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martedì 1 febbraio 2011 laRegioneTicinoCantone 4

di Luca Berti

La foto caricata su Internetsabato pomeriggio piace già aotto persone. Una di loro hapure lasciato un commento. «Laseguiamo con attenzione dalla“formazione speciale Facebook”»scrive Félicien sotto l’immagineche ritrae il sindaco di GinevraSandrine Salerno. Nulla, certo,in confronto ai 18 mila e rotticommenti raccolti nello stessolasso di tempo dal videodiscorsosettimanale del presidente ame-ricano Barak Obama, ma il con-fronto è oggettivamente impos-sibile. Sta di fatto che, nel “pic-colo” della città romanda, Saler-no ha da qualche tempo iniziatoun dialogo a distanza con i citta-dini. Non solo tramite il socialnetwork Facebook, ma anchecurando un blog con aggiorna-menti quotidiani: una paginettaal giorno per raccontare dall’in-terno il municipio cittadino.Una paginetta che i ginevrinipossono commentare.

È questa la politica ai tempidel web 2.0: virtualmente vici-nissima alle persone e per que-sto in grado – se usata bene – difar sembrare amministratori edeputati come uno di quei vicinidi casa con cui al mattino siscambiano due chiacchiere pri-ma di andare al lavoro.

L’immedesimazione è un’ar-ma potente per riuscire a con-quistare la fiducia della gente e,non a caso, i social network sonodiventati uno di quei luoghidove non si può non figurare sesi è candidati a qualche carica.Lo sanno i ticinesi in corsa perun posto al Gran Consiglio o alConsiglio di Stato ad aprile.

Ma perché il web funzionacosì bene come mezzo elettora-le? E quali sono le regole da ri-spettare? «Dieci anni or sono pertrasmettere un messaggio politi-co era necessario essere noti aimedia, in modo da venir invitatia dibattiti o veder pubblicati ipropri scritti sui giornali – spie-ga a laRegione l’esperto di socialmedia Olivier A. Maillard –.Oggi Internet permette a chiun-que, persino a chi è più o menosconosciuto, di entrare in comu-

La politica ai tempi del web 2.0Teoria e tecnica della campagna elettorale su Internet a due mesi dalle elezioni cantonali ticinesi

Quattro anni fa online c’erano (quasi) solo i risultati

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nicazione con gli elettori». Unacomunicazione veloce, spiccia,facile da impostare, fatta spessodi pancia, che raramente contapiù di un centinaio di parole. Avolte non ce ne sono proprio diparole, visto che una delle fun-zioni più usate di Facebook è lapossibilità, con un click, di direse un’opinione, un video o unafoto proposta da un amico (chepuò essere anche candidato)“piace” o “non piace”.

Basta un click

Il colpo di mouse fa perderepoco tempo e nasconde la verapotenzialità di questo mezzo.Già perché appena schiacciatosu “mi piace”, l’opinione vieneistantaneamente divulgata aipropri amici virtuali. Una co-municazione «con valore ag-giunto siccome chi la riceve, la ri-ceve da qualcuno che conosce –precisa Maillard –. Così è più fa-cile che venga letta e ripropostaad altre persone». Diventa unpassaparola alla velocità dellaluce dall’alto potere di convinci-mento. «Si calcola – commental’esperto – che le pubblicità con-venzionali vengano seguite conattenzione dal 15% di tutti coloroche le vedono. Quando invece lastessa informazione giunge daun amico, la ricettività supera il

78%». Il marketing della fiducia:una miniera d’oro per imprendi-tori e politici. E se si calcola chein media ogni persona su Face-book ha 130 amici, la moltiplica-zione dei “mi piace” – e con essidelle opportunità di far passareun messaggio – è presto fatta.

La dinamica all’opera – pre-cisa il decano della facoltà diScienze della comunicazionedell’Università della Svizzeraitaliana Lorenzo Cantoni – «èla sensazione di vicinanza, e lapossibilità di attivare indiretta-mente le varie reti sociali di chisegue il candidato, con un effettoa catena che nel marketing è sta-to paragonato alla diffusione diun virus. La comunicazione trapari, che avviene sul network so-ciale tra i sostenitori del candida-to, è poi molto importante».

