Dipartimento di Ingegneria
Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Civile per la Protezione dai Rischi Naturali
AA 2016/2017
Relazione di fine Tirocinio
Tutor: Prof. Camillo Nuti
Studente: Stefano Fava - 414690
Resistenza al fuoco di strutture in
calcestruzzo armato ai sensi del
d.m. Interno 16/02/2007
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Sommario
PREMESSA .................................................................................................................... 3
1. OBIETTIVI DELLA PROGETTAZIONE AL FUOCO ................................................... 4
2. INQUADRAMENTO NORMATIVO ........................................................................ 5
3. L’INCENDIO ......................................................................................................... 6
4. ANALISI STRUTTURALE IN CASO DI INCENDIO ................................................... 8
4.1. Scelta del tipo di analisi ................................................................................. 9
4.2. Azioni sulle strutture ..................................................................................... 9
4.3. Modellazione dell’incendio ......................................................................... 10
4.4. Proprietà dei materiali esposti al fuoco ...................................................... 12
4.5. D.m. Interno 16/02/2007 ............................................................................ 13
5. RESISTENZA AL FUOCO DI STRUTTURE IN CALCESTRUZZO ARMATO .............. 14
5.1. Proprietà meccaniche del calcestruzzo alle alte temperature ................... 14
5.2. Lo spalling .................................................................................................... 16
5.3. Proprietà meccaniche dell’acciaio da c.a. alle alte temperature ............... 17
5.4. Metodi di verifica di elementi in calcestruzzo armato ............................... 18
5.4.1. Metodo dell’isoterma a 500 °C ........................................................ 19
5.4.2. Metodo della colonna modello ........................................................ 19
6. FONTI BIBLIOGRAFICHE E SITOGRAFIA ............................................................. 23
6.1. Bibliografia .................................................................................................. 23
6.2. Sitografia ..................................................................................................... 23
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PREMESSA
La seguente relazione descrive le attività effettuate ai fini dello svolgimento della
tesi di laurea, con particolare riferimento all’acquisizione di ulteriori conoscenze.
Tali attività sono previste dall’art. 10, co. 5 let. d/e e considerate equivalenti al
tirocinio per un numero di ore non inferiore a 150 come previsto dal piano di studi.
Le attività si sono state svolte nel periodo 24/07/2017 - 15/09/2017 presso il
Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi Roma Tre, con l’obiettivo di
acquisire ulteriori conoscenze relative i criteri di progettazione e verifica in caso di
strutture in calcestruzzo armato soggette ad incendio seguendo le indicazioni
normative in materia di resistenza al fuoco.
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1. OBIETTIVI DELLA PROGETTAZIONE AL FUOCO
La progettazione al fuoco ha il compito di garantire la sicurezza in caso di incendio
mettendo al primo posto la salvaguardia della vita umana.
Tale livello di sicurezza viene raggiunto attraverso requisiti essenziali definiti dalla
Direttiva 89/106/CE e recepiti dal d.m. Interno 9/3/2007 e dal d.m. Infrastrutture
14/1/2008 (NTC 2008).
Questi richiedono di:
- Garantire la capacità portante dell’edificio;
- Limitare la propagazione del fuoco e del fumo all’interno della stessa opera
e nelle opere limitrofe;
- Garantire il sicuro esodo degli occupanti dall’opera;
- Garantire la sicurezza delle squadre di soccorso.
Ulteriori obiettivi riguardano la salvaguardia di beni, animali ed ambiente; questi
sono generalmente legati a valutazioni di tipo economico sulla convenienza o meno
dell’intervento da prevedere in relazione al possibile danno.
Al fine di garantire i requisiti sopra citati, è necessario definire una “strategia
antincendio” che preveda la combinazione di due contributi alla lotta all’incendio: le
“misure di prevenzione” e le “misure di protezione”.
Le misure di prevenzione consistono in una serie di accorgimenti adottati al fine di
limitare la probabilità che si verifichi l’evento “incendio” come, ad esempio,
l’utilizzo di impianti a norma, la ventilazione dei locali o la corretta manutenzione.
