Download - [NAZIONALE - 19] GIORN/INTERNI/PAG25 23/08/09 · DOTE DI FAMIGLIA Gianni Cantù con una copia di «Margherita Pusterla», che il suo avo Cesare scrisse in carcere

Transcript
Page 1: [NAZIONALE - 19] GIORN/INTERNI/PAG25 23/08/09 · DOTE DI FAMIGLIA Gianni Cantù con una copia di «Margherita Pusterla», che il suo avo Cesare scrisse in carcere

19 CRONACHEil GiornaleDomenica 23 agosto 2009

C on questo«tipoitalia-no» hoavuto lafortuna di

lavorareperundecen-nio. Lo conobbi nellaredazione dell’Arena.Era l’estate del 1975.Luiavevagià52annieveniva dall’agenzia

Ansa di Milano, io solo 19 e spuntavo dal nulladiVerona. Ilquotidiano localemiavevaassun-toperunasostituzione incronaca. Laprimase-ra stappò una bottiglia di champagne. Mica inmio onore, ovvio. Festeggiava con i colleghi i10annidall’esamediStatocheloavevaammes-sonell’Ordinedeigiornalisti. In realtàesercita-va la professione già da 30, dal 1945 o giù di lì.

HoincontratoGianniCantùlascorsasettima-na.Avevadapocofesteggiatoilsuo86˚ comple-anno. Stessa lucidità mentale, stessa passioneper i fatti della vita. Anche la sordità, sempre lastessa, perlomeno nonpeggiorata rispetto allafinedegliAnni80,quandodovemmominaccia-re uno sciopero perché la società editrice del-l’Arenasirifiutavadiacquistareunamplificato-re telefonico da poche migliaia di lire che gliavrebbe reso più agevole il lavoro. A un croni-stadineracosì,qualsiasigiornaleavrebbefattoponti, e cimici, d’oro: il primo a riconoscereGiangiacomoFeltrinelli sventratodallabombasotto il traliccio di Segrate; il primo a giungeredavanti alla questuradiMilano doveGianfran-co Bertoli aveva fatto esplodere un ordigno; ilprimo ad avvicinare il generale James Lee Do-zier appena strappato alle grinfie dei brigatistirossi. E l’unico a uscire in edizione straordina-ria quando fu rilasciatodai rapitori il presiden-te del Verona Hellas, Saverio Garonzi, e quan-do fu liberata dai carabinieri la piccola PatriziaTacchella, figliadel redei jeansCarrera; l’unicoa polemizzare a mezzo stampa con Ludwig, fi-no a tendere un trabocchetto mediatico che ri-sultòdecisivoper la cattura degli irreprensibilistudenti Wolfgang Abel e Marco Furlan, poicondannatiper15omicidi; l’unicoadavercapi-toche ilduoera inrealtàuntrio; l’unicoacono-scere una verità dirompente e mai scritta sullastrage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bolo-gna.

Di Cantù dicevano che rivoltasse le taschedei cadaveri per cercarvi documenti e repertichenemmenoicarabinieriavevanolostomacodi recuperare. Dicevano anche che una voltaavesse torto il braccio a un malavitoso in rigormortis, fino a spezzarglielo, al solo scopo diconsentire al fotoreporterCostantinoFaddadi fotogra-fare un tatuaggio sul polsoche ne rese certa l’identifica-zione. Aveva sempre l’orec-chio teso, Cantù. Quello chegliinteressavasentire, loudi-va benissimo. Per esempio,quandocaptavacheuncroni-stastavaraccogliendoperte-lefono la notizia dell’ennesi-mo incidente mortale al pas-saggio a livello del quartieredi periferia dove abita tutto-ra, si precipitava alla scriva-nia del collega: «Chi è? Chiè?». Viveva nell’ossessioneche si trattasse dell’unico fi-glio,Guido.Menesonoricor-dato nei giorni scorsi, quan-do ho letto che a Marco DalFior, caporedattore del Corriere della Sera, ètoccata la sorte crudele di apprendere in reda-zionecheunadelletregiovanivittimestritolateda un Suv sul raccordo autostradale di Vareseera il suo Paolo, 23 anni appena.

