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SItCoR Scuola Italiana Counseling Relazionale
Castelfranco Veneto - TV
Tesi di diploma
COUNSELING ADOLESCENTI e WEB 2.0
Diplomando: Paola Zocca
Relatore: Prof. Pierfranco Murru
Anno Accademico 2012/13
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Sommario INTRODUZIONE ......................................................................................................................... 3
Cap. 1 – LA COMUNICAZIONE DEGLI ADOLESCENTI AL TEMPO DEL WEB 2.0 .......................... 7
1.1 - La rete come luogo di incontro ma anche di solitudine .............................................11
1.2 – L’analfabetismo emotivo ...........................................................................................13
Cap. 2 –IL WEB 2.0 FUNZIONAMENTO E TIPI DI SOCIAL NETWORK ......................................16
2.1 - Dati generali sull’uso delle tecnologie - modi d’uso della rete ...................................18
Cap. 3 – LA DIPENDENZA DA FACEBOOK ................................................................................20
3.1 - Dipendenza dal Web – progetti in Italia .....................................................................26
3.2 - Ambiti di intervento del Counselor .............................................................................29
3.3 - Qual è l’approccio del Counselor in caso di dipendenza ............................................32
3.4 - Counseling informativo per genitori e operatori sanitari ...........................................34
CONCLUSIONI ..........................................................................................................................37
BIBLIOGRAFIA ..........................................................................................................................42
Altre fonti citate ..................................................................................................................42
3
INTRODUZIONE
La frequentazione e l’utilizzo dei Social Network in questi ultimi
anni sono diventati un fenomeno globale. Giovani e meno giovani
trascorrono molte ore della loro giornata su questi siti. L’interesse
crescente per i Social Network, oltre ai suoi grandi vantaggi, sta
creando preoccupazioni per le potenziali conseguenze sulla vita
reale dei ragazzi. Ma chi sono questi nativi digitali? Il termine
nativi digitali, indica i giovani nati a partire dalla metà degli anni
Novanta che hanno sempre vissuto usando Internet e i nuovi
media ed hanno le seguenti caratteristiche:
un'identità fluida1, che in alcuni casi si accompagna
all'analfabetismo emotivo2;
nuove modalità di relazione, anche affettive, che hanno nei
social media il loro centro;
la perdita del concetto di privacy, con tutti i vantaggi e gli
svantaggi del caso;
la capacità di utilizzare i nuovi media per potenziare la
1 Citato da Z. BAUMAN “Modernità liquida” - è la metafora della liquidità coniata da Bauman per
descrivere la modernità nella quale viviamo, individualizzata, privatizzata, incerta, flessibile,
vulnerabile. Internet è lo strumento elettronico, comodo e utile, che ci consente di modellare le nostre
identità senza rimanere legati a una di esse. 2 Vedi par. 1.2
4
propria identità sociale e la creatività di gruppo.
Nell’ambito della ricerca sulle piazze reali e virtuali, ho cercato di
mettere a fuoco l’aspetto virtuale della comunicazione fra gli
adolescenti attraverso un’attività di indagine basata su interviste
ad un campione di studenti dell’I.T.C. Fusinieri di Vicenza.
L’attività principale di intervista è stata accompagnata da momenti
nei quali il confronto diretto con gli adolescenti ha offerto
opportunità di colloquio che hanno permesso di approfondire temi
significativi ed iniziare con loro un dialogo che prima non c’era mai
stato. Alla fine del lavoro di raccolta dati ho ritenuto opportuno non
rielaborare i questionari trascrivendo numeri e percentuali ma
continuare l’attività iniziata con i ragazzi attraverso l’ascolto
attivo3. Le nuove tecnologie ed i Social Network non sono soltanto
una “questione tecnologica.” Ma si inseriscono nella vita
quotidiana degli adolescenti, che sono molto più abili di noi
nell’utilizzo, ma quali effetti possono avere sui processi di
comunicazione, relazione e creazione dell’identità4? L’utilizzo
delle nuove tecnologie induce molti cambiamenti, cambia, per
esempio, il rapporto con se stessi e soprattutto con gli altri, più
diretto ma molto più mediato. Le nuove tecnologie ci promettono
di incontrare molte persone ma tendono a togliere il sapore, la
genuinità, l’originalità e la freschezza alla relazione interpersonale
3 Vedi “Genitori efficaci” di Thomas Gordon, edizioni La Meridiana, 1997
4 Tratto da I social network – pag. 9 - Giuseppe Riva, (2010), Ed. Il Mulino.
5
vera e propria. Cambia il modo di concepire la quotidianità. È
difficile pensare alle nostre giornate senza aprire il computer o
usare il cellulare; in questo senso, la nostra esperienza quotidiana
subisce dei pesanti condizionamenti, può cambiare il modo di
partecipare alla vita di società. Le nuove tecnologie ci danno
molte più possibilità di partecipare alla vita sociale condividendo
anche luoghi virtuali, ma non è detto che questa partecipazione
sia effettiva. Anche il famoso sociologo Zygmunt Bauman è
intervenuto a Sarzana al Festival della Mente “Sul concetto di
comunità e rete, sui Social Network e Facebook”. Il sociologo
parte con la spiegazione del significato di ambivalenza; tra
l’impossibilità di decidere e la scelta tra quello che ci attrae e che
ci respinge. I guai sono sempre dietro l’angolo e ciò che ci seduce
allo stesso tempo è sempre troppo vicino. Racconta della libertà e
della sicurezza, un binomio troppo difficile da equilibrare, prima
nella vita offline, poi, da un po’ di tempo, anche nella vita online.
Bauman ci aiuta a ricordare, elementi che forse possono
sembrare basilari, ma che forse qualcuno – tra gli utilizzatori dei
social media – potrebbe aver perso di vista. La ricerca di
condivisione contro la solitudine, la ricerca verso quel qualcosa a
cui appartenere. Ma come riuscire a mantenere la nostra unicità,
ed essere riconosciuti in qualche modo dagli altri, senza perdere
la nostra libertà? Il Social media, e in particolare Facebook, dice
Bauman, possiamo identificarlo con uno slogan, usato per il lancio
del walkman, anni e anni fa “La promessa di non essere mai soli”.
6
I social media ci rendono liberi e poco impegnati verso gli altri
“naviganti”, a differenza delle comunità vere e proprie che ci fanno
appartenere a un gruppo, in modo spesso irrazionale. Le reti
sociali consentono di essere off line quando vogliamo – push the
button – e non abbiamo, impegni, relazioni, doveri. Tutto rimane al
di fuori dello schermo; dove i Digital Natives hanno più difficoltà a
capire la differenza tra un amico vero e un amico solo “social”.
7
Cap. 1 – LA COMUNICAZIONE
DEGLI ADOLESCENTI AL TEMPO
DEL WEB 2.0
I nuovi media sono luoghi virtuali di incontro, dove i ragazzi
tendono a sostituire la comunicazione e le relazioni dirette a cui
noi adulti siamo abituati. La distanza fra il mondo degli adulti e
quello degli adolescenti oggi è molto più netta di quanto non fosse
fino a pochi decenni fa, l’attuale situazione pare suggerire una
incomunicabilità fra generazioni divise dall’uso di tecnologie
comunicative che portano gli uni a escludere gli altri dalla propria
esperienza. Gli adolescenti, nel comunicare tra di loro, ricorrono
spesso ad una specie di codice personale, comprensibile solo a
chi conosce il loro mondo interiore e il loro universo. La necessità
di comunicare è, per loro, una esigenza vitale. È, nello stesso
tempo, un bisogno e una apertura, che i giovani avvertono in
modo inconscio, con naturalezza e spontaneità. Il loro linguaggio,
però, non sempre appare comprensibile agli adulti, i quali, il più
delle volte, stentano nell’attribuire un significato ai loro messaggi,
ai loro atteggiamenti, ai loro silenzi. È un linguaggio
particolarmente articolato tanto è vero che talune volte appare
non solo tortuoso ma anche espressione di più significati.
