell’articŭlus decĭmus facendo riferimento
solo alle congiunzioni utilizzate da Tommaso Declinare il pronome relativo qui, quae, quod, i
pronomi determinativi is, ea; id, idem, eădem, idem; ipse, a, um; i possessivi meus, a, um; tuus, a, um; noster, stra, strum; vester, stra, strum; suus, a, um
Declinare i pronomi personali ego, tu, nos, vos
Coniugare all’infinito presente attivo e passivo i verbi
do, deběo, trado, invenĭo
Perché i pronomi is, ea, id; idem, eădem, idem; ipse, a, um sono chiamati determinativi? Qual è la sfumatura semantica che caratterizza ciascuno dei tre?
Come si traduce il pronome personale di terza persona singolare e plurale in latino? Quale la differenza rispetto all’italiano?
Come si traduce in latino il pronome personale
soggetto di terza persona singolare e plurale?
Qual è il significato etimologico del verbo traděre?
Nona Lezione
161
Roma 2013
ANALISI DEL PERIODO: «Ergo non debent in ea sub una littěra plures sensus tradi»
Elencare le congiunzioni
specificandone il tipo
Elencare
pronomi relativi
(e avverbi)
specificando il
termine al quale
si riferiscono
Elencare i predicati
(verbali o nominali)
Elencare le proposizioni, indicando per ciascuna la congiunzione,
il pronome relativo o l’avverbio da cui è introdotta e il predicato
verbale o nominale che la caratterizza
1 Ergo = congiunzione
coordinativa conclusiva
Non debent tradi
= predicato
verbale
Ergo ... non debent tradi
Elencare in ordine degradante le proposizioni
reggenti, complementari e attributive, indicando
per ciascuna il grado e il tipo
Disegnare il diagramma di flusso dell’intero capoverso
vidētur quod …
↓
enim … parit ↔ et … tollit
↓ <> autem … debet esse efficax
unde … non procedit <> sed … assignantur
1 Ergo ... non debent tradi = proposizione
reggente enunciativa coordinata al periodo
precedente in forma conclusiva
↓
ergo … non debent tradi
Studio Critico della Lingua Latina
162
Roma 2013
ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Ergo non debent in ea sub una littěra plures sensus tradi»
Predicato
(verbale o nominale)
Soggetto Complementi diretti
(oggetto o predicativo)
Connettori
Non debent tradi = predicato
verbale (con verbo modale)
Plures sensus (con attributo)
Ergo = coordinativo conclusivo
Complementi indiretti
Complementi indiretti
In ea = complemento di stato in luogo
Sub una littěra = complemento di stato in luogo (con attributo)
Nona Lezione
163
Roma 2013
ANALISI DELLA PAROLA: «Ergo non debent in ea sub una littěra plures sensus tradi»
Parola
Parte del discorso
(sostantivo, verbo, aggettivo,
pronome, avverbio,
congiunzione, preposizione,
esclamazione)
Paradigma e diatesi (verbi)
Declinazione (sostantivi)
Classe (aggettivi)
Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)
Complemento (preposizioni)
Modo
(verbi)
Caso
(sostantivi, aggettivi e pronomi)
Concordanza
(aggettivi, pronomi)
Tempo
(verbi)
Genere
(sostantivi,
aggettivi e
pronomi)
Persona
(verbi)
Numero
(verbi ,
sostantivi,
aggettivi e
pronomi)
Ergo congiunzione coordinativa conclusiva
Non avverbio di negazione
Debent verbo modale debĕo, es, debŭi, debĭtum debēre, II
coniugazione, modale, attivo
indicativo presente III plurale
In preposizione in + ablativo = complemento stato in luogo
Ea pronome determinativo is, ea, id ablativo, riferito a «Scriptūra»86
femminile singolare
Sub preposizione sub + ablativo = complemento di stato in
luogo
Una aggettivo numerale
cardinale
unus, a,um, I classe, pronominale ablativo, concordato con «littěra» femminile singolare
Littěra sostantivo littěra, ae, I declinazione ablativo femminile singolare
Plures aggettivo indefinito plus, pluris, II classe a 1 uscita, comparativo
di maggioranza di multus, a, um
nominativo, concordato con
«sensus»
maschile plurale
Sensus sostantivo sensus, us, IV declinazione nominativo maschile plurale
Tradi verbo predicativo trado, is, tradĭdi, tradĭtum, ĕre, III
coniugazione, transitivo passivo
infinito presente
86 In quanto i pronomi sostituiscono un nome, nell’analisi della parola è sempre bene esplicitare il sostantivo al quale si riferiscono.
Roma 2013
164
Decima Lezione
Nelle ultime Lezioni abbiamo avuto modo di presentare i pronomi
determinativi e dimostrativi, possessivi e personali, relativi e indefiniti. Per
concludere la trattazione dei pronomi resta da prendere in considerazione
ancora solo gli interrogativi e gli indefiniti negativi. Questi ultimi sono
particolarmente importanti in
filosofia, dal momento che
pronome indefinito negativo neutro è nulla. La declinazione in latino è la
seguente:
pronomi indefiniti negativi
In questa Lezione impareremo: la flessione dei pronomi indefiniti negativi e
interrogativi l’infinito perfetto attivo e passivo delle quattro
coniugazioni e del verbo sum
a definire il complemento di argomento e il complemento di eccedenza
a discernere un accusativo avverbiale alla greca a identificare un aggettivo numerale moltiplicativo a riconoscere la congiunzione coordinativa esplicativa
«scilĭcet»
a individuare una proposizione complementare diretta oggettiva
a compilare le schede di analisi del periodo, della
proposizione e della parola di «Praeterěa Augustīnus
…»
Decima Lezione
165
Roma
2013
Pronome indefinito negativo
Maschile e Femminile Neutro
Nominativo nemo nihil
Genitivo nullīus nullīus rei
Dativo nemĭni nulli rei
Accusativo nemĭnem nihil
Ablativo nullo nulla re
Il corrispondente aggettivo è nullus, a, um, della prima classe,
pronominale, anch’esso cioè caratterizzato dalle desinenze del genitivo e
dativo singolare in īus e i.
Per quanto riguarda gli interrogativi, abbiamo anzitutto il pronome
quis, quid, «chi? che cosa?». Ecco la sua declinazione:
quis, quid Singolare Plurale
Maschile e
Femminile
Neutro Maschile e
Femminile
Neutro
Nominativo quis quid qui quae
Genitivo cuius cuius rei quorum quarum rerum
Dativo cui cui rei quibus quibus rebus
Accusativo quem quid quos quae
Ablativo quo qua re quibus quibus
pronomi interrogativi
Studio Critico della Lingua Latina
166
Roma 2013
Come si vede, a parte le voci quis, quid, il resto della flessione è identica
a quella del pronome relativo. Infatti, il corrispondente aggettivo
interrogativo, qui, quae, quod, «quale? che?», si declina esattamente come
l’omonimo pronome relativo. Oltre ad altri interrogativi, come qualis, e,
«quale?», e quantus, a, um, «quanto grande?», e alcuni composti di quis, quid,
formati con l’ausilio di prefissi o suffissi, come quisnam, quidnam, «chi mai?
che cosa mai?», e quinam, quaenam, quodnam, «qual mai?», abbiamo infine uter,
utra, utrum, usato sia come pronome, «chi dei due?», sia come aggettivo,
«quale dei due?». Come l’indefinito negativo nullus, a, um, anche uter si
declina come un aggettivo di prima classe pronominale.
La scorsa Lezione abbiamo conosciuto le desinenze dell'infinito
presente. Vediamo ora l’infinito passato o perfetto. Nella diatesi attiva, esso si
forma aggiungendo al tema del perfetto la
terminazione isse87. Nella diatesi passiva,
invece, assume la forma di un verbo composto, di un'unica voce verbale cioè
composta da due parole: il verbo al participio passato88 + l'ausiliare essere
all'infinito presente. Avremo pertanto:
87 Si ricordi che il tema del perfetto si ricava facilmente privando della desinenza i la seconda voce
del paradigma verbale: voc-o, as, vocāv-i, vocāt-um, āre. 88 Il participio passato si forma aggiungendo le desinenze degli aggettivi di prima classe al tema
verbale del supino, ottenuto togliendo la desinenza um alla terza voce del paradigma: debĕo, es,
debŭ-i, debĭt-um, ēre.
infinito perfetto
Decima Lezione
167
Roma
2013
Infinito Perfetto delle quattro Coniugazioni
Attivo Passivo
Prima Coniugazione vocav-isse vocāt-um89, am, um esse
Seconda Coniugazione debu-isse debĭt-um, am, um esse
Terza Coniugazione dix-isse dict-um, am, um esse
Quarta Coniugazione inven-isse invent-um, am, um esse
Per quanto riguarda il verbo sum avremo invece:
Infinito del verbo sum
Presente esse
Perfetto fu-isse
Veniamo all’analisi del primo lungo periodo del secondo capoverso di
san Tommaso:
«Praeterěa, Augustīnus dicit in libro De utilitāte credendi, quod «Scriptūra quae
Testamentum Vetus vocātur, quadrifarĭam traditur»: scilĭcet, «secundum
historĭam, secundum aetiologĭam, secundum analogĭam, secundum
allegorĭam»90.
Ecco la traduzione interlineare con costruzione italiana:
89 L'infinito perfetto passivo viene indicato con il participio declinato all'accusativo singolare, perché
questa forma verbale solitamente è utilizzata appunto all'accusativo, in un costrutto sintattico che
studieremo in seguito, chiamato proposizione infinitiva. 90 Augustīnus, De utilitāte credendi, 3.
secondo capoverso
Studio Critico della Lingua Latina
168
Roma 2013
Praeterěa, Augustīnus in libro De utilitāte credendi dicit, quod
Inoltre Agostino nel libro Sull’utilità del credere dice che
«Scriptūra quae vocātur Vetus Testamentum, traditur
«la Scrittura che è chiamata Antico Testamento, è trasmessa
quadrifarĭam»: scilĭcet, «secundum historĭam, secundum aetiologĭam,
in quattro forme»: cioè, « secondo la storia, secondo l’eziologia,
secundum analogĭam, secundum allegorĭam».
secondo l’analogia, secondo l’allegoria».
Il secondo capoverso inizia con la parola «praterěa»: è la formula con la
quale nella Summa vengono introdotte ulteriori argomentazioni a favore di
una determinata tesi. Nel nostro caso, dopo aver spiegato che non sarebbe
possibile che un’unica lettera nella Sacra Scrittura sia interpretabile secondo
più significati, perché ciò renderebbe la Bibbia inefficace a essere
dimostrazione univoca della verità, ora Tommaso argomenta che inoltre
un’autorità indiscussa quale Agostino parla di quattro sensi della Scrittura
diversi rispetto a quelli di cui si sta disputando adesso: allora forse che i
significati siano addirittura non quattro, ma sei o sette? Ciò è evidentemente
assurdo. Detto altrimenti: gli stessi sostenitori della molteplicità di sensi della
lettera della Bibbia si contraddicono tra di loro, segno della insostenibilità
della tesi da loro sostenuta.
Chiarito il senso dell’argomentazione prodotta
dall’Aquinate, passiamo senz’altro alla prima delle
nostre analisi: l’analisi del periodo. Come al solito,
cominciamo dall'individuare le congiunzioni. Troviamo subito «praeterěa»: si
analisi del periodo
Decima Lezione
169
Roma
2013
tratta di una congiunzione ottenuta dalla fusione91 di una preposizione
(praeter, «oltre») e di un pronome (ea, «quelle cose»), che insieme formavano
un complemento, il cosiddetto complemento di eccedenza; è una congiunzione
coordinativa copulativa (a rigor di logica, la si potrebbe anche definire di
eccedenza o aggiuntiva). Incontriamo poi di nuovo la congiunzione
subordinativa dichiarativa «quod». Infine, «scilĭcet»: come «praeterěa», anch’essa
è una congiunzione composta dalla fusione di due parole, in questo caso i
verbi scire + licet, «è lecito sapere, si può sapere»,
corrispondente grosso modo quindi alla circonlocuzione
italiana «vale a dire»; è pertanto una congiunzione
coordinativa esplicativa, ovvero che serve a spiegare quanto affermato prima.
Rinveniamo anche un pronome relativo, «quae», riferito a «Scriptūra». I
predicati sono tre, tutti verbali: «dicit», «vocātur», «tradĭtur». Abbiamo dunque
tre proposizioni; di queste, due sono subordinate, perché introdotte
rispettivamente da un pronome relativo e da una congiunzione
subordinativa; la reggente pertanto è necessariamente la rimanente: «praeterěa
… dicit», enunciativa, coordinata al capoverso precedente in forma
copulativa. Segue la proposizione complementare diretta di primo grado
oggettiva: «quod … tradĭtur», in effetti, da un punto di vista semantico, è il
complemento oggetto di «dicit», indica cioè che
cosa Agostino dica. Riferita al soggetto
dell'oggettiva, con la funzione di dare un’informazione in più a suo riguardo,
è infine la proposizione attributiva di secondo grado: «quae … vocātur».
91 È un fenomeno frequente anche nella lingua italiana: si pensi ad esempio alle congiunzioni cioè,
perciò, infine.
congiunzione esplicativa
proposizione oggettiva
Studio Critico della Lingua Latina
170
Roma 2013
Come si vede, non abbiamo preso in considerazione la congiunzione
«scilĭcet»: ciò è dovuto al fatto che essa serve a coordinare tra di loro il
complemento di modo «quadrifarĭam» con i seguenti «secundum historĭam …»;
è cioè una congiunzione che non introduce nessuna proposizione, pertanto
non è di alcun interesse in sede di analisi del periodo. Si noti anche come
l’attributiva sia incastonata all'interno della complementare alla quale si
riferisce: ciò capita spesso con le proposizioni relative proprie, in quanto,
come ogni attributo, si trovano accanto al termine con il quale sono
concordate.
Passiamo all'analisi della proposizione. Nella reggente troviamo un
nuovo complemento: il complemento di argomento,
formato in latino dalla preposizione de + l’ablativo;
indica a proposito di che cosa si sta parlando o
scrivendo. Ci imbattiamo quindi in un gerundio, «credendi»: il verbo qui è
usato con valore di sostantivo per esprimere il complemento di specificazione
del complemento di argomento (e che «credendi» abbia
valore di sostantivo è confermato dal fatto che potrebbe
essere sostituito dal sostantivo vero e proprio «fidĕi»).
Nella dichiarativa oggettiva troviamo l’aggettivo numerale moltiplicativo92,
derivato da «quattŭor», «quadrifarĭam»;
sebbene in accusativo, esso tuttavia svolge la
funzione non di complemento oggetto, bensì
di avverbio: già in greco antico il caso accusativo era utilizzato anche con
92 Vengono detti moltiplicativi gli aggettivi numerali che indicano o quante volte una cosa è più
grande di un’altra (per esempio, quadruplo) o che una cosa è costituita da più parti o serve a più
scopi (come il nostro «quadruplice»).
analisi delle proposizioni
complemento di argomento
aggettivi moltiplicativi
Decima Lezione
171
Roma
2013
valore avverbiale (viene chiamato infatti accusativo alla greca); è in genere
femminile e numero singolare perché
concordato con il sottinteso «partem». Seguono
i quattro complementi che esplicitano
«quadrifarĭam», ovvero le quattro forme in cui secondo Agostino può essere
trasmesso l’Antico Testamento: «secundum historĭam, …». Secundum +
l’accusativo traduce in latino il complemento di modo: come già rilevammo
nella settima Lezione, è tuttavia espressione che si lascia interpretare anche
come complemento di limitazione.
Nella proposizione relativa troviamo infine un nuovo complemento sul
quale vale la pena soffermarsi brevemente: il
complemento predicativo del soggetto. In «quae
Testamentum Vetus vocātur», «che è chiamata
Antico Testamento», «Antico Testamento» infatti è complemento predicativo del
soggetto. Esso risponde alla domanda: «come?»; tuttavia, a differenza del
complemento di modo, in italiano non è introdotto da nessuna preposizione93
e in latino va al caso nominativo e non ablativo. Viene detto complemento
predicativo perché completa il significato del predicato, e del soggetto perché si
riferisce al soggetto. È possibile elencare alcune categorie di verbi che reggono
sempre il complemento predicativo del soggetto; sono verbi che da soli non
bastano a predicare qualcosa di senso compiuto: non sono autonomi come i
verbi predicativi, ma nemmeno privi di valenza semantica come il verbo
93 Al più, può essere introdotto, come vedremo, dalle preposizioni come, da, per, a, in, o da
circonlocuzioni del tipo in qualità di, in conto di, o dal pronome quale; il complemento di modo
invece è introdotto da altre preposizioni: solitamente con o in.
accusativo avverbiale, o alla greca
complemento predicativo del soggetto
Studio Critico della Lingua Latina
172
Roma 2013
copulativo essere94; si trovano piuttosto a metà strada tra gli uni e l’altro. Sono
i verbi:
1) appellativi (dal verbo latino appello, as, āvi, ātum, āre, «chiamare»):
essere chiamato, essere detto, essere soprannominato, ecc.
2) elettivi: essere eletto, essere nominato, ecc.
3) estimativi: essere stimato, essere considerato, essere giudicato, ecc.
4) effettivi (dal latino effĭcĭo, is, fēci, fectum, ĕre, «compiere, fare»):
essere fatto, essere reso, ecc.
Come si vede, sono tutti verbi passivi; le
medesime voci, all’attivo, reggono il complemento
predicativo dell’oggetto, detto così perché si riferisce
al complemento oggetto. In latino si traduce con l’accusativo; avremo perciò:
«Vocāmus Scriptūram Vetus et Novum Testamentum», «chiamiamo la Scrittura
Antico e Nuovo Testamento». Per questo motivo le grammatiche latine parlano
di doppio accusativo, quando trattano del complemento predicativo
dell’oggetto: un primo accusativo infatti serve a
tradurre il complemento oggetto («Scriptūram»), un
secondo il complemento predicativo («Vetus et Novum
Testamentum»). Analogamente si parla di doppio nominativo a proposito del
complemento predicativo del soggetto: un nominativo è quello del soggetto
(«quae») e un altro quello del complemento predicativo («Vetus
Testamentum»95).
94 Per questo motivo preferiamo non chiamarli verbi copulativi, come pure invece fanno molte
grammatiche. 95 Nel nostro esempio, tra doppio accusativo e doppio nominativo non si ha nessuna variazione di
desinenza, perché si tratta di vocaboli neutri, la cui uscita al nominativo e all’accusativo è pertanto
la medesima.
complemento predicativo dell’oggetto
doppio accusativo e doppio nominativo
Decima Lezione
173
Roma
2013
Oltre alle categorie di verbi sopra elencate, il complemento predicativo
può essere retto anche da molti altri verbi predicativi, che di per sé hanno
senso compiuto anche da soli; per esempio, vivere e morire: è così possibile
dire «Agostino morì», ma anche «Agostino morì vescovo»; o ancora, avere e
prendere: «Agostino ebbe un maestro», ma anche «Agostino ebbe Ambrogio
come maestro»96.
Possiamo infine volgerci all’analisi della parola. Vale la pena
soffermarsi solo su alcuni vocaboli. «Libro» è uno dei sostantivi di seconda
declinazione che al nominativo è a desinenza zero e
che, tranne che in quel caso, nel resto della flessione
perde la e del tema: liber, libri. «Utilitāte» è
sostantivo di terza declinazione in dentale: utilĭtas, ātis. «Credendi» è gerundio,
come facilmente riconoscibile dal tipico suffisso nd, dal verbo credo, is, dĭdi,
dĭtum, ĕre. «Quae» è pronome relativo: qui è nominativo femminile singolare,
ma di per sé sarebbe potuto essere anche nominativo femminile plurale e
nominativo e accusativo neutro plurale (è esercizio sempre molto utile
domandarsi quali altri casi sarebbe potuta essere una determinata
desinenza!).
«Vetus» è un aggettivo di seconda classe a una sola uscita, con
un’importante variazione del tema dal nominativo al genitivo: vetus, vetĕris;
inoltre, mentre la maggior parte degli aggettivi di seconda
classe escono all’ablativo singolare in i, al genitivo plurale in
96 Si noti appunto che, come già preannunciato, in italiano il complemento predicativo può essere
introdotto anche da alcune preposizioni e locuzioni: si può anche dire infatti «Agostino morì in
qualità di vescovo», o «Agostino ebbe Ambrogio per maestro», ecc.
analisi della parola
vetus, ěris
Studio Critico della Lingua Latina
174
Roma 2013
ĭum e ai casi retti del neutro plurale in ĭa, vetus esce rispettivamente in e, um e
a97. I quattro sostantivi di prima declinazione, «historĭam», «aetiologĭam»,
«analogĭam» e «allegorĭam», hanno la particolarità di
andare letti con l’accento tonico sulla terzultima
sillaba, in o, in quanto la penultima sillaba, in i, è
breve98: è dunque uno dei pochi casi in cui in italiano la parola va letta come
in greco e non come in latino99.
Sul significato etimologico di «historĭa», «analogĭa» e «allegorĭa» avremo
modo di soffermarci in seguito, quando Tommaso utilizzerà questi termini
per esporre la propria dottrina dei quattro sensi di una sola lettera nella Sacra
Scrittura. Qui vale la pena ricordare soltanto che Testamentum traduce il greco
diathéke, che a sua volta traduce l’ebraico berít, che
significa non «testamento», ma «alleanza» (e in effetti la
Bibbia è il racconto delle due alleanze di Dio con Israele prima e con l’umanità
intera poi, e non certo dei due testamenti!); l’equivoco fu originato dal fatto
che diathéke in greco significa sia «alleanza» sia «testamento», in quanto
etimologicamente indica una generica «disposizione, ordinamento».
Nella prossima Lezione studieremo due importanti argomenti di
sintassi latina: un uso particolare del pronome relativo, detto nesso relativo, e
la doppia costruzione di un verbo molto frequente quale viděor.
97 Pochi altri aggettivi di seconda classe escono all’ablativo singolare in e e al genitivo plurale in um:
pauper, paupĕris («povero»), princeps, princĭpis («primo»), partĭceps, particĭpis («partecipe»), superstes,
superstĭtis («superstite»), compos, compŏtis («padrone»), sospes, sospĭtis («salvo»), dives, divĭtis
(«ricco»). 98 Come si ricorderà, se la penultima sillaba è breve, l’accento allora cade sulla terzultima. Bisogna
tener presente infatti che in latino, a differenza che in italiano, il gruppo vocalico ia non fa
dittongo, vale cioè come due sillabe: proprio questa differenza giustifica il diverso accento nella
medesima parola in italiano e in latino. 99 Si noti che lo stesso fenomeno si ripete con il vocabolo philosophĭa!
testamentum
attenzione alla pronuncia!
Decima Lezione
175
Roma
2013
Per verificare il mio apprendimento: Compilare le schede di analisi del periodo, della
proposizione e della parola di «Praeterea, Augustinus…»
Declinare il sostantivo utilĭtas, ātis e l’aggettivo vetus, ĕris
Coniugare all’infinito perfetto attivo e passivo i verbi voco, deběo, dico, trado, invenĭo
Coniugare all’infinito perfetto il verbo sum Declinare il pronome indefinito negativo nemo, nihil
e quello interrogativo quis, quid Cosa sono gli aggettivi numerali moltiplicativi? Cos’è un accusativo avverbiale? Perché è detto
anche accusativo alla greca?
Cosa sono i complementi di argomento e di eccedenza?
Cosa sono i complementi predicativi del soggetto e dell’oggetto? Perché si chiamano così? Da quali verbi sono introdotti?
Cosa si intende nella sintassi latina con le espressioni «doppio nominativo» e «doppio accusativo»?
Cosa ha di particolare la declinazione dell’aggettivo vetus, ĕris?
Studio Critico della Lingua Latina
176
Roma 2013
ANALISI DEL PERIODO: «Praeterěa, Augustīnus dicit in libro De utilitāte credendi, quod “Scriptūra quae Testamentum
Vetus vocātur, quadrifarĭam tradĭtur”: scilĭcet, “secundum historĭam, secundum aetiologĭam, secundum analogĭam,
secundum allegorĭam”»
Elencare le congiunzioni
specificandone il tipo
Elencare pronomi
relativi (e avverbi)
specificando il termine
al quale si riferiscono
Elencare i predicati (verbali o
nominali)
Elencare le proposizioni, indicando per
ciascuna la congiunzione, il pronome relativo o
l’avverbio da cui è introdotta e il predicato
verbale o nominale che la caratterizza
1 Praeterěa = congiunzione
coordinativa copulativa
Quae (riferito a
«Scriptūra»)
Dicit = predicato verbale Praeterěa ...dicit
2 Quod= congiunzione
subordinativa dichiarativa
Vocātur = predicato verbale Quod ... tradĭtur
3 Tradĭtur = predicato verbale Quae ... vocātur
Elencare in ordine degradante le proposizioni
reggenti, complementari e attributive, indicando per
ciascuna il grado e il tipo
Disegnare il diagramma di flusso dell’intero periodo
1 Praeterěa ... dicit = proposizione reggente
enunciativa coordinata al periodo precedente in
forma copulativa
Praeterěa ... dicit
2 Quod ... tradĭtur = proposizione complementare
diretta oggettiva di I grado
↓
3 Quae ... vocātur = proposizione attributiva di II
grado
Quod Scriptūra (quae ... vocātur) tradĭtur
Decima Lezione
177
Roma 2013
ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Praeterěa, Augustīnus dicit in libro De utilitāte credendi, quod “Scriptūra quae
Testamentum Vetus vocātur, quadrifarĭam tradĭtur”: scilĭcet, “secundum historĭam, secundum aetiologĭam,
secundum analogĭam, secundum allegorĭam”»
Predicato
(verbale o nominale)
Soggetto Complementi diretti
(oggetto o predicativo)
Connettori
dicit = predicato verbale
tradĭtur = predicato verbale
vocātur = predicato verbale
Augustīnus
Scriptūra
quae (riferito a «Scriptūra»)
Vetus Testamentum =
complemento predicativo del
soggetto (con attributo)
praeterěa = coordinativo
copulativo
quod = subordinativo
dichiarativo
scilĭcet = coordinativo
esplicativo
Complementi indiretti Complementi indiretti
in libro = complemento di stato in luogo
quadrifarĭam = complemento di modo
secundum historĭam , ... = complemento di modo o di
limitazione
de utilitāte = complemento di argomento
credendi = complemento di specificazione del complemento di
argomento
Studio Critico della Lingua Latina
178
Roma 2013
ANALISI DELLA PAROLA: «Praeterěa, Augustīnus dicit in libro De utilitāte credendi, quod “Scriptūra quae
Testamentum Vetus vocātur, quadrifarĭam tradĭtur”: scilĭcet, “secundum historĭam, secundum aetiologĭam,
secundum analogĭam, secundum allegorĭam”»
Parola
Parte del discorso
(sostantivo, verbo, aggettivo,
pronome, avverbio,
congiunzione, preposizione,
esclamazione)
Paradigma e diatesi (verbi)
Declinazione (sostantivi)
Classe (aggettivi)
Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)
Complemento (preposizioni)
Modo
(verbi)
Caso
(sostantivi, aggettivi e pronomi)
Concordanza
(aggettivi, pronomi)
Tempo
(verbi)
Genere
(sostantivi, aggettivi e
pronomi)
Persona
(verbi)
Numero
(verbi , sostantivi,
aggettivi e pronomi)
Praeterěa congiunzione coordinativa copulativa
Augustīnus sostantivo Augustīnus, i, II declinazione nominativo maschile singolare
Dicit verbo predicativo dico, is, dixi, dictum, ĕre, III
coniugazione, transitivo attivo
indicativo presente III singolare
In preposizione in + ablativo = complemento di
stato in luogo
Libro sostantivo liber, libri, II declinazione ablativo maschile singolare
De preposizione de + ablativo = complemento di
argomento
Utilitāte sostantivo utilĭtas, ātis, III declinazione, in
dentale
ablativo femminile singolare
Credendi verbo sostantivato credo, is, credĭdi, credĭtum, ĕre, III
coniugazione, transitivo attivo, II
declinazione
gerundio, genitivo singolare
Quod congiunzione subordinativa dichiarativa
Scriptūra sostantivo scriptūra, ae, I declinazione nominativo femminile singolare
Quae pronome relativo qui, quae, quod nominativo, riferito a «Scriptūra» femminile singolare
Testamentum sostantivo testamentum, i, II declinazione nominativo neutro singolare
Vetus aggettivo qualificativo vetus, vetěris, II classe a 1 uscita nominativo (concordato con
«Testamentum»)
neutro singolare
Decima Lezione
179
Roma 2013 Vocātur verbo predicativo voco, as, āvi, ātum, āre, I
coniugazione, transitivo passivo
indicativo presente III singolare
Quadrifarĭam accusativo avverbiale di modo
Tradĭtur verbo predicativo trado, is, tradĭdi, tradĭtum, ĕre, III
coniugazione, transitivo passivo
indicativo presente III singolare
Scilĭcet congiunzione coordinativa esplicativa
Secundum preposizione secundum + accusativo =
complemento di modo o di
limitazione
Historĭam sostantivo historĭa, ae, I declinazione accusativo femminile singolare
Aetiologĭam sostantivo aetiologĭa, ae, I declinazione accusativo femminile singolare
Analogĭam sostantivo analogĭa, ae, I declinazione accusativo femminile singolare
Allegorĭam sostantivo allegorĭa, ae, I declinazione accusativo femminile singolare
Roma 2013
180
Undicesima Lezione
Ecco il nuovo periodo che dobbiamo analizzare:
«Quae quidem quatŭor a quatŭor praedictis videntur esse aliēna omnīno».
Di seguito, la traduzione interlineare con costruzione italiana:
«Quae quatŭor quidem videntur esse omnīno aliēna a quatŭor
Questi quattro sensi certamente sembrano essere del tutto diversi dai quattro
praedictis».
detti sopra».
Congiunzioni non ve ne sono; di predicati
ce n’è uno, il nominale «esse aliēna»,
In questa Lezione impareremo: la costruzione del nesso relativo il significato, la costruzione e la funzione del verbo
viděor
a riconoscere gli avverbi rafforzativi
a compilare le tre schede, di analisi del periodo, della
proposizione e della parola, di «Quae quidem quatŭor
…»
a apprezzare alcuni rilievi etimologici
analisi del periodo
Undicesima Lezione
181
Roma
2013
accompagnato dal verbo modale «videntur»; c'è infine un pronome relativo,
«quae», riferito a senso100 ai quattro significati che la lettera della Sacra
Scrittura può avere secondo Agostino, ricordati appena sopra. Evidentemente
dunque una sola è la proposizione, necessariamente reggente, di tipo
enunciativo.
Si pone tuttavia un problema: come mai una proposizione reggente è
introdotta da un pronome relativo? In effetti, una situazione simile nella
sintassi italiana non sarebbe ammessa, tant’è che abbiamo tradotto il latino
«quae» non con un relativo italiano, bensì con il dimostrativo «questi». Qui ci
troviamo pertanto davanti a una differenza tra lingua italiana e latina. In
italiano non è mai possibile cominciare una reggente con un pronome
relativo; il relativo introduce sempre solo una subordinata. In latino invece si
dà un caso in cui il pronome relativo possa introdurre una proposizione
reggente: è quando il relativo si trovi a inizio frase. Questa costruzione viene
chiamata nesso relativo, in quanto si instaura un
collegamento, un nesso appunto, tra due periodi
attraverso un pronome relativo. In queste circostanze, in italiano, come già
detto, il pronome relativo latino viene tradotto con un dimostrativo; tuttavia
è facile comprendere il significato della costruzione latina: posto a inizio
frase, il pronome relativo serve a collegare strettamente quanto appena detto
nel periodo precedente con quello che si sta per enunciare.
In generale, il pronome relativo in latino è sintatticamente più forte che
in italiano: non solo può introdurre una reggente, ma può anche trovarsi
100 Si definisce a senso una concordanza non grammaticale, ma semantica, relativa cioè al solo
significato: per questo nel nostro caso il pronome relativo è al genere neutro, sebbene i quattro
vocaboli ai quali si riferisca siano femminili.
nesso relativo
Studio Critico della Lingua Latina
182
Roma 2013
lontano dal termine al quale si
riferisce, anzi addirittura
precederlo101, o attrarlo nella proposizione relativa facendolo concordare con
sé102.
Veniamo all'analisi della proposizione. Il
soggetto del predicato «videntur esse aliēna» è
«quae quatŭor». Poiché il predicato è nominale,
non c'è complemento oggetto; c'è invece un solo complemento indiretto, retto
dall'aggettivo «aliēna»: è «a quatŭor praedictis», il
cosiddetto complemento di separazione, che indica il
termine rispetto al quale si afferma una differenza o
dal quale ci si distacca, in latino reso con a/ab103 + l’ablativo. Abbiamo già
detto che il predicato nominale «esse aliēna» è accompagnato dal verbo
modale «videntur»: ora, però, proprio a proposito del verbo viděor occorre
aprire una lunga parentesi.
Viděor in latino significa
«sembrare». È considerato un verbo
deponente, sebbene in verità sia il
101 È la cosiddetta prolessi o anticipazione del relativo: per esempio, «quem dedisti, librum legi», «ho letto
il libro che mi hai dato»; in italiano invece il pronome relativo deve seguire sempre
immediatamente il termine al quale si riferisce. 102 È la cosiddetta attrazione del relativo: per esempio, «quem dedisti librum, pulcherrĭmus est», «il libro
che mi hai dato è bellissimo». 103 Per motivi di eufonia, ovvero al fine di ottenere un suono più gradevole, a si usa a davanti a
parole che inizino per consonante e ab dinanzi a vocaboli che comincino per vocale (così come
avviene in italiano, ad esempio, con le congiunzioni e/ed).
altre particolarità sintattiche del pronome relativo latino
analisi della proposizione
complemento di separazione
viděor: verbo
deponente o passivo?
Undicesima Lezione
183
Roma
2013
semplice passivo di viděo: il sembrare, l'apparire, in effetti, altro non sono che
il modo in cui siamo visti dagli altri; sembrare è davvero essere visti, il
passivo del verbo vedere.
Tutte le grammatiche latine spiegano che viděor presenta due
costruzioni: personale e impersonale. Personale è la costruzione che
incontriamo nella frase che stiamo analizzando: «videntur» ha un soggetto,
«quae quatŭor», e regge un predicato all'infinito, «esse aliēna», la cui parte
nominale è al nominativo. Impersonale invece è la costruzione di viděor che
abbiamo trovato all'inizio dell'articŭlus
decĭmus, «vidētur quod …»: «vidētur» non ha
soggetto, è impersonale appunto, o meglio il
soggetto è l'intera proposizione soggettiva che esso stesso regge, «quod …».
Nel latino classico, si utilizza la costruzione impersonale quando viděor ha
una sfumatura di significato deliberativa, quando cioè significa «sembrare
bene, sembrare opportuno» (deliberāre significa «prendere una decisione, fare
una scelta»); assume invece costruzione personale quando ha una sfumatura
di significato opinativa, quando cioè serve a specificare che quel che si va
enunciando è solo un'opinione, un parere.
Una volta chiarito tutto questo, resta
solo da definire che tipo di verbo sia
viděor: è un verbo predicativo, copulativo
o modale? Qui le opinioni divergono: secondo Tantucci, ad esempio, sembrare
è un verbo copulativo e come tale può introdurre il predicato nominale in
costruzione personale e
impersonale di viděor
viděor: verbo predicativo,
copulativo o modale?
Studio Critico della Lingua Latina
184
Roma 2013
sostituzione del verbo essere104; anche per Piazzi viděor è un verbo copulativo,
ma proprio per questo regge piuttosto il complemento predicativo105. A mio
avviso, la soluzione logicamente più semplice e lineare è interpretare viděor e
sembrare come verbi modali, tali cioè che aggiungono una semplice sfumatura
di significato, opinativa, ai predicati veri e propri, siano essi verbali o
nominali. Ciò sembra evidente nel caso della costruzione personale di viděor;
ma anche nella costruzione impersonale, dove sembrerebbe prevalere il
valore predicativo in quanto vidētur non viene accompagnato né da un altro
verbo né da un aggettivo, basta sottintendere la copula essere per far risaltare
il valore modale del verbo sembrare, cosicché ad esempio «vidētur convenĭens»,
«sembra conveniente», sta per «vidētur esse convenĭens», «sembra essere
conveniente»106.
Passiamo all'analisi della parola. «Quae» potrebbe essere anche un
nominativo femminile singolare o plurale; qui
tuttavia è sicuramente un nominativo neutro
plurale perché concordato con «aliēna», che non può essere un femminile
plurale (potrebbe essere un femminile singolare, ma in questo caso è il verbo
«videntur» a impedire di pensare che «quae» e «aliēna» possano essere
104 Cfr. V. Tantucci, Analisi logica, Poseidonia, Bologna 1997, pp.14-15. A p.14 è riportato il seguente
esempio: «Il padre non sembrava (=era) contento» (il grassetto è nel testo). 105 Cfr. F. Piazzi, Breve iter. Grammatica e Lessico essenziale di latino, Cappelli editore, Bologna 2000,
p.74. 106 È vero che nel latino classico spesso si trova il solo vidētur con valore impersonale, con il
significato di «sembra bene»; ma anche in questo caso non è difficile sottintendere un esse
convenĭens. Ciò nondimeno, per semplicità, quando ci trovassimo, come è accaduto all’inizio del
testo di san Tommaso, di fronte a un vidētur impersonale, nelle tre analisi lo considereremo un
predicato verbale.
analisi della parola
Undicesima Lezione
185
Roma
2013
singolari). «Quatŭor» è un aggettivo numerale cardinale invariabile107 (è
attestata anche la forma quattŭor, con la doppia tt).
«Quidem»108 e «omnīno» sono avverbi rafforzativi:
servono a ribadire e intensificare quanto sostenuto dai
termini ai quali si riferiscono (si ricordi che adverbĭum
in latino significa appunto «parola posta vicino a un'altra parola»).
Concludiamo con pochi rilievi etimologici. «Praedictis», ablativo neutro
plurale retto dalla preposizione a, è il participio passivo di praedīco, is, dīxi,
dictum, ěre, composto del verbo dico + il prefisso prae, «prima»: è interessante
notare che nell'italiano predica il medesimo
prefisso prae ha valore non temporale, «prima di,
anteriormente a», ma locativo, «dinanzi a tutti, pubblicamente»109. «Aliēna»,
«diversa», è aggettivo derivato da alĭus, a, um, «altro»; è emblematico che in
latino aliēnus possa significare anche «nemico», così come del resto «hostis, is»
è sia «straniero» sia «nemico»: il diverso, l’altro è sempre sentito pericoloso,
ostile, avvertito come un potenziale avversario. Infine «omnīno» deriva
dall'aggettivo indefinito omnis, e, in italiano «ogni» al singolare, «tutti» al
plurale: «omnīno» dunque deriva da omnis proprio come in italiano del tutto
da tutto.
Nella prossima Lezione, analizzando l'ultimo periodo del secondo
capoverso, potremo studiare l’uso del congiuntivo nella sintassi latina.
107 In latino, tutti gli aggettivi numerali cardinali sono invariabili, tranne unus, duo e tres, i numeri
delle centinaia e delle migliaia. 108 Si faccia attenzione a non confondere l'avverbio quidem con il pronome indefinito quidam,
quaedam, quoddam, «un certo, qualche». 109 Si tenga però presente che l’italiano predicare viene dal latino praedĭco, as, āvi, ātum, āre, composto
del verbo dicāre e non di dicěre (dicāre, «dire solennemente», del resto è un semplice intensivo di
dicěre, «dire»).
avverbi rafforzativi
alcuni rilievi etimologici
Studio Critico della Lingua Latina
186
Roma 2013
Per verificare il mio apprendimento: Compilare le schede di analisi del periodo, della
proposizione e della parola di «Quae quidem …» Identificare il complemento di separazione Definire gli avverbi rafforzativi Distinguere tra costruzione personale e impersonale del
verbo vidĕor
Argomentare in che senso vidĕor può essere interpretato come un vebo predicativo, copulativo e modale
Che cos’è il nesso relativo? Che cos’è l’attrazione del relativo? Cosa la prolessi del
relativo?