Dopoessersi occupatopermezzo secolodeimorticontemporanei,Cantùètornatoacoltiva-re con rinnovato vigore la mai abbandonatapassioneperimortidell’antichità.Làeracrona-ca, qui è letteratura. Una dote di famiglia: lostoricoCesareCantù(1804-1895),eruditopoli-tico lombardo, era prozio di suo nonno pater-no e quando nel 1833 fu rinchiuso in carceredagli Austriaci, col divieto di detenere carta dalettere ematita, riuscì a scrivere i primi capitoli

delromanzoMargheritaPusterlasullacartadabugliolo, col nerofumo ottenuto dai fiammife-ri. Finora il pronipote ha pubblicato una venti-nadilibri,tradotti invarielingue.L’ultimos’inti-tolaVestigiaromane (CierreGrafica),un«viag-gioattraverso leprovincedell’Impero».QuellodeiCesari,sicapisce.Sono286paginecorreda-tedaunCd interattivocon le immagini scattatedallo stesso Cantù. Eh sì, perché un tempo ibravigiornalistiportavanoacasaanchele foto,comeaccaddequando intervistò in esclusiva aParigi l’astronauta russo JurijGagarin, il primouomoavolarenellospazio.Egittologodi fama,in precedenza aveva passato, sia pure a rate,due anni della sua vita a scavare nelle tombedei faraoni.

Perché hai tradito gli Egiziper i Romani?«Se lametti così,benprima

dimeaveva traditoAugusto,che si fece effigiare come fa-raone sui templi tolemaici.Dopodilui,tuttigliimperato-ri romanivolleroessere fara-oni: da Tiberio, che imper-versa sulle colonne di KomOmbo ed Esna, a Decio. Suunarchitravedell’isoladiEle-fantina ho scoperto due ri-tratti speculari di Augustomentrecompielacorsaritua-le del giubileo. Come farao-ne volle dimostrare al dioAmon e al popolo egizio dipossedere le qualità psicofi-siche idoneeadassicurare lastabilità del cosmo».

Nelle identificazioni sei sempre stato imbatti-bile, a cominciare da Feltrinelli.«Davanti al cadavere straziato di quell’uo-

mobarbuto,conaddossol’eskimod’ordinan-za dell’ultrasinistra, la polizia brancolava nelbuio.MaiosapevocheGiangiera tornatodal-laCarinzia e avevapartecipato auna riunionepreparatoria aMilanoper qualcosadi grosso.Sotto il traliccio di Segrate tuttomi fu chiaro: irossi volevano provocare la paralisi di uffici,industrie, ospedali, tram, ascensori facendosaltare i due tralicci cheda Est e daOvest por-tavano l’energia elettrica in città. Ma l’ordi-gno difettoso aveva dilaniato l’editore».

E come facevi a sapere della riunione?

«Mi ero infiltrato nell’ultrasinistra».Tu? Un ex ragazzo della Repubblica di Salò?«Icompagnieranomoltocólti,bisognarico-

noscerlo, ma anche un po’ coglionazzi. Nonfu difficile farmi passare per simpatizzante.All’Ansa sceglievo sempre il turnodi notte, inmodo da poter scrivere i miei libri di giorno.La sera mi telefonava Capanna: “Sono Mario,abbiamo fregato i fasci”. Intendeva dire che aqualche avversario avevano aperto la testacon la chiave inglese. Era quella l’arma delmovimento».

Ma poi finisti sulla lista delle Brigate rosse.«A dirmelo fu Arrigo Cavallina, il fondatore

dei Proletari armati per il comunismo, che adifferenza del suo allievo Cesare Battisti hapagato fino in fondo il conto con la giustizia ehacambiato vita. La confermaarrivòdall’uffi-cio centrale dell’Ucigos di Roma. Mi fu impo-sta la scorta».

Tu già giravi armato. Ricordo che tenevi unapistola in una cartelletta di pelle.«UnaColtCobra38special, sei colpi,ungio-

iellino.Per fortunaèancoravergine.Erostatominacciato per lettera da Vincenzo Andra-ous».

Il pluriomicida della banda Vallanzasca chein galera partecipò all’uccisione di Francis Tu-ratello?«Esatto. Squarciarono il petto al boss della

mala milanese, gli addentarono il cuore e glistrapparono l’intestino. Andraous non vole-va che scrivessi chegli erano stati irrogati cin-queergastoli.Secondoluibastava“condanna-to all’ergastolo”. Oggi è un buon cristiano,l’ho pure aiutato ad affermarsi come poeta.Ma allora era un pericoloso latitante appenaevasodalcarcerediTreviso insiemecolbriga-tista rosso Prospero Gallinari, che l’anno se-guente avrebbe rapito e ucciso Aldo Moro».