Potrebbe essere definito una sorta di codice personale,
8
accessibile solo a chi condivide e conosce il loro mondo interiore.
Anche il modo di scrivere di molti teenager ha subito una
rivoluzione, essi usano un tipo di linguaggio che appartiene solo al
loro mondo di adolescenti e passano sempre più tempo
comunicando con gli sms o con la chat, attraverso frasi brevi e
dirette, con parole spesso abbreviate per semplice comodità o per
esigenza di spazio. Le tecnologie allontanano più che avvicinare,
principalmente perché chi ne fa uso tende a isolarsi ed inoltre
anche per le differenti competenze fra genitori e figli nell’uso di
strumenti informatici. L’indagine è stata dunque pensata come
uno strumento per indagare il mondo degli studenti delle scuole
superiori a livello di comportamenti e atteggiamenti dei singoli. I
Social Network danno la possibilità a tutti di esprimersi, e, come
dice Riva, sono un’opportunità in quanto ci permettono di
relazionarci con i nostri amici reali superando il principale vincolo
del faccia a faccia5 ma non sempre abbiamo degli interlocutori
interessati ad ascoltare. La comunicazione mediata da computer
manca degli elementi metalinguistici propri della conversazione
faccia a faccia, è priva di segnali di feedback che consentano agli
attori interagenti di identificare con precisione gli aspetti relazionali
e sociali (Sproull e Kiesler 1986)6. Cambia la gestione delle
relazioni: persone che sono timidissime o hanno problemi a
socializzare, tramite i Social Network fanno dialoghi fiume con
5 Tratto da I social network – pag. 43 - Giuseppe Riva, (2010), Ed. Il Mulino.
6 Guida alla Net Economy – pag. 173 - a cura di Bruno Lamborghini, Franco Angeli
9
gente che non conoscono. C’è una “protezione” che ci permette di
nasconderci dietro un’identità che non è la nostra nel contatto con
gli altri. Il fatto che una serie di valori specifici del nostro essere
persona siano delegati ai mezzi di comunicazione può essere
preoccupante. Il rischio della dipendenza è alto, sta a noi tutti
avere la capacità di discernimento per un utilizzo adeguato e non
eccessivo. Questi strumenti permettono di condividere valori e
comportamenti non soltanto delle mode o degli atteggiamenti;
quanto si è liberi di scegliere un proprio percorso dentro la realtà
virtuale? I nuovi media ci danno l’impressione di un’estrema
libertà di movimento e di espressione; possiamo comunicare a
beneficio di un pubblico vastissimo e possiamo trovare tutto quello
che vogliamo. Il rischio di questa grande quantità di informazioni
lo troviamo nell’impossibilità di trovare realmente, in quella mole di
dati ciò che cerchiamo ; una sfida caratteristica dell’adolescenza è
quella di trovare un’identità propria. Noi siamo stati abituati a
vivere in contesti particolari, come la famiglia, la scuola, l’oratorio,
ma non sappiamo fino a che punto i contesti in cui si incontrano
oggi le nuove generazioni sono spazi di grande libertà oppure
luoghi di alienazione. I media hanno un potere di suggestione che
è molto efficace, finiscono per appropriarsi di spazi di educazione
e di formazione che dovrebbero essere della famiglia, della scuola
e delle altre agenzie educative. C’è bisogno di avere nuove
competenze per affrontare questa sfida, da declinare nel senso di
un'attitudine a cercare insieme: serve una consapevolezza di uso
10
prima in noi e poi nei nostri ragazzi, serve una specifica
competenza anche di tipo valoriale: mi serve o non mi serve
quello che sto facendo? Dobbiamo provare a mettere in evidenza
il sistema di valori a cui fanno riferimento questi media, anche a
partire dalla rivalutazione di alcuni termini importanti come
amicizia, amore, comunità, che vengono usati in modo spesso
superficiale. La “community”, per esempio, non ha niente a che
fare con l’idea di “comunità” che abbiamo in mente noi ma indica
un insieme di contatti e di identità che possono anche essere
fittizie, quindi possono generare un po’ di confusione in una fase
di crescita in cui proprio la ricerca di identità è un nodo
problematico. La sfida che ci riguarda è quella di aiutare i nostri
ragazzi a distinguere ciò che è utile da quello che non lo è, a
sviluppare una capacità critica utile per discernere. Siamo
chiamati a ritrovare il senso della comunicazione attraverso i
media, sia cercando il significato del loro uso, sia imponendo noi
la direzione in cui vogliamo andare, usando i mezzi di
comunicazione. Bisogna passare dalla semplice ricezione alla
fruizione: dobbiamo saper trarre frutto da quello che usiamo e
dobbiamo riscoprire i valori fondamentali della vita per capire cosa
ci si può davvero aspettare da questi nuovi media. I ragazzi hanno
desiderio di capire chi sono, di trovare un’ identità solida7, hanno
bisogno di essere ascoltati e di potersi esprimere, hanno anche il
7 La concezione dell’identità secondo ZYGMUNT BAUMAN - testo di riferimento: Intervista
sull’identità, Z. Bauman, Editori Laterza, Roma-Bari, 2003.
11
desiderio di scoprire se stessi, perché ancora non sanno bene chi
sono, hanno un forte desiderio di incontro e di relazione. Non
dobbiamo lasciare che questi desideri evolutivi siano solo nelle
mani dei media, altrimenti siamo spiazzati; consapevolezza,
capacità critica e gusto non si devono spegnere, è necessaria una
base etica di valori saldi, che rimangano sempre. La
comunicazione deve rimanere sempre un’attività fatta da persona
a persona, dobbiamo mantenere la capacità di raccontarci e dirci
le parole vere, quelle che ci salvano e che ci aiutano, su cui ha
senso costruire il nostro percorso di vita.
1.1 - La rete come luogo di incontro ma anche di solitudine
Un dato interessante sui comportamenti tra virtuale e reale è che
il 47% degli intervistati asserisce di essersi incontrato almeno una
volta con persone conosciute online. Non è detto che, in quelle
percentuali, debbano necessariamente nascondersi
comportamenti non corretti, dato che per la maggior parte dei casi
potrebbe semplicemente trattarsi dell'incontro nella vita reale con
l'amico dell'amico conosciuto in chat o su Facebook; tuttavia
l'entità del fenomeno fa riflettere, in realtà, come l’esperienza del
mondo reale ci insegna, non tutte le relazioni sono amicizie8. Il
discorso delle amicizie con sconosciuti tocca un tema delicato e
inquietante che presenta cifre molto alte, ma possiamo vedere la
cosa anche da un altro punto di vista come è apparso sull’articolo
8 Tratto da I social network – pag. 93 - Giuseppe Riva, (2010), Ed. Il Mulino.
12
del Giornale di Vicenza del 27 maggio 2012 nella pagina Giovani
e Social Network dove la questione di fondo è affrontare la sfida
dell’uso della rete in funzione educativa in modo realistico, non
prevenuto e con la fiducia che la sfida valga la pena; bisogna
pensare alla rete come qualcosa di fisiologico, non patologico.