Ma Internet ha i suoi coman-damenti e vanno rispettati.Pena la trasformazione dei van-taggi in pesanti svantaggi. «Sitratta anzitutto di essere presen-te, di far percepire a chi segue ilcandidato di poter condividereda vicino la campagna elettorale,i suoi pensieri, le reazioni e le po-sizioni nel dibattito sociale e poli-tico. E di farlo non solo tramite te-sti brevi ed emotivamente conno-tati, ma anche attraverso imma-gini e video, così come attraversola possibilità di impegnarsi in

prima persona – rileva Cantoni–. Sul network sociale il/la candi-dato/a deve anche saper ascolta-re, leggere i contributi dei suoi“amici”». E rispondere. Per ave-re successo «non bisogna pren-dere per i fondelli il cyberelettore– dice Maillard –. Essere presentisu un social network, per un poli-tico, equivale ad affermare di es-sere pronti a dialogare. Bisognaimpegnarsi a farlo». Cioè? «Fac-ciamo un esempio per analogia:se qualcuno mi invita a bere unabirra, ma – una volta al tavolo –non parla e non risponde alle do-mande, probabilmente dopo pocome ne andrò e, soprattutto, laprossima volta che mi inviterà,non accetterò. Se si vuole andaresu Facebook e Twitter, ma non siha il tempo di curare la comuni-cazione, allora meglio lasciarperdere, perché si rischia di sem-brare poco credibili».

Fare campagna solo sul web?Illusorio, se davvero si punta adessere eletto, perché, rileva Can-toni, se «la rete – non solo inetwork sociali ma anche i sitiweb, i blog, i motori di ricerca – èdiventata un luogo di comunica-zione politica certamente moltoimportante» e se «negli Usa la co-municazione online ha contri-buito alla vittoria di Obama, cosìcome alla vittoria dei conservato-ri alle più recenti elezioni di “me-dio termine”» è comunque «im-portante svolgere un’attività co-municativa ricca, su tutti i mezzidi comunicazione. La comunica-zione è un po’ come l’alimentazio-ne: deve essere ricca e salubre».Soprattutto se non tutti gli elet-tori masticano pane e Internet.

Il web avvicina i politici al cit-tadino della strada, dunque. Maanche il contrario. «In Belgio,nelle scorse settimane, trentami-la persone sono state invitate tra-mite un gruppo in Facebook, ge-stito da un cittadino qualunque,ad andare in piazza per manife-stare contro l’immobilismo delgoverno – rileva Maillard –.Così è successo. Si possono utiliz-zare questi social network perforzare la mano a chi governa. Ea questo i politici dovranno esserepronti». Anche nella Svizzeradella “democrazia diretta”.

Candidati al Consiglio di Stato

I loro amici di Facebook aumentano. Chi verrebbe eletto?Ma facciamo un giro su facebook alla ricer-ca dei candidati al Consiglio di Stato. Sonopresenti? Come? Con quanti ‘amici’? Osser-vando i profili – e non le pagine ‘fan’ – du-rante questi ultimi giorni, salta all’occhioun fatto: i più hanno visto lievitare in ma-niera importante, pure di alcune centinaia,i propri ‘amici’. Un fenomeno che si spiegain due modi: o sono nuovi del mezzo e stan-no quindi ancora contattando i vecchi com-pagni di liceo, oppure si sono davvero lan-ciati nella corsa digitale a Palazzo.Andando alle cifre, del Plr sono Matteo Qua-dranti (186 amici), Christian Vitta (471) eGiacomo Garzoli (537) a disporre di una pa-

gina visibile anche dai ‘non amici’. LauraSadis e Sergio Morisoli sembrerebbero in-vece al momento assenti.Presenti e attenti alla privacy i candidati delPpd. L’unico con un profilo pubblico è Gio-vanni Jelmini (1393), mentre Paolo Beltra-minelli (1159), Nadia Ghisolfi (1120) e MarcoPassalia (570) preferiscono mostrare la pro-pria vita online solo agli amici. Non è inrete, invece, Franco Denti.Tutti online i socialisti, tra i quali solo Ma-nuele Bertoli tiene alta la privacy. Consulta-bili invece le pagine di Mario Branda (447),Roberto Sandrinelli (1156) Chiara OrelliVassere (364) e Nicoletta Mariolini (383).

