SPALLA
SEZIONE 1
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Tavola 1.1 Apparato locomotore: VOLUME I
2 ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA
OSSA E ARTICOLAZIONI DELLA SPALLA
La funzionalità dell’arto superiore dipende considerevolmente dal
movimento correlato delle quattro articolazioni della spalla, ossia
le articolazioni gleno-omerale, acromioclavicolare, sternoclavicolare
e scapolotoracica. L’articolazione gleno-omerale presenta minime
limitazioni ossee, il che consente un ampio grado di movimento.
SCAPOLA
La formazione dei centri di ossifi cazione della scapola ha inizio
durante l’ottava settimana di vita intrauterina, ma la fusione com-
pleta non avviene prima dei vent’anni di età. L’apofi si acromiale si
sviluppa da quattro centri di ossifi cazione distinti: basi-acromion,
meta-acromion, meso-acromion e pre-acromion. Si stima che
il mancato completamento della fusione in un individuo schele-
tricamente maturo, responsabile del cosiddetto “os acromiale”,
avvenga nell’8% della popolazione e che in un terzo dei casi sia
bilaterale. L’epifi si prossimale dell’omero è formata da tre centri di
ossifi cazione primari (testa dell’omero, grande tuberosità e piccola
tuberosità) che si fondono verso i 6 anni di età. L’80% dell’accre-
scimento longitudinale dell’omero si verifi ca in corrispondenza della
epifi si prossimale, la cui chiusura avviene verso i vent’anni di età.
L’estremità superiore dell’omero è costituita da un’ampia superfi -
cie quasi sferica rivestita da cartilagine (testa), al di sotto della quale
vi è una stretta zona non cartilaginea (collo anatomico dell’omero)
alla cui periferia si trovano due tuberosità. La testa dell’omero si
articola con la superfi cie glenoidea, grande poco più di un terzo
delle dimensioni della testa. L’ampia libertà di movimento dell’ar-
ticolazione gleno-omerale comporta inevitabilmente una notevole
riduzione di stabilità.
Dei tendini della cuffi a, il sopraspinato si inserisce sulla parte
superiore della grande tuberosità, mentre il sottospinato e il piccolo
rotondo trovano inserzione nella parte posteriore della tuberosità.
Il tendine del sottoscapolare si inserisce sulla piccola tuberosità. I
quattro ventri muscolari della cuffi a dei rotatori originano dal corpo
della scapola, un osso piatto e sottile che costituisce la sede di inser-
zione di diversi muscoli importanti del cingolo scapolare. L’estremità
lateale della clavicola si articola con quella mediale dell’acromion
per formare l’articolazione acromioclavicolare.
Il muscolo deltoide ha una larga sede di inserzione che va dalla
spina della scapola, posteriormente, a tutto il bordo posteriore e
laterale all’acromion, e al terzo laterale della clavicola, anterior-
mente. Un’inserzione molto ampia, e simile a quella del deltoide,
ha il muscolo trapezio, che inferoanteriormente si attacca sul bordo
posteriore e sulla faccia superiore del terzo laterale della clavicola. La
funzione principale del trapezio è di retrarre e sollevare la scapola.
L’inserzione del deltoide sull’omero in corrispondenza della tube-
rosità deltoidea si trova a circa un terzo della distanza tra spalla e
gomito. I muscoli elevatore della scapola e romboidi grande e piccolo
si inseriscono sul margine mediale della scapola e servono per la
retrazione della scapola verso la colonna vertebrale.
Tra la faccia anteriore della scapola e la gabbia toracica (non
mostrata) si trova l’articolazione scapolotoracica, un’altra strut-
tura importante per la funzione della spalla. Oltre a contri buire
alla mobilità generale di essa, la rotazione della scapola porta
la glenoide sotto la testa dell’omero, in modo che essa possa
sostenere una parte del peso dell’arto superiore, riducendo in
questo modo la forza che deve essere generata dai muscoli
del cingolo scapolare. I processi patologici del tessuto osseo e
dei tessuti molli possono provocare una borsite, che talvolta si
manifesta con crepitii nei movimenti della scapola, realizzando
la cosiddetta “scapola a scatto”.
Incisura soprascapolare
SCAPOLA E OMERO: VEDUTA POSTERIORE
Margine superiore
Angolo superiore
Fossa sopraspinata
Spina
Collo
Fossa sottospinata
Margine mediale
Margine laterale
Angolo inferiore
Clavicola (sezionata)
Processo coracoideo
Acromion
Angolo acromiale
Incisura spinoglenoideache collega le fossesopraspinata e sottospinata
Grande tuberosità
Testa dell’omero
Collo anatomico
Collo chirurgico
Tuberosità deltoidea
Solco per il nervo radiale
Muscolo brachiale
Muscolo deltoide
Muscolo deltoide
Muscolo sopraspinato
Muscolo sottospinato
Muscolo piccolo rotondo
Muscolo tricipitebrachiale (capo laterale)
Omero
Scapola
Muscolo trapezio
Muscolo sopraspinato
Muscolo elevatoredella scapola
Muscolo piccoloromboide
Muscolo granderomboide
Muscolo sottospinato
Muscolo grande dorsale(piccola cresta di origine)
Muscolo grande rotondo
Muscolopiccolo rotondo
Muscolotricipitebrachiale(capo lungo)
Inserzioni muscolariOriginiInserzioni
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Tavola 1.2 Spalla
ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 3
Il corpo della scapola presenta un’ampia concavità sulla super-
fi cie anteriore, la fossa sottoscapolare, da cui origina il muscolo
sottoscapolare. La faccia posteriore è convessa e divisa dall’apofi si
spinosa in una parte superiore, la fossa sopraspinata per il mu-
scolo sopraspinato e in una parte inferiore, la fossa sottospinata,
per il muscolo sottospinato. L’incisura soprascapolare è imme-
diatamente mediale al processo coracoideo nella parte superiore
del corpo della scapola. L’apofi si spinosa, o spina della scapola, è
un’ampia prominenza triangolare della parte posteriore dell’osso,
che si estende dal margine mediale di esso fi n quasi al processo
glenoideo. La sporgenza e lo spessore aumentano mano a mano
che la spina procede lateralmente; essa termina con un margine
concavo, all’origine del collo della scapola. L’apofi si spinosa, peraltro,
prosegue lateralmente continuandosi con l’acromion, un arco osseo
che sovrasta l’articolazione della spalla. Dalla superfi cie laterale di
esso origina il terzo posteriore e medio del muscolo deltoide.
Il processo coracoideo si proietta anteriormente e lateralmen-
te dal collo della scapola. Costituisce la sede di inserzione del
muscolo piccolo pettorale, del capo breve del bicipite brachiale,
del muscolo coracobrachiale, del legamento coracoacromiale e dei
legamenti coracoclavicolari. L’angolo laterale della scapola si allarga
a formare la glenoide, che termina con una superficie articolare
leggermente concava e piriforme, con la parte inferiore più ampia. La
superfi cie della glenoide è ampliata dal cercine (o labbro) glenoideo
che aderisce al suo bordo. Sulla parte superiore del cercine e sul
tubercolo sopraglenoideo si inserisce il tendine del capo lungo del
bicipite brachiale.
OMERO
L’omero è un osso lungo formato da una diafi si e da due estremità
articolari. Prossimalmente, la testa è all’incirca un terzo di una sfera,
con la dimensione anteroposteriore leggermente minore di quella
supero-inferiore. Il collo anatomico è il lieve infossamento situato
a margine della cartilagine articolare, su cui si inserisce la capsula
articolare. Il collo chirurgico è il restringimento appena distale alle
tuberosità, che va spesso incontro a fratture. La grande tuberosità dà
inserzione ai tendini dei muscoli sopraspinato, sottospinato e piccolo
rotondo. Sulla piccola tuberosità si inserisce il tendine del muscolo
sottoscapolare. Entrambe le tuberosità (o tubercoli) si prolungano
verso il basso con una cresta ossea: la cresta della grande tuberosità
riceve il tendine del muscolo grande pettorale mentre quella della pic-
cola tuberosità dà inserzione al tendine del muscolo grande rotondo.
Il tendine del grande dorsale si inserisce anch’esso su questa cresta
al davanti di quello del grande rotondo e si prolunga in parte sul
pavimento del solco formato dalle due creste. Questo solco prende il
nome di solco intertubercolare o di solco o doccia bicipitale, perché
in esso decorre il tendine del capo lungo del bicipite brachiale. La
diafi si dell’omero è piuttosto arrotondata nella parte superiore e
prismatica in quella inferiore. La tuberosità deltoidea è prominente
lateralmente a livello della porzione media della diafi si, la quale ha
un solco per il nervo radiale che percorre l’osso posteriormente e
gira a spirale in direzione laterale mentre discende.
OSSA E ARTICOLAZIONI DELLA SPALLA(Seguito)
Acromion
SCAPOLA E OMERO: VEDUTA ANTERIORE
Processo coracoideo Clavicola (sezionata)
Collo anatomico
Grande tuberosità
Piccola tuberosità
Collo chirurgico
Tuberosità deltoidea
Doccia bicipitale
Cresta della grandetuberosità
Cresta della piccolatuberosità
Muscolo deltoide
ScapolaOmero
Testa dell’omero
Muscolo bicipite brachiale(capo lungo)
Muscolo sopraspinato
Muscolo sottoscapolare
Muscolo coracobrachialee
Muscolo bicipite brachiale(capo breve)
Muscolosottoscapolare
Muscolo grande pettorale
Muscolo grande dorsale
Muscolo grande rotondo
Muscolo deltoide
Muscolo coracobrachiale
Margine superiore
Angolo superiore
Incisura soprascapolare
Collo
Margine mediale
Fossa sottoscapolare
Margine laterale
Angolo inferiore
Glenoide
Muscolo trapezio
Muscolo piccolo pettorale
Muscolo omoioideo
Muscolodentato anteriore
Muscolotricipitebrachiale(capo lungo)
Inserzioni muscolariOriginiInserzioniMuscolo brachiale
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Tavola 1.3 Apparato locomotore: VOLUME I
4 ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA
CLAVICOLA
La clavicola è il primo osso che ossifi ca nell’embrione in via di
sviluppo; tuttavia l’ossifi cazione completa non avviene prima dei
trent’anni di età. Vista dall’alto, la clavicola presenta una lieve
forma a S caratterizzata da una curva mediale più ampia, conves-
sa anteriormente, e da una curva laterale meno pronunciata e più
piccola, convessa posteriormente. I due terzi mediali dell’osso
hanno in sezione una forma quasi triangolare, mentre il terzo
laterale è appiattito. Sulla superfi cie inferiore della clavicola sono
presenti numerose prominenze ossee. Sulla superfi cie inferiore
del terzo laterale si trovano il tubercolo conoide e la linea tra-
pezoide, che corrispondono all’inserzione delle due parti del
legamento coracoclavicolare. Centralmente, il solco succlavio
riceve il muscolo succlavio. Medialmente, vi è un’impronta dove
si inserisce il legamento costoclavicolare. L’estremità sternale
dell’osso è triangolare e presenta una superficie articolare a
forma di sella di cavallo, che occupa la fossa clavicolare del
manubrio dello sterno.
L’estremità acromiale possiede una faccetta articolare ovale,
diretta lateralmente e leggermente verso il basso, per l’acromion.
La clavicola, oltre a fungere da sostegno per la spalla, per te-
nerla in una posizione più laterale, serve anche per l’inserzione di
vari muscoli. Nella parte mediale, il capo clavicolare del muscolo
grande pettorale origina anteriormente mentre lo sternoioideo po-
steriormente. Il muscolo succlavio origina dal terzo medio della
faccia inferiore. Nella parte laterale, il terzo anteriore del muscolo
deltoide origina anteriormente e una porzione del muscolo sterno-
cleidomastoideo superiormente, mentre una parte del trapezio si
inserisce posteriormente. La resezione di porzioni della clavicola di
solito è ben tollerata, purché non venga compromessa l’integrità delle
inserzioni muscolari. L’articolazione sternoclavicolare costituisce
l’unica vera articolazione tra il tronco e l’arto superiore. La rotazione
della clavicola in corrispondenza di questa articolazione favorisce il
sollevamento del braccio sopra la testa. Tra i capi ossei è interposto
un disco fi brocartilagineo articolare, che aumenta notevolmente la
mobilità articolare. La stabilità è garantita da stabilizzatori statici.
OSSA E ARTICOLAZIONI DELLA SPALLA (Seguito)
Clavicola destra
CLAVICOLA
Faccia superiore
Estremità acromialeCorpo
Faccia articolare acromiale
Posteriore
Anteriore
Estremitàsternale
Faccia inferiore
Linea trapezoide
Tubercolo conoide
Muscolo trapezio
Improntaper il legamentocostoclavicolare
Facciaarticolaresternale
Faccia superiore
Muscolo deltoide
Origini muscolariInserzioni muscolariInserzioni legamentose
Muscolosternocleido-mastoideo
Posteriore
Anteriore
Muscolo grande pettorale
Legamento costoclavicolare
Faccia inferiore
Legamentocoraco-clavicolare
Legamentotrapezoide
Legamento conoide Muscolo succlavio
Muscolo sternoioideo
Posteriore
Anteriore
Solco per il muscolo succlavio
Anteriore
Posteriore
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Tavola 1.4 Spalla
ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 5
LEGAMENTI
La stabilità della spalla dipende in larga misura da numerosi stabiliz-
zatori statici. I legamenti capsulari (gleno-omerali) superiore, medio e
inferiore sono ispessimenti nella parete anteriore della capsula artico-
lare. Di fatto visibili solo sulla parte interna della capsula, si irradiano dal
margine glenoideo anteriore in vicinanza del tubercolo della scapola,
dal quale si estendono verso il basso. Le immagini artroscopiche
costituiscono il mezzo migliore per visualizzare questi legamenti.
Legamento gleno-omerale superiore Il legamento gleno-omerale superiore (LGOS) è sottile, origina subito
davanti all’inserzione del tendine del capo lungo del bicipite bra-
chiale e decorre parallelamente al tendine, fi no a giungere vicino
all’estremità superiore della piccola tuberosità dell’omero. Dalla
confl uenza del LGOS e del legamento coraco-omerale si forma
il legamento trasverso dell’omero, che stabilizza il capo lungo del
tendine del bicipite brachiale quando entra nel solco bicipitale.
Legamento gleno-omerale medio Il legamento gleno-omerale medio (LGOM) origina in prossimità
del LGOS e raggiunge la regione anteriore della piccola tuberosità
appena al di sotto dell’inserzione del muscolo sottoscapolare. È
caratterizzato da un decorso obliquo immediatamente al di sotto
dell’origine della borsa sottoscapolare. Quando presente, il lega-
mento si inserisce sul bordo glenoideo posteriormente al cercine.
Il LGOM può essere cordoniforme, sottile o persino assente. Un
legamento sottile può essere osservato nelle immagini artroscopi-
che della spalla che consentono la visualizzazione intra-articolare
di gran parte della porzione articolare del tendine del muscolo
sottoscapolare.
Legamento gleno-omerale inferiore Il legamento gleno-omerale inferiore (LGOI) origina dalla scapola,
direttamente sotto l’incisura (virgola della glenoide) nel margine
anteriore del processo glenoideo distinto in due fasci, anteriore
e posteriore, che discendono verso la parte inferiore del collo
dell’omero in corrispondenza della parte più bassa della tasca
capsulare inferiore. È possibile che i due fasci non siano ben
separati tra di loro. Il LGOI si inserisce sul cercine anteroinferiore
e posteroinferiore.
Legamento coraco-omerale Il legamento coraco-omerale, in parte continuo con la capsula artico-
lare, è un ampio fascio che origina dal margine laterale del processo
coracoideo. Appiattendosi, si congiunge alla parte superiore e po-
steriore della capsula e termina sul collo anatomico dell’omero, in
vicinanza della grande tuberosità.
Nella capsula sono presenti due aperture. L’apertura in corri-
spondenza dell’estremità superiore del solco bicipitale consente il
passaggio del tendine del capo lungo del bicipite brachiale. L’altra
OSSA E ARTICOLAZIONI DELLA SPALLA (Seguito)
Veduta anteriore
Articolazione e legamenti gleno-omerali
Acromion
Legamento coracoacromiale
Tendine del muscolosopraspinato (sezionato)Legamento coraco-omerale
Grande tuberosità e
Legamento trasverso dell’omero
Guaina del tendine bicipitale(comunica con la sinoviale)articolare
Capsula dell’articolazione acromioclavicolare(che incorpora il legamento acromioclavicolare)
Tendine del muscolo sottoscapolare (sezionato)
Tendine del muscolobicipite brachiale (capo lungo)
Clavicola
Legamentotrapezoide Legamento
coraco-clavicolareLegamento
conoide
Legamento trasversosuperiore della scapolae incisura soprascapolare
Processo coracoideo
Legamenti capsulari (gleno-omerali)
Legamento sternoclavicolare anteriore
Clavicola
Muscolosucclavio
Legamento costoclavicolare
1a costa
Cartilagini costali
2a costa
Legamento sternocostale raggiato
Articolazione e legamenti sternoclavicolari
Legamentointerclavicolare
Legamentocostoclavicolare
Sincondrosidella 1a costa
Manubrio
Articolazionesternocostale (sinoviale)
Sincondrosi manubriosternale
LEGAMENTI
Cavità articolaridell’articolazionesternoclavicolare
Disco fibrocartilagineodell’articolazionesternoclavicolare
Piccola tuberosità dell’omero
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Tavola 1.5 Apparato locomotore: VOLUME I
6 ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA
apertura è una via di comunicazione anteriore della cavità articolare
con la borsa sottocoracoidea. La membrana sinoviale si estende dal
margine della cavità glenoide e riveste la capsula fi no ai limiti della
cartilagine articolare dell’omero. Forma inoltre la guaina sinoviale
intertubercolare sopra il tendine bicipitale che in essa decorre.
Legamenti coracoclavicolari I legamenti coracoclavicolari originano dalla parte superiore della
base della coracoide. La porzione conoide (legamento conoide)
è più posteriore e mediale, mentre quella trapezoide (legamento
trapezoide) è più anteriore e laterale. Insieme alla capsula dell’ar-
ticolazione acromioclavicolare, evitano lo spostamento verso l’alto
della clavicola.
Legamento coracoacromiale Il legamento coracoacromiale origina dall’apice del processo co-
racoideo e si inserisce nella porzione più anteriore dell’acromion.
In corrispondenza dell’inserzione acromiale possono svilupparsi
speroni da trazione, che conferiscono all’acromion una forma più
uncinata. Questo legamento svolge un ruolo importante nella spalla
priva di cuffi a dei rotatori, in cui costituisce l’unica limitazione rima-
sta alla migrazione prossimale della testa dell’omero.
ARTICOLAZIONE STERNOCLAVICOLARE
L’articolazione sternoclavicolare costituisce l’unica vera articola-
zione tra il tronco e l’arto superiore. La rotazione della clavicola
in corrispondenza di questa articolazione consente di sollevare il
braccio sopra la testa.
Tra le superfi ci articolari si interpone un disco fi brocartilagineo,
che ne aumenta notevolmente la mobilità. La stabilità articolare è
garantita da stabilizzatori statici. La capsula articolare è piuttosto
sottile, ma è rinforzata dai legamenti capsulari. Il legamento sterno-
clavicolare è un ampio fascio anteriore di fi bre inserite sui margini
superiore e anteriore dell’estremità sternale della clavicola; la parte
inferiore è inserita sulla superfi cie antero-superiore del manubrio
dello sterno. Questo robusto fascio è rinforzato dalle inserzioni
tendinee del muscolo sternocleidomastoideo. Il legamento sterno-
clavicolare posteriore presenta un orientamento analogo sul retro
della capsula e simili inserzioni ossee. Il legamento costoclavicolare
è un fascio corto e piatto che decorre tra la cartilagine della prima
costa e la tuberosità costale della superfi cie inferiore della clavicola.
Il legamento interclavicolare rinforza la capsula superiore, passando
dalla clavicola destra a quella sinistra e aderendo anche al margine
superiore dello sterno. Il nervo sopraclavicolare anteriore fornisce
l’innervazione all’articolazione sternoclavicolare. La vascolarizzazio-
ne deriva dai rami dell’arteria toracica interna, dall’arteria toracica
superiore e dal ramo clavicolare dell’arteria toracoacromiale.
OSSA E ARTICOLAZIONI DELLA SPALLA (Seguito)
ANATOMIA ARTROSCOPICA GLENO-OMERALE
Margine superiore del tendine del muscolo sottoscapolare
Metà superiore della superficie articolare della fossa glenoidea
Intervallo dei rotatori contenente i legamenti coraco-omeralee gleno-omerale superiore
Superficie articolare della testa dell’omero
Margine anteriore del tendine sopraspinato che forma la carrucola lateraleper la parete mediale della doccia bicipitale
Tendine del capo lungo del bicipite (tendine bicipitale)
Confluenza dei legamenti gleno-omerale superiore e coraco-omeraleper formare la carrucola della parete mediale della doccia bicipitale
Superficie articolare della testa dell’omero
Crescent del tendine sopraspinato circondato dal cable del tendine
Tendine del capo lungo del bicipite
Inserzione del tendine del capo lungodel bicipite sul cercine glenoideo superiorea livello del tubercolo glenoideo superiore
Limiti anteriore e posteriore del cercine glenoideo superiore. Le patologiedi questa porzione del cercine tra i due punti indicati sono definite lesioni “SLAP”
Questa regione anatomica costituisce il complesso cercine superiore-tendine del bicipite e rappresenta una sede frequente di patologiedella spalla, per quanto concerne lesioni degenerative e traumatiche di questi tessuti.
Margine superiore del tendine del sottoscapolare. Nella popolazione normalevi è un’ampia variabilità nell’inserzione del legamento gleno-omerale medio.Il sottile tessuto sopra il tendine è il legamento gleno-omerale medio,che è quasi translucido in questo esempio. Questo tessuto può essere,in altri pazienti, un legamento molto spesso e robusto
Punto medio della superficie articolare glenoidea anteriore, in cui questa cambia.La dimensione mediolaterale della concavità forma una curva, denominata “virgola della glenoide”,visibile anche come una C lungo la superficie articolare della glenoide
Fascio anterosuperiore del legamento gleno-omerale inferioreche si inserisce sul cercine glenoideo anteroinferiore
Superficie articolare della porzione media della testa dell’omero
Cercine glenoideo inferiore
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Tavola 1.6 Spalla
ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 7
ARTICOLAZIONE GLENO-OMERALE
A causa della mancanza di limitazioni ossee, l’articolazione
gleno-omerale è circondata da stabilizzatori statici e dinamici.
L’esame artroscopico di queste strutture risulta fondamentale per
identifi care in modo accurato una condizione patologica in una spalla
sintomatica. Le strutture anatomiche e il loro rapporto possono es-
sere visualizzati mediante l’artroscopia dell’articolazione (Tavole 1.5
e 1.6). Il capo lungo del bicipite deve essere osservato lungo l’intero
decorso intra-articolare. È necessario valutare l’integrità dell’ancora
bicipitale, così come la stabilità della banda fi brosa trasversale in
corrispondenza della parte superiore del solco bicipitale. Occorre
esaminare il perimetro dell’inserzione del cercine glenoideo, anche
se un foro sottolabbrale nel quadrante anterosuperiore può rap-
presentare una variante normale. Il cercine inserito sulla glenoide
è visibile nelle immagini artroscopiche e nei disegni. La condizione
della cartilagine articolare della glenoide e della testa dell’omero può
essere valutata e le alterazioni classifi cate basandosi sul suo aspetto
all’esame artroscopico. Le alterazioni di grado 1 corrispondono al
rammollimento della cartilagine senza perdita dell’aspetto liscio
della superfi cie cartilaginea. Quelle di grado 2 consistono nella
perdita della levigatezza e lucentezza della superfi cie cartilaginea,
OSSA E ARTICOLAZIONI DELLA SPALLA (Seguito)
che assume un aspetto rugoso, ma senza perdita di spessore. Il
grado 3 è caratterizzato da perdita di spessore e/o fi ssurazione della
cartilagine, che assume un aspetto vellutato quando l’alterazione è
lieve e sfi lacciato quando è grave. Il grado 4 è caratterizzato dalla
perdita completa di cartilagine fi no all’osso subcondrale. Occorre
visualizzare lo sfondato ascellare, perché vi si possono trovare talora
corpi liberi endoarticolari.
Devono essere valutate le sedi di inserzione dei quattro tendini della
cuffi a dei rotatori. Superiormente l’inserzione è adiacente al margine
articolare, mentre posteriormente è presente un’area nuda di osso
tra la cartilagine articolare e l’inserzione del sottospinato e del piccolo
rotondo. Il tendine del sottoscapolare è posizionato anteriormente e, in
presenza di un legamento gleno-omerale medio ben defi nito, la com-
pleta visualizzazione della sua inserzione può risultare diffi coltosa. La
sublussazione mediale del tendine del capo lungo del bicipite dal centro
del solco bicipitale è un segno di compromissione dell’inserzione del
muscolo sottoscapolare o di lesione della parte mediale della puleggia
e dei tessuti molli della parete del solco bicipitale.
ANATOMIA ARTROSCOPICA GLENO-OMERALE (SEGUITO)
Porzione più inferiore della testa dell’omero. Tra la testa dell’omeroe il bordo glenoideo vi è la tasca capsulare inferiore contenenteil legamento gleno-omerale inferiore
Cercine glenoideo inferiore in posizione ore 6
Cable
Crescent
Faccia posterosuperiore della testa dell’omero
Tendine del capo lungo del bicipite
Tendine sottospinato appena posteriore al cable posteriore del sopraspinato
Superficie articolare della testa dell’omero
Inserzione del tutto posteriore della cuffia dei rotatori
Area nuda della testa dell’omero
La variazione di colore della porzione posteriore della testa dell’omero, vicino all’inserzione del tutto posteriore della cuffiadei rotatori, corrisponde alla porzione superiore dell’area nuda della testa dell’omero, che è normalmente priva di cartilagine articolare.
La porzione del tutto posteriore dell’articolazione gleno-omerale mostra la parte più posteriore della superficie articolare della testadell’omero e l’inserzione più posteriore della cuffia dei rotatori, tra le quali si trova l’area nuda della testa dell’omero, in cui questanon è ricoperta da cartilagine articolare. Tutti i solchi nell’area nuda rappresentano i residui dei canali vascolari dei vasi dell’epifisiche erano presenti durante lo sviluppo, precedentemente alla chiusura della cartilagine di accrescimento. La vascolarizzazionedell’epifisi della testa dell’omero deriva da questi vasi. Dopo la chiusura della cartilagine di accrescimento, essi decorronointernamente, lasciando i canali vascolari vuoti, e l’epifisi viene vascolarizzata dai vasi metafisari che passano sopra l’area di chiusuradella cartilagine di accrescimento. La testa dell’omero è altresì vascolarizzata dal vaso terminale di Laing, dal ramo ascendentedell’arteria circonflessa anteriore dell’omero e dall’arteria circonflessa posteriore dell’omero (Tavola 1.16).
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Tavola 1.7 Apparato locomotore: VOLUME I
8 ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA
MUSCOLI DELLA SPALLA
MUSCOLO DELTOIDE
Il muscolo deltoide è triangolare, con un’origine semicircolare lungo
il terzo laterale della clavicola, il margine laterale dell’acromion e
il labbro inferiore della cresta della spina della scapola. Tutti i fasci
convergono per inserirsi sulla tuberosità deltoidea dell’omero. Il mu-
scolo è il principale responsabile dell’abduzione dell’omero, azione
prodotta soprattutto dalla sua potente porzione centrale. A causa
della posizione e della maggiore lunghezza delle fi bre, le porzioni
clavicolare e scapolare eseguono azioni diverse rispetto alla por-
zione muscolare centrale. La porzione clavicolare contribuisce alla
fl essione e all’intrarotazione del braccio, mentre quella scapolare
partecipa all’estensione e all’extrarotazione. Il nervo ascellare (C5,
C6) della corda posteriore del plesso brachiale innerva il deltoide. Un
ramo superiore si curva attorno alla superfi cie posteriore dell’omero
e decorre da dietro in avanti sulla superfi cie profonda del muscolo,
diramandosi all’interno di esso. Un ramo inferiore innerva il muscolo
piccolo rotondo, risalendo sulla sua faccia laterale e superfi ciale.