Che cosa pensi della cosiddetta «strategiadella tensione»?«Da entrambe le parti, estrema sinistra ed

estrema destra, c’era interesse a creare unasituazione d’emergenza. Non credo affattoche fosse la strategia dellaDc per rafforzare ilgoverno».

Chi mise la bomba alla stazione di Bologna?«Io posso riferirti quali furono le risultanze

delle mie ricerche. In seguito all’attentato ri-mase per 9 ore sotto le macerie un tossicodi-pendente di 25 anni, B.S., nativo di Terni ma

residente a Verona. Ebbe la gamba destraspappolata e riportò gravi ustioni al volto.Agli inquirenti raccontòche tornavadaRomae che doveva raggiungere Parma. A me inve-ce disse: “Volevo proseguire per Rimini”. Inrealtà era sceso alla stazione di Bologna perlasciarviunavaligiacheglierastataconsegna-ta nella capitale».

Da chi?«Dachi,non lo so.Madove, sì: all’Eur.Fu lui

aconfessarmelo.Sul fattoche fosse l’inconsa-pevole corriere della valigia contenente pro-babilmente l’esplosivo si sarebbe dovuto in-dagare a fondo. Per prudenza non scrissi nul-la e avvisai il capitano Gennaro Scala, del nu-cleo investigativo dei carabinieri, il quale asua volta informò la magi-stratura. E sai quale fu il ri-sultato?L’ufficialevenneac-cusato di depistaggio. DaRoma, dal ministero degliInterni, era arrivato infattil’ordined’indagaresoltantofra gli extraparlamentari didestra, non fra i tossicoma-ni. Il presunto fattorino del-la bomba ebbe dallo Stato100 milioni di lire d’inden-nizzo, rivalutati oggi sareb-bero215.000euro,chedissi-pò in droga nel giro di unmese.Venneospitatoperol-tre un anno da un parrocoveronese. Il prete fu rapina-to in canonica da due com-plicidiB.S.,unbalordo tori-nese e un minorenne pado-vano. Poi il terzetto cominciò a inviare lettereminatorie al sacerdote, con richieste di dena-ro.Smascheratoeprocessato,B.S. fucondan-nato a 4 anni e mezzo di reclusione».

Anche al duo Ludwig arrivasti per conto tuoanticipando gli inquirenti.«La prima vittima fu un nomade abruzzese,

Guerrino Spinelli, arso vivo nell’auto dentrocui dormiva. All’ospedale, in punto di morte,raccomandòalla figliadi stareattenta,perchéc’erano in giro tre uomini pericolosi: quelliche l’avevano aggredito. In quell’occasionefurono lanciate tre molotov, di cui una nonscoppiò.Tutti pensaronoabottigliemolotov.In realtà erano fiaschi riempiti di benzina. E

nella rivendicazione del delitto si parlava difiaschi. Ero sulla pista giusta. Quando vennebruciato uno studente torinese in gita, LucaMartinotti,ches’erafermatoadormirecolsac-co a pelo in una casamatta asburgica lungol’Adige, ebbi laprova che i folli di Ludwigera-no veronesi».

In che modo la avesti?«Il fortino austriaco era il rifugio abituale di

un minorato psichico, che, avendolo trovatooccupatodalsaccopelista,viappiccò il fuoco.Insomma,Ludwignonc’entrava.Nelmiopez-zo scrissi che l’incendio era partito da alcunetorce,un’espressionedi fantasia.Prontamen-te arrivò una rivendicazione che parlava ditorce. Mi persuasi che gli assassini erano delposto, leggevano L’Arena. Cominciai a pole-mizzarecon loro.Dissi che si attribuivanoan-chedelittinoncommessi, equestoli fece infu-riare.Eranoinpredaaundeliriodionnipoten-za. Non a caso nei loro comunicati proclama-vano:“IlpoterediLudwignonhalimiti”.Para-noici totali. Mi rispondevano inviando comu-nicati all’Ansa diMilano, che facevo analizza-redalgrafologoSalvatoreDeMarco.Da lì s’ar-rivò ai famosi “solchi ciechi” trovati su alcunifogli bianchi sequestrati in casa di Furlan: aprodurli era stata la scrittura con righello enormografo dei loro testi farneticanti».

