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Se la Novena è celebrata durante la s. Messa ricordiamo:
− La possibilità di fare il tradizionale Canto delle profezie come canto d’inizio
− La presentazione del personaggio può essere inserita nell’omelia che parte dal vangelo del
giorno, così come anche l’impegno (che però può esser annunciato anche prima della
Benedizione finale) e la breve storiella.
− La preghiera può esser letta al posto della preghiera dei fedeli.
− Il canto del magnificat può esser fatto dopo la comunione.
− La distribuzione degli adesivi segua il congedo finale.
Se la Novena è una liturgia della Parola, si suggerisce il seguente schema:
− Canto di inizio.
− Monizione di benvenuto e presentazione del personaggio della novena.
− Canto delle profezie (Il Signore sta per nascere..)
− Lettura del vangelo del giorno proposto dalla Liturgia
− Omelia
− Preghiera
− Impegno
− Padre nostro, orazione di Colletta del giorno, benedizione finale.
− Canto di Natale
− Distribuzione degli adesivi.
Sarebbe utile far riscoprire i canti natalizi tradizionali, opportuni anche per il tempo di
preparazione al Natale (Maranatha, In notte placida, O cieli piovete dall’alto, Maria tu che hai atteso
nel silenzio, Dio si è fatto come noi, Venite fedeli, Astro del ciel, Tu scendi dalle stelle).
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Martedì 16 dicembre 2014
Personaggio Melibeo, il pastore appoggiato.
La Parola [Mc 21, 29-30] Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella
vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo
stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?
Impegno Mi impegno a cambiare i miei “non ho voglia” in un “sì”
Storia
Le scarpette rosse [Bruno Ferrero]
In un quartiere di periferia di una grande città, viveva Daniele. Un ragazzo per tanti versi perfettamente normale: ciuffo
nero, viso simpatico, jeans impeccabilmente strappati, buon terzino, discreto collezionista di cassette rock, pressoché
ultimo della classe.
Daniele era un buon ragazzo, dotato di intelligenza normale, ma pigro, pigro, così pigro che la poltrona davanti al
televisore aveva assunto la sua forma, tante erano le ore che vi passava sprofondato. Non gli interessava nessun
programma particolare, guardava di tutto. Perché sforzarsi di seguire un programma lo esauriva. Ormai la pigrizia di
Daniele era nota a tutti e nessuno osava chiedergli un favore, perché senza interesse non alzava neppure un dito.
Un giorno, Daniele dondolava le gambe seduto sul muretto dei giardinetti davanti a casa, con la solita voglia di non far
niente. Una voce leggermente stridula lo fece sobbalzare.
“Ehilà, giovanotto! Sto cercando uno proprio come te!”. La voce apparteneva ad uno strano ometto con i capelli color
pannocchia, due baffetti impertinenti, i pantaloni verdi e la giacca gialla.
“Dice a me?”, fece Daniele.
“Ma certo! Lavoro per il grande calzaturificio Bivì del Commendator Buonavolontà & C.,
recluto collaudatori”.
“Collaudatori?”
“…di scarpe certamente! E tu, sei il prescelto per collaudare questo magnifico paio di scarpe da ginnastica”. L’ometto
brandì un paio di stupende scarpe da ginnastica e Daniele subito si infilò le fiammanti scarpe nuove. Le calzò e… che
meraviglia! Le scarpe erano esattamente della sua misura e si adattavano perfettamente ai suoi piedi.
Daniele tornò a casa e, come al solito si diresse verso il frigorifero per prendersi una bibita e poi guardare la TV. Stava
per impugnare la maniglia del frigo quando sentì le scarpe che gli serravano le dita e i calcagni, come se d’improvviso
fossero diventate strettissime.
“Ohi, ohi! Che succede?”, si lamentò e fece per togliersele, ma non vi riuscì. Sembrava che
le scarpe gli si fossero incollate ai piedi. Ad un tratto sentì una vocina dal basso:”Non puoi
vedere la TV finchè non hai fatto il compito d’inglese e non hai studiato il capitolo di geografia per domani. Quindi datti
da fare!”. E le scarpette si mossero quasi per volontà propria. Daniele andò a sedersi al suo tavolino e aprì il libro
d’inglese. La stretta dolorosa si allentò e via via che studiava, le scarpe si facevano sempre più comode. Quando ebbe
finito inglese sbuffò e fece per alzarsi. Le scarpe si chiusero intorno ai suoi piedi come morse. La vocina intonò una
specie di canzoncina: “No, non puoi andare via se non studi geografia”. Daniele prese il libro di geografia e le scarpe si
allargarono. Per la prima volta si accorse di quanto fosse interessante la geografia: non era affatto barbosa come aveva
sempre pensato. Passò un’ora, e quasi non se ne rese conto. Lo interruppe la mamma: “Anche se so che è inutile…
Daniele, puoi portare giù il sacchetto dei rifiuti?”. “E’ inutile appunto”, pensò Daniele ma non riuscì a finire il pensiero
che le scarpe gli strizzarono i piedi. La vocina cominciò a canticchiare: “Chi in casa non aiuta è peggio della cicuta”. Passò
in cucina come un razzo, prese il sacchetto, fece le scale al volo e tirò un grosso sospiro di sollievo: le scarpe erano
diventate morbide, elastiche, fatte per correre e scattare. Una meraviglia! Ben presto tutti notarono il cambiamento
avvenuto in Daniele e le scarpette erano sempre più comode ed elastiche. Un mattino, scese dal letto, cercò le scarpette
rosse, ma non le trovò. Non le trovò quel giorno e neppure quelli che seguirono, ormai non gli servivano più.
Preghiera Signore, tu che in vita sei sempre stato operoso, aiutami a vincere la pigrizia che mi porta a scansare gli
impegni quotidiani e le buone azioni.