Diviene quindi il nervo cutaneo brachiale laterale superiore. Il muscolo
è vascolarizzato dall’arteria circonfl essa posteriore dell’omero
MUSCOLO PETTORALE
Il muscolo grande pettorale origina dalla metà mediale della clavicola,
sulla sua superfi cie anteriore, e dalla superfi cie anteriore del manubrio
e del corpo dello sterno. Ulteriori fasci originano dalle cartilagini della
seconda, terza, quarta, quinta e sesta costa, oltre che dall’aponeurosi
anteriore della guaina del muscolo retto dell’addome. Le fi bre mu-
scolari convergono per inserirsi sulla cresta immediatamente distale
alla grande tuberosità, lateralmente al solco bicipitale. La parte di-
stale ruota su se stessa e termina in un tendine bilaminare a forma
di U con una curva nella parte distale. Pertanto, le fi bre di origine
clavicolare formano la lamina superfi ciale della struttura tendinea,
le fi bre addominali e sternali inferiori si estendono fi no alla parte
più alta dell’arto formando la lamina profonda posteriore e le fi bre
sternali superiori confl uiscono nella lamina superfi ciale, nella piega e
nella parte più bassa della lamina profonda e nell’intervallo tra le due
lamine. Il grande pettorale è deputato alla fl essione e all’adduzione
dell’omero; può inoltre determinare l’intrarotazione del braccio, ma
di solito solo quando questo movimento è contrastato. La porzione
clavicolare del muscolo consente di sollevare la spalla e di fl ettere il
braccio, mentre la porzione sternocostale porta la spalla verso il basso.
Acromion
Triangolo deltoideopettorale
Muscolo deltoide
Vena cefalica
Muscolo dentato anteriore
Muscolo grande dorsale
Muscolo obliquo esterno
Muscolo bicipitebrachiale
Capo breve
Capo lungo
6a cartilagine costale
Sterno
Clavicola
Capo clavicolare
Capo sternocostale
Fascio addominale
Muscolograndepettorale
Muscolo trapezio
Muscolo sternocleidomastoideo
MUSCOLI ANTERIORI DELLA SPALLA
Articolazione acromioclavicolare
Articolazione sternoclavicolare
Muscolo deltoide
Acromion
Vena cefalica
Muscolo dentato anteriore
Muscolo grande dorsale
Capo sternale
Muscolo grande pettoraleCapo clavicolare
Sfondato ascellare anteriore(m. grande pettorale)
Sfondato ascellare posteriore(m. grande dorsale)
Ascella
Muscolo tricipite brachiale
Muscolo bicipite brachiale
Clavicola
Muscolo sternocleidomastoideoCapo sternale
Capo clavicolare
Muscolo omoioideo e strato della fasciacervicale profonda che lo riveste
Ramo deltoideodell’arteria toracoacromiale
Muscolo tricipite brachiale(capo laterale)
C0005.indd 8C0005.indd 8 12/09/13 10:38 AM12/09/13 10:38 AM
Tavola 1.8 Spalla
ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 9
Il grande pettorale è innervato dai nervi pettorali laterale e mediale
provenienti dalle corde laterale e mediale del plesso brachiale, con
coinvolgimento di tutti i nervi spinali (da C5 a T1). I rami pettorali
dell’arteria toracoacromiale accompagnano i rami nervosi.
Il triangolo deltoideopettorale è uno spazio tra le fi bre prossimali,
tra loro adiacenti, del deltoide e del grande pettorale, situato subito
al di sotto della clavicola. Distalmente, la separazione di queste fi bre
è dovuta alla vena cefalica e al ramo deltoideo dell’arteria toracoa-
cromiale. Il muscolo piccolo pettorale origina dalla faccia anteriore di
terza, quarta e quinta costa in prossimità delle loro cartilagini costali
e presenta spesso una porzione aggiuntiva dalla seconda costa.
Le fi bre muscolari convergono per inserirsi sul margine mediale e
sulla faccia superiore del processo coracoideo. Il piccolo pettorale
porta la scapola in avanti, medialmente e con forza verso il basso.
A scapola fi ssata, il muscolo contribuisce all’inspirazione forzata. Il
piccolo pettorale è innervato dal nervo pettorale mediale (C8, T1),
che lo penetra completamente per passare, attraverso lo spazio
interpettorale, nel muscolo grande pettorale. Il nervo è accompa-
gnato dai rami pettorali dell’arteria toracoacromiale. Profondamente
al tendine del piccolo pettorale passano l’arteria ascellare e le corde
del plesso brachiale.
MUSCOLO DENTATO
Il muscolo dentato anteriore origina lateralmente dalle prime otto
coste. Le fi bre muscolari convergono per inserirsi sulla superfi cie
profonda del margine laterale del corpo della scapola. La con-
trazione del muscolo porta anteriormente la scapola e contribuisce
alla sua rotazione verso l’alto.
L’ipotonia muscolare determina la scapola alata (Tavole 1.20
e 1.52). L’innervazione è fornita dal nervo toracico lungo (da C5
a C8), che può essere lesionato facilmente durante la dissezione
dei linfonodi ascellari.
La vascolarizzazione avviene principalmente attraverso l’arteria
toracica laterale.
MUSCOLI DELLA SPALLA (Seguito)
MUSCOLI ANTERIORI DELLA SPALLA: SEZIONI TRASVERSALI
Arteria e vena ascellari
Muscolo deltoide
Muscolo sopraspinato
Muscolo trapezio
Acromion
Muscolo grande dorsale
Tendine del bicipite, capo lungo
Complesso cercine glenoideo-bicipite
Arteria, vena e nervo soprascapolari
Incisura soprascapolare
Recesso sottolabbrale
Capo breve del muscolo bicipitee muscolo coracobrachiale
Legamento trasverso superiore della scapola
Arteria e nervo circonflessi posteriori dell’omero
Legamento acromioclavicolare
Glenoide
Liquido sinoviale
Capsula articolare
Muscolo sottoscapolare
Capsula articolare
C0005.indd 9C0005.indd 9 12/09/13 10:38 AM12/09/13 10:38 AM
Tavola 1.9 Apparato locomotore: VOLUME I
10 ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA
MUSCOLO SUCCLAVIO
Il succlavio è un piccolo muscolo di forma cilindrica che origina alla
giunzione tra la prima costa e la sua cartilagine. Decorre parallela-
mente alla faccia inferiore della clavicola e si inserisce in un solco
presente su questa faccia, tra le inserzioni del legamento conoide la-
teralmente e del legamento costoclavicolare medialmente. Mediante
la trazione esercitata sulla clavicola, il muscolo contribuisce a portare
la spalla in avanti e in basso. Il nervo per il muscolo succlavio è un
ramo del tronco superiore del plesso brachiale, con fi bre provenienti
dal V nervo cervicale, che raggiunge il margine posterosuperiore del
muscolo. Al muscolo giunge un piccolo ramo clavicolare dell’arteria
toracoacromiale.
MUSCOLO TRAPEZIO
Il muscolo trapezio è costituito da tre parti, superiore, media
e inferiore, e ha un’ampia origine che va dalla protuberanza
occipitale superiormente, all’apofi si spinosa della vertebra T12
inferiormente.
Da queste inserzioni procede verso il margine posteriore del
terzo laterale della clavicola, il margine mediale dell’acromion e
il margine superiore dell’apofi si spinosa della scapola. Le por-
zioni superiore e inferiore, per il loro orientamento, permettono
la rotazione della scapola in modo che la glenoide sia rivolta
verso l’alto, consentendo in tal modo il completo sollevamento
della spalla. La porzione media serve per la retrazione della
scapola. Quando il trapezio non è funzionale, la scapola si sposta
lateralmente a causa dell’azione non contrastata del muscolo
dentato anteriore (si veda Tavola 1.52). I nervi che raggiungono
il trapezio sono il nervo accessorio spinale (XI nervo cranico) e
le diramazioni dirette dei rami ventrali di II, III e IV nervo cranico.
Il nervo accessorio perfora il muscolo sternocleidomastoideo,
quindi attraversa il triangolo posteriore del collo direttamente
sotto il suo rivestimento fasciale, decorrendo diagonalmente ver-
so il basso per raggiungere il lato inferiore del muscolo trapezio.
Il trapezio è vascolarizzato principalmente dall’arteria cervicale
trasversa del sistema succlavio; alla vascolarizzazione del terzo
inferiore contribuisce un ramo dell’arteria scapolare dorsale che
perfora il muscolo.
MUSCOLI DELLA SPALLA (Seguito)
MUSCOLI POSTERIORI DELLA SPALLA
Muscolo trapezioSpina della scapola
Muscolo deltoide
Muscolo sottospinato
Muscolo grande rotondo Angolo inferiore della scapola
Margine mediale della scapola
Spina della scapola
Muscolo deltoide
Triangolo di auscultazione
Processo spinoso della vertebra C7
Muscolo elevatore della scapola
Muscolo piccolo romboide
Muscolo grande romboide
Acromion
Muscolo sopraspinato
Spina della scapola
Muscolo sottospinato
Muscolo piccolo rotondo
Muscolo grande rotondo
Muscolo grande dorsale
Capo lungo
Capo laterale
Processo spinoso della vertebra T12
del muscolotricipite brachiale
Muscolo trapezio
Muscolo deltoide
Fascia sottospinata
Triangolo di auscultazione
Veduta posteriore: strato superficiale Veduta posteriore: strato più profondo
TendineCapo laterale
Muscolo tricipite brachialeCapo lungo
C0005.indd 10C0005.indd 10 12/09/13 10:38 AM12/09/13 10:38 AM
Tavola 1.10 Spalla
ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 11
MUSCOLO ELEVATORE DELLA SCAPOLA
Questo muscolo origina dai processi trasversi delle prime tre o
quattro vertebre cervicali. Si inserisce nel margine mediale della
scapola dall’angolo superiore fi no al processo spinoso. È sovra-
stato e parzialmente coperto dai muscoli sternocleidomastoideo e
trapezio. È deputato al sollevamento e all’adduzione della scapola.
L’innervazione è fornita dal nervo scapolare dorsale (da C3 a C5) e
la vascolarizzazione deriva dall’arteria scapolare dorsale.
MUSCOLI ROMBOIDI
Il muscolo piccolo romboide origina dalla parte inferiore del legamento
nucale e dai processi spinosi di C7-T1. È diretto verso il basso e late-
ralmente, in posizione parallela rispetto al muscolo grande romboide
e si inserisce sul margine mediale della scapola in corrispondenza
della base della spina scapolare. Il muscolo grande romboide origina
dai processi spinosi di T2-T5 e si inserisce sul margine mediale della
scapola al di sotto della spina. I due muscoli portano la scapola verso
l’alto e in direzione mediale, e supportano il muscolo dentato anteriore
nel tenerla salda alla gabbia toracica. La trazione obliqua aiuta ad
abbassare l’altezza della spalla. L’innervazione e la vascolarizzazione
avvengono come per il muscolo elevatore della scapola.
MUSCOLO GRANDE DORSALE
Il muscolo grande dorsale origina dalle vertebre toraciche inferiori,
dalla fascia toracolombare, dalla cresta iliaca e dalle ultime
tre-quattro coste. Esso si inserisce sul pavimento del solco inter-
tubercolare dell’omero.
La contrazione di questo muscolo rende possibile l’estensione
dell’omero, portando il braccio verso il basso e all’indietro, e ruo-
tandolo internamente.
Il muscolo è innervato dal nervo toracodorsale che origina dalla corda
posteriore del plesso brachiale, con fi bre dal VII e VIII nervo cervicale.
L’arteria toracodorsale, un ramo dell’arteria sottoscapolare e una
vena omonima accompagnano il nervo.
MUSCOLI DELLA SPALLA (Seguito)
MUSCOLI POSTERIORI DELLA SPALLA: SEZIONI TRASVERSALI
Arteria circonflessaanteriore dell’omero
Muscolo deltoide
Muscolo deltoide
Acromion
Muscolo tricipite, capo lungo
Muscolo piccolo rotondo
Muscoli grande dorsale e grande rotondo
Nervo ascellare
Diafisi omerale
Testa dell’omero
Muscolo bicipite, capo brevee muscolo coracobrachiale
Capsula articolare
Muscolo sottospinato
Cercine
Arteria e vena circonflesse posteriori dell’omero
Glenoide
C0005.indd 11C0005.indd 11 12/09/13 10:38 AM12/09/13 10:38 AM
Tavola 1.11 Apparato locomotore: VOLUME I
12 ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA
MUSCOLI DELLA SPALLA E DEL BRACCIO
CUFFIA DEI ROTATORI
La funzione principale delle quattro unità muscolotendinee che
costituiscono la cuffi a dei rotatori consiste nel mantenere adesa
la testa dell’omero alla glenoide in modo da fornire un fulcro per la
rotazione del braccio. È a questa azione congiunta che si deve
la possibilità per ciascun muscolo dell’articolazione scapolo-omerale
di svolgere anche una funzione specifi ca.
Muscolo sopraspinato Il muscolo sopraspinato occupa gran parte della fossa sopra-
spinata della scapola, originando dai due terzi mediali di essa.
Il tendine si congiunge intimamente con la capsula dell’artico-
lazione della spalla e si inserisce sulla più alta delle tre faccette
della grande tuberosità dell’omero. Il muscolo sopraspinato aiuta
il deltoide nei primi 90° di fl essione in avanti e abduzione del
braccio. Lacerazioni parziali o a tutto spessore di questo tendine
non sono rare e possono essere ben tollerate se gli altri tendini
della cuffi a, rimasti integri, possono compensarne la funzione. Ciò
è particolarmente vero in caso di interessamento della porzione
cosiddetta crescent (semilunare) del tendine sopraspinato piuttosto
che della porzione defi nita cable (ispessimento mediale) (Tavole 1.6
e 1.42). Le rotture che coinvolgono la porzione più anteriore del
tendine sopraspinato e, in particolare, la porzione cable anteriore
determinano ipotonia muscolare, retrazione tendinea e atrofi a
muscolare maggiori rispetto alle lacerazioni limitate alla porzione
crescent centrale del tendine. Ampie rotture, di un altro tendine,
oltre al sopraspinato, possono provocare la migrazione pros-
simale della testa dell’omero, dovuta all’azione non contrastata
del deltoide. Il muscolo sopraspinato è innervato dal nervo sopra-
scapolare (C5, C6), che origina dal tronco superiore del plesso
brachiale. Il nervo può rimanere intrappolato quando entra nella
fossa sopraspinata attraverso l’incisura scapolare, dove passa al
di sotto del legamento trasverso superiore della scapola. L’arteria
soprascapolare accompagna il nervo, ma decorre al di sopra del
legamento trasverso della scapola.
Muscolo sottospinato Il sottospinato origina dalla fossa sottospinata della scapola e si
inserisce sulla faccetta media della grande tuberosità dell’ome-
ro. In profondità, le sue fi bre aderiscono a quelle della capsula
dell’articolazione della spalla.
Questo muscolo è deputato all’extrarotazione del braccio. Una
marcata ipotonia è dimostrata dal “lag sign” per l’extrarotazione,
in cui il paziente non è in grado di mantenere l’extrarotazione
attiva del braccio (Tavola 1.40). Il nervo e l’arteria soprascapolari
proseguono attraverso l’incisura spinoglenoidea, dopo essersi
MUSCOLI DELLA CUFFIA DEI ROTATORI
Acromion
Tendine del muscolo piccolo rotondo
Tendine del muscolo sottospinato
Tendine del muscolo sopraspinato
Articolazione acromioclavicolare
Legamento coracoacromiale
Tendine del muscolo sottoscapolare
Processo coracoideoLegamento trapezoideLegamento conoide
Legamentocoracoclavicolare
Veduta superiore
Muscolo sottospinato
Spina della scapolaMuscolo sopraspinato
ClavicolaMargine superiore della scapola
Muscolo sottoscapolare
Veduta anteriore
Muscolo deltoide (ribaltato)
Muscolo sopraspinato
Borsa sottodeltoidea fusacon la borsa sottoacromiale
Muscolo sottoscapolare
Legamento capsulare
Borsa sottodeltoideaTendine sopraspinato
Legamento capsulareMembrana sinoviale
AcromionArticolazioneacromio-clavicolare
Sezione coronaleattraverso l’articolazione
Recesso ascellare
Cavitàglenoidedella scapola
Muscolodeltoide
Cercineglenoideo
C0005.indd 12C0005.indd 12 12/09/13 10:38 AM12/09/13 10:38 AM
Tavola 1.12 Spalla
ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 13
diramati al sopraspinato. In quest’area, insieme a lacerazioni del
cercine glenoideo è possibile osservare cisti articolari che possono
comprimere il nervo (Tavola 1.51).
Muscolo piccolo rotondo Questo muscolo origina dai due terzi superiori del margine ascellare
della scapola. Il suo tendine decorre in alto e lateralmente per inserirsi
sulla faccetta inferiore della grande tuberosità e sul collo chirurgico
dell’omero. Anch’esso aderisce con la faccia profonda alla capsula
articolare della spalla. Il muscolo è avvolto dalla fascia sottospinata
e, talvolta, non è separabile dal muscolo sottospinato. Il piccolo
rotondo si contrae con il sottospinato per partecipare all’extrarota-
zione dell’omero. Un ramo del nervo ascellare risale sul suo margine
laterale a circa metà della sua lunghezza. Il capo lungo del tricipite
brachiale, il nervo ascellare e i vasi circonfl essi posteriori dell’omero
separano il piccolo rotondo dal grande rotondo. È perforato da rami
dei vasi circonfl essi scapolari lungo il margine ascellare della scapola.
Muscolo sottoscapolare Il muscolo sottoscapolare origina dai due terzi mediali della fossa
sottoscapolare situata sulla faccia del corpo della scapola. Il tendine
decorre lungo la superfi cie anteriore della capsula dell’articolazione
della spalla e termina nella piccola tuberosità dell’omero; è separato
dal collo della scapola dall’ampia borsa sottoscapolare. Questo
muscolo è il principale responsabile dell’intrarotazione del braccio,
ma contribuisce altresì all’adduzione. È stato dimostrato che la
metà superiore del sottoscapolare possiede oltre il 70% delle
fi bre muscolari e della tensione e resistenza dell’intero muscolo.
Ne consegue che le lesioni che interessano la porzione superiore
del tendine del sottoscapolare sono associate a una maggiore
disabilità rispetto a quelle della metà inferiore. La disfunzione del
muscolo sottoscapolare, e la conseguente ipotonia, può essere
ben valutata mediante il test di compressione addominale e il lift
off test per l’intrarotazione (Tavola 1.43). Il muscolo è innervato dai
nervi sottoscapolari superiore e inferiore che penetrano dalla sua
faccia costale.
MUSCOLI DELLA SPALLA E DEL BRACCIO (Seguito)
MUSCOLI DELLA CUFFIA DEI ROTATORI: SEZIONI TRASVERSALI
Tendine del muscolo sottoscapolare
Tendine del muscolo sopraspinato
Arteria e nervo soprascapolari
Muscolo deltoide
Vena cefalica
Arteria e venaascellari
Bicipite brachiale e muscolo coracobrachialeCoracoide
Tendine del bicipite, capo lungo
Muscolo sottoscapolare Muscolo sottospinato
GlenoideLegamentogleno-omerale medio
Cercine anteriore
Foro sottolabbrale
Cercine posteriore
Cartilagine articolare
Testa dell’omero
Muscolo grande pettorale
Veduta sagittaleVeduta assiale
Muscolo piccolo pettorale
Acromion
Muscolopiccolo rotondo
Muscolo bicipite, capo breve
Diafisi omerale
Muscolo tricipite,capo laterale
Muscolo grande pettorale
Tendine del bicipite, capo lungo
Muscolo deltoideMuscolo deltoide
Ramo acromiale dell’arteria toracoacromiale
Vena cefalica
Muscolo sottospinato
Cartilagine articolare
Muscolo sopraspinato
Testa dell’omero
Legamento acromioclavicolaree capsula articolare
Tendine del muscolo sottoscapolare
Intervallo dei rotatori
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Tavola 1.13 Apparato locomotore: VOLUME I
14 ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA
RAPPORTI NERVEOVASCOLARI
L’anatomia del plesso brachiale e il suo rapporto con l’osso e con
le strutture muscolari circostanti sono variabili. I rapporti anatomici
più comuni del plesso brachiale sono mostrati nella Tavola 1.13.
Il plesso brachiale si forma dall’unione dei rami anteriori dei nervi
spinali C5, C6, C7, C8 e T1, benché possano esservi contributi
variabili da C4 e T2. Le radici si uniscono a formare i tronchi che,
insieme all’arteria succlavia, escono dalla colonna cervicale tra
i muscoli scaleni anteriore e medio. A questo livello, il plesso si
trova in posizione posteriore e superiore rispetto all’arteria, per via
dell’inclinazione inferiore della prima costa. I nervi periferici del
plesso sono responsabili della funzione dei nervi motori e sensitivi
in tutta la muscolatura della scapola (eccetto il muscolo trapezio,
che è innervato dal nervo accessorio spinale) e del resto dell’arto
superiore.
Di solito si esegue l’iniezione interscalenica di un anestetico
locale per gli interventi chirurgici all’arto superiore. La dispersione
del farmaco è minima all’esterno dell’area circostante i nervi, in
quanto questi si collocano nella fascia prevertebrale, quando de-
corrono tra i muscoli scaleni. Il plesso brachiale passa attraverso i
muscoli scaleni, sopra la prima costa, e sotto la clavicola e il piccolo
pettorale, prima di entrare nell’ascella. In tutte queste sedi può
verifi carsi, per patologie congenite o acquisite, una compressione
delle strutture nerveovascolari che determina sintomi vascolari o
neurovascolari; ciò si verifi ca, in particolare, quando si usa il braccio
al di sopra del livello della spalla o nel caso di movimenti ripetuti
in una qualsiasi posizione del braccio. Questi sintomi si osservano
nella sindrome dello stretto toracico.
Tendine del muscolo piccolo pettorale (sezionato)
Processo coracoideo
Vena cefalica
Arteria circonflessa anteriore dell’omero
Muscolo deltoide
Muscolo bicipite brachiale
Nervo muscolocutaneo
Arteria brachialeprofonda
Muscolo brachiale
Arteria toracoacromiale
DISSEZIONE DELL’ASCELLA: VEDUTA ANTERIORE
Ramo acromialeRamo deltoideo
Ramo clavicolareRamo pettorale
Arteria ascellare
Clavicolae muscolosucclavio(sezionati)
Arteria e nervo soprascapolari
Arteria e nervo scapolari dorsali
Arteria trasversa del collo
Muscolo scaleno anteriore
Muscolo trapezio
Acromion
Nervo muscolocutaneo
Muscolo coracobrachiale
Muscolo grande pettorale (sezionato)
Nervo ascellare e arteria circonflessaposteriore dell’omero
Muscolo sternocleidomastoideo
Nervo frenico
Muscolo omoioideo
Nervo radiale
Muscolo tricipite brachiale
Vene brachialiNervo ulnare
Nervo mediano
Arteria brachiale
Nervo cutaneo mediale dell’avambraccioVena basilica
Nervo ulnareNervo cutaneomediale del braccio
Nervo intercosto-brachialeArteria circonflessadella scapola
Nervo sottoscapolareinferiore
Muscolo grande rotondo
Arteria sottoscapolare
Muscolo grande dorsaleArteria e nervo toracodorsaliNervo sottoscapolare superiore
Muscolo dentato anterioreArteria toracica laterale e nervo toracico lungo
Nervo toracico lungo
Nervo pettoralemediale
Ansa pettorale
Nervo pettoralelaterale
Arteria toracicasuperiore
Plesso brachiale
1a costa
Arteria e venasucclavie
Piccolo pettorale (sezionato)
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Tavola 1.14 Spalla
ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 15
Il plesso si divide in corde in corrispondenza della clavicola o prima di
passare sotto di essa. A seconda della loro posizione rispetto all’arteria
ascellare, le corde sono denominate: laterale, posteriore e mediale.
Dalla sede di formazione dei rami terminali, i nervi mediano, ulnare e
radiale proseguono con l’arteria nel braccio. Una lesione o un intrap-
RAPPORTI NERVEOVASCOLARI (Seguito)
polamento di questi nervi periferici può determinare sintomi di defi cit
sensitivi o motori in base all’area di innervazione del nervo coinvolto.
È fondamentale conoscere la transizione delle strutture nerveova-
scolari posteriori dalla loro origine anteriore. La divergenza dei muscoli
piccolo rotondo e grande rotondo genera lateralmente una lunga
apertura triangolare orizzontale (Tavola 1.15). Il triangolo è bisecato
verticalmente dal capo lungo del muscolo tricipite brachiale ed è
chiuso lateralmente dalla diafi si dell’omero. Si formano così un piccolo
spazio triangolare situato medialmente al capo lungo del tricipite
brachiale, in cui i vasi circonfl essi scapolari si curvano sul dorso della
scapola, e uno spazio quadrangolare situato lateralmente al muscolo
tricipite brachiale (Tavola 1.17). Il secondo spazio è delimitato dai
muscoli rotondi piccolo e grande superiormente e inferiormente,
dal tricipite brachiale medialmente e dall’omero lateralmente. Nello
spazio quadrangolare, il nervo ascellare e i vasi circonfl essi poste-
riori dell’omero decorrono intorno alla diafi si omerale. Distalmente,
l’intervallo triangolare (talvolta defi nito “spazio triangolare laterale o
inferiore”), attraversato dal nervo radiale, è delimitato dal muscolo
grande rotondo prossimalmente, dal capo lungo del tricipite brachiale
medialmente e dalla diafi si dell’omero lateralmente.
Tronchi brachiali Superiore Medio Inferiore
Nervo radiale (spostato lateralmente)
Muscolo coracobrachiale
Muscolo bicipite brachiale Tendine del capo lungo Muscolo e tendine del capo breve (sezionati)
Muscolo grande pettorale (sezionato)
Nervo ascellare
Muscolograndepettorale(sezionato)
Muscolo obliquo esterno
Muscolo e tendinecoracobrachiale(sezionati)
Muscolopiccolopettorale(sezionato)
Muscolo deltoide
ASCELLA: PARETE POSTERIORE
Processo coracoideo e muscolo piccolo pettorale(tendine, sezionato)
Corda posteriore
Legamento trasverso superiore della scapola
Muscolo sopraspinato
Clavicola e muscolo succlavio
Muscolo trapezio
Muscolo sternocleidomastoideo
Muscolo piccolo rotondo
Muscolo grande dorsale
Muscolo grande rotondo
Nervo sottoscapolare superiore
Nervo toracodorsale
Nervo sottoscapolare inferiore
Muscolo sottoscapolare
Muscolo dentato anteriore
Muscolo bicipite brachiale(sezionato) Capo lungo Capo breve
Muscolo tricipite brachiale Capo mediale Capo lungo
Rami del nervo ascellare Nervo cutaneo laterale superiore del braccio
Ramo posteriore
Ramo anteriore
Ramo per il muscolo piccolo rotondo
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Tavola 1.15 Apparato locomotore: VOLUME I
16 ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA
ASCELLA
L’ascella è uno spazio situato in corrispondenza della giunzione di
arto superiore, torace e collo. Ha la forma di una piramide tronca
e funge da passaggio per i nervi, i vasi sanguigni e i vasi linfatici
verso l’arto o da questo verso il centro.
La base è costituita dalla concavità ascellare, in quanto il pavi-
mento vero e proprio è la fascia ascellare.
La parete anteriore è formata dai due piani dei muscoli pettorali
e dalle fasce pettorale e clavi-pettorale associate.
Il margine laterale del muscolo grande pettorale forma lo sfondato
ascellare anteriore. La parete posteriore dell’ascella è costituita
dalla scapola, dalla muscolatura scapolare e dalle fasce associate.
I componenti inferiori di questo gruppo, insieme al tendine del
grande dorsale, formano lo sfondato ascellare posteriore. La gabbia
toracica, ricoperta dal muscolo dentato anteriore e dalla sua fascia,
forma la parete mediale.
La parete laterale è formata dalla convergenza dei tendini
della muscolatura anteriore e posteriore del cavo ascellare
sulla cresta della grande tuberosità, sul solco intertubercola-
re e sulla cresta della piccola tuberosità dell’omero. L’apice
dell’ascella è formato dalla convergenza degli elementi ossei
delle tre pareti principali: la clavicola, la scapola e la prima
costa.