Undicesima Lezione
187
Roma
2013 ANALISI DEL PERIODO: «Quae quidem quatŭor a quatŭor praedictis videntur esse aliēna omnīno»
Elencare le congiunzioni
specificandone il tipo
Elencare pronomi relativi
(e avverbi) specificando il
termine al quale si
riferiscono
Elencare i predicati
(verbali o nominali)
Elencare le proposizioni, indicando per ciascuna la
congiunzione, il pronome relativo o l’avverbio da cui è
introdotta e il predicato verbale o nominale che la
caratterizza
1 Quae (riferito al
periodo precedente; ma
qui vale come nesso
relativo: introduce la
reggente)
videntur esse aliēna
= predicato nominale
(con verbo modale)
Quae ... videntur esse aliēna
Elencare in ordine degradante le proposizioni
reggenti, complementari e attributive, indicando per
ciascuna il grado e il tipo
Disegnare il diagramma di flusso dell’intero periodo
Praeterěa … dicit
↓
Quod Scriptūra (quae … vocātur) tradĭtur quadrifarĭam
↓
Quae … videntur esse aliēna
1 Quae ... videntur esse aliēna = proposizione
reggente enunciativa coordinata al precedente
periodo per nesso relativo
Studio Critico della Lingua Latina
188
Roma 2013
ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Quae quidem quatŭor a quatŭor praedictis videntur esse aliēna omnīno»
Predicato
(verbale o nominale)
Soggetto Complementi diretti
(oggetto o predicativo)
Connettori
Quidem videntur esse aliēna omnīno=
predicato nominale (con verbo modale) (i
due avverbi sono inseriti qui perché,
come a volte capita con gli avverbi,
vanno a aggiungere sfumature di
significato al predicato senza costituire
un complemento a sé)
Quae quatŭor (con attributo)
Complementi indiretti
Complementi indiretti
A quatŭor praedictis = complemento di separazione (con
attributo)
Undicesima Lezione
189
Roma
2013 ANALISI DELLA PAROLA: «Quae quidem quatŭor a quatŭor praedictis videntur esse aliēna omnīno»
Parola
Parte del discorso
(sostantivo, verbo,
aggettivo, pronome,
avverbio, congiunzione,
preposizione,
esclamazione)
Paradigma e diatesi (verbi)
Declinazione (sostantivi)
Classe (aggettivi)
Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)
Complemento (preposizioni)
Modo
(verbi)
Caso
(sostantivi, aggettivi e pronomi)
Concordanza
(aggettivi, pronomi)
Tempo
(verbi)
Genere
(sostantivi, aggettivi e
pronomi)
Persona
(verbi)
Numero
(verbi , sostantivi,
aggettivi e pronomi)
Quae pronome relativo qui, quae, quod nominativo, concordato a senso
con «secundum historĭam, …»
neutro plurale
Quidem avverbio rafforzativo
Quatŭor aggettivo numerale
cardinale
indeclinabile concordato con «quae»
A preposizione a + ablativo = complemento di
separazione
Quatŭor pronome numerale
cardinale
indeclinabile come quae, concordato a senso
con «secundum historĭam, …»
Praedictis verbo con funzione di
aggettivo
praedīco, is, dīxi, dictum, ĕre,
transitivo passivo, III
coniugazione, I classe
participio, ablativo, concordato
con «quatŭor»
passato, neutro plurale
Videntur verbo modale viděor, ēris, visus sum, ēri, II
coniugazione, deponente
indicativo presente III plurale
Esse verbo copulativo sum, es, fui, esse, difettivo,
atematico, suppletivo,
coniugazione propria
infinito presente
Aliēna aggettivo qualificativo aliēnus, a, um, I classe nominativo, concordato con
«quae»
neutro plurale
Omnīno avverbio rafforzativo
Roma
2013
190
Dodicesima Lezione
Ecco l’ultimo periodo del secondo capoverso:
«Non igĭtur convenĭens vidētur quod eădem littěra Sacrae Scriptūrae secundum
quatŭor sensus praedictos exponātur».
A seguire, come al solito, la traduzione interlineare con la costruzione
italiana:
«Non vidētur igĭtur convenĭens quod eădem littěra
«Non sembra dunque conveniente che la medesima lettera
Sacrae Scriptūrae exponātur secundum quatŭor sensus praedictos».
della Sacra Scrittura sia esposta secondo i quattro sensi detti prima».
Cominciamo dall'analisi del periodo. Troviamo
due congiunzioni: «igĭtur», coordinativa conclusiva,
e «quod», subordinativa dichiarativa; nessun pronome relativo; due predicati:
«non convenĭens vidētur» e «exponātur». Abbiamo quindi due proposizioni:
In questa Lezione impareremo: l’uso del congiuntivo nelle proposizioni reggenti e in quelle
subordinate a compilare le tre schede, di analisi del periodo, della
proposizione e della parola, di «Non igĭtur convenĭens …»
e di «Praeterěa preater …»
a apprezzare alcuni rilievi etimologici
analisi del periodo
Dodicesima Lezione
191
Roma
2013
«non igĭtur convenĭens vidētur» e «quod … exponātur». Poiché «quod» introduce
necessariamente una subordinata, la reggente deve essere «non igĭtur
convenĭens vidētur», enunciativa coordinata al periodo precedente in forma
conclusiva: in effetti, qui Tommaso trae le conclusioni rispetto a quanto
argomentato nei due periodi precedenti. «Quod … exponātur» è invece una
proposizione complementare diretta di primo grado soggettiva, in quanto
svolge la funzione di soggetto del verbo impersonale, predicato della
reggente, «vidētur», proprio come abbiamo visto accadere nel primo periodo
del primo capoverso dell’articŭlus dell’Aquinate. L'analisi del periodo è così
già completata. Tuttavia è opportuno domandarsi come mai nella
proposizione complementare il predicato, «exponātur», sia al congiuntivo.
Come già spiegammo, il congiuntivo è il modo verbale al quale si ricorre
per esprimere il carattere eventuale, possibile,
ipotetico del predicato, di contro all'indicativo,
che è notoriamente il modo dell'oggettività,
della realtà, dei dati di fatto; per questo, indicativo e congiuntivo sono detti
rispettivamente anche modi dell'oggettività e della soggettività.
Più nello specifico, il congiuntivo, se
utilizzato nelle proposizioni reggenti, può
assumere uno dei seguenti significati:
1) esortativo: esprime un comando, un'esortazione; è una sorta di
imperativo attenuato (per esempio, i tre congiuntivi nella prima parte
del Pater: «sanctificētur … advenĭat … fiat»)
2) ottativo: esprime un desiderio o un rimpianto (optāre significa
«desiderare, augurare»; per esempio, sempre nel Pater, i medesimi tre
congiuntivo e indicativo
uso del congiuntivo nelle reggenti
Studio Critico della Lingua Latina
192
Roma 2013
congiuntivi possono essere interpretati anche come ottativi: «voglia il
cielo che sia santificato il tuo nome …»)
3) concessivo: indica un'ammissione, una concessione appunto (per
esempio: «dicat ita Thomas», «ammettiamo pure che Tommaso dica
così»)
4) dubitativo: esprime un dubbio, un'incertezza in forma interrogativa
(in italiano è reso con il verbo modale dovere: per esempio, «legam
librum?», «dovrei leggere il libro?»)
5) potenziale: indica un'eventualità, una possibilità (il soggetto di solito è
un pronome indefinito o il cosiddetto tu generico; in italiano è reso con
il verbo modale potere: per esempio, «legěres librum», «avresti potuto
leggere il libro»)
6) suppositivo: esprime un'ipotesi, una supposizione (in italiano è reso
con il modo condizionale, che in latino non esiste: per esempio,
«legěres pulcherrĭmum librum», «avresti letto un libro bellissimo»).
Nelle proposizioni subordinate invece, come
avevamo avuto già modo di rilevare, si danno tre
casi nei quali in latino si ricorre al congiuntivo:
1) quando un fatto è presentato come eventuale: è il cosiddetto
congiuntivo eventuale; è il caso del periodo che stiamo analizzando:
che la medesima lettera della Scrittura venga spiegata in quattro sensi
diversi è solo una possibilità, un'ipotesi, non la constatazione di un
accadimento
2) quando quanto è affermato è solo un punto di vista personale,
dell'autore o di altri: è il cosiddetto congiuntivo obliquo (qui con obliquo
uso del congiuntivo nelle subordinate
Dodicesima Lezione
193
Roma
2013
si intende il fatto che non si sta enunciando direttamente e rettamente
un evento); per esempio: «Laudat Augustīnum Thomas quod dixěrit
verum», «Tommaso loda Agostino perché avrebbe detto il vero» (che
Agostino abbia detto il vero è solo l'opinione di Tommaso)
3) quando la proposizione subordinata dipende da un'altra
proposizione il cui predicato sia al modo congiuntivo o infinito: è la
cosiddetta attrazione modale; in questo caso evidentemente il ricorso al
congiuntivo non ha una valenza semantica, ma solo una
giustificazione sintattica: per esempio, «ego dico quod liber qui legi
pulcher est», «io dico che il libro che ho letto è bello»; ma «ego dico
librum qui legěrim pulchrum esse»: la proposizione relativa vuole il
congiuntivo, «qui legěrim», in quanto è retta dalla proposizione
oggettiva con il predicato all'infinito, «pulchrum esse».
Passiamo all’analisi delle due proposizioni. La prima è presto fatta: il
soggetto non c'è, perché il verbo è impersonale, o meglio, la funzione del
soggetto è svolta dall'intera proposizione seguente;
«vidētur convenĭens» è un predicato nominale: alla luce di
quanto sostenuto nella scorsa Lezione a proposito della
costruzione del verbo «viděor», infatti, consideriamo «vidētur» un verbo
modale e «convenĭens» la parte nominale, con la copula «esse» sottintesa (si
noti che «convenĭens» qui è sicuramente un neutro, come sempre quando si ha
a che fare con il nome di un predicato nominale impersonale). La seconda
proposizione è più lunga, ma presenta ancora minori difficoltà: «exponātur» è
il predicato verbale; «eădem littěra» è il soggetto e «Sacrae Scriptūrae» il
complemento di specificazione del soggetto; il complemento oggetto non può
analisi delle proposizioni
Studio Critico della Lingua Latina
194
Roma 2013
esserci, in quanto il verbo è passivo; l'unico complemento indiretto è
«secundum quatŭor sensus praedictos»: è il complemento di modo (o di
limitazione) già incontrato in questo secondo capoverso, reso con secundum +
l’accusativo.
Anche l'analisi della parola dovrebbe risultare scorrevole. Oltre alle due
congiunzioni già analizzate in sede di analisi del
periodo, «igĭtur» e «quod», incontriamo l'avverbio di
negazione «non» e la preposizione «secundum». Come già rilevato, il verbo
«exponātur» è al congiuntivo presente, caratterizzato dalla vocale tematica a
(si tratta infatti di un verbo appartenente alla terza coniugazione). Troviamo
anche l'aggettivo determinativo «eădem», al nominativo femminile singolare
(sarebbe potuto essere anche un ablativo femminile singolare, con la a lunga,
o un nominativo o accusativo neutro plurale: è sempre utile esercitarsi
domandandosi quali casi un determinato vocabolo potrebbe essere),
l’aggettivo numerale cardinale indeclinabile «quatŭor» e il participio passivo
con valore di aggettivo qualificativo «praedictos», all’accusativo maschile
plurale, concordato con «sensus», sostantivo della quarta declinazione, che
qui è accusativo plurale, ma che di per sé sarebbe potuto essere anche
nominativo, genitivo e vocativo singolare, o nominativo e vocativo plurale.
«Convenĭens» infine è un participio attivo, anch’esso con valore di aggettivo
qualificativo: come tutti i participi attivi, si declina secondo il modello degli
aggettivi di seconda classe a una sola uscita; qui è nominativo singolare,
neutro perché, come già osservato, il predicato nominale è impersonale
(anche se convenĭens di per sé sarebbe potuto essere anche maschile o
femminile).
analisi della parola
Dodicesima Lezione
195
Roma
2013
Poiché si tratta di un periodo breve e facile, possiamo leggere e
analizzare anche il terzo capoverso:
«Praeterěa, praeter praedictos sensus, invenĭtur sensus parabolĭcus, qui inter
illos sensus quatŭor non continētur».
Ecco la traduzione interlineare, con costruzione italiana:
«Praeterěa, praeter sensus praedictos, invenĭtur sensus parabolĭcus,
« Inoltre, oltre ai sensi detti sopra, si trova il senso parabolico,
qui non continētur inter illos quatŭor sensus».
che non è contenuto tra quei quattro sensi».
Un secondo «praeterěa» introduce una terza argomentazione a favore
della medesima tesi finora sostenuta. La nuova argomentazione è elementare,
del tutto analoga alla precedente: se ai quattro termini indicati da Agostino
aggiungiamo quelli enunciati da Tommaso all'inizio dell'articolo ed ora anche
quest'ultimo, arriviamo a contare non quattro, bensì sette possibili sensi in
una sola lettera della Scrittura, ovvero «historĭcus vel littěralis, allegorĭcus,
tropologĭcus sive morālis, anagogĭcus», «aetiologĭcus» e «analogĭcus», e
«parabolĭcus», il che contraddice manifestatamente la dottrina dei quattro
sensi della Sacra Scrittura.
I predicati verbali sono due, «invenĭtur» e «non continētur»; il pronome
relativo è uno, «qui», riferito a «sensus parabolĭcus»;
una la congiunzione, «praeterěa», coordinativa analisi del periodo
Studio Critico della Lingua Latina
196
Roma 2013
copulativa. Abbiamo pertanto due proposizioni: un’attributiva di primo
grado, «qui … non continētur», e una reggente enunciativa, coordinata al
periodo precedente in forma copulativa, «praeterěa … invenĭtur».
Il soggetto della proposizione relativa è proprio il pronome relativo
«qui»; non vi sono complementi oggetti, perché il verbo è
passivo; c'è un solo complemento indiretto: il
complemento di stato in luogo «inter illos sensus quatŭor»,
reso con inter + l’accusativo. Il soggetto della proposizione reggente è «sensus
parabolĭcus»; neanche in questo caso è possibile incontrare un complemento
oggetto, perché il verbo è passivo; l'unico complemento indiretto è «praeter
praedictos sensus», che potremmo denominare complemento di eccedenza.
A proposito dell'analisi della parola, non c'è nulla di significativo da
rilevare; come al solito, rimandiamo alla scheda a fine Lezione per un'analisi
puntuale parola per parola.
Concludiamo invece con alcuni rilievi etimologici. «Convenĭens» è
composto del prefisso cum + venīre, «venire insieme»,
quindi in senso figurato anche «giungere allo stesso
risultato, concordare»: «convenĭens» pertanto è ciò su cui
tutti si trovano d'accordo. «Exponěre» è composto invece dal prefisso ex +
poněre, «porre fuori», quindi in senso traslato, in relazione a ciò che si pensa,
«esporre, esprimere». «Praeter» è una preposizione che può significare sia
«eccetto che» sia «oltre che», formata dal prefisso prae, «davanti a»: è curioso
che il valore locativo del prefisso, «davanti a», possa far assumere appunto
alla medesima preposizione due significati opposti, ovvero quello di
esclusione, «eccetto che», e quello di eccedenza, come nel nostro testo, «oltre
analisi delle proposizioni
alcuni rilievi etimologici
Dodicesima Lezione
197
Roma
2013
che». Come già rilevato, la congiunzione «praeterěa» era evidentemente un
originario complemento di eccedenza, «praeter ea», «oltre a quelle cose», poi
irrigiditosi in una congiunzione invariabile110. «Invenĭo» è un verbo composto
dal prefisso in + venīre, «venire fino a, giungere», quindi per estensione anche
«trovare, scoprire». Analogamente, «continěo» è formato dal prefisso cum +
tenēre, «tenere insieme», quindi anche «contenere, abbracciare». «Parabolĭcus»
è invece il calco latino di un aggettivo greco che deriva dal sostantivo
parabolé, composto di pará + bállo, «getto, metto accanto», quindi «confronto,
paragono»: la parabola è appunto un paragone che attraverso un oggetto
noto getta luce su uno ignoto111.
Prima di procedere oltre, è bene ricordarsi di dedicare del tempo alla
lettura a voce alta del testo in originale studiato, da ripetere fino a quando si
riesca a leggere capendo e, per così dire, sentendo in latino quel che si sta
proclamando, in modo da raccogliere e gustare i frutti della fatica sopportata.
Nella prossima Lezione analizzeremo quindi la presentazione da parte di
Tommaso della tesi opposta a quella finora presentata, ovvero il «sed est
contra».
110 In italiano la congiunzione inoltre è invece il risultato della fusione di due preposizioni, in e oltre;
anche in italiano tuttavia troviamo congiunzioni la cui formazione è del tutto analoga al praeterěa
latino: per esempio, perciò, congiunzione coordinativa esplicativa, deriva dal complemento di
causa per ciò. 111 Una curiosità: l’italiano «parola» deriva proprio dal latino tardo «parabŏla». Può costituire infine
uno spunto spiritualmente utile ricordare che da un punto di vista etimologico parabállo è il
contrario di diabállo (il verbo greco da cui deriva il nome diavolo): l'uno infatti significa
«confrontare», quindi anche «mettere insieme», l'altro invece «separare, dividere».
Studio Critico della Lingua Latina
198
Roma 2013
Per verificare il mio apprendimento: Compilare le schede di analisi del periodo, della
proposizione e della parola di « Non igĭtur convenĭens …» e di « Praeterěa, praeter …»
Distinguere tra congiuntivo esortativo, ottativo, concessivo, dubitativo, potenziale e suppositivo
Riconoscere il congiuntivo eventuale, quello obliquo e quello per attrazione modale
Perché convenĭens in «convenĭens vidētur» è al genere neutro?
Dodicesima Lezione
199
Roma 2013
ANALISI DEL PERIODO: «Non igĭtur convenĭens vidētur quod eădem littěra Sacrae Scriptūrae secundum quatŭor
sensus praedictos exponātur»
Elencare le congiunzioni
specificandone il tipo
Elencare pronomi
relativi (e avverbi)
specificando il
termine al quale si
riferiscono
Elencare i predicati
(verbali o nominali)
Elencare le proposizioni, indicando per ciascuna la
congiunzione, il pronome relativo o l’avverbio da cui è
introdotta e il predicato verbale o nominale che la caratterizza
1 Igĭtur = congiunzione
coordinativa conclusiva
Non (esse) convenĭens
vidētur = predicato nominale
(con verbo modale)
Non igĭtur (esse) convenĭens vidētur
2 Quod = congiunzione
subordinativa dichiarativa
Exponātur = predicato
verbale
Quod ... exponātur
Elencare in ordine degradante le proposizioni
reggenti, complementari e attributive,
indicando per ciascuna il grado e il tipo
Disegnare il diagramma di flusso dell’intero periodo
Praeterěa … dicit
↓
Quod Scriptūra (quae … vocātur) tradĭtur quadrifarĭam
↓
Quae … videntur esse aliēna
↓
1 Non igĭtur (esse) convenĭens vidētur =
proposizione reggente enunciativa coordinata al
periodo precedente in forma conclusiva
Non igĭtur (esse) convenĭens vidētur
↓
2 Quod ... exponātur = proposizione
complementare diretta soggettiva I grado
Quod ... exponātur
Studio Critico della Lingua Latina
200
Roma 2013
ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Non igĭtur convenĭens vidētur quod eădem littěra Sacrae Scriptūrae secundum
quatŭor sensus praedictos exponātur»
Predicato
(verbale o nominale)
Soggetto Complementi diretti
(oggetto o predicativo)
Connettori
Non (esse) convenĭens
vidētur = predicato
nominale (con verbo modale
e con copula sottintesa)
(Il verbo è impersonale)
Igĭtur = coordinativo
conclusivo
Exponātur = predicato
verbale
Eădem littěra (con
attributo)
Quod = subordinativo
dichiarativo
Complementi indiretti
Complementi indiretti
Sacrae Scriptūrae = complemento di specificazione del
soggetto (con attributo)
Secundum quatŭor sensus praedictos = complemento di modo (o
di limitazione, con due attributi)
Dodicesima Lezione
201
Roma 2013
ANALISI DELLA PAROLA: «Non igĭtur convenĭens vidētur quod eădem littěra Sacrae Scriptūrae secundum quatŭor
sensus praedictos exponātur»
Parola
Parte del discorso
(sostantivo, verbo,
aggettivo, pronome,
avverbio, congiunzione,
preposizione,
esclamazione)
Paradigma e diatesi (verbi)
Declinazione (sostantivi)
Classe (aggettivi)
Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)
Complemento (preposizioni)
Modo
(verbi)
Caso
(sostantivi, aggettivi e pronomi)
Concordanza
(aggettivi, pronomi)
Tempo
(verbi)
Genere
(sostantivi, aggettivi e
pronomi)
Persona
(verbi)
Numero
(verbi , sostantivi,
aggettivi e pronomi)
Non avverbio di negazione
Igĭtur congiunzione coordinativa conclusiva
Convenĭens verbo con funzione di
aggettivo
convěnĭo, is, vēni, ventum, īre,
intransitivo, IV coniugazione, II
classe a 1 uscita
participio, nominativo (neutro e
non concordato, perché il verbo è
impersonale)
presente, neutro singolare
Vidētur verbo fraseologico viděor, ēris, visus sum, ēri,
deponente, II coniugazione
indicativo presente III singolare
Quod congiunzione subordinativa dichiarativa
Eădem aggettivo
determinativo
idem, eădem, idem nominativo, concordato con
«littěra»
femminile singolare
Littěra sostantivo littěra, ae, I declinazione nominativo femminile singolare
Sacrae aggettivo qualificativo sacer, sacra, sacrum, I classe genitivo, concordato con
«Scriptūrae»
femminile singolare
Scriptūrae sostantivo scriptūra, ae, I declinazione genitivo femminile singolare
Secundum preposizione secundum + accusativo =
complemento di modo (o di
limitazione)
Quatŭor aggettivo numerale
cardinale
indeclinabile concordato con «sensus»
Studio Critico della Lingua Latina
202
Roma 2013
Sensus sostantivo sensus, us, IV declinazione accusativo maschile plurale
Praedictos verbo con funzione di
aggettivo
praedīco, is, dīxi, dictum, ĕre,
transitivo passivo, III
coniugazione, I classe
participio, accusativo (concordato
con «sensus»)
perfetto, maschile plurale
Exponātur verbo predicativo expōno, is, posŭi, posĭtum, ĕre,
transitivo passivo, III
coniugazione
congiuntivo presente III singolare
Dodicesima Lezione
203
Roma 2013
ANALISI DEL PERIODO: «Praeterěa, praeter praedictos sensus, invenĭtur sensus parabolĭcus, qui inter illos sensus
quatŭor non continētur»
Elencare le congiunzioni
specificandone il tipo
Elencare pronomi
relativi (e avverbi)
specificando il termine
al quale si riferiscono
Elencare i
predicati (verbali
o nominali)
Elencare le proposizioni, indicando per ciascuna la congiunzione,
il pronome relativo o l’avverbio da cui è introdotta e il predicato
verbale o nominale che la caratterizza
1 Praeterěa = congiunzione
coordinativa copulativa
Qui (riferito a «sensus
parabolĭcus»)
Invenĭtur (predicato
verbale)
Praeterěa ... invenĭtur
2 Non continētur
(predicato verbale)
Qui ... non continētur
Elencare in ordine degradante le proposizioni
reggenti, complementari e attributive, indicando per
ciascuna il grado e il tipo
Disegnare il diagramma di flusso dell’intero periodo
1 Praeterěa ... invenĭtur = proposizione reggente
enunciativa coordinata al periodo precedente in forma
copulativa
Praeterěa invenĭtur sensus parabolĭcus (qui non continētur)
2 Qui ... non continētur = proposizione attributiva di I
grado
Studio Critico della Lingua Latina
204
Roma 2013
ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Praeterěa, praeter praedictos sensus, invenĭtur sensus parabolĭcus, qui inter illos
sensus quatŭor non continētur»
Predicato
(verbale o nominale)
Soggetto Complementi diretti
(oggetto o predicativo)
Connettori
Invenĭtur (predicato verbale)
Sensus parabolĭcus (con
un attributo)
Praeterěa = coordinativo
copulativo
Non continētur (predicato
verbale)
Qui (riferito a «sensus
parabolĭcus»)
Complementi indiretti
Complementi indiretti
Praeter praedictos sensus = complemento di eccedenza
(con un attributo)
Inter illos sensus quatŭor = complemento di stato in luogo (con
due attributi)
Dodicesima Lezione
205
Roma 2013
ANALISI DELLA PAROLA: «Praeterěa, praeter praedictos sensus, invenĭtur sensus parabolĭcus, qui inter illos sensus
quatŭor non continētur»
Parola
Parte del discorso
(sostantivo, verbo,
aggettivo, pronome,
avverbio, congiunzione,
preposizione,
esclamazione)
Paradigma e diatesi (verbi)
Declinazione (sostantivi)
Classe (aggettivi)
Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)
Complemento (preposizioni)
Modo
(verbi)
Caso
(sostantivi, aggettivi e pronomi)
Concordanza
(aggettivi, pronomi)
Tempo
(verbi)
Genere
(sostantivi, aggettivi e
pronomi)
Persona
(verbi)
Numero
(verbi , sostantivi,
aggettivi e pronomi)
Praeterěa congiunzione coordinativa copulativa
Praeter preposizione praeter + accusativo =
complemento di eccedenza
Praedictos verbo con funzione di
aggettivo
praedīco, is, dīxi, dictum, ĕre,
transitivo passivo, III
coniugazione, I classe
participio, concordato con
«sensus», accusativo
perfetto, maschile plurale
Sensus sostantivo sensus, us, IV declinazione accusativo maschile plurale
Invenĭtur verbo predicativo invěnĭo, is, invēni, inventum, īre,
transitivo passivo, III
coniugazione
indicativo presente III singolare
Sensus sostantivo sensus, us, IV declinazione nominativo maschile singolare
Parabolĭcus aggettivo qualificativo parabolĭcus, a, um, I classe concordato con «sensus»,
nominativo
maschile singolare
Qui pronome relativo qui, quae, quod riferito a «sensus parabolĭcus»,
nominativo
maschile singolare
Inter preposizione inter + accusativo = complemento
di stato in luogo
Illos aggettivo dimostrativo ille, illa, illud concordato con «sensus»,
accusativo
maschile plurale
Studio Critico della Lingua Latina
206
Roma 2013
Sensus sostantivo sensus, us, IV declinazione accusativo maschile plurale
Quatŭor aggettivo numerale
cardinale
indeclinabile concordato con «sensus»
Non avverbio di negazione
Continētur verbo predicativo contĭněo112
, es, continŭi,
contentum, ēre, transitivo
passivo, II coniugazione
indicativo presente III singolare
112 Qui, come già per invěnĭo e convěnĭo, viene trascritta la quantità anche della terz’ultima sillaba, per indicare quale sia la pronuncia corretta della
seconda persona singolare, contĭnes.
Roma 2013
207
Tredicesima Lezione
Il quarto capoverso dell’articŭlus decĭmus recita:
Sed est contra quod dicit Gregorĭus: «Sacra Scriptūra omnes scientĭas ipso
locutiōnis suae more transcendit: quia uno eodemque sermōne, dum narrat
gestum, prodit mysterĭum»113.
Ecco la traduzione interlineare con costruzione italiana:
Sed est contra quod dicit Gregorĭus:
Ma sta in modo contrario ciò che dice Gregorio:
« Sacra Scriptūra transcendit omnes scientĭas
«La Sacra Scrittura oltrepassa tutte le scienze
113 Gregorĭus Magnus, Moralĭa in Iob, 20,1.
In questa Lezione impareremo: a discernere i tre valori che può assumere l’ablativo
semplice: strumentale, causale e modale a usare la congiunzione dum a riconoscere il participio con funzione nominale a compilare le tre schede, di analisi del periodo, della
proposizione e della parola, di «Sed est contra …» e di
«Sacra Scriptūra omnes …»
a apprezzare alcuni rilievi etimologici
Studio Critico della Lingua Latina
208
Roma 2013
more ipso suae locutiōnis:
per il modo stesso del suo parlare:
quia uno eodemque sermōne,
poiché con un unico e medesimo discorso,
dum narrat gestum, prodit mysterĭum».
mentre narra un fatto, introduce un mistero».
Gli articoli della Summa seguono sempre lo stesso schema, debitore del
metodo con il quale nelle università
del tempo i professori trattavano gli
argomenti nelle loro lezioni, metodo
esemplarmente sintetizzato nel titolo dell’opera di Abelardo, Sic et non (il
titolo fa riferimento al fatto che a ogni domanda è possibile rispondere
positivamente o negativamente). Rispetto a una determinata questione,
l'Aquinate presenta dapprima una serie di argomentazioni a favore di una
tesi (sic), poi altre a favore dell’asserzione opposta (non); solitamente, ma non
è una regola osservata rigidamente, la tesi esposta per prima è quella
osteggiata da Tommaso, che abbraccia la seconda o propone una terza
soluzione. La prima posizione è introdotta dalla formula «vidētur quod»;
eventuali altre argomentazioni a favore della medesima tesi sono presentate
con la formula «praeterěa». La seconda posizione è quindi annunciata
dall'espressione «sed est contra»: così inizia appunto il nostro nuovo
capoverso.
vidētur quod … praeterěa … sed est contra
Tredicesima Lezione
209
Roma
2013
Dopo aver dunque raccolto tre argomenti a sostegno della tesi secondo
cui non sarebbe possibile attribuire a una medesima lettera della Sacra
Scrittura molteplici significati, Tommaso passa ora a addurre
un’argomentazione a favore dell’assunto opposto, secondo il quale sarebbe
invece possibile che una sola lettera nella Sacra Scrittura abbia più sensi.
L'argomento è uno e molto breve, basato sulla sola autorità di Gregorio
Magno. Ciò si spiega con il fatto che la tesi è quella abbracciata dallo stesso
dottor Angelico, che avrà pertanto modo di argomentarla ampiamente nella
terza parte dell'articolo, nella quale l'autore espone la soluzione alla
questione che egli stesso propone.
Cominciamo dunque con l'analisi del periodo di questo quarto
capoverso dell'articŭlus decĭmus. Per comodità,
possiamo dapprima considerare solo il breve testo con
il quale Tommaso introduce la citazione di Gregorio: la citazione stessa infatti
costituisce senz'altro un periodo a sé stante. Troviamo una congiunzione,
«sed», coordinativa avversativa, un pronome relativo, «quod», e due predicati,
«est» e «dicit». Abbiamo pertanto due proposizioni, l’una introdotta dalla
congiunzione e l'altra dal pronome relativo. Prima di procedere, tuttavia,
dobbiamo risolvere due quesiti: «est» è copula, ausiliare o predicato verbale?
«Quod» a cosa si riferisce?
Iniziamo da «est». Sicuramente non è ausiliare: non è seguito infatti da
alcun participio. Piuttosto è accompagnato dall'avverbio
di modo «contra»: tradotto letteralmente, «è in modo
contrario». Un'autorità italiana nel campo quale Vittorio Tantucci,
considererebbe senz'altro «est contra» un predicato nominale: egli infatti
analisi del periodo
est contra
Studio Critico della Lingua Latina
210
Roma 2013
ritiene che il nome del predicato «può essere formato da qualsiasi parte del
discorso usata in funzione di sostantivo»114, compreso un avverbio, e
aggiunge un esempio, «La vita è così», del tutto analogo al nostro «est contra».
Ora, però, a mio avviso, proprio il valore modale di «contra» fa sì che «est»
qui si comprenda meglio come predicato verbale, con il significato di stare:
«sta in modo contrario». Del resto, lo stesso Tantucci riconosce che il verbo
essere ha valore predicativo quando sia usato con il significato di «esistere,
stare, risiedere, appartenere, ecc.»115.
A cosa si riferisce invece il pronome relativo «quod»? Nella traduzione
italiana, «che» è evidentemente collegato al pronome dimostrativo
«ciò». La difficoltà risiede nel fatto che nel testo latino il pronome
dimostrativo è assente. In effetti, «quod» si riferisce a una pronome neutro, id
o hoc, sottinteso. Si tratta di una situazione frequente in latino. Come abbiamo
già avuto modo di rilevare, il pronome relativo in questa lingua è
sintatticamente molto più forte che nelle lingue moderne. Ciò comporta, tra
l'altro, che spesso il pronome neutro al quale allude è sottinteso, in quanto è,
per così dire, assorbito dal pronome relativo stesso, cosicché quando si legge
«quod dicit Gregorĭus» è naturale comprendere «ciò che dice Gregorio»116.
A questo punto l'analisi del periodo dovrebbe risultare agevole: «sed est
contra» è la proposizione reggente enunciativa coordinata al periodo
precedente in forma avversativa; «quod dicit» è l’attributiva di primo grado.
Anche l'analisi delle proposizioni di fatto già è stata svolta: un pronome
114 V. Tantucci, Analisi logica … op. cit., p.14. 115 V. Tantucci, Analisi logica … op. cit., nota 1 a p.13. 116 In questo senso, il pronome relativo latino quod assomiglia un po' al pronome doppio italiano
chi: quod sta per «ciò che» così come chi sta per «colui che».
quod
Tredicesima Lezione
211
Roma
2013
analisi del periodo
neutro, id o hoc, è il soggetto sottinteso del predicato verbale «est», che regge
il complemento di modo «contra»; a quel soggetto si riferisce il pronome
relativo «quod», che è il complemento oggetto di
«dicit», il cui soggetto è ovviamente «Gregorĭus».
Anche l'analisi della parola non dovrebbe presentare alcuna difficoltà;
rimandiamo perciò all'apposita scheda compilata a fine Lezione.
Veniamo piuttosto a analizzare la citazione di Gregorio Magno.
Troviamo tre predicati verbali, «transcendit», «narrat» e
«prodit», e due congiunzioni, entrambe subordinative,
l’una causale, «quia», l'altra temporale, «dum». Abbiamo pertanto la
proposizione reggente enunciativa, «transcendit», una complementare
indiretta causale, «quia … prodit», di primo grado perché subordinata
direttamente alla reggente, e una complementare indiretta temporale, «dum
narrat», di secondo grado perché subordinata alla proposizione di primo
grado.
Prima di procedere oltre, vale la pena soffermarsi brevemente sull'uso
della congiunzione dum in latino. Essa può avere tre
significati:
1) come nel nostro caso, può esprimere un rapporto di contemporaneità
rispetto a un’altra proposizione (nel nostro testo, nei confronti di
«quia prodit», alla quale «dum narrat» è infatti subordinata, tant’è che
l’una è di primo grado e l’altra di secondo grado: «mentre, nello
stesso tempo in cui narra un fatto, introduce un mistero»): vuole
allora il verbo all'indicativo presente e in italiano si traduce con
«mentre, nello stesso tempo in cui»
analisi delle proposizioni
uso di dum
Studio Critico della Lingua Latina
212
Roma 2013
2) può significare una relazione di simultaneità di durata rispetto a
un'altra proposizione («finché, per tutto il tempo durante il quale
studia, ascolta la musica»): richiede che il predicato sia coniugato a
un tempo qualsiasi dell'indicativo e in italiano si traduce con «finché,
per tutto il tempo che»
3) può rendere un legame di successione rispetto a un'altra
proposizione («finché non, fino al momento in cui non cominci a
studiare, ascolta la musica»): il verbo può trovarsi sia all'indicativo
sia al congiuntivo, a seconda che il rapporto di successione sia
pensato come oggettivo o solamente eventuale, e in italiano si traduce
con «finché, finché non117, fino al momento in cui».
Veniamo all'analisi delle proposizioni. «Transcendit» è il predicato
verbale, «Sacra Scriptūra» il soggetto e «omnes scientĭas»
il complemento oggetto. «Ipso more» invece è un
ablativo semplice, non preceduto cioè da alcuna
preposizione: quale complemento traduce?
In latino l'ablativo semplice può avere tre valori differenti:
1) strumentale: traduce il
complemento di mezzo o
strumento (solo però se si tratta di
un animale o di una cosa; se invece è una persona, si traduce con per +
l’accusativo)
117 Si noti come in italiano la congiunzione finché esprima un rapporto di simultaneità, se invece è
seguita da una negazione, finché non, uno di successione; il non tuttavia è pleonastico, ossia può
essere anche omesso.
analisi delle proposizioni
ablativo semplice: con valore strumentale …
Tredicesima Lezione
213
Roma
2013
2) modale: traduce il complemento di modo, se esso è accompagnato da
un aggettivo (tuttavia in tal caso può trovarsi anche il
cum frapposto tra sostantivo e aggettivo: ad esempio,
magna cum laude; se invece il complemento di modo è costituito solo
dal nome, allora è reso sempre con cum + l’ablativo)
3) causale: traduce il complemento di causa, qualora si tratti di una
causa interna (come nel nostro caso: il motivo per cui la
Sacra Scrittura supera tutte le scienze è interno alla
Sacra Scrittura stessa); se invece la causa è esterna (per esempio:
«Non sono più uscito a causa della pioggia»), il complemento si
traduce con ob o propter + l’accusativo (nell’esempio precedente:
«propter imbrem»).
Il nostro «ipso more», da un punto di vista sintattico, può
essere un ablativo sia strumentale, perché certo il modo non è
una persona, sia modale, poiché il complemento è accompagnato
dall’attributo «ipso», sia causale, dal momento che, come già rilevato, la causa
è senz'altro interna. Anche guardando al significato della proposizione, tutti e
tre i valori sono accettabili: il modo di esprimersi, la qualità letteraria del
testo biblico è la causa per la quale, il modo con cui e, sebbene forse con
un'interpretazione un po' forzata, lo strumento per mezzo del quale la Sacra
Scrittura supera tutte le altre scienze; ciò nondimeno, tenendo conto che mos,
moris significa appunto «modo», solitamente l'ablativo «more» viene
considerato un ablativo modale.
Anche la seconda proposizione presenta una costruzione diretta,
strutturata cioè con soggetto → predicato → complemento oggetto: «prodit» è
… modale
… causale
ipso more
Studio Critico della Lingua Latina
214
Roma 2013
il predicato verbale, «Sacra Scriptūra» il soggetto sottinteso e «mysterĭum» il
complemento oggetto. Troviamo inoltre
nuovamente un ablativo semplice, «uno
eodemque sermōne». Anche in questo caso, sintatticamente esso può assumere
tutti e tre i valori sopra elencati: strumentale perché il discorso non è una
persona, modale perché il complemento è accompagnato da uno, anzi da due
aggettivi, «uno» e «eōdem», causale perché il sermo è la Scrittura stessa.
Tuttavia, da un punto di vista semantico, questa volta risulta evidente che
l'ablativo qui ha un valore solo strumentale: infatti «l'unico e medesimo
discorso» rappresenta il mezzo attraverso cui la Scrittura introduce nel
mistero, non certo la causa per la quale o il modo con cui lo fa.
Anche la terza proposizione ha una costruzione diretta: «narrat» è il
predicato verbale, «Sacra Scriptūra» il soggetto sottinteso e «gestum» il
complemento oggetto. Occorre tuttavia spendere poche parole proprio su
«gestum»: ciò ci permette inoltre di passare all'analisi della parola.
Morfologicamente, «gestum» è un participio passato, dal verbo gero, is, gessi,
gestum, ěre, che significa tra l'altro anche «condurre a termine, compiere»; nel
latino classico è nota l'espressione res gestae, che
indica «le imprese militari», alla lettera «le cose
compiute». Ora, il participio, in latino come anche in italiano, può avere
valore verbale o nominale. Il participio verbale lo studieremo in seguito.
Nominale invece viene detto il participio che svolga la funzione di sostantivo o
aggettivo; nel nostro caso, «gestum» è un vero e proprio sostantivo: significa
«ciò che è stato compiuto», quindi semplicemente «un fatto, un evento, un
accadimento». Del resto, lo stesso sostantivo italiano fatto è il participio
uno eodemque sermōne
participio nominale
Tredicesima Lezione
215
Roma
2013
passato del verbo fare, usato così spesso nella nostra lingua con valore di
sostantivo da essere sentito come un nome a tutti gli effetti.
Proseguiamo con l'analisi della parola,
arricchendola anche con alcuni rilievi
etimologici. «Omnes» è aggettivo indefinito
di seconda classe a due uscite; potrebbe essere nominativo e accusativo
maschile e femminile plurale; qui è accusativo plurale femminile, perché
concordato con «scientĭas». Il sostantivo scientĭa deriva dal verbo scio, is, īvi,
ītum, īre, «sapere»; per la precisione, si tratta della sostantivazione del
participio attivo sciens, entis: in latino pertanto scientĭa è il
sapere in quanto attivo, indica cioè l’atto stesso del conoscere
e non un deposito statico di conoscenze, come pure potrebbe dare a pensare il
nome scienza nelle lingue moderne.
«Ipso locutiōnis suae more» sono due complementi disposti a chiasmo:
«ipso» infatti è concordato con «more» e «locutiōnis» con «suae»118. «Ipso» è
l’aggettivo determinativo ipse, a, um: potrebbe essere dativo e ablativo
singolare maschile o neutro; qui è ablativo maschile in quanto concordato con
«more». «More» è l’ablativo singolare del sostantivo
maschile di terza declinazione mos, moris: significa
«costume, modo di comportarsi» proprio del singolo o
118 Il chiasmo è una figura retorica nella quale i quattro termini di due coppie sono disposti in modo
da formare una x (simbolo che nell’alfabeto greco corrisponde alla lettera chi, da cui il nome
chiasmo): A (ipso) B (locutiōnis)
Χ
B (suae) A (more).
analisi della parola e alcuni rilievi etimologici
scientĭa
etica e morale
Studio Critico della Lingua Latina
216
Roma 2013
della società; da questo nome deriva il termine filosofico morale, così come
dall’equivalente greco éthos viene etica119. Il sostantivo locutĭo, ōnis deriva dal
verbo deponente loquor, ěris, locūtus sum, loqui, «parlare». «Suae» sarebbe
potuto essere genitivo e dativo femminile singolare, oppure nominativo
femminile plurale; qui è genitivo singolare concordato con il femminile
«locutiōnis». È aggettivo possessivo di terza persona, omofono dell’italiano
suo. Come abbiamo già avuto modo di rilevare nella nona Lezione, però, a
differenza dell’italiano suo, suus, a, um può essere usato solo quando abbia
valore riflessivo120, quando cioè si riferisca al soggetto della proposizione alla
quale appartiene; qualora invece si riferisca a un termine diverso dal
soggetto, al posto di suus, a, um si ricorre al genitivo singolare eius, eius, eius o
plurale eōrum, eārum, eōrum del pronome determinativo is, ea, id. In italiano
dunque diciamo comunque «del suo modo di parlare»; in latino invece
abbiamo, nel nostro testo, «suae locutiōnis» in quanto «suae» si riferisce al
soggetto «Scriptūra»; se però «Scriptūra» non fosse stato il soggetto della
proposizione, allora anziché «suae lucutionis» avremmo avuto «eius locutiōnis»,
alla lettera, in italiano, «del modo di parlare di lei, di essa», della Scrittura
appunto.