Fammi capire che la vita dello spirito è la più importante, perché è quella che mi conduce ad operare il bene
e a compiere il mio dovere.
Che la mia vita sia una perenne lode a te attraverso la preghiera, la meditazione e l'azione.
Nulla io compia senza di te. Tutto ciò ce faccio sia riferito a te. Aiutami a ricordarmi sempre che qualsiasi cosa
faccio al mio prossimo la faccio a te e quella che non faccio non la faccio a te. Dammi la forza ogni giorno.
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Mercoledì 17 dicembre 2014
Personaggio Simeone, Il nonno che accompagna una bambina
La Parola Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo. […]tutte le Generazioni da
Abramo a Davide sono quattordici, da Davide fino alla deportazione in Babilonia
quattordici, dalla deportazione in Babilonia a Cristo quattordici
Impegno Chiedo ad uno dei miei nonni o ad un anziano di raccontarmi il Natale quando erano
piccoli loro
Storia I regali nello sgabuzzino Il postino suonò due volte. Mancavano cinque giorni a Natale. Aveva fra le braccia un grosso pacco avvolto in
carta preziosamente disegnata e legato con nastri dorati.
«Avanti», disse una voce dall'interno.
Il postino entrò. Era una casa malandata: si trovò in una stanza piena d'ombre e di polvere. Seduto in una
poltrona c'era un vecchio.
«Guardi che stupendo paccone di Natale!» disse allegramente il postino.
«Grazie. Lo metta pure per terra», disse il vecchio con la voce più triste che mai.
Il postino rimase imbambolato con il grosso pacco in mano. Intuiva benissimo che il pacco era pieno di cose
buone e quel vecchio non aveva certo l'aria di spassarsela bene. Allora, perché era così triste?
«Ma, signore, non dovrebbe fare un po' di festa a questo magnifico regalo?».
«Non posso... Non posso proprio», disse il vecchio con le lacrime agli occhi. E raccontò al postino la storia
della figlia che si era sposata nella città vicina ed era diventata ricca. Tutti gli anni gli mandava un pacco, per
Natale, con un bigliettino: «Da tua figlia Luisa e marito». Mai un augurio personale, una visita, un invito:
«Vieni a passare il Natale con noi».
«Venga a vedere», aggiunse il vecchio e si alzò stancamente.
Il postino lo seguì fino ad uno sgabuzzino. Il vecchio aprì la porta.
«Ma...» fece il postino.
Lo sgabuzzino traboccava di regali natalizi. Erano tutti quelli dei Natali precedenti. Intatti, con la loro preziosa
carta e i nastri luccicanti.
«Ma non li ha neanche aperti!» esclamò il postino allibito.
«No», disse mestamente il vecchio. «Non c'è amore dentro».
FAR RIFLETTERE SUL FATTO CHE E’ MEGLIO REGALARE DEL TEMPO DA TRASCORRERE INSIEME PIUTTOSTO CHE
PACCHI COSTOSI MA PRIVI DI AMORE, QUINDI… (IMPEGNO DELLA SERATA)
Preghiera (per i nonni)
O Dio, Padre di bontà e di tenerezza,
ti prego per i nonni:
mi vogliono bene.
Si prendono cura di me,
vegliano sui miei passi,
con amore e pazienza,
e hanno tempo per me.
Grazie, Signore, per i nonni
che mi hai messo accanto.
Proteggili sempre.
Dona loro salute e vita.
Riempi il loro cuore di gioia.
Ascolta le loro preghiere.
Accompagnali con la tua benedizione.
Signore, fa’ che insieme a papà e mamma
i nonni mi aiutino a parlare con Te
e a “sentire” quanto tu sei buono e amabile.
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Giovedì 18 dicembre 2014
Personaggio L’Incantato, colui che osserva in silenzio
La Parola [Mt 1,18-24] Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo
del Signore e prese con sé la sua sposa.
Impegno Oggi mi impegno a vivere un momento di silenzio e preghiera davanti al mio presepio
Storia In paese le feste di Natale procuravano un’arcana quiete nell’anima; in ogni casa si contavano con ansia i giorni che
mancavano alla Notte Santa. In quella del piccolo Leo tornava da lontano il padre, ad allietare la festa con la sua
presenza e a costruire, come tutti gli anni, il presepe per il figliolo. Tornava dalla Svizzera, dove il freddo era pungente,
ma il cielo era pieno di stelle, come le città piene di luci. In poco tempo il presepe era pronto e, come sempre, Maria
discendeva dall’alto e riprendeva il suo posto accanto al Bambino Gesù; dall’altra parte c’era, inginocchiato e
appoggiato al suo bastone da viaggio, san Giuseppe, assorto nel grande mistero. Leo vedeva nel suo presepe tornare i
re Magi dall’Oriente, gli angeli che cantavano, i pastori con le zampogne e tanta altra gente davanti alla grotta, una folla
che offriva doni al Redentore.
Sembrava un vero paese: Leo si fermava a guardare tutte quelle figurine e gli angeli, che danzavano felici come bambini
leggeri ad inseguire per i campi un aquilone. Anche in quello, come in tutti i presepi, c’era la figurina dell’incantato.