RAPPORTI NERVEOVASCOLARI (Seguito)
Muscolo omoioideo
Clavicola
Muscolo succlavio e sua fascia
Legamento costocoracoideo
Arteria toracoacromiale e vena cefalica
Membrana costocoracoidea
Nervo pettorale laterale
Arteria e vena ascellari
Muscolo grande pettorale e sua fascia
Muscolo piccolo pettorale e sua fascia
Nervo pettorale mediale
Legamento sospensore dell’ascella
Fascia ascellare (fenestrata)
Sezione obliqua parasagittale dell’ascella
Muscolo trapezio
Plesso brachialeCorda lateraleCorda posterioreCorda mediale
Muscolo sopraspinato
ScapolaSpinaCorpo
Muscolo sottospinato
Muscolo sottoscapolare
Muscolo piccolo rotondo
Muscolo grande rotondo
Muscolo grande dorsale
Linfonodi ascellari
Centrali
Pettorali(o anteriori)
Nervo soprascapolare (C5, C6)
Nervo scapolare dorsale (C5)
Nervo sottoscapolare inferiore (C5, C6)
Nervo ascellare (C5, C6) (nello spazio quadrangolare)
Nervocutaneolateralesuperioredel braccio
Muscolo sopraspinato
Muscolodeltoide
Muscolo elevatore della scapola
Muscolo grande romboideMuscolo piccolo romboide
Muscolo sottospinatoMuscolo grande rotondo
Muscolo piccolo rotondo
Nervo radiale (C5, C6, C7, C8, T1) (nell’intervallo triangolare)Contributo incostante
Legamento coracoacromiale
Processo coracoideoArteria e nervo soprascapolari
Legamento trasversosuperiore della scapolae incisura soprascapolare
Tendine del muscolopiccolo pettorale(sezionato)Tendini dei muscolibicipite brachiale(capo breve)e coracobrachiale(sezionati)
Muscolo sottoscapolareArteria sottoscapolare
Nervo sottoscapolareinferiore (per il muscologrande rotondo)
Arteria circonflessa della scapola Arteria e nervo toracodorsali(per il muscolo grande dorsale)
Muscolo sottoscapolare
Muscolo grande rotondo
Veduta anteriore
STRUTTURE PROFONDE
Acromion
Tendine del muscolo sopraspinato Grande tuberosità dell’omero
Tendine del muscolo sottoscapolarePiccola tuberosità dell’omero
Guaina tendinea intertubercolareArteria circonflessa anteriore dell’omero
Spazio quadrangolare(o quadrilatero di Velpeau)
Tendine del capo lungo del bicipitebrachiale (sezionato)
Nervo ascellare e arteriacirconflessa posteriore dell’omero
Muscolobicipitebrachiale
Nervo radiale
Capo lungoCapo breve
Muscolo coracobrachiale
Spazio triangolare(o triangolo omo-tricipitale)
Muscolo grande dorsale
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Tavola 1.16 Spalla
ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 17
ANATOMIA VASCOLARE DELLA SPALLA
La vascolarizzazione dell’arto superiore deriva dall’arteria succlavia,
che decorre con il plesso brachiale tra i muscoli scaleni anteriore
e medio. Il primo ramo importante per l’anatomia della spalla è il
tronco tirocervicale, che dà origine alle arterie soprascapolare e
cervicale trasversa. Il ramo successivo è l’arteria scapolare dorsale,
che talvolta si dirama dall’arteria cervicale trasversa, invece che
all’arteria succlavia.
L’arteria ascellare è la continuazione dell’arteria succlavia oltre
il margine laterale della prima costa. L’arteria è suddivisa in tre
porzioni in base alla posizione del tendine del piccolo pettorale. Il
primo ramo collaterale, che origina prossimalmente al tendine, è
l’arteria toracica superiore, che decorre dietro la vena ascellare fi no
ai muscoli del primo e del secondo spazio intercostale e alla por-
zione superiore del muscolo dentato anteriore. La seconda branca
collaterale si diparte dall’arteria profondamente al tendine e si divide
in due rami: l’arteria toracoacromiale e l’arteria toracica laterale.
Il ramo toracoacromiale si divide in quattro parti, dando origine ai
rami acromiale, deltoideo, pettorale e clavicolare. L’arteria acromiale
decorre lateralmente sotto al processo coracoideo fi no all’acromion.
Fornisce rami al muscolo deltoide e partecipa, insieme ai rami delle
arterie circonfl esse anteriore e posteriore dell’omero e ai vasi sopra-
scapolari, alla formazione della rete acromiale di piccoli vasi sulla
superfi cie dell’acromion. Il ramo deltoideo (che spesso non nasce
separatamente, ma come ramo dell’arteria acromiale) occupa,
insieme alla vena cefalica, lo spazio tra i muscoli deltoide e grande
pettorale, nei quali manda rami. L’arteria pettorale è ampia e di-
scende tra i muscoli grande pettorale e piccolo pettorale. Fornisce
rami a questi muscoli, si anastomizza con le arterie intercostale
e toracica laterale e, nelle donne, vascolarizza la parte profonda
della ghiandola mammaria. Il ramo clavicolare è un vaso sottile
che risale medialmente per vascolarizzare il muscolo succlavio e
l’articolazione sternoclavicolare. L’arteria toracica laterale è variabile.
Arteria brachiale
Arteria ascellare
Ramo clavicolare
Ramo pettorale
Arteria toracicasuperiore
Arteria toracoacromiale
Arteria toracica laterale
Arteria sottoscapolare
Arteria circonflessadella scapola
Arteria toracodorsale
Ramo acromiale
ARTERIE ASCELLARI E BRACHIALI
Ramo deltoideo
Arteria circonflessaanteriore dell’omero
Arteria ascendenteche termina nell’arteria di Liang
Arteria circonflessa posteriore dell’omero
Arteria brachiale profonda
Arteria collaterale media
Arteria collaterale radiale
A livello del margine inferioredel muscolo grande rotondol’arteria ascellare cambia nomee diventa arteria brachiale
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Tavola 1.17 Apparato locomotore: VOLUME I
18 ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA
ANATOMIA VASCOLARE DELLA SPALLA (Seguito)
Può originare direttamente dall’arteria ascellare oppure dall’arteria
toracoacromiale o dall’arteria sottoscapolare; è spesso costituita
da diversi vasi. In genere (nel 65% dei casi) origina dall’arteria
ascellare, discende lungo il margine laterale del muscolo piccolo
pettorale e manda rami ai muscoli pettorali e al dentato anteriore,
e ai linfonodi ascellari.
La terza divisione dell’arteria ascellare è distale al tendine del
muscolo piccolo pettorale. A questo livello originano tre arterie: le
circonfl esse, anteriore e posteriore, dell’omero e l’arteria sotto-
scapolare. Quest’ultimo, che è il ramo più ampio dell’arteria
ascellare, si divide nei rami circonfl esso scapolare e toraco-
dorsale. L’arteria circonfl essa scapolare, più grande, decorre
posteriormente attraverso lo spazio triangolare, si dirige verso
il dorso della scapola e si ramifi ca nella fossa sottospinata. In
questa sede, vascolarizza i muscoli del dorso della scapola e si
anastomizza con l’arteria scapolare dorsale e i rami terminali
dell’arteria sopra scapolare. Mediante i rami originati nello spazio
triangolare, vascolarizza il muscolo sottoscapolare e i due mu-
scoli rotondi. L’arteria toracodorsale è la principale fonte di va-
scolarizzazione per il muscolo grande dorsale, penetrando nella
Veduta anteriore
ARTERIA ASCELLARE E ANASTOMOSI INTORNO ALLA SCAPOLA
Arteria trasversa del collo
Arteria soprascapolare
Acromion e anastomosiacromiale
Arteria scapolare dorsale
Processo coracoideo
Arteria circonflessaanteriore dell’omero
Ramo ascendentedell’arteriacirconflessadell’omero
Arteria circonflessaposteriore dell’omero
Arteria sottoscapolare
Arteria circonflessadella scapola
Arteria brachiale
Arteria toracodorsaleArteria toracica laterale
Arteria tiroidea inferiore
Arteria cervicale ascendente
Tronco tirocervicaleArteria vertebraleArteria succlavia
Muscolo scaleno anteriore
Arteria toracicainterna
Clavicola(sezionata)
Arteria toracicasuperiore
Arteriatoracoacromiale
Ramo clavicolare
Ramo acromiale
Ramo deltoideo
Ramo pettorale
1, 2 e 3 indicano la prima, la secondae la terza parte dell’arteria ascellare
Muscolo elevatore della scapola
Arteria scapolaredorsale
Muscolosopraspinato(sezionato)
Legamento trasversodella scapolae foramesoprascapolare
Spina della scapola
Muscolo sottospinato(sezionato)
Muscolo piccolo rotondo(sezionato)
Muscolo grande rotondo
Muscolo omoioideo (ventre inferiore)Arteria soprascapolare
Ramo acromiale dell’arteria toracoacromiale
Acromione plesso acromiale
Ramo sottospinatodell’arteriasoprascapolare
Arteria circonflessaposterioredell’omero(nello spazioquadrangolare)e rami ascendentie discendenti
Arteria circonflessa della scapola
Capo laterale
Veduta posteriore
del muscolotricipitebrachialeCapo lungo
1
2
3
sua superfi cie profonda insieme al nervo toracodorsale. Possiede
spesso una branca toracica che sostituisce l’arteria toracica
laterale nella parte inferiore dell’area di distribuzione di questa.
Le due arterie circonfl esse dell’omero si ramifi cano a loro volta.
Il vaso anteriore dà origine a un ramo ascendente che prosegue
fi no a divenire l’arteria arcuata, la quale costituisce la princi-
pale fonte di vascolarizzazione della testa dell’omero. L’arteria
circonfl essa posteriore decorre posteriormente, insieme al nervo
ascellare, attraverso lo spazio quadrangolare. Essa circonda il
collo chirurgico dell’omero e si anastomizza con l’arteria circon-
fl essa anteriore.
L’arteria ascellare diviene l’arteria brachiale quando attraversa il
limite inferiore dell’ascella in corrispondenza del margine inferiore
del muscolo grande rotondo. Entra nel braccio accompagnata da
due vene brachiali, oltre che dai nervi mediano, ulnare e radiale.
Nella posizione normale dell’arto, la vena ascellare è anteriore e
inferiore rispetto all’arteria, ma risale ed è completamente anteriore
all’arteria durante l’abduzione del braccio.
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Tavola 1.18 Spalla
ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 19
Nervo pettorale mediale (C8, T1)
Nervo cutaneo mediale del braccio (T1)
Nervo cutaneo mediale dell’avambraccio (C8, T1)
Nervo sottoscapolare superiore (C5, C6)
Nervo toracodorsale (sottoscapolare medio) (C6, C7, C8)
Nervo sottoscapolare inferiore (C5, C6)
Nervo muscolocutaneo (C5, C6, C7)
Nervo ascellare (C5, C6)
Nervo radiale (C5, C6, C7,C8, T1)
Nervo mediano (C5, C6, C7,C8, T1)
Nervo ulnare (C7, C8, T1)
Contributo da C4(prefissato)
Ramo dorsale
Contributo da T2(postfissato)
Per i muscoli lungo del colloe scaleno (C5, C6, C7, C8)
I nervo intercostale
Nervo toracico lungo (C5, C6, C7)
Nervosoprascapolare(C5, C6)
Per il nervosucclavio (C5, C6)
Nervo pettoralelaterale (C5, C6, C7)
Rami
terminali
3 tronch
i sec
ondari
3 rami d
i divis
ione
anteriore
3 rami d
i divis
ione
posterio
re
3 tronchi
5 radici
(rami ventrali
dei nervi spinali)
Nervo scapolaredorsale (C5)
Per il nervofrenico
Nota: viene mostrata la composizione standard.Il plesso prefissato riceve un ampio contributoda C4, ma perde T1. Il plesso postfissato perde C5,ma ha un contributo di T2
1a costa
Superiore
Medio
Inferiore
Later
ale
Posteriore
Mediale
C5
C6
C7
C8
T1
Contributo incostanteContributo incostante
PLESSO BRACHIALE L’innervazione dell’arto superiore è fornita dai rami del plesso bra-
chiale. Questo ampio complesso di nervi non origina nell’ascella,
benché gran parte delle sue diramazioni e la formazione dei
nervi defi nitivi dell’arto avvengano in questa regione. Anche se le
varianti anatomiche non sono rare, è essenziale capire a fondo la
descrizione classica di questa rete. Il plesso brachiale è formato
dai rami ventrali (radici) di V, VI, VII e VIII nervo cervicale (da
C5 a C8) e da gran parte del I nervo toracico (T1). Piccoli con-
tributi possono derivare dal IV nervo cervicale (C4) e dal II nervo
toracico (T2). Le fi bre simpatiche presenti in ciascuna radice
si aggiungono mentre passano tra i muscoli scaleni. Ciascun
ramo ventrale di C5 e di C6 riceve un ramo comunicante grigio
dal ganglio cervicale medio. Il ganglio cervicotoracico (gangli
cervicale inferiore e primo toracico) fornisce rami grigi alle radici
C7, C8 e T1 del plesso.
I rami ventrali di C5 e C6 si congiungono per formare il tronco
superiore, il ramo di C7 prosegue da solo come tronco medio e
i rami di C8 e T1 formano il tronco inferiore. Ciascun tronco si
divide in un ramo anteriore e un ramo posteriore. Il ramo anteriore
innerva le parti ventrali dell’arto, mentre il ramo posteriore si di-
stribuisce alle parti dorsali. Tutti i rami posteriori si congiungono
per formare la corda posteriore del plesso, i rami anteriori dei
tronchi superiore e medio formano la corda laterale, mentre la
corda mediale è la continuazione del ramo anteriore del tronco
inferiore. Pertanto, la corda posteriore contiene i fasci nervosi
da C5 a T1 diretti alla parte posteriore dell’arto, la corda laterale
è formata dai fasci nervosi da C5 a C7 per la porzione anteriore
dell’arto e nella corda mediale decorrono le componenti nervose
anteriori da C8 a T1. La denominazione delle corde deriva dal loro
rapporto con l’arteria ascellare.
I rami terminali si uniscono ulteriormente per poi espandersi
nei nervi terminali del plesso. Ampie porzioni delle corde laterale
e mediale formano il nervo mediano. Le corde laterale e mediale
rimanenti costituiscono rispettivamente il nervo muscolocutaneo e
il nervo ulnare. La corda posteriore dà origine al nervo ascellare in
corrispondenza del margine inferiore del muscolo sottoscapolare e
la parte restante procede distalmente come nervo radiale. Oltre a
questi rami terminali, dalle radici e dalle corde del plesso emergono
diversi rami, che sono raggruppati in base alla porzione di plesso
da cui originano.
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Tavola 1.19 Apparato locomotore: VOLUME I
20 ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA
NERVI PERIFERICI
I nervi cutanei dell’arto superiore derivano principalmente dal
plesso brachiale, ma i nervi della parte più prossimale della spalla
originano dal plesso cervicale. I nervi sopraclavicolari (C3, C4) di-
vengono superfi ciali in corrispondenza del margine posteriore del
muscolo sternocleidomastoideo, all’interno del triangolo posteriore
del collo. Essi perforano lo strato superfi ciale della fascia cervicale e
il muscolo platisma, irradiandosi in tre direzioni: (1) sopra la clavicola
(nervi sopraclavicolari mediali), (2) verso l’acromion (nervi sopra-
clavicolari intermedi) e (3) sopra la scapola (nervi sopraclavicolari
laterali o posteriori).
Il nervo cutaneo laterale superiore del braccio (C5, C6) è il
ramo collaterale più distale del nervo ascellare. Lasciando il nervo
ascellare, si dirige superfi cialmente intorno al margine posteriore del
terzo inferiore del muscolo deltoide per perforare la fascia brachiale.
La sua distribuzione cutanea corrisponde alla metà inferiore del
muscolo deltoide e capo lungo del tricipite brachiale.
Il nervo cutaneo laterale inferiore del braccio (C5, C6) nasce dal
nervo cutaneo antibrachiale posteriore, appena dopo l’origine di
questo dal nervo radiale. Il nervo cutaneo brachiale laterale inferiore
diviene superfi ciale in linea con il setto intermuscolare laterale poco
sotto l’inserzione del muscolo deltoide. Accompagna la parte inferiore
della vena cefalica e si distribuisce alla superfi cie laterale inferiore e
anteriore del braccio.
Il nervo cutaneo posteriore del braccio (C5-C8) origina all’inter-
no dell’ascella come ramo del nervo radiale. Qui si anastomizza
di solito con il nervo cutaneo mediale del braccio, passa lungo
il lato mediale del capo lungo del muscolo tricipite brachiale e
C2
C3
C6
C5C6
Veduta anteriore
Veduta posteriore
C7
C8
C4
C2
C6
C7
C8
T1
C6
C7
C8
C3
C5
T1
C8
C4C5
T1
Nota: mappa dei dermatomeri (secondo Keegan e Garrett), raffiguraticome segmenti distinti. Tra dermatomeri adiacenti esiste in realtàuna considerevole sovrapposizione
DERMATOMERI DELL’ARTO SUPERIORE
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Tavola 1.20 Spalla
ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 21
NERVI PERIFERICI (Seguito)
quindi perfora la fascia brachiale per distribuirsi al terzo medio
della parte posteriore del braccio, superiormente e posterior-
mente alla distribuzione dei nervi cutaneo brachiale mediale e
intercostobrachiale.
Il nervo cutaneo mediale del braccio (C8, T1) origina dalla corda
mediale del plesso brachiale nell’ascella inferiore. Discende lungo
il lato mediale dell’arteria brachiale fi no alla porzione centrale del
braccio, dove perfora la fascia brachiale e innerva la cute della faccia
posteriore del terzo inferiore del braccio fi no all’olecrano.
Il nervo intercostobrachiale (T2) è la parte più ampia della branca
cutanea laterale del II nervo toracico. Nel secondo spazio interco-
stale, in corrispondenza della linea ascellare, perfora il muscolo
Veduta anteriore (palmare)
Distribuzione sensitiva
DISTRIBUZIONE SENSITIVA E NEUROPATIA NELLA SPALLA
Neuropatia della spalla: nervo toracico lungo
Nervi sopraclavicolari(dal plesso cervicale –C3, C4)
Nervo ascellareNervo cutaneolaterale superioredel braccio (C5, C6)
Nervo radialeNervo cutaneolaterale inferioredel braccio (C5, C6)
Nervo intercosto-brachiale (T2) e nervocutaneo medialedel braccio(C8, T1, T2)
Veduta posteriore (dorsale)
Nervi sopraclavicolari(dal plesso cervicale –C3, C4)
Nervo ascellareNervo cutaneolaterale superioredel braccio (C5, C6)
Nervo radiale
Nervo intercostobrachiale (T2)e nervo cutaneo medialedel braccio (C8, T1, T2)
Muscolo dentato anteriore(aiuta a stabilizzare la scapola)
Nervo toracico lungo
Scapolaalata
Normale
Nervo cutaneo posterioredel braccio (C5, C6, C7, C8)Nervo cutaneo lateraleinferiore del braccioNervo cutaneo posterioredell’avambraccio(C[5], C6, C7, C8)
dentato anteriore per entrare nell’ascella. In questa sede, di solito si
anastomizza con il nervo cutaneo brachiale mediale, quindi perfora
la fascia brachiale appena oltre lo sfondato ascellare posteriore.
La sua distribuzione cutanea avviene lungo le superfi ci mediale e
posteriore del braccio, dall’ascella al gomito.
Un esame neurologico completo della spalla valuta i derma-
tomeri appena menzionati, così come la contrazione coordinata
della muscolatura del cingolo scapolare (T11). Una neuropatia
comune è quella della disfunzione del nervo toracico lungo, che
può essere provocata dalla dissezione dei linfonodi ascellari.
L’esame obiettivo rivela lo spostamento mediale della scapola
quando il braccio è posizionato anteriormente al piano del
corpo, tale spostamento è reso ancora più evidente premendo
contro una parete.
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Tavola 1.21 Apparato locomotore: VOLUME I
22 ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA
FRATTURE DELL’OMERO PROSSIMALE
CLASSIFICAZIONE DI NEER
Le fratture dell’omero prossimale sono comuni e si verifi cano molto
spesso nei pazienti anziani per cadute con la mano estesa.
Il frammento è considerato scomposto quando ha uno spo-
stamento maggiore di 1 cm o un’angolazione superiore a 45°. La
classifi cazione in quattro parti proposta da Neer richiede l’identi-
fi cazione sulle radiografi e iniziali dei quattro frammenti fratturati
principali e dei loro rapporti reciproci: (1) segmento articolare,
(2) grande tuberosità con il muscolo sopraspinato inserito in essa,
(3) piccola tuberosità con il muscolo sottoscapolare inserito in essa e
(4) diafi si omerale. Le fratture possono essere associate a lussazione
del segmento articolare ( testa dell’omero) e in questo caso vengono
classifi cate come “fratture-lussazioni”. Può verifi carsi, ad esempio,
una frattura della grande tuberosità associata a lussazione ante-
riore della testa dell’omero (Tavola 1.21). Questa condizione viene
defi nita “frattura-lussazione a due parti”. Queste lesioni presentano
particolare importanza clinica riguardo sia al tipo di trattamento,
sia al danno tissutale e alla prognosi. In questi casi, la riduzione
incruenta (a cielo chiuso) della testa dell’omero può comportare
la persistenza della scomposizione della grande tuberosità che
necessita di intervento chirurgico per la riduzione della frattura
(si veda Tavola 1.21). Al contrario, se la riduzione incruenta della
testa omerale determina un avvicinamento della grande tuberosità,
l’intervento chirurgico non è necessario e, soprattutto, lussazioni
recidivanti della testa dell’omero dopo la guarigione della frattura
della tuberosità sono rare. Ciò è dovuto al fatto che non si verifi ca
una lacerazione dei legamenti gleno-omerali perché sono la frattura
della grande tuberosità e le lesioni della cuffi a dei rotatori che hanno
consentito la dislocazione e la sua riduzione e guarigione comporta
la guarigione dei legamenti gleno-omerali.
Analogamente, varianti delle fratture dell’omero prossimale com-
prendono lesioni al segmento del capo articolare (Tavola 1.25).
Le lesioni della testa dell’omero costituiscono una variante della
tradizionale classifi cazione in quattro parti. Nella maggior parte dei
casi, è necessario effettuare la sostituzione protesica della testa
dell’omero per trattare sia le sequele a lungo termine della pos-
sibile necrosi avascolare (perdita di vascolarizzazione) della testa
dell’omero, sia l’artrosi post-traumatica derivante da traumi alla
cartilagine articolare.
La classifi cazione di Neer delle fratture dell’omero prossimale
comprende fratture a due, tre e quattro parti. Le fratture a due parti
possono interessare il collo anatomico, il collo chirurgico, la grande
o la piccola tuberosità. Le fratture a tre parti coinvolgono il segmento
della testa dell’omero e la grande o piccola tuberosità. Nelle fratture
a quattro parti, queste sono rappresentate dalle due tuberosità, dalla
testa dell’omero e dalla diafi si omerale. Nelle fratture a quattro parti
con ampia scomposizione, la testa dell’omero è privata della sua
vascolarizzazione e vi è un’elevata incidenza di necrosi avascolare.
La diagnosi, e la conseguente classificazione, delle fratture
dell’omero prossimale è confermata da radiografi e effettuate almeno
su due piani ortogonali (90° di differenza tra l’uno e l’altro) e deve
comprendere una proiezione anteroposteriore e una proiezione
transcapolare a Y della spalla. Se possibile, occorre ottenere anche
una proiezione ascellare modifi cata. In molti casi di frattura acuta,
è diffi cile ottenere una proiezione ascellare a causa del dolore asso-
ciato alla frattura e della diffi coltà di portare il braccio nella posizione
necessaria. La tomografi a computerizzata (TC) con ricostruzione
multiplanare o tridimensionale consente di determinare meglio il
numero di parti e la loro scomposizione. In alcune fratture, ciascuno
dei segmenti principali dell’omero prossimale può presentare più di
una rima di frattura (comminuzione). In questi casi, le fratture sono
distinte secondo la classifi cazione in quattro parti, con l’aggiunta del
termine comminuzione per il segmento interessato. In altre parole,
non sono chiamate fratture a cinque o a sei parti. Le fratture di una
o più parti dell’omero prossimale con una minima scomposizione
di tutti i segmenti interessati sono considerate fratture a una parte,
per indicare che nessun frammento è scomposto o richiede la
riduzione chirurgica. Ad esempio, una frattura isolata della grande
tuberosità senza scomposizione è chiamata “frattura a una parte
della grande tuberosità” o “frattura minimamente scomposta della
grande tuberosità”.
Sopraspinatoe muscoliextrarotatori
CLASSIFICAZIONE DI NEER
Intervallodei rotatori
Colloanatomico
Grandetuberosità
Collochirurgico
Tendinedel capolungodel bicipitebrachiale
Piccolatuberosità
Muscolosottoscapolare
Classificazione di Neer a quattro parti delle fratture dell’omeroprossimale:1. Frammento articolare (testa dell’omero)2. Piccola tuberosità3. Grande tuberosità4. Diafisi. In assenza di scomposizione, la frattura è considerata
stabile (evenienza più comune) e trattata con una minimaimmobilizzazione esterna e mobilizzazione precoce.La scomposizione di 1 cm o l’angolazione di 45°di uno o più frammenti di solito costituisce un’indicazionealla riduzione chirurgica con fissazione internao alla sostituzione protesica
Una frattura scompostadella grande tuberosità vieneriparata chirurgicamentemediante fili fatti passareattraverso la cuffia dei rotatorie fori transossei. Frammenti moltopiccoli possono essere asportatie il tendine sopraspinatoreinserito
12
3
4
Collo anatomico
Collo chirurgico
Grande tuberosità
Piccola tuberosità
Grande tuberosità
Piccola tuberosità
Grandee piccola tuberosità
Classificazione di Neer delle fratture dell’omero prossimale
2 Parti 3 Parti 4 Parti
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Tavola 1.22 Spalla
ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 23
FRATTURE DELL’OMERO PROSSIMALE (Seguito)
FRATTURA A DUE PARTI DELLA GRANDE TUBEROSITÀ
Per defi nizione, come descritto in precedenza, una frattura scompo-
sta della grande tuberosità comporta il coinvolgimento isolato di
quest’ultima con scomposizione di oltre 1 cm. Nell’esempio mo-
strato, la scomposizione è maggiore come si osserva nell’immagine
anteroposteriore, e posteriore come si rileva nella proiezione ascel-
lare. Ciò indica la rottura dei tessuti molli circostanti, in particolare
la rottura di tendini della cuffi a dei rotatori che ha consentito la
scomposizione del frammento. I muscoli sopraspinato, sottospinato
e piccolo rotondo si inseriscono sulla grande tuberosità. Questi
muscoli della cuffi a dei rotatori sono responsabili del sollevamento
e dell’extrarotazione del braccio. Una frattura della grande tuberosità
di grandi dimensioni implica la capacità di questi muscoli di spo-
stare il frammento superiormente e posteriormente. L’intervento
chirurgico è necessario per ricollocare il frammento nella sua sede
in modo da ripristinare la funzione propria della cuffi a ed evitare una
perdita di mobilità per un consolidamento del frammento in cattiva
posizione. Ciò può provocare un attrito (impingement) del frammento
nella controparte posteriore della glenoide quando il braccio viene
extrarotato, o sulla superfi cie inferiore dell’acromion nei movimenti
di sollevamento dell’arto. La scomposizione posteriore determina
altresì l’accorciamento della capsula posteriore, con conseguente
perdita di intrarotazione. Il trattamento delle sequele tardive di un
consolidamento in scomposizione della frattura è molto diffi cile
e spesso esita in un risultato insoddisfacente. Il riconoscimento
tempestivo di queste fratture scomposte è importante per indirizzare
a un intervento chirurgico precoce. Se si ottiene una riduzione
anatomica con fi ssazione stabile, la riabilitazione può portare a una
funzionalità normale della spalla, senza sintomatologia dolorosa.
Per raggiungere questo obiettivo si può ricorrere a diversi tipi di
intervento chirurgico.
Nel caso mostrato, la frattura è stata trattata con riduzione a
cielo aperto e fi ssazione interna con fi li di sutura spessi. Questa
tecnica è ideale nei pazienti più anziani con osteoporosi, in cui
la fi ssazione con viti potrebbe essere diffi cile o impossibile per
la scarsa tenuta dei frammenti ossei. La fi ssazione con punti di
sutura nei tendini della cuffi a dei rotatori è molto più resistente
della fi ssazione limitata ai frammenti ossei ed è migliore anche in
presenza di numerosi piccoli frammenti della grande tuberosità
(si veda Tavola 1.25).
Nel caso di fratture isolate della grande tuberosità in pazienti
con buona qualità ossea, la riduzione minimamente invasiva sotto
visione fl uoroscopica e la fi ssazione con viti può essere un’alterna-
tiva effi cace e meno invasiva rispetto alla riduzione a cielo aperto e
fi ssazione con punti di sutura transossei (Tavola 1.24).
FRATTURA A DUE PARTI DELLA TUBEROSITÀ
Radiografia ascellare (sinistra) e radiografia anteroposteriore (destra) di una frattura a due partidella grande tuberosità (linea tratteggiata), con scomposizione posteriore e laterale
Tecnica di suturaper la fissazionedel frammentodi frattura della grandetuberosità
Riduzione e fissazione interna con sutura per frattura della grande tuberosità o frammenti di questa(linea tratteggiata) evidenziata da una proiezione anteroposteriore (sinistra) e da una proiezioneanteroposteriore in intrarotazione (destra)
Tendinedel sottoscapolare
Tendine del sopraspinato
Fori di sutura
Tendine del capolungo del bicipite
C0005.indd 23C0005.indd 23 12/09/13 10:38 AM12/09/13 10:38 AM
Tavola 1.23 Apparato locomotore: VOLUME I
24 ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA
FRATTURE DELL’OMERO PROSSIMALE (Seguito)
FRATTURA A DUE PARTI DEL COLLO CHIRURGICO E LUSSAZIONE DELLA TESTA DELL’OMERO
Le fratture del collo chirurgico associate a lussazione della te-
sta omerale costituiscono una variante frequente della clas-
sifi cazione a quattro parti delle fratture dell’omero prossimale. La
signifi catività clinica è connessa alla possibile coesistenza sia di
danni alla cartilagine articolare e alla vascolarizzazione della testa
dell’omero, sia di traumi alla glenoide e ai legamenti gleno-omerali.