L’altra domanda che dobbiamo porci è se è vero che i Social
Network ci rendono asociali; qualche giorno fa, in autobus,
osservando gli adolescenti notavo che quasi tutti erano intenti ad
armeggiare con il loro cellulare, con un Ipad o altro ritrovato della
tecnologia. Ho intravisto qualcuno alle prese con Facebook e non
ho potuto fare a meno di sorridere notando il contrasto tra la
solitudine in cui ciascuno era immerso, l’estraniamento rispetto
alla realtà circostante e il significato del termine “social network”
(letteralmente rete sociale). Mi sono chiesta se davvero questo
portale, e il mondo web in generale ci consentano di instaurare
relazioni autentiche o se in realtà rendano ognuno di noi un po’
più asociale. Ho anche pensato al modo in cui si stringono
relazioni di amicizia: prima su Facebook poi, in seconda battuta,
nella realtà. Cosa dire poi della frase ormai consueta: “Ma come
mai non ti ho tra i miei amici su Facebook?”, come se dichiararsi
amici lì, fosse il solo viatico per un rapporto autentico. Per non
parlare di quando qualcuno ci arreca un’offesa: anziché cercare
un confronto, lo eliminiamo immediatamente dai nostri “amici” del
network. Ho l’impressione che la realtà venga sempre più filtrata
dal Web; non a caso in questi ultimi anni abbiamo assistito
13
all’insorgere di una nuova patologia: la dipendenza dalla rete9,
che in alcuni casi è molto simile alla dipendenza da alcool o da
sostanze stupefacenti. Internet riserva sicuramente moltissimi
vantaggi ed offre la possibilità di accorciare le distanze,
risparmiare tempo e reperire immediatamente una mole di
informazioni sino a qualche anno fa inimmaginabile ma, come per
tutte le cose, può avere delle controindicazioni legate ad un uso
eccessivo. Ma perché ci si appassiona tanto al web? Perché la
rete permette di vivere moltissime esperienze rimanendo
comodamente a casa, quindi in un ambiente protetto e con
un’esposizione minima; è possibile creare un’identità alternativa,
magari completamente opposta a quella reale, aumentare così la
propria autostima proponendosi agli altri in un modo del tutto
nuovo, mantenendo però una “distanza di sicurezza”. Non ci si
guarda negli occhi, non ci si tocca, non si ascolta la voce del
nostro interlocutore, però la rete ci consente di essere ciò che
vogliamo, dove e quando lo desideriamo, pur rimanendo nei pochi
metri quadrati della stanza in cui è presente il nostro computer.
1.2 – L’analfabetismo emotivo
A rendere precarie e leggere le relazioni sociali nei social network
è anche un altro possibile effetto dell’uso massiccio dei social
media: l’analfabetismo emotivo10. Nell’interazione mediata, la
9 Vedi cap. 3
10 Tratto da I social network – pag. 159 - Giuseppe Riva, (2010), Ed. Il Mulino.
14
fisicità del corpo è sostituita da quella del medium; ciò priva il
soggetto di un importante punto di riferimento nel processo di
apprendimento e comprensione delle emozioni proprie e altrui con
effetti che vanno dal disinteresse emotivo alla psicopatia. Con
l’espressione analfabetismo emotivo “emozional litteracy”
Goleman11 intende:
la mancanza di consapevolezza e quindi di controllo delle
proprie emozioni e dei comportamenti ad esse associati;
la mancanza di consapevolezza delle ragioni per le quali si
prova una certa emozione;
l’incapacità a relazionarsi con le emozioni altrui - non
riconosciute e comprese - e con i comportamenti che da
esse scaturiscono.
Un fattore di incremento dell’analfabetismo emotivo è l’utilizzo
massiccio dei media che favoriscono un modello di relazioni
mediate, privando il soggetto di quegli script utili alla lettura e
l’applicazione dei comportamenti sociali. A venir meno è
soprattutto la capacità di riconoscere le emozioni dell’altro e, di
riflesso, di comprendere le proprie; ciò in prima istanza porta al
disinteresse emotivo. Sto parlando di ragazzi che comunicando
spesso tramite la tecnologia hanno disimparato a riconoscere la
ricchezza della comunicazione diretta (le sfumature importanti
della comunicazione non verbale). Certo è che il social network 11
Intelligenza Emotiva - Daniel Goleman, Rizzoli, Milano 1996.
15
spesso facilita l’espressione di sé, abbattendo il timore del
giudizio immediato. Svelare se stessi ad un social network in ogni
caso non offre la giusta ricompensa relazionale: l’uomo è fatto di
emozioni e pensieri fluidi. I pensieri e le emozioni di un
adolescente sono ancor più fluidi, alla ricerca di risposte e
conferme che sono frustrate dalla comunicazione mediata.
16
Cap. 2 –IL WEB 2.0
FUNZIONAMENTO E TIPI DI
SOCIAL NETWORK
Quando parlo di Web 2.012, intendo quell’insieme piuttosto
variegato di servizi forniti attraverso Internet che rappresenta un
passo avanti nell’evoluzione dei siti web, verso la condivisione di
informazioni fra utenti e l’interazione tra utenti e siti visitati. Si
tratta dunque di siti dove gli utenti non hanno la sola funzione di
fruitori e destinatari di un messaggio, ma prendono parte in prima
persona alla generazione dei contenuti. Come scrive Antonio
Spadaro, nel web 2.0 il senso della pubblicazione è la
partecipazione. Pubblicare significa partecipare, cioè condividere.
Il centro di questa rete sono i contenuti scambiati all’interno del
Social Network13. Nella cornice impostata da questa vaga
definizione possono essere inquadrate molte applicazioni diverse,
dai tradizionali forum e chat, alle piattaforme di condivisione di
documenti, come Google Docs, ai sistemi wiki, come Wikipedia, ai
servizi di social bookmarking14, come per esempio del.icio.us15,
12
Il Web 2.0 è l'insieme di tutte quelle applicazioni online che permettono un elevato livello
di interazione tra il sito web e l'utente 13
Tratto da WEB 2.0 – pag. 13 – Antonio Spadaro, (2010), Ed. Paoline 14
Il Social bookmarking è un servizio basato sul web, dove vengono resi disponibili elenchi di
segnalibri (bookmark) creati dagli utenti 15
del.icio.us è un sito web di social bookmarking per l'archiviazione, ricerca e condivisione di
17
fino ad arrivare ai siti più popolari in questi ultimi anni, ossia i
social network, come LinkedIn, Netlog, Facebook e Twitter.
Giuseppe Riva definisce il social network come una piattaforma
basata sui nuovi media che consenta all’utente di gestire sia la
propria rete sociale, sia la propria identità sociale16. Con questa
etichetta si indicano quindi tutti quei servizi che permettono a
gruppi di persone di connettersi fra di loro per mantenere vivi
rapporti professionali, sociali o di amicizia. Generalmente entrare
in una rete sociale prevede che l’utente si costruisca un profilo
personale, che descriva sia la persona fisica con i suoi interessi,
la sua storia professionale e il suo curriculum studiorum, sia il suo
ambiente virtuale (indirizzi di siti personali, indirizzi di posta
elettronica); il passo successivo è quello di creare la propria rete
di contatti, stabilendo relazioni con altri utenti della rete, che
generalmente sono simmetriche (come nel caso degli amici in
Facebook o dei contatti in LinkedIn), ma talora sono unidirezionali
(come nel caso del rapporto di sequela che si instaura in Twitter,
dove si può avere un follower rispetto al quale non si crea un
rapporto simmetrico di following17), infine, si possono sfruttare le
funzioni proprie della rete in questione per dialogare con i propri
contatti, semplicemente leggere che cosa fanno, condividere
informazioni, collegamenti o materiali multimediali. Il cyberspazio,
bookmark, creato nel 2003 da Joshua Schachter ed acquisito nel dicembre 2005 da Yahoo 16
Tratto da I social network – pag. 17 – Giuseppe Riva, (2010), Ed. Il Mulino. 17
Il following è quando permettiamo che qualcuno segua le nostre discussioni senza che noi
seguiamo le sue.