L’incantato era un povero infelice, che non aveva nulla e nulla portava al Bambinello. S’era fermato accanto alla grotta,
non si muoveva e non faceva niente: stava lì a braccia aperte, a bocca spalancata, a guardare estasiato. Intorno, un
affollarsi di pastori offerenti e Gesù che sorrideva sulla paglia; mentre, in ogni dove, la gente era diventata buona come
ogni anno, perché era Natale; i poveri, però, erano rimasti ancora poveri e mentre Gesù nasceva migliaia di bambini
morivano per fame. Dopo le feste il padre di Leo, disfatto il presepe, era tornato in terra straniera per fittare ancora le
proprie braccia per un tozzo di pane. Il ragazzo, rimasto con la madre, era riuscito a trafugare da quel presepe la
figurina dell’incantato, nascondendola accanto al letto. Prima di pigliar sonno ogni sera la rimirava, la interrogava e
l’incantato restava sempre muto a fissarlo con le braccia aperte, gli occhi fissi e la bocca spalancata. Ma una notte un
lampo attraversò la finestra, poi un tuono spaurì Leo che si mise a tremare. La mamma, stanca per le fatiche del giorno,
non avvertì nulla; il piccolo aveva tra le mani la figurina dell’incantato e lo sentì balbettare qualcosa: le braccia e gli
occhi acquistarono movimento. L’incantato, per miracolo, cominciò a raccontare le storie che non aveva mai voluto
raccontare a nessuno, lui che aveva capito tutto, che conosceva il miracolo della nascita del Redentore. Gli parlò del
presepe, della storia dei pastori e dei macellai, degli arrotini e dei fornai, dei pescivendoli, e delle donne che, con una
brocca in testa, andavano al pozzo per attingere acqua. Gli raccontò delle case con dietro le palme e delle città con le
bianche cupole; gli parlò delle fatiche degli uomini, perché i ragazzi oggi non conoscono nulla delle culture contadine,
nulla dei lavori antichi, nulla delle fiabe. Gli parlò di Gesù che nacque in una stalla, degli animali che lo adoravano prima
degli uomini. Leo lo ascoltava incantato: gli occhi fissi, la bocca spalancata e le braccia aperte, come la figurina del suo
presepe. L’incantato gli raccontò, come nessuno seppe mai raccontare, di quel Dio che si era adagiato in una
mangiatoia sotto carne di un bimbo, nudo e povero come tutti i bambini della terra. Gli parlò di occhi che non guardano
al mondo dei senza pane, dei senza speranza, dei senza tetto e dei senza amore. Gli parlò di quel Bambino che fra gli
uomini cercò i semplici, e tra i semplici i fanciulli. Leo incrociò le braccia sul petto e si addormentò dolcemente. La
figurina dell’incantato restò sul comodino, di nuovo muto, la bocca spalancata e le braccia aperte; forse felice di aver
raccontato a un bambino ciò che non volle mai raccontare a nessuno in duemila anni di storia.
Preghiera Ti aspettiamo, Signore Gesù!
Attendiamo con impazienza la tua venuta!
Vogliamo accoglierti nel profondo del nostro cuore,
nelle nostre giornate quotidiane, nelle nostre
famiglie, a scuola, tra gli amici,
perché accogliere te significa accogliere l’amore, la
gioia vera, la pace.
Aiutaci, in questi giorni, a preparare il nostro cuore
alla tua venuta,
perché anche noi possiamo sperimentare la gioia di
averti come Amico fedele,
come compagno di viaggio nella nostra vita.
Signore Gesù, Apri le nostre orecchie per poter
ascoltare la tua Parola,
perché possiamo capire che solo ascoltando te
potremo stupirci delle meraviglie che compi nella
nostra vita,
proprio come hanno fatto tutti coloro che ti hanno
incontrato!
Solo così, con il tuo aiuto, potremo raccontare
ai nostri amici e a quanti stanno attorno a noi
lo stupore che nasce dall’incontro con te. Amen!
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Venerdì 19 dicembre 2014
Personaggio Il dormiente, chi non ha ancora accolto Gesù
La Parola [Lc 1, 5-25] Non temere, Zaccarìa, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta
ti darà un figlio, e tu lo chiamerai Giovanni. Avrai gioia ed esultanza, e molti si
rallegreranno della sua nascita, perché egli sarà grande davanti al Signore
Impegno Scrivo un biglietto di auguri e lo spedisco a una persona che penso non ne riceverà o sarà
sola a Natale.
Storia
La vecchietta che aspettava Dio [Bruno Ferrero]
La vita di ognuno di noi è intessuta di attese. Si tratta di una esperienza importante e di grande valore
educativo. Consapevole di ciò, la Chiesa ha fissato un tempo per ravvivare questo 'stato' fondamentale nella
vita del cristiano: il tempo dell'Avvento.
La storia sottolinea che Dio è sempre sorprendente... è possibile incontrarlo in tanti modi, ma in modo
particolare nelle persone che ci avvicinano tutti i giorni.
C'era una volta un'anziana signora che passava in pia preghiera molte ore della giornata. Un giorno sentì la
voce di Dio che le diceva: "Oggi verrò a farti visita". Figuratevi la gioia e l'orgoglio della vecchietta. Cominciò a
pulire e lucidare, impastare e infornare dolci. Poi indossò il vestito più bello e si mise ad aspettare l'arrivo di
Dio.
Dopo un po', qualcuno bussò alla porta. La vecchietta corse ad aprire. Ma era solo la sua vicina di casa che le
chiedeva in prestito un pizzico di sale. La vecchietta la spinse via: "Per amore di Dio, vattene subito, non ho
proprio tempo per queste stupidaggini! Sto aspettando Dio, nella mia casa! Vai via!". E sbattè la porta in
faccia alla mortificata vicina.
Qualche tempo dopo, bussarono di nuovo. La vecchietta si guardò allo specchio, si rassettò e corse ad aprire.
Ma chi c'era? Un ragazzo infagottato in una giacca troppo larga che vendeva bottoni e saponette da quattro
soldi. La vecchietta sbottò: "Io sto aspettando il buon Dio. Non ho proprio tempo. Torna un'altra volta!". E
chiuse la porta sul naso del povero ragazzo.