«Transcendit» è l’indicativo presente del verbo transcendo, is, scendi,
scensum, ěre: è curioso che in italiano significhi non «scendere», ma al
contrario «oltrepassare, superare», in quanto è composto di trans, «aldilà» +
scando, is, scandi, scansum, ěre, che significa appunto «salire» e non
119 Si tratta di due termini spesso usati come sinonimi. In filosofia, Hegel per tutti distinse tra
morale, in riferimento al modo di comportarsi del singolo individuo, e etica, in relazione alle norme
di comportamento sociali storicamente determinate. 120 Inoltre suus, a, um è aggettivo possessivo di terza persona sia singolare che plurale, mentre in
italiano la terza persona plurale è loro e non suo.
Tredicesima Lezione
217
Roma
2013
«scendere»121. L’italiano scendere viene invece, per aferesi122, dal verbo
discendere, in latino descenděre, da de + scando, «salire, muoversi giù da». In
«eodemque» troviamo la congiunzione enclitica123 que, che incontrammo già al
termine del primo capoverso: «uno eodemque» sta quindi per «uno et eodem».
Infine degne di nota sono le etimologie di tre vocaboli: «sermōne»,
«prodit» e «mysterĭum». «Sermo, ōnis» è sostantivo che viene
dal verbo sero, is, serŭi, sertum, ěre, «intrecciare»: il sermone,
o discorso, è appunto l’arte di intrecciare bene le proposizioni tra di loro, così
da formare un bel tessuto di parole. «Prodit» è il presente indicativo del verbo
prodo, is, prodĭdi, dĭtum, ěre, composto di pro + dare124: alla lettera «dare davanti,
porgere», quindi «emettere», «produrre», ma anche, come nel nostro testo,
«esporre», «tramandare»125. «Mysterĭum» infine è il calco
latino del greco mystérion: l’etimologia greca è incerta; la più
probabile lo collega al verbo mýo, «chiudere, serrare, strizzare», detto in
particolare degli occhi: il mistero allude infatti a quella divina realtà per
vedere la quale occorre uno sforzo supplementare della vista, per mettere a
fuoco la quale cioè è necessario strizzare gli occhi, come sono soliti fare i
121 Come avviene spesso nei vocaboli composti, la vocale radicale del verbo subisce un’apofonia,
(che è un’alternanza di vocale o di quantità vocalica in parole derivate dalla stessa radice), cosicché
trans-scando diventa trans-scendo. 122 Aferesi, dal greco apháiresis, «sottrazione», indica la caduta di un suono o di un gruppo di suoni
all’inizio di una parola. 123 Ricordiamo che enclitica (dal greco enclíno, «inclinarsi sopra», quindi «appoggiarsi») è detta una
parola atona, ovvero priva di accento tonico, che nella pronuncia e nella grafia si appoggia alla
parola precedente. 124 Si noti anche in questo caso il fenomeno dell’apofonia, per cui prodāre diventa proděre. 125 Bella anche l’etimologia probabile di mandāre: dalla locuzione (insieme di due o più parole che
esprime un determinato concetto e costituisce un’unità lessicale autonoma) «in manus dare», «dare
nelle mani, affidare».
sermone
mistero
Studio Critico della Lingua Latina
218
Roma 2013
miopi (miopia viene appunto dal greco mýo + ops, opós, «strizzare la vista, gli
occhi»).
Nella prossima Lezione cominceremo la lettura e l'analisi della terza
parte dell'articŭlus decĭmus, nella quale Tommaso, presentando la propria
soluzione alla questione disputata, dimostrerà perché e in che senso, come
affermato già da Gregorio, la Sacra Scrittura sia interpretabile sempre a due
livelli: a livello letterale, come esposizione di un fatto storico, e a livello
spirituale, come introduzione al mistero della vita di Dio.
Tredicesima Lezione
219
Roma
2013
Per verificare il mio apprendimento: Compilare le schede di analisi del periodo, della
proposizione e della parola di «Sed est contra …» e di «Sacra Scriptūra …»
Qual è lo schema seguito dagli articoli della Summa? In che senso il pronome relativo in latino è
sintatticamente più forte che nelle lingue moderne? Quali sono i tre significati che può avere la
congiunzione dum? Cosa si intende per ablativo strumentale? Cosa per
ablativo modale? Cosa per ablativo causale? Quando il participio è detto nominale? Da dove derivano i termini «morale» e «etica»?
In che senso il sostantivo scientĭa in latino ha un
significato più dinamico rispetto al’italiano «scienza»?
Qual è il significato etimologico del vocabolo latino sermo?
Qual è la più probabile etimologia del greco mystérion?
Studio Critico della Lingua Latina
220
Roma 2013
ANALISI DEL PERIODO: «Sed est contra quod dicit Gregorĭus»
Elencare le congiunzioni
specificandone il tipo
Elencare pronomi
relativi (e avverbi)
specificando il
termine al quale si
riferiscono
Elencare i
predicati (verbali
o nominali)
Elencare le proposizioni, indicando per ciascuna la congiunzione,
il pronome relativo o l’avverbio da cui è introdotta e il predicato
verbale o nominale che la caratterizza
1 Sed = congiunzione
coordinativa avversativa
Quod (riferito a un
«id» sottinteso)
Est (predicato
verbale)
Sed est …
2 Dicit (predicato
verbale)
Quod dicit …
Elencare in ordine degradante le proposizioni
reggenti, complementari e attributive, indicando per
ciascuna il grado e il tipo
Disegnare il diagramma di flusso dell’intero periodo
1 Sed est … = proposizione reggente enunciativa
coordinata al periodo precedente in forma avversativa
Sed (id) (quod dicit …) est …
2 Quod dicit …= proposizione attributiva di I grado
Tredicesima Lezione
221
Roma 2013
ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Sed est contra quod dicit Gregorĭus»
Predicato
(verbale o nominale)
Soggetto Complementi diretti
(oggetto o predicativo)
Connettori
Est (predicato verbale)
Id (sottinteso)
Sed = coordinativo avversativo
Dicit (predicato verbale)
Gregorĭus
Quod = complemento oggetto
Complementi indiretti
Complementi indiretti
Contra = complemento di modo
Studio Critico della Lingua Latina
222
Roma 2013
ANALISI DELLA PAROLA: «Sed est contra quod dicit Gregorĭus»
Parola
Parte del discorso
(sostantivo, verbo,
aggettivo, pronome,
avverbio, congiunzione,
preposizione,
esclamazione)
Paradigma e diatesi (verbi)
Declinazione (sostantivi)
Classe (aggettivi)
Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)
Complemento (preposizioni)
Modo
(verbi)
Caso
(sostantivi, aggettivi e pronomi)
Concordanza
(aggettivi, pronomi)
Tempo
(verbi)
Genere
(sostantivi, aggettivi e
pronomi)
Persona
(verbi)
Numero
(verbi , sostantivi,
aggettivi e pronomi)
Sed congiunzione coordinativa avversativa
Est verbo predicativo sum, es, fui, esse, coniugazione
propria, atematico, difettivo,
suppletivo
indicativo presente III singolare
Contra avverbio di modo
Quod pronome relativo qui, quae, quod riferito a un «id» sottinteso,
accusativo
neutro singolare
Dicit verbo predicativo dico, is, dixi, dictum, ĕre,
transitivo attivo, III coniugazione
indicativo presente III singolare
Gregorĭus sostantivo Gregorĭus, ĭi, II declinazione nominativo maschile singolare
Tredicesima Lezione
223
Roma 2013
ANALISI DEL PERIODO: «Sacra Scriptūra omnes scientĭas ipso locutiōnis suae more transcendit: quia uno eodemque
sermōne, dum narrat gestum, prodit mysterĭum»
Elencare le congiunzioni
specificandone il tipo
Elencare pronomi
relativi (e avverbi)
specificando il
termine al quale si
riferiscono
Elencare i predicati (verbali o
nominali)
Elencare le proposizioni, indicando per ciascuna la
congiunzione, il pronome relativo o l’avverbio da cui
è introdotta e il predicato verbale o nominale che la
caratterizza
1 Quia = congiunzione
subordinativa causale
Transcendit (predicato verbale) Transcendit
2 Dum = congiunzione
subordinativa temporale
Narrat (predicato verbale) Dum narrat …
3 Prodit (predicato verbale) Quia ... prodit
Elencare in ordine degradante le proposizioni
reggenti, complementari e attributive, indicando per
ciascuna il grado e il tipo
Disegnare il diagramma di flusso dell’intero periodo
1 Transcendit = proposizione reggente enunciativa
Transcendit
2 Quia ... prodit = proposizione complementare indiretta
causale di I grado
↓
quia ... prodit ↔ dum narrat …
3 Dum narrat …= proposizione complementare indiretta
temporale di II grado
(il simbolo ↔ sta a indicare che tra le due proposizioni complementari
sussiste un rapporto di contemporaneità temporale)
Studio Critico della Lingua Latina
224
Roma 2013
ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Sacra Scriptūra omnes scientĭas ipso locutiōnis suae more transcendit: quia uno
eodemque sermōne, dum narrat gestum, prodit mysterĭum»
Predicato
(verbale o nominale)
Soggetto Complementi diretti
(oggetto o predicativo)
Connettori
Transcendit (predicato
verbale)
Sacra Scriptūra (con
attributo)
Omnes scientĭas = complemento
oggetto (con attributo)
Narrat (predicato verbale)
Sacra Scriptūra
(sottinteso)
Gestum = complemento oggetto
Dum = subordinativo temporale
Prodit (predicato verbale)
Sacra Scriptūra
(sottinteso)
Mysterĭum = complemento
oggetto
Quia = subordinativo causale
Complementi indiretti
Complementi indiretti
Ipso more = complemento di modo (con attributo)
Suae locutiōnis = complemento di specificazione del complemento
di modo (con un attributo)
Uno eodemque sermōne = complemento di mezzo (con
due attributi)
Tredicesima Lezione
225
Roma 2013
ANALISI DELLA PAROLA: «Sacra Scriptūra omnes scientĭas ipso locutiōnis suae more transcendit: quia uno eodemque
sermōne, dum narrat gestum, prodit mysterĭum»
Parola
Parte del discorso
(sostantivo, verbo,
aggettivo, pronome,
avverbio, congiunzione,
preposizione,
esclamazione)
Paradigma e diatesi (verbi)
Declinazione (sostantivi)
Classe (aggettivi)
Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)
Complemento (preposizioni)
Modo
(verbi)
Caso
(sostantivi, aggettivi e pronomi)
Concordanza
(aggettivi, pronomi)
Tempo
(verbi)
Genere
(sostantivi, aggettivi e
pronomi)
Persona
(verbi)
Numero
(verbi , sostantivi,
aggettivi e pronomi)
Sacra aggettivo qualificativo sacer, sacra, sacrum, I classe concordato con «Scriptūra»,
nominativo
femminile singolare
Scriptūra sostantivo scriptūra, ae, I declinazione nominativo femminile singolare
Omnes aggettivo indefinito omnis, e, II classe a 2 uscite concordato con «scientĭas»,
accusativo
femminile plurale
Scientĭas sostantivo scientĭa, ae, I declinazione accusativo femminile plurale
Ipso aggettivo
determinativo
ipse, ipsa, ipsum concordato con «more», ablativo maschile singolare
Locutiōnis sostantivo locutĭo, ōnis, III declinazione in
nasale
genitivo femminile singolare
Suae aggettivo possessivo
riflessivo
suus, a, um, I classe concordato con «locutiōnis»,
genitivo
femminile III singolare
More sostantivo mos, moris, III declinazione ablativo maschile singolare
Transcendit verbo predicativo transcendo, is, scendi, scensum,
ĕre, transitivo attivo, III
coniugazione
indicativo presente III singolare
Studio Critico della Lingua Latina
226
Roma 2013
Quia congiunzione subordinativa causale
Uno aggettivo numerale
cardinale
unus, a, um, I classe,
pronominale
concordato con «sermōne»,
ablativo
maschile singolare
que congiunzione enclitica coordinativa copulativa
Eōdem aggettivo
determinativo
idem, eădem, idem concordato con «sermōne»,
ablativo
maschile singolare
Sermōne sostantivo sermo, ōnis, III declinazione in
nasale
ablativo maschile singolare
Dum congiunzione subordinativa temporale; dum +
indicativo presente = rapporto di
contemporaneità (mentre, nello
stesso tempo in cui)
Narrat verbo predicativo narro, as, āvi, ātum, āre,
transitivo attivo, I coniugazione
indicativo presente III singolare
Gestum verbo con valore di
sostantivo
gero, is, gessi, gestum, ĕre,
transitivo passivo, III
coniugazione, II declinazione
participio, accusativo passato, neutro singolare
Prodit verbo predicativo prodo, is, prodĭdi, prodĭtum, ĕre,
transitivo attivo, III coniugazione
indicativo presente III singolare
Mysterĭum sostantivo mysterĭum, ĭi, II declinazione accusativo neutro singolare
Quattordicesima Lezione
Roma
2013
227
Quattordicesima Lezione
Ecco l’incĭpit del quinto capoverso dell’articŭlus decĭmus:
Respondĕo dicendum quod auctor Sacrae Scriptūrae est Deus, in cuius potestāte est ut
non solum voces ad significandum accommŏdet (quod etĭam homo facĕre potest), sed etĭam res
ipsas.
Il medesimo testo, riscritto con costruzione italianizzata, è appena
differente:
Respondĕo dicendum quod auctor Sacrae Scriptūrae est Deus,
Rispondo che bisogna dire che l’autore della Sacra Scrittura è Dio,
in cuius potestāte est ut non solum accommŏdet voces ad significandum
nella cui potestà è che non solo adatti le parole per significare qualcosa
In questa Lezione impareremo: a distinguere tra proposizioni relative proprie e
improprie
a identificare le proposizioni infinitive a riconoscere l’uso della perifrastica passiva e del
dativo d’agente a tradurre la proposizione finale con ad + gerundio o
gerundivo a discernere tra i diversi significati che può assumere
la congiunzione subordinativa ut ad apprezzare l’etimologia di alcuni vocaboli e in
particolare di auctor
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
228
( quod etĭam homo potest facĕre), sed etĭam res ipsas.
(la qual cosa anche l’uomo può fare), ma anche le cose stesse.
«Respondeo dicendum quod» è la formula con la quale nella Summa
Tommaso, dopo aver presentato le argomentazioni pro («vidētur quod …
praeterĕa …») e contro («sed est contra …») una determinata tesi, introduce la
sezione dell'articolo in cui vengono presentate le
argomentazioni a favore della soluzione che egli
stesso propone, ovvero, nel nostro caso, quella secondo la quale il medesimo
testo della Sacra Scrittura possa avere fino a quattro sensi differenti. Ci
soffermeremo in seguito a spiegare il significato della dottrina proposta
dall'Aquinate. Per il momento, cominciamo subito con l'analisi del periodo del
testo appena trascritto.
Le congiunzioni sono tre: la subordinativa dichiarativa «quod», un’altra
subordinativa dichiarativa che incontriamo qui per
la prima volta, «ut», e la coordinativa avversativa
«sed». I pronomi relativi sono due: «cuius», riferito a «Deus», e «quod», un
neutro in cui è riassunto quanto affermato nella proposizione precedente
(ovvero la capacità di significare qualcosa attraverso le parole). I predicati
sono sei: i nominali «dicendum» e «est Deus» e i verbali «respondĕo», «est»,
«accommŏdet» e «facĕre potest».
Collegando congiunzioni e pronomi relativi ai predicati otteniamo sette
proposizioni. Iniziamo dagli accoppiamenti più manifesti. Anzitutto, i
pronomi relativi: «cuius» con «est» e «quod» con «facĕre potest». Quindi le
congiunzioni dichiarative: «quod» con «est Deus» e «ut» con «accommŏdet».
Altre due proposizioni, poste a inizio periodo, sono costituite solamente dai
«Respondĕo dicendum quod …»
analisi del periodo
Quattordicesima Lezione
229
Roma
2013
predicati: «respondĕo» e «dicendum». Resta un’ultima congiunzione, «sed», non
legata a nessun predicato: essa è infatti coordinata in forma avversativa alla
precedente «ut non solum … accommŏdet», cosicché il predicato «accommŏdet»,
per non essere ripetuto, rimane sottinteso.
La proposizione reggente è evidentemente «respondĕo». A essa è
direttamente subordinata la complementare «dicendum»: è una dichiarativa
oggettiva, in quanto costituisce il complemento oggetto di «respondĕo»,
dicendo che cosa san Tommaso risponde. A sua volta, anche «quod … est
Deus» è una complementare diretta dichiarativa, questa volta però soggettiva,
in quanto il fatto che l’autore della Sacra Scrittura sia Dio costituisce il
soggetto di «dicendum», ovvero ciò che deve essere detto. «In cuius potestāte
est» è la proposizione relativa, subordinata alla dichiarativa soggettiva. «Ut
non solum … accommŏdet» è una seconda dichiarativa soggettiva, subordinata
questa volta alla relativa: infatti è il soggetto di «est», poiché il fatto di
attribuire le parole alle cose per significarle è il potere comune a Dio e
uomini. Come già detto, «sed etĭam …» è proposizione ellittica: si contrappone
a «ut non solum …» e vi è sottinteso il predicato «accommŏdet»; nel potere di
Dio, argomenta Tommaso, è non solo di utilizzare le parole per significare le
cose, ma anche di utilizzare le cose stesse per significare altre cose: «sed etĭam
…» è quindi una dichiarativa soggettiva coordinata alla precedente
soggettiva in forma avversativa (oltre a «accommŏdet» vi è sottinteso quindi
anche un altro «ut»: nel potere di Dio è non solo che …, ma anche che …).
Un’ultima proposizione è l’attributiva «quod … facĕre potest», che, come già
detto, si riferisce alla precedente soggettiva, «ut non solum …», con essa
pertanto concordata a senso (a meno che si ipotizzi un pronome dimostrativo,
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
230
«id» o «hoc», sottinteso in quanto assorbito dal relativo «quod»). Si tratta
dunque di un periodo breve, ma composto da ben sette proposizioni,
subordinate le une alle altre fino al quinto grado! Alla fine del capitolo, nella
scheda di analisi del periodo compilata, viene riportato anche il relativo e
complesso diagramma di flusso.
Sul senso dell’argomentazione dell’Aquinate, come già detto, ci
soffermeremo nella prossima Lezione. Per il momento, vale la pena piuttosto
indugiare su alcune importanti osservazioni sintattiche. Il primo «est» ha
valore copulativo: infatti è unito al nome «Deus» e risponde alla domanda
«chi è l’autore della Sacra Scrittura?». Il secondo «est» al contrario è un
predicato verbale: non è unito né a un sostantivo né a un aggettivo e ha il
significato di «stare, risiedere» (tant’è che è accompagnato dal complemento
di stato in luogo «in potestāte»). La seconda proposizione attributiva ha invece
un predicato verbale composto da due verbi: ciò è dovuto al fatto che «potest»
è un modale, che aggiunge solo una sfumatura di significato al vero predicato
verbale, «facĕre». Questa seconda
proposizione attributiva, come già
rilevato, costituisce un autentico attributo
dell’intera proposizione alla quale si riferisce. Nella precedente attributiva
invece il pronome relativo è concordato con «Deus», ma esso stesso è un
complemento di specificazione del complemento di stato in luogo «in
potestāte», con il quale forma un tutt’uno: per questo motivo «in cuius potestāte
est» è una proposizione relativa che in verità non è un’attributiva, bensì una
complementare indiretta locativa. In simili casi, la proposizione relativa viene
definita impropria, in quanto non è un’attributiva, ossia una relativa vera e
proposizioni relative proprie e improprie
Quattordicesima Lezione
231
Roma
2013
propria, ma una complementare indiretta. Per la precisione, oltre che
locativa126, la proposizione relativa può svolgere la funzione di
complementare indiretta
1) finale: «La Sacra Scrittura esige un’interpretazione adeguata che
(=affinché essa) sia corretta»
2) consecutiva: «Tommaso costruisce argomentazioni che (= tali che)
siano inconfutabili»
3) causale: «Dio perdona costoro che (= poiché) hanno il cuore
contrito»
4) concessiva: «L’uomo, che conosce (=sebbene conosca) il bene,
compie il male»
5) ipotetica: «Il filosofo che (= se) avesse letto Tommaso, ne
rimarrebbe ammirato»
6) temporale: «Mi rivolgo a te che (= mentre) leggi».
Incontriamo infine due forme verbali caratterizzate dal suffisso -nd-
proprio del gerundio e del gerundivo: «dicendum» e «significandum». Le
considerazioni su questi due vocaboli sono un poco più complesse.
Come si ricorderà, il gerundio è un verbo con valore
di sostantivo, traduce l’infinito sostantivato italiano e ha
126 Per la verità, anche questa classificazione che stiamo presentando non è universalmente
condivisa. Ad esempio, Tantucci (Analisi logica, Poseidonia, Bologna 1997, p.203) non fa rientrare le
locative tra le relative improprie; non solo, ma trattando delle complementari indirette locative
(p.206), distingue tra queste («andremo dove ci sarà bisogno di noi») e le attributive introdotte da
un avverbio locativo che in realtà ha il valore di un pronome relativo che traduce un complemento
di luogo («Quarto è lo scoglio donde partirono i Mille», con «donde» = «dal quale»). A mio avviso,
invece, quasi ogni avverbio locativo può essere sostituito da un pronome relativo: così, proprio
nell'esempio riportato da Tantucci, «andremo dove ci sarà bisogno di noi» sta per «andremo nel
luogo in cui ci sarà bisogno di noi». Ciò mi sembra confermare che le relative possano avere anche
il valore di locative.
gerundio e gerundivo
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
232
sempre significato attivo: «dicendum» e «significandum» andrebbero tradotti
allora con «il dire» e «il significare». Il gerundivo invece è un verbo con
valore di aggettivo, ha sempre significato passivo e in italiano si traduce con
l’infinito preceduto dalla preposizione da: «dicendum» e «significandum»
starebbero pertanto per «da dirsi» e «da essere significato». Morfologimante
in latino sono due forme verbali identiche: è possibile distinguere l’una
dall’altra solo alla luce del contesto. Nel nostro periodo, entrambi i vocaboli
hanno la desinenza um, propria o del nominativo neutro singolare o
dell’accusativo singolare (il gerundio infatti si declina come un sostantivo di
seconda declinazione e il gerundivo come un aggettivo di prima classe).
Siccome il gerundio si flette solamente al singolare, manca del nominativo e
all’accusativo si usa solo se preceduto dalla preposizione ad (infatti in latino
per tradurre il verbo sostantivato con valore di soggetto o complemento
oggetto si ricorre all’infinito e non al gerundio), di conseguenza «dicendum»
non può essere un gerundio. Sarà un gerundivo: ma con quale significato?
Con quale funzione logica?
Incontriamo qui per la prima volta una costruzione molto frequente
nella lingua latina: la cosiddetta infinitiva. Finora abbiamo visto le
proposizioni complementari dirette,
soggettive o oggettive, tradotte con la
congiunzione dichiarativa quod + l’indicativo o il congiuntivo: «vidētur quod
… non habĕat», «dicit quod … tradĭtur», «non convenĭens vidētur quod …
exponātur». Anche nel nostro periodo abbiamo «quod … est Deus» e «ut non
solum … accommŏdet, sed etĭam …». Ora, però, una proposizione
complementare diretta può essere espressa anche senza l’ausilio di alcuna
proposizioni infinitive
Quattordicesima Lezione
233
Roma
2013
congiunzione dichiarativa e con il predicato all’infinito (da qui la
denominazione di infinitive); la vera particolarità è che il soggetto (e
eventualmente anche il nome del predicato nominale) della complementare
non va al nominativo, ma all’accusativo: così «si dice che l’autore della Sacra
Scrittura sia Dio» diventerà «dicĭtur auctōrem Sacrae Scriptūrae Deum esse» (del
resto, anche in un italiano un po’ più ricercato sarebbe lecito dire: «si dice
l’autore della Sacra Scrittura essere Dio»).
«Dicendum» dunque è un’infinitiva: infatti è sottintesa la copula «esse» e
«dicendum» è gerundivo, ovvero aggettivo, nome del predicato nominale.
«Respondĕo dicendum esse» alla lettera andrebbe tradotto «rispondo essere da
dirsi», quindi «rispondo che bisogna dire». Il soggetto della complementare
diretta non c’è, perché il predicato è impersonale e il soggetto è costituito
dalla soggettiva seguente, «quod … est Deus»: proprio perché impersonale, il
nome del predicato nominale è declinato al neutro, con desinenza um
(«dicendum» quindi qui è accusativo neutro, anche se di per sé sarebbe potuto
essere anche nominativo neutro o accusativo maschile).
Il gerundivo latino, come pure l’infinito preceduto dalla preposizione da
in italiano, conferiscono al verbo una specifica sfumatura di significato: quella
di necessità. Così «dicendum» diventa «bisogna dire,
si deve dire, occorre dire, è necessario dire». In
particolare, in latino, per dare a un verbo l’idea di
dovere o necessità, si ricorre appunto al gerundivo in funzione di predicato
nominale in unione con la copula esse: è la cosiddetta perifrastica127 passiva. In
quanto passiva, è una costruzione che regge il complemento d’agente: esso 127 Perifrastica o perifrasi è un insieme di due o più parole che formano un unico costrutto, che
hanno cioè una medesima funzione sintattica.
perifrastica passiva e dativo d’agente
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
234
però, in via eccezionale, non va tradotto con a/ab + l’ablativo, bensì con il
dativo semplice, detto appunto dativo d’agente. Perciò ad esempio, «tu devi
leggere questo libro», in latino diventa «questo libro è da essere letto da te»,
«hic liber tibi legendus est».
«Significandum» è retto dalla preposizione «ad»: quindi è sicuramente
un accusativo singolare. Lo si può interpretare sia come un gerundio, e allora
va tradotto alla lettera con «per il
significare», sia come gerundivo
sottintendendo un pronome neutro con il quale concorderebbe, per esempio
«ad id significandum», e andrebbe tradotto «a ciò da essere significato, a ciò che
sia da significare». In entrambi i casi, il senso della proposizione non cambia
affatto (capacità comune a uomini e Dio è di utilizzare le parole per
significare le cose), cosicché è senz’altro preferibile la prima soluzione, perché
la più semplice128.
Abbiamo già avuto modo di rilevare che nel periodo che stiamo
esaminando viene utilizzato «ut» come congiunzione subordinativa
dichiarativa, con lo stesso significato di «quod». Poiché ut è congiunzione di
uso molto frequente in latino, vale la pena presentare brevemente i significati
che può assumere:
1) dichiarativo: che, il fatto che
2) temporale: quando, allorché
3) comparativo e modale: come
4) finale: affinché
128 In filologia, un simile criterio viene chiamato lectĭo facilĭor, «la lettura più facile»: quando la
tradizione manoscritta di un testo presenta diverse versioni di un medesimo passo, si adotta quella
più semplice e lineare, più facile appunto, da un punto di vista sia sintattico sia semantico.
ad + gerundio o gerundivo
la congiunzione subordinativa ut
Quattordicesima Lezione
235
Roma
2013
5) consecutivo: cosicché
6) concessivo: sebbene
Nei primi tre significati richiede di norma l’indicativo, negli ultimi tre
invece il congiuntivo. In tutti i casi è comunque una congiunzione
subordinativa. Qui, si diceva, ha valore dichiarativo, eppure regge il
congiuntivo («accommŏdet» infatti è della prima coniugazione, quella nella
quale la vocale tematica e è propria del congiuntivo presente): come mai?
Rispondere a questa domanda è possibile ricordando quando in latino si
utilizza il congiuntivo nelle subordinate:
1) con valore eventuale: per sottolineare
che quanto si sta dicendo è solo
un’eventualità, la quale non necessariamente si realizzerà
2) con valore obliquo: per avvertire che ciò che viene affermato è
soltanto un’opinione, la quale può essere anche errata
3) per attrazione modale, ovvero quando la proposizione dipenda
da un’altra il cui predicato sia al congiuntivo o all’infinito.
Nel nostro caso, non si dà attrazione modale: «accommŏdet» infatti
dipende da una proposizione con il predicato all’indicativo, «est». Quello che
Tommaso dice non è nemmeno considerato una mera opinione: è piuttosto
una verità da tutti riconosciuta. Dunque qui il congiuntivo ha valore
eventuale: Dio può utilizzare le parole per significare le cose, ma non è detto
che poi lo faccia realmente.
Dopo tutte queste digressioni, possiamo passare
all’analisi di ciascuna proposizione. Delle prime due non
c’è quasi nulla da dire: abbiamo rispettivamente un
congiuntivo nelle subordinate in latino
analisi della
proposizione
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
236
predicato verbale, «respondĕo», con soggetto sottinteso, «ego», e un predicato
nominale, «dicendum», senza soggetto perché il verbo è impersonale. Anche la
terza proposizione è molto semplice: predicato nominale, «Deus est»,
soggetto, «auctor», e complemento di specificazione del soggetto, «Sacrae
Scriptūrae». Abbiamo già superato le difficoltà che presenta la quarta
proposizione: «est» è un predicato verbale, privo di soggetto perché
impersonale; «in potestāte» è il complemento di stato in luogo accompagnato
dal complemento di specificazione «cuius». Anche i nodi delle ultime due
soggettive, coordinate fra loro in forma avversativa, sono stati sciolti: unico
predicato è «accommŏdet», con «Deus» soggetto sottinteso; «voces» e «res ipsas»
sono i complementi oggetto e «ad significandum» il complemento di fine (si
noti che nella traduzione italiana il complemento di fine diventa una
proposizione complementare indiretta finale: «per significare qualcosa», ossia
«affinché le parole significhino qualcosa», con «le parole» soggetto sottinteso,
«significare» predicato verbale e «qualcosa» complemento oggetto). L’unica
attributiva mostra una semplice costruzione diretta: soggetto, «homo»,
predicato verbale, «facĕre potest», complemento oggetto, «quod».
L’analisi della parola non dovrebbe ormai essere causa di alcuna
incertezza. Solo la declinazione di Deus presenta alcune particolarità: a suo
proposito, invitiamo a prendere visione della relativa tabella a fine volume,
nell’ottava Appendice. Concludiamo
pertanto con alcuni rilievi etimologici.
Accommŏdo è un verbo composto da ad + cum + modus, alla lettera «porre con
modo qualcosa rispetto a altro», quindi «adattare». Homo, mĭnis è sostantivo
collegato probabilmente a humus, «terra»: designa perciò l’uomo in quanto
alcuni rilievi etimologici
Quattordicesima Lezione
237
Roma
2013
«terrestre». Signifĭco è verbo composto da signum + facĕre, «fare, fungere da
segno», quindi «fare in modo che qualcosa rinvii a qualcos’altro»: vedremo
che proprio in questo specifico senso il vocabolo significāre assume un ruolo
centrale all’interno dell’argomentazione che Tommaso verrà sviluppando.
Qualche parola in più infine vale la pena spenderla per il sostantivo
auctor. Esso deriva dal verbo augĕo, es, auxi, auctum, ēre e
indica
1) colui che porta a pienezza qualcosa di già esistente,
2) accrescendola, dandole valore, rendendola viva, fornendole
durata,
3) cosicché l’auctor è al tempo stesso colui che fa una cosa nuova, la
quale non esisteva prima.
In effetti, autore è
1) colui che sa interpretare le nostre esperienze,
2) dando forma, senso e durata a ciò che viviamo,
3) conferendo così la freschezza della novità al vissuto di sempre.
È perciò, sempre secondo l’etimologia latina del termine, colui che
viene in nostro aiuto (auxilĭum deriva infatti sempre da augĕo), compiendo
un’opera sublime (augusta, aggettivo proveniente anch’esso da augĕo), per
eccellenza umana.
Nella prossima Lezione studieremo una costruzione tipica del latino, il
cosiddetto cum + l’ablativo, e cominceremo a comprendere il senso
dell’argomentazione formulata da Tommaso.
auctor, ōris
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
238
Per verificare il mio apprendimento: Compilare le schede di analisi del periodo, della
proposizione e della parola di «Respondĕo
dicendum…»
Nella Summa cosa introduce la formula «respondĕo
dicendum quod …»? Quando una proposizione relativa è detta propria?
Perché in tal caso viene chiamata anche attributiva? Quando invece una proposizione relativa è detta
impropria? Quali funzioni essa può svolgere? Cos’è una proposizione infinitiva? Perché è chiamata
così? Cos’è la perifrastica passiva? Cosa il dativo
d’agente? Come si traduce solitamente la proposizione finale o
il complemento di fine in latino? Quali significati può assumere la congiunzione
subordinativa ut? In quali casi può essere utilizzato il congiuntivo nelle
proposizioni subordinate in latino?
Qual è l’etimologia di homo, di significāre e di
auctor?
Quattordicesima Lezione
Roma
2013
239
ANALISI DEL PERIODO: «Respondĕo dicendum quod auctor Sacrae Scriptūrae est Deus, in cuius potestāte est ut non solum voces ad
significandum accommŏdet (quod etĭam homo facĕre potest), sed etĭam res ipsas»
Elencare le congiunzioni
specificandone il tipo
Elencare pronomi relativi (e avverbi)
specificando il termine al quale si
riferiscono
Elencare i predicati (verbali
o nominali)
Elencare le proposizioni, indicando
per ciascuna la congiunzione, il
pronome relativo o l’avverbio da cui
è introdotta e il predicato verbale o
nominale che la caratterizza
1 Quod = congiunzione
subordinativa dichiarativa
Cuius (riferito a «Deus») Respondĕo (predicato verbale) Respondĕo
2 Ut = congiunzione
subordinativa dichiarativa
Quod (riferito a «ut non solum ...»
ovvero a un «id» sottinteso)
Dicendum (esse) (predicato
nominale)
Dicendum (esse)
3 Sed = congiunzione
coordinativa avversativa
Est Deus (predicato nominale) Quod ... est Deus
4 Est (predicato verbale) In cuius potestāte est
5 Accommŏdet (predicato
verbale)
Ut non solum ... accommŏdet
6 Facĕre potest (predicato
verbale)
Quod ... facĕre potest
7 (Accommŏdet) (predicato
verbale)
Sed (ut) etĭam ... (accommŏdet)
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
240
Elencare in ordine degradante le proposizioni
reggenti e complementari, indicando per ciascuna il
grado e il tipo
Disegnare il diagramma di flusso dell’intero periodo
Respondĕo
↓
Dicendum
↓
Quod … est Deus
↓
In cuius potestāte est
↓
Ut non solum voces … accommŏdet < > sed (ut) etĭam res ipsas (accommŏdet)
↓
(Quod … facĕre potest)
1 Respondĕo = proposizione reggente enunciativa
2 Dicendum (esse) = proposizione complementare diretta
oggettiva infinitiva di I grado
3 Quod ... est Deus = proposizione complementare diretta
soggettiva di II grado
In cuius potestāte est = proposizione relativa impropria
complementare indiretta locativa di III grado
5 Ut non solum ... accommŏdet = proposizione
complementare diretta soggettiva di IV grado
6 Sed (ut) etĭam ... (accommŏdet) = proposizione
complementare diretta soggettiva di IV grado
coordinata alla precedente in forma avversativa
7 Quod ... facĕre potest = proposizione attributiva di V
grado
Quattordicesima Lezione
241
Roma
2013 ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Respondĕo dicendum quod auctor Sacrae Scriptūrae est Deus, in cuius potestāte est»
Predicato
(verbale o nominale)
Soggetto Complementi diretti
(oggetto o predicativo)
Connettori
Respondĕo (predicato
verbale)
Ego (sottinteso)
Dicendum (esse) (predicato
nominale)
(impersonale)
Est Deus (predicato
nominale)
Auctor
Quod = congiunzione
subordinativa dichiarativa
Est (predicato verbale)
(impersonale)
Complementi indiretti
Complementi indiretti
Sacrae Scriptūrae = complemento di specificazione del
soggetto (con attributo)
In potestāte = complemento di stato in luogo
Cuius (riferito a «Deus») = complemento di specificazione del
complemento di stato in luogo
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
242
ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Ut non solum voces ad significandum accommŏdet (quod etĭam homo facĕre potest), sed etĭam res ipsas»
Predicato
(verbale o nominale)
Soggetto Complementi diretti
(oggetto o predicativo)
Connettori
Accommŏdet (predicato verbale)
Deus (sottinteso)
Voces = complemento oggetto
Ut = congiunzione subordinativa
dichiarativa
Facĕre potest (predicato verbale
con verbo modale)
Homo
Quod (riferito alla precedente
soggettiva)= complemento oggetto
Accommŏdet (predicato verbale
sottinteso)
Deus (sottinteso)
Res ipsas = complemento oggetto
(con attributo)
Sed = congiunzione coordinativa
avversativa
Complementi indiretti
Complementi indiretti
Ad significandum = complemento di fine
Quattordicesima Lezione
243
Roma
2013
ANALISI DELLA PAROLA: «Respondĕo dicendum quod auctor Sacrae Scriptūrae est Deus, in cuius potestāte est ut non solum voces ad
significandum accommŏdet (quod etĭam homo facĕre potest), sed etĭam res ipsas»
Parola
Parte del discorso
(sostantivo, verbo,
aggettivo, pronome,
avverbio, congiunzione,
preposizione,
esclamazione)
Paradigma e diatesi (verbi)
Declinazione (sostantivi)
Classe (aggettivi)
Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)
Complemento (preposizioni)
Modo
(verbi)
Caso
(sostantivi, aggettivi e pronomi)
Concordanza
(aggettivi, pronomi)
Tempo
(verbi)
Genere
(sostantivi, aggettivi e
pronomi)
Persona (verbi)
Numero (verbi , sostantivi,
aggettivi e pronomi)
Respondĕo verbo predicativo respondĕo, es, respondi,
responsum, -ēre, transitivo attivo,
II coniugazione
indicativo presente I singolare
Dicendum verbo con valore di
aggettivo
dico, is, dixi, dictum, -ĕre,
passivo, III coniugazione, I classe
gerundivo, accusativo neutro singolare
(Esse) verbo copulativo sum, es, fui, esse, coniugazione
propria, atematico, difettivo,
suppletivo
infinito presente
Quod congiunzione subordinativa dichiarativa
Auctor sostantivo auctor, ōris, III declinazione nominativo maschile singolare
Sacrae aggettivo qualificativo sacer, sacra, sacrum, I classe concordato con «Scriptūrae»,
genitivo
femminile singolare
Scriptūrae sostantivo scriptūra, ae, I declinazione genitivo femminile singolare
Est verbo copulativo sum, es, fui, esse, coniugazione
propria, atematico, difettivo,
suppletivo
indicativo presente III singolare
Deus sostantivo Deus, i, II declinazione nominativo maschile singolare
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
244
In preposizione in + ablativo = complemento di
stato in luogo
Cuius pronome relativo qui, quae, quod riferito a «Deus», genitivo maschile singolare
Potestāte sostantivo potestas, ātis, III declinazione in
dentale
ablativo femminile singolare
Est verbo predicativo sum, es, fui, esse, coniugazione
propria, atematico, difettivo,
suppletivo
indicativo presente III singolare
Ut congiunzione subordinativa dichiarativa
Non avverbio di negazione
Solum avverbio di modo
Voces sostantivo vox, vocis, III declinazione in
gutturale
accusativo femminile plurale
Ad preposizione ad + accusativo = complemento
di fine
Significandum verbo con valore di
sostantivo
signifĭco, as, āvi, ātum, āre,
transitivo attivo, I coniugazione, I
declinazione
gerundio, accusativo neutro singolare
Accommŏdet verbo predicativo accommŏdo, as, āvi, ātum, āre,
transitivo attivo, I coniugazione
congiuntivo presente III singolare
Quod pronome relativo qui, quae, quod riferito a senso a «ut non solum
...» ovvero a un «id» o «hoc»
sottinteso, accusativo
neutro singolare
Etĭam congiunzione coordinativa copulativa
Homo sostantivo homo, mĭnis, III declinazione in
nasale
nominativo maschile singolare
Facĕre verbo predicativo facĭo, is, feci, factum, -ĕre,
transitivo attivo, III coniugazione
in –ĭo
infinito presente
Quattordicesima Lezione
245
Roma
2013 Potest verbo modaale possum, potes, potŭi, posse,
coniugazione propria, atematico,
difettivo, suppletivo
indicativo presente III singolare
Sed congiunzione coordinativa avversativa
Etĭam congiunzione coordinativa copulativa
Res sostantivo res, rei, V declinazione accusativo femminile plurale
Ipsas aggettivo
determinativo
ipse, ipsa, ipsum concordato con res, accusativo femminile plurale
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
246
Quindicesima Lezione
Il nuovo periodo suona così:
Et idĕo, cum in omnĭbus scientĭis voces signifĭcent, hoc habet
proprĭum ista scientĭa, quod ipsae res significātae per voces, etĭam
signifĭcant alĭquid.