Le misure di protezione, invece, svolgono il proprio compito in seguito all’innesco
dell’incendio e servono a limitarne i danni; tra queste si possono considerare la
resistenza al fuoco delle strutture e degli elementi costruttivi, la
compartimentazione, il corretto dimensionamento delle vie di fuga, gli impianti di
rilevamento e spegnimento o la formazione degli occupanti in caso di incendio.
La scelta della strategia antincendio è a carico del progettista oppure, in caso di
attività normate, viene effettuata a priori dalla norma cosiddetta “verticale” che
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pone una serie di prescrizioni allo scopo di garantire il livello di prestazione
necessario.
Si noti che, a partire dal d.m. Interno 3/8/2015 (Norma Tecnica Orizzontale), viene
concessa sempre maggiore libertà al progettista, il quale avrà la possibilità di
assicurare il livello di sicurezza necessario adottando la strategia ritenuta più
opportuna; la normativa sta, quindi, abbandonando l’approccio prescrittivo per
avvicinarsi ad uno prestazionale.
Una delle principali misure di protezione è la resistenza al fuoco; questa
rappresenta la capacità di un elemento costruttivo di mantenere la propria capacità
portante (R), di non lasciar passare fumi caldi (E) e di impedire la propagazione del
calore (I) e viene espressa in minuti. Ad esempio una porta classificata EI60 è in
grado di impedire il passaggio di calore e fumi caldi per 60 minuti, mentre un solaio
REI90 manterrà intatta la propria capacità portante ed impedirà il passaggio di
calore e fumi caldi per 90 minuti.
Come si vedrà in seguito, la classificazione degli elementi costruttivi in relazione alla
loro resistenza al fuoco (in particolar modo per la capacità portante) può essere
effettuata con prove sperimentali, calcoli analitici o raffronti con tabelle.
2. INQUADRAMENTO NORMATIVO
La normazione in materia di resistenza al fuoco inizia nel 1961 con la circolare 91
del 14/09/1961 emanata dal Ministero dell’Interno; questa esplicita metodi per la
determinazione della resistenza al fuoco di elementi costruttivi in edifici civili con
struttura in acciaio.
In seguito, sempre da parte del Ministero dell’Interno, sono stati emanati decreti
che hanno normato le diverse attività soggette al controllo dei Vigili del Fuoco
imponendo un approccio di tipo prescrittivo.
Anche dal Ministero delle Infrastrutture e dagli Eurocodici sono arrivate indicazioni
e, in particolare, con le NTC del 2008 l’incendio viene considerato tra le azioni
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eccezionali agenti sulle strutture, mentre nella Parte 1-2 degli Eurocodici sono
descritti i criteri di progettazione e verifica strutturale in caso di incendio.
La circolare 91/61 è stata successivamente sostituita dal d.m. Interno 16/02/2007 e
dal d.m. Interno 09/03/2007; quest’ultimo definisce i livelli di prestazione attesa, il
carico di incendio specifico di progetto e le curve naturali e nominali di incendio che
determinano l’andamento delle temperature durante l’incendio al fine di
permettere lo svolgimento delle verifiche.
Il d.m. Interno 16/02/2007 fissa, invece, criteri per stabilire la resistenza al fuoco di
prodotti ed elementi costruttivi; si stabilisce quindi che tale certificazione possa
avvenire tramite prove sperimentali, confronti con tabelle o calcoli analitici svolti
recependo le indicazioni fornite dagli Eurocodici.
Successivamente, con il d.m. Interno 09/05/2007 e, ancor di più, con la Norma
Tecnica Orizzontale, si è tracciata la via per permettere al progettista l’adozione di
un approccio non più prescrittivo, ma prestazionale facendo anche uso della fire
safety engineering.
3. L’INCENDIO
Un incendio è definito come un “processo di combustione incontrollato” ed è
caratterizzato da vaste proporzioni, tendenza a diffondersi, difficoltà di
spegnimento e pericolosità per la pubblica incolumità.
Affinché questo si possa sviluppare, è necessaria la compresenza di tre elementi
fondamentali che costituiscono il cosiddetto “triangolo del fuoco” (Figura 1):
l’energia di attivazione, il combustibile e il comburente.