Poco dopo bussarono nuovamente alla porta. La vecchietta aprì e si trovò davanti un vecchio cencioso e male
in arnese. "Un pezzo di pane, gentile signora, anche raffermo... E se potesse lasciarmi riposare un momento
qui sugli scalini della sua casa", implorò il povero.
"Ah, no! Lasciatemi in pace! Io sto aspettando Dio! E stia lontano dai miei scalini!" disse la vecchietta stizzita.
Il povero se ne partì zoppicando e la vecchietta si dispose di nuovo ad aspettare Dio.
La giornata passò, ora dopo ora. Venne la sera e Dio non si era fatto vedere. La vecchietta era
profondamente delusa. Alla fine si decise ad andare a letto. Stranamente si addormentò subito e cominciò a
sognare. Le apparve in sogno il buon Dio che le disse: "Oggi, per tre volte sono venuto a visitarti, e per tre
volte non mi hai ricevuto".
Preghiera
Gesù,
aiutaci a riconoscerti nelle persone che ci stanno accanto,
anche nei compagni che non ci piacciono.
Dacci la capacità di vedere il tuo volto in tutti coloro che sono soli
e han bisogno del nostro amore.
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Sabato 20 dicembre 2014
Personaggio Sara, la mamma che spiega al bambino stupito
La Parola [Lc 1, 26-31] Al sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea,
chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di
nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di
grazia: il Signore è con te».
Impegno Chiedo a mamma di affidarmi un’intenzione di preghiera che le sta a cuore. La sera
preghiamo insieme per ciò che ha scelto la mamma.
Storia
Il pastore a mani vuote.
Ai tempi di Erode, la notte in cui nacque Gesù, gli angeli portarono la buona notizia ai pastori. C'era un
pastore poverissimo, tanto povero che non aveva nulla. Quando i suoi amici decisero di andare alla grotta
portando qualche dono, invitarono anche lui. Ma lui diceva: "Io non posso venire, sono a mani vuote, che
posso fare?".
Ma gli altri tanto dissero e fecero, che lo convinsero.
Così arrivarono dov'era il bambino, con sua Madre e Giuseppe.
Maria aveva tra le braccia il bambino e sorrideva, vedendo la generosità di chi offriva cacio, lana o qualche
frutto.
Scorse il pastore che non aveva nulla e gli fece cenno di venire.
Lui si fece avanti imbarazzato.
Maria, per avere libere le mani e ricevere i doni dei pastori, depose dolcemente il bambino tra le braccia del
pastore che era a mani vuote...
Preghiera Dio solo può dare la fede,
tu, però, puoi dare la tua testimonianza.
Dio solo può dare la speranza,
tu, però, puoi infondere fiducia nei tuoi fratelli.
Dio solo può dare l'amore,
tu, però, puoi insegnare all'altro ad amare.
Dio solo può dare la pace,
tu, però, puoi seminare l'unione.
Dio solo può dare la forza,
tu, però, puoi dare sostegno a uno scoraggiato.
Dio solo è la via,
tu, però, puoi indicarla agli altri.
Dio solo è la luce,
tu, però, puoi farla brillare agli occhi di tutti.
Dio solo è la vita,
tu, però, puoi far rinascere negli altri
il desiderio di vivere.
Dio solo può fare ciò che appare impossibile,
tu, però, potrai fare il possibile.
Dio solo basta a se stesso,
egli, però, preferisce contare su di te
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Domenica 21 dicembre 2014
Personaggio La fornaia, colei che offre amore andando verso Gesù
La Parola [Lc 1, 26-31] «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai
un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio
dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre
sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Impegno Oggi farò un servizio o un favore nascosto a qualcuno, un’azione che mi costa e che sia
generosa, donata nel nome di Dio. Inviterò qualcuno in settimana a visitare il mio presepio
e gli spiego perché l’ho fatto così.
Storia
Pierino davanti al presepio
Pierino sogna, sta andando insieme ai pastori e ai Re Magi verso la stalla quando si trova improvvisamente
davanti a Gesù Bambino che giace nella mangiatoia. Pierino si accorge di essere a mani vuote. Tutti hanno
portato qualcosa: solo lui è senza doni.
Avvilito dice subito: "Prometto di darti la cosa più bella che ho. Ti regalo la mia nuova bicicletta, anzi il mio
trenino elettrico".
Il bambino nel presepe scuote la testa e sorridendo dice: "Io non voglio il tuo trenino elettrico. Dammi il tuo
tema in classe!".
"Il mio ultimo tema?" balbetta il ragazzino. "Ma ho preso un insufficiente!".
"Appunto, proprio per questo lo vorrei" dice Gesù. "Devi darmi sempre tutto quello che è insufficiente,
imperfetto. Per questo sono venuto nel mondo. Ma vorrei un'altra cosa ancora da te: la tua tazza del latte".
A questo punto Pierino si rattrista: "La mia tazza? Ma è rotta!".
"Proprio per questo la vorrei avere" dice Gesù Bambino. "Tu mi puoi portare tutto quello che si rompe nella
tua vita. Io sono capace di risanarlo".
Il ragazzino sentì di nuovo la voce del Bambino Gesù: "Vorrei una terza cosa da te: vorrei la risposta che hai
dato a tua mamma quando ti ha chiesto come mai si è rotta la tazza del latte".
Allora Pierino inizia a piangere e confessa tra le lacrime: "Ma le ho detto una bugia, quella volta. Ho detto alla
mamma che la tazza era caduta per caso, ma in realtà l'ho gettata a terra io, per rabbia".
"Per questo vorrei avere quella tua risposta" risponde sicuro Gesù Bambino. "Portami sempre tutto quello
che nella tua vita è cattivo, bugiardo, dispettoso e malvagio. Sono venuto nel mondo per perdonarti, per
prenderti la mano e insegnarti la via".