18
così viene definito dai ricercatori il luogo digitale dei social
network, unisce alcune caratteristiche delle reti sociali tradizionali
(interazione, supporto e controllo sociale) con le caratteristiche del
Web (multimedialità, creazione e condivisione di contenuti)18.
2.1 - Dati generali sull’uso delle tecnologie - modi d’uso della rete
Quanto emerge dall’indagine condotta a Bergamo da Lazzari e
Jacono Quarantino, l’80,4% possiede un cellulare proprio, il
19,1% più d’uno e soltanto 6 ragazzi, pari allo 0,4%, non ne
hanno neppure uno; l’80,6% dichiara di possedere e usare un
lettore mp3, il 13,4% di usare in sua vece il cellulare per ascoltare
musica e solo il 6% si dichiara sprovvisto di un simile strumento di
riproduzione audio. Il 4% non dispone di una connessione Internet
a casa, il 12,1% ha una connessione a consumo e l’83,9% una
connessione a tariffa fissa e uso illimitato. Per quanto riguarda la
televisione, il 26,3% dichiara di vederla per meno di un’ora al
giorno, il 32,8% per un tempo compreso fra una e due ore, il
restante 40,9% per più di due ore; rispetto all’uso di Internet le
percentuali passano rispettivamente al 30,3%, 40,4% e 29,3%.
Prevale dunque l’uso del mezzo televisivo rispetto a quello
interattivo di Internet. Ma i social Network non sono utilizzati
esclusivamente dai giovani; Facebook piace anche alla polizia; si
è visto che le tradizionali piattaforme di comunicazione come
18
Tratto da I social network – pag. 123 - Giuseppe Riva, (2010), Ed. Il Mulino.
19
giornali, TV e radio non sono canali di comunicazione efficaci con
le parti più giovani della popolazione, i social media si sono
dimostrati molto utili in situazioni eccezionali come gli attacchi
terroristici o le calamità. In una grave crisi, i social media
rappresentano un mezzo di comunicazione collaudato per tenere
la gente informata senza dipendere dall'infrastruttura informatica
della polizia. Il nuovo rapporto di Composite, che sta per
Comparative police studies in the EU (questo il nome del progetto
finanziato), Best Practice in Police Social Media Adaptation, tratta
infatti, in maniera dettagliata, in che modo i social media possono
essere usati per supportare il lavoro della polizia, dalla
comunicazione con il grande pubblico alla redazione di profili
criminali in base alle loro preferenze. I social media sono i nuovi
spazi pubblici, dove la polizia deve essere presente e visibile. Una
importante questione legale e procedurale per le forze di polizia è
inoltre la cooperazione con provider come Facebook o Twitter,
aziende private con sede all'estero sotto giurisdizione estera;
tuttavia, questi sforzi sono visti come proficui in rapporto ai
possibili benefici dell’uso dei social media da parte della polizia
soprattutto per quanto riguarda la fascia adolescenziale perché
sono proprio gli adolescenti che li usano quotidianamente.
20
Cap. 3 – LA DIPENDENZA DA
L’uso eccessivo della rete può portare gradualmente alcuni
individui a una restrizione delle relazioni con gli altri, in quanto
l’esperienza virtuale viene percepita e vissuta come più “agevole”
rispetto alla realtà.19 L’individuo scopre con piacere una facilità di
comunicazione interpersonale mai sperimentata e, in una prima
fase, tende a idealizzare gli altri e se stesso, sovrastimando
l’importanza dei messaggi e il valore della frequenza con cui li
invia e li riceve. Questa prima fase entusiastica, una vera e
propria luna di miele nel social-network, tende a stemperarsi nella
routine e si conclude definitivamente con le prime delusioni. Le
relazioni faccia a faccia si rivelano fonte di frustrazione o la
semplice conoscenza con un contatto riserva inspiegabili e
inaspettate battute d’arresto. Così l’utente a rischio intensifica la
propria presenza sul social-network alla ricerca di nuovi e più
gratificanti contatti per rinnovare il piacere sperimentato all’inizio.
Il rischio è di perdere la dimensione del tempo e di trascorrere ore
e ore al terminale, riducendo drasticamente il numero delle
esperienze reali; ci si può isolare completamente dagli affetti più
19
Tratto da Nuovi adolescenti nuovi disagi - Ulisse Mariani e Rosanna Schiralli, Oscar Mondadori,
2011
21
cari, smettere pian piano di uscire di casa, mettere a repentaglio
gli impegni più importanti della propria vita, lavoro compreso.
Individui con diagnosi da dipendenza da internet hanno
raccontato di aver preso giorni di malattia in modo da non
allontanarsi dal proprio computer ed essere continuamente
connessi. Oltre alla dipendenza da social network sono state
identificate anche dipendenze da gioco d’azzardo, da siti
pornografici, da videogames e dalla ricerca compulsiva di
informazioni (information overload). Quando la dipendenza è
instaurata determina una relazione inversa tra numerosità degli
amici in lista e il senso di alienazione e solitudine percepiti nella
vita reale. Più è intensa l’attività online, meno è concreta e
partecipata l’esperienza emotiva nelle relazioni faccia a faccia. Il
dipendente da Facebook può trasporre lo stile di comunicazione
efficace sul social-network, fatta di frasi brevi e di commenti
estemporanei nell’interazione reale, rendendosi per questo
inconsapevolmente inadeguato. Un esempio di questa
trasposizione è l’utilizzo deliberato del telefono cellulare per
aggiornare in diretta il profilo Facebook in situazioni sociali. Il
dipendente da Facebook sembra non distinguere l’identità
pubblica in rete dall’identità privata, sente il bisogno di alimentare
costantemente la prima a detrimento della seconda. “Se non
esisto su Facebook, non esisto”. La paura che la propria identità
si dissolva, se non impressa nella Rete, spinge ad intensificare
l’attività online in una spirale di dipendenza e di progressiva
22
alienazione dall’esperienza concreta della realtà. L’utilizzo
compulsivo del social-network può interferire sullo studio o sul
lavoro e può complicare notevolmente il raggiungimento di
obiettivi. I sentimenti di inadeguatezza e il vissuto depressivo che
risulta dalla vita reale induce il dipendente da Facebook a
rifugiarsi sempre di più nell’avatar (immagine scelta per
rappresentare la propria utenza in community). In breve tempo
la friendship addiction (amico dipendenza) motivata dal bisogno
di accrescere l’autostima e le relazioni sociali, produce l’effetto
contrario: la persona è confinata in un cimitero virtuale di volti
indifferenti e in una solitudine sospesa ai fili degli esili rapporti
virtuali. Nell’ansietà dell’isolamento sociale sostanziale, anche se
non apparente, il dipendente da Facebook spesso è vittima di
pensieri persecutori (gli altri mi vogliono ridicolizzare, mi vogliono
danneggiare) o di riferimento (gli altri parlano di me, scrivono frasi
riferite a me) che possono raggiungere le dimensioni schiaccianti
della rimuginazione ininterrotta e della paranoia. Con l'utilizzo dei
Social Network già molte persone mostrano segni sempre più
seri ed invalidanti di dipendenza, con sintomi di tolleranza
(assuefazione), ovvero la necessità di stare collegati e/o
aggiornare i contenuti personali della propria pagina sempre di più
ad ogni nuova connessione per raggiungere la medesima
sensazione di appagamento; sintomi di astinenza, cioè la
sperimentazione di intensi disagi psico-fisici nel caso non ci si
colleghi per un certo periodo; ed infine sintomi di Craving,
23
ovvero la presenza sempre maggiore di pensieri fissi e di forti
impulsi verso come e quando connettersi. I sintomi della
dipendenza da Facebook si possono riassumere in:
sintomi psichici; tristezza, preoccupazione, indifferenza,
apatia, indecisione, inibizione nelle relazioni sociali reali,
diminuita capacità attentiva e mnemonica, pessimismo, idee
di rovina o di catastrofe imminente, auto-svalutazione, senso
di colpa, sospettosità nei confronti degli altri
sintomi psicosomatici; insonnia con risvegli notturni
immotivati caratterizzati dal pensiero delle relazioni o delle
attività online, affaticamento cronico, annebbiamento della
vista o sensazioni di visione anomala, emicranie, senso di
oppressione al petto, nausea e disturbi dell’alimentazione.