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Figura 1: Il triangolo del fuoco
Il comburente è tipicamente rappresentato dall’ossigeno contenuto nell’atmosfera,
il combustibile, invece, può avere diversa natura (solidi, liquidi o gas) e, infine,
l’innesco fornisce l’energia necessaria per far sì che la reazione abbia inizio (scintilla,
calore, scarica elettrostatica…).
La mancanza di uno di questi tre fattori impedisce la sviluppo dell’incendio e, di
conseguenza, la loro sottrazione in caso di incendio sviluppato causa l’estinzione
dello stesso.
I prodotti dell’incendio sono fumi caldi, calore, radiazione luminosa e gas tossici, ma
sono considerate combustioni anche reazioni che avvengono senza alcuni di questi
elementi.
Una volta innescata la reazione, questa tende ad auto-alimentarsi e a propagarsi
nell’ambiente; è noto che il calore si trasmette con i meccanismi di conduzione,
convezione ed irraggiamento e, mentre la conduzione ha un contributo scarso, la
convezione e l’irraggiamento svolgono un ruolo fondamentale nella propagazione
dell’incendio (rispettivamente smaltiscono circa il 75% e il 25% del calore
sviluppato).
Nell’evoluzione di un incendio si possono individuare quattro fasi principali (Figura
2):
- Ignizione: viene raggiunta la temperatura di ignizione del combustibile;
- Propagazione: l’incendio si espande agli altri materiali combustibili se non
contrastato;
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- Incendio generalizzato: tutti i materiali combustibili partecipano
all’incendio;
- Estinzione: il fenomeno tende a rallentare a causa dell’assenza di
combustibile o comburente.
-
L’istante tra le fasi di propagazione e di incendio generalizzato viene detto
flashover; questo rappresenta l’istante oltre il quale non è più possibile pensare di
controllare l’incendio.
Figura 2: Le fasi dello sviluppo di un incendio
4. ANALISI STRUTTURALE IN CASO DI INCENDIO
La progettazione di una struttura sottoposta ad incendio risulta sostanzialmente
simile a quella di una struttura “a freddo”, bisogna però tener conto di alcune
differenze, variabili anche in base al materiale da costruzione utilizzato quali: le
coazioni indotte dalle espansioni termiche, la riduzione della resistenza dei
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materiali, la riduzione della sezione resistente per combustione o per espulsione di
materiale, coefficienti di sicurezza meno conservativi.
Una volta stabilito il tipo di analisi da svolgere è necessario determinare quali
saranno le azioni agenti sulla struttura, le caratteristiche dei materiali costruttivi e,
infine, le modalità di collasso più idonee per verificare una struttura sottoposta ad
incendio.
4.1. Scelta del tipo di analisi
La normativa (Eurocodici) ammette l’utilizzo di tre metodi di calcolo per l’analisi di
una struttura sottoposta ad incendio:
- Metodo tabellare, basato sul raffronto con tabelle stilate a valle di
campagne sperimentali;
- Metodo semplificato, che permette di valutare, tramite calcoli, la capacità
portante di un elemento costruttivo sottoposto ad incendio;
- Metodo avanzato, che mostra l’effettiva risposta della struttura ad un
incendio che verosimilmente si potrebbe sviluppare al suo interno.
Viene inoltre indicata la possibilità di studiare la struttura con diversi livelli di
complessità e, per ognuno di questi, è stabilito quali metodi sono applicabili; in
particolare: per l’analisi di una singola membratura sono applicabili tutti e tre i
metodi, per l’analisi di una parte della struttura è possibile utilizzare il metodo
semplificato e il metodo avanzato e, infine, per l’analisi dell’intera struttura, si può
applicare il solo metodo avanzato.
4.2. Azioni sulle strutture
Le azioni sulle strutture indotte da un incendio sono ricomprese, secondo le
indicazioni delle NTC, tra le azioni accidentali e, in quanto tali, ne viene considerata
l’estrema rarità in fase di combinazione con le altre azioni.
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Tali azioni hanno una duplice natura: meccanica e termica.
