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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELL’AQUILA
FACOLTÀ DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE
CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELLA FORMAZIONE PRIMARIA
Indirizzo: Scuola Primaria
Tesina di
TECNOLOGIA DELL’ISTRUZIONE E DELL’APPRENDIMENTO
L’insegnamento della lingua italiana ai bambini stranieri con il supporto del computer
Docente Studentessa Vincenza PELLEGRINO Alessandra DI DOMENICO Matricola 191404
Anno Accademico 2010-1011
2
INDICE
Capitolo 1
LA SITUAZIONE DEI BAMBINI STRANIERI
NELLE SCUOLE ITALIANE
1.1 - Perché c’è necessità di imparare la lingua
italiana per i bambini stranieri?
1.2 Le esigenze linguistiche dei bambini stranieri al
loro primo ingresso a scuola
1.3 Gli atteggiamenti e le metodologie didattiche
dell’insegnante in relazione con bambini alloglotti
1.4 Dall’apprendimento della lingua italiana L2 verso
lo sviluppo delle competenze per la conquista di una
cittadinanza attiva
1.5 Il curricolo costruttivista in senso
interculturale
1.6 Differenti profili linguistici dei bambini allofoni
Capitolo 2
L’USO DEL COMPUTER
2.1 Il computer: mezzo efficace per
l’apprendimento della L2
3
2.2 Esercizi tipo al computer per bambini straniei
da svolgere per l’apprendimento della L2 durante
gli anni della Scuola Primaria
Bibliografia
Sitografia
4
Capitolo 1
LA SITUAZIONE DEI BAMBINI STRANIERI
NELLE SCUOLE ITALIANE
1.1 Perché c’è necessità di imparare la lingua
italiana per i bambini stranieri?
Uno degli obiettivi di integrazione degli alunni stranieri,
sempre più numerosi nelle scuole italiane, è quello di
promuovere l’acquisizione da parte loro di una buona
competenza nell’italiano scritto e parlato, ma anche, e
soprattutto, del modus vivendi della società in cui sono
destinati a crescere e a formarsi come individui in senso lato,
sebbene le loro origini siano riconducibili ad altri luoghi.
L’inserirsi in una nuova realtà culturale è strettamente
collegato con l'acquisizione della lingua del posto in cui si è
immigrati e in base a ciò imparare l'italiano è correlato tanto a
motivazioni strumentali quanto di natura psicologica.
Le motivazioni strumentali sono abbastanza ovvie e
riguardano la necessità prima di tutto di comunicare, poi di
5
comunicare "bene", in modo da non essere sempre considerati
gli "estranei", i "diversi" dai madrelingua italiani, e infine di
acquisire una padronanza metalinguistica che consenta loro di
affrontare con profitto le lezioni scolastiche, perché il deficit
linguistico non diventi un deficit di apprendimento generale
che poi si tramuta inevitabilmente in un deficit cognitivo, se è
vero che la scuola mira non solo a fornire conoscenze, ma
anche a creare o perfezionare meccanismi cognitivi.
“È dovere della scuola elementare evitare, per quanto
possibile, che le "diversità" si trasformino in difficoltà di
apprendimento ed in problemi di comportamento, poiché
ciò quasi sempre prelude a fenomeni di insuccesso e di
mortalità scolastica e conseguentemente a
disuguaglianze sul piano sociale e civile”1
Le motivazioni psicologiche riguardano invece la situazione
psicologica dell'estraneità: innanzitutto la deprivazione
linguistica, per usare le parole di Bernstein, genera una
frustrazione che si riflette su tutto il vissuto, agito e sentito,
del ragazzo.
.
Secondariamente, il bambino inizia a costruire la propria
identità basandosi su dei "privativi", ovvero su ciò che lo
allontana dagli italiani.
1 D.P.R. 12 febbraio 1985, n. 104/85, Approvazione dei nuovi programmi per la scuola primaria.
6
Le conseguenze di ciò sono spesso rilevanti, perché
impediscono al giovane la sua piena autorealizzazione umana.
In Italia, però, recenti ricerche hanno constatato che la scuola
è ancora impotente e non riesce a rispondere adeguatamente e
a colmare lo svantaggio linguistico e culturale dei bambini e
ragazzi appartenenti a famiglie immigrate o a minoranze
etniche, inclusi quelli italiani che non possono sempre far
conto su un sostegno culturale e scolastico adeguato in
famiglia o che invece non corrispondono al modello culturale
e scolastico tradizionale. Insomma l’aspettativa fiduciosa nel
futuro che scatena impegno e sforzo nel processo di
apprendimento non è sempre assicurata dalla società
soprattutto ai soggetti “svantaggiati”.