Ciascuno di questi eventi può determinare sequele cliniche a lungo
termine, quali artrosi post-traumatica, necrosi avascolare della
testa dell’omero, alterazioni artrosiche della glenoide o instabilità
dell’articolazione. Queste possibili complicanze non solo rendono
necessario il trattamento chirurgico per un’adeguata gestione
della lesione, ma devono indirizzare verso un intervento urgente.
È da notare che la difficoltà di diagnosticare la presenza della
lussazione nell’ambito della lesione fratturativa valutata con la
radiografi a anteroposteriore rafforza la necessità di una radiografi a
ascellare e di una TC. Sulla radiografi a anteroposteriore può risultare
altresì diffi cile visualizzare adeguatamente la frattura dell’omero
prossimale. Se vengono eseguite indagini radiologiche inadeguate,
questo tipo di lesioni spesso non viene diagnosticato in ambulatorio
o in Pronto Soccorso. In questi casi non si ricorre all’intervento
chirurgico precoce e talora il paziente non viene neppure operato,
con conseguente risultato anatomo-funzionale molto scadente.
La chirurgia ricostruttiva tardiva per il trattamento delle sequele
del cattivo consolidamento della frattura determina spesso un
miglioramento, ma il risultato non è tanto valido quanto quello di
un trattamento precoce.
Nel caso mostrato, relativo a una persona attiva di mezza età ca-
duta da cavallo, l’intervento chirurgico a cielo aperto per la riduzione
anatomica della frattura e la riduzione della lussazione ha permesso
di utilizzare un limitato numero di mezzi di fi ssazione grazie alla
buona qualità del tessuto osseo e a una riduzione anatomica che
ha consentito un’osteosintesi con compressione interframmentaria
mediante una tecnica tipo lag . La vite distale, per osso corticale,
è stata introdotta nel frammento laterale, con conseguente com-
pressione nella sede della frattura, resa possibile dall’orientamento
della vite, perpendicolare alla linea di frattura. La vite superiore è
una vite da spongiosa con fi lettatura parziale, collocata nell’os-
so spongioso della testa dell’omero. La fi lettatura di questa vite,
più larga di quella da corticale, consente di ottenere la fi ssazione
nell’osso spongioso. La parte liscia della vite da spongiosa consente
alla vite lag di esercitare un’ulteriore compressione nella sede di
frattura. La vite è posizionata di nuovo perpendicolarmente alla linea
di frattura per massimizzare l’effetto compressivo e la stabilità della
frattura mediante l’uso di un impianto con minima invasività, invece
che di una placca di grandi dimensioni (Tavola 1.23).
FRATTURA A DUE PARTI DEL COLLO CHIRURGICOE LUSSAZIONE DELLA TESTA DELL’OMERO
Radiografia ascellare (A) di una frattura-lussazione a due parti. La frattura interessa il collo anatomico e giunge alla diafisi omerale. La testadell’omero è lussata posteriormente. La stessa frattura è mostrata in una radiografia anteroposteriore, in cui si può osservare anche la fossaglenoidea “vuota” (B), e in una TC (C). Riduzione a cielo aperto e fissazione interna con due viti interframmentarie per osso spongiosoe corticale (D ed E). Riduzione anatomica ottenuta con minima fissazione interna. 1 = superficie articolare della testa omerale, 2 = grande tuberositàdell’omero in massima intrarotazione, 3 = glenoide vuota.
1
1
1
2
31
1
A
B
C
D E
C0005.indd 24C0005.indd 24 12/09/13 10:38 AM12/09/13 10:38 AM
Tavola 1.24 Spalla
ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 25
FRATTURE DELL’OMERO PROSSIMALE (Seguito)
FRATTURA A QUATTRO PARTI IMPATTATA IN VALGO
Una frattura a quattro parti impattata in valgo è una variante di una
classica frattura-lussazione a quattro parti, in cui il segmento
della testa dell’omero è completamente separato dagli altri tre
segmenti dell’omero prossimale (grande e piccola tuberosità, e
diafi si omerale). In molte di queste classiche fratture a quattro
parti anche la testa dell’omero è dislocata e non si articola con la
glenoide. Quando la vascolarizzazione della componente articolare
è interrotta (Tavole 1.16 e 1.17) vi è un’elevata incidenza di ne-
crosi avascolare. Nella maggior parte dei casi, queste fratture
si verifi cano nelle persone anziane e la sostituzione della testa
dell’omero con un’endoprotesi (protesi omerale), come mostrato
nella Tavola 1.25, è il trattamento di scelta per la riduzione e la
fissazione delle tuberosità e la sostituzione della componente
articolare avascolare.
La frattura a quattro parti impattata in valgo comporta la rotazione
della testa dell’omero in posizione orizzontale con incastro di essa
tra la grande e la piccola tuberosità che si separano e si allargano
per adattarsi alla penetrazione tra di esse della testa omerale. In
questo tipo di frattura, la superfi cie articolare della testa è orienta-
ta superiormente verso la faccia inferiore dell’acromion. La testa
dell’omero non è in contatto con la glenoide ed è coperta dalle
tuberosità scomposte. In molte di queste fratture, il periostio sul
lato mediale della diafisi omerale, subito al di sotto della testa
dell’omero, rimane intatto e forma un ponte di tessuti molli tra
i due, contribuendo alla stabilità del segmento della testa e alla
sua vascolarizzazione. In questo caso, l’incidenza della necrosi
avascolare è molto minore rispetto a quella che si verifi ca nelle
classiche fratture-lussazioni a quattro parti. I frammenti fratturati
della grande e della piccola tuberosità sono scomposti lateralmente,
ma rimangono uniti alla diafi si omerale per mezzo dell’inserzione dei
tessuti molli intatta. Di conseguenza, la confi gurazione della frattura
è tale che la testa omerale e le tuberosità sono abbastanza ridotte e
stabili. È importante riconoscere questo specifi co tipo di frattura per
poter preservare il segmento della testa dell’omero e, soprattutto,
per non confonderla con una frattura minimamente scomposta da
trattare conservativamente. In presenza del cardine rappresentato
dai tessuti molli mediali che fornisce una certa stabilità al segmento
della testa, si può ricorrere a un metodo poco invasivo di riduzione
e fi ssazione interna della frattura, come mostrato nella Tavola 1.24
in basso. In presenza di una maggiore instabilità, comminuzione dei
segmenti ossei o scarsa qualità dell’osso per osteoporosi, è preferi-
bile un intervento più tradizionale, a cielo aperto, di osteosintesi con
placche, come mostrato nella Tavola 1.24 in alto.
La riduzione a cielo aperto con osteosintesi interna assicura una
fi ssazione più rigida dei frammenti di frattura, ma richiede una pro-
cedura che può essere ampiamente invasiva. Quando si esegue una
riduzione minimamente invasiva con osteosintesi, viene praticata
una piccola incisione (1-2 cm) distalmente alla sede di frattura
e, sotto controllo fl uoroscopico, il segmento della testa omerale
FRATTURA A QUATTRO PARTI IMPATTATA IN VALGO
Riduzione a cielo aperto con fissazione interna impattata in valgo
Radiografia anteroposteriore (A) di una frattura a quattro parti impattata in valgo.Il trattamento della frattura è consistito nella riduzione a cielo apertoe nella fissazione interna mediante placca e viti. Radiografiaanteroposteriore (B) e radiografia ascellare (C) postoperatorie.
Uno strumento è introdotto attraverso una piccola sezione laterale e, sotto guida fluoroscopica,il segmento della testa dell’omero viene ridotto con angolo cervicodiafisario più normale, di circa 135°.Esercitando trazione sul braccio, la grande e la piccola tuberosità sono ridotte mediante tensionamentodei tessuti molli intatti. Il posizionamento percutaneo di due viti cannulate da spongiosa attraversoil frammento fratturato della grande tuberosità completa così la fissazione interna con tecnicheminimamente invasive. Il segmento articolare ha un leggero valgismo di 10-15° rispetto all’angolocervicodiafisario, che è clinicamente accettabile.
1 = superficie articolare della testa dell’omero, 2 = grande tuberosità, 3 = piccola tuberosità,4 = diafisi omerale.
Battitore osseo
2
2
2
22
2
44
4
4
4
4
3
3 3 3
1
11
1
1
1
Metodo percutaneo di riduzione del frammento di frattura della testa omerale
A B CC
C0005.indd 25C0005.indd 25 12/09/13 10:38 AM12/09/13 10:38 AM
Tavola 1.25 Apparato locomotore: VOLUME I
26 ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA
FRATTURE DELL’OMERO PROSSIMALE (Seguito)
viene sollevato in posizione anatomica utilizzando uno strumento
a punta smussa collocato sotto la testa, in modo da farla ruotare e
ridurre il valgismo. Grazie alle inserzioni di tessuti molli in ciascun
frammento, il sollevamento della testa con trazione sul braccio
riallinea facilmente le tuberosità sotto la testa stessa. La fi ssazione
percutanea con fi li di Kirschner o viti assicura una stabilità dei seg-
menti ossei suffi ciente a mantenere la riduzione. La rimozione dei
fi li a 6 settimane dall’intervento consente una guarigione suffi ciente
per l’inizio della riabilitazione. Grazie all’approccio minimamente
invasivo, non si verifi ca un ritardo della riabilitazione in gran parte
dei pazienti, che ottengono una buona mobilità purché i frammenti
di frattura si mantengano in buona posizione.
I pazienti trattati mediante fi ssazione con placche di solito ot-
tengono un’osteosintesi più stabile e, quindi, possono e devono
iniziare gli esercizi di mobilizzazione per la riabilitazione subito dopo
l’intervento chirurgico.
SPACCO DELLA TESTA DELL’OMERO IN UNA CLASSICA FRATTURA- LUSSAZIONE A QUATTRO PARTI
La classica frattura-lussazione a quattro parti può essere associata
ad una frattura che attraversa la superfi cie articolare della testa
dell’omero. Queste fratture si verifi cano di solito per traumi ad ele-
vata energia. La frattura della testa è molto più diffi cile da trattare e
richiede di solito la sostituzione protesica della testa omerale. Inoltre,
in questo tipo di frattura la probabilità di artrosi post-traumatica e
di necrosi avascolare è pressoché certa ed è quindi giustifi cata
l’applicazione di una protesi. Nell’impianto della protesi, lo stelo è
collocato saldamente nella diafi si dell’omero, perlopiù fi ssandolo alle
pareti con cemento osseo. Una delle fasi più diffi cili dell’intervento
chirurgico è quella del posizionamento dello stelo all’altezza e con
la rotazione corrette per riprodurre l’anatomia normale precedente la
frattura. Se eseguito correttamente, tra la testa protesica metallica
e la diafi si ci deve essere uno spazio equivalente a quello presente
prima della frattura, per potervi collocare tutti i frammenti fratturati
della grande e piccola tuberosità, in modo che vengano a trovarsi al
di sotto della testa e al di sopra della diafi si omerale. La fi ssazione di
questi frammenti è facilitata dalla presenza, nello stelo metallico,
di un dispositivo di fi ssazione interna, intorno al quale sono collocati
i frammenti, in adeguata posizione, con la testa dell’omero in sede.
Punti di sutura spessi e non riassorbibili servono ad ancorare le
tuberosità sia alla diafi si, sia alla protesi attraverso il dispositivo di
fi ssazione interna di cui è fornita e a fi ssare i tendini della cuffi a
dei rotatori sia allo stesso dispositivo sia tra loro per coprire com-
pletamente la protesi sottostante. Nonostante il numero di fratture
e frammenti ossei, quando si ottiene una riduzione anatomica con
una buona fi ssazione, l’esito a lungo termine è eccellente.
FRATTURE SCOMPOSTE A QUATTRO PARTI CON FRATTURA ARTICOLARE DELLA TESTA
Radiografie antero-posteriori di una fratturacomplessa a quattroparti con interessamentodella testa.In questa variantedella classica fratturaa quattro parti, la lineadi frattura attraversala testa omerale.Ne consegue una fratturamolto instabile. Questefratture richiedono spessouna protesi omerale
Ricostruzione TC anteroposterioreche mostra la frattura articolaredella testa
Sostituzione della testa con una protesi parziale (endoprotesi). Lo stelo omerale funge da supportoendomidollare di una testa dell’omero di dimensioni anatomiche. Esso serve altresì, come mostrato, per fissarela grande e la piccola tuberosità alla protesi e sintetizzarle tra loro e allo stelo con fili di sutura. In questomodo, entrambe le tuberosità sono ancorate allo stelo, sintetizzate e ridotte anatomicamente al di sottodella testa omerale. Quando si raggiunge questo risultato anatomico, i risultati clinici sono eccellenti in terminidi riduzione del dolore e di recupero funzionale.
Questa frattura, a frammenti multipli, è stata prodottada un trauma ad alta energia per un incidente di sci
Frattura complessa articolare della testa omerale
Grande tuberosità Tendine del capo lungodel bicipite
Grande tuberosità Piccola tuberositàTesta omeraledivisa in due parti
Divisionein due partidella testaomerale
Diafisi omerale
Testa dell’omero
Grandetuberosità
Grandetuberosità
DiafisiDiafisi
Piccolatuberosità
Piccolatuberosità
C0005.indd 26C0005.indd 26 12/09/13 10:38 AM12/09/13 10:38 AM
Tavola 1.26 Spalla
ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 27
LUSSAZIONE ANTERIORE DELL’ARTICOLAZIONE GLENO-OMERALE
Il 95% circa delle lussazioni della spalla è anteriore ed è perlopiù se-
condario a un trauma indiretto. La tipologia più comune di lussazione
anteriore è quella sottocoracoidea, mentre la meno frequente è la
lussazione sottoclavicolare. Le lussazioni anteriori si osservano in
tutte le fasce di età, ma soprattutto negli adolescenti e nei giovani
adulti. Spesso accadono durante eventi sportivi e si verifi cano di
solito per un trauma da contatto o da caduta sul moncone della
spalla, con braccio atteggiato in abduzione ed extrarotazione (brac-
cio posizionato come per lanciare una pallina). È sempre in questa
posizione che vi sono maggiori probabilità di andare incontro a una
lussazione recidivante o avvertire una sensazione di instabilità della
spalla. L’esame obiettivo di un paziente con lussazione anteriore
evidenzia un’abnorme prominenza dell’acromion sotto al quale
la regione deltoidea appare vuota, e una prominenza della testa
dell’omero anteriormente. Il braccio si trova spesso in posizione di
abduzione o di intrarotazione, con perdita dell’extrarotazione pas-
siva. Poiché il nervo ascellare decorre, nella regione dell’ascella, in
immediata vicinanza della porzione anteroinferiore della capsula
articolare dell’articolazione della spalla, una lussazione anteriore
traumatica può spesso causare una lesione da trazione del nervo.
Questa determina una ridotta sensibilità cutanea nella regione del
deltoide e nella parte sottostante dell’area laterale del braccio e
un defi cit motorio del muscolo. Inoltre, il nervo muscolocutaneo
è collocato 5-7 cm distalmente all’apice della coracoide e può
essere lesionato per compressione o trazione con conseguente
diminuzione della sensibilità nel margine radiale dell’avambraccio,
nonché una riduzione della forza fl essione del gomito.
La riduzione incruenta (a cielo chiuso) della lussazione della
spalla viene effettuata perlopiù nel posto in cui si è verifi cata la
dislocazione, se è disponibile una persona competente, o in Pronto
Soccorso. Le lussazioni verifi catesi per la prima volta sono spesso
le più diffi cili da ridurre. Più è rapida la riduzione della lussazione,
minori sono le probabilità di danni alla cartilagine dell’articolazione,
alla parte posteriore della testa dell’omero (lesione di Hill-Sachs) o al
nervo ascellare e/o muscolocutaneo. Con tutti i metodi di riduzione
incruenta, il rilasciamento del paziente e dei muscoli circostanti
la spalla e la trazione assiale sono elementi che contribuiscono al
successo della riduzione. Minore è la manipolazione rotazionale,
minori sono le probabilità che si creino ulteriori traumi durante la
riduzione. Un comune metodo di riduzione è la manovra di Stimson.
Al paziente, posto in posizione prona, viene somministrato un seda-
tivo o un analgesico. Il braccio viene collocato delicatamente oltre il
bordo del lettino e si applica trazione manualmente o mediante un
peso statico, come mostrato nella Tavola 1.26. Nella maggior parte
dei casi, quando il paziente si rilassa la testa dell’omero esce dalla
regione sottocoracoidea e rientra nella cavità glenoide.
Valutazionedella sensibilità nelle areedei nervi ascellare (1)e muscolocutaneo (2)
Lussazione sottoglenoidea Lussazione sottoclavicolare(non comune). In casi moltorari, la testa dell’omero penetratra le coste, realizzando unadislocazione intratoracica.
Acromion prominente
Spalla appiattita
Testa dell’omeroprominenteBraccioin leggeraabduzione
Gomitoflesso
Avambracciointraruotato,sostenutodall’altra mano
Aspetto clinico
1
2
Lussazione sottocoracoidea(tipo più comune)
Radiografia anteroposterioreLussazione sottocoracoidea.
Manovra di StimsonPaziente adagiato sul tavolo in posizione prona con l’arto colpito che penzola liberamente oltre il bordo; al polso è attaccato un peso di 5-7 kg. La trazione graduale risolve la contrattura muscolare e, nella maggior parte dei casi, consente la riduzione in 20-25 minuti.
C0005.indd 27C0005.indd 27 12/09/13 10:38 AM12/09/13 10:38 AM
Tavola 1.27 Apparato locomotore: VOLUME I
28 ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA
LUSSAZIONE ANTERIORE DELL’ARTICOLAZIONE GLENO-OMERALE: LESIONI ANATOMOPATOLOGICHE
Nella lussazione traumatica anteriore della spalla si osserva comune-
mente una lesione di Bankart, ossia una disinserzione dei legamenti
gleno-omerali e un distacco del cercine glenoideo nella regione
anteroinferiore. Nella maggior parte dei casi di lussazione recidivante
anteriore, in cui vi è un’indicazione chirurgica si esegue l’intervento
di Bankart, in cui il cercine glenoideo, con i legamenti gleno-omerali,
sono reinseriti lungo il margine anteriore e inferiore della glenoide.
Se vi è una frattura acuta del bordo glenoideo anteriore in una prima
lussazione è possibile fi ssare il frammento osseo alla glenoide e
reinserire il cercine glenoideo con i legamenti a esso adesi. Lo
stesso, seppure raramente, può essere fatto in presenza di un
frammento di frattura inveterata per una lussazione recidivante.
Tuttavia, quando vi è un ampio defi cit osseo del bordo anteriore della
glenoide, in assenza di un frammento osseo che può essere ridotto
e fi ssato, è preferibile ricorrere all’uso di un innesto osseo. Sono
disponibili, a questo scopo, numerosi tipi di intervento chirurgico.
La metodica più diffusa si basa sull’utilizzo del processo coracoideo
e delle strutture muscolotendinee a esso inserite (capo breve del
bicipite brachiale e coracobrachiale). La coracoide, previamente
sagomata, viene posta sul processo glenoideo al margine della
cavità glenoide a livello del difetto osseo anteroinferiore e fi ssata
al processo glenoideo con delle viti. Questa procedura (Bristow-
Latarjet) consente sia il ripristino della perdita ossea della glenoide,
sia una stabilizzazione dinamica grazie all’effetto fasciante dei tendini
e dei muscoli coracoidei. Le procedure di stabilizzazione descritte,
soprattutto le prime, possono essere eseguite a cielo aperto o
con tecnica artroscopica. In molti casi vi è anche una frattura da
impatto, di dimensioni variabili, nella parte posterosuperiore della
testa dell’omero, denominata lesione di Hill-Sachs . Le fratture da
impatto conseguenti alla lussazione anteriore si verifi cano quando
l’osso spongioso (più fragile) della testa dell’omero urta contro l’osso
corticale compatto (più resistente) del bordo glenoideo anteriore.
Possono essere ampie e talvolta sono trattate mediante posizio-
namento di un alloinnesto osseo a riempire la lesione della testa
omerale o mediante sostituzione protesica parziale in questo difetto.
Un’alternativa è la fi ssazione di tendini della cuffi a dei rotatori e di
tessuto capsulare nella sede della lesione ossea.
TC che mostra lesioni di Hill-Sachsnella parte superiore della testa dell’omero
Lesione di Bankart Lesione capsulare
Lesione di Hill-Sachs
LESIONI DI BANKART, DI HILL-SACHS E CAPSULARE
Testa omerale
GlenoideGlenoide
Testaomerale
Testadell’omero
Capsulaantero-inferiore
Capsulaantero-inferiorereinseritasul bordoglenoideo(riparazionedi Bankart)
Lesione di Hill-Sachs
Fasi di formazione della lesione di Hill-Sachs
Lussazione anteriore.Il bordo anterioredella glenoide provocauna depressione della parteposterolaterale della testa omerale
La lussazione anteriorecontinua; la depressionedella testa dell’omerosi allarga
Dopo la riduzione.Il difetto persiste, causandoun’instabilità che predisponea lussazione recidivante
Sezione attraverso l’articolazione gleno-omerale normale
Tendine del capo lungodel bicipite brachiale
Piccola tuberositàTesta dell’omero
Cavità glenoide
Muscolo sottoscapolare
Muscolo sottospinato
Incisura normale
Grande tuberosità
C0005.indd 28C0005.indd 28 12/09/13 10:38 AM12/09/13 10:38 AM
Tavola 1.28 Spalla
ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 29
LUSSAZIONE POSTERIORE DELL’ARTICOLAZIONE GLENO-OMERALE
Le lussazioni posteriori rappresentano il 5% circa delle lussazioni
della spalla. Nella maggior parte dei casi, l’instabilità posteriore è
traumatica. Analogamente alla lussazione anteriore, anche quel-
la posteriore può essere atraumatica. Una causa atraumatica è
più frequente nell’instabilità posteriore. Questo tipo di instabilità
atraumatica consiste spesso nella sublussazione recidivante o
nel semplice spostamento parziale della testa omerale che dà al
paziente una sensazione di ipermobilità istantanea, dolorosa. L’in-
stabilità è dovuta a lassità legamentosa generalizzata, a ipoplasia
glenoidea congenita con conseguente defi cit osseo della glenoide
posteroinferiore, come mostrato nella Tavola 1.28, o a squilibrio
muscolare, spesso osservato in presenza di scapola alata o di
movimento scapolare anomalo.
La sublussazione con instabilità posteriore atraumatica non è di
solito associata a un difetto o a una lesione della capsula posteriore
o del cercine glenoideo. La lussazione completa della spalla con
la testa dell’omero collocata posteriormente al bordo glenoideo
è associata generalmente a lacerazione della capsula posteriore
e a distacco della parte posteriore del cercine glenoideo, come
avviene per la lussazione anteriore (ad es. lesione di Bankart). La
lussazione posteriore traumatica può essere una deformità fi ssa
che richiede la riduzione da parte di un medico. In questi casi, si
può riscontrare una lesione di Hill-Sachs inversa sulla parte ante-
riore della testa omerale che si verifi ca con lo stesso meccanismo
delle lesioni di Hill-Sachs posteriori, di più comune osservazione. A
differenza della lussazione anteriore, quella posteriore spesso non
viene diagnosticata sulla radiografi a anteroposteriore standard della
spalla, come si osserva nella Tavola 1.28. La lussazione posteriore
è visualizzata molto più facilmente con la proiezione transcapolare
laterale (o vera anteroposteriore della spalla) o con quella ascellare.
Per questo motivo, quando si valuta un paziente che ha subito una
lesione traumatica, è fondamentale includere almeno due di queste
proiezioni radiografi che, se non tutte e tre.
La lussazione posteriore traumatica è più comune in pazienti con
patologie convulsive maggiori. Uno sviluppo difettoso della glenoide
(ipoplasia) si verifi ca in pazienti con anomalie della cartilagine di
accrescimento della glenoide; le porzioni posteriore e inferiore
dell’osso sono meno sviluppate, il che determina una glenoide
ipoplasica.
La riduzione incruenta della lussazione posteriore segue gli stessi
principi della riduzione incruenta della lussazione anteriore. La
trazione longitudinale assiale del braccio e il rilassamento muscolare
sono importanti per una riduzione incruenta non traumatica. Una
pressione sulla parte posteriore della testa dell’omero può aiutare
a ridurre la lussazione, se le prime due parti della procedura non
hanno avuto successo.
Riduzione a cielo aperto. Tendinedel sottoscapolare o piccolatuberosità con tendine trapiantatonel difetto
Lussazione(sottoacromiale)posteriore
Vedutaantero-superiore
Vedutalaterale
Radiografia antero-posteriore. È difficiledeterminare se la testadell’omero si troviall’interno della cavitàglenoide oppure se siaanteriore o posteriore a essa
Radiografia laterale (raggioparallelo al piano del corpodella scapola). Si osservachiaramente che la testadell’omero è posteriorealla cavità glenoide
Vera proiezione ascellare. Anche in questo casola testa dell’omero è posteriorealla cavità glenoide
Piccola tuberosità
GlenoideTestadell’omero
Lesionedi Hill-Sachs“inversa”
Muscolosottoscapolare
Grandetuberosità
Sezione attraverso l’articolazionegleno-omerale normale
Cavità glenoide
Muscolosottospinato Lussazione posteriore. Il bordo posteriore
della cavità glenoide causa una depressionesulla parte anteromediale della testadell’omero (lesione di Hill-Sachs inversa)
Riduzione incruenta. Trazioneverso il basso applicataall’omero associata a pressionein avanti e in basso sulla testadell’omero per ridurla nellacavità glenoide. L’extrarotazioneforzata deve essere evitata,poiché può causare la fratturadella testa o della diafisi
Riduzione incruenta. Difettopersistente, instabilità e tendenzaa lussazione recidivante
Radiografia anteroposteriore che mostraun’assenza della porzione posteroinferioredella glenoide per difetto di sviluppo di essa.Si tratta di una “glenoide ipoplasica”, che puòessere associata a instabilità posteriore
La TC mostra una retroversione della glenoidedi circa 50° in un paziente con glenoide ipoplasica
C0005.indd 29C0005.indd 29 12/09/13 10:38 AM12/09/13 10:38 AM
Tavola 1.29 Apparato locomotore: VOLUME I
30 ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA
LUSSAZIONI ACROMIOCLAVICOLARE E STERNOCLAVICOLARE
Le lussazioni acromioclavicolari (AC) sono frequenti lesioni trau-
matiche causate da cadute sulla parte superiore della spalla. Si
osservano spesso in occasione di pratiche calcistiche (calcio,
football americano) o per cadute dalla bicicletta o da cavallo sul
moncone della spalla. La lussazione AC si suddivide in sei tipi diversi
a seconda dell’entità del danno ai tessuti molli e dell’orientamento
dell’estremità acromiale della clavicola:
Grado I: distorsione dei legamenti capsulari AC.
Grado II: rottura completa dei legamenti capsulari AC e stiramento
dei legamenti coracoclavicolari.
Grado III: rottura completa dei legamenti AC e dei legamenti
coracoclavicolari con conseguente instabilità della clavicola.
La parte distale di essa appare spostata in alto, ma a un’analisi
più attenta delle radiografi e o all’esame obiettivo si può os-
servare che le clavicole si trovano alla stessa altezza e che la
scapola e la testa dell’omero sono spostate distalmente per
la gravità e il peso del braccio.
Grado IV: lesioni dei legamenti di grado III, ma con rottura della
fascia del trapezio, che determina quindi una lussazione po-
steriore dell’estremità acromiale della clavicola attraverso il
muscolo trapezio. Questo tipo di lesione si osserva meglio
sulla proiezione radiografi ca ascellare e all’esame obiettivo.
Grado V: lussazione con danno più esteso dei tessuti molli. Oltre
alle lesioni dei legamenti AC e coracoclavicolari, vi è una
rottura completa della fascia del deltoide e del trapezio con
scomposizione molto marcata tra la clavicola e la scapola, pari
a due o tre volte la larghezza della parte distale della clavicola.
Grado VI: rare lesioni derivanti dalla rottura completa dei le-
gamenti e dallo spostamento dell’estremità acromiale della
clavicola sotto la coracoide.
Le lussazioni di grado I e II e la maggior parte delle lesioni di
grado III sono trattate conservativamente. Le lesioni di grado IV,
V e VI, di norma, sono trattate mediante ricostruzione chirur-
gica dei legamenti e riposizionamento della clavicola a livello
dell’acromion. In alcuni pazienti con lesione di grado III che
presentano sintomatologia dolorosa o astenia persistenti o ese-
guono lavori fi sicamente impegnativi si esegue la ricostruzione dei
legamenti AC e la riparazione, con varie tecniche, dei legamenti
coracoclavicolari.