Sul piano dei comportamenti, alcune modalità sono spie da
dipendenza da social-network:
connettersi più volte al giorno e più volte nelle stesse ore;
pensiero rivolto costantemente alle attività sul profilo;
interrompere il lavoro o lo studio per aprire la schermata del
social-network;
possedere e aggiornare più di un profilo;
continuare l’attività su Facebook anche durante i pasti;
sentirsi tesi e nervosi se non si può accedere al social-
network perché senza connessione;
24
utilizzare Facebook come principale applicazione internet;
aprire sempre il social-network prima di andare a dormire;
stare connessi su Facebook sino a notte inoltrata.
Quanto più questi comportamenti tendono a ripetersi sino a
sostituire altre attività quotidiane, (studio, lavoro, attività sportive o
ricreative) tanto più si è di fronte a una dipendenza da Facebook.
La dipendenza dai Social Network sembra essere dovuta al forte
senso di sicurezza, di personalità e di socialità che tale forma di
siti sono in grado di fornire. In realtà tutte queste dinamiche psico-
emotive personali ed interpersonali si basano su qualcosa di
virtuale, dando in tal modo sicurezze ed autostima fittizie, ben
presto raggiunte da pericolosi sintomi di dipendenza, isolamento
sociale e conseguente menomazione delle principali sfere vitali
come quella lavorativa, familiare, sociale e affettiva. A tutto questo
si aggiunge la competizione che si instaura tra gli utenti dei Social
Network ad avere più amici che si associano alla propria pagina
personale; ciò provoca una distorsione del senso dei veri rapporti
amicali e a sua volta una vera e propria dipendenza da amicizia o
amico-dipendenza, laddove non si riesce più a staccarsi dal web
alla compulsiva ricerca di nuove condivisioni e al controllo di
possibili richieste o messaggi da nuovi possibili amici. Ulteriori
conseguenze deleterie derivanti da questa dipendenza da
amicizia, sono la formazione di giudizi personali ed interpersonali
sulla base del numero di amici aggregati alla propria pagina,
25
spingendo ancor di più verso l'iper utilizzo dei Social Network e la
dipendenza da essi stessi. Per quanto fin qui detto Facebook e gli
altri Social Network "funzionano" mascherando le personali ansie,
preoccupazioni, sbalzi d'umore e il proprio senso di disistima e di
solitudine. In tal modo le richieste di nuove amicizie risultano
quasi un riempimento, una conferma e/o un rafforzamento del
proprio ego. Si parla di amicizia data e di amicizia richiesta, ma le
amicizie che si creano sui Social Network non sono reali e spesso
le due persone non si sono mai conosciute veramente e magari
non si conosceranno mai nel futuro. Gli atteggiamenti di uso ed
abuso di questi siti web ed il loro perpetrarsi, fino addirittura alla
dipendenza, sono innescati e portati avanti da meccanismi
psicologici e neurologici di piacere, soddisfazione, affettività ed
autostima. A livello celebrale vengono rilasciate maggiori quantità
di sostanze psico-attivanti e a livello mentale si creano
meccanismi e schemi ricompensatori che portano al riutilizzo
continuo e sempre maggiore. Ad essi si aggiungono problemi
sociali, familiari, affettivi e lavorativi quali ritardi o assenze a
scuola o al lavoro, graduale isolamento, distorsione dei rapporti
affettivi e sociali, disgregazione dal gruppo familiare ed amicale.
Anche a livello fisico possono subentrare molteplici problemi
come ad esempio emicrania, stress oculare, iper sudorazione,
tachicardia, tensioni, crampi e/o dolori muscolari, forte
stanchezza. Infine la dipendenza da Social Network può facilitare
o associarsi ad altre tipologie di dipendenza connotate dall'utilizzo
26
disfunzionale del web come la dipendenza da internet o la
dipendenza da contenuti pornografici online.
3.1 - Dipendenza dal Web – progetti in Italia
Se ci si rende conto che internet sta prendendo il sopravvento
sulla propria vita, che la lontananza dal Web genera rabbia,
aggressività o insonnia, allora è importante rivolgersi ad uno
specialista. In Italia sono già presenti diversi Centri per la
Dipendenza da Internet all’interno dei quali lavorano valide equipe
di terapeuti ed anche un intervento di Counseling si rivela
appropriato. Il confronto con un professionista permette di
individuare eventuali problematiche antecedenti la dipendenza
dalla rete e di intraprendere un vero e proprio percorso di
disintossicazione che consenta anche un recupero della
comunicazione interpersonale autentica, non mediata dal
computer. Ovviamente, come per l’abuso di alcool o di droga, è
fondamentale la motivazione dell’individuo per il buon esito
dell’intervento. A tal proposito a Torino è stato aperto
recentemente un Centro per le Nuove Dipendenze. Anche a
Firenze si sta facendo qualcosa utilizzando i Social Network ed
ecco YOUNGLE, il primo servizio pubblico gratuito di sostegno
psicologico basato su un social network rivolto ad adolescenti e
gestito da adolescenti. Il Comune di Firenze, proprio per
“reclutare” questi ragazzi, ha lanciato una campagna nelle scuole
medie superiori, nelle università, nei centri giovanili e ovviamente
27
online. Il titolo della campagna è YOU IN THE YOUNGLE - Zona
di sopravvivenza under 20. Si tratta di un progetto davvero
innovativo che porta in Italia l’esperienza del counseling online
gestito da pari e sperimentata, da tempo, con successo anche
all’estero. Il progetto rientra nel programma interregionale Social
Net Skills, di cui la Toscana è capofila, finanziato dal Ministero
della Salute. Per la Toscana il Comune di Firenze gestirà il profilo
facebook “YOUNGLE”, di aiuto e counseling online, oltre ad avere
il coordinamento scientifico dell’intero progetto. Le altre regioni
che partecipano al progetto sono Lombardia, Liguria, Puglia,
Lazio, Umbria, Emilia-Romagna e Campania. YOUNGLE è un
servizio gratuito ed anonimo di auto-aiuto e counseling online su
Facebook. A chattare e comunicare online con i coetanei saranno
15 ragazzi tra i 17 e i 22 anni con il supporto di psicologi, medici
ed esperti di comunicazione. Opportunamente selezionati e
formati, con un apposito corso, presso il Centro Java, i ragazzi
potranno comunicare con i coetanei attraverso una chat line, un
servizio email, un telefono amico via Skype, oltre ad una pagina
continuamente aggiornata su spazi, eventi, feste, promozioni. II
progetto è altamente innovativo e prevede l’attivazione di percorsi
di auto-aiuto e counseling online sui social network. Le
problematiche trattate saranno le più svariate e copriranno tutte le
tematiche adolescenziali, sessualità, alimentazione, uso di
droghe e molto altro ancora. Daniela Scaramuccia, assessore al
diritto alla salute ha così commentato: abbiamo già sperimentato
28
più volte l’educazione “peer to peer”, da pari a pari e abbiamo
verificato che quando si tratta di adolescenti è la più efficace. Un
ragazzo ascolta molto più volentieri un coetaneo, che magari ha
fatto le sue stesse esperienze, piuttosto che un adulto. A
Castelfranco, invece, ci si sta attivando per assistere il numero
sempre più crescente di persone che utilizzano in modo
problematico internet e le nuove tecnologie. Alcune segnalazioni
circa l'uso problematico di tali strumenti stanno pervenendo, negli
ultimi tempi, al Serat dell'Ulss 8; si tratta di circa una decina di
segnalazioni, arrivate attraverso le famiglie o la scuola, relative a
minori che utilizzano in maniera massiccia e sconsiderata internet
o trascorrono le giornate giocando con i videogames. L'Ulss 8 si
sta pertanto attrezzando sia per prevenire che per assistere
queste persone attraverso due azioni. Un primo intervento è già
stato avviato attraverso un progetto che ha lo scopo di indagare la
diffusione e le modalità di utilizzo di internet e delle nuove
tecnologie da parte dei ragazzi. Nel progetto sono coinvolti quattro
istituti superiori (il liceo Giorgione, l'Itis Barsanti, l'Ipsia Rosselli di
Castelfranco veneto e l'istituto Cavanis di Possagno): circa 800
adolescenti a cui è stato distribuito un questionario di
approfondimento. Una volta ottenuti i dati, il Serat conta di attivare
delle azioni e dei progetti di prevenzione e di intervento per le
situazioni ritenute problematiche. Contestualmente è stato attivato
un percorso formativo sulle nuove dipendenze patologiche, tenuto
dal professor Tonino Cantelmi, psichiatra, presidente dell'Istituto
29
di Terapia Cognitivo-Interpersonale di Roma e massimo esperto
in Italia sul fenomeno delle dipendenze tecnologiche. I segnali che
indicano una possibile dipendenza sono da ricercare nella sfera
relazionale ed i metodi di cura possono consistere nella terapia di
gruppo affiancata dal trattamento psicoterapico. Ecco che, in
questa terapia di gruppo, può entrare il Counselor con specifiche
competenze di sostegno e di aiuto.