Gesù sorride di nuovo a Pierino, mentre lui guarda, comprende e si meraviglia!
Preghiera
Gesù, quante volte hai visto Maria e Giuseppe sorridenti lavorare, aiutare e faticare per te e per gli altri. Per
questo hai detto “c’è più gioia nel dare che nel ricevere”. Metti anche nel nostro cuore questa certezza!
Aiutaci a donare.
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Lunedì 22 dicembre 2014
Personaggio Anna, la nonna con il bastone e la lampada
La Parola [Lc 1,46-55] Maria disse: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio,
mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva»
Impegno Telefoniamo ai nonni e chiediamo loro che dicano un’Ave Maria per noi, o andiamo a
trovarli e chiediamo di dire una preghiera insieme per preparare il Natale.
Storia
Due blocchi di ghiaccio [Bruno Ferrero]
C'erano una volta due blocchi di ghiaccio. Si erano formati durante il lungo inverno, all'interno di una grotta
di tronchi, rocce e sterpaglie in mezzo ad un bosco sulle pendici di un monte. Si fronteggiavano con ostentata
reciproca indifferenza. I loro rapporti erano di una certa freddezza. Qualche "buongiorno", qualche
"buonasera". Niente di più. Non riuscivano cioè a "rompere il ghiaccio".
Ognuno pensava dell'altro: "Potrebbe anche venirmi incontro". Ma i blocchi di ghiaccio, da soli, non possono
né andare né venire.
Ma non succedeva niente e ogni blocco di ghiaccio si chiudeva ancora di più in se stesso. Nella grotta viveva
un tasso. Un giorno sbottò: "Peccato che ve ne dobbiate stare qui. E' una magnifica giornata di sole!". I due
blocchi di ghiaccio scricchiolarono penosamente. Fin da piccoli avevano appreso che il sole era il grande
pericolo. Sorprendentemente quella volta, uno dei due blocchi di ghiaccio chiese: "Com'è il sole?". "E'
meraviglioso, è la vita!" rispose il tasso. "Puoi aprirci un buco nel tetto della tana... Vorrei vedere il sole..."
disse l'altro. Il tasso non se lo fece ripetere. Aprì uno squarcio nell'intrico delle radici e la luce calda e dolce
del sole entrò come un fiotto dorato. Dopo qualche mese, un mezzodì, mentre il sole intiepidiva l'aria, uno
dei blocchi si accorse che poteva fondere un po' e liquefarsi diventando un limpido rivolo d'acqua. Si sentiva
diverso, non era più lo stesso blocco di ghiaccio di prima. Anche l'altro fece la stessa meravigliosa scoperta.
Giorno dopo giorno, dai blocchi di ghiaccio sgorgavano due ruscelli d'acqua che scorrevano all'imboccatura
della grotta e, dopo poco, si fondevano insieme formando un laghetto cristallino, che rifletteva il colore del
cielo. I due blocchi di ghiaccio sentivano ancora la loro freddezza, ma anche la loro fragilità e la loro
solitudine, la preoccupazione e l'insicurezza comuni. Scoprirono di essere fatti allo stesso modo e di aver
bisogno in realtà l'uno dell'altro. Arrivarono due cardellini e un'allodola e si dissetarono. Gli insetti vennero a
ronzare intorno al laghetto, uno scoiattolo dalla lunga coda morbida ci fece il bagno. E in tutta questa felicità
si rispecchiavano i due blocchi di ghiaccio che ora avevano trovato un cuore.
A volte basta solo un raggio di sole. Una parola gentile. Un saluto. Una carezza. Un sorriso. Ci vuole così poco
a fare felici quelli che ci stanno accanto. Allora, perché non lo facciamo?
Preghiera
Signore, svegliaci
Aiutaci a metterci in cammino
Ci serve la luce: rendici attenti alla direzione
Ci serve un bastone: la strada è anche pericolosa
Ma, Signore, noi vogliamo cercarti.
Rendi il nostro cuore coraggioso nella ricerca di Te.
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Martedì 23 dicembre 2014
Personaggio Alinda e Gelindo, i pastori che offrono la capanna a Maria e Giuseppe
La Parola [Lc 1, 57-66] In quei giorni, per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un
figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande
misericordia, e si rallegravano con lei. […] Zaccaria scrisse: «Giovanni è il suo nome»
Impegno Oggi deciderò con mamma e papà un atto di carità verso una persona davvero povera o
sola. Cercherò di donare qualcosa che mi sta a cuore, con generosità.
Storia
Tanti e tanti anni fa, nei pressi di Betlemme, viveva un uomo che si chiamava Gelindo e faceva il pastore. Era
buono, senza pretese, né vizi e sgobbava dal mattino alla sera per guadagnare il pezzo di pane con il quale
sfamava la sua famiglia. Non si concedeva mai un passatempo e se aveva un momento di riposo ne
approfittava per togliersi il cappello, inginocchiarsi e dire una preghiera al Signore, ringraziandolo perché gli
aveva concesso un’altra giornata, seppure faticosa, ma piena di soddisfazioni.
Abitava in una casetta semplice, sulla punta di una collina, con Alinda, sua moglie, e Aurelia, la figlia, che era
una scolara. Anche l’anziano Maffeo faceva parte della famiglia: era un povero servo, che aveva sempre
vissuto con loro. Le forze gli stavano ormai calando, ma proprio per questo, nessuno aveva il coraggio di
lasciarlo su una strada. Allora lui ricambiava con piccoli servizi, come poteva, e portava al pascolo uno
sparuto gregge di pecore, che era tutta la ricchezza della famiglia.