La lussazione sternoclavicolare anteriore è spesso il risultato di
traumi ad alta energia diretti sulla regione anteriore della spalla. La
rottura dei legamenti sternoclavicolare e costoclavicolare determina
una lussazione anteriore completa dell’articolazione sternoclavicolare.
In molti casi, ciò determina una deformità grave e una tumefazione si-
gnifi cativa. In molti di questi casi non è possibile ottenere e mantenere
la riduzione incruenta della lussazione. Queste lesioni sono spesso
trattate in modo conservativo, in quanto molti di questi pazienti, so-
prattutto quelli con fasci legamentosi inferiori integri hanno disturbi
molto modesti. In presenza di dolore residuo e limitazioni funzionali
signifi cative si può effettuare, in casi selezionati, la riduzione e la
ricostruzione dei legamenti in fase cronica. La lussazione posteriore
dell’articolazione sternoclavicolare è una lesione traumatica più grave,
in quanto vi possono essere lesioni o compressione delle strutture
neurovascolari retrostanti. In questi casi, si esegue la riduzione in-
cruenta in anestesia generale. Talvolta possono rendersi necessarie
la riduzione a cielo aperto e la ricostruzione dei legamenti. Nella
maggior parte degli individui, la cartilagine di accrescimento in corri-
spondenza dell’estremità sternale della clavicola non si chiude prima
dei 20 anni. Nei pazienti più giovani, quindi, il trauma determina spes-
so una frattura a livello della cartilagine di accrescimento (distacco
epifi sario). In questi casi, la cartilagine di accrescimento guarisce
come una frattura, i legamenti non si lacerano e la clavicola dopo la
guarigione non presenta instabilità. Sebbene possa essere presente
una deformità, questi pazienti sono perlopiù asintomatici.
Lesione all’articolazione acromioclavicolare.Di solito è causata da una caduta sulla partelaterale della spalla con conseguente abbassamentodell’acromion (separazione della spalla)
Il paziente avrà dolore al di sopradell’articolazione AC
Dolenzia
Grado I Grado II Grado III
Grado IV Grado V Grado VI
Lussazione posteriore dell’articolazione sterno-clavicolare. Può trattarsi di una lesione graveper i possibili danni alla trachea o ai vasi. Siala lussazione posteriore, sia quella anteriore di solitopossono essere ridotte manualmente o per mezzodi un forcipe, sotto anestesia
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Tavola 1.30 Spalla
ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 31
FRATTURE DELLA CLAVICOLA E DELLA SCAPOLA
FRATTURE DELLA CLAVICOLA
Le fratture del terzo distale della clavicola sono classifi cate come
quelle che interessano la porzione più laterale della clavicola. Una
frattura di tipo I interessa la clavicola distalmente ai legamenti
coracoclavicolari e non presenta una scomposizione signifi cativa.
Le fratture di tipo II coinvolgono il terzo distale della clavicola
nella regione dei legamenti coracoclavicolari. Queste fratture sono
spesso scomposte in relazione alla sede della frattura rispetto
ai legamenti coracoclavicolari. Le fratture situate medialmen-
te ai legamenti hanno un frammento fratturato laterale stabile,
mentre quelle situate lateralmente con rottura dei legamenti
coracoclavicolari presentano una scomposizione del moncone
clavicolare. Le fratture di tipo III comportano una contusione o
compressione della parte più distale della frattura a livello della
superfi cie articolare. Le fratture di tipo I sono spesso trattate con-
servativamente. Lo stesso vale per le fratture di tipo II con mode-
sta scomposizione mentre quelle con scomposizione signifi cativa
richiedono spesso un’osteosintesi associata a ricostruzione dei
legamenti coracoclavicolari mediante sutura diretta o sostituzione
protesica dei legamenti con strisce di materiale non riassorbibile.
Le fratture di tipo III sono spesso trattate in modo conservativo, ma
in molti casi ne consegue un’artrosi post-traumatica.
Le fratture medioclavicolari interessano il segmento del terzo
medio. Sono molto frequenti in tutte le fasce di età e rappresentano
una delle fratture più comuni dell’intero scheletro. In molti casi,
queste fratture possono essere trattate in modo conservativo.
Il trattamento chirurgico precoce è indicato esclusivamente in
presenza di comminuzione signifi cativa o di marcata scomposizio-
ne della frattura. Nelle fratture gravemente scomposte, possono
verifi carsi una viziosa consolidazione, una pseudoartrosi o una
compromissione importante delle strutture neurovascolari situate
al di sotto della clavicola. Nei casi in cui è appropriato il trattamento
conservativo, l’utilizzo di un tutore o di bretelle a 8 costituisce un
metodo effi cace per mantenere la spalla a riposo e in posizione
adeguata. Il tutore a 8 mantiene la spalla in una posizione di retra-
zione della scapola e aiuta a mantenere fermi i frammenti di frattura
e ad allontanarli per favorire la loro riduzione. La guarigione della
frattura con e, soprattutto senza, fi ssazione interna può determinare
la formazione di un callo esuberante con deformità residua della
clavicola. Deformità minori si rimodellano spesso nel corso del
tempo, fi no al raggiungimento di un aspetto accettabile del profi lo
della spalla.
FRATTURE DELLA CLAVICOLA NEL BAMBINO
Le fratture della clavicola sono tra le lesioni fratturative più fre-
quenti dell’età infantile e possono essere causate sia da un trauma
diretto sulla clavicola, sia da un trauma indiretto per una caduta
sul braccio esteso. Nel bambino la clavicola presenta un grande
potenziale di guarigione e, anche in presenza di comminuzione
Fratture del terzo laterale della clavicola
FRATTURE DELLA CLAVICOLA
Tipo I. Frattura senza rottura dei legamentie, pertanto, senza sposta-mento del frammento fratturato. Trattatacon semplice tutoreper poche settimane
Tipo IIA. Frattura mediale ai legamenti. Entrambi i legamenti sono intatti
Tipo IIB. Fratturatra i legamenti;il conoide è lacerato,il trapezoide è intatto. Il frammento mediale può sollevarsi
Tipo III. Frattura attraverso l’articolazione acromio-clavicolare; nessuna scomposizione. Spessonon viene diagnosticatae, successivamente,può causare artrosi dolorosache richiede un’artroplastica di resezione
Tipo IIB
Frattura della clavicola nel bambinoFrattura scompostadel terzo mediodella clavicola destracon accavallamentodei due capi ossei
Corpo clavicolare
Coracoide
Frammento lateraledella clavicola fratturato
In genere causata da una caduta sullamano estesa, in cui la forza è trasmessaalla clavicola attraverso la spalla
Frattura immobilizzata per 3-4 settimane con tutore morbidodisponibile in commercio, fornito di bretelle incrociate a 8
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Tavola 1.31 Apparato locomotore: VOLUME I
32 ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA
FRATTURE DELLA CLAVICOLA E DELLA SCAPOLA (Seguito)
o deformità, queste fratture guariscono e si rimodellano meglio
rispetto allo stesso tipo di frattura nell’adulto. La maggior parte
dei bambini con una frattura clavicolare senza lesioni della cute o
lesioni neurovascolari può essere trattata con successo in modo
conservativo. L’utilizzo del tutore a 8 mantiene in buona posizione la
frattura e ne consente la guarigione. Con questo tipo di frattura non
si ottiene un’effettiva immobilizzazione dei frammenti di frattura e
la gestione del dolore consiste principalmente nella diminuzione
del livello di attività fi sica e nell’assunzione di analgesici. In età
pediatrica, una suffi ciente riduzione della mobilità dei frammenti
fratturati si verifi ca tra 4 e 6 settimane dalla lesione.
La consolidazione della frattura impiega un tempo considerevol-
mente maggiore e, quindi, di solito, questi pazienti devono evitare
di partecipare ad attività sportive per 3 mesi e a qualsiasi sport di
contatto per 4-6 mesi.
FRATTURE DELLA SCAPOLA
Le fratture della scapola derivano spesso da traumi ad alta energia
sulla gabbia toracica. Non raramente possono essere associate
ad altre lesioni viscerali o toraciche, quali le fratture delle coste.
Possono verifi carsi anche fratture del bordo glenoideo per interes-
samento traumatico della spalla. Le fratture anteriori del bordo
glenoideo derivano spesso da una lussazione anteriore, mentre
quelle posteriori da una lussazione posteriore della spalla. In questi
casi, l’intervento chirurgico precoce deve essere eseguito per la
riduzione del frammento e la fi ssazione interna, quando quest’ultimo
è di grandi dimensioni e scomposto. Nel caso di piccoli frammenti
isolati, si può ricorrere alla chirurgia artroscopica.
Le fratture acromiali derivano spesso da traumi diretti sulla
parte superiore della spalla. È possibile che si rilevi un frammento
di osso non fuso al resto dell’acromion, espressione di un centro di
ossifi cazione dell’acromion rimasto isolato, che può avere l’aspetto
di una frattura, ma non è correlato al trauma. Questo frammento,
frequentemente associato a patologia cronica della cuffi a dei rotatori
è il cosiddetto “os acromiale”. Queste anomalie di accrescimento
sono mostrate nella Tavola 1.39.
I frammenti fratturati possono comprendere diverse porzioni
del corpo della scapola. Le fratture del corpo o del collo che non
sono scomposte o che sono solo moderatamente scomposte
molto spesso sono trattate con misure conservative. I frammenti
fratturati che interessano la superfi cie articolare della glenoide con
scomposizione sono spesso trattati chirurgicamente, in particolare
quelli associati a una dislocazione anteriore o posteriore della spalla.
Questi frammenti fratturati sono spesso causa di un’instabilità
persistente della spalla. Fratture scomposte della fossa glenoidea
possono altresì provocare un’artrosi post-traumatica signifi cativa.
Frattura del terzo medio della clavicola (tipo più comune). Frammento mediale dislocato superiormente per trazione del muscolo stenocleidomastoideo; frammento laterale spostato inferiormente per il peso della spalla. Queste fratture si verificano spessoin età pediatrica
Radiografia anteroposteriore. Frattura del terzo medio della clavicola.
Frattura del terzo medio della clavicola, trattata nel modo migliore con tutore a 8 o con bretelle ortopedicheper clavicola. Il tutore o le bretelle devono essere strettidi tanto in tanto, perché non si allentino
Frattura della clavicola guarita. Anche con un trattamento adeguato, può residuare una modesta prominenza
Fratture della scapola
Corpo
Collo
Collo più pilone laterale
Cavità glenoide
Processo coracoideo
Spina Acromion
FRATTURE DELLA CLAVICOLA E DELLA SCAPOLA
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Tavola 1.32 Spalla
ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 33
Tendinite e borsite cronica con deposito calcificonel tendine e minima infiammazione. I depositi cronici nonsi rompono spontaneamente, ma possono essere riassorbiti
La chirurgia artroscopica consentedi visualizzare e localizzare il depositocalcifico all’interno del tessuto tendineodella cuffia dei rotatori
Il deposito può rompersi spontaneamentenella borsa ed essere riassorbito, con scomparsadel dolore e dell’infiammazione acuta
Il deposito calcifico può rompersispontaneamente sotto il pavimentodella borsa, con conseguente riduzionedel dolore e dell’infiammazione
AcromionBorsa sottodeltoidea
Muscolodeltoide
Tendine del muscolo sopraspinato
CapsulaScapola
L’abduzione del braccio provoca un attrito cronicotra grande tuberosità dell’omero e acromion,con conseguente degenerazione e infiammazionedel tendine sopraspinato, infiammazionesecondaria della borsa e dolore nell’abduzionedel braccio. La formazione di un deposito calcificonel tendine degenerato produce una protuberanzadel tendine che aggrava ulteriormente l’infiammazionee il dolore
Nella tendinite acuta, la rottura del deposito con un ago allevia rapidamente i sintomi acuti. Dopo la somministrazionedi un anestetico locale, viene inserito un ago nell’area più dolorosa. Possono essere necessari diversi tentativi per raggiungereil deposito. Questa procedura deve essere eseguita sotto guida ecografica. Il deposito, di consistenza pastosa, può fuoriuscire dall’ago. Spesso si effettua l’irrigazionedella borsa con soluzione fisiologica mediante due aghi per rimuovere una maggiore quantità di materiale calcifico. Può essere iniettatoun corticosteroide per dare ulteriore sollievo
TENDINITE CALCIFICA
I depositi di calcio nei tendini della cuffi a dei rotatori compaiono se-
condariamente a uno stato ipossico all’interno del tessuto tendineo
degenerato. Nella fase di formazione del deposito, si manifestano
pochi sintomi. Durante la fase di riassorbimento, nei tessuti si inne-
sca una risposta infi ammatoria acuta associata a intenso dolore,
aumento della temperatura tissutale e, talvolta, arrossamento e
tumefazione locale. Nella fase acuta di riassorbimento, il quadro
clinico può sembrare compatibile con un’infezione.
La fase acuta può essere trattata con iniezioni locali di cortisone
nella borsa sottoacromiale e la somministrazione orale di farmaci
antinfi ammatori. In fase cronica, in presenza di dolore persistente,
refrattario al trattamento conservativo, si può eseguire un lavaggio-
aspirazione del calcio della lesione sotto guida ecografi ca.
Il quadro clinico delle calcifi cazioni della cuffi a dei rotatori è
variabile. In alcuni casi il deposito di calcio viene riscontrato ac-
cidentalmente sulle radiografi e, in pazienti con una storia clinica
negativa per sintomatologia alla spalla o solo un’anamnesi remota
di dolore alla spalla possibilmente associabile alla calcifi cazione. In
alcuni pazienti un episodio acuto di dolore e infi ammazione è as-
sociato al riassorbimento del deposito, con risoluzione dei sintomi.
Altri pazienti hanno episodi ricorrenti di dolore acuto e intenso alla
spalla associati a intervalli di benessere; altri ancora presentano
dolore cronico continuo da lieve a moderato con alcuni episodi di
dolore marcato. Nella maggior parte dei casi si tratta di pazienti
con numerosi episodi di dolore intenso o con sintomi cronici, che
non rispondono al trattamento conservativo e nei quali è indicata
la rimozione del deposito di calcio.
La chirurgia artroscopica consente di visualizzare e di localizzare
il deposito calcifico all’interno del tessuto tendineo della cuffia
dei rotatori. Sotto visualizzazione diretta, la lesione può essere
rimossa interamente con uno strumento motorizzato (sinoviotomo).
All’intervento chirurgico il deposito di calcio appare sotto forma di
una protuberanza all’interno del tendine, spesso circondato da vasi
sanguigni dilatati. I reperti operatori e il quadro clinico sono variabili.
Nella maggior parte dei casi che richiedono l’intervento chirurgico,
quando il deposito di calcio è aperto, fuoriesce da esso una grande
quantità di detriti di calcio sotto forma di granuli sotto pressione
dall’interno del tessuto tendineo. In una fase successiva, dopo
l’apertura del deposito il materiale presente ha più una consistenza
pastosa. La rimozione del deposito può provocare un difetto di tes-
suto nel contesto del tendine. Se il difetto è di grandi dimensioni,
può essere opportuno riparare, in artroscopia, la cavità che residua
nel tendine mediante punti di sutura passati attraverso i lembi della
lesione. Altre tecniche utilizzate per la rimozione dei depositi di calcio
nella cuffi a dei rotatori comprendono l’uso di ultrasuoni a bassa o
alta energia (onde d’urto) e l’aspirazione con ago sotto controllo
fl uoroscopico. L’intervento chirurgico a cielo aperto viene eseguito
raramente, in quanto le attuali tecniche minimamente invasive sono
altrettanto effi caci e presentano una morbilità minore.
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Tavola 1.33 Apparato locomotore: VOLUME I
34 ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA
Aderenzedella capsulaperifericaalla cartilaginearticolaredistale
Capo lungo delbicipite all’internodel solco bicipitale
Ampiezzaridotta dellacapsula inferiore
Le aderenzeobliteranoil recessoascellaredella capsula
Sezione coronale della spalla in cui vengono mostrate le aderenzetra la capsula e la parte periferica della testa dell’omero
Reperti intra-articolari di sinovite e riduzione di ampiezzadella capsula e release (sezione) capsulare (frecce) effettuatocon chirurgia artroscopica
Mobilità passiva e attiva della spalladestra notevolmente limitate. L’abduzioneè dovuta principalmente al movimentoscapolotoracico. I movimentidella spalla sono ridotti in tuttii piani e provocano dolorequando si raggiunge il massimodel movimento consentito
L’ispezione posteriore rivelaatrofia da disuso dei muscoliscapolare e deltoide. Le lineetratteggiate, che indicanola posizione della spina dellascapola e dell’asse dell’omerodi ciascun lato, mostranouna riduzione da lieve a moltomarcata dell’articolaritàgleno-omerale
Artrogramma anteroposteriore dellaspalla normale (in basso). Sono visibililo sfondato ascellare e la guaina deltendine bicipitale. Il volume capsulareè nella norma. Artrogramma antero-posteriore di spalla congelata (in alto).La capacità articolare è ridotta. Non siapprezzano lo sfondato ascellaree la guaina del tendine bicipitale
QUADRO CLINICO DELLA SPALLA CONGELATA
SPALLA CONGELATA (CAPSULITE ADESIVA)
La patologia clinica e anatomica della spalla congelata (detta anche
spalla rigida o capsulite adesiva) deriva da una sinovite infi ammato-
ria acuta seguita da una fi brosi dei tessuti molli intracapsulari, con
conseguente contrattura della capsula. Sono state rilevate analogie
tra la spalla congelata e la malattia di Dupuytren della fascia palmare
della mano. Quest’ultima è stata associata a presenza, nel tessuto
fi broso, di miofi broblasti, cellule che possono essere riscontrate
anche nella capsula della spalla in caso di spalla congelata. La
spalla congelata è osservata spesso in associazione a diabete o
disturbi della tiroide. I pazienti con queste patologie sistemiche
associate presentano spesso una rigidità della spalla più grave e
più facilmente refrattaria ai trattamenti. In questi pazienti, la fase di
recupero è più lunga e il tasso di recidiva e il numero di fallimenti
del trattamento sono maggiori sia con la terapia conservativa, sia
con quella chirurgica.
Un contributo è dato dalla terapia intra-articolare con un cor-
ticosteroide, in particolare nel trattamento delle fasi precoci della
malattia in cui vi è infi ammazione acuta della sinovia. Quando
la malattia progredisce e passa alla seconda fase con un grado
maggiore di fi brosi e poche alterazioni infi ammatorie, le infi ltrazioni
di corticosteroidi sembrano avere un effetto terapeutico minore. Il
trattamento conservativo si concentra sulla mobilizzazione passiva
della spalla, che deve interessare tutte le porzioni della capsula
e tutti gli archi di movimento, comprendendo esercizi di fl essione
anteriore, abduzione, intrarotazione ed extrarotazione. In molti
casi la mobilizzazione causa un dolore signifi cativo e, per questo,
il programma di esercizi deve essere eseguito con delicatezza, ma
con frequenza quotidiana. Sono preferibili i programmi di esercizi
praticabili a domicilio, stabiliti da un fi sioterapista. Gli esercizi di
stretching della fase I e della fase II sono mostrati in seguito, nella
sezione relativa alla riabilitazione. A domicilio, gli esercizi devono
essere eseguiti ogni giorno e frequentemente per brevi periodi di
tempo. In genere, ogni sessione deve comprendere cinque tipi di
esercizi di allungamento selezionati tra quelli mostrati in seguito,
nella sezione della riabilitazione, ciascuno della durata di 2 minuti,
per un totale di 10 minuti di esercizi, a intervalli regolari, almeno
cinque volte al giorno. Seguendo con costanza questo programma,
accompagnato da una buona terapia antalgica, in genere si assiste
a un miglioramento signifi cativo dopo 6-8 settimane. Una volta che
il dolore è diminuito e la mobilità ha raggiunto l’80% circa rispetto
alla norma, si può aggiungere un programma di potenziamento,
ridurre la frequenza del programma di stretching e aumentare la
durata di ogni sessione a 15-20 minuti per tre volte al giorno.
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Tavola 1.34 Spalla
ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 35
SPALLA CONGELATA (CAPSULITE ADESIVA)(Seguito)
Grado di rotazionein posizione seduta
Il grado di rotazionealla flessionepassiva normalmenteè una combinazionedi movimentoscapolaree gleno-omerale
Immobilizzazionecon apparecchio gessatoo tutore dopo interventochirurgico o trauma
Problemi alla tiroide
Diabete
Riposo prolungato a letto
Grado di rotazione nella flessione passiva effettuatadall’operatore, isolando il movimento gleno-omerale.Si può valutare che il massimo di elevazione è dovutointeramente alla mobilità scapolotoracica muovendoil braccio mentre si palpa l’angolo inferiore della scapola
Una mano sulla scapola elimina il movimentoscapolare nel sollevamento del braccio
Grado di rotazionein posizione supinainferiore rispettoalla spalla opposta:ciò indica perditadella mobilità passiva
Stessa rotazione in posizioneseduta e supina
Braccio interessatoBraccio normale
Perdita dell’extrarotazione passiva
Flessione passiva dell’arto
Fattori di rischioFATTORI DI RISCHIO E TEST PER LA SPALLA CONGELATA
In una piccola percentuale di pazienti con sintomi clinici refrattari
associati a perdita signifi cativa dei movimenti passivi, il trattamento
chirurgico può essere molto effi cace. La spalla congelata idiopatica
(capsulite adesiva) risponde bene sia al trattamento conservativo sia
a quello chirurgico. La sezione artroscopica della capsula articolare
in tutte le sue porzioni costituisce un trattamento effi cace per rila-
sciare il tessuto contratto, facilitare il movimento e consentire la
riabilitazione postoperatoria. La terapia antalgica postoperatoria
deve prendere in considerazione i blocchi regionali. Come in tutti
i tipi di trattamento, questa terapia è importante e consente un
programma di riabilitazione postoperatoria effi cace.
L’esame della spalla congelata dimostra perdita della mobilità
passiva dell’articolazione; la posizione migliore per la valutazione è
quella supina, come mostrato nella Tavola 1.34 . Quando l’operatore
cerca di sollevare ulteriormente il braccio, la sua mano percepisce
perdita della mobilità gleno-omerale, e le fasi fi nali del sollevamento
sono interamente dovute al movimento toracoscapolare. Inoltre,
la perdita dell’extrarotazione può essere valutata in posizione sia
supina sia seduta, come mostrato nella Tavola 1.34 . Il movimento
deve essere esaminato sia per la mobilità passiva, sia per quella
attiva. La perdita della mobilità attiva nel contesto di un movimento
passivo normale è spesso dovuta a ipotonia muscolare, secondaria
a prolungata mancanza di funzione della cuffi a dei rotatori e degli
altri muscoli della spalla ( Tavole 1.38, 1.40 e 1.43 ).
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Tavola 1.35 Apparato locomotore: VOLUME I
36 ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA
BICIPITE, ROTTURE TENDINEE E LESIONI SLAP
La classica deformità “Popeye” del bicipite è dovuta a rottura del
tendine del capo lungo del bicipite (tendine bicipitale) a livello del
solco bicipitale. In caso di retrazione del tendine distalmente, il
muscolo si accorcia causando un “accorciamento” del suo ventre.
Si tratta di una patologia comune, spesso associata a rottura della
cuffi a dei rotatori o alla sindrome da attrito ( Tavola 1.41 ). In molti
casi, la persistenza di sintomi alla spalla dopo la rottura del tendine
bicipitale è correlata alla patologia della cuffi a dei rotatori piuttosto
che alla lacerazione del tendine del bicipite. Se i sintomi persistono
dopo la rottura del tendine bicipitale, è opportuno valutare la cuffi a
dei rotatori mediante risonanza magnetica (RM) o ecografi a. In
alcuni pazienti, benché non di frequente, la lacerazione isolata
del capo lungo del bicipite può determinare dolore o crampi al
bicipite nella flessione forzata del gomito o nella supinazione
dell’avambraccio, funzioni espletate entrambe dal bicipite. Le
rotture isolate del capo lungo del bicipite sono perlopiù asinto-
matiche, dopo i primi giorni o settimane di fastidio locale. Pertanto
la maggior parte di esse non necessita di riparazione chirurgica, in
particolare nei pazienti di età avanzata o più sedentari. In alcuni casi
la lacerazione acuta isolata in pazienti giovani e attivi deve essere
presa in considerazione per la riparazione chirurgica. All’intervento,
l’estremità lacerata del tendine del capo lungo del bicipite viene
suturata all’interno del solco bicipitale usando un’ancora intro-
dotta nell’osso, con i cui fi li di sutura si afferra e traziona in alto
il tendine. In alternativa, il tendine può essere suturato ai tessuti
molli locali, quali il tendine del grande pettorale o il capo breve del
bicipite. Questa procedura è defi nita “tenodesi del bicipite” e può
essere effettuata in artroscopia quando il tendine è distaccato
Rottura del tendine del capo lungo del bicipite destroevidenziata dalla flessione attiva del gomito
Rotturaprossimaledel tendinebicipitale
1. Sollevamento anteriore contro resistenza con il braccionel piano sagittale, perpendicolare al piano del corpo,sollevato di 90° e completamente intrarotato. Per risultare positivo,il paziente deve avvertire dolore nella regione anterioredella spalla alla pressione verso il basso sul braccio.
3. Per completare l’esame, il braccio viene valutato contro resistenzain intrarotazione completa e sollevato di 90° sul piano della scapola(posizione del test di Jobe). Se in questa posizione il doloreè notevolmente minore rispetto alla prima posizione, si ha una confermache esso non deriva dalla parte superiore della cuffia dei rotatori(ossia dal sopraspinato), ma dalle sedi di inserzione del tendine bicipitale,del cercine superiore o del tendine del sottoscapolare.
2. Il dolore scompare o diminuiscese si extrarota il braccio, mantenendocomunque la posizione di flessione.
Segno di O’Brien in tre parti
BICIPITE, ROTTURE DEL TENDINE E LESIONI SLAP: PRESENTAZIONE ED ESAME OBIETTIVO
dall’inserzione ossea, nei casi in cui la procedura artroscopica è
effettuata per una lesione SLAP (distacco del cercine glenoideo
dalla parte anteriore a quella posteriore) e all’intervento si trova
una lesione del tendine bicipitale. Quando si esegue una teno-
desi per il trattamento di una rottura acuta, la riparazione viene
effettuata più spesso mediante intervento chirurgico a cielo aperto
attraverso una piccola incisione deltopettorale o subpettorale.
Nei casi in cui si riscontra una condizione patologica del tendine
bicipitale (rottura parziale, avanzata degenerazione) nel suo de-
corso intra-articolare oppure della parte superiore del cercine
glenoideo con coinvolgimento del tendine bicipitale, questo viene
tagliato a livello della doccia bicipitale, e non fi ssato all’osso,
lasciando che si retragga distalmente. La stessa procedura viene
effettuata in presenza di marcate alterazioni del tendine associate
a una patologia della cuffi a dei rotatori in un paziente anziano e
con attività sedentaria. Sebbene la sezione del tendine bicipitale
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Tavola 1.36 Spalla
ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 37
BICIPITE, ROTTURE TENDINEE E LESIONI SLAP(Seguito)
Tipo Ispesso associato al normaleprocesso di invecchiamento
Tipo II rottura e distaccodell’inserzionedel capo lungodel bicipite
Tipo III rottura del cercinesuperiore senzacoinvolgimentodel capo lungodel bicipite
Tipo IV rottura del cercinee del tendine bicipitale
Immagine artroscopica del tipo III. Interessamentodel cercine superiore e del tendine del bicipite,ma con coinvolgimento meno grave del tessutotendineo del bicipite, mentre è interessatal’inserzione del tendine
Immagine artroscopica del tipo IV. Coinvolgimentodel cercine superiore insieme al tendine bicipitale
BICIPITE, ROTTURA DEL TENDINE E LESIONI SLAP: TIPI DI ROTTURA
determini una deformità “Popeye”, questa non causa disturbi e
il dolore che prima dell’operazione era dovuto alle alterazioni del
tendine scompare.
Il tendine del bicipite si inserisce sul cercine superiore anterior-
mente e posteriormente. Le lesioni SLAP ( Superior Labrum Anterior
Posterior ) di tipo I sono comuni e spesso legate al normale processo
di invecchiamento, pertanto sono di rado realmente patologiche
e associate a sintomi signifi cativi. Analogamente, le lesioni di tipo
II osservate tipicamente nella popolazione di età avanzata sono
spesso asintomatiche. Le lesioni SLAP di tipo II possono essere
sintomatiche quando sono acute e traumatiche. Si osservano spes-
so dopo una caduta sul braccio esteso o per microtraumi reiterati
in atleti che praticano sport che comportano movimenti a braccio
abdotto ed extrarotato (come per lanciare una palla) e possono
richiedere la riparazione chirurgica.