3.2 - Ambiti di intervento del Counselor
Nella dipendenza da internet il counseling può fornire supporto
solo nella prevenzione e la letteratura riguardo l’efficacia nella
prevenzione è piuttosto scarsa. Questo probabilmente per varie
ragioni tra le quali credo la velocità, la trasformabilità, e la
difficoltà nel porre dei confini a tali strumenti. Ecco quindi che il
mondo digitale rischia di essere più veloce dei nostri modelli di
lettura, di analisi, di ricerca, di conoscenza dei risultati. Queste
osservazioni ci devono far riflettere e ci spingono, non solo a
conoscere e a confrontare i dati, ma anche a dotarci di piani di
valutazione e a riferirci ai risultati e alle metodologie che hanno
dimostrato un'efficacia. Spesso tuttavia, e questo è
particolarmente evidente nell’accelerazione dei processi legati alle
nuove tecnologie, i criteri metodologici che si adottano rischiano di
fornire dati tardivi, non relativizzati ai diversi contesti, e così via.
Prova ne è che stiamo parlando dell’evoluzione e della rivoluzione
2.0, dove gli studi le ricerche, le ipotesi, sono ricche ed
30
appassionanti in diversi settori, ma abbiamo una carenza di dati
relativi alla efficacia in ambito sanitario. Credo sia importante
adottare una visione ed un metodo che faccia riferimento anche
alle teorie ed ai metodi della ricerca antropologica ed etnologica,
che rivaluti i modelli qualitativi, che riveda il rapporto tra
conoscenza ed azione, tra ricercatore/operatore/oggetto di studio.
Ad esempio la conoscenza deve precedere l'azione come nel
modello positivista20, oppure conoscenza ed azione sono tra loro
interagenti? L'attenzione sembra muoversi prevalentemente
intorno a due principali questioni. Una legata ai potenziali rischi di
dipendenza, di disimpegno da relazioni sociali-familiari-
scolastiche, di chiusura autistica, di pericolo di irretimento, o
ancora, per dirla con la psicoanalisi, di relazioni senza corpo. Una
seconda lettura, di fatto non alternativa ma semmai
complementare, vede invece tale mondo quale strumento-
possibilità per utilizzare canali comunicativi nuovi, maggiormente
appetibili, maggiormente friendly e vicini al mondo giovanile.
Secondo questa prospettiva i nuovi media possono
diventare soggetto di prevenzione, ovvero luogo e possibilità di
propagazione di informazioni sane, di incontro virtuale, di
coinvolgimento di soggetti altrimenti difficilmente raggiungibili o
coinvolgibili. Lo scenario che si presenta costituisce una nuova
formidabile occasione per intercettare i giovani, incontrarli,
lanciare messaggi, ascoltarli. In tal caso si può parlare di
20
Vedi Manuale di Psicologia Sociale, Giuseppe Mantovani, Giunti – pag. 18 cap. primo.
31
prevenzione grazie ed attraverso le nuove possibilità offerte.
Stiamo infatti parlando di un mondo che offre potenzialità sino ad
ora inedite ed impensabili, nell’ usufruire ed utilizzare canali
comunicativi nuovi, friendly, economici e veloci, offrendo la
possibilità di diventare consum-attori della comunicazione. Non
più quindi ricettori passivi ma costruttori di processi di
comunicazione di straordinaria diffusione. Come può il mondo
della prevenzione interagire con questo universo? Come questa
nuova dimensione potrà, come è avvenuto e sta avvenendo in
altre discipline, contribuire a trasformare e rimettere in gioco
radicalmente i postulati teorici ed operativi della prevenzione?
Come può il cambio di scenario prodotto dalla rivoluzione 2.0
diventare strumento di cittadinanza attiva, anziché luogo nuovo
ove adattare vecchie logiche? Come questo nuovo ambito potrà
favorire espressioni, partecipazione e condivisione di progettualità
anziché un’overdose di informazioni? Come si modifica la natura
stessa delle relazioni dove la dimensione digitale amplifica i
contatti temporali, spaziali ed il significato stesso di amicizia?
Come si modificano le reti sociali dove gruppi di amici reali, o solo
“di schermo”, possono essere ora gruppo di riferimento, ora di
appartenenza, ora di controllo, ora di esibizione? Ma cosa
significa fare prevenzione dei comportamenti a rischio in età
giovanile, ai tempi dei media digitali e delle nuove forme di
comunicazione? Il Counselor, per definizione anagrafica, non è un
nativo digitale, è un soggetto che si avventura in un mondo a lui
32
non del tutto familiare, dovrà costruire modelli di intervento
coerenti con il cambio di scenario, sarà una persona che conosce
il mondo tecnologico ma non sarà questa una condizione
sufficiente nel comprendere ed agire nel nuovo scenario. Si sta
infatti parlando di una situazione che ci obbliga a rimettere in
gioco molti dei postulati sui quali siamo vissuti per anni. Questo, in
un certo senso, non costituisce una novità, almeno per un certo
mondo della prevenzione. Bisogna riadattare i modelli e le prassi
ai vari cambiamenti che si sono presentati soprattutto
nell’universo giovanile. In sintesi, le aree entro le quali muoversi
sembrano collocabili in tre grossi filoni. Un filone legato alla
informazione: compito della prevenzione è informare
correttamente intorno ai rischi, ai rimedi e a quelli che sono gli stili
di vita corretti. Un secondo filone, legato prevalentemente
all’aiutare le persone concretamente ad evitare le situazioni di
rischio/pericolo, che può consistere, da una parte nell’attrezzare
l’individuo a riconoscere le proprie emozioni, acquisire maggiore
assertività, pensiero critico, e dall’altra nell’evitare luoghi, incontri,
situazioni, suscettibili di rischi e pericoli. Un terzo filone è legato,
invece, alla presa di coscienza delle contraddizioni esistenti, al
promuovere una partecipazione degli individui e dei gruppi
nell’assunzione di ruoli attivi e partecipi.