Le azioni meccaniche derivano da coazioni indotte dalle dilatazioni termiche
differenziali in caso di strutture iperstatiche; è possibile tenerne conto in maniera
adeguata solamente tramite modellazioni avanzate.
Le azioni termiche, invece, scaturiscono da trasformazioni fisiche e chimiche che
subiscono i materiali costruttivi; in particolare può avvenire una riduzione della
sezione resistente o anche un degrado delle proprietà meccaniche dei materiali
stessi. Per tener conto di queste azioni è indispensabile stabilire la distribuzione
della temperatura nell’elemento strutturale considerato tramite l’adeguata
modellazione dell’incendio e lo studio della trasmissione del calore all’interno della
sezione.
Per lo studio della trasmissione del calore si dovrebbe tener conto della
trasmissione per conduzione, convezione ed irraggiamento, ma è anche possibile
utilizzare metodi semplificati proposti dalle normative come, ad esempio, i
diagrammi delle isoterme proposte dagli Eurocodici; in ogni caso esistono numerosi
software commerciali che, risolvendo agli elementi finiti l’equazione di Fourier sulla
trasmissione del calore, sono in grado di fornire la mappatura termica di una
sezione generica.
4.3. Modellazione dell’incendio
Al fine di determinare le azioni causate da un incendio è quindi indispensabile
conoscere le caratteristiche dello stesso all’interno della struttura.
In particolare svolge un ruolo predominante la determinazione della temperatura
dei gas sprigionati a causa dell’importanza del fenomeno della convezione nella
propagazione del calore sprigionato da un incendio.
In generale tale problema è di difficile risoluzione per via della complessità del
comportamento del fluido caldo e delle numerose incertezze nei parametri di input
della modellazione.
In generale si possono considerare due tipologie di approccio sviluppate in anni
recenti grazie alla disponibilità di una notevole potenza di calcolo:
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- Modelli semplificati, con l’adozione di curve parametriche di incendio;
- Modelli avanzati, con curve naturali di incendio e modelli a zone o di campo.
Inoltre, negli anni passati sono stati sviluppati modelli ancora più semplificati e, di
conseguenza, più cautelativi, che rappresentano il variare della temperatura in
funzione del tempo con una curva monotona crescente facilmente riproducibile con
i forni di laboratorio. Tale curva, detta “curva nominale di incendio”, ha un tratto
iniziale estremamente ripido, è rappresentativa della fase post-flashover, non
prevede la fase di raffreddamento e dovrebbe essere rappresentativa della
temperatura in tutto l’ambiente considerato.
Ad oggi sono definite (Eurocodice EN 1991-1-2) tre principali tipologie di curva
nominale (Figura 3) riguardanti le condizioni che interessano gli elementi strutturali:
Curva standard (ISO 834), Curva del fuoco esterno e Curva degli idrocarburi.
Figura 3: Curve nominali di incendio
Anche le curve parametriche (Figura 4) rappresentano, in maniera semplificata, la
relazione tempo-temperatura nella fase post-flashover, ma sono dotate di
parametri che permettono di tener conto di elementi fondamentali nello sviluppo
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dell’incendio, quali il carico di incendio specifico, il fattore di ventilazione e le
proprietà delle chiusure.
Figura 4: Curve di incendio parametriche con q = 30 kg di legna equivalente
Le curve naturali, invece, rappresentano il reale sviluppo dell’incendio in relazione
all’ambiente in cui esso si sviluppa, e il combustibile presente e, per questo motivo,
possono essere applicate solamente con modelli sofisticati e tarati sul problema
preso in esame. L’utilizzo di queste curve, per quanto richieda modelli avanzati e
complessi, risulta molto meno cautelativo dei modelli descritti in precedenza.
4.4. Proprietà dei materiali esposti al fuoco
In generale un materiale da costruzione esposto ad incendio subisce un degrado
delle proprie caratteristiche meccaniche; questo vale in maniera limitata per il
legno, che mantiene pressoché inalterata le propria resistenza (ma, di contro,
subisce una riduzione della sezione a causa della combustione), mentre è
determinante per materiali metallici come l’acciaio.