Ecco quindi la costruzione italianizzata con la traduzione interlineare:
Et idĕo, cum in omnĭbus scientĭis voces signifĭcent,
E perciò, mentre in tutte le scienze le parole significano qualcosa,
ista scientĭa habet hoc proprĭum, quod ipsae res
codesta scienza ha questo di proprio, cioè il fatto che le stesse cose
In questa Lezione impareremo: ad apprezzare la dottrina del doppio triangolo semantico a definire cosa si intenda per natura prolettica e
epesegetica di un pronome o di una congiunzione a conoscere i significati della congiunzione cum quando
regge l'indicativo e quando regge il congiuntivo
a riflettere sulla natura coordinativa o subordinativa delle congiunzioni avversative
a riconoscere il participio nominale e quello attributivo a discernere tra l’uso verbale del participio come participio
congiunto e come ablativo assoluto a identificare il complemento di pertinenza e quello di
mezzo a valutare in che misura la parola «anche» possa essere
considerata una congiunzione e in quale misura invece un
avverbio
Quindicesima Lezione
Roma
2013
247
significātae per voces, signifĭcant etĭam alĭquid.
significate attraverso le parole, significano anche qualcosa.
Tommaso stabilisce un confronto tra la teologia, alla quale egli
attribuisce lo statuto di scienza, e le altre scienze:
mentre queste ultime utilizzano un linguaggio nel
quale le parole significano qualche cosa, la teologia
invece si serve della Sacra Scrittura, cosicché oltre a usare le parole per dire
qualche cosa, può fare ricorso alle cose stesse per significare altre cose ancora.
Per apprezzare appieno l'argomentazione dell’Aquinate occorre comprendere
meglio come funziona il linguaggio.
La lingua è un sistema di segni: essa cioè per natura adopera qualcosa,
le parole, per riferirsi ad altro, gli oggetti. Così, se dico «penna», questo
suono, le sillabe «pen-na», rinviano a un determinato oggetto sul mio tavolo.
Ora, però, il problema è il seguente: cosa rende possibile la connessione tra la
le sillabe «pen-na», che la linguistica contemporanea chiama significanti, e
l'oggetto «penna», il quale viene definito referente, cioè ciò appunto a cui il
significante fa riferimento? In altre parole, come è possibile che quando io
dico «penna», voi capiate cosa intendo? Se non si
riesce a rispondere a questa domanda, se non si riesce
a giustificare quindi la capacità del linguaggio di significare le cose in modo
che chi ascolta o legga comprenda, si cade nello spettro dell'incomunicabilità,
nella solitudine irrelata del solipsismo. Già ai tempi di Platone, la soluzione a
una simile questione si era cristallizzata in due posizioni opposte, entrambe
aporetiche:
l’argomentazione di Tommaso
lo spettro della incomunicabilità
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
248
1) quella secondo la quale le parole significano per sé stesse, per
natura, le cose: ma allora non si capisce perché
esistano una pluralità di lingue, e soprattutto si
finisce con il fare del linguaggio, da una parte, il
deposito statico della verità, anziché lo strumento di ricerca e di
produzione di essa, e dall’altra un inutile doppione delle cose;
2) quella secondo la quale ciascuno attribuisce arbitrariamente alle
cose i nomi che vuole: ma allora non sarebbe più possibile
comprendersi e comunicare perché, secondo un noto esempio
apportato da Socrate nel Cratilo (385a), quando io dico «cavallo»
tu potresti intendere «uomo», e viceversa.
L'errore, come già Platone riconobbe con lucidità, consiste nel fatto di
pensare il linguaggio come rapporto
immediato tra nome e cosa, non importa poi
se dando il primato all'arbitrarietà dei nomi o
alla natura invariabile delle cose. Ora, invece, i nomi sono capaci di riferirsi
alle cose non immediatamente, bensì grazie alla mediazione di un terzo: il
significato. Il linguaggio funziona reggendosi su quello che gli stoici
avrebbero identificato come il triangolo semantico: i
vertici alla base sono costituiti dal significante e dal
referente; questi due vertici però sono collegati
tra di loro grazie al vertice opposto alla base,
che è appunto il significato. In altri termini,
quando pronuncio la parola «penna», voi
comprendete cosa intendo dire perché
naturalismo e convenzionalismo
il triangolo semantico
significante
significato
referente
Quindicesima Lezione
Roma
2013
249
condividiamo il medesimo significato che attribuiamo sia alle sillabe «pen-
na» sia a quell'oggetto sul tavolo. Condizione di possibilità, dýnamis del
linguaggio, è il mondo di significati socialmente condiviso e stabilito: Platone
lo chiama éthos, Wittgenstein Lebensform.
Tommaso sa bene tutto ciò. Nella sua argomentazione egli fa uso dei
termini con un significato tecnico preciso. Per questo, come vedremo, ripete
sempre gli stessi, al fine di risultare il più chiaro
possibile: sceglie di adottare un linguaggio
scientificamente univoco, anche a rischio di perdere
in qualità letteraria. Vox è il vocabolo utilizzato per dire «parola, nome,
significante». Res dice invece «la cosa, il fatto, il referente». Infine
significāre/significāta è il mondo di significati: il vertice opposto alla base che
rappresenta la mediazione immediata tra vox e res, e permette alla prima di
fungere da segno, signum facĕre, della seconda.
Ebbene, lo specifico della Sacra Scrittura è di poter utilizzare le stesse
res, ossia le cose e i fatti significati dalle voces,
dalle parole, come significanti di altre res. Si
viene a creare così quello che potremmo
definire un doppio triangolo semantico:
1) nel primo, una vox significa una res: per esempio, l'espressione
«sacrificio di Isacco» rinvia a quel determinato episodio
raccontato nel libro della Genesi;
2) nel secondo, lo stesso episodio storico diventa segno, vox,
significante che rinvia a un’altra res: nell’esempio precedente, il
res significātae
per voces
il doppio triangolo semantico
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
250
sacrificio di Isacco stesso si fa segno del sacrificio del Figlio di Dio
compiuto in Gesù.
In questo senso, una medesima parola nella Sacra Scrittura può avere
due significati: il primo, storico o letterale (il primo triangolo semantico); il
secondo, spirituale (il secondo
triangolo semantico). Poiché
poi il senso spirituale può
assumere la forma di tre significati distinti, in tutto nella Bibbia una sola
lettera può arrivare ad avere fino a quattro sensi. È questa la dottrina che
Tommaso sviluppa in questo capoverso e nel seguente. Nelle prossime
Lezioni dovremo solo render conto in maniera più puntuale della distinzione
dell'unico senso spirituale in tre significati diversi. Per il momento tuttavia
possiamo passare senz'altro all'analisi del periodo che abbiamo trascritto
all’inizio.
la dottrina dei quattro sensi della Sacra Scrittura
significato letterale
significato spirituale
significante referente/significante referente
Quindicesima Lezione
Roma
2013
251
Le congiunzioni sono quattro: la coordinativa copulativa «et»; la
coordinativa esplicativa «idĕo»; la subordinativa
avversativa «cum»; la subordinativa dichiarativa
«quod». «Idĕo» è una congiunzione frutto della fusione
di «id eo», alla lettera «ciò per ciò» (eo infatti è l’ablativo singolare neutro, con
valore causale, di id); del resto, anche l'italiano «perciò» in origine era il
complemento di causa «per ciò». «Quod» è una congiunzione che conosciamo
bene; qui tuttavia al significato dichiarativo oggettivo si aggiunge una
sfumatura epesegetica (dal greco epexéghesis,
«spiegazione in più, supplementare»): serve infatti a
esplicitare il significato del complemento oggetto, il pronome dimostrativo
«hoc», il quale, proprio in quanto allude a qualcosa che deve essere ancora
detto («ha questo di proprio»: che cosa?), viene definito prolettico (dal greco
proleptikós, «che anticipa»). Infine «cum»: si tratta di un vocabolo spesso usato
con il valore di preposizione che regge l'ablativo, equivalente all'italiano
«con»; qui invece è utilizzato come congiunzione. Sull'uso di cum come
congiunzione occorre spendere alcune parole.
In unione con l'indicativo, ha valore temporale, con diverse sfumature
di significato: un generico «quando», un «quand'ecco» per introdurre un fatto
nuovo o contrapposto, un iterativo «ogni
volta che», un simultaneo «e intanto».
Seguito dal congiuntivo (il cosiddetto cum e il
congiuntivo), è utilizzato invece per narrare eventi passati (per questo viene
detto cum narrativo o storico): può allora avere valore temporale, «quando»,
prolessi e epesegesi
significati della congiunzione cum
analisi del periodo
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
252
causale, «poiché», concessivo, «sebbene», o, come nel nostro caso,
avversativo, «mentre»129.
Finora abbiamo considerato le avversative come proposizioni
coordinate. Ciò è giustificato dal fatto che l’avversativa è un tipo di
congiunzione coordinativa, semanticamente opposta alla copulativa. Una
simile interpretazione è
confermata dal fatto che una
proposizione
complementare introdotta da una congiunzione avversativa sottintende la
congiunzione subordinativa della proposizione alla quale si contrappone;
proprio nel periodo precedente ne abbiamo avuto una riprova: «ut non solum
accomŏdet …, sed (ut) etĭam (accommŏdet)». Se invece l’avversativa si
contrappone a una reggente, allora l’abbiamo interpretata come coordinata
alla precedente reggente in forma avversativa: così si ricorderà forse che nel
primo capoverso «Sacra autem Scriptūra debet esse effĭcax …» l'abbiamo
qualificata una proposizione reggente enunciativa coordinata in forma
avversativa al periodo precedente. Ora, però, nel testo che stiamo
analizzando «cum … signifĭcent» si oppone alla reggente «et idĕo … habet», ma
è complementare: dunque in questo caso la congiunzione avversativa è
subordinativa e non coordinativa? In effetti sì, ma perché cum è una
congiunzione subordinativa originariamente temporale, con una sfumatura
129 Agli studenti italiani in genere si consiglia di tradurre il cum e il congiuntivo con un gerundio
(nel nostro caso, «significando le parole in tutte le scienze qualcosa»), che poi si può scegliere di
rendere in forma esplicita con una proposizione temporale, causale, concessiva o avversativa. In
effetti, a differenza del gerundio latino, che è un nome verbale, il gerundio italiano è un verbo
predicativo implicito.
l’avversativa: una congiunzione subordinativa o coordinativa?
Quindicesima Lezione
Roma
2013
253
di significato avversativa: «codesta scienza ha questo di proprio, nello stesso
tempo in cui al contrario …».
Le congiunzioni dunque sono quattro. Pronomi relativi non ce ne sono.
I predicati invece sono «signifĭcent», «habet», «significātae», «signifĭcant», tutti
verbali. Abbiamo pertanto quattro proposizioni: la reggente, «et idĕo …
habet», la complementare diretta oggettiva epesegetica di primo grado, «quod
… signifĭcant», la complementare indiretta avversativa di primo grado, «cum
… signifĭcent» (non cambia nulla se la si intende di secondo grado, come
subordinata all’oggettiva, dal momento che quest’ultima, rappresentando il
complemento oggetto della reggente, fa tutt’uno con essa). Resta
«significātae»; è un participio: che valore ha?
Il participio, come suggerisce il nome stesso, è un verbo che partecipa
della natura dei nomi: come un verbo, ha un tempo, presente, passato o
futuro, e una diatesi, attiva o passiva; come un nome, si declina secondo il
modello degli aggettivi di prima classe (participi futuri, attivi, e passati,
passivi) o di seconda classe (participi presenti, attivi). Nella tredicesima
Lezione, abbiamo avuto modo di
presentare il participio nominale: viene
chiamato così quando svolge la funzione di sostantivo o di aggettivo, la qual
cosa accade spesso anche nelle lingue moderne (ad esempio, «lo studente»,
participio presente di «studiare», o «interessante», participio presente di
«interessare»). In San Tommaso abbiamo incontrato sia un participio con
valore di sostantivo, «dum narrat gestum», «mentre narra un fatto», sia un
participio con valore di aggettivo, «non igĭtur vidētur convenĭens», «non
sembra dunque conveniente».
il participio nominale
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
254
In latino però il participio viene sovente utilizzato come un verbo, con
valore dunque verbale o predicativo. Viene definito congiunto il participio che
abbia valore predicativo e sia
concordato, congiunto appunto, con un
termine della proposizione dalla quale
dipende: il participio congiunto può avere valore temporale («quando»),
causale («poiché»), concessivo («sebbene»), condizionale («se»), finale
(«affinché»). Ablativo assoluto invece è il nome che viene dato al participio con
valore predicativo che però non sia concordato con nessun altro termine del
periodo al quale appartiene (per questo viene detto assoluto, dal latino
«absolutūm», ovvero sintatticamente «sciolto» dal contesto in cui è inserito):
l'altra particolarità sintattica è che sia il soggetto sia il participio stesso vanno
in caso ablativo (da qui ovviamente la denominazione di ablativo assoluto). Per
il resto, il participio in ablativo assoluto va tradotto come il participio
congiunto130.
Torniamo al nostro «significātae». È un participio passato concordato
con «res»: pertanto non può essere un ablativo assoluto. Non si tratta
nemmeno di un participio congiunto: infatti non si presta a essere tradotto in
forma temporale, causale, concessiva,
condizionale o finale, o più
semplicemente non si lascia tradurre in italiano con un gerundio. Ha senso
piuttosto come aggettivo di «res»: «le cose significate». Ora, però, è anche
130 Anche per il participio predicativo, congiunto o in ablativo assoluto che sia, vale quanto detto
per il cum e il congiuntivo: in italiano, in prima approssimazione, lo si può tradurre con un
gerundio, semplice se il participio è presente, composto se il participio è passato, per poi valutare
se esplicitarlo in forma temporale, causale, concessiva, condizionale o finale.
il participio congiunto e l’ablativo assoluto
il participio attributivo
Quindicesima Lezione
Roma
2013
255
vero che «significātae» regge a sua volta un complemento: «per voces»,
«attraverso le parole». Non solo, ma il participio si traduce altrettanto bene,
se non meglio, con una proposizione attributiva, anziché con un semplice
aggettivo: «le cose che sono state significate». In effetti, tutti i participi con
valore di aggettivo possono essere tradotti anche con una proposizione
relativa, che non a caso viene chiamata attributiva. Per chiarezza
terminologica, d'ora in avanti chiameremo allora nominali i participi che
svolgano la funzione di sostantivo o di aggettivo, e attributivi quelli con
valore di aggettivo che però reggano almeno un complemento, così da
costituire, come nel nostro caso, una proposizione attributiva a sé.
L'analisi delle proposizioni a questo punto non dovrebbe opporre
difficoltà. La reggente presenta una
costruzione diretta: soggetto, «ista scientĭa»,
predicato, «habet», complemento oggetto,
«hoc proprĭum». Da notare che in latino «proprĭum» è attributo di «hoc», invece
in italiano il pronome «questo» regge il
complemento di pertinenza, «di proprio»131. La
complementare introdotta da «cum» ha il verbo al
congiuntivo, con valore eventuale: «mentre in tutte le scienze le parole
possono eventualmente significare qualcosa». In italiano, il predicato
«significano» non può stare da solo, ma deve reggere il complemento oggetto
131 Il complemento di pertinenza serve a definire a chi o a cosa attiene, inerisce, chi o cosa riguarda
ciò cui il complemento si riferisce. In italiano spesso è introdotto dall'aggettivo «proprio»: ad
esempio, «è proprio di Agostino scrivere bene»; in latino di solito si usa il genitivo di pertinenza
senza bisogno che venga preceduto dall'aggettivo proprĭum: «est Augustīni bene scribĕre». È curioso
che qui troviamo invece una situazione inversa: in latino si usa l'aggettivo «proprĭum» come
attributo del pronome dimostrativo «hoc», mentre in italiano si ha il complemento di pertinenza,
«di proprio».
analisi delle proposizioni
complemento di pertinenza
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
256
«qualcosa»; in latino, invece, Tommaso utilizza «signifĭcent» senza
complemento diretto: termine tecnico che indica il vertice opposto alla base
del triangolo semantico, da solo sta per «le parole fungono da segno».
Nell'oggettiva invece l’Aquinate cambia costruzione e scrive «signifĭcant
alĭquid». Nell’attributiva infine il soggetto è il vocabolo con il quale il
participio è concordato, «res»; il complemento oggetto non c'è, perché il
participio passato è passivo; c'è un solo complemento indiretto, «per voces»: la
preposizione «per» sottolinea la natura strumentale del complemento132, che
sarebbe potuto essere espresso anche con un ablativo semplice, «vocĭbus», più
equivoco però, perché avrebbe portato con
sé anche una sfumatura modale.
Per l'analisi della parola, si può rimandare alla scheda a fine capitolo.
Qui spendiamo poche parole solo per valutare la natura di «anche»: è una
congiunzione o un avverbio? Alcuni dizionari la interpretano come avverbio
rafforzativo, in quanto in effetti
rafforza un vocabolo all'interno di
una proposizione: nel nostro caso,
«significano anche qualcosa». Altri come congiunzione, perché spesso
introduce una proposizione: ad esempio, «anche leggendo molto, …»,
proposizione complementare indiretta concessiva. La natura equivoca di
questa parola è confermata dal latino etĭam, composto dalla congiunzione et +
l’avverbio iam, alla lettera «e già». In effetti, si tratta di un caso limite; noi la
qualificheremo di preferenza quale congiunzione coordinativa copulativa,
132 Si noti che per, sempre con l'accusativo, introduce anche il complemento di moto per luogo: in
effetti, come si percorre un tragitto per giungere a una meta, così in maniera del tutto analoga si
usa uno strumento per ottenere un fine.
anche: congiunzione o avverbio?
complemento di mezzo
Quindicesima Lezione
Roma
2013
257
sebbene riconosciamo legittimo classificarla anche come avverbio
rafforzativo. Nel testo che stiamo esaminando non l'abbiamo comunque
compresa tra le congiunzioni influenti per l'analisi del periodo, perché non
introduce una proposizione; la sua funzione semantica è piuttosto di
affermare che nella Sacra Scrittura sia le parole significano qualcosa sia questo
qualcosa a sua volta significa qualcos'altro.
Nella prossima Lezione potremo procedere più velocemente e
concludere la lettura del quinto capoverso.
Per verificare il mio apprendimento: Compilare le schede di analisi del periodo, della
proposizione e della parola di «Et idĕo …»
Cosa si intende con l'espressione «spettro dell'incomunicabilità»?
Qual è il significato tecnico con il quale Tommaso
nell'articŭlus decĭmus utilizza i termini «vox»,
«res» e «significāre»?
In che senso il significato è la dýnamis del
linguaggio? Cos’è il doppio triangolo semantico nella dottrina
dei quattro sensi della Sacra Scrittura dell'Aquinate?
Quando un pronome o una congiunzione hanno valore prolettico? Quando epesegetico?
Quali significati ha la congiunzione cum quando regge l'indicativo? Quali quando regge il congiuntivo?
In che senso le avversative possono essere interpretate sempre come congiunzioni coordinative?
Cosa si intende per participio nominale? Cosa per participio attributivo?
Quando un participio si dice congiunto? Cosa è invece il cosiddetto ablativo assoluto?
Cos’è il complemento di pertinenza? Cosa il complemento di mezzo?
In che senso la parola «anche» può essere interpretata sia come congiunzione sia come avverbio?
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258
ANALISI DEL PERIODO: «Et idĕo, cum in omnĭbus scientĭis voces signifĭcent, hoc habet proprĭum ista scientĭa, quod ipsae res significātae per
voces, etĭam signifĭcant alĭquid»
Elencare le congiunzioni
specificandone il tipo
Elencare pronomi
relativi (e avverbi)
specificando il
termine al quale si
riferiscono
Elencare i predicati
(verbali o nominali)
Elencare le proposizioni, indicando per ciascuna la
congiunzione, il pronome relativo o l’avverbio da cui è
introdotta e il predicato verbale o nominale che la caratterizza
1 Et = congiunzione coordinativa
copulativa
Signifĭcent (predicato
verbale)
Et idĕo ... habet
2 Idĕo = congiunzione copulativa
esplicativa
Habet (predicato
verbale)
Cum … signifĭcent
3 Cum = congiunzione
subordinativa avversativa
Significātae
(predicato verbale)
Quod … signifĭcant
4 Quod = congiunzione
subordinativa dichiarativa
epesegetica
Signifĭcant (predicato
verbale)
Significātae
Elencare in ordine degradante le proposizioni reggenti e
complementari, indicando per ciascuna il grado e il tipo
Disegnare il diagramma di flusso dell’intero periodo
Et idĕo … habet hoc proprĭum
↓
Quod ipsae res (significātae) … signifĭcant ‹› cum … signifĭcent
1 Et idĕo … habet = proposizione reggente enunciativa coordinata al
periodo precedente in forma copulativa e esplicativa
2 Quod … signifĭcant = proposizione complementare diretta
oggettiva epesegetica di I grado
3 Significātae = proposizione attributiva implicita di II grado
4 Cum … signifĭcent = proposizione complementare indiretta
avversativa di II grado (o anche di I)
Quindicesima Lezione
Roma
2013
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ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Et idĕo, cum in omnĭbus scientĭis voces signifĭcent, hoc habet proprĭum ista scientĭa»
Predicato
(verbale o nominale)
Soggetto Complementi diretti
(oggetto o predicativo)
Connettori
Signifĭcent (predicato
verbale)
Voces
Cum = congiunzione
subordinativa avversativa
Habet (predicato verbale)
Ista scientĭa (con attributo)
Hoc proprĭum = complemento
oggetto (con attributo)
Et = congiunzione coordinativa
copulativa
Idĕo = congiunzione
coordinativa esplicativa
Complementi indiretti
Complementi indiretti
In omnĭbus scientĭis = complemento di stato in luogo con
attributo
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Roma 2013
260
ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Quod ipsae res significātae per voces, etĭam signifĭcant alĭquid»
Predicato
(verbale o nominale)
Soggetto Complementi diretti
(oggetto o predicativo)
Connettori
Significātae (predicato
verbale)
Ipsae res (concordato con)
Signifĭcant (predicato
verbale)
Ipsae res (con attributo)
Alĭquid= complemento oggetto
Quod = congiunzione
subordinativa dichiarativa
epesegetica
Complementi indiretti
Complementi indiretti
Per voces = complemento di mezzo
Quindicesima Lezione
Roma
2013
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ANALISI DELLA PAROLA: «Et idĕo, cum in omnĭbus scientĭis voces signifĭcent, hoc habet proprĭum ista scientĭa, quod ipsae res significātae per
voces, etĭam signifĭcant alĭquid»
Parola
Parte del discorso
(sostantivo, verbo, aggettivo, pronome,
avverbio, congiunzione, preposizione,
esclamazione)
Paradigma e diatesi (verbi)
Declinazione (sostantivi)
Classe (aggettivi)
Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)
Complemento (preposizioni)
Modo
(verbi)
Caso
(sostantivi, aggettivi e
pronomi)
Concordanza
(aggettivi, pronomi)
Tempo
(verbi)
Genere
(sostantivi,
aggettivi e
pronomi)
Persona
(verbi)
Numero
(verbi, sostantivi,
aggettivi e pronomi)
Et congiunzione coordinativa copulativa
Idĕo congiunzione coordinativa esplicativa
Cum congiunzione subordinativa avversativa
(+ congiuntivo)
In preposizione in + ablativo = complemento di
stato in luogo
Omnĭbus aggettivo indefinito omnis, omne, II classe a 2 uscite concordato con
«scientĭis», ablativo
femminile plurale
Scientĭis sostantivo scientĭa, ae, I declinazione ablativo femminile plurale
Voces sostantivo vox, vocis, III declinazione in
gutturale
nominativo femminile plurale
Signifĭcent verbo predicativo signifĭco, as, āvi, ātum, āre,
transitivo attivo, I coniugazione
congiuntivo presente III plurale
Hoc pronome dimostrativo hic, haec, hoc accusativo neutro singolare
Habet verbo predicativo habĕo, es, habŭi, habĭtum, habēre,
transitivo attivo, II coniugazione
indicativo presente III singolare
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Roma 2013
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Proprĭum aggettivo qualificativo proprĭus, a, um, I classe concordato con «hoc»,
accusativo
neutro singolare
Ista aggettivo dimostrativo iste, ista, istud concordato con
«scientĭa», nominativo
femminile singolare
scientĭa sostantivo scientĭa, ae, I declinazione nominativo femminile singolare
Quod congiunzione subordinativa dichiarativa
epesegetica
Ipsae aggettivo determinativo ipse, ipsa, ipsum concordato con «res»,
nominativo
femminile plurale
Res sostantivo res, rei, V declinazione nominativo femminile plurale
Significātae verbo con valore di attributo signifĭco, as, āvi, ātum, āre,
transitivo passivo, I coniugazione,
I classe
participio, concordato
con «res», nominativo
passato,
femminile
plurale
Per preposizione per + accusativo = complemento
di mezzo
Voces sostantivo vox, vocis, III declinazione in
gutturale
accusativo femminile plurale
Etĭam congiunzione coordinativa copulativa
Signifĭcant verbo predicativo signifĭco, as, āvi, ātum, āre,
transitivo attivo, I coniugazione
indicativo presente III plurale
Alĭquid pronome indefinito alĭquis, alĭquid accusativo neutro singolare
Roma
2013
263
Sedicesima Lezione
Il nuovo periodo suona:
Illa ergo prima significatĭo, qua voces signifĭcant res, pertĭnet ad
primum sensum, qui est sensus historĭcus vel litterālis.
La costruzione italianizzata richiede un solo spostamento appena:
Illa prima significatĭo ergo, qua voces signifĭcant res,
Quel primo significato dunque, con il quale le parole significano le cose,
pertĭnet ad primum sensum, qui est sensus historĭcus vel litterālis.
attiene al primo senso, che è il senso storico o letterale.
La congiunzione è solo una: la coordinativa conclusiva «ergo». I
pronomi relativi sono due: «qua», riferito a
«significatĭo», e «qui», concordato con «sensum».
Proprio come ci si aspetterebbe, i predicati sono tre: «signifĭcant», «pertĭnet» e
In questa Lezione impareremo:
la costruzione di pertinĕo con ad + l'accusativo
a conoscere i possibili significati degli avverbi latini
vero e itěrum a distinguere nel significato i pronomi indefiniti
alter, ěra, ěrum e alĭus, a, ud ad apprezzare alcuni rilievi etimologici
a discernere tra senso letterale e spirituale
analisi del periodo
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
264
il nominale «est sensus». Siccome i relativi non sono collocati a inizio frase,
introducono due subordinate. La reggente pertanto è sicuramente «ergo …
pertĭnet», coordinata al periodo precedente in forma conclusiva. «Qui est
sensus …» è un’attributiva di primo grado: infatti risponde alla domanda «che
cos'è, qual è il primo senso?». Invece «qua … signifĭcant» non è un’attributiva,
dal momento che non spiega «chi» o «che cosa» o «quale» sia il primo
significato; del resto, «qua» è in caso ablativo: quale complemento traduce?
Alla luce di quanto detto nella tredicesima Lezione, l'ablativo semplice
qui di per sé potrebbe avere valore strumentale (il «significato» infatti non è
senz'altro una persona) o causale
(interpretando il «significato» come una causa
interna); non modale invece, perché «qua» non
è accompagnato da un aggettivo. Il «significato» però, piuttosto che la causa,
è semmai il mezzo attraverso il quale le parole sono in grado di rinviare alle
cose: perciò «qua» è sicuramente un ablativo strumentale. Conseguentemente,
«qua … signifĭcant» è una proposizione relativa impropria, complementare
indiretta strumentale di primo grado.
L'analisi delle due proposizioni relative è molto semplice. L’attributiva
è formata solo da soggetto, «qui», e predicato nominale, «est sensus …». La
strumentale ha soggetto, «voces», predicato verbale,
«signifĭcant», complemento oggetto, «res», e
complemento di mezzo, «qua». La reggente, oltre al
soggetto, «illa prima significatĭo», è costituita da un predicato verbale,
«pertĭnet», che regge un complemento indiretto, «ad primum sensum»: in
italiano, esso è un complemento di termine, «al primo senso»; in latino invece
ablativo semplice
analisi delle proposizioni
Sedicesima Lezione
Roma
2013
265
è un complemento di moto a luogo, «ad primum sensum». Come mai? Si è
soliti dire che alcuni verbi latini abbiano una
determinata costruzione: per esempio, pertinĕo
regge ad + l'accusativo. Questa regola pratica è
esatta, tuttavia ha alle sue spalle una motivazione storica che la legittima. Il
verbo tenēre, da cui deriva pertinēre, in origine era un verbo di movimento
(quindi intransitivo), usato per designare il «giungere», l'«arrivare»,
l’«approdare» di una nave. Anche pertinēre conserva il significato concreto di
«tendere verso» (il prefisso per- conferisce a tenēre un aspetto durativo:
l’azione è intesa come continuata), da cui il figurato «attendere a, occuparsi
di»; l'originario significato di movimento spiega pertanto perché pertinĕo
regga un complemento di moto a luogo, che nell’accezione di «attendere a»
sarà ovviamente da intendersi anch’esso in senso figurato.
Poiché l'analisi della parola non presenta nulla di significativo,
possiamo passare senz'altro ad considerare il periodo successivo:
Illa vero significatĭo qua res significātae per voces, itĕrum res alĭas
signifĭcant, dicĭtur sensus spirituālis; qui super litterālem fundātur, et eum
suppōnit.
Ecco il medesimo testo con costruzione italianizzata e traduzione
interlineare:
Illa significatĭo vero qua res significātae per
Quel significato invece con il quale le cose significate attraverso
pertinĕo con
ad + l’accusativo
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
266
voces, itĕrum signifĭcant alĭas res, dicĭtur sensus spirituālis;
le parole, a loro volta significano altre cose, è detto senso spirituale;
qui fundātur super litterālem, et eum suppōnit.
il quale è fondato sopra il letterale, e lo suppone.
Questo periodo è un po' più complesso. Abbiamo due congiunzioni
coordinative: l’avversativa «vero» e la copulativa «et». Anche i pronomi
relativi sono due: «qua», riferito a «significatĭo», e
«qui», concordato con «sensus spirituālis». I
predicati sono cinque, tutti i verbali: «significātae», «signifĭcant», «dicĭtur»,
«fundātur» e «suppōnit». Per individuare le proposizioni, come al solito
cominciamo dal collegare i pronomi relativi ai rispettivi predicati: «qui …
fundātur» è evidente; «qua» invece a cosa va collegato?
La difficoltà è dovuta alla presenza di «significātae»: è il medesimo
participio attributivo incontrato nella scorsa Lezione; è concordato con «res»,
ma non può essere introdotto da «qua»: infatti il participio attributivo traduce
una proposizione relativa senza ricorrere all’uso di alcun pronome relativo.
L'attributiva «significātae per
voces» è pertanto inclusa nella
relativa «qua … signifĭcant»,
ovvero idealmente racchiusa al suo interno tra due virgole o parentesi.
Quest'ultima, come era avvenuto già nel precedente periodo, è una relativa
impropria, complementare indiretta strumentale di primo grado, in quanto
introdotta dall'ablativo di mezzo «qua». È palese che la congiunzione «et»
analisi del periodo
participio attributivo incluso nella relativa impropria
Sedicesima Lezione
Roma
2013
267
vada unita a «suppōnit» e che la coordinazione in forma copulativa sia
rispetto alla relativa «qui … fundātur»: quindi anche «et … suppōnit» è
un’attributiva di primo grado coordinata in forma copulativa alla precedente
attributiva. L'ultima proposizione rimanente sarà necessariamente la
reggente, enunciativa, coordinata al periodo precedente in forma avversativa:
«vero … dicĭtur».
Per quanto riguarda l'analisi delle proposizioni, l'unica nota degna di
rilievo è il complemento predicativo del
soggetto «sensus spiritualis»: esso si
riferisce al soggetto «illa prima significatĭo»
e va a completare il significato del predicato verbale «dicĭtur», uno dei
cosiddetti verbi appellativi, che al passivo reggono appunto il predicativo del
soggetto; in latino, si ha il cosiddetto doppio nominativo: l'uno del soggetto e
l'altro del complemento predicativo. Concludiamo con alcune osservazioni
relative all'analisi della parola e con un paio di rilievi etimologici.
La congiunzione coordinativa «vero» non va confusa con l’aggettivo
italiano «vero», sebbene effettivamente derivi da verus, a, um: alla lettera, «in
verità», sia in senso affermativo, «certamente»,
sia, come nel nostro testo, in senso avversativo,
«ma» (proprio come accade, del resto, anche in italiano con la congiunzione
«invero»). «Itĕrum» è un avverbio appunto iterativo, che cioè esprime
ripetizione133, «di nuovo», a volte, come nel nostro caso, con sfumatura anche
avversativa, «dall'altra parte, di contro». Alĭus, a, ud è un aggettivo di prima
classe pronominale indefinito (anche la desinenza neutra ud è tipica di alcuni 133 In latino, «ripetizione» si dice iteratĭo e «ripetere» iterāre. Itĕrum non ha invece nessun legame
etimologico con iter, itinĕris, «cammino, via», da cui l'italiano «itinerario».
complemento predicativo del soggetto
alcuni rilievi etimologici
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
268
pronomi): significa «altro (fra molti)», di contro a alter, tĕra, tĕrum (anch'esso
aggettivo di prima classe pronominale), «un altro (fra due)». Le ultime due
proposizioni relative, coordinate fra loro in forma cupolativa, sono costruite
su un gioco di parole. Infatti «super litterālem fundātur» significa «ha come
fondamento il senso letterale», «eum suppōnit» invece «pone il senso letterale
sotto di sé» (supponĕre viene infatti da sub + ponĕre, «porre sotto»):
evidentemente «avere qualcosa come il proprio fondamento» è la stessa cosa
che dire «averlo sotto di sé».
Come avevamo anticipato, Tommaso nella sua argomentazione ripete
fino alla monotonia sempre gli stessi tre termini tecnici: vox, due volte negli
ultimi due periodi appena analizzati, res, tre volte,
significāre o significatĭo, cinque volte. La ripetizione
assicura senz'altro solidità e chiarezza
all'argomentare. L’Aquinate ha spiegato che nella Sacra Scrittura una sola
lettera può avere due sensi: l'uno letterale o storico, nella misura in cui la
lettera appunto, o significante, rinvii a una realtà, a un fatto o personaggio
storico134 (il primo triangolo semantico); l'altro spirituale, allorché la stessa
realtà significata attraverso la lettera a sua volta diventi significante che rinvii
a un'altra realtà, questa volta spirituale appunto, ovvero attinente al mistero
divino, al modo stesso di vedere di Dio (il secondo triangolo semantico). Nel
capoverso seguente, che cominceremo ad analizzare nella prossima Lezione,
134 Historĭa è calco del greco historía, vocabolo che deriva dalla radice Ƒid, comune anche, tra gli
altri, al greco óida, «so in quanto ho visto», al platonico idéa, la «forma» in quanto «ciò che è visibile
agli occhi dell’intelletto», e al latino vidĕo: historĭcus pertanto è colui che racconta un fatto perché
egli stesso lo ha visto o ne ha ascoltato il racconto da un testimone oculare.
senso letterale e
senso spirituale
Sedicesima Lezione
Roma
2013
269
Tommaso procederà a chiarire che il senso spirituale si articola a sua volta in
tre significati differenti.
Per verificare il mio apprendimento: Compilare le schede di analisi del periodo, della
proposizione e della parola di «Illa ergo prima …» e di «Illa vero significatĭo …»
Perché pertinĕo regge ad + l'accusativo?
In «Illa vero significatĭo …», perché «qua» può essere ablativo strumentale e causale, ma non modale?
Quale coppia di significati possono avere gli avverbi
«vero» e «itĕrum»?
Qual è la differenza di significato tra alĭus, a, ud e
alter, ĕra, ĕrum?
Quale gioco di parole utilizza Tommaso nelle ultime
due proposizioni relative coordinate in forma copulativa, in «Illa vero significatĭo …»?
Qual è la differenza tra senso letterale o storico e senso spirituale?