E il terzo uomo chi era?«Colui checon lasuaMercedesaccompagnò

AbeleFurlanalladiscotecaMelamaradiCasti-glione delle Stiviere, dove furono bloccati pri-machelaincendiassero.Loriconobbisenz’om-bra di dubbio nell’identikit elaborato dagli in-vestigatori a Trento, dove padre Armando Bi-sonerastatouccisoconunpunteruoloa formadi crocifisso conficcato nel cranio. Ma la pre-senza del terzo uomo sulla scena del delittocozzava contro l’idea che il giudice istruttores’erafattodiLudwig,asuogiudiziounacoppiaimpermeabile. Io invecesapevocheera il ram-pollo di un imprenditore ricchissimo. Oggi èunpersonaggiomoltoinvista,hapersinorico-perto alcuni incarichi pubblici».

Il terzo uomo sa che tu sai?«Credo proprio di sì, ma gira al largo».

T’è dispiaciuto non seguire da cronista il casodel serial killer Gianfranco Stevanin?«Piùchealtrom’èdispiaciutononessereriu-

scitoa fararrestarenel1976 il suoprecursore,un geometra impotente d’origini bellunesi,abitante in un quartiere-bene di Verona, chestordivaleprostitute fratturandogli il settona-sale conunpugnodevastante, le seviziava re-gistrando i loro lamenti e poi gli piantava uncoltellonel cuore. Èmortoper causenaturali.Il fidanzato di Fernanda Pellegrini, una dellevittime, era un ladro. S’introdussenell’appar-tamento del maniaco e mi portò il nastro conle urla. Di un’altra assassinata, Regina DallaCroce,ormaidecomposta, toccòamerecupe-rare scalpo, gonna e camicetta: gli inquirentiavevanoportato via il teschio, dimenticando-si tutto il resto».

Qual è il delitto peggiore di cui ti sei occupa-to?«Quello di Renzo Pavini, un sordomuto

strangolatoconunacalzadi nylonegettato inAdige da tre diciannovenni per rapinarlo di44.000 lire. Lo avevano atteso nel giorno incuiritiravalapensioned’invalidità,conlapro-messa di portarlo a donne. Invece volevano isuoi soldi per comprarsi la droga».

Come ti sembrano i cronisti di oggi?«Leggi qua». (Mi porge un

titolo di giornale: «Per l’os-sessione dei ladri uccide uncarabiniere»). «Nell’articoloc’è tutto, tranne l’identitàdel carabiniere. Tanto, cheimporta? I carabinieri devo-no crepare e basta. Ma sevuoi ti mostro il ritaglio del-l’ottantenne che, armato difucile, ha litigato “in modomolto cruento” con i vicini».

Non t’impressiona il molti-plicarsi delle crisi coniugaliche sfociano in delitti-suici-di e nello sterminio d’interefamiglie?«Nulla d’inedito. L’unica

differenza è che una volta lanotizia di paese stentava adarrivare nel Comune capo-

luogo mentre oggi ti viene messa nel piattoall’ora di pranzo dai telegiornali nazionali.Sbagliatissimo, perché la banalizzazione delmale induce un effetto imitativo».

A che serve la cronaca nera?«È necessaria al pari della bianca. Non l’ho

inventata io la completezza dell’informazio-ne. Dal mio maestro, Guido Zangrando, chemi assunse all’Ansa, ho imparato due cose:primo, lanotizianonhaprezzo; secondo,maiinnamorarsi della notizia. La cronaca nera, sesei uomo, serve a farti star male».

(464. Continua)

[email protected]

“ “

tipi italiani

Li aiutava un terzo uomo.

Lo riconobbi dall’identikit

dopo che uccisero un frate.

In seguito ricoprì cariche

pubbliche a Verona

Mi telefonava all’Ansa,

dov’ero di turno la notte:

«Abbiamo fregato i fasci».

Voleva dire che era stata

usata la chiave inglese...

Infiltrato nell’ultrasinistra,fu il primo a riconoscere

Feltrinelli sotto il tralicciodi Segrate. Smascherò anche

un serial killer peggioredi Stevanin. Ora, a 86 anni,

scrive libri su Egizi e Romani

GIANNI CANTÙ

ABEL E FURLAN MARIO CAPANNA

Il cronista che scoprì Ludwig«So chi portò la bombafino alla stazione di Bologna»«Era un drogato: ritirò la valigia all’Eur e rimase ferito nell’attentatoMa al capitano dei carabinieri che allertai venne impedito d’indagare»

DOTE DI FAMIGLIA Gianni Cantù con una copia di «Margherita Pusterla», che il suo avo Cesare scrisse in carcere sulla carta da bugliolo [Maurizio Don]

di Stefano Lorenzetto