Tutti i giorni Alinda faceva le robiole con il latte delle pecore e, il giorno dopo, il suo Gelindo se ne caricava
una cesta in spalla e andava a venderle al mercato: un mondo di gente che andava e veniva, non tanto per
comprare, ma per mercanteggiare fino all’ultimo centesimo e portare a casa la poca roba necessaria per il
pranzo.
La vita di allora non era per nulla facile. La gente, che già era afflitta dalla povertà, faticava ad andare
d’accordo, e talvolta, al mercato, succedevano parapiglia tra uomini con idee diverse, che facevano accorrere
i soldati, mentre tutti fuggivano spaventati, buttando all’aria i banchi di arance e verdura.
La nostra storia inizia in una fredda giornata d’inverno, quando l’aria ghiacciata punge le orecchie e la gente
cammina frettolosamente alitando sulle dita rattrappite dal freddo. C’è tanta folla al mercato di Betlemme,
tanti forestieri che sono arrivati dai paesi limitrofi per registrarsi al censimento.
Anche Gelindo è lì dal mattino, aspettando che i clienti comprino le sue robiole.
Giunge il tramonto. Gelindo prende la cesta con le robiole rimaste invendute e s’incammina per far ritorno a
casa. La strada è lunga e lui sa che arriverà a notte fonda, ma è contento e ringrazia il Signore per i pochi soldi
che ha guadagnato per la sua famiglia, che gli permetteranno anche, il mattino dopo, di comprare un
cartoccio di caldarroste per la sua Aurelia.
Appena fuori Betlemme incontra una coppia di persone che avanza adagio: un uomo anziano sorregge una
giovane donna in attesa di un bambino.
Gelindo si sofferma a guardarli, perché ha l’impressione che abbiano bisogno di aiuto
- Oh brava gente, avete bisogno di una mano? - dice premuroso.
Il vecchio gli risponde:
-Non tanto per me, ma per questa povera donna. Vedete in che stato è? E’ da stamattina che camminiamo,
abbiamo girato tutto il paese, ma non abbiamo trovato un albergo dove ci sia un posto per dormire. Non una
branda o un giaciglio di paglia, per nessun prezzo.
-Oh povera gente, siete in un brutto guaio – gli fa Gelindo - purtroppo a quest’ora non saprei proprio dove
indirizzarvi. Io sto andando a casa, e nella mia famiglia non abbiamo mai negato a nessuno una scodella di
latte e una branda per dormire, ma io abito in capo al mondo, oltre quella collina, e sarebbe irragionevole far
fare tutta quella strada a questa povera donna. Guardate, se mi date retta, provate ad andar laggiù, in quella
casupola, dopo l’incrocio. E’ solo una capanna, dove noi pastori ripariamo le nostre pecore durante i
temporali, ma se guardate bene, dovrebbe esserci della paglia pulita su cui riposarvi. E’ sempre meglio che
dormire all’addiaccio.
Gelindo affonda una mano nella cesta, cerca una robiola tra le pieghe della tovaglia e la porge ai due dicendo:
-Prendete, avrete fame dopo una giornata così faticosa.
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-Non so come ringraziarvi, è proprio il Signore che vi ha mandato sulla nostra strada. Come vi chiamate,
brav’uomo?
-Io sono Gelindo, un povero pastore come ce ne sono tanti nelle nostre campagne. E voi?
-Mi chiamo Giuseppe, vengo da Nazaret, dove ho una bottega da falegname. Questa è mia moglie, Maria.
Non era proprio il momento favorevole per muoverci da casa, con lei in queste condizioni, ma con questo
censimento non abbiamo potuto farne a meno.
-Grazie che me l’avete ricordato, domattina dovrò alzarmi anch’io presto per andare a farmi registrare, perciò
devo subito mettermi in cammino: mi aspetta un bel pezzo di strada. Beh, che il Signore ve la mandi buona e
vi tenga una mano sulla testa e... che questo bambino che ha da nascere abbia più fortuna di me e voi messi
insieme.
-Anche a voi, che il Signore vi benedica!
Gelindo accenna a partire, ma è trattenuto da un presentimento, ritorna sui suoi passi e dice:
-Fatemi poi sapere qualcosa, ché se è un maschio facciamo una bella festa.
Giuseppe e Maria vanno alla stamberga indicata da Gelindo. Entrano al buio, a tastoni, e sentono odor di
stalla; hanno fortuna! C’è un bue, che rende l’ambiente tiepido. Si sistemano sulla paglia e recitano le
preghiere prima di addormentarsi.
Intanto Gelindo cammina spedito, pensando a quei due, che devono dormire nella stalla, e al bambino, che
potrebbe nascere da un momento all’altro.
Ha il rimorso di non averli potuti aiutare maggiormente. Hanno proprio l’aspetto di brava gente, quei due,
come se ne trovano pochi al giorno d’oggi.
Maria, poi, ha un viso così angelico, che non si riesce a dimenticare.
Cammina, cammina, Gelindo arriva a casa quando è buio pesto. Entra adagio per non svegliare la sua
famiglia, che dovrebbe già essere a letto. Ma, inaspettatamente, sente un trambusto giungere dalla cucina.
Sbircia attraverso lo spiraglio della porta socchiusa e vede Alinda e Aurelia in grande
agitazione, come avessero l’argento vivo addosso. Perfin Maffeo, che soffre di sonnolenza e dorme sempre
della quarta, è sceso in camicia, con la berretta da notte, a sentire cos’è accaduto.
-Che diavolo succede? - esclama Gelindo.
Alinda, che l’ha atteso fino adesso trepidando, è lì che lo aspetta con le mani sui fianchi e, stizzita, gli dà il
benvenuto:
-A quest’ora arrivi? Le persone perbene sono rincasate da un pezzo e tu sei ancora in giro a quest’ora: l’ora
degli assassini! Ma dove sei andato a cacciarti?