Le lesioni di tipo III comportano una lacerazione a manico di
secchio del cercine superiore con sintomi meccanici senza coinvol-
gimento del tendine del bicipite; esse possono richiedere un tratta-
mento chirurgico di rimozione della porzione del cercine distaccata.
Le lesioni SLAP di tipo IV interessano sia il cercine superiore sia
il tendine del capo lungo del bicipite. Sono spesso sintomatiche
e in genere vengono trattate mediante rimozione del tessuto del
cercine e tenodesi del bicipite. In alternativa, il tendine del bicipite
e la lesione SLAP possono essere riparati se la qualità del tendine
è buona e la lesione è relativamente piccola. Tipologie più rare di
lesione SLAP sono associate a lacerazioni che si estendono nel
cercine anteroinferiore (lesioni di Bankart del cercine) e a instabilità
gleno-omerale. In questi casi entrambe le lesioni, se sintomatiche,
vengono riparate al momento dell’intervento chirurgico, di norma
con tecniche artroscopiche.
La diagnosi delle lesioni SLAP viene effettuata mediante diverse
manovre, tra cui quella di O’Brien. Questa consiste in una serie di
tre manovre, come mostrato e descritto nella Tavola 1.35 . Il test è
positivo per una lesione SLAP quando causa dolore nella regione
anteriore della spalla nella fl essione del braccio contro resistenza.
Il dolore diminuisce o scompare nella extrarotazione del braccio o
se questo è intrarotato, ma posto nel piano della scapola.
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Tavola 1.37 Apparato locomotore: VOLUME I
38 ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA
Immagine artroscopica dello spaziosottoacromiale in prossimitàdell’articolazione AC primadella rimozione dei tessuti mollidell’articolazione AC
Dopo l’utilizzo di una fresae di un sinoviotomo, si creauno spazio (freccia) di circa 1 cm tral’estremità della clavicola e la porzionemediale dell’acromion
Quando sintomatica, l’articolazione ACcausa dolore nella parte superioredella spalla. Anche infilarsi una magliettao portare la mano verso la spalla opposta(lavarsi, toccarla) causano dolore
ArticolazioneAC
Acromionnormale
Acromion
Chirurgia artroscopica per il trattamento delle artropatie AC
Estremitàdella clavicolacon cartilaginearticolaredegenerata
Acromion
Clavicola
Clavicola
Veduta dell’estremità acromiale della clavicola dopola rimozione dei tessuti molli a livello della facciainferiore dell’articolazione. Vi sono significativealterazioni degenerative dell’articolazione
ARTROPATIE DELL’ARTICOLAZIONE ACROMIOCLAVICOLARE
L’articolazione AC si forma come articolazione di tipo sinoviale tra
l’estremità acromiale della clavicola e l’acromion. Può divenire
artrosica, come può accadere per tutte le altre articolazioni. Quando
è sintomatica, l’artrosi di questa articolazione provoca dolore nella
regione superiore della spalla. Talvolta il dolore si irradia nell’area
del trapezio ed è spesso maggiore all’intrarotazione, ad esempio
quando si porta il braccio dietro la schiena. L’artrosi AC viene spesso
diagnosticata mediante esami di imaging, tra cui la radiografi a an-
tero-posteriore e la RM della spalla. Può apparire come una lesione
isolata o essere associata a patologie della cuffi a dei rotatori o altre
patologie sottoacromiali. È considerata clinicamente signifi cativa
se le manovre provocative del dolore sono positive. La diagnosi
clinica di artrosi dell’articolazione AC viene posta in presenza di
osteofi ti marginali acromiali e/o clavicolari o a presenza di cisti nei
capi articolari.
L’infi ltrazione di un anestetico locale nell’articolazione AC allevia
temporaneamente il dolore causato dalla palpazione o dai test
provocativi e aiuta a stabilire se l’articolazione è l’unica respon-
sabile del dolore alla spalla o ne è un fattore signifi cativo. Bisogna
considerare che molti pazienti presentano alterazioni artrosiche
sulle radiografi e e nelle immagini di RM, ma non hanno sintomi cli-
nicamente signifi cativi che richiedano trattamenti. È da sottolineare,
inoltre, che i sintomi e i reperti obiettivi di dolore per una patologia
dell’articolazione AC sono molto simili a quelli di una patologia della
cuffi a dei rotatori e che le due condizioni possono coesistere. Se un
dolore clinicamente signifi cativo causato dall’articolazione AC non è
riconosciuto come un problema distinto da patologie concomitanti
delle strutture sottoacromiali, persisterà un dolore residuo dopo
l’eventuale trattamento adeguato delle altre patologie. Quindi, in
presenza di dubbi sul ruolo dell’articolazione AC, un corretto esame
obiettivo e l’infi ltrazione di anestetico sono importanti per una dia-
gnosi completa della patologia.
Il dolore all’articolazione AC dovuto ad artrosi o altre patologie
locali (infi ammatorie, osteonecrotiche) può essere spesso trattato con
farmaci antifl ogistici, modifi cazione delle attività fi siche e, talvolta,
infi ltrazioni cortisoniche nell’articolazione AC ( Tavola 1.54 ). Quando
i sintomi restano persistenti e signifi cativi per lungo tempo, può
essere indicato resecare l’estremità acromiale della clavicola in
artroscopia. Questo trattamento è defi nito resezione artroplastica ed
è di solito risolutivo della sintomatologia. La tecnica chirurgica artro-
scopica consiste nell’asportare i legamenti AC, senza ledere quelli
coracoclavicolari e nell’asportare circa 1 cm dell’estremità acromiale
della clavicola. Poiché i veri stabilizzatori di questa sono i legamenti
coracoclavicolari, la clavicola conserva la sua stabilità.
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Tavola 1.38 Spalla
ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 39
SINDROME DA ATTRITO E CUFFIA DEI ROTATORI
I reperti associati a patologie che interessano la cuffi a dei rotatori
comprendono dolorabilità alla pressione sulla cuffi a dei rotatori, segni
di attrito (o confl itto) positivi e ipotonia della cuffi a dei rotatori dimo-
strata da lag sign per l’intrarotazione e l’extrarotazione. Tutti questi
reperti sono dimostrati nelle Tavole 1.38, 1.40 e 1.43 .
I test di Hawkins e di Neer sono comunemente defi niti “test di
di attrito (o confl itto)”, poiché sono spesso positivi in presenza di
infi ammazione, degenerazione o rottura delle componenti superiore
e posteriore della cuffi a dei rotatori. Il dolore provocato da questi
test all’esame obiettivo deriva da compressione per contatto o
da stiramento indotto su queste componenti della cuffi a dal pas-
saggio della testa dell’omero sotto l’arco coracoacromiale oppure
dal contatto con il bordo glenoideo. In alcuni casi questi test sono
ambigui, ossia non è chiaro all’operatore se il dolore causato da
essi abbia origine da una condizione patologica dello spazio sottoa-
cromiale (ad es. borsite, rottura parziale della cuffi a dei rotatori o
rottura completa). In questi casi, l’operatore può eseguire il test
dopo l’infi ltrazione di 10 mL di un anestetico locale (lidocaina o
altro anestetico) nello spazio sottoacromiale in condizioni di sterilità.
Il metodo di infi ltrazione è mostrato in seguito, nella parte relativa
alle tecniche di infi ltrazione. Parecchi minuti dopo l’infi ltrazione,
Palpazione dello spazio sottoacromiale.Spesso si suscita più facilmente doloresulla grande tuberosità se il braccio vieneintrarotato dietro il tronco
Il test per la rottura parziale o completadella cuffia è rappresentato dall’incapacitàdi mantenere l’abduzione a 90° contro lieveresistenza, spesso dovuta a minor forzacausata dal dolore. Per rotture più ampie,questo test dimostra una reale mancanzadi forza
Test di attrito di Hawkins. Il braccioè posto in intrarotazione passiva completae in abduzione da 90° nel piano della scapola
Test di attrito di Neer. Flessionepassiva completa dell’arto nel piano sagittale.In questa manovra il dolore è provocatonella parte superiore e laterale della spalla
SINDROME DA ATTRITO E CUFFIA DEI ROTATORI: PRESENTAZIONE E DIAGNOSI
l’operatore ripete i test, che vengono considerati positivi se vi è una
riduzione signifi cativa del dolore prodotto da queste manovre prima
dell’infi ltrazione (di solito miglioramento dal 50 al 100%).
L’acromion, la coracoide e il legamento acromioclavicolare for-
mano l’arco coracoacromiale. In molti casi, un dolore cronico alla
spalla è causato da una ristrettezza dello spazio sottoacromiale o
dello spazio sottocoracoideo. Lo spazio sottoacromiale è lo spazio
tra la superfi cie inferiore dell’acromion e la cuffi a dei rotatori, spazio
occupato da una borsa sierosa (borsa sottoacromiale). Questo spazio
può essere ristretto da prominenze ossee che si formano al di sotto
dell’acromion per ossifi cazione del legamento coracoacromiale o
da una prominenza ossea del bordo antero-laterale dell’acromion.
Queste alterazioni possono causare irritazione meccanica della
borsa sottoacromiale e della cuffi a dei rotatori sottostante. Non è
noto se esse si formino prima e poi causino irritazione meccanica
della cuffi a dei rotatori, determinandone rotture parziali o a tutto
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Tavola 1.39 Apparato locomotore: VOLUME I
40 ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA
SINDROME DA ATTRITO E CUFFIA DEI ROTATORI(Seguito)
Immagine artroscopica che mostra la faccia inferioredell’acromion con rimozione parziale della prominenzapresente sulla porzione laterale dell’osso
RM sagittale e coronale di una parte di acromion non fusa(freccia) (il meso “os acromiale” è il tipo più comune)
Immagine artroscopica di un “meso os acromiale” Immagine artroscopica della rimozionedella porzione anteriore dell’acromion (frecce)in un paziente di età avanzata e poco attivo.La riduzione a cielo aperto e la fissazioneinterna possono essere preferibili in un pazientepiù giovane e più attivo
Acromionmedialefresatoche presentauna promi-nenza ossea
Acromionlateralefresato
Acromioncomple-tamentefresatoe levigatodopo rimozionedella promi-nenza ossea
SINDROME DA ATTRITO E CUFFIA DEI ROTATORI: IMAGING RADIOLOGICO E ARTROSCOPICO
Immagine artroscopica che mostra il completamentodell’acromioplastica, con l’acromion resototalmente liscio e piatto
spessore, o se le lesioni provochino ipotonia della cuffi a dei rotatori,
con conseguenti alterazioni dell’acromion. In entrambi i casi, esse
possono contribuire al dolore associato all’impingement.
L’attrito sottoacromiale e i sintomi a esso correlati possono
derivare anche dalla mancata fusione dei centri di ossifi cazione
dell’acromion nei primi anni della vita adulta, con conseguente
presenza di una malformazione denominata “os acromiale”.
Questa condizione può comportare più elevate probabilità di rottura
della cuffi a dei rotatori. Inoltre, la rottura può essere spesso ampia
e può verifi carsi in età più giovanile rispetto alle rotture dovute
tipicamente a una degenerazione tendinea. La forma più comune di
“os acromiale” consiste nella mancata fusione della metà anteriore
con quella posteriore dell’acromion, con conseguente formazione
della condizione defi nita “meso os acromiale”. Queste anomalie
acromiali, che peraltro possono essere asintomatiche, non devono
essere scambiate per una frattura recente acuta o una pseudoar-
trosi dell’acromion. In alcuni casi è visibile, sulla radiografi a, una
linea radiotrasparente corrispondente al tessuto fi broso che divide
il corpo dell’acromion dalla porzione rimasta separata, che peraltro
non è di solito mobile. Nel 60% circa dei casi l’anomalia è bilaterale.
Poiché l’“os acromiale” è spesso inclinato verso il basso, esso può
essere responsabile di un attrito cronico con la cuffi a e causarne
la rottura. La radiografi a ascellare, la TC e la RM consentono di
visualizzare nel modo migliore l’“os acromiale”. La rimozione ar-
troscopica di esso è riservata di solito ai soggetti meno attivi. Più
spesso il trattamento consiste nella riduzione a cielo aperto e nella
fi ssazione interna con viti, o talvolta con fi lo metallico, nei soggetti
che effettuano attività fi siche o lavori pesanti, o che partecipano a
determinate attività sportive.
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Tavola 1.40 Spalla
ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 41
Segno del sollevamento. Estesa rottura della cuffia sinistra. Per effettuare l’abduzione, il muscolo trapezio si contrae fortemente, ma traziona solo la scapola verso l’alto (freccia). Questa condizione deve essere distinta dalla spalla congelata (Tavola 1.33), in cui sia la mobilità attiva sia quella passiva sono nettamente ridotte
Lag sign. Rotture più ampie determinano perdita di varia entità della flessione e dell’extrarotazione attiva
Una volta rilasciato,il braccio cadein basso,dimostrandoun’ipovaliditàdegli extrarotatoridella cuffia(sottospinatoe piccolo rotondo)
L’operatore posiziona il braccio del pazientein modo da ottenere l’extrarotazione passivacompleta, distinguendo così una rottura della cuffiadalla spalla congelata (si veda Tavola 1.33)
Perditadellaflessionedel braccio
Perditadell’extraro-tazione
Rottura della cuffia dei rotatori a sinistra
ROTTURE DELLA CUFFIA DEI ROTATORI: ESAME OBIETTIVO
I tendini della cuffi a dei rotatori circondano la testa dell’omero e
contribuiscono in misura determinante ai movimenti dell’omero e
alla forza di essi. Insieme al muscolo deltoide consentono il solleva-
mento dell’arto. La presenza di rotture ampie della cuffi a dei rotatori
comporta l’incapacità parziale o completa di sollevare l’arto e una
conseguente ipotrofi a muscolare. Spesso si provoca dolore e si
avvertono crepitii sottoacromiali nei movimenti rotatori del braccio.
Il defi cit di extrarotazione è dimostrato dal cosiddetto lag sign e
indica l’insuffi cienza funzionale dei tendini del sopraspinato e del
sottospinato e, talvolta, del tendine del piccolo rotondo. Le rotture
che interessano questi tendini possono comportare la positività del
lag sign per l’extrarotazione. L’entità del defi cit è rivelata dal grado di
caduta del braccio in intrarotazione dalla posizione di extrarotazione
passiva completa ed è correlata alle dimensioni della rottura e al
numero di tendini interessati. La stessa incapacità di extrarotazione,
peraltro, si può verifi care per lesioni nervose ( Tavola 1.51 ). I muscoli
sopraspinato e sottospinato sono innervati dal nervo soprascapolare.
In presenza di lesioni di questo nervo, spesso dovute a compres-
sione a livello dell’incisura soprascapolare o dell’incisura spino-
glenoidea ( si veda Tavola 1.51 ), i muscoli sono ipovalidi e il modo
migliore per valutare il defi cit funzionale è saggiare la resistenza
all’extrarotazione o ricorrere al lag sign per l’extrarotazione.
Rotture ampie o massive della cuffi a dei rotatori, che interessano
due o più tendini, determinano di solito diffi coltà o impossibilità a
sollevare il braccio o tenerlo sollevato contro una resistenza mode-
rata. Il segno del sollevamento è defi nito come l’incapacità di alzare
il braccio associata a un’elevazione compensatoria della scapola.
In alcuni casi, l’incapacità di alzare il braccio non è associata al
sollevamento della scapola. Questa condizione può assomigliare alla
paralisi della spalla, ma poiché i nervi sono integri, la si defi nisce
pseudoparalisi . L’incapacità di elevazione del braccio è associata di
solito a risalita della testa omerale al di sotto dell’arco coracoacro-
miale e prominenza in avanti della testa stessa ( Tavola 1.48 ). Questi
segni di perdita della fl essione attiva del braccio si riscontrano
all’esame obiettivo associati a defi cit di forza della cuffi a dei rotatori
e sono dovuti a patologie di differenti parti della cuffi a o di altre
strutture della spalla, quale l’arco coracoacromiale. In presenza di
una rottura massiva, o tanto grande da essere defi nita irreparabile,
l’incapacità di elevare e l’atrofi a dei muscoli della cuffi a è associata
a una mobilità passiva completa o quasi completa del braccio e
spesso non vi è dolore signifi cativo. In alcuni casi di lacerazioni
ampie o massive, il paziente può essere in grado di effettuare un
sollevamento attivo completo del braccio, ma ha una forza ridotta,
come può essere dimostrato dall’incapacità di mantenere l’arto
sollevato a 90° contro una resistenza lieve o moderata opposta
dalla mano dell’operatore. Lesioni più piccole, soprattutto quelle in
cui il dolore non è intenso, possono consentire una mobilità attiva
completa e non causare un marcato defi cit di forza. Una mobilità
completa e una forza normale non escludono la presenza di una
rottura a tutto spessore quando l’ampiezza della lesione non supera
1-2 cm. D’altro canto, pazienti con lacerazioni di piccole dimensioni
possono avere una ridotta forza nel movimento di extrarotazione
quando questo viene effettuato con braccio addossato al tronco
e gomito fl esso o ricorrendo al lag sign. Quando i reperti obiettivi
riguardo alla forza sono dubbi a causa del dolore alla spalla per la
rottura tendinea o la borsite sottoacromiale o per la rigidità dell’ar-
ticolazione, può essere indicata un’infi ltrazione di anestetico locale
nell’articolazione e/o nello spazio sottoacromiale. Con la riduzione
del dolore si può valutare meglio la forza muscolare e determinare
la sede della patologia e l’origine stessa del dolore (se dalla colonna
cervicale o da altra sede non correlata alla spalla).
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Tavola 1.41 Apparato locomotore: VOLUME I
42 ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA
Sequenza RM coronale obliqua pesata in T1 (sinistra)che mostra un aumento del segnale nella porzione distaledel tendine sopraspinato e un ulteriore aumento del segnale(area bianca) nella sequenza con soppressione del grasso (destra)
La sequenza T1 sagittale obliquaevidenzia una significativa atrofiadel ventre del muscolo sopraspinatoe un discreto aumento di tessutoadiposo all’interno del muscolo,dimostrato da aree con segnale aumentato
La comunicazione tra l’articolazionedella spalla e la borsa sottoacromialenell’artrogramma è patognomonicadi una rottura della cuffia
Tendinedel muscolosopraspinato
Muscolosopraspi-nato
Sededi inserzionetendineasulla grandetuberosità
Mezzo di contrasto sottoacromialeTendine della cuffia dei rotatori
Mezzo di contrasto nell’articolazione gleno-omerale
Tendinedel capolungo delbicipite
Muscolo piccolo rotondo (nessuna atrofia muscolare)
Muscolo sottospinato
Muscolopiccolorotondo
Muscolosotto-spinato
Muscolo sottoscapolare
Muscolosottosca-polare
Muscolo sopraspinato normale che riempie l’intera fossasopraspinata (a differenza della rottura cronicamostrata sopra)
Mezzodi contrasto
Sequenza RM coronale del sopraspinato con rotturae retrazione del tendine fino a metà della testa omerale.È presente un significativo versamento articolareche evidenzia il difetto tendineo. In questo caso il tessutomuscolare è molto sano in quanto si tratta di una rotturaacuta presente da meno di 6 settimane e non vi èatrofia muscolare
Sequenza RM sagittale che mostra un muscolo molto grandee biconvesso e un segnale omogeneo in tutti i muscolidella cuffia dei rotatori (sopraspinato e sottospinato,sottoscapolare e piccolo rotondo)
IMAGING DELLE ROTTURE DEI TENDINI DEL SOPRASPINATO E DEL SOTTOSPINATO
IMAGING DELLE ROTTURE DEI TENDINI DEL SOPRASPINATO E DEL SOTTOSPINATO
I tendini della cuffi a dei rotatori si inseriscono sulla piccola tuberosità
(sottoscapolare) o sulla grande tuberosità (sopraspinato, sottospi-
nato e piccolo rotondo) dell’omero. Tra le due tuberosità è presente
il solco bicipitale, nel quale decorre il tendine del capo lungo del
bicipite ( Tavola 1.4 ).
Le rotture dei tendini della cuffi a possono essere parziali o a tutto
spessore. Le prime interessano uno strato superfi ciale del tendine,
ma non tutto lo spessore di esso. Le seconde sono estese a tutto
lo spessore del tendine.
Oltre che in base allo spessore, le dimensioni della rottura sono
defi nite in base all’estensione in larghezza della lesione dei ten-
dini interessati (ad es. sopraspinato, sottospinato). In presenza di
un’ampia rottura, spesso con coinvolgimento di più di un tendine, si
verifi ca una retrazione del tendine/i dalla sua/loro sede di inserzione.
Quando la lesione di un tendine si è verifi cata da lungo tempo, il
relativo muscolo va incontro ad atrofi a e sostituzione del tessuto
muscolare con tessuto adiposo. Queste alterazioni sono spesso
visibili alle immagini RM e costituiscono fattori prognostici importanti
riguardo alla possibilità di riparazione del tendine o al recupero della
forza muscolare. Le rotture molto grandi (massive) determinano una
perdita della fl essione anteriore e dell’extrarotazione attive, che può
persistere anche dopo la riparazione se il muscolo è notevolmente
atrofi zzato.
Gli esami di imaging della cuffi a dei rotatori comprendono l’eco-
grafi a, la RM e la TC. L’ecografi a è una metodica semplice, con buon
rapporto costo-effi cacia per la diagnosi di rotture parziali o a tutto
spessore della cuffi a. La metodica, che deve essere eseguita da un
radiologo esperto, è più effi cace se accompagnata dalla valutazione
dinamica e dalla registrazione delle immagini.
In molti centri sanitari non è stata raggiunta la stessa esperienza
nell’uso degli ultrasuoni rispetto a quella acquisita nell’artro-TC o
nell’artro-RM, o nella RM con enhancement mediante contrasto per
via endovenosa. L’artrografi a con contrasto viene eseguita mediante
iniezione di mezzo di contrasto nell’articolazione gleno-omerale. In
presenza di una rottura a tutto spessore della cuffi a, il mezzo di
contrasto fuoriesce dall’articolazione attraverso la lesione e penetra
nello spazio sottoacromiale dove è visibile sulle radiografi e, nelle
scansioni TC o nelle immagini RM. Le radiografi e forniscono una
visione bidimensionale della spalla ma, se ottenute su molteplici
piani, possono consentire una valutazione migliore delle patologie
della spalla; nella gran parte dei casi, tuttavia, non offrono infor-
mazioni signifi cative nelle rotture della cuffi a. Maggiori informazioni
si possono ottenere con le scansioni a strato sottile della TC, ma
anche questa non consente una valutazione precisa della lesione,
anche se permette di apprezzare il grado di atrofi a e sostituzione
adiposa dei muscoli. L’indagine correntemente usata per la diagnosi
di rottura è la RM, che può fornire informazioni su presenza, sede
e dimensioni della rottura, e sul grado di retrazione tendinea e
alterazioni muscolari associate alla lesione.
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Tavola 1.42 Spalla
ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 43
Muscolo sottospinato
Tendine bicipitale
Omero
Muscolo sottoscapolare
Tipi di lacerazione
Chirurgia a cielo aperto per rottura dei tendini della cuffia dei rotatori
Chirurgia artroscopica per rottura dei tendini della cuffia dei rotatori
Muscolo sopraspinato
Rottura acuta (vista dall’alto). Spesso associata a rotturaparallela ai fasci tendinei. Un’ulteriore retrazionedetermina una lesione semilunare, come mostrato a destra
Con questa tecnica, i punti di sutura vengono applicati, mediante ancore, nella parte mediale della grandetuberosità e quindi fatti passare nell’estremità laterale del tendine, a circa 1½ cm dal margine di rottura(A). Quando si annodano i fili di sutura, l’estremità tendinea raggiunge il margine mediale della grandetuberosità (B). Le estremità dei fili vengono poi portate sulla grande tuberosità per comprimere le estremitàtendinee sulla superficie ossea della tuberosità (C).
CA B
Rottura tendinea retratta, spesso riscontrata all’intervento. La linea tratteggiata indica l’estensionedella resezione del tendinedegenerato ai fini della riparazione
Cuffia dei rotatori
Grande tuberosità
Grandetuberosità
Cuffia dei rotatoriAncora di sutura nell’osso
Filo di sutura
Tendine del capolungo del bicipite
La veduta della riparazione a cielo aperto della cuffiaevidenzia un’ampia rottura dei tendini del sopraspinatoe del sottospinato
Sutura a ponte per portare la partelaterale dei tendini della cuffiasulla parte lateraledella grande tuberosità
Serie di fili di suturamediali annodati
Tendine bicipitaleedematosoe ispessito
TRATTAMENTO CHIRURGICO DELLE ROTTURE DEI TENDINI DEL SOPRASPINATO E DEL SOTTOSPINATO
La grande maggioranza delle rotture dei tendini della cuffi a sono in
realtà disinserzioni del tendine dalla tuberosità su cui si inseriscono.
In alcuni casi, alla tuberosità rimane adeso un residuo di tessuto
tendineo che, tuttavia, è di solito troppo breve e degenerato per essere
usato per la riparazione. Se è presente, all’intervento viene di norma
rimosso in modo da creare un nuovo letto osseo per la reinserzione
del tendine alla tuberosità. I principi generali della riparazione chi-
rurgica sono gli stessi per la chirurgia tradizionale a cielo aperto e
per quella artroscopica. Attualmente, nella maggior parte dei casi la
riparazione chirurgica primaria (per la prima volta) viene eseguita in
artroscopia, poiché è meno invasiva e non necessita di una grande in-
cisione o di distacco di porzioni del muscolo deltoide. Di conseguenza,
l’intervento chirurgico è meno doloroso, i danni ai tessuti sono minori,
non vi sono rischi di danni al deltoide, i rischi di infezione sono minori
e il recupero postoperatorio è tendenzialmente più rapido. Inoltre, le
patologie intra-articolari ed extra-articolari sono meglio identifi cabili.
Attualmente, l’intervento chirurgico a cielo aperto è riservato perlopiù
alle ricostruzioni della cuffi a dei rotatori più complesse in pazienti con
rotture croniche massive di dimensioni molto grandi in cui possono
essere indicati una trasposizione muscolotendinea (grande rotondo
e/o grande dorsale) per rimpiazzare i tendini lacerati o un loro rinforzo
con innesti di materiale biologico.
I principi della riparazione primaria della cuffi a dei rotatori com-
prendono l’asportazione della borsa sottoacromiale, la mobilizza-
zione del moncone tendineo, anche mediante eventuali sezioni
capsulari, in modo da portare l’estremità tendinea a contatto del
letto preparato sulla tuberosità. I fi li di sutura che vengono fatti pas-
sare attraverso il moncone tendineo sono contenuti all’estremità di
“ancore” che vengono infi sse nell’osso del letto già preparato. I fi li
di sutura vengono poi annodati in modo da posizionare l’estremità
tendinea a diretto contatto del letto osseo. Quando è presente una
rottura nel contesto del tendine, invece che una disinserzione dalla
tuberosità, si effettua una sutura diretta “latero-laterale” (tendine-
tendine) delle estremità dei monconi tendinei senza uso di ancore.
In casi particolari di disinserzione e rottura nel decorso del tendine,
le due metodiche vengono associate.
Dopo l’intervento chirurgico la spalla viene immobilizzata in
appositi tutori per proteggere la riparazione, evitando movimenti
attivi della spalla (sollevare, allungarsi, spingere o tirare). Il tempo
di immobilizzazione varia di solito da 3 a 6 settimane, a seconda
delle dimensioni della rottura, della qualità del tessuto tendineo
e della tenuta della riparazione. Il tutore può lasciare il braccio
addossato al tronco o essere munito di una sorta di cuscino che
mantiene il braccio in abduzione a circa 20 ° per eliminare in parte
la tensione dalla sede di riparazione. La rigidità postoperatoria della
spalla (spalla congelata) è ridotta al minimo per l’attenta valutazione
postoperatoria del movimento della spalla da parte di un chirurgo
o di un altro operatore sanitario nei primi 2 mesi dall’intervento
chirurgico. Iniziando con la mobilizzazione passiva nel corso delle
prime 6-8 settimane successive all’intervento, la terapia è perso-
nalizzata sulla base delle dimensioni della lacerazione, della qualità
dei tessuti e della riparazione, e del grado della rigidità insorta nelle
prime settimane dopo l’intervento.