Le caratteristiche meccaniche a caldo dei materiali rappresentano, quindi, un
aspetto fondamentale nella progettazione di una struttura sottoposta ad incendio;
queste vengono determinate con procedimenti sperimentali che possono essere
ricondotti a due approcci:
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- Il materiale viene scaldato fino al raggiungimento della temperatura
desiderata e successivamente, mantenendo la temperatura costante, viene
sottoposto a prova di carico;
- Il materiale viene scaldato secondo un programma termico prestabilito e,
contemporaneamente, viene applicato il carico (variabile o mantenuto
costante).
Le caratteristiche meccaniche a caldo dei materiali da costruzione sono state
oggetto di numerose prove sperimentali che hanno portato alla stesura delle
indicazioni fornite dagli Eurocodici e dal d.m. Interno 16/02/2007 per determinare
la resistenza al fuoco delle strutture.
4.5. D.m. Interno 16/02/2007
Come già anticipato, le modalità per definire le caratteristiche di resistenza al fuoco
delle strutture sono descritte dal d.m. Interno 16/02/2007. Secondo tale normativa
le prestazioni di resistenza al fuoco dei prodotti e degli elementi costruttivi possono
essere determinate in base ai risultati di:
a) prove;
b) calcoli;
c) confronti con tabelle.
Nell’allegato A del decreto sono definite le classi di resistenza al fuoco a seconda
della prestazione richiesta e del tipo di elemento costruttivo considerato.
Le procedure per la classificazione in base alle prove a caldo sono descritte
nell’allegato B del decreto stesso in cui si fa riferimento alla norma EN 13501
(norma relativa alle prove per determinare la reazione al fuoco dei materiali) per
quanto riguarda le condizioni di esposizione, le modalità di misura, le specifiche dei
forni sperimentali e le modalità di stesura del rapporto di prova.
Nell’allegato C si asserisce che la classificazione in base ai risultati di calcoli può
essere effettuata utilizzando i metodi contenuti nella sezione specifica degli
Eurocodici.
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Infine l’allegato D contiene le tabelle che propongono delle condizioni geometriche
sufficienti per la classificazione di elementi costruttivi resistenti al fuoco sulla base
di campagne sperimentali. Questo metodo di classificazione è il più semplice ma,
proprio per questo, il più conservativo tra quelli proposti.
Si noti che all’interno degli Eurocodici sono presenti tabelle analoghe a quelle del
decreto, ma con un grado di complicazione leggermente maggiore, che vanno
intese come base per la classificazione sulla base di calcoli (non assimilabili, quindi,
al metodo tabellare).
5. RESISTENZA AL FUOCO DI STRUTTURE IN CALCESTRUZZO
ARMATO
Il calcestruzzo armato è notoriamente costituito da una matrice in conglomerato
cementizio in cui agisce, in aderenza, un reticolo di barre di acciaio.
Il conglomerato cementizio è un materiale artificiale composto da acqua, cemento e
inerti che, anche in una fase successiva alla sua maturazione, mantiene una certa
quantità di pori in parte riempita dall’acqua che non ha partecipato al processo
chimico. La presenza di questa acqua, la bassa conducibilità termica e gli spessori
notevoli delle membrature conferiscono alle strutture in calcestruzzo armato
notevoli vantaggi dal punto di vista della resistenza al fuoco.
L’elemento debole di questo sistema costruttivo risulta, quindi, l’acciaio che risente
in maniera importante dell’aumento della temperatura essendo dotato, per di più,
di un alto coefficiente di trasmissione termica; per questo motivo gran parte della
prestazione al fuoco del calcestruzzo armato dipende dalla distanza tra le barre di
armatura e la faccia esposta all’incendio.
5.1. Proprietà meccaniche del calcestruzzo alle alte temperature
La resistenza a compressione del calcestruzzo viene rappresentata con la relazione
sforzo-deformazione e nell’Eurocodice EN 1992-1-2 viene esplicitata la formula che
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permette di ricavare la tensione nel materiale al variare della deformazione imposta
e della temperatura:
� = 3 ∙ � ∙ ��,��, �2 + � ���,���
dove:
ε è la deformazione imposta;
fc,θ è la resistenza cilindrica del calcestruzzo alla temperatura θ;
εcl,θ è la deformazione in corrispondenza di fc,θ.