Studio Critico della Lingua Latina
Roma
2013
270
ANALISI DEL PERIODO: «Illa ergo prima significatĭo, qua voces signifĭcant res, pertĭnet ad primum sensum, qui est sensus historĭcus vel
litterālis»
Elencare le congiunzioni
specificandone il tipo
Elencare pronomi
relativi (e avverbi)
specificando il
termine al quale si
riferiscono
Elencare i predicati
(verbali o nominali)
Elencare le proposizioni, indicando per ciascuna la
congiunzione, il pronome relativo o l’avverbio da cui è
introdotta e il predicato verbale o nominale che la caratterizza
1 Ergo = congiunzione
coordinativa conclusiva
Qua (riferito a
«significatĭo»)
Signifĭcant (predicato
verbale)
Ergo ... pertĭnet
2 Qui (riferito a
«primum sensum»)
Pertĭnet (predicato
verbale)
Qua … signifĭcant
Est sensus …
(predicato nominale)
Qui est sensus …
Elencare in ordine degradante le proposizioni
reggenti e complementari, indicando per ciascuna il
grado e il tipo
Disegnare il diagramma di flusso dell’intero periodo
1 Ergo … pertĭnet = proposizione reggente enunciativa
coordinata al periodo precedente in forma conclusiva
Ergo illa prima significatĭo pertĭnet ad primum sensum (qui est sensus …) ↓
Qua … signifĭcant
2 Qua … signifĭcant = proposizione relativa impropria,
complementare indiretta strumentale, di I grado
3 Qui est sensus … = proposizione attributiva di I grado
Sedicesima Lezione
Roma
2013
271
ANALISI DELLE PROPOSIZIONI: «Illa ergo prima significatĭo, qua voces signifĭcant res, pertĭnet ad primum sensum, qui est sensus
historĭcus vel litterālis»
Predicato
(verbale o nominale)
Soggetto Complementi diretti
(oggetto o predicativo)
Connettori
Signifĭcant (predicato
verbale)
Voces
Res = complemento oggetto
Pertĭnet (predicato verbale)
Illa prima significatĭo (con
due attributi)
Ergo = congiunzione
coordinativa conclusiva
Est sensus … (predicato
nominale con due attributi)
qui (riferito a «ad primum
sensum»
Complementi indiretti
Complementi indiretti
Qua (riferito a «prima significatĭo») = complemento di
mezzo
Ad primum sensum = complemento di moto a luogo figurato (con
un attributo)
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
272
ANALISI DELLA PAROLA: «Illa ergo prima significatĭo, qua voces signifĭcant res, pertĭnet ad primum sensum, qui est sensus historĭcus
vel litterālis»
Parola
Parte del discorso
(sostantivo, verbo,
aggettivo, pronome,
avverbio, congiunzione,
preposizione,
esclamazione)
Paradigma e diatesi (verbi)
Declinazione (sostantivi)
Classe (aggettivi)
Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)
Complemento (preposizioni)
Modo
(verbi)
Caso
(sostantivi, aggettivi e pronomi)
Concordanza
(aggettivi, pronomi)
Tempo
(verbi)
Genere
(sostantivi, aggettivi e
pronomi)
Persona
(verbi)
Numero
(verbi , sostantivi,
aggettivi e pronomi)
Illa aggettivo dimostrativo ille, illa, illud concordato con «significatĭo»,
nominativo
femminile singolare
Ergo congiunzione coordinativa conclusiva
Prima aggettivo numerale
ordinale
primus, a, um, I classe concordato con «significatĭo»,
nominativo
femminile singolare
Significatĭo sostantivo significatĭo, ōnis, III declinazione
in nasale
nominativo femminile singolare
Qua pronome relativo qui, quae, quod riferito a «significatĭo», ablativo femminile singolare
Voces sostantivo vox, vocis, III declinazione in
gutturale
nominativo femminile plurale
Signifĭcant verbo predicativo signifĭco, as, āvi, ātum, āre,
transitivo attivo, I coniugazione
indicativo presente III plurale
Res sostantivo res, rei, V declinazione accusativo femminile plurale
Pertĭnet verbo predicativo pertiněo, es, pertinŭi, ēre,
intransitivo, II coniugazione,
difettivo
indicativo presente III singolare
Sedicesima Lezione
Roma
2013
273
Ad preposizione ad + accusativo = complemento
di moto a luogo
Primum aggettivo numerale
ordinale
primus, a, um, I classe concordato con «sensum»,
accusativo
maschile singolare
Sensum sostantivo sensus, us, IV declinazione accusativo maschile singolare
Qui pronome relativo qui, quae, quod riferito a «sensum», nominativo maschile singolare
Est verbo copulativo sum, es, fui, esse, coniugazione
propria, atematico, difettivo,
suppletivo
indicativo presente III singolare
Sensus sostantivo sensus, us, IV declinazione nominativo maschile singolare
Historĭcus aggettivo qualificativo historĭcus, a, um, I classe concordato con «sensus»,
nominativo
maschile singolare
Vel congiunzione coordinativa disgiuntiva inclusiva
Litterālis aggettivo qualificativo litterālis, e, II classe a 2 uscite concordato con «sensus»,
nominativo
maschile singolare
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
274
ANALISI DEL PERIODO: «Illa vero significatĭo qua res significātae per voces, itĕrum res alĭas signifĭcant, dicĭtur sensus spirituālis; qui
super litterālem fundātur, et eum suppōnit»
Elencare le congiunzioni
specificandone il tipo
Elencare pronomi
relativi (e avverbi)
specificando il
termine al quale si
riferiscono
Elencare i predicati
(verbali o nominali)
Elencare le proposizioni, indicando per ciascuna la
congiunzione, il pronome relativo o l’avverbio da cui è
introdotta e il predicato verbale o nominale che la
caratterizza
1 Vero = congiunzione
coordinativa avversativa
Qua (riferito a
«significatĭo»)
Significātae (predicato
verbale)
Vero ... dicĭtur
2 Et = congiunzione coordinativa
copulativa
Qui (riferito a
«sensus spirituālis»)
Signifĭcant (predicato
verbale)
Qua ... signifĭcant
3 Dicĭtur (predicato verbale) Significātae
4 Fundātur (predicato
verbale)
Qui ... fundātur
5 Suppōnit (predicato
verbale)
Et (qui) ... suppōnit
Elencare in ordine degradante le proposizioni
reggenti e complementari, indicando per ciascuna il
grado e il tipo
Disegnare il diagramma di flusso dell’intero periodo
Vero illa significatĭo dicĭtur sensus spirituālis (qui fundātur <et> suppōnit)
↓
Qua res (significātae) signifĭcant
1 Vero ... dicĭtur = proposizione reggente enunciativa
coordinata al periodo precedente in forma avversativa
2 Qua ... signifĭcant = proposizione relativa impropria,
complementare indiretta strumentale, di I grado
3 Qui ... fundātur = proposizione attributiva di I grado
4 Et (qui) ... suppōnit = proposizione attributiva di I
grado coordinata alla precedente in forma copulativa
5 Significātae = proposizione attributiva di II grado
Sedicesima Lezione
Roma
2013
275
Diagramma di flusso del quinto capoverso:
Respondĕo
↓
Dicendum ↓
Quod … est Deus
↓
In cuius potestāte est
↓
Ut non solum voces … accommŏdet (quod … facĕre potest) < > sed (ut) etĭam res ipsas (accommŏdet)
↓
Et idĕo … habet hoc proprĭum
↓
Quod ipsae res (significātae) … signifĭcant ‹› cum … signifĭcent
↓
Ergo prima significatĭo pertĭnet ad primum sensum (qui est sensus…)<>Vero illa significatĭo dicĭtur sensus spirituālis (qui fundātur <et> suppōnit)
↓ ↓
Qua … signifĭcant Qua res (significātae) signifĭcant
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
276
ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Illa vero significatĭo qua res significātae per voces, itĕrum res alĭas signifĭcant, dicĭtur sensus
spirituālis»
Predicato
(verbale o nominale)
Soggetto Complementi diretti
(oggetto o predicativo)
Connettori
Dicĭtur (predicato verbale)
Illa significatĭo (con un
attributo)
Sensus spirituālis = complemento
predicativo del soggetto (con un
attributo)
Vero = congiunzione
coordinativa avversativa
Signifĭcant (predicato verbale)
res
Alĭas res = complemento oggetto
(con un attributo)
Significātae (predicato verbale)
(Riferito a res)
Complementi indiretti
Complementi indiretti
Itĕrum = avverbio iterativo
Per voces = complemento di mezzo
Qua (riferito a «illa significatĭo»)= complemento o di
mezzo
Sedicesima Lezione
Roma
2013
277
ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Qui super litterālem fundātur et eum suppōnit»
Predicato
(verbale o nominale)
Soggetto Complementi diretti
(oggetto o predicativo)
Connettori
Fundātur (predicato verbale)
Qui (riferito a «sensus
spirituālis»)
Suppōnit (predicato verbale)
Qui (sottinteso e riferito a
«sensus spirituālis»)
Eum = complemento oggetto
Et = congiunzione coordinativa
copulativa
Complementi indiretti
Complementi indiretti
Super litterālem = complemento di stato in luogo
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
278
ANALISI DELLA PAROLA: «Illa vero significatĭo qua res significātae per voces, itĕrum res alĭas signifĭcant, dicĭtur sensus spirituālis; qui
super litterālem fundātur, et eum suppōnit»
Parola
Parte del discorso
(sostantivo, verbo,
aggettivo, pronome,
avverbio, congiunzione,
preposizione,
esclamazione)
Paradigma e diatesi (verbi)
Declinazione (sostantivi)
Classe (aggettivi)
Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)
Complemento (preposizioni)
Modo
(verbi)
Caso
(sostantivi, aggettivi e pronomi)
Concordanza
(aggettivi, pronomi)
Tempo
(verbi)
Genere
(sostantivi, aggettivi e
pronomi)
Persona
(verbi)
Numero
(verbi , sostantivi,
aggettivi e pronomi)
Illa aggettivo dimostrativo ille, illa, illud concordato con «significatĭo»,
nominativo
femminile singolare
Vero congiunzione coordinativa avversativa
Significatĭo sostantivo significatĭo, ōnis, III declinazione
in nasale
nominativo femminile singolare
Qua pronome relativo qui, quae, quod riferito a «significatĭo», ablativo femminile singolare
res sostantivo res, rei, V declinazione nominativo femminile plurale
Significātae verbo con funzione
attributiva
signifĭco, as, āvi, ātum, āre,
transitivo passivo, I
coniugazione, I classe
participio, concordato con «res»,
nominativo
passato, femminile plurale
Per preposizione per + accusativo = complemento
di mezzo
Voces sostantivo vox, vocis, III declinazione in
gutturale
accusativo femminile plurale
Itĕrum avverbio iterativo
Res sostantivo res, rei, V declinazione accusativo femminile plurale
Alĭas aggettivo indefinito alĭus,a, ud, I classe pronominale concordato con «res», accusativo femminile plurale
Sedicesima Lezione
Roma
2013
279
Signifĭcant verbo predicativo signifĭco, as āvi, ātum, āre,
transitivo attivo, I coniugazione
indicativo presente III plurale
Dicĭtur verbo predicativo dico, is, dixi, dictum, -ĕre,
transitivo passivo, III
coniugazione
indicativo presente III singolare
Sensus sostantivo sensus, us, IV declinazione nominativo maschile singolare
Spirituālis aggettivo qualificativo spirituālis, e, II classe a 2 uscite concordato con «sensus»,
nominativo
maschile singolare
Qui pronome relativo qui, quae, quod riferito a «sensus», nominativo maschile singolare
Super preposizione super + accusativo =
complemento di stato in luogo
Litterālem pronome qualificativo litterālis, e, II classe a 2 uscite concordato con «sensum»
sottinteso, accusativo
maschile singolare
Fundātur verbo predicativo fundo, as, āvi, ātum, āre,
transitivo passivo, I coniugazione
indicativo presente III singolare
Et congiunzione coordinativa copulativa
Eum pronome
determinativo
is, ea, id riferito a «(sensum) litterālem»,
accusativo
maschile singolare
Suppōnit verbo predicativo suppōno, is, posŭi, posĭtum, ĕre,
transitivo attivo, III coniugazione
indicativo presente III singolare
280
Roma 2013
Diciassettesima Lezione
Come anticipato, il senso spirituale si suddivide a sua volta in tre
significati distinti:
Hic autem sensus spirituālis trifarĭam dividĭtur.
Ecco la costruzione italianizzata con traduzione interlineare:
Autem hic sensus spirituālis dividĭtur trifarĭam.
Ma questo senso spirituale si divide in tre forme.
L'analisi del periodo ovviamente non occorre di farla: c'è un'unica
proposizione, reggente enunciativa, coordinata al
precedente capoverso in forma avversativa («autem»).
Anche l'analisi della proposizione è semplicissima: soggetto, «hic sensus
spirituālis», predicato verbale, «dividĭtur», complemento di modo, «trifarĭam».
«Trifarĭam», come il «quadrifarĭam» che incontrammo all'inizio del secondo
In questa Lezione impareremo: la coniugazione del perfetto indicativo passivo a riconoscere il participio futuro a identificare e definire cosa sia una proposizione
incidentale quali sono i tre sensi spirituali della Sacra Scrittura
che cosa sia l'interpretazione tipologica
trifarĭam
Diciassettesima Lezione
Roma 2013
281
capoverso del testo di San Tommaso, è un aggettivo numerale moltiplicativo,
in caso accusativo non perché complemento oggetto (il quale non sarebbe
potuto esserci, dal momento che il predicato è un verbo passivo), ma in
quanto avverbio (è il cosiddetto accusativo avverbiale o alla greca), in genere
femminile e numero singolare perché concordato con il sottinteso «partem».
Nel periodo seguente, l’Aquinate esplicita il primo dei tre sensi
spirituali:
Sicut enim dicit Apostŏlus, lex vetus figūra est novae legis.
La costruzione italianizzata richiede appena un paio di spostamenti:
Sicut enim dicit Apostŏlus, vetus lex est figūra legis novae.
Come infatti dice l'Apostolo, l'antica legge è figura della nuova legge.
La citazione di San Paolo non è relativa a un passo in particolare; si
riferisce piuttosto ai capitoli dal settimo al decimo della Lettera agli Ebrei,
laddove Cristo viene interpretato quale compimento della prima alleanza, la
quale era soltanto figura della seconda e
definitiva. Questo modo di interpretare
l'Antico Testamento nell'esegesi cristiana avrebbe assunto il nome di tipologia.
«Figūra» infatti nell'originale greco dell'Apostolo è týpos: derivato dal verbo
týpto, «battere, percuotere», indicava genericamente un «marchio, sigillo»,
quindi anche una «figura scolpita, bassorilievo» e ancora più in generale un
«modello, esemplare», un «tipo» appunto. Quando San Paolo scrive che
l’interpretazione tipologica
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
282
Adamo «è figura (týpos) di colui che doveva venire» (Rm 5,14) interpreta il
primo uomo come modello, anticipazione dell'uomo nuovo, il Cristo. In
generale, per tipologia si intende quell'interpretazione secondo la quale un
personaggio o un episodio della storia biblica viene inteso come
prefigurazione di ciò che si sarebbe compiuto in Gesù: così ad esempio
Adamo, il primo uomo, è figura di Cristo, il primogenito della nuova
creazione; o ancora, il sacrificio di Isacco è figura del sacrificio di Gesù. La
specificità dell'interpretazione tipologica è che ciò che è figura, ad esempio
Adamo o il sacrificio di Isacco, conserva la sua piena storicità e verità, ma al
tempo stesso trova compimento solo in Cristo: ecco che, come anticipato nella
dottrina del doppio triangolo semantico
illustrata nella precedente Lezione, un
personaggio o fatto storico, ossia una res,
diviene vox, significante di un'altra res, Cristo stesso. Questo primo senso,
secondo il quale l'antica alleanza diventa figura della nuova alleanza,
Tommaso, come vedremo, lo definisce allegorico.
«Sicut», alla lettera «così (sic) come (ut)», è una congiunzione
subordinativa incidentale: viene detta incidentale un'osservazione o un
commento di chi parla o scrive, inserito
appunto a mo’ di inciso, ovvero di
espressione che può essere tagliata, incisa,
e tolta dalla frase, in quanto costituisce un’aggiunta autonoma rispetto al
periodo (per questo è sempre racchiusa tra due virgole, o parentesi, o
trattini). La proposizione reggente pertanto è «enim … est figūra», enunciativa
il primo senso spirituale: allegorico
le proposizioni incidentali
Diciassettesima Lezione
Roma 2013
283
coordinata al periodo precedente in forma esplicativa. «Sicut … dicit» invece è
la complementare indiretta incidentale di primo grado.
Per quanto riguarda l'analisi delle proposizioni e della parola, c'è poco
da dire. «Figūra est» è un predicato nominale: risponde infatti alla domanda
«che cosa è l'antica legge?». «Vetus» è aggettivo qualificativo di seconda classe
a una sola uscita (per questo motivo, sui dizionari, oltre al nominativo, viene
indicato, unica eccezione tra gli aggettivi, il genitivo singolare: vetus, vetĕris);
come forse si ricorderà, ha la particolarità di uscire all’ablativo singolare in e,
in um al genitivo plurale e in a nei casi retti del neutro plurale. «Legis» infine è
un sostantivo di terza declinazione in gutturale: lex, legis.
Nel periodo successivo, Tommaso presenta il secondo senso spirituale:
Et ipsa nova lex, ut dicit Dionysĭus in Ecclesiastĭca Hierarchĭa, est
figūra futūrae glorĭae.
La costruzione italianizzata richiede solo un'inversione di posizione alla
fine:
Et ipsa nova lex, ut dicit Dionysĭus in Hierarchĭa Ecclesiastĭca,
E la stessa nuova legge, come dice Dionigi nella Gerarchia Ecclesiastica,
est figūra glorĭae futūrae.
è figura della gloria futura.
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
284
La citazione dalla Gerarchia Ecclesiastica è ancora meno testuale, più
generica del precedente riferimento a san
Paolo; ciò nondimeno, il senso è chiaro:
come l'Antico Testamento è vox, significante,
figura che rinvia al Nuovo Testamento, così lo stesso Nuovo Testamento diventa
segno che rimanda alla gloria futura, alla vita eterna. Tommaso, come
vedremo, chiama questo secondo senso anagogico.
Anche le analisi di questo periodo non presentano alcuna difficoltà.
Vale solamente la pena osservare che futūrus, a, um, qui utilizzato come
aggettivo, è il participio futuro del verbo sum,
formato dalla radice suppletiva fu e dal
suffisso proprio del participio futuro -ūr-. Il participio futuro è semplicemente
un participio che esprime un'azione che si svolge al futuro rispetto al tempo
della reggente; si declina come un aggettivo di prima classe e ha sempre
valore attivo. «Futūrae» quindi è participio nominale, con funzione di
attributo di «glorĭae».
Ecco infine il terzo senso spirituale135:
In nova etĭam lege, ea quae in capĭte sunt gesta, sunt signa eōrum
quae nos agĕre debēmus.
La traduzione interlineare con costruzione italianizzata è la seguente:
135 Stupirà forse il ripetuto uso dei due punti per separare gli ultimi tre periodi che siamo venuti
esaminando. Si tenga tuttavia conto che in generale la punteggiatura nei testi antichi o è assente o
segue criteri meno rigorosi e definiti rispetto a oggi.
il secondo senso spirituale: anagogico
participio futuro
Diciassettesima Lezione
Roma 2013
285
Etĭam in nova lege, ea quae sunt gesta in capĭte,
Anche nella nuova legge, quelle cose che sono state compiute nel capo,
sunt signa eōrum quae nos debēmus agĕre.
sono segni di quelle che noi dobbiamo fare.
Come dunque lo stesso Nuovo Testamento
può essere inteso quale figura della gloria
futura, esso può altresì infine essere segno,
ossia significare le norme di comportamento da seguire: si tratta
evidentemente del senso morale. Non a caso, Tommaso utilizza due verbi
propri dell'ambito morale: agĕre infatti designa l’«agire», ovvero le azioni, il
modo di comportarsi; il modale debēre invece allude alla facoltà tipicamente
umana di imporsi un determinato modo di essere sulla base di considerazioni
razionali: il senso del dovere appunto. L'espressione «in capĭte» fa poi
riferimento evidentemente all'immagine paolina di Cristo-capo (cfr. Ef 4,15;
Col 1,18; 2,19): la vita, le azioni, le gesta di Gesù narrate nei Vangeli fungono
da exemplum, modello per la nostra stessa vita.
Dall'analisi del periodo è possibile rilevare due proposizioni attributive,
che servono a esplicitare il significato di due pronomi determinativi, «ea» e
«eōrum», rispettivamente soggetto e complemento di specificazione del
predicato nominale della reggente.
Per il resto, vale solo la pena annotare che caput, ĭtis è sostantivo neutro
della terza declinazione (in dentale, ma con un nominativo e genitivo
singolare ben diverso dal modello di multiplicĭtas, ātis) e che «sunt gesta» è il
il terzo senso spirituale: morale
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
286
perfetto indicativo passivo del verbo gerĕre, verbo che incontrammo già nel
passo di Gregorio Magno citato da Tommaso. Il perfetto indicativo passivo è
una delle poche forme verbali latine composte, formata dal participio passato
+ il verbo sum coniugato all'indicativo presente
(non si faccia confusione con l'italiano, lingua
nella quale i tempi composti sono più
numerosi: nella diatesi passiva, l'ausiliare essere al tempo presente è utilizzato
per la formazione del presente indicativo passivo e non del passato). Per
maggiore chiarezza, riportiamo comunque la flessione del perfetto indicativo
passivo latino:
Indicativo Perfetto Passivo
1a coniugazione in
-āre
2a coniugazione in
-ēre
3a coniugazione
in -ĕre
4a coniugazione
in –īre
1a singolare significātus, a, um
sum
responsus, a, um
sum
gestus, a, um
sum
inventus, a, um
sum
2a singolare significātus, a, um
es
responsus, a, um
es
gestus, a, um
es
inventus, a, um
es
3a singolare significātus, a, um
est
responsus, a, um
est
gestus, a, um
est
inventus, a, um
est
1a plurale significāti, ae, a
sumus
responsi, ae, a
sumus
gesti, ae, a
sumus
inventi, ae, a
sumus
2a plurale significāti, ae, a
estis
responsi, ae, a
estis
gesti, ae, a
estis
inventi, ae, a
estis
3a plurale significāti, ae, a
sunt
responsi, ae, a
sunt
gesti, ae, a
sunt
inventi, ae, a
sunt
il perfetto indicativo passivo
Diciassettesima Lezione
Roma 2013
287
Ancora due parole sul titolo dell’opera di Dionigi citata dall’Aquinate,
Ecclesiastĭca Hierarchĭa. Ecclesiastĭcus è aggettivo da ecclesĭa, il quale è calco
dell’omonimo vocabolo greco, formato da ek +
kaléin, «chiamare fuori da», quindi
«convocare»: la Chiesa è appunto l’adunanza, l’assemblea del popolo di Dio
convocato da Cristo (del resto, in maniera analoga, anche sinagoga viene da
sýn + ághein, «condurre insieme», quindi «radunare»). Il greco hierarchía
invece è composto da hierá + archéin, «guidare le cose sacre», cosicché
propriamente designa l’insieme ben strutturato dei sacerdoti. Nello pseudo-
Dionigi però, che interpreta hierarchía nel senso di «ordine sacro», indica
piuttosto la disposizione ontologica, i diversi gradi dell’essere ordinati da Dio
stesso e immutabili.
Nella prossima Lezione, leggeremo il testo nel quale San Tommaso
assegna il nome ai tre sensi spirituali appena introdotti.
Per verificare il mio apprendimento: Compilare le schede di analisi del periodo, della
proposizione e della parola di «Hic autem …», di
«Sicut enim dicit …», di «Et ipsa nova lex …» e di «In nova etĭam lege …»
Come si forma il perfetto indicativo passivo in latino? Coniugare al perfetto indicativo passivo quattro verbi a piacere
Che cos'è il participio futuro? Come si forma? Che cos'è una proposizione incidentale? Perché si
chiama così? Quali sono i tre sensi spirituali della Sacra Scrittura
secondo san Tommaso ?
Cosa si intende per interpretazione tipologica? Qual è il significato etimologico di chiesa e di
gerarchia?
ecclesía e hierarchía
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
288
ANALISI DEL PERIODO: «Hic autem sensus spirituaālis trifarĭam dividĭtur»
Elencare le congiunzioni
specificandone il tipo
Elencare pronomi
relativi (e avverbi)
specificando il
termine al quale si
riferiscono
Elencare i
predicati (verbali
o nominali)
Elencare le proposizioni, indicando per ciascuna la congiunzione,
il pronome relativo o l’avverbio da cui è introdotta e il predicato
verbale o nominale che la caratterizza
1 Autem = congiunzione
coordinativa avversativa
Dividĭtur
(predicato
verbale)
Autem ... dividĭtur
2
Elencare in ordine degradante le proposizioni
reggenti e complementari, indicando per ciascuna il
grado e il tipo
Disegnare il diagramma di flusso dell’intero periodo
1 Autem ... dividĭtur = proposizione reggente enunciativa
coordinata al periodo precedente in forma avversativa
2
Diciassettesima Lezione
Roma 2013
289
ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Hic autem sensus spirituālis trifarĭam dividĭtur»
Predicato
(verbale o nominale)
Soggetto Complementi diretti
(oggetto o predicativo)
Connettori
Dividĭtur (predicato verbale)
Hic sensus spirituālis (con
due attributi)
Autem = congiunzione
coordinativa avversativa
Complementi indiretti
Complementi indiretti
Trifarĭam = complemento di modo
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
290
ANALISI DELLA PAROLA: «Hic autem sensus spirituālis trifarĭam dividĭtur»
Parola
Parte del discorso
(sostantivo, verbo,
aggettivo, pronome,
avverbio, congiunzione,
preposizione,
esclamazione)
Paradigma e diatesi (verbi)
Declinazione (sostantivi)
Classe (aggettivi)
Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)
Complemento (preposizioni)
Modo
(verbi)
Caso
(sostantivi, aggettivi e pronomi)
Concordanza
(aggettivi, pronomi)
Tempo
(verbi)
Genere
(sostantivi, aggettivi e
pronomi)
Persona
(verbi)
Numero
(verbi , sostantivi,
aggettivi e pronomi)
Hic aggettivo dimostrativo hic, haec, hoc concordato con «sensus»,
nominativo
maschile singolare
Autem congiunzione coordinativa avversativa
Sensus sostantivo sensus, us, IV declinazione nominativo maschile singolare
Spirituālis aggettivo qualificativo spiritualis, e, II classe a 2 uscite concordato con «sensus»,
nominativo
maschile singolare
Trifarĭam avverbio di modo
Dividĭtur verbo predicativo divĭdo, is, divīsi, divīsum, ĕre,
transitivo passivo, III
coniugazione
indicativo presente III singolare
Diciassettesima Lezione
Roma 2013
291
ANALISI DEL PERIODO: «Sicut enim dicit Apostŏlus, lex vetus figūra est novae legis»
Elencare le congiunzioni
specificandone il tipo
Elencare pronomi
relativi (e avverbi)
specificando il
termine al quale si
riferiscono
Elencare i
predicati (verbali
o nominali)
Elencare le proposizioni, indicando per ciascuna la congiunzione,
il pronome relativo o l’avverbio da cui è introdotta e il predicato
verbale o nominale che la caratterizza
1 Sicut = congiunzione
subordinativa incidentale
Dicit (predicato
verbale)
Sicut ... dicit
2 Enim = congiunzione
coordinativa esplicativa
Figura est
(predicato
nominale)
Enim ... figūra est
Elencare in ordine degradante le proposizioni
reggenti e complementari, indicando per ciascuna il
grado e il tipo
Disegnare il diagramma di flusso dell’intero periodo
1 Enim ... figura est = proposizione reggente enunciativa
coordinata al periodo precedente in forma esplicativa
Enim ... figūra est
↓ Sicut ... dicit
2 Sicut ... dicit = proposizione complementare indiretta
incidentale di primo grado
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
292
ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Sicut enim dicit Apostŏlus, lex vetus figūra est novae legis»
Predicato
(verbale o nominale)
Soggetto Complementi diretti
(oggetto o predicativo)
Connettori
Dicit (predicato verbale)
Apostŏlus
Sicut = congiunzione
subordinativa incidentale
Figūra est (predicato
nominale)
Lex vetus (con un
attributo)
Enim = congiunzione
coordinativa esplicativa
Complementi indiretti
Complementi indiretti
Novae legis = complemento di specificazione del
predicato nominale (con un attributo)
Diciassettesima Lezione
Roma 2013
293
ANALISI DELLA PAROLA: «Sicut enim dicit Apostŏlus, lex vetus figūra est novae legis»
Parola
Parte del discorso
(sostantivo, verbo,
aggettivo, pronome,
avverbio, congiunzione,
preposizione,
esclamazione)
Paradigma e diatesi (verbi)
Declinazione (sostantivi)
Classe (aggettivi)
Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)
Complemento (preposizioni)
Modo
(verbi)
Caso
(sostantivi, aggettivi e pronomi)
Concordanza
(aggettivi, pronomi)
Tempo
(verbi)
Genere
(sostantivi, aggettivi e
pronomi)
Persona
(verbi)
Numero
(verbi , sostantivi,
aggettivi e pronomi)
Sicut congiunzione subordinativa incidentale
Enim congiunzione coordinativa esplicativa
Dicit verbo predicativo dico, is, dixi, dictum, ĕre,
transitivo attivo, III coniugazione
indicativo presente III singolare
Apostŏlus sostantivo apostŏlus, i, II declinazione nominativo maschile singolare
Lex sostantivo lex, legis, III declinazione in
gutturale
nominativo femminile singolare
Vetus aggettivo qualificativo vetus, vetĕris, II classe a 1 uscita concordato con «lex», nominativo femminile singolare
Figūra sostantivo figūra, ae, I declinazione nominativo femminile singolare
Est verbo copulativo sum, es, fui, esse, coniugazione
propria, difettivo, suppletivo,
atematico
indicativo presente III singolare
Novae aggettivo qualificativo novus, a, um, I classe concordato con «legis», genitivo femminile singolare
Legis sostantivo lex, legis, III declinazione in
gutturale
genitivo femminile singolare
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
294
ANALISI DEL PERIODO: «Et ipsa nova lex, ut dicit Dionysĭus in Ecclesiastĭca Hierarchĭa, est figūra futūrae glorĭae»
Elencare le congiunzioni
specificandone il tipo
Elencare pronomi
relativi (e avverbi)
specificando il
termine al quale si
riferiscono
Elencare i
predicati (verbali
o nominali)
Elencare le proposizioni, indicando per ciascuna la congiunzione,
il pronome relativo o l’avverbio da cui è introdotta e il predicato
verbale o nominale che la caratterizza
1 Et = congiunzione coordinativa
copulativa
Dicit (predicato
verbale)
Et ... est figūra
2 Ut = congiunzione
subordinativa incidentale
Est figūra
(predicato
nominale)
Ut ... dicit
Elencare in ordine degradante le proposizioni
reggenti e complementari, indicando per ciascuna il
grado e il tipo
Disegnare il diagramma di flusso dell’intero periodo
1 Et ... est figūra = proposizione reggente enunciativa
coordinata al periodo precedente in forma copulativa
Et ... est figūra
↓ Ut ... dicit
2 Ut dicit = proposizione complementare indiretta
incidentale di primo grado
Diciassettesima Lezione
Roma 2013
295
ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Et ipsa nova lex, ut dicit Dionysĭus in Ecclesiastĭca Hierarchĭa, est figūra futūrae glorĭae»
Predicato
(verbale o nominale)
Soggetto Complementi diretti
(oggetto o predicativo)
Connettori
Dicit (predicato verbale)
Dionysĭus
Ut = congiunzione
subordinativa incidentale
Est figūra (predicato
nominale)
Ipsa nova lex (con due
attributi)
Et = congiunzione coordinativa
copulativa
Complementi indiretti
Complementi indiretti
In Ecclesiastĭca Hierarchĭa = complemento di stato in
luogo (con un attributo)
Futūrae glorĭae = complemento di specificazione del predicato
nominale (con un attributo)
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
296
ANALISI DELLA PAROLA: «Et ipsa nova lex, ut dicit Dionysĭus in Ecclesiastĭca Hierarchĭa, est figūra futūrae glorĭae»
Parola
Parte del discorso
(sostantivo, verbo,
aggettivo, pronome,
avverbio, congiunzione,
preposizione,
esclamazione)
Paradigma e diatesi (verbi)
Declinazione (sostantivi)
Classe (aggettivi)
Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)
Complemento (preposizioni)
Modo
(verbi)
Caso
(sostantivi, aggettivi e pronomi)
Concordanza
(aggettivi, pronomi)
Tempo
(verbi)
Genere
(sostantivi, aggettivi e
pronomi)
Persona
(verbi)
Numero
(verbi , sostantivi,
aggettivi e pronomi)
Et congiunzione coordinativa copulativa
Ipsa aggettivo
determinativo
ipse, ipsa, ipsum coordinato con «lex», nominativo femminile singolare
Nova aggettivo qualificativo novus, a, um, I classe coordinato con «lex», nominativo femminile singolare
Lex sostantivo lex, legis, III declinazione in
gutturale
nominativo femminile singolare
Ut congiunzione subordinativa incidentale
Dicit verbo predicativo dico, is, dixi, dictum, ĕre,
transitivo attivo, III coniugazione
indicativo presente III singolare
Dionysĭus sostantivo Dionysĭus, ĭi, II declinazione nominativo maschile singolare
In preposizione in + ablativo = complemento di
stato in luogo
Ecclesiastĭca aggettivo qualificativo ecclesiastĭcus, a, um, I classe coordinato con «Hierarchĭa»,
ablativo
femminile singolare
Hierarchĭa sostantivo hierarchĭa, ae, I declinazione ablativo femminile singolare
Est verbo copulativo sum, es, fui, esse, coniugazione
propria, difettiva, atematica,
suppletiva
indicativo presente III singolare
Diciassettesima Lezione
Roma 2013
297
Figūra sostantivo figūra, ae, I declinazione nominativo femminile singolare
Futūrae aggettivo qualificativo futūrus, a, um, I classe concordato con «glorĭae»,
genitivo
femminile singolare
Glorĭae sostantivo glorĭa, ae, I declinazione genitivo femminile singolare
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
298
ANALISI DEL PERIODO: «In nova etĭam lege, ea quae in capĭte sunt gesta, sunt signa eōrum quae nos agĕre debēmus»
Elencare le congiunzioni
specificandone il tipo
Elencare pronomi
relativi (e avverbi)
specificando il
termine al quale si
riferiscono
Elencare i
predicati (verbali
o nominali)
Elencare le proposizioni, indicando per ciascuna la congiunzione,
il pronome relativo o l’avverbio da cui è introdotta e il predicato
verbale o nominale che la caratterizza
1 Etĭam= congiunzione
coordinativa copulativa
Quae (riferito a «ea») Sunt gesta
(predicato
verbale)
Quae ... sunt gesta
2 Quae (riferito a
«eōrum»)
Sunt signa
(predicato
nominale)
Etĭam … sunt signa
3 Agĕre debēmus
(predicato
verbale)
Quae ... agĕre debēmus
Elencare in ordine degradante le proposizioni
reggenti e complementari, indicando per ciascuna il
grado e il tipo
Disegnare il diagramma di flusso dell’intero periodo
1 Etĭam … sunt signa = proposizione reggente
enunciativa coordinata al periodo precedente in forma
copulativa
Etĭam ea (quae ... sunt gesta) sunt signa eōrum (quae ... agĕre debēmus)
Quae ... sunt gesta = proposizione attributiva di I grado
3 Quae ... agĕre debēmus = proposizione attributiva di I
grado
Diciassettesima Lezione
Roma 2013
299
ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «In nova etĭam lege, ea quae in capĭte sunt gesta, sunt signa eōrum quae nos agĕre debēmus»
Predicato
(verbale o nominale)
Soggetto Complementi diretti
(oggetto o predicativo)
Connettori
Sunt gesta (predicato
verbale)
quae (riferito a «ea»)
Sunt signa (predicato
nominale)
Ea
Etĭam = congiunzione
coordinativa copulativa
Agĕre debēmus (predicato
verbale, con verbo modale)
nos
Quae (riferito a «eōrum») =
complemento oggetto
Complementi indiretti Complementi indiretti
In capĭte = complemento di stato in luogo
In nova lege = complemento di stato in luogo (con un
attributo)
Eōrum = complemento di specificazione del predicato nominale
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
300
ANALISI DELLA PAROLA: «In nova etĭam lege, ea quae in capĭte sunt gesta, sunt signa eōrum quae nos agĕre debēmus»
Parola
Parte del discorso
(sostantivo, verbo,
aggettivo, pronome,
avverbio, congiunzione,
preposizione,
esclamazione)
Paradigma e diatesi (verbi)
Declinazione (sostantivi)
Classe (aggettivi)
Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)
Complemento (preposizioni)
Modo
(verbi)
Caso
(sostantivi, aggettivi e pronomi)
Concordanza
(aggettivi, pronomi)
Tempo
(verbi)
Genere
(sostantivi, aggettivi e
pronomi)
Persona
(verbi)
Numero
(verbi , sostantivi,
aggettivi e pronomi)
In preposizione in + ablativo = complemento di
stato in luogo
Nova aggettivo qualificativo novus, a, um, I classe concordato con «lege», ablativo femminile singolare
Etĭam congiunzione coordinativa copulativa
Lege sostantivo lex, legis, III declinazione in
gutturale
ablativo femminile singolare
Ea pronome
determinativo
is, ea, id nominativo neutro plurale
Quae pronome relativo qui, quae, quod riferito a «ea», nominativo neutro plurale
In preposizione in + ablativo = complemento di
stato in luogo
Capĭte sostantivo caput, ĭtis, III declinazione ablativo neutro singolare
Sunt gesta verbo predicativo gero, is, gessi, gestum, ĕre,
transitivo passivo, III
coniugazione
indicativo perfetto III plurale
Sunt verbo copulativo sum, es, fui, esse, coniugazione
propria, difettivo, atematico,
suppletivo
indicativo presente III plurale
Signa sostantivo signum, i, II declinazione nominativo neutro plurale
Eōrum pronome
determinativo
is, ea, id genitivo neutro plurale
Diciassettesima Lezione
Roma 2013
301
Quae pronome relativo qui, quae, quod riferito a «eōrum», accusativo neutro plurale
Nos pronome personale nos, nostrum/i, nobis, nos, nobis nominativo comune136
I plurale
Agĕre verbo predicativo ago, is, egi, actum, ĕre, transitivo
attivo, III coniugazione
infinito presente
Debēmus verbo modale debĕo, es, debŭi, debĭtum, ēre,
transitivo attivo, II coniugazione
indicativo presente I plurale
136 Con comune si intende che il pronome può essere usato sia come femminile sia come maschile.
Roma 2013
302
Diciottesima Lezione
Ecco dunque la definizione del primo senso spirituale:
Secundum ergo quod ea quae sunt vetĕris legis, signifĭcant ea quae
sunt novae legis, est sensus allegorĭcus.
La costruzione italianizzata comporta l’aggiunta di un pronome
dimostrativo:
Ergo secundum quod ea quae sunt vetĕris legis,
Quello dunque secondo il quale quelle cose che sono dell'antica legge,
signifĭcant ea quae sunt novae legis, est sensus allegorĭcus.
significano quelle che sono della nuova legge, è il senso allegorico.
Già sappiamo che il senso allegorico è quello in base al
quale un personaggio o un episodio dell'Antico Testamento
viene interpretato anche quale prefigurazione di Cristo. In effetti, il termine
In questa Lezione impareremo: a identificare il complemento di pertinenza a utilizzare un criterio fornito da Aristotele per
distinguere tra soggetto e predicato nominale
a conoscere l'etimologia dei termini «allegoria» e
«anagogia»
allegoria
Diciottesima Lezione
303
Roma 2013
allegoria137 viene dal greco állos, «altro» + agoréyein, «parlare», quindi «dire
qualcosa per indicarne un'altra».
L'analisi del periodo presenta la medesima difficoltà che incontrammo
all'inizio del quarto capoverso. Se infatti ci domandiamo
a quale vocabolo si riferisca il pronome relativo «quod»,
non troviamo risposta nel testo. Il fatto è che esso si riferisce a un pronome
dimostrativo o determinativo sottinteso, o forse sarebbe meglio dire assorbito
nel relativo. Quel pronome invece lo troviamo nella traduzione italiana,
«quello», perché, come avemmo già modo di rilevare, il relativo nelle lingue
moderne è sintatticamente più debole che in latino; in particolare, in italiano,
deve sempre seguire immediatamente il termine al quale si riferisce. Chiarito
ciò, il resto dell'analisi è semplice: abbiamo una reggente enunciativa
coordinata al periodo precedente in forma conclusiva, «ergo … est sensus»,
una relativa impropria, complementare indiretta modale di primo grado,
«secundum quod … signifĭcant», e due attributive che esplicitano
rispettivamente il significato della soggetto, «quae sunt vetĕris legis», e del
complemento oggetto, «quae sunt novae legis», della modale.
Per quanto riguarda l'analisi delle proposizioni, è evidente che l'ultimo
«est» abbia valore di copula; qual è tuttavia il
soggetto e quale il nome del predicato in «quello
… è il senso allegorico»? La disposizione delle
parole suggerirebbe di intendere «quello» come soggetto. Se però si tiene
conto dell'insegnamento di Aristotele, secondo il quale il soggetto è ciò che
non conosciamo, mentre il predicato nominale aggiunge una qualche 137 Si ricordi che in italiano viene adottato l'accento greco e non quello latino, come del resto
avviene spesso nei sostantivi che terminano in –ia.
analisi del periodo
soggetto e predicato nominale
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
304
informazione a proposito del soggetto, allora dovremo considerare soggetto
«il senso allegorico»: esso infatti è ciò che andiamo cercando e del quale ci
viene fornita una definizione.
Gli altri due «sunt» sono seguiti invece da un genitivo. Non possono
quindi essere verbi copulativi; sono piuttosto
predicati verbali con il significato di
«appartenere a, essere proprio di». I genitivi
infatti traducono il complemento di pertinenza, il quale risponde appunto
alla domanda «è proprio di chi?». Per quanto riguarda infine «secundum
quod», già vedemmo che secundum + l’accusativo in Tommaso può essere
interpretato come complemento sia di modo sia di limitazione.
Sintatticamente analoga alla prima, è la definizione del secondo senso
spirituale:
Secundum vero quod ea quae in Christo sunt facta, vel in his quae
Christum signifĭcant, sunt signa eōrum quae nos agĕre debēmus, est sensus
morālis.
La costruzione italianizzata del medesimo periodo suona così:
Vero secundum quod ea quae sunt facta in Christo,
Quello invece secondo il quale quelle cose che sono state fatte in Cristo,
vel in his quae signifĭcant Christum, sunt signa
o in queste che significano Cristo, sono segni
complemento di pertinenza
Diciottesima Lezione
305
Roma 2013
eōrum quae nos debēmus agĕre, est sensus morālis
di quelle che noi dobbiamo fare, è il senso morale.
Come dicevamo, questo periodo ricalca sintatticamente il precedente;
l'unica variazione è la sostituzione del predicato verbale «signifĭcant» con il
nominale «sunt signa»: evidentemente però, dal
punto di vista semantico, ciò non comporta
assolutamente alcuna differenza. Inoltre vi è un'attributiva in più, che serve a
esplicitare «in his», concordato in forma disgiuntiva inclusiva138 a «in Christo».
Qui la difficoltà, più che di ordine sintattico, è relativa al senso della frase:
cosa significa infatti «o in queste che significano Cristo»? La risposta tuttavia
non è ardua: ricordando infatti che, in base al senso allegorico, personaggi o
episodi della Sacra Scrittura possono rinviare a Cristo, ebbene, argomenta
Tommaso, quegli stessi personaggi e episodi, proprio per questo loro essere
figure di Cristo, possono essere interpretati anche in senso morale, quali
modelli da imitare, così come avviene per Cristo stesso.
Per quanto riguarda l'analisi delle parole, l'unica osservazione degna di
rilievo riguarda «sunt facta»: dopo «sunt gesta», si
tratta del secondo indicativo perfetto passivo che
incontriamo. Esso è dunque formato dal verbo «sunt»
con funzione di ausiliare + il participio passato «facta», concordato in genere,
numero e caso con il soggetto «quae», come avverrebbe anche per il nome di
un predicato nominale.
138 Si ricordi che una congiunzione disgiuntiva, che cioè serve a separare, è detta inclusiva quando i
due termini disgiunti, anziché escludersi, sono sinonimi o comunque facenti parte di un insieme
comune.
le cose che
significano Cristo
indicativo perfetto passivo
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
306
Ecco infine la breve definizione del terzo senso spirituale:
Prout vero signifĭcant ea quae sunt in aeterna glorĭa, est sensus
anagogĭcus.
La costruzione italianizzata richiede solamente uno scambio di
posizione nei vocaboli che formano il complemento di stato in luogo:
Prout vero signifĭcant ea quae sunt in glorĭa aeterna,
In quanto invece significano quelle cose che sono nella gloria eterna,
est sensus anagogĭcus.
è il senso anagogico.
Qui san Tommaso si concede una variazione sintattica: la proposizione
relativa impropria con valore modale viene sostituita
da una complementare indiretta modale vera e
propria, introdotta dalla congiunzione «prout», la quale, proprio come
«secundum + l’accusativo», si lascia bene interpretare anche con il valore di
limitazione.
Per quanto riguarda l'analisi delle proposizioni, una piccola difficoltà
sorge intorno al soggetto di «signifĭcant»: esso infatti è costituito dal soggetto
della precedente relativa impropria, «ea», compresa l'attributiva che
esplicitava il significato del pronome determinativo «ea», «quae in Christo sunt
facta, vel in his quae Christum signifĭcant».