Tra le file leghiste vanno alla grande siaNorman Gobbi (2770), sia Giuliano Bigna-sca (5001). Marco Borradori ha solo una pa-gina di fan, mentre Michele Barra e Loren-zo Quadri non li abbiamo trovati.Decisamente online i Verdi. L’unica assenteè Claudia Crivelli Barella, mentre solo Gre-ta Gysin (1872) mantiene alta la privacy. At-tivi su Facebook pure Michela Delcò Petral-li (530), Sergio Savoia (1501) e FrancescoMaggi (379).Assenti invece i candidati della Forza Civica.E, in base al numero di ‘amici’, gli eletti oggisarebbero Bignasca, Gobbi, Gysin, Savoia eJelmini. POL/BO.P

La creatività scende nell’arena politicaSorrisi, slogan, video e un po’ di tensione

Nuovo look in casa Ps,vecchie ruggini nel Plre nessun colpo dal Ppd

C’è chi “gioca” col proprio nome echi col proprio andicap. E poi c’è chiprende le distanze, timidamente, da-gli ordini di scuderia e si lancia inconfronti a tutto campo e c’è anchechi organizza veri e propri “gruppi disostegno” come dire: il partito nonbasta. C’è davvero di tutto in questoinizio di campagna elettorale e moltoancora, ne siamo convinti, ne vedre-mo. Ma perché stupirsi? Questa voltasi corre per rinnovare tre quinti delConsiglio di Stato e la battaglia è deci-samente aperta.

Capita così di vedersi recapitato uninvito che recita: “Ci vediamo da Ma-rio” in piccolo “Branda” che prendein prestito la nota canzone del Liga(Ligabue, alle cronache) per presenta-re un ciclo d’incontri con il candidatosocialista, già procuratore generaleaggiunto e oggi sorridente, senzagiacca, col piglio kennedyano, nella“locandina” di presentazione. Am-micca, Mario Branda, senza reticenze

per rendere note le quattro serate-di-battito e una serata-incontro sui temidi attualità o ritenuti tali.

Gli risponde l’altro candidato so-cialista in “pole position”, ManueleBertoli, che ha aperto un sito Inter-net a proprio nome dove lancia la sfi-da “Vedere per credere” e lo dice lui,che è cieco. Un sito colmo di video efotografie – oltre agli slogan del ca-so – che ci presentano un Bertoli inpiù versioni: confidenziale, impegna-to, elegante, sportivo. Appunto a mar-gine: entrambi i “cavalli di razza” so-cialisti puntano sulla vista: ci vedia-mo, gigioneggia Branda roccheggian-do con Ligabue; vedere per credere,ammicca Bertoli evocando un vec-chio e fortunato tormentone pubblici-tario.

Sempre in questi giorni capita di ri-cevere, sul proprio computer, esplici-ti inviti di amicizia. No, non è scop-piato il virus dell’empatia. Va dimoda, è glamour, avere tanti “amici”

su Facebook (vedi sopra) e dunquechi più ne ha, più ne spera di avere il10 aprile nell’urna. Di più. Vantaresul social network conoscenze e ami-

cizie di peso è un po’ come andare alballo degli esordienti con la più belladella compagnia. Fa scena. E non fini-sce qui. C’è chi la campagna elettora-

le l’ha preso sul serio, come una guer-ra di trincea.