Lo scopo ultimo della formazione linguistica in contesto
migratorio è infatti quello di permettere ad individui
immigrati di integrarsi pienamente nel contesto sociale,
tramite il veicolo linguistico e culturale, nella prospettiva di
consentire loro l’accesso non solo all’attività lavorativa o ai
servizi offerti, ma soprattutto alla possibilità di stabilire
relazioni interpersonali per una piena realizzazione
dell’individuo.
7
“È compito ineludibile del primo ciclo garantire un
adeguato livello di uso e di controllo della lingua
italiana, in rapporto di complementarità con gli idiomi
nativi e le lingue comunitarie. (…) Così intesa, la scuola
diventa luogo privilegiato di confronto libero e
pluralistico”2
L’”ambiente-scuola” è inteso il “contenitore” del saper
conoscere - saper fare - saper essere, ma è anche il secondo
spazio, per primo c’è quello familiare, dove gli alunni creano
una certa empatia e lo considerano come riferimento dopo la
famiglia.
.
L’accoglienza da parte delle istituzioni diventa cruciale per la
piena integrazione di questi bambini venuti “da lontano” e,
nella fattispecie a scuola, essa non si esaurisce nei primi
giorni o con un breve momento di festa, ma forma parte
integrante del lavoro interculturale attraverso una disposizione
di accoglienza permanente.
Ciò che emerge è una scuola che non risparmia sforzi nel
coinvolgere ogni bambino, di farlo sentire pienamente
partecipe di una comunità scolastica, ma soprattutto punta alla
valorizzazione attiva delle diversità culturali in tutte le sue
sfaccettature, che è a fondamento della stessa pedagogia
2 Ibidem, p. 44.
8
interculturale, e lavora per mettere in una relazione paritetica
le medesime diversità con le culture dominanti.
Nella progettazione educativa il tema dell'educazione
interculturale deve essere proposto in modo esplicito anche in
quelle situazioni ove non siano presenti bambini stranieri.
La presenza dei bambini venuti da lontano e la gestione
educativa delle differenze, devono essere inoltre inserite
all'interno di una più generale attenzione al problema della
conoscenza, accettazione e valorizzazione della diversità.
II problema della diversità non riguarda infatti solo il
momento in cui si incontra qualcuno di eccezionalmente
diverso; la diversità nelle sue varie forme è esperienza del
quotidiano, ingrediente fondamentale della vita sociale.
L’impegno che oggi si assume la scuola, come espressione
“socio-pedagogica” delle società multiculturali, nel dialogo
con l’Altro, nel tentativo di capire il suo punto di vista, non si
limita al “rispetto”, o peggio ancora alla “tolleranza”, ma mira
a riflettere criticamente su noi stessi in una prospettiva di
miglioramento; insomma lo straniero o comunque il “diverso”
rappresenta una risorsa; permette di conoscere la cultura e i
valori diversi dai nostri e di cui è lui stesso portatore, ma al
contempo sconfigge quell’ottusità tipica delle menti umane
del passato di forte impostazione etnocentrica e che
9
paventavano una sorta di rifiuto, se non disprezzo, verso le
culture altre o “campi umani” per loro ancora inesplorati.
Nelle Indicazioni per il curricolo (2007) si afferma infatti la
necessità di
“attuare interventi adeguati nei riguardi delle diversità,
per fare in modo che non diventino disuguaglianze. (…)
La scuola deve progettare e realizzare percorsi didattici
specifici per rispondere ai bisogni educativi degli allievi.
Particolare attenzione va rivolta agli alunni con
cittadinanza non italiana i quali, al di là dell’integrazione
sociale, devono affrontare sia il problema di acquisire un
primo livello di padronanza della lingua italiana per
comunicare, sia un livello più avanzato per proseguire
nel proprio itinerario di istruzione”3
.