Gelindo cerca di spiegarle che si è attardato per aiutare quei due forestieri. Non riesce a dire di più perché
Alinda lo zittisce dovendogli raccontare una notizia strepitosa: è venuto a far visita un uomo alto, vestito di
bianco, con due ali bianche e una tromba lucida, lunga da qui a là.
Ha bussato a tutte le porte e ha detto che è nato un bambino straordinario, un bambino che sarà il re dei re,
il re di tutto il mondo, che porterà la pace tra la gente. Ha detto che questo bambino è nientemeno che il
figlio del Padreterno!
Alinda è una brava moglie, ma quando ci si mette è anche un po’ noiosetta e Gelindo, stanco per il viaggio,
sta lì, seduto a cavallo di una sedia, a sentirla, immobile come un burattino. Fa fatica a seguirla e si fa ripetere
il discorso, convinto che la donna farnetichi. Ma quando Alinda gli dice che quel povero bambino l’hanno
messo a dormire sulla paglia di una greppia, lui si ricorda di Maria che doveva partorire ed ha un soprassalto.
- E’ lui, è lui! – esclama stupefatto - Ma guarda, proprio a me doveva capitare? Non mi sembra vero!
Alinda lo guarda preoccupata:
-Ma tu straparli – gli dice – cosa ti sta passando per la testa? Hai di nuovo bevuto?
Gelindo, sempre più infervorato, racconta di quel vecchio e della donna, che era incinta. Gli viene in mente
ciò che hanno detto i profeti e pensa che forse si tratta del Messia, che il Padreterno ha promesso agli
uomini.
- Su! – dice Gelindo – andiamo a trovarlo, andiamo tutti insieme!
- Ma Gelindo, a quest’ora? E poi non possiamo mica andare a mani vuote? In fondo non sappiamo neppure
che gente sia e dove abitino.
- Lo so io chi sono, li ho mandati io a dormire in una stalla... e poi... e poi dobbiamo andare: ho promesso a
Giuseppe che avremmo fatto una bella festa. Su, datevi da fare, preparate qualcosa: due robiole, un
pentolino di latte, una copertina per il povero bambino, che avrà freddo. Partiremo domattina, appena farà
giorno. E tu, Aurelia, vai subito a svegliare i tuoi compagni di scuola.
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-Che bello! – esclama Aurelia battendo le mani – Vado subito a chiamare Vittoria, Matteo e Giovanna.
-Perché solo loro? Dillo anche ad Alexandru, Arbenet, Fathima!
-Anche loro? Ma loro non pregano come noi!...
-Cosa significa? Non sono bambini come te? Cosa importa se parlano con un accento diverso ed hanno i
capelli ricci e neri? Rifletti: tu sei bionda, la mamma ha i capelli rossi, io grigi e Maffeo ha la testa pelata.
Guarda quante differenze nella stessa famiglia! Il Creatore è uno solo e il mondo è stato fatto per tutti gli
uomini. Lo sai che il re dei re sarà il re di tutta la gente, uomini donne e bambini? Sarà anche il nostro re, dei
nostri vicini di casa e dei tuoi compagni.
-Ora prepariamo tutto, poi andiamo a dormire perché domani sarà una giornata straordinaria.
Quella notte nessuno riesce a dormire e il giorno dopo partono prima dell’alba: Gelindo con tutta la sua
famiglia e i compagni di Aurelia. Camminano sulla galaverna che scricchiola sotto i loro zoccoli e tutt’intorno
c’è un silenzio irreale. Ma quando arrivano in vista di Betlemme, proprio dinnanzi
alla stalla, avvertono un clima di festa e vedono uno stormo di angioletti chiacchierini che svolazzano allegri,
in uno sfolgorio di luci che illumina la campagna bianca di neve, e cantano: “Lode e gloria al Signore e pace in
terra agli uomini di buona volontà”.
Gelindo, confuso e frastornato, si leva il cappello ed entra titubante nella stalla, facendo segno agli altri di
seguirlo.
Meraviglia! In mezzo ad uno splendore di luce vedono un bambino che vagisce tutto felice. E’ Gesù Bambino:
quel bambino di cui hanno tanto parlato le profezie.
Gelindo s’inginocchia per primo, per adorare il figlio di Dio e così fanno tutti gli altri, che lo seguono
allungando il collo per vedere meglio e ringraziando il Signore, che ha concesso loro un privilegio così grande.
Pregano, pregano dal profondo del loro cuore e raccontano tutte le cose brutte del mondo in cui, se non ci
pensasse il Figlio di Dio, gli uomini non saprebbero più come salvarsi.
Gli chiedono, per se stessi, la forza per essere più buoni, più pazienti e comprensivi con tutti, e sentono,
dentro, una pace e una tranquillità tutte nuove.
Gelindo e la sua famiglia si prendono per mano, invitano anche i compagni di Aurelia e, tutti insieme, fanno in
bel girotondo, cantando con gli angeli:
“Lode e gloria al Signore e pace in terra gli uomini di buona volontà”.
E tenendosi per mano vanno tutti insieme per le strade a chiamare la gente: “Accorrete, accorrete, è nato il
Bambino, il re di tutti i re, per portarci la pace ed insegnarci a vivere all’onor del mondo. Lode e gloria al
Bambin Gesù!”
Preghiera O Signore risorto,
fa' che ti apra
quando bussi alla mia porta.
Donami gioia vera
per testimoniare al mondo
che sei morto e risorto
per sconfiggere il male.
Fa' che ti veda e ti serva
nel fratello sofferente,
malato, abbandonato, perseguitato...
Aiutami a riconoscerti
in ogni avvenimento della vita
e donami un cuore sensibile
alle necessità del mondo.