3.3 - Qual è l’approccio del Counselor in caso di dipendenza
L’intervento del Counselor può essere suddiviso in tre fasi: un
33
colloquio iniziale per confermare o meno la dipendenza; incontri
successivi per individuarne la causa ed aiutare l’adolescente a
prendere consapevolezza della dipendenza di cui soffre; un
contatto dal vivo con altri ragazzi e di conseguenza esperienze
autentiche di condivisione, senso del limite, capacità di attesa e
comunicazione non verbale. Nella prima fase utilizzo lo strumento
dell’ascolto, successivamente aiuto l’adolescente a sviluppare la
capacità di riconoscere i condizionamenti sociali e culturali e le
modalità attraverso cui si esplicitano. Importante inoltre è che il
ragazzo acquisisca le competenze per elaborare la propria
percezione di determinati fenomeni o temi, conseguendo ulteriori
strumenti per comunicarla nel gruppo di appartenenza e nei
contesti di vita quotidiani; lavoro sulla sua capacità di
comunicazione al fine di diffondere un punto di vista non scontato
su temi di grande impatto sociale. Per ultimo lo stimolo a prendere
parte al dibattito e al confronto su temi in esame, creando un
atteggiamento propositivo che depotenzi atteggiamenti conflittuali
o di scarso coinvolgimento e passività.
Regole da trasmettere al ragazzo circa l’uso di Internet:
limitare la quantità di tempo trascorso quotidianamente on
line (non più di una o due ore), possibilmente non
instaurando un'abitudine quotidiana da rispettare a tutti i
costi;
integrare le attività on line con simili attività reali (es.
34
acquisti, svaghi o relazioni sociali), per non trasformare la
Rete nello strumento privilegiato di relax, di evasione e di
contatto con se stessi;
la socializzazione reale non deve mai essere totalmente
sostituita da quella virtuale;
nel caso in cui l’adolescente avverta una necessità coatta e
incontrollabile di collegarsi ad Internet, suggerisco di
chiedere un aiuto competente.
3.4 - Counseling informativo per genitori e operatori sanitari
Quando si tratta di pazienti giovani, si tende sempre a coinvolgere
la famiglia nel processo educativo, al fine di ristabilire dinamiche e
ruoli più chiari e autorevoli; all’inizio si tratta di fare emergere la
consapevolezza di avere un problema. E’ dunque decisivo
l’incontro tra operatori, utenti e genitori: si tratta di costruire un
dialogo, con coraggio e pazienza, per trovare insieme gli itinerari
più utili al ragazzo. Non esistono medicine miracolose né formule
magiche che possono ridurre il rischio per gli adolescenti di
cadere vittime di patologie caratterizzate da dipendenza. Per
prevenire varie forme di disagio occorre stabilire con i figli una
relazione educativa precoce e costante, caratterizzata da una
buona sintonia emotiva, tempo significativo da dedicare loro,
autorevolezza e contenimento: in altre parole occorre avvalersi dei
principi della teoria dell’Educazione Emotiva. Questo è quanto
sostengono Mariani e Schiralli nel libro “Nuovi adolescenti, nuovi
35
disagi”21. La relazione con i genitori rimane la matrice evolutiva
dell’affettività per eccellenza. E’ nella scarsa, o del tutto
inesistente, validità dei rapporti primari che hanno radici profonde
le manifestazioni del disagio giovanile: devianze e comportamenti
antisociali, sindromi depressive e difficoltà relazionali; per non
parlare delle diverse patologie da dipendenza, che pure si nutrono
di stimoli di emulazione e suggestione, e pertanto sono
considerevolmente influenzate dai modelli socioculturali22.
Anche negli USA è stato scritto un prontuario di consigli 23che si
riassume nei seguenti punti:
essere a conoscenza di cosa gli adolescenti fanno su
internet;
fare loro domande e porre loro dei limiti;
discutere con loro sulle modalità di diffusione e di possibile
utilizzo da parte di terzi delle informazioni da loro messe in
rete;
dare supporto, non criticare;
cercare la comunicazione aperta e trasparente con gli
adolescenti;
tenere sempre presente l’intento non invasivo della loro
21
Nuovi adolescenti - nuovi disagi, Marioni U., Schiralli R. (2011), Arnoldo Mondatori. 22
Tratto da Figli per sempre, Ivana Castoldi, Feltrinelli, (2005) 23
Tratto dal prontuario di consigli per genitori e operatori sanitari (SCRI, Tips for Parents and
Healthcare Providers: Teens and MySpace, USA 2009) Seattle Children’s Research Institute (SCRI).
36
privacy;
crearsi un proprio account e un profilo sui social network
frequentati dagli adolescenti, per capirne di più e interagire
con loro nelle modalità comunicative da questi preferite;
invitare il proprio medico di base a utilizzare i social network
per conoscere meglio gli adolescenti e relazionarsi a loro nel
modo a essi più consono.
In Italia invece è stata realizzata una pubblicazione dal Ministero
dello Sviluppo Economico e da Unioncamere dal titolo “Naviga
senza rischi” per sensibilizzare i ragazzi, i loro insegnanti e le
famiglie sui rischi in cui possono incorrere quando scambiano
informazioni attraverso Internet e quando acquistano on line beni
e servizi.
37
CONCLUSIONI
Durante la stesura di questa tesi ho avuto modo di rafforzare le
intuizioni che mi avevano spinto ad intraprendere il lavoro. La
convinzione di partenza si basava sul fatto che Internet stesse
cambiando il nostro modo di concepire la realtà, l’economia, le
relazioni sociali, la psicologia delle persone e soprattutto le
modalità comunicative dei nativi digitali. La comprensione degli
effetti dei Social network sull’identità sociale e sui processi di
interazione è uno dei temi trattati dalla ciberpsicologia il cui
oggetto principale di questa nuova disciplina è l’analisi nei
processi di cambiamento attivati dai nuovi media.24 La rivoluzione
digitale governa ormai la nostra vita. Ci chiediamo, tra speranze e
nevrosi, se il web ci renda liberi o ci opprima, ci arricchisca o
renda miserabili. Con la fine del Novecento si è chiuso il secolo
delle Masse e si è inaugurato il XXI, quello delle Persone, gli
Individui. Ma a decidere le sorti della rivoluzione saranno i nuovi
contenuti che sapremo creare, senza lasciarci ipnotizzare dalla
potenza della tecnologia25.
24
Tratto da I social network – pag. 9 - Giuseppe Riva, (2010), Ed. Il Mulino. 25
Tratto da Il web ci rende liberi? Gianni Riotta, Einaudi.
38
Oggi l’utente medio è abituato a caricare ogni tipo di contenuto,
fatto in casa o meno, su media come MySpace, Facebook o
Qoob, partecipa direttamente alla costituzione di una enciclopedia
globale, Wikipedia, che non ha nulla da invidiare alla Britannica,
pratica l’esperienza del citizen journalism 26mettendo in crisi un
giornalismo tradizionale che aveva già grossi problemi. Il
cybernauta tradizionale è abituato a dire la sua e ad informarsi in
maniera approfondita su tutto ciò che può essere di suo interesse.