3 Ibidem, p. 45.
10
1.2 Le esigenze linguistiche dei bambini stranieri
al loro primo ingresso a scuola
Gli alunni stranieri al momento del loro primo ingresso a
scuola si trovano ad affrontare due diverse esigenze
linguistiche:
1. La lingua italiana del “qui e ora” nel contesto concreto,
indispensabile per comunicare nella vita quotidiana (la
lingua per comunicare);
2. La lingua italiana specifica, decontestualizzata, ma
necessaria per comprendere ed esprimere concetti,
sviluppare l’apprendimento delle diverse discipline e una
riflessione sulla lingua stessa (la lingua dello studio).
Alla luce di tutto questo, l’intervento dell’insegnante è
probabilmente a metà tra il comunicare e basta con
l’acquisizione della cosiddetta lingua del “qui ed ora” e il
comunicare bene con la invece lingua dello “studio”.
Per questo è necessario un lavoro attento sugli obiettivi da
prefiggersi.
11
Non possibile dare un’indicazione di una serie di contenuti
generalmente espressi come competenze (es. “sa instaurare
una comunicazione”; “sa ringraziare”; “sa salutare” ecc.)
oppure di una lista di elementi lessicali (parole varie) che
devono essere apprese in una sequenza più o meno ordinata,
perché quando si parla di alunni stranieri è difficilissimo
generalizzare; ogni bambino è diverso e irripetibile ed ogni
storia di vita è diversa e irripetibile.
L’apprendimento e lo sviluppo della lingua italiana come
seconda lingua o L24
La scuola deve infatti essere
deve essere al centro dell’azione
didattica. Occorre quindi che tutti gli insegnanti siano
chiamati in causa.
“un contesto idoneo a promuovere apprendimenti
significativi e a garantire il successo formativo per tutti
gli alunni”5
È opportuna una programmazione declinata sui bisogni reali e
sul monitoraggio dei progressi di apprendimento nella lingua
italiana, acquisita progressivamente dall’alunno straniero.
.
4 Nel caso dei bambini stranieri in riferimento alla lingua italiana si parla di L2, poiché è la loro seconda lingua subito dopo quella materna del loro paese d’origine, detta appunto L1 o LM. Sia chiaro, la L2 è ben diversa dalla lingua straniera (LS), quest’ultima, infatti, è appresa, sì, ma non nel contesto in cui viene ufficialmente parlata (Ad esempio l’inglese studiato a scuola), e non sarà di uso quotidiano, al contrario della L2. 5 Ministero della Pubblica Istruzione, Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione, Roma, settembre 2007, p. 44
12
Nella fase iniziale si può fare ricorso a strumenti e figure di
facilitazione linguistica (cartelloni, alfabetieri, carte
geografiche, testi semplificati, strumenti audiovisivi e
multimediali) promuovendo la capacità dell’alunno di
sviluppare la lingua per comunicare.
Successivamente va prestata particolare attenzione
all’apprendimento della lingua per lo studio perché
rappresenta il principale ostacolo per l’apprendimento delle
varie discipline.
13
1.3 Gli atteggiamenti e le metodologie didattiche
dell’insegnante in relazione con bambini alloglotti
L’eterogeneità delle storie e dei viaggi è la caratteristica
saliente di coloro che entrano per la prima volta a scuola e
deve essere esplorata, almeno negli aspetti essenziali, per
permettere ai bambini di provenienza straniera di partire con il
“piede giusto” nel loro iter scolastico.
Gli insegnanti devono, innanzitutto, prendersi il tempo
necessario per conoscere gli alunni neo arrivati (sono
consigliabili e disponibili SCHEDE DI RILEVAZIONE del
livello di conoscenza della lingua italiana da somministrare ai
bambini ad inizio scuola), affinché possano poi organizzare un
progetto individualizzato per ciascuno.
Il fattore “tempo” è cruciale, poiché si deve dare la possibilità
al neoarrivato di orientarsi nella nuova scuola, recuperare e
trasferire competenze già apprese, approfondire le lingua della
14
comunicazione del “qui e ora” e quella dello studio prima di
poterne valutare i risultati e le prove.
Gli alunni diventano protagonisti attraverso il loro vissuto, le
loro esperienze personali e conoscenze pregresse, le loro
emozioni e abilità, tutto ciò che costituisce una conoscenza
“grezza” del bambino che poi viene “limata” e arricchita
grazie a nuove conoscenze e saperi che consentiranno
all’alunno di dare senso e significato a ciò che man mano
imparerà, ma soprattutto a ciò che “imparerà ad imparare”.
Il bambino straniero che non conosce la lingua italiana, deve
essere guidato dall’insegnante nel processo di apprendimento,
ma senza che venga forzato o semplicemente “riempito” di
nozioni.