«prout»
Diciottesima Lezione
307
Roma 2013
Il verbo «sunt» ha ancora una volta valore di
predicato verbale, con il significato di «stare, risiedere»: è
seguito infatti dal complemento di stato in luogo «in aeterna
glorĭa». L'espressione «futūrae glorĭae» è dunque qui sostituita da «in aeterna
glorĭa»: in entrambi i casi, il riferimento è chiaramente alle realtà ultime, ai
novissĭma. Infatti anagogia viene dal greco aná, «in alto» + ágein, «condurre»: è
appunto l'interpretazione che eleva il senso di un personaggio o di un
episodio biblico alle realtà celesti, alla vita eterna.
Nell'ultima Lezione, leggeremo e analizzeremo il settimo capoverso
dell’articŭlus decĭmus, nel quale l’Aquinate aggiunge che nella Sacra Scrittura
perfino il medesimo senso letterale può avere più di un significato.
Per verificare il mio apprendimento: Compilare le schede di analisi del periodo, della
proposizione e della parola di «Secundum ergo quod…», di «Secundum vero quod …» e di «Prout vero …»
Coniugare al perfetto indicativo passivo i verbi gerěre e facěre
Qual è il termine al quale si riferiscono i due «secundum quod»?
Perché «sensus allegorĭcus» e «sensus morālis» è
meglio interpretarli come soggetto piuttosto che come predicato nominale?
In che senso «in his» è coordinato in forma disgiuntiva inclusiva a «in Christo»?
A quale domanda risponde il complemento di pertinenza?
Qual è il significato etimologico di «allegoria» e «anagogia»?
anagogia
Studio Critico della Lingua Latina
308
Roma 2013
ANALISI DEL PERIODO: «Secundum ergo quod ea quae sunt vetĕris legis, signifĭcant ea quae sunt novae legis, est sensus allegorĭcus»
Elencare le congiunzioni
specificandone il tipo
Elencare pronomi
relativi (e avverbi)
specificando il termine
al quale si riferiscono
Elencare i predicati
(verbali o nominali)
Elencare le proposizioni, indicando per ciascuna la
congiunzione, il pronome relativo o l’avverbio da cui è
introdotta e il predicato verbale o nominale che la caratterizza
1 Ergo = congiunzione
coordinativa conclusiva
Secundum quod (riferito
a sottinteso «id»)
Sunt (predicato
verbale)
Quae ... sunt
2 Quae (riferito a «ea»
soggetto)
Signifĭcant (predicato
verbale)
Secundum quod ... signifĭcant
3 Quae (riferito a «ea»
complemento oggetto)
Sunt (predicato
verbale)
Quae ... sunt
4 Est (id) (predicato
nominale)
Ergo ... est (id)
Elencare in ordine degradante le proposizioni
reggenti e complementari, indicando per ciascuna il
grado e il tipo
Disegnare il diagramma di flusso dell’intero periodo
1 Ergo ... est (id) = proposizione reggente enunciativa
coordinata al periodo precedente in forma conclusiva
Ergo ... est (id) ↓
secundum quod ea (quae ... sunt) signifĭcant ea (quae ... sunt) 2 Secundum quod ... signifĭcant = proposizione relativa
impropria complementare indiretta modale I grado
3 Quae ... sunt = proposizione attributiva di II grado
4 Quae ... sunt = proposizione attributiva di II grado
Diciottesima Lezione
309
Roma 2013 ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Secundum ergo quod ea quae sunt vetĕris legis, signifĭcant ea quae sunt novae legis, est sensus
allegorĭcus»
Predicato
(verbale o nominale)
Soggetto Complementi diretti
(oggetto o predicativo)
Connettori
Sunt (predicato verbale)
Quae (riferito a «ea» soggetto)
Signifĭcant (predicato
verbale)
Ea
Ea = complemento oggetto
Sunt (predicato verbale)
Quae (riferito a «ea» complemento
oggetto)
Est (id) (predicato nominale)
Sensus allegorĭcus (con un attributo)
Ergo = congiunzione
coordinativa conclusiva
Complementi indiretti Complementi indiretti
Secundum quod (riferito a sottinteso «id») =
complemento di modo
Vetĕris legis = complemento di pertinenza (con un
attributo)
Novae legis = complemento di pertinenza (con un attributo)
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
310
ANALISI DELLA PAROLA: «Secundum ergo quod ea quae sunt vetĕris legis, signifĭcant ea quae sunt novae legis, est sensus allegorĭcus»
Parola
Parte del discorso
(sostantivo, verbo,
aggettivo, pronome,
avverbio, congiunzione,
preposizione,
esclamazione)
Paradigma e diatesi (verbi)
Declinazione (sostantivi)
Classe (aggettivi)
Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)
Complemento (preposizioni)
Modo
(verbi)
Caso
(sostantivi, aggettivi e pronomi)
Concordanza
(aggettivi, pronomi)
Tempo
(verbi)
Genere
(sostantivi, aggettivi e
pronomi)
Persona
(verbi)
Numero
(verbi , sostantivi,
aggettivi e pronomi)
Secundum preposizione secundum + accusativo =
complemento di modo
Ergo congiunzione coordinativa conclusiva
Quod pronome relativo qui, quae, quod riferito a un sottinteso «id»,
accusativo
neutro singolare
Ea pronome
determinativo
is, ea, id nominativo neutro plurale
Quae pronome relativo qui, quae, quod riferito al precedente «ea»,
nominativo
neutro plurale
Sunt verbo predicativo sum, es, fui, esse, coniugazione
propria, difettivo, atematico,
suppletivo
indicativo presente III plurale
Vetĕris aggettivo qualificativo vetus, vetĕris, II classe a 1 uscita concordato con «legis», genitivo femminile singolare
Legis sostantivo lex, legis, III declinazione in
gutturale
genitivo femminile singolare
Signifĭcant verbo predicativo signifĭco, as, āvi, ātum, āre,
transitivo attivo, I coniugazione
indicativo presente III plurale
Ea pronome
determinativo
is, ea, id accusativo neutro plurale
Diciottesima Lezione
311
Roma 2013 Quae pronome relativo qui, quae, quod riferito al precedente «ea»,
nominativo
neutro plurale
Sunt verbo predicativo sum, es, fui, esse, coniugazione
propria, difettivo, atematico,
suppletivo
indicativo presente III plurale
Novae aggettivo qualificativo novus, a, um, I classe concordato con «legis», genitivo femminile singolare
Legis sostantivo lex,legis, III declinazione in
gutturale
genitivo femminile singolare
Est verbo copulativo sum, es, fui, esse, coniugazione
propria, difettivo, atematico,
suppletivo
indicativo presente III singolare
Sensus sostantivo sensus, us, IV declinazione nominativo maschile singolare
Allegorĭcus aggettivo qualificativo allegorĭcus, a, um, I classe concordato con «sensus»,
nominativo
maschile singolare
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
312
ANALISI DEL PERIODO: «Secundum vero quod ea quae in Christo sunt facta, vel in his quae Christum signifĭcant, sunt signa eōrum
quae nos agĕre debēmus, est sensus morālis»
Elencare le congiunzioni
specificandone il tipo
Elencare pronomi
relativi (e avverbi)
specificando il termine
al quale si riferiscono
Elencare i predicati
(verbali o nominali)
Elencare le proposizioni, indicando per ciascuna la
congiunzione, il pronome relativo o l’avverbio da cui è
introdotta e il predicato verbale o nominale che la
caratterizza
1 Vero = congiunzione
coordinativa avversativa
Secundum quod (riferito a
un sottinteso «id»)
Sunt facta (predicato verbale) Vero ... est (id)
2 Quae (riferito al
precedente «ea»)
Signifĭcant (predicato
verbale)
Secundum quod ... sunt signa
3 Quae (riferito al
precedente «his»)
Sunt signa (predicato
nominale)
Quae ... sunt facta
4 Quae (riferito al
precedente «eōrum»)
Agĕre debēmus (predicato
verbale)
Quae ... signifĭcant
5 Est (id) (predicato nominale) Quae ... agĕre debēmus
Elencare in ordine degradante le proposizioni
reggenti e complementari, indicando per ciascuna il
grado e il tipo
Disegnare il diagramma di flusso dell’intero periodo
Vero ... est (id)
↓ Secundum quod ea (quae ... sunt facta … in his (quae ... signifĭcant)) sunt signa eōrum
(quae ... agĕre debēmus)
1 Vero ... est (id) = proposizione reggente enunciativa
coordinata al periodo precedente in forma avversativa
2 Secundum quod ... sunt signa = proposizione relativa
impropria complementare indiretta modale di I grado
3 Quae ... sunt facta = proposizione attributiva di II grado
4 Quae ... agĕre debēmus = proposizione attributiva di II
grado
5 Quae ... signifĭcant = proposizione attributiva di III
grado
Diciottesima Lezione
313
Roma 2013 ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Secundum vero quod ea quae in Christo sunt facta, vel in his quae Christum signifĭcant, sunt signa
eōrum quae nos agĕre debēmus, est sensus morālis»
Predicato
(verbale o nominale)
Soggetto Complementi diretti
(oggetto o predicativo)
Connettori
Sunt facta (predicato
verbale)
Quae (riferito al
precedente «ea»)
Vel = congiunzione
coordinativa disgiuntiva
inclusiva
Signifĭcant (predicato
verbale)
Quae (riferito al
precedente «his»)
Christum = complemento
oggetto
Sunt signa (predicato
nominale)
Ea
Agĕre debēmus (predicato
verbale con verbo modale)
Nos Quae (riferito al precedente
«eōrum») = complemento
oggetto
Est (id) (predicato nominale)
Sensus morālis (con un
attributo)
Vero = congiunzione
coordinativa avversativa
Complementi indiretti
Complementi indiretti
Secundum quod (riferito a un sottinteso «id») =
complemento di modo
Eōrum = complemento di specificazione del predicato nominale
In Christo = complemento di stato in luogo In his = complemento di stato in luogo
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
314
ANALISI DELLA PAROLA: «Secundum vero quod ea quae in Christo sunt facta, vel in his quae Christum signifĭcant, sunt signa eōrum
quae nos agĕre debēmus, est sensus morālis»
Parola
Parte del discorso
(sostantivo, verbo,
aggettivo, pronome,
avverbio, congiunzione,
preposizione,
esclamazione)
Paradigma e diatesi (verbi)
Declinazione (sostantivi)
Classe (aggettivi)
Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)
Complemento (preposizioni)
Modo
(verbi)
Caso
(sostantivi, aggettivi e pronomi)
Concordanza
(aggettivi, pronomi)
Tempo
(verbi)
Genere
(sostantivi, aggettivi e
pronomi)
Persona
(verbi)
Numero
(verbi , sostantivi,
aggettivi e pronomi)
Secundum preposizione secundum + accusativo =
complemento di modo
Vero congiunzione coordinativa avversativa
Quod pronome relativo qui, quae, quod riferito a un «id »sottinteso,
accusativo
neutro singolare
Ea pronome
determinativo
is, ea, id nominativo neutro plurale
Quae pronome relativo qui, quae, quod riferito al precedente «ea»,
nominativo
neutro plurale
In preposizione in + ablativo = complemento di
stato in luogo
Christo sostantivo Christus, i, II declinazione ablativo maschile singolare
Sunt facta verbo predicativo facĭo, is, feci, factum, ĕre,
transitivo passivo, in –ĭo della III
indicativo perfetto III plurale
Vel congiunzione coordinativa disgiuntiva inclusiva
In preposizione in + ablativo = complemento di
stato in luogo
Diciottesima Lezione
315
Roma 2013 His pronome dimostrativo hic, haec, hoc ablativo neutro plurale
Quae pronome relativo qui, quae, quod riferito al precedente «his»,
nominativo
neutro plurale
Christum sostantivo Christus, i, II declinazione accusativo maschile singolare
Signifĭcant verbo predicativo signifĭco, as, āvi, ātum, āre,
transitivo attivo, I coniugazione
indicativo presente III plurale
Sunt verbo copulativo sum, es, fui, esse, coniugazione
propria, difettivo, atematico,
suppletivo
indicativo presente III plurale
Signa sostantivo signum, i, II declinazione nominativo neutro plurale
Eōrum pronome
determinativo
is, ea, id genitivo neutro plurale
Quae pronome relativo qui, quae, quod riferito al precedente «eōrum»,
accusativo
neutro plurale
Nos pronome personale nos, nostri/nostrum, nobis, nos,
nobis
nominativo comune I plurale
Agĕre verbo predicativo ago, is, egi, actum, ĕre, transitivo
attivo, III coniugazione
infinito presente
Debēmus verbo modale debĕo,es, debŭi, debĭtum, ēre,
transitivo attivo, II coniugazione
indicativo presente I plurale
Est verbo copulativo sum, es, fui, esse, coniugazione
propria, difettivo, atematico,
suppletivo
indicativo presente III singolare
Sensus sostantivo sensus, us, IV declinazione nominativo maschile singolare
Morālis aggettivo qualificativo morālis, e, II classe a 2 uscite concordato con «sensus»,
nominativo
maschile singolare
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
316
ANALISI DEL PERIODO: «Prout vero signifĭcant ea quae sunt in aeterna glorĭa, est sensus anagogĭcus»
Elencare le congiunzioni
specificandone il tipo
Elencare pronomi
relativi (e avverbi)
specificando il
termine al quale si
riferiscono
Elencare i predicati
(verbali o nominali)
Elencare le proposizioni, indicando per ciascuna la
congiunzione, il pronome relativo o l’avverbio da cui è
introdotta e il predicato verbale o nominale che la caratterizza
1 Prout = congiunzione
subordinativa modale
Quae (riferito a «ea») Signifĭcant (predicato
verbale)
Prout ... significant
2 Vero = congiunzione
coordinativa avversativa
Sunt (predicato
verbale)
Quae ... sunt
3 Est (id) (predicato
nominale)
Vero ... est (id)
Elencare in ordine degradante le proposizioni
reggenti e complementari, indicando per ciascuna il
grado e il tipo
Disegnare il diagramma di flusso dell’intero periodo
1 Vero ... est (id) = proposizione reggente enunciativa
coordinata al periodo precedente in forma avversativa
Vero ... est (id)
↓
Prout ... signifĭcant ea (quae ... sunt)
2 Prout ... signifĭcant = proposizione complementare
indiretta modale di I grado
3 Quae ... sunt = proposizione attributiva di II grado
Diciottesima Lezione
317
Roma 2013
Diagramma di flusso del sesto capoverso:
Autem ... dividĭtur → Enim ... figūra est ↔ Et ... est figūra ↔ Etĭam ea (quae ... sunt gesta) sunt signa eōrum (quae ... agĕre debēmus)
↓ ↓
Sicut ... dicit Ut ... dicit
↓ ↓ ↓
Ergo ... est (id) Vero ... est (id) Vero ... est (id)
↓ ↓ ↓
secundum quod ea Secundum quod ea Prout ... signifĭcant ea (quae ... sunt)
(quae ... sunt) signifĭcant ea (quae ... sunt facta … in his
(quae ... sunt) (quae ... signifĭcant)) sunt signa eōrum
(quae ... agĕre debēmus)
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
318
ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Prout vero signifĭcant ea quae sunt in aeterna glorĭa, est sensus anagogĭcus»
Predicato
(verbale o nominale)
Soggetto Complementi diretti
(oggetto o predicativo)
Connettori
Significant (predicato
verbale)
(«ea quae in Christo sunt facta,
vel in his quae Christum
signifĭcant») (sottinteso)
Ea = complemento oggetto
Prout = congiunzione
subordinativa modale
Sunt (predicato verbale)
Quae (riferito a «ea»)
Est (id) (predicato nominale)
sensus anagogĭcus (con un
attributo)
Complementi indiretti
Complementi indiretti
In glorĭa aeterna = complemento di stato in luogo (con un
attributo)
Diciottesima Lezione
319
Roma 2013 ANALISI DELLA PAROLA: «Prout vero signifĭcant ea quae sunt in aeterna glorĭa, est sensus anagogĭcus»
Parola
Parte del discorso
(sostantivo, verbo, aggettivo,
pronome, avverbio,
congiunzione, preposizione,
esclamazione)
Paradigma e diatesi (verbi)
Declinazione (sostantivi)
Classe (aggettivi)
Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)
Complemento (preposizioni)
Modo
(verbi)
Caso
(sostantivi, aggettivi e pronomi)
Concordanza
(aggettivi, pronomi)
Tempo
(verbi)
Genere
(sostantivi, aggettivi e
pronomi)
Persona
(verbi)
Numero
(verbi , sostantivi,
aggettivi e pronomi)
Prout congiunzione subordinativa modale
Vero congiunzione coordinativa avversativa
Signifĭcant verbo predicativo signifĭco, as, āvi, ātum, āre,
transitivo attivo, I coniugazione
indicativo presente III plurale
Ea pronome determinativo is, ea, id accusativo neutro plurale
Quae pronome relativo qui, quae, quod riferito a «ea», nominativo neutro plurale
Sunt verbo predicativo sum, es, fui, esse, coniugazione
propria, difettivo, atematico,
suppletivo
indicativo presente III plurale
In preposizione in + ablativo = complemento di
stato in luogo
Aeterna aggettivo qualificativo aeternus, a, um, I classe concordato con «glorĭa», ablativo femminile singolare
Glorĭa sostantivo glorĭa, ae, I declinazione ablativo femminile singolare
Est verbo copulativo sum, es, fui, esse, coniugazione
propria, difettivo, atematico,
suppletivo
indicativo presente III singolare
Sensus sostantivo sensus, us, IV declinazione nominativo maschile singolare
Anagogĭcus aggettivo qualificativo anagogĭcus, a, um, I classe concordato con «sensus»,
nominativo
maschile singolare
Roma 2013
320
Diciannovesima lezione
Ecco il testo del settimo capoverso dell’articŭlus decĭmus:
Quia vero sensus litterālis est, quem auctor intendit: auctor autem
Sacrae Scriptūrae Deus est, qui omnĭa simul suo intellectu comprehendit:
non est inconvenĭens, ut dicit Augustīnus, si etĭam secundum litterālem
sensum in una littĕra Scriptūrae plures sint sensus.
La costruzione italianizzata di questo lungo periodo richiede poche
variazioni:
Quia vero sensus litterālis est, quem auctor intendit:
Poiché però il senso letterale è quello che l’autore intende:
autem auctor Sacrae Scriptūrae est Deus, qui comprehendit omnĭa
ma l’autore della Sacra Scrittura è Dio, che comprende tutte le cose
In questa Lezione impareremo: che cosa è e come è formato il periodo ipotetico i tre significati che possono convivere nella congiunzione
subordinatva «ut» come la congiunzione coordinativa «autem» possa
introdurre una proposizione subordinata
come «etĭam» possa equivocamente essere intesa sia
come congiunzione coordinativa copulativa sia come avverbio rafforzativo
ad apprezzare alcune etimologie
Diciannovesima Lezione
321
Roma 2013
simul suo intellectu: non est inconvenĭens, ut dicit
simultaneamente con il suo intelletto: non è sconveniente, come dice
Augustīnus, si etĭam secundum sensum litterālem sensus
Agostino, se anche secondo il senso letterale i sensi
in una littĕra Scriptūrae sint plures.
in una sola lettera della Scrittura siano molteplici.
Anche quest'ultima citazione, relativa presumibilmente al capitolo
trentunesimo del dodicesimo libro delle
Confessioni, non è testuale. Ciò tuttavia non
toglie nulla alla chiarezza dell'argomentazione
di Tommaso: sulla base dell'autorità di sant'Agostino, è possibile affermare
che Dio, come è capace di veicolare tre differenti sensi spirituali per mezzo di
un'unica lettera, così può persino attribuire al medesimo testo della Sacra
Scrittura più significati letterali.
Si tratta probabilmente del periodo più lungo che abbiamo finora
incontrato. Ciò nonostante, la sua analisi non
dovrebbe più presentare ormai particolari difficoltà.
Le congiunzioni sono quattro: la subordinativa causale «quia», la coordinativa
avversativa «autem», e altre due subordinative, l'incidentale «ut» e la
condizionale «si». I pronomi relativi sono due: «quem» e «qui». Quest'ultimo si
riferisce evidentemente al precedente «Deus»; invece «quem», pur
concordando in genere e numero con «sensus», si riferisce ancora una volta a
gli stessi significati letterali
possono essere più di uno
analisi del periodo
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
322
un pronome dimostrativo o determinativo, per esempio un «is», sottinteso, o
meglio assorbito nel relativo stesso, reso in forma esplicita nella traduzione in
italiano, «quello». I predicati sono sette: la copula «est», che in base
all'insegnamento di Aristotele ricordato nella Lezione precedente
considereremo formare un predicato nominale insieme al sottinteso «is»
piuttosto che in unione con «sensus litterālis» (infatti il «senso letterale» è ciò
che non conosciamo e pertanto è soggetto); altri due predicati nominali,
«Deus est» e «non est inconvenĭens»; quindi i
verbali «intendit», «comprehendit», «dicit» e
«sint». Per la precisione, «sint» può essere interpretato sia come predicato
verbale, con il significato di «esserci», seguito dal complemento di stato in
luogo «in una littĕra», sia come copula, considerando «plures» la parte
nominale, anziché l'attributo del soggetto «sensus». A dir la verità, anzi, la
lettura dell'originale in latino, «plures sint sensus», fa sembrare più verosimile
quest'ultima interpretazione. In ogni caso, ciò non ha nessuna ricaduta sul
piano semantico.
Le proposizioni sono facili da enucleare, poiché si succedono l'una
all'altra, senza che alcuna sia inclusa in un’altra. Avremo pertanto «quia … est
(is)», «quem … intendit», «autem … Deus est», «qui … comprehendit», «non est
inconvenĭens», «ut dicit», «si … plures sint». Tutte sono introdotte da
congiunzioni subordinative o da pronomi relativi non a inizio frase, tranne
«autem … Deus est» e «non est
inconvenĭens». «Autem» è una congiunzione
coordinativa avversativa: ma rispetto a quale proposizione è coordinata in
senso avversativo? Dal senso della frase si capisce che la contrapposizione è
«plures sint sensus»
«quia … autem»
Diciannovesima Lezione
323
Roma 2013
nei confronti della precedente causale, tant’è che si potrebbe con maggior
chiarezza tradurre: «poiché però il senso letterale è quello che l'autore
intende; ma poiché l'autore …». Dunque solo «non est inconvenĭens» può
essere la reggente: enunciativa e coordinata al capoverso precedente in forma
avversativa se, come è senz'altro opportuno, la facciamo introdurre dalla
congiunzione «vero», la quale si trova lontano dalla reggente solo perché
posta a inizio frase, così da far risultare più evidente la contrapposizione
rispetto appunto al periodo precedente.
«Ut dicit» si lascia bene intendere quale complementare indiretta
incidentale, come già abbiamo potuto fare con
i precedenti «sicut dicit» e «ut dicit». Tuttavia è
bene osservare che le congiunzioni
subordinative «ut» e «sicut», del resto proprio tale e quale l'italiano «come»,
conservano sempre anche una sfumatura di significato modale, «nel modo in
cui», e comparativo di uguaglianza, «così come».
«Si … plures sint» è una complementare indiretta condizionale: esprime
la condizione a patto della quale vale l'ipotesi
formulata. Nell'insieme, reggente e condizionale,
formano il cosiddetto periodo ipotetico: «se … allora». Ancora oggi rappresenta
uno dei caposaldi con cui il pensiero scientifico e razionale procede nel suo
argomentare: poste delle premesse, si traggono delle conclusioni. In
grammatica, con terminologia greca, la premessa viene chiamata protasi (dal
greco pró, «avanti» + téino, «tendo»: «ciò che si pone innanzi»), la conclusione
apodosi (dal greco apó, «a partire da» + dídomi, «dare»: «ciò che si dà a partire
da una premessa»). Si tratta evidentemente anche del principio sul quale si
ut: incidentale, modale e comparativa
il periodo ipotetico
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
324
basa la logica sillogistica aristotelica, le cui conclusioni vengono definite
apodittiche (dal greco apó, «a partire da» + déiknymi, «mostro»: «ciò che si
mostra da sé a partire da una premessa»). In latino vigono delle leggi che
regolano l'uso dei modi verbali nel periodo ipotetico; in questa sede tuttavia è
sufficiente rilevare che il congiuntivo della subordinata, «sint», è giustificato
dal carattere eventuale della proposizione: è possibile che un'unica lettera
abbia più sensi letterali, ma non è
necessario che ciò accada (tra l'altro, non
pare che l’Aquinate fosse molto convinto della verosimiglianza di una simile
possibilità, pur ammessa da Agostino).
Le due causali, coordinate fra loro in forma avversativa, giustificano
infine la validità dell'ipotesi avanzata da Tommaso: è
possibile che una sola lettera nella Sacra Scrittura
veicoli più di un senso letterale, proprio perché l'autore è Dio che, a
differenza dell'uomo, ha una comprensione simultanea della verità e quindi
può intendere molte cose, anzi tutte le cose, «omnĭa», contemporaneamente.
Concludiamo con l'analisi della parola e alcune etimologie. «Suo
intellectu» come ablativo semplice potrebbe avere valore sia strumentale
(l'intelletto infatti non è una persona), sia modale
(essendo presente un attributo), sia causale
(essendo l'intelletto una causa interna); tuttavia qui il significato è
evidentemente quello di un complemento di mezzo. «Simul» è un avverbio di
tempo, dal quale in italiano derivano «simultaneo» e «simultaneamente».
Finora abbiamo sempre considerato «etĭam» una congiunzione; in questa frase
però è più semplice classificarlo come avverbio rafforzativo di «secundum
congiuntivo eventuale
la potestas Dei
analisi della parola
Diciannovesima Lezione
325
Roma 2013
litterālem sensum» (ciò non toglie che sia pur sempre possibile rintracciare il
suo valore di congiunzione copulativa, intendendo «se e secondo il senso
spirituale e secondo quello letterale …»). In analisi della proposizione, può
essere interpretato come un complemento di eccedenza, intendendo «etĭam
secundum litterālem sensum» nel senso di «oltre che secondo il senso
spirituale, anche secondo il senso letterale».
Intendĕre è composto da in + tendĕre, «tendere verso»: quindi «quem
auctor intendit» alla lettera significa «ciò verso cui l'autore tende, ciò che ha di
mira». In questo senso si capisce bene anche perché in
fenomenologia con il termine intenzionalità ci si
riferisca al fatto che la coscienza è sempre coscienza di
qualche cosa, ossia tesa, rivolta a qualche cosa. Inconvenĭens in latino è usato
solo come aggettivo; ciò nondimeno, deriva da in (qui con il valore di prefisso
negativo, con il significato cioè di «non») + cum + venīre, «non venire
insieme»: etimologicamente pertanto sta per «che non viene insieme, che non
consegue»; poiché la doppia negazione afferma, «non inconvenĭens» viene a
significare «che consegue». Comprehendĕre infine deriva da cum + prehendĕre,
«prendere insieme, abbracciare»; è il calco del greco katalambánein ed esprime
bene l'atto della conoscenza intellettuale, paragonato, secondo il noto
esempio utilizzato da Zenone, all’immagine di un pugno chiuso.
L'articolo decimo in verità non termina qui; le tre difficoltà sollevate nei
primi tre capoversi vengono risolte in altrettanti capoversi conclusivi.
Tuttavia un'esperienza decennale ha confermato che nel corso di due semestri
non si riesce a procedere nella lettura e nell'analisi oltre l'ultimo brano
esaminato poco sopra. Per concludere il corso di latino, sarebbe piuttosto
alcune etimologie
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
326
utile scrivere semmai un ulteriore volume, un vero e proprio eserciziario, nel
quale vengano offerti dei testi supplementari, oltre a quello dell’Aquinate,
per esercitarsi e capire meglio gli argomenti qui studiati. A Dio piacendo,
esso potrà vedere la luce i prossimi anni.
Diciannovesima Lezione
327
Roma 2013
Per verificare il mio apprendimento: Compilare le schede di analisi del periodo, della
proposizione e della parola di «Quia vero sensus …» In che senso «sint» si lascia interpretare sia come
copula sia come predicato verbale? Perché «sint» si trova al modo congiuntivo? Come mai «autem», che è una congiunzione
coordinativa, introduce una proposizione
subordinativa? Quali sono i tre significati che convivono nella
congiunzione subordinativa «ut»?
In che senso «etĭam» può essere interpretata sia
come congiunzione coordinativa copulativa sia come avverbio rafforzativo?
Che cos'è il periodo ipotetico? Da quali proposizioni è formato?
In che modo l'etimologia di comprehendĕre è di
aiuto per capire l'atto della conoscenza intellettuale
e quella di intendĕre per apprezzare il significato
della nozione di intenzionalità nella fenomenologia?
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
328
ANALISI DEL PERIODO: «Quia vero sensus litterālis est, quem auctor intendit: auctor autem Sacrae Scriptūrae Deus est, qui omnĭa
simul suo intellectu comprehendit: non est inconvenĭens, ut dicit Augustīnus, si etĭam secundum litterālem sensum in una littĕra Scriptūrae
plures sint sensus»
Elencare le congiunzioni
specificandone il tipo
Elencare pronomi
relativi (e avverbi)
specificando il
termine al quale si
riferiscono
Elencare i predicati
(verbali o nominali)
Elencare le proposizioni, indicando per ciascuna la congiunzione,
il pronome relativo o l’avverbio da cui è introdotta e il predicato
verbale o nominale che la caratterizza
1 Quia = congiunzione
subordinativa causale
Quem (riferito a
sottinteso «is»)
Est (is) (predicato
nominale)
Quia ... est (is)
2 Vero = congiunzione
coordinativa avversativa
Qui (riferito a
«Deus»)
Intendit (predicato
verbale)
Quem ... intendit
3 Autem = congiunzione
coordinativa avversativa
Deus est (predicato
nominale)
Autem (quia) ... Deus est
4 Ut = congiunzione
subordinativa incidentale
Comprehendit
(predicato verbale)
Qui ... comprehendit
5 Si = congiunzione subordinativa
condizionale
Non est inconvenĭens
(predicato nominale)
Vero ... non est inconvenĭens
6 Dicit (predicato
verbale)
Ut ... dicit
7 Plures sint (predicato
nominale)
Si ... plures sint
Diciannovesima Lezione
329
Roma 2013 Elencare in ordine degradante le proposizioni
reggenti e complementari, indicando per ciascuna il
grado e il tipo
Disegnare il diagramma di flusso dell’intero periodo
1 Vero ... non est inconvenĭens = proposizione reggente
enunciativa coordinata al periodo precedente in forma
avversativa
Vero ... non est inconvenĭens
2 Ut ... dicit = proposizione complementare indiretta
incidentale di I (o II) grado
↓ ↓
ut ... dicit si ... plures sint
3 Si ... plures sint = proposizione complementare indiretta
condizionale di I grado
↓
4 Quia ... est (is) = proposizione complementare indiretta
causale di I (o di II) grado
quia ... est (is) (quem ... intendit) ↔ autem (quia) ... Deus est (qui ... comprehendit)
5 Autem (quia) ... Deus est = proposizione
complementare indiretta causale di I (o di II) grado
coordinata alla precedente causale in forma avversativa
6 Quem ... intendit = proposizione attributiva di II grado
7 Qui ... comprehendit = proposizione attributiva di II
grado
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
330
ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Quia vero sensus litterālis est, quem auctor intendit: auctor autem Sacrae Scriptūrae
Deus est, qui omnĭa simul suo intellectu comprehendit»
Predicato
(verbale o nominale)
Soggetto Complementi diretti
(oggetto o predicativo)
Connettori
Est (is) (predicato nominale)
Sensus litterālis (con un
attributo)
Quia = congiunzione
subordinativa causale
Intendit (predicato verbale)
Auctor
Quem (riferito a sottinteso «is»)
= complemento oggetto
Deus est (predicato
nominale)
Auctor
Autem = congiunzione
coordinativa avversativa
Comprehendit (predicato
verbale)
qui (riferito a «Deus»)
Omnĭa = complemento oggetto
Complementi indiretti Complementi indiretti
Sacrae Scriptūrae = complemento di specificazione del
soggetto (con un attributo)
Simul = complemento di tempo determinato
Suo intellectu = complemento di mezzo (con un attributo)
Diciannovesima Lezione
331
Roma 2013 ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Non est inconvenĭens, ut dicit Augustīnus, si etĭam secundum litterālem sensum in una littĕra
Scriptūrae plures sint sensus»
Predicato
(verbale o nominale)
Soggetto Complementi diretti
(oggetto o predicativo)
Connettori
Non est inconvenĭens
(predicato nominale)
Vero = congiunzione
coordinativa avversativa
Dicit (predicato verbale)
Augustīnus
Ut = congiunzione
subordinativa incidentale
Plures sint (predicato
nominale)
Sensus
Si = congiunzione subordinativa
condizionale
Complementi indiretti
Complementi indiretti
Etĭam = complemento di eccedenza
Secundum litterālem sensum = complemento di modo (o di
limitazione) (con un attributo)
In una littĕra = complemento di stato in luogo (con un
attributo)
Scriptūrae = complemento di specificazione del complemento di
stato in luogo
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
332
ANALISI DELLA PAROLA: «Quia vero sensus litterālis est, quem auctor intendit: auctor autem Sacrae Scriptūrae Deus est, qui omnĭa
simul suo intellectu comprehendit: non est inconvenĭens, ut dicit Augustīnus, si etĭam secundum litterālem sensum in una littĕra Scriptūrae
plures sint sensus»
Parola
Parte del discorso
(sostantivo, verbo,
aggettivo, pronome,
avverbio, congiunzione,
preposizione,
esclamazione)
Paradigma e diatesi (verbi)
Declinazione (sostantivi)
Classe (aggettivi)
Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)
Complemento (preposizioni)
Modo
(verbi)
Caso
(sostantivi, aggettivi e pronomi)
Concordanza
(aggettivi, pronomi)
Tempo
(verbi)
Genere
(sostantivi, aggettivi e
pronomi)
Persona
(verbi)
Numero
(verbi , sostantivi,
aggettivi e pronomi)
Quia congiunzione subordinativa causale
Vero congiunzione coordinativa avversativa
Sensus sostantivo sensus, us, IV declinazione nominativo maschile singolare
Litterālis aggettivo qualificativo litteralis, e, II classe a 2 uscite concordato con «sensus»,
nominativo
maschile singolare
Est verbo copulativo sum, es, fui, esse, coniugazione
propria, difettivo, atematico,
suppletivo
indicativo presente III singolare
Quem pronome relativo qui, quae, quod riferito a «is »(sottinteso),
accusativo
maschile singolare
Auctor sostantivo auctor, ōris, III declinazione nominativo comune singolare
Intendit verbo predicativo intendo, is, intendi, intentum, ĕre,
transitivo attivo, III coniugazione
indicativo presente III singolare
Auctor sostantivo auctor, ōris, III declinazione nominativo maschile singolare
Autem congiunzione coordinativa avversativa
Diciannovesima Lezione
333
Roma 2013 Sacrae aggettivo qualificativo sacer, sacra, sacrum, I classe concordato con «Scripturae»,
genitivo
femminile singolare
Scriptūrae sostantivo scriptūra, ae, I declinazione genitivo femminile singolare
Deus sostantivo deus, i, II declinazione nominativo maschile singolare
Est verbo copulativo sum, es, fui, esse, coniugazione
propria, difettivo, atematico,
suppletivo
indicativo presente III singolare
Qui pronome relativo qui, quae, quod riferito a «Deus», nominativo maschile singolare
Omnĭa pronome indefinito omnis, e, II classe a 2 uscite accusativo neutro plurale
Simul avverbio di tempo
Suo aggettivo possessivo
riflessivo
suus, a, um, I classe concordato con «intellectu»,
ablativo
maschile singolare
Intellectu sostantivo intellectus, us, IV declinazione ablativo maschile singolare
Comprehendit verbo predicativo comprehendo, is, prehendi,
prehensum, ĕre, transitivo attivo,
III coniugazione
indicativo presente III singolare
Non avverbio di negazione
Est verbo copulativo sum, es, fui, esse, coniugazione
propria, difettivo, atematico,
suppletivo
indicativo presente III singolare
Inconvenĭens aggettivo qualificativo inconvenĭens, entis, II classe a 1
uscita
non concordato, perché il verbo è
impersonale, nominativo
neutro singolare
Ut congiunzione subordinativa incidentale
Dicit verbo predicativo dico, is, dixi, dictum, ĕre,
transitivo attivo, III coniugazione
indicativo presente III singolare
Augustīnus sostantivo Augustīnus, i, II declinazione nominativo maschile singolare
Si congiunzione subordinativa condizionale
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
334
Etĭam avverbio rafforzativo
Secundum preposizione secundum + accusativo =
complemento di modo
Litterālem aggettivo qualificativo litterālis, e, II classe a 2 uscite concordato con «sensum»,
accusativo
maschile singolare
Sensum sostantivo sensus, us, IV declinazione accusativo maschile singolare
In preposizione in + ablativo = complemento di
stato in luogo
Una aggettivo numerale
cardinale
unus, a, um, I classe,
pronominale
concordato con «littĕra», ablativo femminile singolare
Littĕra sostantivo littĕra, ae, I declinazione ablativo femminile singolare
Scriptūrae sostantivo scriptūra, ae, I declinazione genitivo femminile singolare
Plures aggettivo indefinito plus, pluris, II classe a 1 uscita,
comparativo di maggioranza di
multus, a, um
concordato con «sensus»,
nominativo
maschile plurale
Sint verbo copulativo sum, es, fui, esse, coniugazione
propria, difettivo, atematico,
suppletivo
congiuntivo presente III plurale
Sensus sostantivo sensus, us, IV declinazione nominativo maschile singolare
Roma 2013
336
APPENDICE 1
Testo di san Tommaso
in originale139
QUAESTĬO PRIMA. ARTICŬLUS DECĬMUS
Utrum Sacra Scriptūra sub una littĕra habĕat
plures sensus
AD DECĬMUM SIC PROCEDĬTUR
VIDĒTUR QUOD Sacra Scriptūra sub una littěra non habeat plures sensus,
qui sunt historicus vel littěralis, allegoricus, tropologicus sive moralis, et anagogicus.
Multiplicĭtas enim sensŭum in una scriptūra parit confusiōnem et deceptiōnem, et
tollit firmitātem arguendi: unde ex multiplicĭbus propositionĭbus non procēdit
argumentātio, sed secundum hoc alĭquae fallacĭae assignantur. Sacra autem
Scriptūra debet esse effĭcax ad ostendendam veritātem absque omni fallacĭa. Ergo
non debent in ea sub una littěra plures sensus tradi.
139 Abbiamo usato l’edizione leonina riprodotta nel seguente volume: San Tommaso d’Aquino, La
Somma Teologica, traduzione e commento a cura dei domenicani italiani, vol. I, ed. Studio
Domenicano, Bologna 1984.
Appendice 1
Roma 2013
337
PRAETERĚA, Augustīnus dicit in libro De utilitāte credendi, quod «Scriptūra
quae Testamentum Vetus vocātur, quadrifarĭam traditur»: scilĭcet, «secundum
historĭam, secundum aetiologĭam, secundum analogĭam, secundum allegorĭam»140.
Quae quidem quatŭor a quatŭor praedictis videntur esse aliēna omnīno. Non igĭtur
convenĭens vidētur quod eădem littěra Sacrae Scriptūrae secundum quatŭor sensus
praedictos exponātur.
PRAETERĚA, praeter praedictos sensus, invenĭtur sensus parabolĭcus, qui
inter illos sensus quatŭor non continētur.
SED EST CONTRA quod dicit Gregorĭus: «Sacra Scriptūra omnes scientĭas
ipso locutiōnis suae more transcendit: quia uno eodemque sermōne, dum narrat
gestum, prodit mysterĭum»141.
RESPONDĔO DICENDUM quod auctor Sacrae Scriptūrae est Deus, in
cuius potestāte est ut non solum voces ad significandum accommŏdet (quod etĭam
homo facĕre potest), sed etĭam res ipsas. Et idĕo, cum in omnĭbus scientĭis voces
signifĭcent, hoc habet proprĭum ista scientĭa, quod ipsae res significātae per voces,
etĭam signifĭcant alĭquid. Illa ergo prima significatĭo, qua voces signifĭcant res,
pertĭnet ad primum sensum, qui est sensus historĭcus vel litterālis. Illa vero
significatĭo qua res significātae per voces, itĕrum res alĭas signifĭcant, dicĭtur sensus
spirituālis; qui super litterālem fundātur, et eum suppōnit.
140 Augustīnus, De utilitāte credendi, 3. 141 Gregorĭus Magnus, Moralĭa in Iob, 20,1.
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
338
Hic autem sensus spirituālis trifarĭam dividĭtur. Sicut enim dicit Apostŏlus, lex
vetus figūra est novae legis: et ipsa nova lex, ut dicit Dionysĭus in Ecclesiastĭca
Hierarchĭa, est figūra futūrae glorĭae: in nova etĭam lege, ea quae in capĭte sunt
gesta, sunt signa eōrum quae nos agĕre debēmus. Secundum ergo quod ea quae
sunt vetĕris legis, signifĭcant ea quae sunt novae legis, est sensus allegorĭcus:
secundum vero quod ea quae in Christo sunt facta, vel in his quae Christum
signifĭcant, sunt signa eōrum quae nos agĕre debēmus, est sensus morālis: prout
vero signifĭcant ea quae sunt in aeterna glorĭa, est sensus anagogĭcus.