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Tavola 1.43 Apparato locomotore: VOLUME I
44 ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA
Eccessiva extrarotazione passiva del lato sinistroche indica una disinserzione del tendine del sottoscapolare
Muscolo trapezio
Coracoide
Muscolo sottoscapolare
Tendine del capo lungo del bicipite
RM coronale in cui si vede il ventre normale del muscolosottoscapolare sinistro che passa al di sotto della coracoidee quindi si inserisce sulla piccola tuberosità
L’operatore riesce a eseguire l’intrarotazione passivadel braccio; ciò dimostra che l’incapacità del pazientea compiere questo movimento è dovuta a ipovaliditàmuscolare e non a perdita della mobilità passiva
Lift-off test (spalla sinistra) o lag signper l’intrarotazione positivi
Indica la disinserzione del tendinedel sottoscapolare dalla piccolatuberosità della spalla sinistra.Il paziente non è in gradodi eseguire l’intrarotazionedel braccio e lascia il gomitoparallelo al tronco
Test di compressione addominale
DIAGNOSI DI ROTTURA DEL TENDINE DEL SOTTOSCAPOLARE
Le rotture del sottoscapolare possono essere isolate o essere as-
sociate a lesioni delle porzioni superiore e posteriore della cuffi a dei
rotatori. La RM può mostrare il ventre del muscolo sottoscapolare
che passa al di sotto della coracoide per inserirsi, mediante il
tendine omonimo, sulla piccola tuberosità. Essendo il muscolo
sottoscapolare posto anteriormente alla gabbia toracica, la sua
funzione specifi ca si svolge particolarmente quando il braccio è
addossato al tronco. La funzione principale del muscolo e del suo
tendine è di intrarotare l’arto, a cui si aggiunge la funzione di portare
il braccio verso il tronco (adduzione). Questo chiarisce la natura
dei test clinici usati per valutarne il defi cit di forza. Gli altri grandi
muscoli deputati all’intrarotazione (grande pettorale, grande dorsale
e piccolo pettorale) hanno anche la funzione di opporre resistenza
alla rotazione interna del braccio, ma soprattutto quando questo è
distante dal corpo. Per queste ragioni, il metodo migliore per valutare
la funzione del sottoscapolare consiste nel testare la resistenza
all’intrarotazione con il braccio posto in prossimità, piuttosto che
lontano dal corpo. Il test di compressione addominale e il lag sign
per l’intrarotazione rappresentano i due metodi migliori per valutare
la funzionalità del sottoscapolare. La maggior parte delle lesioni
del tendine del sottoscapolare non verrà diagnosticata all’esame
obiettivo se non vengono eseguiti questi test specifi ci per il sotto-
scapolare; se la forza di rotazione interna è valutata in diversi gradi
di abduzione ed extrarotazione non si può dimostrare un defi cit del
muscolo perché gli altri intrarotatori del braccio sono tanto potenti
che possono mascherare un’insuffi cienza del muscolo.
Il test di compressione addominale dimostra, in caso di rottura del
tendine sottoscapolare, l’incapacità di compiere l’intrarotazione del
braccio con la mano posta contro l’addome, contrastando o meno
il movimento da parte dell’operatore. Per effettuare correttamente
questo test il paziente deve premere fortemente la mano contro
l’addome. Il distacco della mano dall’addome per ottenere un certo
grado di intrarotazione e portare in avanti la spalla è un segno di
defi cit di forza muscolare. La positività del test, data dall’incapacità
di eseguirlo in parte o completamente, è confermata dalla pos-
sibilità, per l’operatore, di effettuare passivamente il movimento
di introrotazione. Ciò esclude le false positività dovute a rigidità
della spalla. Un altro test per la funzionalità del sottoscapolare è
il lift off o lag sign per l’intrarotazione. Questo test è più diffi cile
da eseguire per il paziente se vi è signifi cativo dolore alla spalla
e richiede una buona mobilità passiva della spalla e una funzio-
nalità normale del gomito. Per questi motivi, non viene eseguito
sempre nei pazienti con rotture massive della cuffi a dei rotatori.
Questo test è più sensibile per diagnosticare un defi cit muscolare
minore del sottoscapolare per rotture parziali o a tutto spessore
di dimensioni ridotte. Il test è positivo quando vi è incapacità del
paziente a sollevare e mantenere il braccio lontano dal tronco. Nelle
rotture complete, oltre a una perdita dell’ intrarotazione attiva, vi
è un aumento dell’extrarotazione passiva perché il tendine non è
più inserito sulla piccola tuberosità. L’aumento dell’extrarotazione
passiva è facilmente apprezzabile ponendo il paziente in posizione
supina e confrontando l’ampiezza dell’extrarotazione passiva della
spalla con lesione del sottoscapolare rispetto a quella sana.
Le rotture traumatiche acute a tutto spessore del sottosca-
polare possono essere trattate adeguatamente se diagnosticate
con un precoce e corretto esame obiettivo. Le rotture di questo
tendine sono spesso associate a lesioni del tendine del capo
lungo del bicipite, consistenti in rotture parziali o più spesso in
sublussazione o lussazione del tendine dal solco bicipitale. La
riparazione della lesione del sottoscapolare può essere effettuata
con tecnica artroscopica o a cielo aperto. La riparazione consi-
ste nel rifi ssare il tendine alla piccola tuberosità con metodiche
analoghe a quelle descritte per le rotture del sopraspinato e
del sottospinato. Le lesioni o la lussazione del capo lungo del
bicipite sono trattate mediante sezione del tendine o tenodesi di
esso al solco bicipitale, come descritto nella sezione relativa alle
patologie del bicipite.
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Tavola 1.44 Spalla
ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 45
Radiografia anteroposterioreche mostra l’impiantodi una componente glenoideain plaspolietilene (plastica)
Radiografia anteroposterioreRadiografia ascellare
Perdita della cartilagine articolare, uniformemente bianca,nella superficie della testa dell’omero e proliferazione ossea (osteofita)nella periferia della testa dell’omero. Le gravi artrosi della testadell’omero sono caratterizzate da una maggiore presenzadi osteofiti periferici
Usuradella glenoideposteriore
Centrodella glenoide
Componente glenoidea in polietilene (plastica)
AcromionAddensamento osseosubcondrale(aspettobiancastro)
Clavicola
Perditadello spazioarticolare
Osteofita
Osteofita
Testa dell’omeroirregolare e moltoingrossata per osteofita periferico, senza cartilagine (l’area cerchiata indica le dimensioni normali della testa dell’omero)
Gravesublussazioneposteriore dellatesta dell’omero(più della metàdella testa)
Centro dellatesta dell’omero
Dolorabilità in corrispondenza dello spazioarticolare anteriore
Dolorabilità alla palpazionedello spazio articolare posteriore,spesso associata ad artropatiagleno-omerale
Palpazione a livello degli spazi articolari anteriore e posteriore
OSTEOARTROSI GLENO-OMERALE
L’osteoartrosi (o artrosi) della spalla è una patologia degenerativa
della cartilagine articolare. Può essere associata ad alterazioni
infi ammatorie articolari, ma le lesioni cartilaginee non sono dovute
essenzialmente a fenomeni infi ammatori come nel caso dell’ar-
trite reumatoide. Nei pazienti con artrosi, i tendini della cuffi a dei
rotatori sono quasi sempre indenni, mentre vi è la formazione di
osteofi ti alla periferia della testa omerale, che diviene più voluminosa
e perde la sua normale sfericità, acquistando talora un aspetto
fungiforme. La cartilagine articolare è assottigliata e in alcune aree
completamente erosa. Queste alterazioni della testa omerale, as-
sociate ad alterazioni analoghe della glenoide, determinano una
riduzione di varia entità della mobilità articolare. Nella maggior parte
dei casi, la testa dell’omero appare ben centrata rispetto alla cavità
glenoide nelle radiografi e anteroposteriori. Il centro della testa si
trova quindi a livello della linea orizzontale mediana della glenoide.
Di conseguenza, una linea tracciata lungo il margine inferiore della
testa omerale si continua con quella tracciata lungo il margine
inferiore della glenoide (linea di Maloney). Per questo motivo la
comune artrosi gleno-omerale è denominata “concentrica”. Ciò non
si verifi ca in presenza di una rottura massiva della cuffi a dei rotatori
come avviene nell’artropatia da rottura della cuffi a in cui la testa
omerale, non più mantenuta in sede rispetto alla glenoide dai tendini
della cuffi a migra prossimalmente restringendo o annullando lo
spazio acromio-omerale. In questo caso, quindi, la linea di Maloney
non è più continua nella radiografi a anteroposteriore della spalla
( Tavole 1.49 e 1.50 ). In presenza di un’artrosi gleno-omerale mar-
cata, si può verifi care un’erosione della porzione posteriore della
glenoide con conseguente traslazione posteriore della testa omerale,
visibile su una radiografi a ascellare o sulle scansioni TC. Le con-
dizioni artrosiche più marcate rendono più diffi cile una corretta
sostituzione protesica della spalla.
Il quadro clinico di un’artrosi marcata è caratterizzato da per-
dita signifi cativa della mobilita gleno-omerale passiva (per rigidità
articolare) e attiva (per rigidità e dolore). Nei movimenti passivi si
possono avvertire rumori di scroscio o scatti articolari. La palpazione
profonda della spalla suscita spesso dolore lungo gli spazi articolari
anteriore e posteriore. Un’artrosi in stadio avanzato è spesso trattata
mediante una protesi di spalla. Questa comporta la resezione della
testa omerale a livello del collo anatomico ( Tavole 1.1 e 1.45 ) e l’in-
serzione nel canale midollare di uno stelo, all’estremità prossimale
del quale viene inserita una testa omerale protesica in posizione e
di dimensioni adeguate. Questo intervento è denominato protesi
parziale (o endoprotesi). Più spesso si esegue una protesi totale
(o artroprotesi), che comporta anche la preparazione della super-
fi cie ossea della glenoide per rimuoverne gli osteofi ti e correggere
l’eventuale versione patologica, a cui consegue l’inserzione di una
componente glenoidea in polietilene (plastica). Con una protesi totale
cosiddetta “anatomica”, quale quella che si effettua in assenza di
rottura della cuffi a, vi è il ripristino dei normali rapporti anatomici
tra il centro della testa dell’omero e la linea centrale della glenoide
nelle radiografi e anteroposteriore e ascellare.
Il trattamento conservativo di un’artrosi di entità modesta o
moderata comprende la modifi cazione dell’attività fi sica, l’assun-
zione di farmaci antinfi ammatori orali e, talvolta, delle infi ltrazioni
di corticosteroidi nell’articolazione ( si veda Tavola 1.54 ). Questi
possono essere sostituiti, o a essi si può aggiungere come terapia
di mantenimento, l’acido ialuronico ad alto peso molecolare som-
ministrato con 3-5 infi ltrazioni intra-articolari ( si veda Tavola 1.54 )
distanziate di una settimana l’una dall’altra.
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Tavola 1.45 Apparato locomotore: VOLUME I
46 ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA
Radiografia preoperatoria anteroposteriore.La linea tratteggiata indica l’area di necrosiavascolare
Radiografia anteroposteriore postoperatoria
Scansione TC
TO
Una linea scapolo-omerale (lineadi Maloney)intatta indicache la testaomerale è centratanella glenoide
Componente glenoidea;filo metallico al centrodella protesi in polietilene(plastica)
Glenoide
Irregolarità della laminaossea subcondrale
Muscolo sopraspinato
Incisura soprascapolare
Nervo soprascapolare
GlenoideRima di frattura subcondrale
Rima di frattura
NAV
Processo coracoideo
Steloomeralenel canalemidollare
ArticolazioneAC Clavicola
NECROSI AVASCOLARE DELLA TESTA DELL’OMERO
La necrosi avascolare (NAV) della testa dell’omero è dovuta a ridotto
affl usso arterioso a una parte della testa omerale o all’intera testa.
Può essere conseguente a eventi traumatici, quali le fratture-lus-
sazioni della testa omerale, ma può essere altresì riscontrata in
un’ampia gamma di patologie sistemiche, quali anemia falciforme,
malattia dei cassoni (da decompressione) o mucopolisaccaridosi,
oppure all’assunzione di corticosteroidi per lungo tempo, soprattutto
se a dosi elevate.
La NAV precoce è quasi del tutto asintomatica, in termini di
dolore, defi cit di forza o rigidità della spalla. Nella maggior parte
dei casi si verifi ca per un unico evento, quale una frattura. Nelle
patologie sistemiche, invece, il difetto vascolare può determinare
molteplici infarti ossei e, pertanto, le aree di NAV possono ampliarsi
nel corso del tempo. In questi casi, i sintomi si manifestano quando
si instaura la deformità della testa omerale per collasso dell’osso o
fratture subcondrali o quando compaiono alterazioni della superfi cie
cartilaginea per incongruenza articolare. Quando la necrosi è dia-
gnosticata in fase tardiva, è spesso necessario ricorrere all’impianto
di una protesi di spalla, che in questi pazienti, molto spesso giovani
e attivi, ha una sopravvivenza più breve che nei pazienti anziani.
Nei pazienti con fattori di rischio noti in cui è stata diagnosticata
una NAV in un’articolazione, è opportuno eseguire uno screening
precoce delle articolazioni più a rischio, quali sono quelle sottoposte
a carico. Non è raro, infatti, che in questi pazienti possano essere
interessate più articolazioni. La scintigrafi a ossea è l’esame più
indicato per l’individuazione di una NAV precoce per il migliore
rapporto costo-effi cacia. La RM ha una maggiore sensibilità, ma ha
una minore indicazione, anche in termini di costi, per uno screening
dell’intero scheletro.
La NAV della testa dell’omero è visibile sulla radiografi a e alla
RM sotto forma di area di addensamento osseo con margini ben
defi niti. Negli stadi più avanzati, il segmento osseo coinvolto subisce
un collasso, che appare inizialmente come un’area semilunare al
di sotto della superfi cie articolare. Si tratta di una vera e propria
frattura tra l’osso subcondrale e il segmento di osso spongioso
avascolare sottostante. Successivamente, la testa omerale subisce
un collasso perdendo la normale forma sferica, con conseguenti
alterazioni artrosiche. Negli stadi tardivi della malattia, le alterazioni
degenerative si estendono alla superfi cie glenoidea in conseguenza
della deformità della testa omerale.
Negli stadi precoci della NAV, alcuni chirurghi effettuano un
forage del segmento avascolare con lo scopo di far giungere vasi
sanguigni nell’area necrotica. La metodica consiste nel praticare,
per via percutanea e sotto controllo fl uoroscopico, dei fori nell’epifi si
partendo dalla corticale laterale fi no ad arrivare nell’area necrotica.
Nei pazienti con marcata deformità della testa omerale e do-
lore cronico, refrattario ai trattamenti conservativi, si esegue la
sostituzione della testa dell’omero mediante un’endoprotesi. In
caso di coinvolgimento signifi cativo anche della glenoide è indicato
effettuare un’artroprotesi.
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Tavola 1.46 Spalla
ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 47
A B
2
2
1 1
Sequenza RM ascellare che mostra una sinovitecon versamento articolare
Quando la cuffia dei rotatori è intatta, il trattamento più tradizionale è rappresentato dall’artroprotesianatomica della spalla. Una protesi totale della spalla con stelo cementato è mostrata nelle proiezionianteroposteriore (C) e ascellare (D)
A B C D
Glenoide
Sinovite e liquido sinoviale (versamento)
Testa dell’omero
Cisti glenoidea (geode)
Aspetti radiografici dell’artrite reumatoide dell’articolazione gleno-omerale
Opzione di trattamento: artroprotesi anatomica della spalla
ASPETTI RADIOGRAFICI E OPZIONI DI TRATTAMENTO DELL’ARTRITE REUMATOIDE DELL’ARTICOLAZIONE GLENO-OMERALE
**
La perdita ossea è spesso localizzata al centro della cavità glenoide, con conseguente migrazione mediale della testa dell’omero (* = coracoide). Le due linee rappresentano (1) l’acromion lateralee (2) la parte laterale della grande tuberosità. Nella spalla con AR meno marcata (B), la linea 2 è situata lateralmente alla linea 1. Nella spalla con AR più grave (A) con erosione glenoidea mediale, la linea 2è situata medialmente alla linea 1
ARTRITE REUMATOIDE DELL’ARTICOLAZIONE GLENO-OMERALE
L’artrite reumatoide (AR) è una malattia infi ammatoria che si svilup-
pa all’interno del rivestimento dell’articolazione (sinovia). Può essere
molto distruttiva per la cartilagine articolare e l’osso, ma colpisce
anche i tessuti molli circostanti. L’AR della spalla, in particolare, può
causare un marcato assottigliamento e in seguito una rottura della
cuffi a dei rotatori e del tendine del bicipite, oltre che una distruzione
progressiva della cartilagine di entrambi i capi articolari.
A differenza dell’artrosi, l’AR è una patologia infi ammatoria non
proliferativa caratterizzata da una minima formazione di osteofi ti.
Questa caratteristica è importante per distinguere le due cause
più comuni di artropatia della spalla. Nell’AR si può verifi care una
perdita progressiva di tessuto osseo con conseguente osteopenia e
demineralizzazione della testa dell’omero, analogamente a quanto
può accadere nei pazienti con artropatia da rottura della cuffi a dei
rotatori. I pazienti artrosici presentano un tessuto osseo sclerotico
che appare più radio-opaco sulla radiografi a per neoformazione
ossea. Nell’AR il depauperamento osseo della glenoide spesso
riguarda soprattutto la sua porzione centrale, con conseguente
migrazione mediale della testa omerale. Nel soggetto artrosico
vi è un’usura più eccentrica della glenoide, particolarmente della
parte posteriore. In molti casi di artrite reumatoide, si verifi ca una
migrazione prossimale della testa dell’omero, visibile sulle radio-
grafi e, che è dovuta a fenomeni distruttivi dei tendini della cuffi a
dei rotatori. L’artrite reumatoide, come l’artropatia da rottura della
cuffi a dei rotatori e l’artropatia da microcristalli (malattia da deposito
di idrossiapatite, “spalla di Milwaukee”), danno luogo ad ampie
lacerazioni della cuffi a dei rotatori, responsabili di migrazione pros-
simale della testa omerale, che possono determinare, a loro volta,
perdita ossea asimmetrica della glenoide superiore. Le radiografi e e
la TC sono le indagini migliori per visualizzare le alterazioni ossee di
questa malattia. La sinovite, il versamento articolare e le alterazioni
della cuffi a dei rotatori possono essere invece dimostrate con la RM.
La testa dell’omero può andare incontro a marcate erosioni della
superfi cie articolare. In questi casi, un’opzione terapeutica per i
pazienti in età giovanile è la sostituzione protesica conservativa
della testa omerale, rappresentata dalla protesi di rivestimento, ossia
una protesi omerale priva di stelo che preserva la maggior parte
dell’osso della testa. In presenza di una marcata usura glenoidea, in
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Tavola 1.47 Apparato locomotore: VOLUME I
48 ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA
ARTRITE REUMATOIDE DELL’ARTICOLAZIONE GLENO-OMERALE (Seguito)
Una protesi di rivestimento della testa omerale può assicurare un buon risultato clinico,come dimostra il quadro preoperatorio rispetto a quello postoperatorio a 1 anno
Una protesi conservativadella superficie omerale (protesidi rivestimento), senza steloomerale, consente di preservarela maggior parte del bone stockdella testa dell’omero, perchési sostituisce solo la sua partesuperficiale
Si è riusciti a evitare l’impianto di una componenteprotesica glenoidea applicando un alloinnestomeniscale suturato alla superficie glenoidea privadi cartilagine
Perdita del sollevamento completo
La testa dell’omero non mostra osteofiti proliferativi,ma gravi alterazioni erosive della superficie articolare
CistiOsso eburneo
PROTESI CONSERVATIVA DELLA TESTA OMERALE (PROTESI DI RIVESTIMENTO)
Alloinnesto meniscaleAssenza di osteofiti
luogo di una componente protesica, si può effettuare un alloinnesto
di menisco del ginocchio applicato sulla superfi cie della glenoide. In
realtà, questa è una metodica chirurgica ancora controversa, poiché
i risultati sono più incerti di quelli di una protesi totale di spalla.
Peraltro, i pazienti con AR possono essere in età tanto giovanile
che una sostituzione protesica totale può facilmente andare incon-
tro a fallimento a medio-lungo termine. Quindi una soluzione più
conservativa, che lascia aperta la strada a un’artroprotesi in età
più avanzata, può essere un trattamento comunque valido per il
paziente giovane e attivo.
Nel paziente in età media-avanzata o senile, il trattamento chi-
rurgico più tradizionale dell’artrite reumatoide, quando la cuffi a dei
rotatori è integra, è l’artroprotesi anatomica della spalla con stelo
omerale non cementato o cementato. Quando la cuffi a dei rotatori
è danneggiata e vi è migrazione prossimale della testa dell’omero,
è preferibile applicare la sola componente omerale (endoprotesi).
In presenza di una migrazione prossimale della testa dell’omero,
la componente omerale di una protesi totale rimane anch’essa
migrata prossimalmente, restando quindi a contatto con la parte
superiore della glenoide protesica. Ciò determina un carico eccen-
trico sulla componente glenoidea, che espone al rischio di una sua
mobilizzazione precoce. In alcuni casi di defi cit grave della cuffi a
dei rotatori e della mobilità attiva del braccio, un’opzione può es-
sere l’artroprotesi inversa della spalla (si veda “Artropatia da rottura
della cuffi a”) che può alleviare il dolore e migliorare la funzionalità
dell’arto, evitando il carico eccentrico sulla glenoide che un’artro-
protesi anatomica può comportare.
Molti dei più recenti farmaci biologici impiegati per l’AR possono
interferire effi cacemente sui fattori responsabili del meccanismo
infiammatorio che porta alla distruzione articolare. Per questa
ragione, la necessità della sostituzione protesica della spalla nei
pazienti affetti da questa malattia si è ridotta notevolmente negli
ultimi 10-15 anni.
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Tavola 1.48 Spalla
ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 49
Incapacità di sollevare il braccioanteriormente, con quadroche simula una paralisidei muscoli del cingolo scapolare
Artropatia da rottura della cuffia dei rotatori. Gravifenomeni erosivi della testa dell’omero, assenzao marcata riduzione di tessuto tendineo della cuffiadei rotatori intorno alla testa
QUADRI CLINICI E ASPETTI ANATOMOPATOLOGICI
TO
TOAA
Quadro clinico di risalita della testa omerale e spalla pseudoparalitica. Con il braccio in posizione di riposo, vi è un aspetto relativamente normale della spalla con testa dell’omero (TO) al di sotto dell’acromion (A). Al tentativo di sollevare attivamente la spalla, si verifica uno spostamento superiore della testache fa prominenza anteriormente, al di sopra all’acromion (A)
ARTROPATIA DA ROTTURA DELLA CUFFIA DEI ROTATORI
ARTROPATIA DA ROTTURA DELLA CUFFIA CON TESTA DELL’OMERO CENTRATA E STABILE
In alcuni casi di artropatia, vi è un grave danno alla cuffi a dei rotatori
accompagnato da alterazioni delle componenti articolari. Ciò può
verifi carsi in casi gravi di artrite reumatoide o di artrite da microcri-
stalli, o in pazienti con ampie rotture croniche della cuffi a dei rotatori.
Queste patologie determinano gravi erosioni osteocartilaginee o
perdita di tessuto osseo nella parte prossimale dell’omero, che
spesso migra prossimalmente ( Tavola 1.50 ). Quando questi pazienti
si sottopongono all’intervento chirurgico, si trova che i tendini della
cuffi a sono estremamente assottigliati o pressoché assenti.
Nei pazienti con artropatia da defi cit della cuffi a meno grave la
testa omerale può essere ancora stabile e centrata, ossia a contatto
con la superfi cie glenoidea, per la presenza di tessuto residuo della
cuffi a suffi ciente a mantenere un fulcro stabile per i movimenti
dell’estremità prossimale dell’omero. In questi casi, si può effettuare
una protesi parziale, ossia della sola componente omerale, con esito
clinico soddisfacente.
Nei pazienti con artropatie meno gravi, l’esame obiettivo dimo-
stra di solito che vi è la capacità di sollevare il braccio almeno
fi no a 90 ° perché la testa omerale è ancora ben contenuta e in
buona posizione al di sotto dell’arco coracoacromiale. Non si ri-
scontrano cioè i reperti clinici di migrazione prossimale della testa
e pseudoparalisi della spalla ( si veda Tavola 1.48 ). L’obiettività è più
simile a quella della parte B della Tavola 1.40 che al quadro clinico
mostrato nella parte A della Tavola 1.40 o a quello visibile nella
Tavola 1.48 . In questi pazienti con artropatia meno grave la protesi
parziale costituisce un intervento chirurgico più semplice rispetto
alla protesi inversa e può dare una suffi ciente riduzione del dolore
e un miglioramento moderato della funzionalità della spalla al di
sopra del piano orizzontale. Nei pazienti che sono buoni candidati
alla protesi parziale, è importante preservare, all’intervento, tutte le
parti intatte della cuffi a dei rotatori e attuare successivamente un
adeguato programma riabilitativo diretto ad attivare i muscoli della
cuffi a ancora effi cienti e il deltoide.
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Tavola 1.49 Apparato locomotore: VOLUME I
50 ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA
ARTROPATIA DA ROTTURA DELLA CUFFIA DEI ROTATORI(Seguito)
La testa dell’omero è contenutaall’interno dell’arco coracoacromialee della superficie glenoidea.Un’endoprotesi può essere eseguitacon un esito clinico soddisfacente
La linea di Maloney è intatta e il centro di rotazionedella testa dell’omero è ora allineato alla linea centraledella glenoide (linea rossa)
1 = collo dell’omero2 = collo della glenoide
= erosione della superficie inferioredell’omero
= linea centrale della glenoide
Riduzione degli spazi articolaree sottoacromiale
Protesi omerale senza protesizzazione della glenoide
Arrotondamento della testadell’omero e assenzadella cuffia dei rotatori
• = centro di rotazione della testa omerale
• = centro di rotazione della testa dell’omero
1
1
2
2
ARTROPATIA DA ROTTURA DELLA CUFFIA: REPERTI RADIOGRAFICI
ARTROPATIA GRAVE DA ROTTURA DELLA CUFFIA DEI ROTATORI CHE NECESSITA DI PROTESI INVERSA DELLA SPALLA
In presenza di una rottura massiva molto ampia della cuffi a dei
rotatori in cui la testa omerale migra prossimalmente al di sotto
dell’acromion con conseguente perdita del fulcro per i movimenti del
braccio, e particolarmente del movimento di elevazione, si realizza
la condizione defi nita pseudoparalisi della spalla . In questi casi una
protesi parziale non fornisce alcun miglioramento della funzionalità
della spalla poiché, per la funzione ridotta o assente della cuffi a dei
rotatori, la testa omerale non è più centrata nella cavità glenoide e,
quindi, il deltoide non può agire come elemento motore del braccio.
Se vi è indicazione, nel paziente di età avanzata, all’applicazione
di una protesi, quella che viene usata è l’artroprotesi inversa della
spalla. Il quadro clinico di un paziente con migrazione prossimale
della testa omerale e spalla pseudoparalitica è caratterizzato da un
aspetto relativamente normale della spalla quando il braccio è in
posizione di riposo. Quando il paziente tenta di sollevare attivamente
il braccio vi è uno spostamento prossimale della testa omerale,
che appare prominente anteriormente, e diffi coltà o quasi impos-
sibilità di sollevare il braccio fi no al piano orizzontale o al di sopra
di questo. A ciò si associa la perdita dell’extrarotazione attiva per
defi cit funzionale delle componenti superiore e posteriore della
cuffi a dei rotatori. Il quadro radiografi co classico è quello di una
migrazione prossimale della testa dell’omero, che appare deformata
per marcate alterazioni degenerative e frequente presenza di cisti
subcondrali (geodi).