Le sole informazioni non costituiscono la conoscenza, ma lo
diventano nel momento in cui sono impiegate autonomamente
e al di fuori dal contesto in cui sono state apprese come
strumento per risolvere problemi e ottenere risultati.
Lo studente alloglotto, anche nella sua “ignoranza”
linguistica, non sarà mai un mero vaso vuoto da riempire,
perché al di fuori del contesto scolastico, nella vita quotidiana,
è continuamente esposto a input misti, dunque parte delle sue
conoscenze, per quanto imprecise o fuorvianti, derivano da un
apprendimento spontaneo “all’aria aperta”.
15
Com'è ben sintetizzato da Balboni:
"sarà il singolo studente a decidere se vuole ritenersi in
tutto, in parte o per nulla estraneo sul piano psicologico,
ma la scuola deve fornire gli strumenti (linguistici, ma
non solo) perché questa persona possa scegliere e non
sia costretto ad essere ciò che sarà in rapporto alla
cultura italiana"6
L’attenzione del sistema scolastico è focalizzata
sull'individualità e quindi sul/la singolo bambino/ bambina.
Se, infatti, il dato che accomuna gli stranieri neoarrivati è la
non conoscenza dell'italiano, la situazione linguistica può
essere estremamente diversa da soggetto a soggetto.
.
In linea con l’approccio cognitivista di Jerome Bruner, “nel
percorso di conoscenza svolgono un ruolo determinante
alcune variabili cognitive interne che consentono, a ciascun
individuo, di interpretare gli stimoli in modo diverso e, di
conseguenza, di reagire ad essi con modalità personali”7
L’apprendimento della lingua non segue dunque un percorso
standard, rigoroso e uguale per tutti, poiché sono molteplici le
variabili che entrano in gioco oltre al livello di conoscenza già
.
6 P. E. Balboni, Approccio alla lingua italiana per allievi stranieri, in Aa. Vv., Approccio alla lingua italiana per allievi stranieri, Theorema Libri 2000, p. 57. 7 V. Pellegrino, S. De Clemente, Tecnologie dell’istruzione e dell’apprendimento, verso un nuovo orientamento pedagogico, Anicia, Roma 2010, p. 9-10.
16
posseduta dell’italiano dal singolo alunno prima ancora che la
impari formalmente a scuola.
1.4 Dall’apprendimento della lingua italiana L2
verso lo sviluppo delle competenze per la conquista
di una cittadinanza attiva
L’insegnamento della lingua italiana non si limita, però, alla
mera acquisizione della capacità di saper parlare con un altro
codice, ma è un apprendimento in toto, ovvero una
formazione pedagogica, cognitiva e sociale che non tocca solo
l’apprendente, ma coinvolge anche il contesto che lo circonda
e i suoi personaggi; un percorso di “metaconoscenza” dove
tutti apprendono dagli altri e contemporaneamente insegnano
agli altri, indipendentemente dal ruolo che ognuno ricopre
(cade dunque il gioco dei ruoli prestabiliti insegnante-alunno),
dall’estrazione sociale o dalla provenienza geografica.
17
Il tutto è fattibile se si accoglie una prospettiva didattica di
impianto “costruttivista”, in cui il bambino, seppur povero di
mezzi e abilità per imparare autonomamente, viene introdotto
in un percorso di crescita a tutto tondo che lo porterà alla
conquista di quello che Vygotskij ha definito la zona di
sviluppo prossimale, ovvero la distanza che intercorre tra ciò
che l’apprendente già sa e ciò che potenzialmente può
imparare.
Quello della conoscenza è un percorso complesso che si snoda
negli anni e che auspica a non avere mai aver fine (lifelong
learning), soprattutto in una società delle “incertezze” come
quella attuale, in cui tutto muta ogni giorno, nulla è definito e
stabilito una volta per tutte ed è proprio per questo motivo che
la scuola ha l’impegno sacro di preparare i suoi alunni ad
affrontare le incertezze del presente e del suo domani; nella
fattispecie la scuola deve fornire una formazione che
contribuisca a formare cittadini attivi e consapevoli con un
intervento formativo centrato sull’ “acquisizione delle
competenze”.