Chiunque può ottenere fama grazie ad un blog particolare o ad
una trasmissione in podcasting di grande successo. Il giovane
ragazzo norvegese Lasse Gjertsen, con il suo video musicale
Amateur, in quattro mesi ha ottenuto quasi 4 milioni di
visualizzazioni. Questo esempio serve a dare l’idea di come
persone capaci di produrre contenuti di qualità siano ovunque a
prescindere dal fatto che possano apparire su Mtv o giornali. Per
caso o grazie al passaparola si può venire a conoscenza di blog,
podcast, pagine personali di MySpace fatte da persone che hanno
grandi capacità ma che non hanno avuto la fortuna di essere
notati dai media tradizionali. I giovani d’oggi sono, allo stesso
tempo, consumatori e produttori di contenuti. L’attuale
generazione o networked generation ha ridefinito il proprio sé
grazie alla rete e ai suoi strumenti. Invero, in un’epoca di forte
precarietà e di grandi incertezze, Internet è riuscito a creare una
26
citizen journalism è il termine con cui si indica la nuova forma di giornalismo che vede la "partecipazione attiva" dei lettori, grazie alla natura interattiva dei nuovi media.
39
vera e propria seconda vita dove l’espressione del sé trova le
porte spalancate ed è soggetta a continue rielaborazioni di
significato. Non esistono più le distinzioni nette di un tempo per
quanto riguarda i ruoli, sia nel lavoro che nella vita privata. Il
successo non può più avere una caratterizzazione canonica
perché un normale studente e un giovane lavoratore,
apparentemente senza pretese, possono essere un podcaster o
un blogger di successo, seguiti e stimati da milioni di persone. E’
così che, da normali consumatori, si diventa prosumer, produttori
di ciò che si consuma. Le nuove tecnologie oggi hanno un impatto
immediato e decisivo sui rapporti umani; un fatto questo con il
quale bisogna confrontarsi. “Facebook non è nato originariamente
per essere un’azienda. È stato costruito per compiere una
missione sociale: rendere il mondo più aperto e interconnesso”,
così disse Mark Zuckerberg.27 Il web 2.0 è un villaggio globale,
un ambiente comunicativo, formativo e informativo, un ambiente
culturale che determina uno stile di pensiero, crea nuovi territori,
nuove forme di comunicazione, una realtà da non configurarsi
come sostituta alienante delle relazioni “face to face”, ma capace
invece di arricchire le nostre potenzialità nella vita ordinaria.
Dobbiamo essere consapevoli, però, che l’uso della rete può
portare gradualmente alcuni individui a una restrizione delle
relazioni con gli altri, in quanto l’esperienza virtuale viene 27
Mark Zuckerberg autore di “Un miliardo di amici (e qualche nemico)” e fondatore di Facebook.
40
percepita e vissuta come più agevole rispetto alla realtà.
L’atteggiamento da tenere credo sia quello di una sana apertura
mentale verso i nuovi mezzi, che non devono essere visti come
una minaccia, ma possono rivelarsi una risorsa se utilizzati in
maniera corretta. Avvicinarsi al loro mondo, non assumere
l’atteggiamento di chi guarda gli adolescenti come extraterrestri
quando parlano di Facebook e del loro mondo virtuale, non
pensare che tra genitori e figli ci sia una distanza incolmabile,
evitare l’atteggiamento da scoraggiati, di chi, non capendo i figli, li
lascia soli nell’esplorazione dei nuovi mezzi. Imporre regole
educative non porta a nulla, il divieto avrebbe solo l’effetto di
accrescere il desiderio di fare parte di queste nuove
comunicazioni. Senza contare che il “no” finirebbe per far
diventare i social network qualcosa da consultare di nascosto, con
un sovraccarico di attese e tensioni inopportune. Piuttosto, i
genitori possono stabilire delle regole precise, costruire un dialogo
intorno a questi temi. Come per tutte le cose, è utile parlarne; ben
vengano quindi le domande sui social network, le discussioni con i
figli, evitando lo spirito inquisitorio, ma dimostrando reale
interesse. Si può spiegare loro che non è utile stare troppo
connessi, come raccontare tutto di sé, ma coltivare spazi segreti.
E poi invitare i ragazzi ad uscire, fare sport, stare all’aria aperta e
incontrare altri coetanei. Ai nostri ragazzi non possiamo vietare
del tutto l’uso di questi mezzi, ma noi dobbiamo indirizzarli
affinché anche il loro essere in relazione con gli altri tramite i
41
media sia proficuo e possa aiutarli a crescere. In conclusione i
social network, come tante altre cose nella nostra vita quotidiana,
hanno due facce: una buona e una cattiva. Se usati da persone
mature in modo responsabile sono un’importante opportunità per
raccontarsi, per migliorare le proprie relazioni interpersonali e
perfino per fare business. Al contrario, se usati in maniera non
responsabile da persone troppo giovani, possono creare problemi
e difficoltà che in alcuni casi nemmeno il tempo riesce a
cancellare.28
28
Tratto da I social network – pag. 170 – Giuseppe Riva, (2010), Ed. Il Mulino.
42
BIBLIOGRAFIA
Modernità liquida - Zygmunt Bauman, Editori GLF Laterza.
Nuovi adolescenti - nuovi disagi, Marioni U., Schiralli R. (2011), A.Mondatori.
Web 2.0 - Spadaro A. (2009), ed. Speciale per Periodici San Paolo, Milano.
Il Web ci rende liberi? - Gianni Riotta, Einaudi.
Un miliardo di amici (e qualche nemico) - Mark Zuckerberg, Rizzoli.
I social network - Giuseppe Riva, (2010), Ed. Il Mulino.
Perché non possiamo non essere eclettici - Costantino Cipolla, Franco Angeli.
Manuale di Psicologia Sociale - Giuseppe Mantovani, Giunti.
Guida alla Net Economy - a cura di Bruno Lamborghini, Franco Angeli.
Genitori efficaci - Thomas Gordon - edizioni La Meridiana, 1997
Figli per sempre, Ivana Castoldi, Feltrinelli, (2005)
Altre fonti citate
Riviste Copani F. (2011), “Scopri cosa fa tuo figlio su Facebook”, rivista Figli Felici n. 24
anno III, ed. Riza, Milano
Veladiano M. (2011), inserto” Le ragazze dello specchio”, in la Repubblica, anno
36, n. 35, Roma
Sitografia http://www.psicolab.net/2011/adolescenti-comunicazione-web/
http://www.lionsquest-italia.it
www.brainfactor.it
https://www.ulssasolo.ven.it/Area-informativa/News/2013/Febbraio
Allegati Il nativo Digitale racconta se stesso in PPT
Articolo da “Il Giornale di Vicenza” martedì 22 maggio 2012
Articolo tratto da “La Repubblica” giovedì 12 gennaio 2012
Pubblicazione realizzata dal Ministero dello Sviluppo Economico e di Unioncamere
“Naviga senza rischi “
Video http://www.youtube.com/watch?v=R2nCPZvDP68 (Nativi Digitali)
http://www.youtube.com/watch?v=hwuu-pXwaWk (Generazione Facebook)
http://www.youtube.com/watch?v=NfQMA76kTFs (Cervello mutato per nativi
digitali)
http://www.youtube.com/watch?v=uzNaBGurLgA (Il codice dei nativi digitali)
http://www.youtube.com/watch?v=vBlltfqhLbM (Dipendenza da Social Network)
http://www.youtube.com/watch?v=SnPBaYnyjUM (I giovani e le dipendenze)
http://www.youtube.com/watch?v=8kTkKxSTK0c (Come combattere la
dipendenza)
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