L’artroprotesi che si impianta in questi casi è chiamata “inversa”
perché le componenti sono collocate in posizione opposta a quelle
dell’anatomia normale e della protesi comune della spalla, de-
nominata appunto “anatomica”. Ossia, la componente convessa
(corrispondente alla testa omerale protesica della protesi anatomica)
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Tavola 1.50 Spalla
ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 51
ARTROPATIA DA ROTTURA DELLA CUFFIA DEI ROTATORI(Seguito) 3 = centro del muscolo deltoide
1 = superficie convessa
1, 2 = interruzione della linea di Maloney
Acromion
Acromion
Scomparsa dello spazio sottoacromiale dovuta a rotturamassiva della cuffia
Deltoide
Cisti subcondrale (geode)
Riduzione dello spazio sottoacromiale
Migrazione prossimale della testa dell’omero
Migrazione prossimale della testa dell’omero dovutaa rottura massiva della cuffia con perdita di continuitàdella linea di Maloney
Perdita ossea della glenoide superiore
Glenoide inferiore, profilo normale
1
1
TO1GT
2
2
2
53
2
1
4
5 = nuovo centro di rotazione
4 = posizione approssimativadel centro di rotazioneoriginario della testa dell’omero
2 = superficie concava
ARTROPATIA DA ROTTURA DELLA CUFFIA: REPERTI RADIOGRAFICI (SEGUITO)
Intervallo tra 3 e 4: originario braccio di leva del deltoideIntervallo tra 3 e 5: nuovo braccio di leva del deltoideL’intervallo 3-5, che è 2 volte l’intervallo 3-4,ha raddoppiato la capacità del deltoide di sollevare il braccio
Artroprotesi inversa della spalla. La componente convessasi trova sul lato glenoideo, mentre quella concava è situata sul lato omerale. Ciò realizza un’articolazione semivincolata, con un centro di rotazione fisso dell’articolazione cheè medializzato (punto nero) e con la componente omerale nettamente spostata in basso (freccia a doppia punta). Entrambe le condizioni determinano un considerevole miglioramento della funzione del deltoide per l’allungamento del muscolo e l’aumento del suo braccio di leva. L’artroprotesi inversa deve essere preferita all’endoprotesi perché il centro di rotazione è spostato dal punto centrale della testa omerale (sua posizione normale) all’interfaccia tra componente protesica glenoidea e glenoide ossea
Cisti glenoidea (geode)
è impiantata sulla glenoide, mentre la componente concava (corri-
spondente alla glenoide della protesi anatomica) è impiantata
sull’omero. Si tratta di una protesi semi-vincolata, che ha un centro
fi sso per la rotazione della componente omerale concava intorno
alla componente glenoidea convessa, sostituendo così la funzione di
contenimento che normalmente ha la cuffi a dei rotatori nei confronti
della testa omerale. Con lo spostamento del centro di rotazione dalla
testa dell’omero alla componente glenoidea si verifi ca una media-
lizzazione del centro di rotazione che aumenta considerevolmente il
braccio di leva del deltoide, migliorando in tal modo la sua effi cienza
meccanica e, quindi, la capacità di sollevare il braccio. Inoltre, la
medializzazione del centro di rotazione sulla glenoide determina una
riduzione delle forze che si concentrano su questa componente, e
di rifl esso sull’interfaccia protesi-osso glenoideo, nei movimenti del
braccio, con il risultato di una bassa incidenza di mobilizzazione, nel
tempo, della componente glenoidea della protesi. La protesi inversa
migliora notevolmente la capacità del paziente di sollevare il braccio,
mentre non fornisce un miglioramento della funzione rotatoria. I
risultati migliori, quindi, si riscontrano nei pazienti che conservano
preoperatoriamente una discreta funzione della cuffi a dei rotatori
posteriore, come avviene in quelli con tendine del piccolo rotondo
indenne. Questi pazienti riescono spesso ad avere una funzionalità
pressoché normale della spalla protesizzata, a differenza di quelli
senza capacità di extrarotazione, che peraltro riacquistano una
buona o completa capacità di sollevare il braccio. In questi ultimi,
peraltro, una trasposizione muscolotendinea (grande dorsale) ese-
guita contestualmente alla protesi può essere in grado di migliorare
il risultato funzionale.
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Tavola 1.51 Apparato locomotore: VOLUME I
52 ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA
Sequenza RM che mostra una cisti articolareresponsabile di una neuropatia da compressionedel nervo soprascapolare
Sequenza RM di compressione del nervosoprascapolare da parte di una grossacisti articolare
Cisti articolare Cisti articolareTesta dell’omero
Immagine artroscopicadi una cisti articolare intatta
Foro di aperturadi una cistiarticolare parzialmenterimossa
Muscolo sopraspinato
Nervo soprascapolarenell’incisurasoprascapolare
Muscolo sottospinato
Nervo ascellare
NERVO SOPRASCAPOLARE
La compressionedel nervo soprascapolarepuò causare dolorenella regione lateraledella spalla e atrofiadei muscoli sopraspinato e sottospinato
Irradiazionedel dolore
Dolore
PATOLOGIE NEUROLOGICHE DELLA SPALLA
Il nervo toracico lungo innerva il muscolo dentato anteriore ( si veda
Tavola 1.13 ). Questo muscolo origina dalla gabbia toracica antero-
laterale e va a inserirsi lungo il margine mediale della scapola e, con
le fi bre distali, sulla faccia anteriore dell’angolo inferiore della scapola
( si veda Tavola 1.13 ).
Una lesione del nervo toracico lungo causa un defi cit funzionale
del dentato anteriore, che provoca una scapola alata. In presenza di
una lesione grave, il paziente ha diffi coltà a sollevare attivamente il
braccio a causa di un’instabilità della scapola, che non è in grado
di ruotare lateralmente e di restare addossata alla gabbia toracica.
In questa condizione, la funzione del dentato anteriore è in parte
vicariata dal romboide iperattivo e dal trapezio. Quando la lesione
nervosa è dovuta a una patologia virale o a un trauma chiuso, si
verifica spesso un recupero spontaneo in un periodo che varia
da pochi mesi a un anno. Se il recupero è incompleto o assente
e residua una signifi cativa disabilità a lungo termine, può essere
indicato il trapianto del muscolo grande pettorale all’angolo inferiore
della scapola con risultati generalmente buoni.
L’artropatia di Charcot della spalla può causare lesioni distruttive
gravi sia della testa dell’omero, sia della glenoide, che sono spesso
evidenti sulle radiografi e sotto forma di detriti ossei dispersi nella
regione articolare. All’artropatia si associa una siringomielia o altre
cause di denervazione dell’articolazione. La perdita sia della pro-
priocezione a livello del cingolo scapolare, e quindi della percezione
della posizione dell’articolazione, sia dell’effetto trofi co garantito
dall’innervazione provoca gravi distruzioni ossee, che si associano
a dolore, presente nonostante la denervazione. I pazienti, peraltro,
presentano spesso molto meno dolore e una funzionalità migliore
di quanto ci si aspetterebbe in base alla gravità del danno osteo-
articolare. In questa condizione patologica la sostituzione protesica
dell’articolazione o qualunque tipo di ricostruzione chirurgica presen-
tano un tasso elevato di complicanze, tra cui lussazione della protesi,
fratture periprotesiche e mobilizzazione delle componenti protesiche.
Le lesioni del nervo soprascapolare possono essere dovute a
intrappolamento del nervo a livello dell’incisura soprascapolare o
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Tavola 1.52 Spalla
ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 53
PATOLOGIE NEUROLOGICHE DELLA SPALLA (Seguito)
Nervo toracico lungo
Nervo accessorio spinale Artropatia di Charcot
Per l’atrofia del trapeziovi è un’alterazione del profilo del collo,prominenza dei romboidi e inclinazionedella scapola
Paralisi del nervoaccessorio spinale
Atrofiadel trapeziosuperiore
Inclinazionedella scapola
Sequenza RM che mostra una siringomieliacervicale (frecce) responsabile di perditadi propriocezione a livello del cingoloscapolare, che può causare un’artropatiadi Charcot della spalla
NERVI TORACICO LUNGO E ACCESSORIO SPINALE
Muscolo dentato anteriore(aiuta a stabilizzarela scapola)
Nervo toracico lungo
NormaleScapolaalata
dell’incisura spinoglenoidea, o a cisti sinoviali dell’articolazione della
spalla. La lesione nervosa determina un defi cit della forza di ex-
trarotazione del braccio e un lag sign per l’extrarotazione ( si veda
Tavola 1.40 ) per ipotrofi a dei muscoli della fossa sopraspinata e sotto-
spinata. La formazione di cisti sinoviali può essere associata a lacera-
zione del cercine superiore ( si veda Tavola 1.51 ). Una cisti articolare si
forma per un’estrofl essione della capsula articolare in cui si raccoglie
liquido sinoviale. Quando la cisti si forma a livello dell’incisura sopra-
scapolare o spinoglenoidea ( si veda Tavola 1.51 ), si può verifi care una
compressione di diversa entità del nervo soprascapolare.
Queste lesioni possono essere trattate mediante aspirazione sotto
guida ecografi ca. Quando viene trattata mediante aspirazione con
ago, la cisti può recidivare poiché la lesione SLAP non è riparata.
La riparazione artroscopica della lesione SLAP può determinare una
risoluzione spontanea della cisti, oppure la cisti può essere asportata
in associazione alla riparazione della lesione. L’aspetto clinico della
neuropatia soprascapolare è una grave atrofi a della muscolatura
sopraspinata e sottospinata. L’atrofi a isolata del muscolo sotto-
spinato è associata a intrappolamento del ramo sottospinato del
nervo soprascapolare a livello dell’incisura spinoglenoidea.
Le lesioni del nervo accessorio spinale comportano ipotrofi a
o paralisi del muscolo trapezio. Esse possono essere dovute a
sindromi virali o a una lesione iatrogena in occasione di una biopsia
di linfonodi cervicali. All’esame obiettivo, la spalla appare più bassa
di quella controlaterale, il profi lo del collo è distorto e i muscoli
romboidi appaiono prominenti per l’atrofia del trapezio medio.
Questa lesione causa altresì una scapola alata con coinvolgimento
predominante della metà superiore della scapola, a differenza
di quanto avviene per la scapola alata prodotta dalla paralisi del
nervo toracico lungo che è prevalentemente di tipo inferiore. Le
lesioni croniche con nessun recupero o un recupero parziale pos-
sono essere trattate, come procedure di salvataggio, mediante
trapianto dei muscoli elevatore della scapola e romboide (Procedura
di Eden-Lang).
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Tavola 1.53 Apparato locomotore: VOLUME I
54 ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA
Amputazione sopra il gomito
Disarticolazione della spalla
Amputazione del quarto anteriore
Accurata transfissione.La legatura dei grandi vasiè essenziale
Muscolo deltoide
Omero
Muscolocoracobrachiale
Muscolo grande pettorale
Muscolo piccolo pettoraleMuscolo dentatoanteriore
CostePlesso brachiale e arteriae vena ascellari
Scapola
Muscolo sottospinato
Muscolo sottoscapolare
Lineadi resezione
Muscolotrapezio
Muscoliromboidi
Muscolidorsaliprofondi
Linee di incisione
Suturacompletata
Cicatrice di sutura cutaneaposta al di sotto della prominenzadell’acromion
Linee di incisione
La funzionalità della protesi miglioracon l’aumentare della lunghezzadel moncone
Un moncone lungo consenteuna successiva cineplasticaper far funzionare il dispositivoterminale della protesi
Chiusura cutanea
Chiusurafasciale
AMPUTAZIONE DEL BRACCIO E DELLA SPALLA
AMPUTAZIONE SOPRA IL GOMITO
L’amputazione sopra al gomito mira a preservare la massima lun-
ghezza possibile dell’arto residuo. Perché funzioni correttamente,
un arto superiore artifi ciale deve disporre di un lungo braccio che
funga da leva e, quindi, occorre salvare l’omero per la massima
lunghezza possibile perché si realizzi questa leva (si vedano le
immagini in alto). In caso di disarticolazione della spalla si dovrebbe
lasciare, se possibile, un moncone di omero anche molto corto
perché la disarticolazione completa riduce notevolmente la forza
dell’arto artifi ciale.
Talvolta si ricorre a una tecnica cineplastica per consentire al
paziente di far funzionare il dispositivo terminale di una protesi di
arto superiore. In questa procedura, si crea un tunnel al di sotto
del muscolo bicipite brachiale che viene rivestito interamente da
cute, creando un’ansa muscolare. I cavi che consentono il fun-
zionamento del dispositivo terminale della protesi sono attaccati
all’ansa muscolare.
AMPUTAZIONE DEL QUARTO ANTERIORE
Questa procedura radicale è riservata di solito al trattamento
di tumori maligni aggressivi. A differenza della disarticolazione
dell’articolazione della spalla, l’amputazione del quarto anteriore
rimuove l’intera architettura ossea e tutti i muscoli dell’arto superiore
(si vedano le immagini in basso). Si tratta di un’amputazione deva-
stante che non fornisce alcuna base residua per il sostegno dell’arto
artifi ciale. Di conseguenza, in genere è molto diffi cile ottenere un
impianto soddisfacente della protesi.
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Tavola 1.54 Spalla
ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 55
Tecnica di infiltrazionenella borsa sottoacromiale
Processo coracoideoMuscolo sopraspinatoClavicola
Acromion
Legamento coraco-omerale
Borsa sottoacromiale
Muscolo sottoscapolare
Capo lungo del bicipitebrachiale
Capo breve del bicipitebrachialeMuscolo coracobrachiale
Legamento coracoacromiale
Muscolo piccolo pettorale
Braccio trazionatoin basso
Sede di ingressoper infiltrazioneacromioclavicolare
Gleno-omerale(accesso posteriore)
Infiltrazione/Aspirazionesottoacromiale(accesso laterale)
Infiltrazione/Aspirazionesottoacromiale(accesso posteriore)
INFILTRAZIONI NELLA SPALLA
Le infi ltrazioni nella spalla possono essere eseguite a scopi dia-
gnostici nelle patologie degenerative, o in presenza di un’infezione
o di un’artropatia da microcristalli. L’introduzione di un’ago intra-
articolare può essere inoltre eseguita per aspirare il liquido sinoviale.
L’inoculazione di un anestetico locale può essere utile per individuare
la sede del dolore in uno specifi co compartimento, effettuando subito
dopo la rivalutazione clinica della spalla.
Le infiltrazioni a scopi terapeutici sono spesso praticate per
iniettare un corticosteroide in sede intra-articolare o nello spazio
sottoacromiale. La conoscenza dell’anatomia della spalla e dei
punti di repere cutanei per lo spazio sottoacromiale, l’articolazione
gleno-omerale e l’articolazione AC è di fondamentale importanza
per effettuare infi ltrazioni sicure ed effi caci o per aspirare il liquido
sinoviale. Le infi ltrazioni devono essere eseguite in condizioni di
sterilità e dopo accurata disinfezione della cute.
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Tavola 1.55 Apparato locomotore: VOLUME I
56 ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA
ESERCIZI DI BASE PER LA MOBILIZZAZIONE PASSIVA E ATTIVA-ASSISTITA
Fase ISollevare la mano sopra la testacon quella del lato sano
Fase IExtrarotazione del braccio usandoil manico di una scopa. Il braccio sano è usatoper muovere la spalla affetta
Fase IIAdduzione in posizione supina per allungare la capsula posteriore
Fase I Piegarsi in avanti,lasciando che l’artodondoli liberamente.Farlo dondolare avantie indietro e da sinistraa destra. Ruotare la manointernamente ed esternamente
Fase IIIntrarotazione posteriore del bracciodel lato affetto tirando il polsoindietro e in alto dietro la schienacon il braccio sano
Fase ISollevare l’arto del lato affetto conquello sano usando una carrucolacollocata almeno 70 cm più in altorispetto al braccio da sollevare
ESERCIZI DI MOBILIZZAZIONE E POTENZIAMENTO DELLA SPALLA
ESERCIZI DI BASE PER LA MOBILIZZAZIONE PASSIVA E ATTIVA-ASSISTITA
Gli esercizi di riabilitazione presentati in questa sezione sono ap-
plicabili sia al trattamento conservativo sia a quello postoperatorio
per tutte le condizioni patologiche della spalla trattate in questo
manuale. Gli esercizi specifi ci utilizzati, la loro progressione e la
loro coordinazione con altre modalità di trattamento possono variare
a seconda della diagnosi, della gravità della patologia e di molti
altri fattori correlati al trattamento chirurgico o al paziente. Questo
manuale non intende fare un’analisi dettagliata del trattamento
riabilitativo per ciascuna di queste condizioni.
In linea generale, il programma deve iniziare dagli esercizi più
semplici e poi progredire quando il paziente è in grado di effettuare
facilmente gli esercizi della fase iniziale. Nella riabilitazione della
spalla è importante trattare il dolore ed evitare lesioni durante gli
esercizi. La terapia antalgica ha varie opzioni: applicazione di ghiac-
cio o di calore; somministrazione di antinfi ammatori non steroidei
o di antidolorifi ci, infi ltrazioni di corticosteroidi, uso di un tutore o
blocco anestetico di rami nervosi. Il primo obiettivo è riacquistare
la maggior parte della mobilità passiva. Il secondo è migliorare
progressivamente la forza dei muscoli della spalla e della scapola,
nonché di quelli del tronco. Il potenziamento dei muscoli scapolari
deve iniziare quando inizia la fase I di potenziamento dei muscoli
della spalla. Gli esercizi per la scapola comprendono il sollevamento
della spalla e movimenti analoghi a quelli del rematore (protrazione
e retrazione della spalla). È necessario coordinare il potenziamento
della scapola con quello della spalla prima di passare agli esercizi
della fase II, che comportano movimenti di sollevamento attivo del
braccio al di sopra della testa. In generale, il potenziamento dei
muscoli della spalla deve iniziare con quelli della cuffi a dei rotatori
evitando movimenti di attrito acromio-omerale (fase I) per migliorare
la forza di rotazione del braccio, associando esercizi per gli altri mu-
scoli scapolari. Prima di iniziare il sollevamento del braccio con pesi,
il paziente deve essere in grado di compiere il sollevamento attivo
completo senza alcun peso. In caso contrario, occorre continuare
il potenziamento della fase I e quello della muscolatura periscapo-
lare, nonché il sollevamento attivo a catena cinetica chiusa. Una
volta raggiunto il sollevamento attivo completo senza resistenza, il
paziente può iniziare il potenziamento della fase II.
Un programma riabilitativo efficace richiede che il paziente
esegua la kinesiterapia anche a domicilio. Nella maggior parte
delle situazioni, gli esercizi devono essere distribuiti nell’arco della
giornata e non essere concentrati in un’unica seduta. Questo
principio di base della riabilitazione è particolarmente importante
nelle fasi precoci del recupero funzionale della spalla, quando
l’articolazione si trova nello stato peggiore per quanto riguarda
dolore, mobilità o resistenza. Quanto più scarso è il recupero, tanto
maggiore deve essere la frequenza delle sedute di kinesiterapia,
che tuttavia deve essere eseguita per brevi periodi di tempo e
nei limiti delle capacità del paziente, oltre che correttamente. Il
programma riabilitativo iniziale deve essere focalizzato sui problemi
più importanti e sui defi cit correlati al tipo di patologia. Ad esempio,
i problemi principali in un paziente con grave spalla congelata
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Tavola 1.56 Spalla
ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 57
ESERCIZI DI MOBILIZZAZIONE E POTENZIAMENTO DELLA SPALLA(Seguito)
Spingere in avanti l’elastico agganciatoal pomello della porta
Elevazione del braccio
Estensione
Intrarotazione
Extrarotazione
Fase I
Potenziamento della fase I: con fasce elastiche
ESERCIZI DI BASE PER IL POTENZIAMENTO DELLA SPALLA
in fase precoce sono il dolore e la perdita della mobilità passiva.
È quindi necessario associare un’adeguata terapia farmacologica
antalgica alla kinesiterapia passiva per ottenere una riduzione del
dolore e migliorare la mobilità passiva, prima di passare a esercizi
di potenziamento muscolare. Quanto maggiore è il dolore, tanto
minore deve essere la diffi coltà degli esercizi, da eseguire per
breve tempo ma frequentemente nell’arco della giornata. Con il
miglioramento del quadro clinico, il tempo può essere prolungato
e l’impegno articolare aumentato.
L’educazione e la partecipazione del paziente sono fondamentali
per il successo della riabilitazione sia delle patologie trattate con-
servativamente, sia di quelle operate. Per un esito favorevole, una
comunicazione chiara e precisa tra medico, paziente e terapista è
tanto importante quanto la precisione e l’esperienza con cui vengono
effettuati tutti i trattamenti, compreso l’intervento chirurgico.
Gli esercizi pendolari consistono nel fl ettere il tronco a 90 ° ap-
poggiandosi con il braccio a un supporto stabile, come un tavolo.
L’arto interessato viene fatto dondolare davanti e indietro al corpo
del paziente e vengono compiuti piccoli movimenti circolari in senso
orario e antiorario, in base alla mobilità passiva dell’articolazione
gleno-omerale.
La fl essione passiva supina viene effettuata utilizzando l’arto
sano per muovere l’arto opposto passivamente o con modalità
attiva-assistita (con una modesta attività muscolare dell’arto affetto).
Di solito questo movimento viene effettuato sul piano della scapola,
che si trova a metà tra il piano coronale, (parallelo al piano del corpo
[abduzione] e il piano sagittale (perpendicolare al piano del corpo)
[fl essione o elevazione]). Il piano della scapola è anteriore al piano
coronale di 30-40 ° . Per gli esercizi di mobilizzazione, il piano della
scapola colloca la cuffi a dei rotatori e altri muscoli della spalla nella
posizione più fi siologica e naturale rispetto al corpo della scapola.
Per tutti gli esercizi passivi, quando il braccio raggiunge il massimo
livello del movimento possibile, vi deve essere un leggero stiramento
per aumentare l’arco di movimento. Durante ognuna delle sedute
riabilitative si eseguono parecchi di questi o altri movimenti.
La fl essione (o elevazione o sollevamento) attiva-assistita può
essere effettuata anche usando uno strumento di assistenza, come
un bastone per esercizi, in posizione eretta o supina. L’extrarotazione
passiva si compie con l’aiuto di un apposito bastone per esercizi o
uno strumento analogo (bastone da passeggio, manico di scopa).
L’adduzione trasversale (spostamento del braccio verso la spalla
opposta) allunga la capsula posteriore; la cui ampiezza è importante
per la fl essione, come per l’intrarotazione anteriore completa.
ESERCIZI DI BASE PER IL POTENZIAMENTO DELLA SPALLA
Gli esercizi di potenziamento contro resistenza progressiva pos-
sono essere eseguiti in fasi. La fase I comporta l’utilizzo di una
banda elastica per l’extrarotazione, con il braccio addossato al
tronco per evitare un conflitto acromio-omerale o un’eccessiva
sollecitazione dei tendini della cuffia.
La progressione del potenziamento dalla fase I alla fase II
mira a rinforzare in primo luogo la cuffi a dei rotatori mediante
esercizi di rotazione nella posizione del braccio e del corpo più
agevole e meno dolorosa. Ottenuto il miglioramento della resi-
stenza della cuffi a dei rotatori e della funzionalità della spalla
grazie agli esercizi di fase I eseguiti con il braccio addossato
al tronco, la spalla è in grado di tollerare meglio gli esercizi più
diffi cili previsti dalla fase II.
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Tavola 1.57 Apparato locomotore: VOLUME I
58 ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA
ESERCIZI DI MOBILIZZAZIONE E POTENZIAMENTO DELLA SPALLA(Seguito)
Potenziamento con letto inclinato
Potenziamento attivo-assistito a catenacinetica chiusa del sollevamento del braccio
ESERCIZI DI BASE PER IL POTENZIAMENTO DELLA SPALLA (SEGUITO)
Il potenziamento della fase I può essere eseguito usando l’ela-
stico con entrambe le mani oppure attaccandolo a un oggetto fi sso,
come la maniglia o il pomello di una porta, tenendo un cuscino sotto
il braccio per ottenere una moderata abduzione ed effettuare quindi
l’extrarotazione con il braccio lontano dal corpo. È meglio usare
un oggetto fi sso per evitare che la spalla più debole lavori meno
rispetto a quella indenne o più forte. Analogamente, l’intrarotazione
può essere eseguita con il braccio in leggera abduzione effettuando
la rotazione interna verso l’addome. L’estensione viene compiuta in
modo simile, tirando indietro l’elastico con il gomito addossato al
tronco. La fl essione con l’elastico consiste nel sollevare il braccio,
di solito al di sotto del livello della spalla. Molti di questi esercizi
possono essere eseguiti con tecniche alternative, usando un peso
di 0,5-2 kg.
I pazienti con marcato defi cit della forza di fl essione devono
effettuare esercizi graduali, soprattutto per la fl essione, che deve
essere iniziata in posizione supina senza alcun peso.
Quando è possibile compiere con facilità e ripetutamente
il movimento di fl essione, si utilizza un peso di 0,5-1 kg fi no al
raggiungimento del medesimo risultato. Successivamente, il pa-
ziente viene posto in posizione semiseduta a 30-40 ° senza alcun
peso all’estremità dell’arto. Si procede in questo modo fi nché il
movimento viene eseguito facilmente, dopodiché si aggiunge un
piccolo peso di 0,5-1 kg. L’esercizio viene ripetuto fi no a quando
il paziente è in grado di portare attivamente il braccio verso l’alto
in posizione seduta.
Un metodo alternativo per giungere al sollevamento attivo com-
pleto senza assistenza è l’utilizzo di esercizi attivi-assistiti a catena
cinetica chiusa, quale il sollevamento del braccio afferrando un
bastone o, preferibilmente, una palla leggera. In quest’ultimo caso,
il paziente usa entrambe le mani, afferrando la palla con la mano
del lato sano al di sopra della quale pone la mano del lato affetto
e solleva gli arti, in modo che lo sforzo maggiore sia fatto dall’arto
sano. Ottenuto un suffi ciente rinforzo del lato affetto, la palla è
afferrata con la mano di questo lato, al di sopra della quale viene
posta quella del lato sano, che funge da resistenza al movimento.
Questi esercizi sono utili nella fase intermedia della riabilitazione per
raggiungere l’obiettivo della fl essione attiva completa del braccio
e del sollevamento dell’arto contro resistenze progressivamente
maggiori.
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Tavola 1.58 Spalla
ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA 59
Sede di incisione
Muscolo deltoide(divaricato)
Muscolo deltoide (divaricato)
Muscolo bicipite brachiale (capo lungo)
Muscolo bicipite brachiale (capo breve)
Arteria circonflessa anteriore dell’omero
Tendine bicipitale
Muscolo grande pettorale (divaricato)
Vena cefalica
Muscolo grandepettorale (divaricato)
Testadell’omero
Spazio articolare
Glenoide
Tendine del muscolosottoscapolare
Capsula articolare anteriore
Superficie articolare della testa dell’omeroCapsula articolare (aperta)
Muscolo sottoscapolare (sezionato)
Processo coracoideoACCESSO DELTOIDEOPETTORALE ALL’ARTICOLAZIONE DELLA SPALLA
Tendine congiunto (capo brevedel bicipite e coracobrachiale)
Portaleantero-superiore
Portale anteroinferiore
Portaleantero-inferiore
Portale anterosuperiore
Portaleposteriore
Portalelaterale
Portaledi Neviaser
Portaledi Wilmington
Acromion(angolo postero-laterale)
Portali artroscopici
COMUNI ACCESSI CHIRURGICI ALLA SPALLA
L’accesso deltoideopettorale è quello comunemente usato sia per
il trattamento di fratture complesse dell’omero prossimale o della
glenoide, sia per qualsiasi tipo di sostituzione protesica della spalla.
L’incisione, che ha una lunghezza di 10-15 cm, viene effettuata
sulla faccia anteriore della spalla e inizia a livello dell’apice della
coracoide o poco al di sotto. Dalla regione coracoidea si porta la-
teralmente verso la sede di inserzione del muscolo deltoide, lungo
il decorso della vena cefalica. In profondità si identifi ca lo spazio
tra deltoide e grande pettorale, nel quale decorre la vena cefalica,
e si divaricano i due muscoli, retraendo il deltoide lateralmente.
L’accesso all’articolazione gleno-omerale avviene attraverso il ten-
dine e il muscolo sottoscapolari. Può essere eseguito separando il
tendine e le fi bre muscolari in direzione lateromediale senza distacco
dell’inserzione tendinea. Questo accesso dà la possibilità di effet-
tuare poche procedure, la più frequente delle quali è l’intervento di
Bristow-Latarjet per la lussazione recidivante di spalla. La maggior
parte delle indicazioni per questo accesso, infatti, sono state so-
stituite da procedure artroscopiche.
Procedure ricostruttive più ampie, quali quelle di protesizzazione della
spalla, vengono eseguite mediante sezione del tendine sottoscapolare
come mostrato nella Tavola 1.58 e della capsula articolare sottostante.
In alternativa, il tendine può essere distaccato dalla piccola tuberosità
e poi reinserito al termine dell’intervento mediante punti di sutura
transossei. Recentemente è stato rilevato che si possono ottenere
risultati clinici migliori rimuovendo una sottile bratta ossea dalla
porzione della piccola tuberosità su cui è inserito il tendine, invece
di sezionarlo, sintetizzando alla fi ne il frammento osseo nella sede
originaria con punti transossei. Questa metodica consentirebbe una
migliore guarigione di osso contro osso che di tendine-osso o tendine-
tendine nei pazienti anziani con avanzata degenerazione tendinea.
Attualmente, molte procedure di riparazione o ricostruzione sono
eseguite mediante tecniche artroscopiche. Per queste procedure si
praticano diverse piccole incisioni di 3-4 mm (portali) che possono
essere effettuate nella parte superiore, anteriore e/o posteriore della
spalla. Nella maggior parte delle procedure ricostruttive, vengono
usati due o più portali. Perlopiù viene usato un solo portale per la
fase diagnostica, mentre almeno un altro o altri portali servono per
far passare gli strumenti chirurgici o i dispositivi per riparare una
lesione o inserire un impianto. Le procedure effettuate all’interno
dell’articolazione gleno-omerale utilizzano portali nello spazio artico-
lare posteriore e uno o due portali anteriori per interventi sul cercine
e/o sulla capsula articolare, il portale di Wilmington per le riparazioni
delle lesioni SLAP e i portali posteriore, laterale e anteriore per la
riparazione della cuffi a dei rotatori.
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