La competenza è secondo la definizione di Pellerey “la
capacità di far fronte a un compito, o a un insieme di compiti,
riuscendo a mettere in moto e a orchestrare le proprie risorse
18
interne, cognitive, affettive e volitive, e a utilizzare quelle
esterne disponibili in modo coerente e fecondo”8
Il riferimento ad un compito presuppone che il soggetto
utilizzi il proprio sapere per fronteggiare situazioni
problematiche.
.
La mobilitazione dell’insieme delle proprie risorse personali
sottolinea l’impiego non solo della componente cognitiva,
anche di quella emozionale, motivazionale, attribuzionale e
metacognitiva.
Il concetto di competenza, dunque, racchiude in sé le diverse
dimensioni dell’apprendimento:
- conoscenze ⇒ le rappresentazioni del mondo che il
soggetto si costruisce mediante stimoli che gli vengono
dall’ambiente esterno e dal sapere codificato.
- abilità ⇒ gli schemi operativi che permettono al soggetto
di agre in forma fisica e mentale su oggetti materiali o
simbolici.
- disposizioni ad agire ⇒ le attitudini del soggetto a
relazionarsi con gli altri e con il contesto d’azione.
8 M. Pellerey, L’agire educativo, LAS, Roma 1998, p. 12.
19
1.5 Il curricolo costruttivista in senso
interculturale
La nuova didattica ispirata al modello teorico del
Costruttivismo9
La conquista di un’autonomia ha soprattutto segnato il
passaggio definitivo da una logica del programma ad una
logica del curricolo.
, è stata resa possibile anche grazie alla Legge
sull’autonomia, approvata nel 1997, che ha concesso
autonomia progettuale alle scuole rispetto agli imposti
Programmi Nazionali, rigidi ed eccessivamente centralizzati,
calati direttamente dall'alto dal Ministero.
Il curricolo sollecita una ricerca continua di miglioramento;
un’idea di educazione che chiede di riconoscere come
prioritarie le esigenze degli studenti e impone all’adulto
responsabile di saper ascoltare i bisogni, le attese, le speranze
degli alunni e di elaborare un’ipotesi didattica capace di
rispondervi in termini significativi.
Il vecchio programma nazionale viene pensato come un
prodotto standard, uguale per tutti gli alunni, che non ha
consentito e non consente di definire tempi, modi e contenuti
9 Con Costruttivismo intendiamo quel modello teorico, sviluppatosi tra gli anni ’80 e ’90 e rappresentato da studiosi come Jerome Bruner e Lev Vygotskij, per cui il soggetto acquisisce nuove conoscenze usando i propri schemi cognitivi, ma anche grazie l’interazione, la collaborazione e la negoziazione con altri soggetti, l’apprendimento è un impegno attivo del soggetto che costruisce la propria conoscenza.
20
più personalizzati per allievi in difficoltà o con un profilo più
alto della media.
La logica “locale” del curricolo conduce invece a farsi carico
dei singoli alunni e delle loro esigenze e, nello stesso tempo,
ad aderire maggiormente alle realtà degli istituti scolastici e
dei territori in cui questi operano.
La scuola ha pertanto revisionato il suo curricolo, attenendosi
alle Indicazioni per il curricolo (2007) del Ministro Fioroni, e
al contempo rendendo il curricolo stesso uno strumento di
progettazione elaborato localmente al fine di far progredire la
scuola mediante il miglioramento delle condizioni di
insegnamento e di apprendimento, coniugando
opportunamente riflessione teorica e prassi didattica.
Si è giunti così anche ad una relativa autonomia della
progettazione, dello svolgimento e della valutazione dei piani
di studio.
I curricoli devono essere dei percorsi flessibili che vanno
calibrati sui bisogni e sulle potenzialità degli alunni della
classe e che richiedono continui aggiustamenti in itinere e su
cui incidono profondamente e in maniera significativa il
contesto sociale e ambientale, al punto che vengono adattati
alle specificità del territorio e della popolazione scolastica.
21
L’ideologia costruttivista dei nuovi curricoli è stata
fondamentale per un’ apertura “interculturale” della scuola
alle esigenze e richieste diversificate dei bambini stranieri.
Un curricolo interculturale deve innanzitutto assicurare un
equilibrio culturale, per cui scopi, contenuti del curricolo e
metodi didattici riescano al contempo sia a mettere in risalto
le differenze e sia a fornire conoscenze, abilità e intuizioni
comuni.
