ALFONSO V D’ARAGONA
Corona d'Aragona fu il nome dato all'insieme dei regni e territori soggetti alla giurisdizione dei re di Aragona dal 1134 al 1714. Nata dall'unione dinastica tra il Regno d'Aragona e la Contea di Barcellona, la Corona d'Aragona venne accresciuta nei secoli di altri territori: i regni di Maiorca, Valencia, Sicilia, Sardegna e Corsica e Napoli, Contea di Provenza, nonché i ducati di Atene e Neopatria.
Alfonso V d'Aragona fece di Napoli la capitale de facto della Corona d'Aragona.
Alla morte del padre, il 2 aprile del 1416, Alfonso gli successe in tutti i suoi titoli, divenendo il re
della corona d'Aragona.
Alfonso appoggiò i fratelli, Giovanni ed Enrico, nella lotta che continuavano a sostenere contro Álvaro de Luna. Convocò le cortes solo nel 1419,
diminuì le spese della corte licenziando tutti i collaboratori che si era portato dalla Castiglia, ricevendo in cambio una donazione di 60.000
fiorini per le campagne militari in Mediterraneo; ma nel 1420, le stesse cortes riconvocate, dopo
aver versato l'anticipo di 40.000 fiorini si opposero a nuove campagne militari in
Mediterraneo. Alfonso nello stesso anno partì alla volta della Sardegna.
Mentre Alfonso era impegnato nel consolidamento della presenza aragonese in
Sardegna ed in Corsica, la regina Giovanna II di Napoli, venuta in contrasto col papa Martino V,
stava subendo un attacco da parte delle truppe di Muzio Attendolo Sforza, agli ordini del conte di
Provenza Luigi III d'Angiò, che il papa aveva nominato re di Napoli al posto di Giovanna.
Giovanna, senza discendenza, nominò suo erede Alfonso, che si appellò al papa aragonese,
Benedetto XIII, che gli diede il suo appoggio.
Alfonso, abbandonato l'assedio di Bonifacio, in Corsica, corse a Napoli, dove trovò come alleato Braccio da Montone con cui difese egregiamente Napoli. Quando lo Sforza lasciò Luigi III, sembrò che la vittoria arridesse ad Alfonso. Ma quando
Alfonso, nel maggio del 1423 fece arrestare l'amante della regina, il primo ministro, Giovanni Caracciolo, Giovanna II chiamò in aiuto lo Sforza
che sconfisse Alfonso nei pressi di Castel Capuano; il sovrano aragonese si chiuse nel Maschio Angioino e riuscì, con l'aiuto delle
ventidue galee della flotta aragonese, a resistere e respingere gli assalitori che si dovettero ritirare
ad Aversa.
Giovanna II allora, ripudiato Alfonso, si riavvicinò a Luigi III d'Angiò (Luigi divenne il nuovo erede
del regno di Napoli) ed al papa, Martino V. Essendo venuto a conoscenza che il duca di
Milano, Filippo Maria Visconti, era entrato nella coalizione antiaragonese e avendo ricevuto la notizia che i suoi fratelli Giovanni ed Enrico in
Castiglia erano in difficoltà, Alfonso lasciò Napoli e parte del regno nella mani del fratello più
giovane, Pietro, e si diresse in Provenza, distrusse il porto e la città di Marsiglia e poi fece rotta su
Barcellona.
La flotta genovese del Visconti conquistò, sempre nel 1423, Gaeta, Procida, Castellammare e
Sorrento e pose l'assedio a Napoli che, assediata da terra dalle truppe di Francesco Sforza (il padre Muzio era morto all'assedio de L'Aquila) resistette qualche mese e, nell'aprile del 1424, si arrese e Pietro rientrò in Sicilia. Sempre nel 1423, Alfonso
appoggiò il conclave che continuava lo scisma eleggendo un nuovo papa nella linea
"avignonese": il 10 giugno, venne eletto al soglio pontificio il prevosto di Valencia, Egidio Muñoz, col nome di Clemente VIII. Alfonso, rientrato in
Aragona riprese a sostenere i fratelli Giovanni ed Enrico, che nel frattempo avevano avuto la
meglio sul partito del re di Castiglia capeggiato da Álvaro de Luna.
. Due anni dopo, però, nel 1429, i fratelli vennero sconfitti ed incarcerati, come punizione per il Golpe di Tordesillas organizzato da Enrico nel
1420.Alfonso allora intervenne militarmente in
Castiglia, ottenendo la liberazione dei suoi fratelli che però furono esiliati in Aragona.
Nel 1428, ebbe una corrispondenza diplomatica con l'imperatore d'Etiopia, Yeshaq I, che
nell'ottica di una politica anti-musulmana gli offriva un'alleanza suggellata dal matrimonio di
una delle sue figlie col fratello più giovane di Alfonso, Pietro, purché Pietro giungesse in Etiopia
accompagnato da un cospicuo numero di artigiani. I primi artigiani che furono inviati, tuttavia, perirono lungo il tragitto, nel 1450
Alfonso riprese la corrispondenza col successore di Yeshaq I, Zara Yaqob, confermando che
avrebbe inviato gli artigiani solo se aveva la garanzia che fossero protetti durante il viaggio.
Nel 1432, Giovanni Caracciolo era stato ucciso in una congiura, e Alfonso, inutilmente, chiese alla regina Giovanna II di Napoli di reintegrarlo come
erede del regno di Napoli. Condusse due spedizioni contro i musulmani una contro l'isola di
Djerba (1432) ed una contro Tripoli (1434).