O Signore risorto,
riempi il mio cuore
di piccole opere di carità,
quelle che si concretizzano in un sorriso,
in un atto di pazienza e di accettazione,
in un dono di benevolenza e di compassione,
in un atteggiamento di perdono cordiale,
in un aiuto materiale secondo le mie possibilità
[Madre Teresa di Calcutta]
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Mercoledì 24 dicembre 2014 Personaggio Aristeo, il pastore inginocchiato
La Parola [Lc 1,67-79] Grazie alla tenerezza e misericordia del nostro Dio, ci visiterà un sole che sorge
dall’alto, per risplendere su quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte, e
dirigere i nostri passi sulla via della pace.
Impegno Preparo una mia preghiera e, dopo la Messa di Natale, della notte o del giorno, vado a
farla con mamma e papà davanti al Bambino in parrocchia.
Storia
C'era una volta un vecchio pastore, che amava la notte e conosceva bene il percorso degli astri. Appoggiato al
suo bastone, con lo sguardo rivolto verso le stelle, il pastore stava immobile sul campo.
"EGLI verrà!" disse.
"Quando verrà?" chiese il suo nipotino.
"Presto!".
Gli altri pastori risero.
"Presto!" lo schernirono. "Lo dici da tanti anni!".
Il vecchio non si curò del loro scherno. Soltanto il dubbio che vide sorgere negli occhi del nipote lo rattristò.
Quando fosse morto, chi altri avrebbe riferito la predizione del profeta? Se LUI fosse venuto presto! Il suo
cuore era pieno di attesa.
"Porterà una corona d'oro?". La domanda del nipote interruppe i suoi pensieri. "Sì!".
"E una spada d'argento?". "Sì!
"E un mantello purpureo?".
"Sì! Sì!".
Il nipotino era contento. Il ragazzo era seduto su un masso e suonava il suo flauto. Il vecchio stava ad
ascoltare. Il ragazzo suonava sempre meglio, la sua musica era sempre più pura. Si esercitava al mattino e alla
sera, giorno dopo giorno. Voleva essere pronto per quando fosse venuto il re. Nessuno sapeva suonare come
lui.
"Suoneresti anche per un re senza corona, senza spada e senza mantello purpureo?" chiese il vecchio.
"No!" disse il nipote.
Un re senza corona, senza spada e senza mantello purpureo, come avrebbe potuto ricompensarlo per la sua
musica?
Non certo con oro e argento!
Un re con corona, con spada e mantello purpureo l'avrebbe fatto ricco e gli altri sarebbero rimasti a bocca
aperta, l'avrebbero invidiato.
Il vecchio pastore era triste. Ahimè, perché aveva promesso al nipote ciò a cui egli stesso non credeva? Come
sarebbe venuto? Su nuvole dal cielo? Dall'eternità? Sarebbe stato un bambino? Povero o ricco? Di certo
senza corona, senza spada e senza mantello purpureo, e tuttavia sarebbe stato più potente di tutti gli altri re.
Come poteva farlo capire al suo nipotino?
Una notte in cielo comparvero i segni che il nonno così a lungo aveva cercato con gli occhi. Le stelle
splendevano più chiare del solito. Sopra la città di Betlemme c'era una grande stella. E poi apparvero gli
angeli e dissero: "Non abbiate paura! Oggi è nato il vostro Salvatore!".
Il ragazzo corse avanti, verso la luce. Sotto il mantello sentiva il flauto sul suo petto. Corse più in fretta che
poteva. Arrivò per primo e guardò fisso il bambino, che stava in una greppia ed era avvolto in fasce. Un uomo
e una donna lo contemplavano lieti. Gli altri pastori, che l'avevano raggiunto, si misero in ginocchio davanti al
bambino. Il nonno lo adorava. Era dunque questo il re che gli aveva promesso?
No, doveva esserci un errore.
Non avrebbe mai suonato qui.
Si voltò deluso, pieno di dispetto. Si allontanò nella notte. Non vide né l'immensità del cielo, né gli angeli che
fluttuavano sopra la stalla.
Ma poi sentì piangere il bambino.
Non voleva sentirlo.
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Si tappò le orecchie e corse via. Ma quel pianto lo perseguitava, gli toccava il cuore e infine lo costrinse a
tornare verso la greppia.
Eccolo là, per la seconda volta.
Vide che Maria, Giuseppe e anche i pastori erano spaventati e cercavano di consolare il bambino piangente.
Ma tutto era inutile.
Che cosa poteva avere il bimbo?
Non c'era altro da fare. Tirò fuori il suo flauto da sotto il mantello e si mise a suonare. Il bambino si quietò
subito. Si spense anche l'ultimo, piccolo singhiozzo che aveva in gola. Guardò il ragazzo e gli sorrise.
Allora egli si rallegrò, e sentì che quel sorriso lo arricchiva più di tutto l'oro e l'argento del mondo.
Preghiera
Ciao Gesù Bambino! Sono qui, davanti a te, con la mia mamma e il mio papà. E’ bello stare in tua compagnia,
il mio cuore si riempie di gioia proprio com’ è successo al nipote del pastore.
Sembri così piccolo e indifeso… Eppure sento che mi vuoi un bene immenso, che mi ami più dei miei genitori!
In questo Natale vieni ospite della nostra famiglia… siediti in mezzo a noi! E dalla pace che si respirerà in casa,
dall’ affetto che riceverò, saprò che sei davvero stato a casa mia!
Promemoria per la Diocesi di Saluzzo:
Festa della Pace diocesana sabato pomeriggio 24 gennaio 2015 a Saluzzo. VI FAREMO SAPERE AL PIÙ PRESTO LE DATE DEGLI INCONTRI ANIMATORI PER ORGANIZZARE INSIEME LA FESTA.
…e Buon Natale dall’équipe ACR Saluzzo
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