A seconda che il calcestruzzo abbia inerti di tipo siliceo o calcareo la normativa
fornisce diversi valori di fc,θ che, in linea generale, assume la seguente forma:
��, = ��, ∙ ��,�
In cui il termine Kc,θ scala la resistenza caratteristica del calcestruzzo in base alla
temperatura.
Da queste indicazioni è possibile tracciare i grafici della tensione in relazione alla
deformazione e alla temperatura:
Figura 5: Relazione tensioni-deformazioni per il calcestruzzo ad elevate temperature
16
Anche la resistenza a trazione subisce un degrado e, per questo, l’Eurocodice
permette di assumere che questa vari linearmente dal suo valore a freddo a 0
nell’intervallo di temperatura che va da 100 °C a 600 °C.
È inoltre opportuno tener conto della variazione del modulo elastico e della massa
volumica; da notare che quest’ultima tenderà a diminuire a causa della perdita
progressiva di acqua alle alte temperature.
5.2. Lo spalling
Nonostante le buone caratteristiche del materiale alle alte temperature, il
calcestruzzo soffre di un fenomeno che si sviluppa a causa dell’aumento della
temperatura: lo spalling. Questo consiste nell’espulsione di materiale, in genere
nelle fasi iniziali dell’incendio (250 – 400 °C), a causa dell’aumento della pressione
dei pori dovuta all’evaporazione dell’acqua libera che non trova una via per uscire
dalla matrice cementizia.
L’espulsione del materiale riguarda, in genere, il copriferro (Figura 6) a causa della
discontinuità della matrice di calcestruzzo; questo causa l’esposizione diretta delle
armature al calore dell’incendio con effetti estremamente dannosi sulla capacità
portante dell’elemento strutturale interessato.
Figura 6: Esempio di spalling con espulsione del copriferro
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Per far fronte a questo problema l’Eurocodice suggerisce l’aggiunta di fibre di
polipropilene nell’impasto del calcestruzzo (0.1% in volume): queste fondono a circa
170 °C creando cunicoli per la fuoriuscita del vapore.
Si noti infine che tale fenomeno è accentuato in caso di repentini aumenti di
temperatura, di membrature con bassi spessori e, soprattutto, con calcestruzzi ad
alta resistenza in cui la migrazione del vapore acqueo è ancor più contrastata dalla
bassa porosità.
5.3. Proprietà meccaniche dell’acciaio da c.a. alle alte temperature
Analogamente al calcestruzzo, anche per l’acciaio da calcestruzzo armato vengono
definiti, dall’Eurocodice, i parametri di resistenza a caldo tramite la relazione
tensione-deformazione.
I valori della tensione al variare di deformazione e temperatura sono forniti in
forma di espressione, tabellare e grafica:
Figura 7: Relazione tensioni-deformazioni per acciai da c.a. ordinario ad elevate temperature
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5.4. Metodi di verifica di elementi in calcestruzzo armato
Per la verifica con il metodo di calcolo semplificato di elementi in calcestruzzo
armato, l’Eurocodice prevede l’utilizzo di metodi noti della tecnica delle costruzioni
tenendo conto dell’effetto dell’incendio.
In generale il primo passo consiste nell’effettuare una mappatura termica della
sezione ricavando, così, anche la temperatura delle barre di armatura; diagrammi
delle isoterme all’interno di sezioni con forma semplice sono fornite anche
dall’Eurocodice stesso, oppure possono essere ricavate da software commerciali.
Figura 8: Esempio della mappatura termica di una sezione in c.a.
In seguito alla definizione del campo delle temperature si passa alla definizione
della nuova sezione resistente e delle nuove proprietà dei materiali e si procede,
quindi, alla verifica delle membrature.
Alcuni di questi metodi saranno descritti nei paragrafi successivi.
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5.4.1. Metodo dell’isoterma a 500 °C
Uno dei principali metodi di verifica a caldo è rappresentato dal metodo
dell’isoterma a 500 °C, applicabile in caso di membrature sottoposte a tensioni
normali.