Quia vero sensus litterālis est, quem auctor intendit: auctor autem Sacrae
Scriptūrae Deus est, qui omnĭa simul suo intellectu comprehendit: non est
inconvenĭens, ut dicit Augustīnus, si etĭam secundum litterālem sensum in una
littĕra Scriptūrae plures sint sensus.
Roma 2013
339
APPENDICE 2
Testo di san Tommaso
con costruzione italiana e
traduzione interlineare
PRIMA QUAESTĬO. ARTICŬLUS DECĬMUS
PRIMA QUESTIONE. ARTICOLO DECIMO
Utrum Sacra Scriptūra habĕat plures sensus
Se la Sacra Scrittura abbia più sensi
sub una littĕra
sotto una sola lettera
AD DECĬMUM SIC PROCEDĬTUR
NEL DECIMO COSÌ SI PROCEDE
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
340
VIDĒTUR QUOD Sacra Scriptūra non habĕat
SEMBRA CHE la Sacra Scrittura non abbia
sub una littĕra plures sensus, qui sunt historĭcus vel
sotto un'unica lettera più sensi, che sono quello storico o
litterālis, allegorĭcus, tropologĭcus sive morālis, et anagogĭcus.
letterale, quello allegorico, quello tropologico o morale, e quello anagogico.
Multiplicĭtas sensŭum in una scriptūra enim parit confusiōnem et
La molteplicità di sensi in una sola scrittura infatti genera confusione e
deceptiōnem, et tollit firmitātem arguendi: unde
sviamento, e toglie la solidità dell'argomentare: tant’è che
argumentatĭo non procēdit ex multiplicĭbus propositionĭbus, sed
l'argomentazione non procede da molteplici proposizioni maggiori, ma al contrario
alĭquae fallacĭae assignantur secundum hoc.
certi errori vengono definiti proprio relativamente a questo fatto.
Autem Sacra Scriptūra debet esse effĭcax
Ma la Sacra Scrittura deve essere efficace
ad ostendendam veritātem absque omni fallacĭa.
a mostrare la verità lontano da ogni errore.
Appendice 2
Roma 2013
341
Ergo in ea non debent tradi plures sensus sub una littĕra.
Dunque in essa non devono essere trasmessi più sensi sotto un'unica lettera.
PRAETERĔA, Augustīnus in libro De utilitāte credendi dicit quod
INOLTRE, Agostino nel libro Sull'utilità del credere dice che
«Scriptūra quae vocātur Vetus Testamentum, tradĭtur
«la Scrittura che è chiamata Antico Testamento si presenta
quadrifarĭam»: scilĭcet, «secundum historĭam, secundum aetiologĭam,
in quattro forme»: e cioè «secondo la storia, secondo l'eziologia,
secundum analogĭam, secundum allegorĭam».
secondo l'analogia, secondo l'allegoria».
Quae quatŭor quidem videntur esse omnīno aliēna
Questi quattro sensi certamente sembrano essere del tutto diversi
a quatŭor praedictis.
dai quattro detti sopra.
Non vidētur igĭtur convenĭens quod eădem littĕra Sacrae Scriptūrae
Non sembra quindi conveniente che la medesima lettera della Sacra Scrittura
exponātur secundum quatŭor sensus praedictos.
sia esposta secondo i quattro sensi detti sopra.
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
342
PRAETERĔA, praeter sensus praedictos, invenĭtur sensus parabolĭcus,
INOLTRE, oltre ai sensi detti sopra, si trova il senso parabolico,
qui non continētur inter illos quatŭor sensus.
che non è contenuto tra quei quattro sensi.
SED EST CONTRA quod dicit Gregorĭus:
MA È IN MODO CONTRARIO quel che dice Gregorio:
«Sacra Scriptūra transcendit omnes scientĭas more ipso suae locutiōnis:
«La Sacra Scrittura supera tutte le scienze per il modo stesso del suo parlare:
quia uno eodemque sermōne, dum narrat gestum,
poiché con un unico e medesimo discorso, mentre narra un evento,
prodit mysterĭum».
trasmette un mistero».
RESPONDĔO DICENDUM quod auctor Sacrae Scriptūrae
RISPONDO CHE BISOGNA DIRE che l'autore della Sacra Scrittura
est Deus, in cuius potestāte est ut non solum accommŏdet voces
è Dio, nella cui potestà è che non solo adatti le parole
Appendice 2
Roma 2013
343
ad significandum ( quod etĭam homo potest facĕre),
per significare qualcosa (la qual cosa anche l'uomo può fare),
sed etĭam res ipsas.
ma anche le cose stesse.
Et idĕo, cum in omnĭbus scientĭis voces signifĭcent, ista scientĭa
E perciò, mentre in tutte le scienze le parole significano qualcosa, codesta scienza
habet hoc proprĭum, quod ipsae res significātae per voces,
ha questo di proprio, cioè il fatto che le stesse cose significate attraverso le parole,
signifĭcant etĭam alĭquid.
significano anche qualcosa.
Illa prima significatĭo ergo, qua voces signifĭcant res
Quel primo significato dunque, con il quale le parole significano le cose,
pertĭnet ad primum sensum, qui est sensus historĭcus vel litterālis.
attiene al primo senso, che è il senso storico o letterale.
Illa significatĭo vero, qua res significātae per voces
Quel significato invece, con il quale le cose significate attraverso le parole
itĕrum signifĭcant alĭas res, dicĭtur sensus spirituālis;
a loro volta significano altre cose, è detto senso spirituale;
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
344
qui fundātur super litterālem, et eum suppōnit.
il quale è fondato sopra il letterale, e lo suppone.
Autem hic sensus spirituālis dividĭtur trifarĭam.
Ma questo senso spirituale si divide in tre forme.
Sicut dicit enim Apostŏlus, vetus lex est figūra novae legis:
Come dice infatti l'Apostolo, l'antica legge è figura della nuova legge:
et ipsa nova lex, ut dicit Dionysĭus in Hierarchĭa Ecclesiastĭca,
e la stessa nuova legge, come dice Dionigi nella Gerarchia Ecclesiastica,
est figūra glorĭae futūrae: etĭam in nova lege, ea quae
è figura della gloria futura: anche nella nuova legge, quelle cose che
sunt gesta in capĭte, sunt signa eōrum quae nos debēmus agĕre.
sono state compiute nel capo, sono segni di quelle che noi dobbiamo fare.
Ergo secundum quod ea quae sunt vetĕris legis, signifĭcant
Quello dunque secondo il quale quelle cose che sono dell'antica legge, significano
ea quae sunt novae legis, est sensus allegorĭcus:
quelle che sono della nuova legge, è il senso allegorico:
vero secundum quod ea quae sunt facta in Christo,
quello invece secondo il quale quelle cose che sono state fatte in Cristo,
Appendice 2
Roma 2013
345
vel in his quae signifĭcant Christum, sunt signa eōrum quae nos debēmus
o in queste che significano Cristo, sono segni di quelle che noi dobbiamo
agĕre, est sensus morālis:
fare, è il senso morale:
prout vero signifĭcant ea quae sunt in glorĭa aeterna,
in quanto invece significano quelle che sono nella gloria eterna,
est sensus anagogĭcus.
è il senso anagogico.
Quia vero sensus litterālis est, quem auctor intendit: autem auctor
Poiché però il senso letterale è quello che l'autore intende: ma l'autore
Sacrae Scriptūrae est Deus, qui suo intellectu comprehendit omnĭa
della Sacra Scrittura è Dio, che con il suo intelletto comprende tutte le cose
simul: non est inconvenĭens, ut dicit Augustīnus, si etĭam
simultaneamente: non è sconveniente, come dice Agostino, se anche
secundum sensum litterālem sensus in una littĕra Scriptūrae
secondo il senso letterale i sensi in una sola lettera della Scrittura
sint plures .
siano molteplici.
Roma 2013
346
APPENDICE 3
Congiunzioni e avverbi
incontrati
autem = congiunzione coordinativa avversativa
contra = avverbio di modo
cum = congiunzione subordinativa avversativa
dum = congiunzione subordinativa temporale
enim = congiunzione coordinativa esplicativa
ergo = congiunzione coordinativa conclusiva
et = congiunzione coordinativa copulativa
etĭam = avverbio rafforzativo / congiunzione coordinativa copulativa
idĕo = congiunzione coordinativa esplicativa
igĭtur = congiunzione coordinativa conclusiva
itĕrum = avverbio iterativo
non = avverbio di negazione
omnīno = avverbio rafforzativo
praeterěa = congiunzione coordinativa copulativa
prout = congiunzione subordinativa modale
quadrifarĭam = avverbio di modo
que = congiunzione coordinativa copulativa enclitica
Appendice 3
347
Roma 2013
quia = congiunzione subordinativa causale
quidem = avverbio rafforzativo
quod = congiunzione subordinativa dichiarativa
scilĭcet = congiunzione coordinativa esplicativa
sed = congiunzione coordinativa avversativa
si = congiunzione subordinativa condizionale
sicut =congiunzione subordinativa incidentale (modale e comparativa)
simul = avverbio di tempo
sive = congiunzione coordinativa disgiuntiva inclusiva
solum = avverbio di modo
trifarĭam = avverbio di modo
unde = avverbio d’origine, con valore esplicativo
ut = congiunzione subordinativa dichiarativa / incidentale (modale e
comparativa)
vel = congiunzione coordinativa disgiuntiva inclusiva
vero = congiunzione coordinativa avversativa
Roma 2013
348
APPENDICE 4
Preposizioni e complementi
incontrati
a/ab + ablativo = complemento di separazione
absque + ablativo = complemento di separazione
ad + accusativo = complemento di moto a luogo / di fine
de + ablativo = complemento di argomento
e/ex + ablativo = complemento d’origine
in + ablativo = complemento di stato in luogo
inter + accusativo = complemento di stato in luogo
per + accusativo = complemento di mezzo
praeter + accusativo = complemento di eccedenza
secundum + accusativo = complemento di limitazione o di modo
sub + ablativo = complemento di stato in luogo
super + accusativo = complemento di stato in luogo
nominativo semplice = complemento predicativo del soggetto
genitivo semplice = complemento di pertinenza
accusativo semplice = complemento predicativo dell’oggetto
ablativo semplice = complemento di modo / di mezzo / di causa
Roma
2013
349
APPENDICE 5
Paradigmi dei verbi
incontrati
accommŏdo, as, āvi, ātum, āre, I coniugazione, transitivo
ago, is, egi, actum , ĕre, III coniugazione, transitivo
argŭo, is, argŭi, arguitūrus, ĕre, difettivo, III coniugazione, transitivo
assīgno, as, āvi, ātum, āre, I coniugazione, transitivo
comprehendo, is, comprehendi, comprehensum, ĕre, III coniugazione,
transitivo
contĭněo, es, continŭi, contentum, ēre, II coniugazione, transitivo
convěnĭo, is, vēni, ventum, īre, IV coniugazione, intransitivo
credo, is, credĭdi, credĭtum, ĕre, III coniugazione, transitivo
debĕo, es, debŭi, debĭtum ēre, modale, II coniugazione
dico, is, dixi, dictum, ĕre, III coniugazione, transitivo
divĭdo, is, divīsi, divīsum, ĕre, III coniugazione, transitivo
expōno, is, posŭi, posĭtum, ĕre, III coniugazione, transitivo
facĭo, is, feci, factum, ĕre, III coniugazione in -ĭo, transitivo
fundo, as, āvi, ātum, āre, I coniugazione, transitivo
gero, is, gessi, gestum, ĕre, III coniugazione, transitivo
habĕo, es, habŭi, habĭtum, ēre, II coniugazione, transitivo
intendo, is, intendi, intentum , ĕre, III coniugazione, transitivo
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
350
invěnĭo, is, invēni, inventum, īre, III coniugazione, transitivo
narro, as, āvi, ātum, āre, I coniugazione, transitivo
ostendo, is, ostendi, ostentum (ostensum), ĕre, III coniugazione, transitivo
parĭo, is, pepĕri, partum, ĕre, III coniugazione in ĭo, transitivo
pertinĕo, es, pertinŭi, ēre, difettivo, II coniugazione, intransitivo
possum, potes, potŭi, posse, difettivo, atematico, modale, coniugazione
propria
praedīco, is, dīxi, dictum, ĕre, III coniugazione, transitivo
procēdo, is, procēssi, procēssum , ĕre, III coniugazione, intransitivo
prodo, is, prodĭdi, prodĭtum, ĕre, III coniugazione, transitivo
respondĕo, es, respondi, responsum, ēre, II coniugazione, transitivo
signifĭco, as, āvi, ātum, āre, I coniugazione, transitivo
sum, es, fui, esse, difettivo, atematico, suppletivo, coniugazione propria,
intransitivo
suppōno, is, supposŭi, supposĭtum , ĕre, III coniugazione, transitivo
tollo, is, sustŭli, sublātum, ĕre, III coniugazione, transitivo
trado, is, tradĭdi, tradĭtum, ĕre, III coniugazione, transitivo
transcendo, is, scendi, scensum, ĕre, III coniugazione, transitivo
viděor, ēris, visus sum, ēri, II coniugazione, deponente
voco, as, āvi, ātum, āre, I coniugazione , transitivo
Roma
2013
351
APPENDICE 6
Sostantivi
e aggettivi di I e II classe
incontrati
aeternus, a, um, I classe
aetiologĭa, ae, femminile, I declinazione
aliēnus, a, um, I classe
alĭus, a, um, I classe
allegorĭa, ae, femminile, I declinazione
allegorĭcus, a, um, I classe
anagogĭcus, a, um, I classe
analogĭa, ae, femminile, I declinazione
apostŏlus, i, maschile, II declinazione
argumentatĭo, ōnis, femminile, III declinazione, in nasale
auctor, ōris, comune, III declinazione
Augustīnus, i, maschile, II declinazione
caput, ĭtis, neutro, III declinazione
Christus, i, maschile, II declinazione
confusĭo, ōnis, femminile, III declinazione, in nasale
convenĭens entis, II classe a 1 uscita
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
352
deceptĭo, ōnis, femminile, III declinazione, in nasale
deus, i, maschile, II declinazione
Dionysĭus, ĭi, maschile, II declinazione
ecclesiastĭcus, a, um, I classe
effĭcax, cācis, II classe a 1 uscita, in gutturale
fallacĭa, ae, femminile, I declinazione
figūra, ae, femminile, I declinazione
firmĭtas, ātis, femminile, III declinazione, in dentale
futūrus, a, um, I classe
glorĭa, ae, femminile, I declinazione
Gregorĭus, ĭi, maschile, II declinazione
hierarchĭa, ae, femminile, I declinazione
historĭa, ae, femminile, I declinazione
historĭcus, a, um, I classe
homo, mĭnis, maschile, III declinazione
inconvenĭens, entis, II classe a 1 uscita
intellectus, us, maschile, IV declinazione
lex, legis, femminile, III declinazione in gutturale
liber, libri, maschile, II declinazione
littěra, ae, femminile, I declinazione
litterālis, e, II classe a 2 uscite
locutĭo, ōnis, femminile, III declinazione in nasale
morālis, e, II classe a 2 uscite
mos, moris, maschile, III declinazione
multĭplex, plĭcis, II classe, a 1 uscita, in gutturale
Appendice 6
Roma 2013
353
multiplicĭtas, ātis, femminile, III declinazione, in dentale
mysterĭum, ĭi, neutro, II declinazione
novus, a, um, I classe
omnis, e, II classe a 2 uscite
parabolĭcus, a, um, I classe
plus, pluris, II classe a 1 uscita
potestas, ātis, femminile, III declinazione in dentale
primus, a, um, I classe
propositĭo, ōnis, femminile, III declinazione, in nasale
proprĭus, a, um, I classe
res, rei, femminile, V declinazione
sacer, cra, crum, I classe
scientĭa, ae, femminile, I declinazione
scriptūra, ae, femminile, I declinazione
sensus, us, maschile, IV declinazione
sermo, ōnis, maschile, III declinazione in nasale
signum, i, neutro, II declinazione
significatĭo, ōnis, femminile, III declinazione in nasale
spirituālis, e, II classe a 2 uscite
suus, a, um, I classe
testamentum, i, neutro, II declinazione
tropologĭcus, a, um, I classe
unus, a, um, I classe, pronominale
utilĭtas, ātis, femminile, III declinazione, in dentale
verĭtas, ātis, femminile, III declinazione in dentale
Studio Critico della Lingua Latina
Roma 2013
354
vetus, vetěris, II classe a 1 uscita
vox, vocis, femminile, III declinazione in gutturale
Roma
2013
355
APPENDICE 7
Etimologie presentate
accommŏdo, āre … 12
adverbĭum, ĭi …184
aliēnus, a, um … 185
allegorĭa, ae … 79
anagogĭa, ae … 83
apodittico … 99
apodosi … 99
argumentatĭo, ōnis … 129
assigno, āre … 130
assoluto … 30
auctor, ōris … 13
comprehendo, ĕre… 101
confusĭo, ōnis … 129
continěo, ēre … 196
convenĭens, entis … 195
deběo, ēre … 146
deceptĭo, ōnis … 129
ecclesĭa, ae … 62
effĭcax, ācis … 146
etĭam … 32
Studio Critico della Lingua Latina
356
Roma 2013
expōno, ěre … 195
fallacĭa, ae … 146
firmĭtas, ātis … 129
fundo, āre … 44
hierarchĭa, ae … 62
historĭa, ae … 44
homo, ĭnis … 12
inconvenĭens, entis … 101
intendo, ĕre… 101
invenĭo, īre … 196
itĕrum … 43
locutĭo, ōnis … 215
mos, moris … 214
multiplex, plĭcis … 128
mysterĭum, ĭi … 216
omnīno … 185
ogni … 146
ostendo, ěre … 146
parabolĭcus, a, um … 196
pertinĕo, ēre … 41
praedīco, ěre … 184
praeterĕa … 195
procēdo, ěre … 130
prodo, ěre … 216
propositĭo, ōnis … 130
Appendice 7
357
Roma 2013
protasi … 99
scientĭa, ae … 214
sermo, ōnis … 216
simplex, plĭcis … 128
signifĭco, āre … 12
suppōno, ĕre … 44
testamentum, i … 174
tollo, ěre … 129
traditĭo, ōnis … 159-160
transcendo, ěre … 215
týpos … 57
Roma 2013
358
APPENDICE 8
Le cinque declinazioni
dei sostantivi
PRIMA DECLINAZIONE
scriptūra, ae Singolare Plurale
Nominativo scriptūră
(la scrittura)142
scriptūrae
(le scritture)
Genitivo scriptūrae
(della scrittura)
scripturārum
(delle scritture)
Dativo scriptūrae
(alla scrittura)
scriptūris
(alle scritture)
Accusativo scriptūram
(la scrittura)
scriptūras
(le scritture)
Vocativo scriptūră
(o scrittura)
scriptūrae
(o scritture)
Ablativo scriptūrā
(con la scrittura)
scriptūris
(con le scritture)
142 Uno studente mi ha giustamente fatto osservare che, specialmente per gli studenti stranieri,
sarebbe stato utile aggiungere in queste tabelle la traduzione delle singole voci in italiano. Si tenga
tuttavia presente che la traduzione è valida solo in prima approssimazione, in quanto è suscettibile
di molte variazioni in base al contesto in cui il vocabolo è inserito; ciò non vale solo per l’ablativo,
che può tradurre molteplici complementi, resi in italiano con l’ausilio di preposizioni differenti, ma
anche per tutti gli altri casi: così, ad esempio, lo stesso nominativo può svolgere la funzione di
complemento predicativo del soggetto e essere tradotto in italiano con le preposizioni «come» o
«in qualità di». Probabilmente solo il vocativo non è soggetto a variazioni di sorta nella traduzione.
Appendice 8
359
Roma 2013
SECONDA DECLINAZIONE
apostŏlus, i Singolare Plurale
Nominativo apostŏlus
(l’apostolo)
apostŏli
(gli apostoli)
Genitivo apostŏli
(dell’apostolo)
apostolōrum
(degli apostoli)
Dativo apostŏlo
(all’apostolo)
apostŏlis
(agli apostoli)
Accusativo apostŏlum
(l’apostolo)
apostŏlos
(gli apostoli)
Vocativo apostŏle
(o apostolo)
apostŏli
(o apostoli)
Ablativo apostŏlo
(con l’apostolo)
apostŏli
(con gli apostoli)
Studio Critico della Lingua Latina
360
Roma 2013
SECONDA DECLINAZIONE
(flessione particolare del sostantivo deus)
deus, i Singolare Plurale
Nominativo deus
(dio)
dii (dī, dei)
(gli dei)
Genitivo dei
(di dio)
deōrum (deum)
(degli dei)
Dativo deo
(a dio)
diis (dīs, deis)
(agli dei)
Accusativo deum
(dio)
deos
(gli dei)
Vocativo deus (dive)143
(o dio)
dii (dī, dei)
(o dei)
Ablativo a deo
(da dio)144
diis (dīs, deis)
(con gli dei)
143 Tra parentesi riportiamo sempre delle varianti attestate più o meno frequentemente. 144 Siccome è un nome di persona, l’ablativo semplice deo non può essere strumentale (il
complemento di mezzo sarebbe stato per deum); per questo abbiamo premesso la preposizione ab,
per formare un complemento d’agente. Applicheremo lo stesso criterio anche in seguito, con il
sostantivo Iēsus e qualora un pronome maschile o femminile si supponga riferito a una persona.
Appendice 8
361
Roma 2013
SECONDA DECLINAZIONE
(a desinenza zero al nominativo e vocativo singolare)
puer, ĕri Singolare Plurale
Nominativo puer
(il fanciullo)
puĕri
(i fanciulli)
Genitivo puĕri
(del fanciullo)
puerōrum
(dei fanciulli)
Dativo puĕro
(al fanciullo)
puĕris
(ai fanciulli)
Accusativo puĕrum
(il fanciullo)
puĕros
(i fanciulli)
Vocativo puer
(o fanciullo)
puĕri
(o fanciulli)
Ablativo puĕro
(con il fanciullo)
puĕris
(con i fanciulli)
Studio Critico della Lingua Latina
362
Roma 2013
SECONDA DECLINAZIONE
(a desinenza zero e con perdita della vocale -e-
in tutti i casi tranne che al nominativo e vocativo singolare)
liber, bri Singolare Plurale
Nominativo liber
(il libro)
libri
(i libri)
Genitivo libri
(del libro)
librōrum
(dei libri)
Dativo libro
(al libro)
libris
(ai libri)
Accusativo librum
(il libro)
libros
(i libri)
Vocativo liber
(o libro)
libri
(o libri)
Ablativo libro
(con il libro)
libris
(con i libri)
Appendice 8
363
Roma 2013
SECONDA DECLINAZIONE
(sostantivi di genere neutro)
mysterĭum, ĭi Singolare Plurale
Nominativo mysterĭum
(il mistero)
mysterĭa
(i misteri)
Genitivo mysterĭi
(del mistero)
mysteriōrum
(dei misteri)
Dativo mysterĭo
(al mistero)
mysterĭis
(ai misteri)
Accusativo mysterĭum
(il mistero)
mysterĭa
(i misteri)
Vocativo mysterĭum
(o mistero)
mysterĭa
(o misteri)
Ablativo mysterĭo
(con il mistero)
mysterĭis
(con i misteri)
Studio Critico della Lingua Latina
364
Roma 2013
DESINENZE DI TERZA DECLINAZIONE
Desinenze di
terza
declinazione
Singolare Plurale
Maschile/Femminile Neutro Maschile/Femminile Neutro
Nominativo -145 - es a (ia)
Genitivo is is um (ium) um (ium)
Dativo i i ibus ibus
Accusativo em (im) = nom. es (is) a (ia)
Vocativo = nominativo = nom. es a (ia)
Ablativo e (i) e (i) ibus ibus
Formazione dei Nominativi Singolari più comuni:
Sostantivi in dentale: verĭtas, ātis
Sostantivi in nasale: significatĭo, ōnis
Sostantivi in gutturale: vox, vocis
Sostantivi in r: auctor, ōris; mos, moris
145 Il trattino indica il fatto che non è possibile determinare un numero abbastanza ristretto di uscite
possibili per il nominativo singolare: questo rappresenta l’unica vera difficoltà dei nomi di terza
declinazione. Le desinenze tra parentesi invece sono varianti, in genere meno frequenti.
Appendice 8
365
Roma 2013
TERZA DECLINAZIONE
verĭtas, ātis Singolare Plurale
Nominativo verĭtas
(la verità)
veritātes
(le verità)
Genitivo veritātis
(della verità)
veritātum
(delle verità)
Dativo veritāti
(alla verità)
veritatĭbus
(alle verità)
Accusativo veritātem
(la verità)
veritātes
(le verità)
Vocativo verĭtas
(o verità)
veritātes
(o verità)
Ablativo veritāte
(con la verità)
veritatĭbus
(con le verità)
Studio Critico della Lingua Latina
366
Roma 2013
TERZA DECLINAZIONE
(sostantivi di genere neutro)
caput, ĭtis Singolare Plurale
Nominativo caput
(il capo)
capĭta
(i capi)
Genitivo capĭtis
(del capo)
capĭtum
(dei capi)
Dativo capĭti
(al capo)
capiti bus
(ai capi)
Accusativo caput
(il capo)
capĭta
(i capi)
Vocativo caput
(o capo)
capĭta
(o capi)
Ablativo capĭte
(con il capo)
capitĭbus
(con i capi)
Appendice 8
367
Roma 2013
QUARTA DECLINAZIONE
sensus, us Singolare Plurale
Nominativo sensus
(il senso)
sensus
(i sensi)
Genitivo sensus
(del senso)
sensŭum
(dei sensi)
Dativo sensui
(al senso)
sensĭbus
(ai sensi)
Accusativo sensum
(il senso)
sensus
(i sensi)
Vocativo sensus
(o senso)
sensus
(o sensi)
Ablativo sensu
(con il senso)
sensĭbus
(con i sensi)
Studio Critico della Lingua Latina
368
Roma 2013
QUARTA DECLINAZIONE
(sostantivi di genere neutro)
genu, us Singolare Plurale
Nominativo genu
(il ginocchio)
genŭa
(le ginocchia)
Genitivo genus
(del ginocchio)
genŭum
(delle ginocchia)
Dativo genu
(al ginocchio)
genĭbus
(alle ginocchia)
Accusativo genu
(il ginocchio)
genŭa
(le ginocchia)
Vocativo genu
(o ginocchio)
genŭa
(o ginocchia)
Ablativo genu
(con il ginocchio)
genĭbus
(con le ginocchia)
Appendice 8
369
Roma 2013
DECLINAZIONE DI IĒSUS146
Iēsus, u
Nominativo Iēsus
(Gesù)
Genitivo Iēsu
(di Gesù)
Dativo Iēsu
(a Gesù)
Accusativo Iēsum
(Gesù)
Vocativo Iēsu
(o Gesù)
Ablativo ab Iēsu
(da Gesù)
146 Iēsus non appartiene in verità a nessuna delle cinque declinazioni, ma segue una flessione sua
propria, in quanto è un nome di origine straniera; tuttavia di fatto sembra essere un irregolare di
quarta declinazione.
Studio Critico della Lingua Latina
370
Roma 2013
QUINTA DECLINAZIONE
res, rei Singolare Plurale
Nominativo res
(la cosa)
res
(le cose)
Genitivo rĕi
(della cosa)
rērum
(delle cose)
Dativo rĕi
(alla cosa)
rēbus
(alle cose)
Accusativo rem
(la cosa)
res
(le cose)
Vocativo res
(o cosa)
res
(o cose)
Ablativo re
(con la cosa)
rēbus
(con le cose)
Roma
2013
371
Appendice 9
Le due classi di flessione
degli aggettivi
PRIMA CLASSE
historĭcus,a,um Singolare Plurale
Maschile
Femminile
Neutro
Maschile
Femminile
Neutro
Nominativo
historĭcus
(lo … storico)
historĭca
(la … storica)
historĭcum
(lo … storico)
historĭci
(gli … storici)
historĭcae
(le … storiche)
historĭca
(gli … storici)
Genitivo
historĭci
(dello … storico)
historĭcae
(della …storica)
historĭci
(dello … storico)
historĭcōrum
(degli … storici)
historĭcārum
(delle … storiche)
historĭcōrum
(degli … storici)
Dativo
historĭco
(allo … storico)
historĭcae
(alla … storica)
historĭco
(allo … storico)
historĭcis
(agli … storici)
historĭcis
(alle … storiche)
historĭcis
(agli … storici)
Accusativo
historĭcum
(lo … storico)
historĭcam
(la … storica)
historĭcum
(lo … storico)
historĭcos
(gli … storici)
historĭcas
(le … storiche)
historĭca
(gli … storici)
Vocativo
historĭce
(o … storico)
historĭca
(o … storica)
historĭcum
(o … storico)
historĭci
(o … storici)
historĭcae
(o … storiche)
historĭca
(o … storici)
Ablativo
historĭco
(con … storico)
historĭca
(con … storica)
historĭco
(con … storico)
historĭcis
(con … storici)
historĭcis
(con … storiche)
historĭcis
(con … storici)
Studio Critico della Lingua Latina
372
Roma 2013
PRIMA CLASSE
(a desinenza zero al nominativo e vocativo singolare)
liber, a, um Singolare Plurale
Maschile
Femminile
Neutro
Maschile
Femminile
Neutro
Nominativo
liber
(il … libero)
libĕra
(la … libera)
libĕrum
(il … libero)
libĕri
(i … liberi)
libĕrae
(le … libere)
libĕra
(i … liberi)
Genitivo
libĕri
(del … libero)
libĕrae
(della … libera)
libĕri
(del … libero)
liberōrum
(dei … liberi)
liberārum
(delle … libere)
liberōrum
(dei … liberi)
Dativo
libĕro
(al … libero)
libĕrae
(alla … libera)
libĕro
(al … libero)
libĕris
(ai … liberi)
libĕris
(alle … libere)
libĕris
(ai … liberi)
Accusativo
libĕrum
(il … libero)
libĕram
(la … libera)
libĕrum
(il … libero)
libĕros
(i … liberi)
libĕras
(le … libere)
libĕra
(i … liberi)
Vocativo
liber
(o … libero)
libĕra
(o … libera)
libĕrum
(o … libero)
libĕri
(o … liberi)
libĕrae
(o … libere)
libĕra
(o … liberi)
Ablativo
libĕro
(con … libero)
libĕra
(con … libera)
libĕro
(con … libero)
libĕris
(con … liberi)
libĕris
(con … libere)
libĕris
(con … liberi)
Appendice 9
373
Roma 2013
PRIMA CLASSE
(a desinenza zero e con perdita della vocale -e-
in tutti i casi tranne che al nominativo e vocativo singolare)
sacer, cra, crum Singolare Plurale
Maschile
Femminile
Neutro
Maschile
Femminile
Neutro
Nominativo
sacer
(il … sacro)
sacra
(la … sacra)
sacrum
(il … sacro)
sacri
(i … sacri)
sacrae
(le … sacre)
sacra
(i … sacri)
Genitivo
sacri
(del … sacro)
sacrae
(della … sacra)
sacri
(del … sacro)
sacrōrum
(dei … sacri)
sacrārum
(delle … sacre)
sacrōrum
(dei … sacri)
Dativo
sacro
(al … sacro)
sacrae
(alla … sacra)
sacro
(al … sacro)
sacris
(ai … sacri)
sacris
(alle … sacre)
sacris
(ai … sacri)
Accusativo
sacrum
(il … sacro)
sacram
(la … sacra)
sacrum
(il … sacro)
sacros
(i … sacri)
sacras
(le … sacre)
sacra
(i … sacri)
Vocativo
sacer
(o … sacro)
sacra
(o … sacra)
sacrum
(o … sacro)
sacri
(o … sacri)
sacrae
(o … sacre)
sacra
(o … sacri)
Ablativo
sacro
(con … sacro)
sacra
(con … sacra)
sacro
(con … sacro)
sacris
(con … sacri)
sacris
(con … sacre)
sacris
(con … sacri)
Studio Critico della Lingua Latina
374
Roma 2013
PRIMA CLASSE
(pronominali)
alĭus,a,um Singolare Plurale
Maschile
Femminile
Neutro
Maschile
Femminile
Neutro
Nominativo
alĭus
(un … altro)
alĭa
(un’ … altra)
alĭum
(un … altro)
alĭi
(gli … altri)
alĭae
(le … altre)
alĭa
(gli … altri)
Genitivo
alīus
(di un … altro)
alīus
(di un’ …altra)
alīus
(di un … altro)
alĭōrum
(degli … altri)
alĭārum
(delle … altre)
alĭōrum
(degli … altri)
Dativo
alĭi
(a un … altro)
alĭi
(a un’ … altra)
alĭi
(a un … altro)
alĭis
(agli … altri)
alĭis
(alle … altre)
alĭis
(agli … altri)
Accusativo
alĭum
(un … altro)
alĭam
(un’ … altra)
alĭum
(un … altro)
alĭos
(gli … altri)
alĭas
(le … altre)
alĭa
(gli … altri)
Vocativo147
alĭe
(o … altro)
alĭa
(o … altra)
alĭum
(o … altro)
alĭi
(o … altri)
alĭae
(o … altre)
alĭa
(o … altri)
Ablativo
alĭo
(con un … altro)
alĭa
(con un’… altra)
alĭo
(con un … altro)
alĭis
(con … altri)
alĭis
(con … altre)
alĭis
(con … altri)
147 Per completezza riportiamo anche il vocativo, sebbene, in verità, esso sia attestato in genere solo
per gli aggettivi qualificativi e non anche per gli indefiniti come alĭus o i numerali come unus.
Appendice 9
375
Roma 2013
SECONDA CLASSE
litterālis, e148 Singolare Plurale
Maschile e
Femminile
Neutro Maschile e
Femminile
Neutro
Nominativo litterālis
(letterale)
litterāle
(letterale)
litterāles
(letterali)
littěralĭa
(letterali)
Genitivo litterālis
(di un … letterale)
litterālis
(di un … letterale)
littěralĭum
(dei … letterali)
littěralĭum
(dei … letterali)
Dativo litterāli
(a un … letterale)
litterāli
(a un … letterale)
littěralĭbus
(ai … letterali)
littěralĭbus
(ai … letterali)
Accusativo litterālem
(letterale)
litterāle
(letterale)
litterāles
(letterali)
littěralĭa
(letterali)
Vocativo litterālis
(o … letterale)
litterāle
(o … letterale)
litterāles
(o … letterali)
littěralĭa
(o … letterali)
Ablativo litterāli
(con un … letterale)
litterāli
(con un … letterale)
littěralĭbus
(con i … letterali)
littěralĭbus
(con i … letterali)
148 Gli aggettivi a tre uscite hanno la medesima flessione; al nominativo e vocativo singolare maschile
però hanno desinenza zero. Sono comunque un piccolo gruppo di nomi, tutti in er al nominativo
maschile singolare: per esempio, celer, ĕris, ĕre, «celere, rapido». Alcuni di questi, come abbiamo
visto accadere anche nella seconda declinazione, conservano la -e- solo al nominativo e vocativo
singolare maschile: ad esempio, terrester, stris, stre.
Studio Critico della Lingua Latina
376
Roma 2013
FLESSIONE DEL COMPARATIVO DI MAGGIORANZA
litteralĭor, ĭus Singolare Plurale
Maschile e
Femminile
Neutro Maschile e
Femminile
Neutro
Nominativo litterālĭor
(più letterale)
litterālĭus
(più letterale)
litterāliōres
(più letterali)
littěraliōra
(più letterali)
Genitivo litterāliōris
(di un … più letterale)
litterāliōris
(di un … più letterale)
littěraliōrum
(dei … più letterali)
littěraliōrum
(dei … più letterali)
Dativo litterālōri
(a un … più letterale)
litterālōri
(a un … più letterale)
littěraliorĭbus
(ai … più letterali)
littěraliorĭbus
(ai … più letterali)
Accusativo litterālōrem
(più letterale)
litterālĭus
(più letterale)
litterāliōres
(più letterali)
littěraliōra
(più letterali)
Vocativo litterālĭor
(o … più letterale)
litterālĭus
(o … più letterale)
litterāliōres
(o … più letterali)
littěraliōra
(o … più letterali)
Ablativo litterāliōre
(con un … più letterale)
litterāliōre
(con un … più letterale)
littěraliorĭbus
(con … più letterali)
littěraliorĭbus
(con … più letterali)
Roma
2013
377
Appendice 10
La flessione dei pronomi
IL PRONOME RELATIVO
qui, quae, quod Singolare Plurale
Maschile Femminile Neutro Maschile Femminile Neutro
Nominativo qui
(il quale)
quae
(la quale)
quod
(la qual cosa)
qui
(i quali)
quae
(le quali)
quae
(le quali cose)
Genitivo cuius
(del quale)
cuius
(della quale)
cuius
(della qual cosa)
quorum
(dei quali)
quarum
(delle quali)
quorum
(delle quali cose)
Dativo cui
(al quale)
cui
(alla quale)
cui
(alla qual cosa)
quibus
(ai quali)
quibus
(alle quali)
quibus
(alle quali cose)
Accusativo quem
(il quale)
quam
(la quale)
quod
(la qual cosa)
quos
(i quali)
quas
(le quali)
quae
(le quali cose)
Ablativo quo
(con il quale)
qua
(con la quale)
quo
(con la qual cosa)
quibus
(con i quali)
quibus
(con le quali)
quibus
(con le quali cose)
Studio Critico della Lingua Latina
378
Roma 2013
IL PRONOME INDEFINITO ALĬQUIS, ALĬQUID
Singolare Plurale
Maschile Neutro Maschile Neutro
Nominativo alĭquis
(qualcuno)
alĭquid
(qualche cosa)
alĭqui
(alcuni)
alĭqua
(alcune cose)
Genitivo alicuius
(di qualcuno)
alicuius
rei149
(di qualche cosa)
ali quorum
(di alcuni)
aliquārum rerum
(di alcune cose)
Dativo alicui
(a qualcuno)
alicui rei
(a qualche cosa)
aliquĭbus
(ad alcuni)
aliquĭbus rebus
(ad alcune cose)
Accusativo alĭquem
(qualcuno)
alĭquid
(qualche cosa)
alĭquos
(alcuni)
alĭqua
(alcune cose)
Ablativo ab alĭquo
(da qualcuno)
ab alĭqua re
(da qualche cosa)150
ab aliquĭbus
(da alcuni)
ab aliquĭbus rebus
(da alcune cose)
149 Al neutro, nei casi obliqui i pronomi sono sempre accompagnati dal sostantivo res, rei. 150 L’ablativo semplice neutro, in verità, non riferendosi a persone, ma a cose, potrebbe anche avere
valore strumentale; tuttavia, qui e in seguito, lo facciamo precedere anch’esso dalla preposizione ab
per omogeneità con la flessione presentata.
Appendice 10
379
Roma 2013
L’AGGETTIVO INDEFINITO ALĬQUI, ALĬQUA, ALĬQUOD
Singolare Plurale
Maschile Femminile Neutro Maschile Femminile Neutro
Nominativo alĭqui
(qualche …)
alĭqua
(qualche …)
alĭquod
(qualche …)
alĭqui
(alcuni …)
alĭquae
(alcune …)
alĭqua
(alcuni …)
Genitivo alicuius151
(di qualche …)
alicuius
(di qualche …)
alicuius
(di qualche …)
aliquōrum
(di alcuni …)
aliquārum
(di alcune …)
aliquōrum
(di alcuni …)
Dativo alĭcui
(a qualche …)
alĭcui
(a qualche …)
alĭcui
(a qualche …)
aliquĭbus
(ad alcuni …)
aliquĭbus
(ad alcune …)
aliquĭbus
(ad alcuni …)
Accusativo alĭquem
(qualche …)
alĭquam
(qualche …)
alĭquod
(qualche …)
alĭquos
(alcuni …)
alĭquas
(alcune …)
alĭqua
(alcuni …)
Ablativo alĭquo
(con qualche …)
alĭqua
(con qualche …)
alĭquo
(con qualche …)
aliquĭbus
(con alcuni …)
aliquĭbus
(con alcune …)
aliquĭbus
(con alcuni …)
151 Quando la desinenza īus del genitivo singolare dei pronomi è preceduta dalla vocale u, si forma
il dittongo ui; l’accento allora cade sul primo elemento, ovvero sulla u: alicúius, húius, cúius. Se
invece la desinenza è preceduta da una consonante, l’accento tonico cade sulla i lunga di īus: illíus,
istíus, ipsíus.