Nel 1434, il duca di Calabria, l'erede di Giovanna II, Luigi III d'Angiò, morì e Giovanna nominò erede il fratello di Luigi, Renato d'Angiò, ma quando la regina Giovanna, nel febbraio del 1435, morì, il papa Eugenio IV, signore feudale del regno di Napoli, non diede il suo gradimento e Alfonso,
accompagnato dai fratelli Giovanni ed Enrico, a cui si unì anche Pietro, tornò nel Napoletano, occupò Capua e pose l'assedio a Gaeta; poi la
flotta aragonese affrontò la flotta genovese che, per conto del Visconti, andava a portare
vettovaglie agli assediati di Gaeta, ma Alfonso il Magnanimo ed i suoi fratelli, alla battaglia di Ponza, furono sconfitti e fatti prigionieri dai
Genovesi. La loro madre Eleonora, morì per il dolore, poco dopo aver ricevuto la notizia della
cattura dei suoi tre figli.
Catturato dal genovese Biagio Assereto nella battaglia di Ponza, Alfonso fu consegnato al
Visconti, per conto del quale la flotta genovese si era recata a Gaeta; fu imprigionato da Filippo
Maria Visconti, duca di Milano, nel 1435, e finalmente quando ottenne di essere ricevuto dal duca, Alfonso riuscì a persuadere il suo rapitore a
lasciarlo andare libero senza il pagamento di alcun riscatto e convincendolo che era interesse
di Milano non impedire la vittoria della parte aragonese a Napoli, riconoscendolo già re di
Napoli.
Alfonso col fratello Pietro, nel 1436, rioccupò Capua e si impossessò di Gaeta, mentre i fratelli
Giovanni ed Enrico rientravano in Aragona. Attaccato dall'esercito pontificio riuscì a
contenere l'avanzata delle truppe del papa nel regno di Napoli, corrompendo il suo comandante,
il cardinale Giovanni Vitelleschi.
Nel 1438 tentò di mettere l'assedio a Napoli dove risiedeva Renato d'Angiò, ma fallì ed il fratello
Pietro perse la vita. Dal 1440, dopo che nel dicembre del 1439 era morto il comandante delle
truppe angioine, Jacopo Caldora, le sorti della guerra volsero a favore di Alfonso, che occupò
Aversa, Salerno, Benevento, Manfredonia e Bitonto, praticamente riducendo Renato al solo
Abruzzo ed a Napoli; il papa inviò un contingente di 10.000 uomini in aiuto a Renato, ma il
comandante si fece corrompere da Alfonso. Il 10 novembre 1441 Alfonso mise sotto assedio
Napoli, che cadde il 2 giugno del 1442, dopo che Renato d'Angiò aveva abbandonato la città. In
pochi mesi Alfonso portò a termine la conquista di tutto il regno e il 26 febbraio del 1443 fece il suo
ingresso trionfale in Napoli.
Dopo aver conquistato Napoli nel 1442, Alfonso governò appoggiandosi non solo ai suoi fedeli
"milites", come i Cossines che lo avevano seguito dalla Spagna, ma anche a soldati mercenari. Dal 1443 risiedette permanentemente a Napoli e non
rientrò più in Aragona, nonostante le sollecitazioni della moglie Maria, che continuava
a governare i suoi possedimenti spagnoli coadiuvata da Giovanni, fratello d'Alfonso.
Nel 1445, dopo che suo fratello Enrico era morto a seguito di una ferita ricevuta nella seconda
battaglia di Olmedo, Alfonso riprese la guerra al regno di Castiglia, guerra che terminò solo alla
morte del cognato del re di Napoli, Giovanni II re di Castiglia.
Nel 1446 Alfonso portò a termine l'occupazione della Sardegna. Nel 1447 alcuni ambasciatori francesi erano stati mandati a Barcellona per
reclamare il pagamento della dote che l'infanta Iolanda di Aragona, più di quarant'anni prima,
aveva promesso alla figlia, Maria d'Angiò, che in quel momento era divenuta regina consorte di Francia. Poiché i francesi non ebbero alcuna soddisfazione da Maria di Castiglia, moglie e luogotenente di Alfonso, durante il viaggio di
rientro in Francia occuparono la città di Perpignano, come pegno.
Sempre nel 1447 Alfonso fu nominato erede del ducato di Milano da Filippo Maria Visconti, e
prontamente le sue truppe occuparono il castello, ma alla nascita della Repubblica Ambrosiana le sue truppe furono cacciate da Milano e Alfonso
rinunciò ad ogni pretesa, anche se fu poi coinvolto nella guerra di successione ai Visconti.
Sempre nello stesso anno, con le sue truppe riuscì a sottomettere Castiglione della Pescaia,
fino ad allora libero Comune.
Nel 1451 diede aiuto a Giorgio Castriota Scanderbeg, che accettò di divenire suo vassallo. Questo aiuto, in truppe e in denaro, offerto agli
albanesi era anche un modo per contraccambire l'aiuto ricevuto da questi durante una ribellione di
baroni del regno di Napoli.
Nel 1453 Francesco Vultaggio fu inviato ambasciatore dall'Università di Monte San
Giuliano, in Sicilia, a re Alfonso I il Magnanimo. Dal 1454 era in guerra contro Genova e nel 1458
pose l'assedio alla città che aveva chiesto la protezione del re di Francia, che aveva mandato
come governatore, Giovanni d'Angiò, il duca titolare di Calabria, figlio di Renato d'Angiò.
Alfonso morì di malaria (contratta durante una battuta di caccia in Puglia), durante l'assedio di Genova, il 27 giugno 1458. Lasciò il Regno di
Napoli in eredità al suo figlio illegittimo Ferdinando (legittimato da papa Eugenio IV e
nominato duca di Calabria), mentre tutti gli altri titoli della corona d'Aragona andarono a suo
fratello Giovanni.