È IdeaLiberale, la costola liberistadel Plr, che stando a TeleTicino avreb-be scritto una lettera alla presidenzadel partito dove si critica tutto e tutti:Laura Sadis colpevole di dire quelloche pensa su Aet e d’incontrare Giu-liano Bignasca (cos’è, un attacco digelosia?), come reo – sempre per lagià “Rosa dei venti” – è Gabriele Gen-dotti che non ha nascosto la volontàdi sostenere Christian Vitta. Per farlabreve, Sergio Morisoli (candidato cat-to-liberista) sarebbe discriminato,anche nell’assegnazione dei posti di-sponibili su radio e televisione. Alpresidente Walter Gianora l’ingratocompito di rispondere.

Nessun colpo dal Ppd. I cinque can-didati “azzurri” si direbbero compat-ti e solidali. Talmente uniti che sem-brano un tutt’uno.

Ma le apparenze, come sempre, in-gannano. A.BE

E fra due mesi si riconteranno le schede...

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Ata: basta morti sulla stradaci vogliono esperti e interventi

‘Ci voleva proprio uno studio?’Problemi alla Sezione promozione economica

«Morire sulla strada è divenu-to in Ticino un fatto non più mol-to raro: durante gli ultimi mesiabbiamo assistito a un’ecatombedi persone innocenti, la cui solacolpa era di muoversi a piedi inun contesto urbano che sembraavere dimenticato che nasciamocon due gambe e non con quattroruote». È con queste parole chel’Associazione traffico e ambien-te (Ata) ha preso posizione ieri,denunciando «l’inattività delleautorità».

La scorsa primavera, ricordal’Ata, il Dipartimento delle isti-tuzioni aveva organizzato unamattinata di studio sulla sicu-

rezza stradale per esporre i ri-sultati dell’analisi sugli inciden-ti avvenuti nel biennio: «Quelloche particolarmente ci aveva col-pito era l’indicazione secondo laquale, negli incidenti in cui sonocoinvolti dei pedoni, solo in uncaso su dieci la colpa è del pedone,che ha avuto un comportamentonon idoneo alla situazione. Novevolte su dieci è l’automobilista chesbaglia». Di qui la necessità diagire «soprattutto sull’arredo ur-bano» per far sì che il conducen-te veda che sulla strada ci sonoanche i pedoni e mantenga unavelocità adeguata. «È risaputoche misure tecniche, come ad

esempio isole e restringimenti incorrispondenza dei passaggi pe-donali, rallentano la velocità eaumentano l’angolo visivo al con-ducente», osserva ancora l’asso-ciazione. «Malgrado sia passatoun anno niente si è veramentemosso. Intanto, a forza di pasticcie inedia di funzionari e politici, ipedoni continuano a morire». Perquesto l’Ata chiede che «i politicisi assumano le proprie responsa-bilità e si avvalgano di esperti efunzionari validi, con cognizionedi causa, e che finalmente metta-no in cantiere misure per garanti-re un’adeguata sicurezza ai pedo-ni del Canton Ticino».

Ci voleva proprio l’ennesimostudio per capire che qualcosanon funzionava? Basterebbe illungo titolo dell’interrogazioneper capire cosa pensa Fabio Ba-dasci della situazione alla Sezio-ne della promozione economica.

Un atto parlamentare-lampo,quello del deputato della Lega,che ha ripreso una notizia dataieri sera al Quotidiano della Rsi,in cui si riferiva dei risultati diuno studio che ha messo la Se-zione sotto la lente. Lo studio,sottolinea il granconsigliere,evidenzia come questo serviziodell’Amministrazione «sia statonegli ultimi anni inefficace, poco

incisivo nei suoi compiti e “navi-ghi a vista”». Si attendono i det-tagli dell’analisi, «ma sicura-mente non daranno grosse no-vità in più di quanto già sapeva-no tutti gli attori che per qualsia-si motivo si sono rivolti a questiuffici» che fanno capo alla Divi-sione dell’economia del Diparti-mento finanze ed economica.«Dopo che in più dibattiti parla-mentari si era sollevato il proble-ma, bastava chiedere per capireche qualcosa non andava».

Ora Badasci pone al governodue domande secche: quanto ècostato lo studio?, e a quando icorrettivi?

Badasci: ‘Si sapeva già’

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