Studio Critico della Lingua Latina
380
Roma 2013
PRONOMI DIMOSTRATIVI
hic, haec, hoc Singolare Plurale
Maschile Femminile Neutro Maschile Femminile Neutro
Nominativo hic
(questo)
haec
(questa)
hoc
(questa cosa)
hi
(questi)
hae
(queste)
haec
(queste cose)
Genitivo huius
(di questo)
huius
(di questa)
huius
(di questa cosa)
horum
(di questi)
harum
(di queste)
horum
(di queste cose)
Dativo huic
(a questo)
huic
(a questa)
huic
(a questa cosa)
his
(a questi)
his
(a queste)
his
(a queste cose)
Accusativo hunc
(questo)
hanc
(questa)
hoc
(questa cosa)
hos
(questi)
has
(queste)
haec
(queste cose)
Ablativo hoc
(con questo)
hac
(con questa)
hoc
(con questa cosa)
his
(con questi)
his
(con queste)
his
(con queste cose)
Appendice 10
381
Roma 2013
iste, ista, istud Singolare Plurale
Maschile Femminile Neutro Maschile Femminile Neutro
Nominativo iste
(codesto)
ista
(codesta)
istud
(codesta cosa)
isti
(codesti)
istae
(codeste)
ista
(codeste cose)
Genitivo istīus
(di codesto)
istīus
(di codesta)
istīus
(di codesta cosa)
istōrum
(di codesti)
istārum
(di codeste)
istōrum
(di codeste cose)
Dativo isti
(a codesto)
isti
(a codesta)
isti
(di codesta cosa)
istis
(a codesti)
istis
(a codeste)
istis
(a codeste cose)
Accusativo istum
(codesto)
istam
(codesta)
istud
(codesta cosa)
istos
(codesti)
istas
(codeste)
ista
(codeste cose)
Ablativo isto
(con codesto)
ista
(con codesta)
isto
(con codesta cosa)
istis
(con codesti)
istis
(con codeste)
istis
(con codeste cose)
Studio Critico della Lingua Latina
382
Roma 2013
ille, illa, illud Singolare Plurale
Maschile Femminile Neutro Maschile Femminile Neutro
Nominativo ille
(quello)
illa
(quella)
illud
(quella cosa)
illi
(quelli)
illae
(quelle)
illa
(quelle cose)
Genitivo illīus
(di quello)
illīus
(di quella)
illīus
(di quella cosa)
illōrum
(di quelli)
illārum
(di quelle)
illōrum
(di quelle cose)
Dativo illi
(a quello)
illi
(a quella)
illi
(a quella cosa)
illis
(di quelli)
illis
(di quelle)
illis
(a quelle cose)
Accusativo illum
(quello)
illam
(quella)
illud
(quella cosa)
illos
(quelli)
illas
(quelle)
illa
(quelle cose)
Ablativo illo
(con quello)
illa
(con quello)
illo
(con quella cosa)
illis
(con quelli)
illis
(con quelle)
illis
(con quelle cose)
Appendice 10
383
Roma 2013
PRONOMI DETERMINATIVI
is, ea, id Singolare Plurale
Maschile Femminile Neutro Maschile Femminile Neutro
Nominativo is
(egli)152
ea
(ella)
id
(esso)
ii (i, ei)
(loro)
eae
(loro)
ea
(essi)
Genitivo eius
(di lui)
eius
(di lei)
eius
(di esso)
eōrum
(di loro)
eārum
(di loro)
eōrum
(di essi)
Dativo ei
(a lui)
ei
(a lei)
ei
(a esso)
iis (is, eis)
(a loro)
iis (is, eis)
(a loro)
iis (is, eis)
(a essi)
Accusativo eum
(lui)
eam
(lei)
id
(ciò)153
eos
(loro)
eas
(loro)
ea
(loro)
Ablativo ab eo
(da lui)
ab ea
(da lei)
ab eo
(da esso)
ab iis (is, eis)
(da loro)
ab iis (is, eis)
(da loro)
ab iis (is, eis)
(da essi)
152 Is, ea, id può fungere sia da pronome personale di terza persona, così come lo traduciamo nella
tabella, sia come pronome dimostrativo equivalente all’italiano «quello, quella, ciò». 153 Traduciamo «ciò» anziché «esso», perché in italiano il pronome esso non può essere usato come
complemento oggetto.
Studio Critico della Lingua Latina
384
Roma 2013
idem, eădem,
idem
Singolare Plurale
Maschile Femminile Neutro Maschile Femminile Neutro
Nominativo idem
(il medesimo)
eădem
(la medesima)
idem
(la medesima
cosa)
iīdem
(idem, eidem)
(i medesimi)
erede
(le medesime)
eădem
(le medesime cose)
Genitivo eiusdem
(del medesimo)
eiusdem
(della
medesima)
eiusdem
(della medesima
cosa)
eorundem
(dei medesimi)
earundem
(delle medesime)
eorundem
(delle medesime cose)
Dativo eīdem
(al medesimo)
eīdem
(alla medesima)
eīdem
(alla medesima
cosa)
iisdem
(isdem,eisdem)
(ai medesimi)
iisdem
(isdem,eisdem)
(alle medesime)
iisdem
(isdem,eisdem)
(alle medesime cose)
Accusativo eundem
(il medesimo)
eandem
(la medesima)
idem
(la medesima
cosa)
eosdem
(i medesimi)
easdem
(le medesime)
eădem
(le medesime cose)
Ablativo eōdem
(con il
medesimo)
eādem
(con la
medesima)
eōdem
(con la medesima
cosa)
iisdem
(con i medesimi)
iisdem
(con le medesime)
iisdem
(con le medesime cose)
Appendice 10
385
Roma 2013
ipse, ipsa,
ipsum
Singolare Plurale
Maschile Femminile Neutro Maschile Femminile Neutro
Nominativo ipse
(egli
stesso)154
ipsa
(ella stessa)
ipsum
(esso stesso)
ipsi
(loro stessi)
ipsae
(loro stesse)
ipsa
(essi stessi)
Genitivo ipsīus
(di lui stesso)
ipsīus
(di lei stessa)
ipsīus
(di esso
stesso)
ipsōrum
(di loro stessi)
ipsārum
(di loro stesse)
ipsōrum
(di essi stessi)
Dativo ipsi
(a lui stesso)
ipsi
(a lei stessa)
ipsi
(ad esso
stesso)
ipsis
(a loro stessi)
ipsis
(a loro stesse)
ipsis
(a essi stessi)
Accusativo ipsum
(lui stesso)
ipsam
(lei stessa)
ipsum
(ciò stesso)
ipsos
(loro stessi)
ipsas
(loro stesse)
ipsa
(loro stessi)
Ablativo ab ipso
(da lui
stesso)
ab ipsa
(da lei stessa)
ab ipso
(da esso
stesso)
ab ipsis
(da loro stessi)
ab ipsis
(da loro stesse)
ab ipsis
(da essi stessi)
154 Ipse, con valore di pronome, si traduce con «egli stesso, proprio egli»; come aggettivo invece ha
valore di rafforzativo equivalente all’italiano «stesso».
Studio Critico della Lingua Latina
386
Roma 2013
PRONOMI PERSONALI
Singolare Plurale
1a persona 2a persona 3a persona 1a persona 2a persona 3a persona
Nominativo ego
(io)
tu
(tu)
_ nos
(noi)
vos
(voi)
_
Genitivo mei
(di me)
tui
(di te)
sui
(di sé)
nostri/nostrum155
(di noi)
vestri/vestrum
(di voi)
sui
(di sé)
Dativo mihi
(a me)
tibi
(a te)
sibi
(a sé)
nobis
(a noi)
vobis
(a voi)
sibi
(a sé)
Accusativo me
(me)
te
(te)
se
(sé)
nos
(noi)
vos
(voi)
se
(sé)
Ablativo a me
(da me)
a te
(da te)
a se
(da sé)
a nobis
(da noi)
a vobis
(da voi)
a se
(da sé)
155 Le forme nostri e vestri si usano se hanno valore oggettivo, ovvero di complemento oggetto: per
esempio, in «miserēre nostri», in quanto il significato è «abbi misericordia verso di noi, nei nostri
confronti». Nostrum e vestrum invece hanno valore partitivo, si utilizzano cioè per indicare una
parte di un tutto: ad esempio, nell’espressione «complūres vestrum», «molti di voi».
Appendice 10
387
Roma 2013
PRONOME INDEFINITO NEGATIVO
nemo, nihil Maschile e Femminile Neutro
Nominativo nemo
(nessuno/a)
nihil
(niente)
Genitivo nullīus
(di nessuno/a)
nullīus rei
(di niente)
Dativo nemĭni
(a nessuno/a)
nulli rei
(a niente)
Accusativo nemĭnem
(nessuno/a)
nihil
(niente)
Ablativo a nullo
(da nessuno/a)
a nulla re
(da niente)
Studio Critico della Lingua Latina
388
Roma 2013
PRONOME INTERROGATIVO QUIS, QUID
Singolare Plurale
Maschile e
Femminile
Neutro Maschile e
Femminile
Neutro
Nominativo quis?
(chi?)
quid?
(che cosa?)
qui?
(chi?)
quae?
(che cosa?)
Genitivo cuius?
(di chi?)
cuius rei?
(di che cosa?)
quorum?
(di chi?)
quarum rerum?
(di che cosa?)
Dativo cui?
(a chi?)
cui rei?
(a che cosa?)
quibus?
(a chi?)
quibus rebus?
(a che cosa?)
Accusativo quem?
(chi?)
quid?
(che cosa?)
quos?
(chi?)
quae?
(che cosa?)
Ablativo a quo?
(da chi)
a qua re?
(da che cosa?)
a quibus?
(da chi?)
a quibus?
(da che cosa?)
Roma
2013
389
Appendice 11
Le quattro coniugazioni
verbali
Indicativo Presente Attivo
1a
coniugazione
in -āre
2a
coniugazione
in -ēre
3a
coniugazione
in -ĕre
4a
coniugazione
in –īre
1a singolare signifĭc-o
(significo)
hab-ĕ-o
(ho)
dic-o
(dico)
inven-ĭ-o
(trovo)
2a singolare signifĭc-a-s
(significhi)
hab-e-s
(hai)
dic-i-s
(dici)
invĕn-i-s
(trovi)
3a singolare signifĭc-a-t
(significa)
hab-e-t
(ha)
dic-i-t
(dice)
invĕn-i-t
(trova)
1a plurale signific-ā-mus
(significhiamo)
hab-ē-mus
(abbiamo)
dic-ĭ-mus
(diciamo)
inven-ī-mus
(troviamo)
2a plurale signific-ā-tis
(significate)
hab-ē-tis
(avete)
dic-ĭ-tis
(dite)
inven-ī-tis
(trovate)
3a plurale signifĭc-a-nt
(significano)
hab-e-nt
(hanno)
dic-u-nt
(dicono)
inven-ĭu-nt
(trovano)
Studio Critico della Lingua Latina
390
Roma 2013
Indicativo Presente Passivo-Deponente
1a
coniugazione
in -āre
2a
coniugazione
in -ēre
3a
coniugazione
in -ĕre
4a
coniugazione
in –īre
1a singolare fund-o-r
(sono fondato)
vid-ĕ-o-r
(sembro)
ger-o-r
(sono compiuto)
inven-ĭ-o-r
(sono trovato)
2asingolare fund-ā-ris
(sei fondato)
vid-ē-ris
(sembri)
ger-ĕ-ris
(sei compiuto)
inven-ī-ris
(sei trovato)
3a singolare fund-ā-tur
(è fondato)
vid-ē-tur
(sembra)
ger-ĭ-tur
(è compiuto)
inven-ī-tur
(è trovato)
1a plurale fund-ā-mur
(siamo fondati)
vid-ē-mur
(sembriamo)
ger-ĭ-mur
(siamo compiuti)
inven-ī-mur
(siamo trovati)
2a plurale fund-a-mĭni
(siete fondati)
vid-e-mĭni
(sembrate)
ger-i-mĭni
(siete compiuti)
inven-i-mĭni
(siete trovati)
3a plurale fund-a-ntur
(sono fondati)
vid-e-ntur
(sembrano)
ger-u-ntur
(sono compiuti)
inven-iu-ntur
(sono trovati)
Appendice 11
391
Roma 2013
Congiuntivo Presente Attivo
1a coniugazione
in -āre
2a coniugazione
in –ēre
3a coniugazione
in -ĕre
4a coniugazione
in -īre
1a singolare signifĭc-e-m
(che io significhi)
hab-ĕa-m
(che io abbia)
dic-a-m
(che io dica)
inven-ĭa-m
(che io trovi)
2a singolare signifĭc-e-s
(che tu significhi)
hab-ĕa-s
(che tu abbia)
dic-a-s
(che tu dica)
inven-ĭa-s
(che tu trovi)
3a singolare signifĭc-e-t
(che egli significhi)
hab-ĕa-t
(che egli abbia)
dic-a-t
(che egli dica)
inven-ĭa-t
(che egli trovi)
1a plurale signifĭc-ē-mus
(che noi significhiamo)
hab-eā-mus
(che noi abbiamo)
dic-ā-mus
(che noi diciamo)
inven-iā-mus
(che noi troviamo)
2a plurale signifĭc-ē-tis
(che voi significhiate)
hab-eā-tis
(che voi abbiate)
dic-ā-tis
(che voi diciate)
inven-iā-tis
(che voi troviate)
3a plurale signifĭc-e-nt
(che essi significhino)
hab-ĕa-nt
(che essi abbiano)
dic-a-nt
(che essi dicano)
inven-ĭa-nt
(che essi trovino)
Studio Critico della Lingua Latina
392
Roma 2013
Congiuntivo Presente Passivo-Deponente
1a coniugazione
in -āre
2a coniugazione
in –ēre
3a coniugazione
in -ĕre
4a coniugazione
in -īre
1a singolare fund-e-r
(che io sia fondato)
vid-ĕa-r
(che io sembri)
ger-a-r
(che io sia compiuto)
inven-ĭa-r
(che io sia trovato)
2a singolare fund-ē-ris
(che tu sia fondato)
vid-eā-ris
(che tu sembri)
ger-ā-ris
(che tu sia compiuto)
inven-iā-ris
(che tu sia trovato)
3a singolare fund-ē-tur
(che egli sia fondato)
vid-eā-tur
(che egli sembri)
ger-ā-tur
(che egli sia compiuto)
inven-iā-tur
(che egli sia trovato)
1a plurale fund-ē-mur
(che voi siate fondati)
vid-eā-mur
(che noi sembriamo)
ger-ā-mur
(che noi siamo compiuti)
inven-iā-mur
(che noi siamo trovati)
2a plurale fund-e-mĭni
(che voi siate fondati)
vid-ea-mĭni
(che voi sembriate)
ger-a-mĭni
(che voi siate compiuti)
inven-ia-mĭni
(che voi siate trovati)
3a plurale fund-e-ntur
(che essi siano fondati)
vid-eā-ntur
(che essi sembrino)
ger-a-ntur
(che essi siano compiuti)
inven-ia-ntur
(che essi siano trovati)
Appendice 11
393
Roma 2013
Indicativo Perfetto Attivo
1a coniugazione
in -āre
2a coniugazione
in -ēre
3a coniugazione
in -ĕre
4a coniugazione
in -īre
1a singolare significāv-i
(ho significato, significai,
ebbi significato)156
habŭ-i
(ho avuto, ebbi, ebbi
avuto)
dix-i
(ho detto, dissi, ebbi
detto)
invēn-i
(ho trovato, trovai, ebbi
trovato)
2a singolare significav-isti
(hai significato, significasti,
avesti significato)
habu-isti
(hai avuto, avesti, avesti
avuto)
dix-isti
(hai detto, dicesti, avesti
detto)
inven-isti
(hai trovato, trovasti,
avesti trovato)
3a singolare significāv-it
(ha significato, significò,
ebbe significato)
habŭ-it
(ha avuto, ebbe, ebbe
avuto)
dix-it
(ha detto, disse, ebbe
detto)
invēn-it
(ha trovato, trovò, ebbe
trovato)
1a plurale significav-ĭmus
(abbiamo significato, significammo,
avemmo significato)
habu-ĭmus
(abbiamo avuto, avemmo,
avemmo avuto)
dix-ĭmus
(abbiamo detto, dicemmo,
avemmo detto)
inven-ĭmus
(abbiamo trovato, trovammo,
avemmo trovato)
2a plurale significav-istis
(avete significato, significaste,
aveste significato)
habu-istis
(avete avuto, aveste,
aveste avuto)
dix-istis
(avete detto, diceste,
aveste detto)
inven-istis
(avete trovato, trovaste,
aveste trovato)
3a plurale significav-ērunt
(hanno significato, significarono,
ebbero significato)
habu-ērunt
(hanno avuto, ebbero,
ebbero avuto)
dix-ērunt
(hanno detto, dissero,
ebbero detto)
inven-ērunt
(hanno trovato, trovarono,
ebbero trovato)
156 Si è soliti insegnare che il perfetto indicativo latino in italiano può essere tradotto con
l’indicativo passato prossimo, passato remoto o trapassato remoto.
Studio Critico della Lingua Latina
394
Roma 2013
Indicativo Perfetto Passivo
1a coniugazione in
-āre
2a coniugazione in
-ēre
3a coniugazione
in -ĕre
4a coniugazione
in –īre
1a singolare significātus, a, um
sum
(sono stato significato, fui
significato, fui stato
significato)
habĭtus, a, um sum
(sono stato avuto, fui avuto,
fui stato avuto)
dictus, a, um
sum
(sono stato detto, fui detto,
fui stato detto)
inventus, a, um
sum
(sono stato trovato, fui
trovato, fui stato trovato)
2a singolare significātus, a, um
es
(sei stato significato, fosti
significato, fosti stato
significato)
habĭtus, a, um es
(sei stato avuto, fosti avuto,
fosti stato avuto)
dictus, a, um
es
(sei stato detto, fosti detto,
fosti stato detto)
inventus, a, um
es
(sei stato trovato, fosti
trovato, fosti stato trovato)
3a singolare significātus, a, um
est
(è stato significato, fu
significato, fu stato
significato)
habĭtus, a, um est
(è stato avuto, fu avuto, fu
stato avuto)
dictus, a, um
est
(è stato detto, fu detto, fu
stato detto)
inventus, a, um
est
(è stato trovato, fu trovato,
fu stato trovato)
1a plurale significāti, ae, a
sumus
(siamo stati significati,
fummo significati, fummo
stati significati)
habĭti, ae, a sumus
(siamo stati avuti, fummo
avuti, fummo stati avuti)
dicti, ae, a
sumus
(siamo stati detti, fummo
detti, fummo stati detti)
inventi, ae, a
sumus
(siamo stati trovati,
fummo trovati, fummo
stati trovati)
2a plurale significāti, ae, a
estis
(siete stati significati, foste
significati, foste stati
significati)
habĭti, ae, a
estis
(siete stati avuti, foste avuti,
foste stati avuti)
dicti, ae, a
estis
(siete stati detti, foste detti,
foste stati detti)
inventi, ae, a
estis
(siete stati trovati, foste
trovati, foste stati trovati)
3a plurale significāti, ae, a
sunt
(sono stati significati, furono
significati, furono stati
significati)
habĭti, ae, a
sunt
(sono stati avuti, furono
avuti, furono stati avuti)
dicti, ae, a
sunt
(sono stati detti, furono
detti, furono stati detti)
inventi, ae, a
sunt
(sono stati trovati, furono
trovati, furono stati
trovati)
Appendice 11
395
Roma 2013
Infinito Presente
Attivo Passivo-Deponente
Prima Coniugazione signific-āre
(significare)
signific-āri
(essere significato)
Seconda Coniugazione hab-ēre
(avere)
hab-ēri
(essere avuto)
Terza Coniugazione dic-ĕre
(dire)
dic-i
(essere detto)
Quarta Coniugazione inven-īre
(trovare)
inven-īri
(essere trovato)
Infinito Perfetto
Attivo Passivo-Deponente
Prima Coniugazione significav-isse
(avere significato)
significāt-um157, am, um esse
(essere stato significato)
Seconda Coniugazione habu-isse
(avere avuto)
habĭt-um, am, um esse
(essere stato avuto)
Terza Coniugazione dix-isse
(avere detto)
dict-um, am, um esse
(essere stato detto)
Quarta Coniugazione inven-isse
(avere trovato)
invent-um, am, um esse
(essere stato trovato)
157 L'infinito perfetto passivo viene indicato con il participio declinato all'accusativo singolare, perché
questa forma verbale solitamente è utilizzata appunto all'accusativo, nelle proposizioni infinitive.
Studio Critico della Lingua Latina
396
Roma 2013
Participio
Presente Futuro Passato
Prima
Coniugazione
signifĭc-ans, antis
(che significa)
significat-ūrus, a, um
(che significherà)
significāt-us, a, um
(che è stato significato)
Seconda
Coniugazione
hab-ens, entis
(che ha)
habit-ūrus, a, um
(che avrà)
habĭt-us, a, um
(che è stato avuto)
Terza
Coniugazione
dic-ens, entis
(che dice)
dict-ūrus, a, um
(che dirà)
dict-us, a, um
(che è stato detto)
Quarta
Coniugazione
inven-ĭens, ĭentis
(che trova)
invent-ūrus, a, um
(che troverà)
invent-us, a, um
(che è stato trovato)
Appendice 11
397
Roma 2013
Gerundio
1a Coniugazione 2a Coniugazione 3a Coniugazione 4a Coniugazione
Genitivo signific-andi
(del significare)
hab-endi
(dell’avere)
dic-endi
(del dire)
inven-iendi
(del trovare)
Dativo signific-ando
(al significare)
hab-endo
(all’avere)
dic-endo
(al dire)
inven-iendo
(al trovare)
Accusativo (ad) signific-andum158
(per il significare)
(ad) hab-endum
(per l’avere)
(ad) dic-endum
(per il dire)
(ad) inven-iendum
(per il trovare)
Ablativo signific-ando
(con il significare)
hab-endo
(con l’avere)
dic-endo
(con il dire)
inven-iendo
(con il trovare)
Gerundivo
Prima Coniugazione signific-andus, a, um
(da essere significato)
Seconda Coniugazione hab-endus, a, um
(da essere avuto)
Terza Coniugazione dic-endus, a, um
(da essere detto)
Quarta Coniugazione inven-iendus, a, um
(da essere trovato)
158 È consuetudine mettere la preposizione ad tra parentesi, perché il gerundio non si usa semplice
al caso accusativo e solitamente è utilizzato insieme a ad per formare il complemento di fine.
Studio Critico della Lingua Latina
398
Roma 2013
Verbi in –ĭo della Terza Coniugazione
Attivo Passivo-Deponente
Indicativo159
Presente
Congiuntivo
Presente
Indicativo
Presente
Congiuntivo
Presente
1a singolare fac-ĭo
(faccio)
fac-ĭam
(che io faccia)
fac-ĭor
(sono fatto)
fac-ĭar
(che io sia fatto)
2a singolare fac-ĭs
(fai)
fac-ĭas
(che tu faccia)
fac-ĕris
(sei fatto)
fac-iāris
(che tu sia fatto)
3a singolare fac-ĭt
(fa)
fac-ĭat
(che egli faccia)
fac-ĭtur
(è fatto)
fac-iātur
(che egli sia fatto)
1a plurale fac-ĭmus
(facciamo)
fac-iāmus
(che noi facciamo)
fac-ĭmur
(siamo fatti)
fac-iāmur
(che noi siamo fatti)
2a plurale fac-ĭtis
(fate)
fac-iātis
(che voi facciate)
fac-ĭmini
(siete fatti)
fac-iāmini
(che voi siate fatti)
3a plurale fac-ĭunt
(fanno)
fac-ĭant
(che essi facciano)
fac-iuntur
(sono fatti)
fac-iāntur
(che essi siano fatti)
159 Non riportiamo i tempi derivati dal perfettto e dal supino, perché sono regolari, secondo il
modello della terza coniugazione.
Appendice 11
399
Roma 2013
Gerundio dei verbi in –ĭo
di 3a Coniugazione
Genitivo fac-iendi
(del far)
Dativo fac-iendo
(al fare)
Accusativo (ad) fac-iendum
(per il fare)
Ablativo fac-iendo
(con il fare)
Gerundivo dei verbi in –ĭo di
3a Coniugazione
fac-iendus, a, um
(da essere fatto)
Studio Critico della Lingua Latina
400
Roma 2013
Participio Presente dei verbi in –ĭo di
3a Coniugazione
fac-iens, ientis
(che fa)
Infinito Presente dei verbi in –ĭo di
3a Coniugazione
Attivo fac-ĕre
(fare)
Passivo fac-i
(essere fatto)
Roma
2013
401
Appendice 12
La coniugazione del verbo
sum e possum
Indicativo presente
1a singolare s-u-m (sono)
2a singolare e-s (sei)
3a singolare es-t (è)
1a plurale s-u-mus (siamo)
2a plurale es-tis (siete)
3a plurale s-u-nt (sono)
Indicativo presente
1a singolare pos-sum (posso)
2a singolare pot-es (puoi)
3a singolare pot-est (può)
1a plurale pos-sŭmus (possiamo)
2a plurale pot-estis (potete)
3a plurale pos-sunt (possono)
Studio Critico della Lingua Latina
402
Roma 2013
Congiuntivo presente
1a singolare s-i-m (che io sia)
2a singolare s-i-s (che tu sia)
3a singolare s-i-t (che egli sia)
1a plurale s-i-mus (che noi siamo)
2a plurale s-i-tis (che voi siate)
3a plurale s-i-nt (che essi siano)
Congiuntivo presente
1a singolare pos-sim (che io possa)
2a singolare pos-sis (che tu possa)
3a singolare pos-sit (che egli possa)
1a plurale pos-sīmus (che noi possiamo)
2a plurale pos-sītis (che voi possiate)
3a plurale pos-sint (che essi possano)
Appendice 12
403
Roma 2013
Indicativo perfetto
1a singolare fu-i (fui)
2a singolare fu-isti (fosti)
3a singolare fu-it (fu)
1a plurale fu-ĭmus (fummo)
2a plurale fu-istis (foste)
3a plurale fu-ērunt (furono)
Indicativo perfetto
1a singolare potŭ-i (potei)
2a singolare potu-isti (potesti)
3a singolare potŭ-it (poté)
1a plurale potu-ĭmus (potemmo)
2a plurale potu-istis (poteste)
3a plurale potu-ērunt (poterono)
Infinito
Presente esse (essere)
Perfetto fuisse (essere stato)
Infinito
Presente posse (potere)
Perfetto potuisse (essere/avere potuto)
Participio
Futuro futurus, a, um (che sarà)
Participio
Presente pot-ens, entis (potente, che può)
Roma 2013
404
APPENDICE 13
Schede vuote
ANALISI DEL PERIODO: ………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..
Elencare le congiunzioni
specificandone il tipo
Elencare pronomi
relativi (e avverbi)
specificando il
termine al quale si
riferiscono
Elencare i
predicati (verbali
o nominali)
Elencare le proposizioni, indicando per ciascuna la congiunzione,
il pronome relativo o l’avverbio da cui è introdotta e il predicato
verbale o nominale che la caratterizza
1
2
Elencare in ordine degradante le proposizioni
reggenti, complementari e attributive, indicando per
ciascuna il grado e il tipo
Disegnare il diagramma di flusso dell’intero periodo
1
2
Appendice 13
Roma 2013
405
LEGENDA
Avverbi: modali, temporali, locativi, interrogativi semplici e disgiuntivi, affermativi,
negativi, dubitativi, rafforzativi
Congiunzioni coordinative: copulative, disgiuntive inclusive o esclusive, avversative, esplicative, conclusive
Congiunzioni subordinative: dichiarative, consecutive, causali, finali, modali, temporali, locative, concessive,
comparative, eccettuative, privative, ipotetiche
Proposizioni reggenti: enunciative, interrogative dirette, esclamative, esortative, ottative, concessive,
dubitative, potenziali, imperative
Proposizioni complementari dirette: soggettive, oggettive, interrogative indirette
Proposizioni complementari indirette: consecutive, causali, finali, modali, temporali, locative, concessive, comparative,
eccettuative, privative, condizionali, incidentali
Studio Critico della Lingua Latina
406
Roma 2013
ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: ............................................................................................................................. .........................
Predicato
(verbale o nominale)
Soggetto Complementi diretti
(oggetto o predicativo)
Connettori
Complementi indiretti
Complementi indiretti
Appendice 13
Roma 2013
407
ANALISI DELLA PAROLA: ……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
Parola
Parte del discorso
(sostantivo, verbo,
aggettivo, pronome,
avverbio, congiunzione,
preposizione,
esclamazione)
Paradigma e diatesi (verbi)
Declinazione (sostantivi)
Classe (aggettivi)
Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)
Complemento (preposizioni)
Modo
(verbi)
Caso
(sostantivi, aggettivi e pronomi)
Concordanza
(aggettivi, pronomi)
Tempo
(verbi)
Genere
(sostantivi, aggettivi e
pronomi)
Persona
(verbi)
Numero
(verbi , sostantivi,
aggettivi e pronomi)
Roma 2013
408
APPENDICE 14
Indice dei nomi
A
ablativo; 51
ablativo semplice; 211 con valore causale; 212 con valore modale; 211 con valore strumentale; 211
accento che cosa è?; 23 legge della penultima; 24 tonico; 23
accusativo; 51
accusativo alla greca; 171
aggettivi che cosa sono?; 85 di grado positivo, comparativo e superlativo; 99 di prima classe; 58; 73 di seconda classe; 96 di seconda classe con ablativo singolare in e; 174 indefiniti; 101; 123 numerali cardinali e ordinali; 85 numerali cardinali invariabili; 184 numerali moltiplicativi; 170 possessivi; 157; 158 pronominali; 76; 138 qualificativi; 85
alfabeto latino; 25
alĭus e alter; 265
apocope; 24
apodosi; 321
apofonia; 125; 215
apposizioni; 34
aspetto dell’azione verbale; 61
attrazione del relativo; 182
attributi; 34
avverbi; 86; 184 che cosa sono?; 109 locativi d'origine; 110 rafforzativi; 184
C
casi; 50 indiretti o obliqui; 52 retti; 51
chiasmo; 214
complementi
che cosa sono?; 18; 33 d'agente e di causa efficiente; 79 di argomento; 170 di eccedenza; 169; 195 di fine; 142 di limitazione; 121 di mezzo; 254 di modo; 121 di moto a luogo; 142 di moto da luogo; 144 di moto per luogo; 254 di pertinenza; 253; 302 di separazione; 144; 182 di specificazione; 50 di stato in luogo; 53 di termine; 51 di vocazione; 51 diretti; 33 d'origine; 121 indiretti; 33 oggetto; 33; 51 predicativo del soggetto; 171 predicativo dell'oggetto; 172
concordanza; 85 a senso; 98; 181
congiuntivo; 60; 190
congiuntivo nelle reggenti concessivo; 191 dubitativo; 191 esortativo; 190 ottativo; 190 potenziale; 191 suppositivo; 191
congiuntivo nelle subordinate attrazione modale; 102; 192; 233 eventuale; 102; 191; 233 obliquo; 102; 191; 233
congiuntivo presente attivo delle quattro coniugazioni;
103
congiuntivo presente del verbo sum; 105
congiuntivo presente passivo-deponente delle quattro
coniugazioni; 104
congiunzioni che cosa sono?; 30; 87 coordinative avversative; 110; 140 coordinative conclusive; 140; 154; 189 coordinative copulative; 87; 109; 144; 169 coordinative disgiuntive inclusive e esclusive; 88 coordinative e subordinative; 41 coordinative esplicative; 108; 169
Appendice 14
409
Roma 2013
subordinative causali; 210 subordinative dichiarative; 31
coniugazioni che cosa sono?; 53 le quattro coniugazioni; 61
costruzione diretta; 212
cum i suoi significati come congiunzione; 249
D
dativo; 51
dativo d'agente; 232
declinazioni che cosa sono?; 52 dei comparativi di maggioranza; 99 dei nomi stranieri; 116 prima; 57 quarta; 115 quinta; 137 seconda; 70 terza; 93 terza declinazione in dentale; 124 terza declinazione in gutturale; 125 terza declinazione in nasale; 125
desinenze che cosa sono?; 49 desinenza zero; 71; 74; 97; 173 desinenze verbali del perfetto; 118 pronominali; 52; 138 verbali; 59 verbali attive; 59 verbali passivo-deponenti; 77
diacritico; 22
diatesi attiva; 78 che cosa è?; 78 deponente; 79 passiva; 78 riflessiva; 79
dieresi; 22
dittonghi latini; 25
dittongo; 22; 140
divisione in sillabe; 25
doppio accusativo e doppio nominativo; 172
doppio triangolo semantico; 247
dum; 210
E
enclitica; 24; 144; 215
epesegesi; 249
esclamazioni; 86
essere con valore ausiliare; 28 con valore copulativo; 29 con valore predicativo; 28; 208
etĭam congiunzione o avverbio?; 254; 322
etimologia; 128
eufonia; 144; 182
F
flessione; 52
G
genitivo; 50
gerundio; 125
gerundivo; 142
I
idem, eădem, idem; 157
imperativo; 60
imperfetto; 117
indicativo; 60; 190
indicativo perfetto attivo delle quattro coniugazioni;
118
indicativo perfetto del verbo sum; 119
indicativo perfetto passivo delle quattro coniugazioni;
283
indicativo presente attivo delle quattro coniugazioni; 62
indicativo presente del verbo sum; 63
indicativo presente passivo delle quattro coniugazioni;
77
infinito del verbo sum; 167
infinito perfetto attivo e passivo delle quattro
coniugazioni; 166
infinito presente attivo e passivo delle quattro
coniugazioni; 153
interiezioni; 85
interpretazione tipologica; 279
ipse, a, um; 158
is, ea, id; 157
L
lectĭo facilĭor; 232
M
maiuscola a inizio parola; 25
modi verbali; 60 espliciti o finiti; 60 impliciti o indefiniti; 60; 153
morfologia; 103
N
nesso relativo; 181
neutro; 72
nominativo; 50
P
paradigma; 81
parisillabi e imparisillabi; 94
parola analisi della parola; 17 gli otto elementi del discorso; 17; 81
Studio Critico della Lingua Latina
410
Roma 2013
indeclinabile o invariabile; 49 scheda di analisi della parola; 80
participio ablativo assoluto; 252 attivo o presente; 193 attributivo; 253 congiunto; 251 futuro; 282 nominale; 213; 251 passivo o passato; 166
perfetto; 117 perfetto debole e perfetto forte; 119 perfetto logico; 117; 118 perfetto storico; 117
perifrastica passiva; 143; 231
periodo analisi del periodo; 19 che cosa è un diagramma di flusso?; 46 che cos'è?; 16 elementi sintattici significativi; 43 scheda di analisi del periodo; 40 struttura di un periodo; 36
periodo ipotetico; 321
pertinĕo con ad + l'accusativo; 263
prefissi; 49
preposizioni; 34; 86
presente; 117
prolessi o anticipazione del relativo; 182; 249
pronomi casi obliqui neutri; 124; 139 che cosa sono?; 31 determinativi; 155 dimostrativi; 138 indefiniti; 122 indefiniti negativi; 164 interrogativi; 165 personali; 158 personali con valore partitivo e oggettivo; 159 relativi; 31; 152 relativo con dimostrativo o determinativo sottinteso; 209
pronuncia ecclesiastica; 20 regole della pronuncia ecclesiastica; 22 restituta; 21
proposizioni analisi della proposizione; 19 attributive; 36
coordinate o subordinate?; 46 avversative; 250 che cosa sono?; 19; 33 classificare le proposizioni; 44 complementari; 36 complementari dirette oggettive; 169 complementari dirette soggettive; 37 incidentali; 280 infinitive; 230 reggenti; 35 reggenti enunciative; 45 relative improprie; 228 scheda di analisi della proposizione; 63 specificare il grado di subordinazione; 45 struttura di una proposizione; 34
protasi; 321
prout; 304
Q
quantità; 23
quattro sensi della Sacra Scrittura; 248
R
radice; 49
referente; 245
S
sensi spirituali della Sacra Scrittura allegorico; 280 anagogico; 304 morale; 283
significante; 245
sillaba lunga e breve, aperta e chiusa; 23
sillogismo; 107
sintassi; 19; 32
soggetto; 18; 33
soggetto e predicato nominale secondo Aristotele; 301
sostantivo; 84
suffissi; 49; 61
T
tema verbale; 61 del perfetto; 119 del presente, del perfetto e del supino; 82
tempi verbali; 60
triangolo semantico; 246
U
ut equivocamente incidentale, modale e comparativa; 321 i suoi significati; 232
V
verbi atematici o irregolari; 63 che cosa sono?; 18 composti; 166 copulativi; 29 difettivi; 83 impersonali; 37 in ĭo di terza coniugazione; 127 intransitivi; 78 modali; 141 nominali; 125 predicativi; 28 semideponenti; 80 suppletivi; 83 transitivi; 78
viděor; 182
vocale tematica; 61
vocativo; 51
Roma
2013
411
SOMMARIO
Prefazione.................................................................................. Errore. Il segnalibro non è definito.
Prefazione ........................................................................................................................................... 3
Introduzione ...................................................................................................................................... 5
Prima Lezione .................................................................................................................................. 15
Seconda Lezione .............................................................................................................................. 27
Terza Lezione ................................................................................................................................... 40
Quarta Lezione ................................................................................................................................ 57
Quinta Lezione ................................................................................................................................ 70
Parola ........................................................................................................................................ 90
Persona ...................................................................................................................................... 90
(verbi) ......................................................................................................................................... 90
Numero ...................................................................................................................................... 90
Parola ........................................................................................................................................ 91
Persona ...................................................................................................................................... 91
(verbi) ......................................................................................................................................... 91
Numero ...................................................................................................................................... 91
Sesta Lezione .................................................................................................................................... 93
Settima Lezione ............................................................................................................................. 115
Parola ...................................................................................................................................... 134
Persona .................................................................................................................................... 134
(verbi) ....................................................................................................................................... 134
Numero .................................................................................................................................... 134
Ottava Lezione ............................................................................................................................... 137
Parola ...................................................................................................................................... 150
Persona .................................................................................................................................... 150
(verbi) ....................................................................................................................................... 150
Numero .................................................................................................................................... 150
Nona Lezione ................................................................................................................................. 152
Parola ...................................................................................................................................... 163
Persona .................................................................................................................................... 163
(verbi) ....................................................................................................................................... 163
Studio Critico della Lingua Latina
412
Roma 2013
Numero .................................................................................................................................... 163
Decima Lezione ............................................................................................................................. 164
Parola ...................................................................................................................................... 178
Persona .................................................................................................................................... 178
(verbi) ....................................................................................................................................... 178
Numero .................................................................................................................................... 178
Undicesima Lezione ...................................................................................................................... 180
Parola ...................................................................................................................................... 189
Persona .................................................................................................................................... 189
(verbi) ....................................................................................................................................... 189
Numero .................................................................................................................................... 189
Dodicesima Lezione ...................................................................................................................... 190
Parola ...................................................................................................................................... 201
Persona .................................................................................................................................... 201
(verbi) ....................................................................................................................................... 201
Numero .................................................................................................................................... 201
Parola ...................................................................................................................................... 205
Persona .................................................................................................................................... 205
(verbi) ....................................................................................................................................... 205
Numero .................................................................................................................................... 205
Tredicesima Lezione ..................................................................................................................... 207
Parola ...................................................................................................................................... 222
Persona .................................................................................................................................... 222
(verbi) ....................................................................................................................................... 222
Numero .................................................................................................................................... 222
Parola ...................................................................................................................................... 225
Persona .................................................................................................................................... 225
(verbi) ....................................................................................................................................... 225
Numero .................................................................................................................................... 225
Quattordicesima Lezione ............................................................................................................. 227
Quindicesima Lezione .................................................................................................................. 246
Sedicesima Lezione ....................................................................................................................... 263
Diciassettesima Lezione ............................................................................................................... 280
Diciottesima Lezione .................................................................................................................... 302
Diciannovesima lezione ............................................................................................................... 320
APPENDICI ....................................................................................................................................... 335
Sommario
413
Roma 2013
APPENDICE 1 .................................................................................................................................... 336
Testo di san Tommaso .................................................................................................................. 336
in originale ..................................................................................................................................... 336
APPENDICE 2 .................................................................................................................................... 339
Testo di san Tommaso .................................................................................................................. 339
APPENDICE 3 .................................................................................................................................... 346
Congiunzioni e avverbi incontrati .............................................................................................. 346
APPENDICE 4 .................................................................................................................................... 348
Preposizioni e complementi incontrati ...................................................................................... 348
APPENDICE 5 .................................................................................................................................... 349
Paradigmi dei verbi incontrati .................................................................................................... 349
APPENDICE 6 .................................................................................................................................... 351
Sostantivi ........................................................................................................................................ 351
e aggettivi di I e II classe incontati .............................................................................................. 351
APPENDICE 7 .................................................................................................................................... 355
Etimologie presentate ................................................................................................................... 355
APPENDICE 8 .................................................................................................................................... 358
Le cinque declinazioni .................................................................................................................. 358
dei sostantivi .................................................................................................................................. 358
Appendice 9 ................................................................................................................................... 371
Le due classi di flessione degli aggettivi.................................................................................... 371
Appendice 10 ................................................................................................................................. 377
La flessione dei pronomi .............................................................................................................. 377
Appendice 11 ................................................................................................................................. 389
Le quattro coniugazioni verbali .................................................................................................. 389
Appendice 12 ................................................................................................................................. 401
La coniugazione del verbo sum e possum ................................................................................... 401
APPENDICE 13 .................................................................................................................................. 404
Schede vuote .................................................................................................................................. 404
Parola ...................................................................................................................................... 407
Persona .................................................................................................................................... 407
(verbi) ....................................................................................................................................... 407
Numero .................................................................................................................................... 407
APPENDICE 14 .................................................................................................................................. 408
Studio Critico della Lingua Latina
414
Roma 2013
Indice dei nomi .............................................................................................................................. 408
SOMMARIO ....................................................................................................................................... 411
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