Fondamentale è anche un’estensione globale delle esperienze
di apprendimento e delle aree di conoscenze, abilità,
atteggiamenti e valori ed infine un’equità culturale e sociale
nel trasmettere quelle conoscenze, abilità, atteggiamenti e
valori che consentono pari accesso alle risorse economiche,
culturali e politiche di una società democratica.
Un tale tipo di curricolo non può realizzarsi solo elencando
una serie di nozioni, ma deve fondarsi sulla capacità di
risolvere problemi e di prendere decisioni, incoraggiando un
impegno riflessivo e attivo e moralmente responsabile, in
grado di affrontare i problemi nel nostro tempo.
Tutto questo è in linea con la nuova visione didattica
dell’alunno attivo «che intende l’attività, non come azione
motoria, ma mentale, per cui si considera l’alunno
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cognitivamente attivo»10, dunque dotato di pensiero
strategico, ovvero di «un pensiero esperto, proprio di chi sa
misurarsi con situazioni complesse, esplorare alternative,
individuare e mettere alla prova diverse ipotesi»11
Le conoscenze, le abilità e gli atteggiamenti che un tale
curricolo vuole promuovere sono diverse: si intendono
favorire le conoscenze che riguardano i tratti culturali dei
differenti gruppi etnici; agevolando la comprensione del modo
in cui si perpetuano gli stereotipi, promuovendo la
comprensione del concetto di interdipendenza nel mondo,
delle problematiche dei paesi in via di sviluppo.
.
Un tale curricolo sviluppa anche abilità di pensiero
fondamentali come quelle sociali e intellettuali, di analisi, di
raccolta, di ricerca, integrative, valutative, analitiche, creative,
interpretative, etiche e di soluzione di problemi.
Il tutto è reso possibile sul piano dell’istruzione scolastica da
una dialettica nuova tra insegnamento e apprendimento; la
rivalutazione del discente rispetto al ruolo dell’insegnante ha
infatti consentito una libera espressione a tutti gli alunni, tra i
quali, soprattutto oggi, si annoverano coloro che provengono
da comunità straniere o comunque da classi disagiate.
10 I. Fiorin (2008), La buona scuola. Processi di riforma e nuovi orientamenti didattici, Editrice La Scuola. 11 Ibidem
23
Già dagli anni settanta è viva in Italia la richiesta di una
scuola partecipata, aperta alla dimensione extra-scolastica e
nella quale trovino spazio altri soggetti che non siano solo i
docenti o comunque i il personale dirigenziale scolastico, ma
in primis le famiglie, poi gli Enti Locali, le istituzioni ed il
mondo economico.
Insomma, come la definisce metaforicamente Mario
Comoglio, una scuola ponte12
Il curricolo permette alla scuola di compiere una mediazione
fra istanze nazionali (Indicazioni di Fioroni), analisi dei
bisogni degli alunni e le specifiche attese delle famiglie e
dell’ambiente locale; la progettazione curricolare palesa così
una protesa sensibilità alla realtà di vita, soprattutto del
singolo discente.
, legata appunto alla realtà in
contrasto con la scuola muro, fondata su un mero rapporto
asimmetrico insegnante-alunno e completamente distaccata
dalla dimensione sociale e reale extra-scolastica.
L’aspetto locale del curricolo viene formulata nella
programmazione con il Piano dell’Offerta Formativa (POF)
che deve modellare e adattare il programma nazionale agli
allievi reali in uno specifico contesto, senza però stravolgerne
i principi.
12 Cit. Mario Comoglio in M. Castoldi (2009), Valutare le competenze.
24
È compito, dunque, della programmazione con il Piano
dell’Offerta Formativa, che dà identità istituzionale,
pedagogica e didattica ad ogni singola scuola, ritagliare e
modellare il curricolo su un’utenza scolastica, espressione di
singolarità e di diversità culturali e sociali.
In un’ottica interculturale è fondamentale prevedere nel
curricolo la pratica di metodologie plurime modellabili sui
differenti stili cognitivi degli allievi, nonché procedure di
osservazione del contesto scolastico, allo scopo di non
tralasciare le problematiche connesse alla diversità degli
allievi stessi.