Questa consiste nel considerare non reagente la parte di sezione di calcestruzzo con
temperatura maggiore di 500 °C; è quindi possibile effettuare le verifiche con i
metodi tradizionali sulla sezione di calcestruzzo epurata della porzione da scartare e
considerando il materiale rimanente con resistenza analoga alle condizioni a freddo.
Figura 9: Parzializzazione della sezione e contributo delle armature in caso di fibre superiori o
inferiori compresse
Per quanto riguarda le barre di armatura, invece, va considerata la resistenza
dell’acciaio in funzione della temperatura ricavata dalla mappatura termica della
sezione.
5.4.2. Metodo della colonna modello
Il metodo della colonna modello permette di determinare il momento resistente di
un’asta pressoinflessa (tipicamente un pilastro) considerando gli effetti del secondo
ordine.
Tale metodologia di calcolo si basa sull’approssimazione della deformata di un’asta
pressoinflessa incastrata alla base con una curva sinusoidale (Figura 10).
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Figura 10: Deformata della colonna modello
Il profilo della deformata lungo l’ordinata z sarà :
�(�) = −� ∙ ���� � 2 ∙ ! ∙ (� + !)" − 1$
E quindi:
�′(�) = −� ∙ 2 ∙ ! ∙ &'� �
2 ∙ ! ∙ (� + !)" La curvatura si può ricavare dalla relazione approssimata:
1( (�) = )*�
)�* = � ∙ *4 ∙ !* ∙ ��� �
2 ∙ ! ∙ (� + !)"
La curvatura massima, nella sezione di incastro, si può ricavare ponendo z=0:
1( = *
4 ∙ �!*
Di conseguenza, considerando L la lunghezza libera di inflessione (L=2H), si ottiene:
� = 4 * ∙ 1
( ∙ !* = 1 * ∙ 1
( ∙ ,* ≅ 110 ∙ 1
( ∙ ,*
21
Il momento agente alla sezione di incastro sarà costituito da due contributi: uno
relativo al momento del primo ordine applicato (MI) e un altro generato da effetti
del secondo ordine (MII):
/010 = /2 + /22 = / + 3 ∙ � = / + 3 ∙ 110 ∙ 1
( ∙ ,*
È quindi possibile, tramite semplici metodi della scienza delle costruzioni, ricavare il
momento resistente di una sezione pressoinflessa al variare della curvatura della
stessa imponendo uno sforzo normale costante e, successivamente, rappresentarlo
su un diagramma 1/R – Mr (Figura 11) dove si potrà considerare il momento
resistente pari al momento totale agente (Mr= Mtot=MI+MII).
Figura 11. Diagramma curvatura-momento
Sullo stesso grafico viene riportato, ovviamente come retta, il diagramma del
momento del secondo ordine (MII) e, quindi, la differenza tra le due curve
rappresenterà proprio il momento del primo ordine che l’asta sarà in grado di
sopportare.
Ripetendo lo stesso procedimento per valori diversi di N, è possibile ricavare il
dominio di interazione caratteristico della colonna oggetto della modellazione.
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Questo procedimento è valido in condizioni “a freddo”; in caso di incendio sarà
sufficiente suddividere la sezione in aree con temperatura sufficientemente
omogenea, determinare le caratteristiche meccaniche del materiale in ogni
porzione in relazione alla temperatura individuata e, infine, calcolare il momento
resistente della sezione. Si noti che, sia nelle condizioni a freddo che a caldo, viene
considerata valida l’ipotesi della planarità delle sezioni.
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6. FONTI BIBLIOGRAFICHE E SITOGRAFIA
6.1. Bibliografia
CEB FIB, 2013, Model Code for Concrete Structures 2010, Ed. Fib International
Federation for Structural Concrete, Ernst & Sohn, Berlin
PONTICELLI L., CACIOLAI M., 2008, Resistenza al fuoco delle costruzioni, UTET,
Torino
6.2. Sitografia
http://www.vigilfuoco.it
http://www.associazioneaicap.com
http://www.promozioneacciaio.it
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