Il nuovo curricolo ha anche abbattuto certi “dogmi” del
passato per cui l’insegnante agli occhi di tutti era
addetta/addetto esclusivamente a fornire nozioni di cui lo
studente, quasi come se fosse collocato in un gradino
inferiore, era semplicemente ricevente di queste stesse
nozioni; privo di qualsiasi voce in capitolo, viveva il suo
percorso di conoscenza in un ambiente spoglio, senza stimoli
e assisteva a lezioni frontali che bandivano qualsiasi forma di
dialogo o metodologia didattica alternativa; il libro di testo
rappresentava la “bibbia” di tutto ciò che veniva appreso
passivamente.
Grazie all’evoluzione tecnologica, e all’uso sempre più
impellente e necessario di munirsi di strumenti multimediali,
25
però, alla pratica didattica “tradizionale”, che comunque
permane e resisterà sempre, si è affiancato l’uso della
tecnologia le cui potenzialità, però, possono rivelarsi
funzionali e essere efficacemente sfruttate nel campo
dell’insegnamento solo se integrate con altri fattori (lezione
frontale, libri di testo,..); grazie, infatti alle nuove tecnologie
muta l’ambiente di apprendimento strutturato dai docenti
stessi per favorire i lavori di gruppo, i cui componenti sono
partecipanti attivi verso la realizzazione di un obiettivo
comuni.
Sono responsabili del risultato che il loro lavoro e instaurano
rapporti interattivi di collaborazione, cooperazione e
soprattutto di negoziazione con gli altri.
Il soggetto apprende con le sue stesse azioni e giunge a capire
autonomamente cosa è significativo per se stesso e come può
“imparare ad imparare”.
Particolarmente utile si rivela il lavoro di gruppo in presenza
di un bambino straniero, egli infatti prima ancora di conoscere
didatticamente, ha bisogno di essere integrato, sentirsi ben
accetto e ciò è reso possibile dalle relazioni sociali che
allaccia all’interno della classe con gli alunni e le insegnanti.
Le sue inevitabili difficoltà possono essere rimosse non solo
dall’intervento dei docenti, ma anche degli altri bambini che si
26
assumono il ruolo di tutor e verso i quali il bambino non
italiano avrà probabilmente meno inibizioni rispetto a quelle
che avrebbe, come la paura di sbagliare e prendere un brutto
voto, con l’insegnante.
27
1.6 Differenti profili linguistici dei bambini allofoni
Tre sembrano essere, a grandi linee, i fattori più significativi
che definiscono i differenti profili linguistici dei bambini
stranieri al loro arrivo a scuola:
1. la lingua d'origine, o meglio le lingue d'origine (dal
momento che spesso il codice orale è diverso da quello
della scolarità e dell'alfabetizzazione);
2. la scolarizzazione precedente;
3. l’esposizione alla lingua italiana fuori della scuola.
È importante, infatti, poter ricostruire la situazione linguistica
dei bambini stranieri perché molto spesso essi non sono una
tabula rasa e ciò che hanno imparato fino al momento del
loro arrivo in Italia costituisce una riserva di saperi cui
attingere, all’inizio mediante, per esempio, la collaborazione
con un mediatore linguistico.
Chiedere loro troppo o troppo poco, li
spaventa o li demotiva inevitabilmente e i
disagi sul piano della costruzione della
personalità, che si riflettono prima di tutto
sul loro comportamento e atteggiamento nei
confronti della scuola, influenzano moltissimo lo sviluppo
della loro personalità.
28
Grosso modo, possiamo così sintetizzare le possibili biografie
linguistiche dei bambini13
Monolinguismo in italiano (uso orale): quando i bambini
sono nati in Italia e i genitori si sforzano con loro di
parlare solo italiano.
:
Bilinguismo italiano/lingua materna (orale): quando i
bambini parlano a casa la lingua d'origine e a scuola la
lingua italiana.
Monolinguismo nella L1: quando il bambino è appena
arrivato e conosce (solo) la sua lingua d'origine, che è stata
per lui anche la lingua della scolarizzazione.
Situazione di diglossia (usi orali e scritti): quando il
bambino ha imparato a comunicare in una lingua e a
scuola ne ha imparata un'altra. È il caso soprattutto di
bambini che provengono dalla Tunisia, dal Marocco o
dall'Egitto e che hanno imparato a scuola l'arabo classico,
mentre usano a casa il dialetto marocchino.
Bilinguismo L1/lingua straniera (usi orali e scritti):
quando i bambini provengono da un Paese (tipo Filippine
o Sri Lanka) dove la lingua della scuola è europea, mentre
a casa vengono utilizzati i dialetti locali.
13 P. Ellero, G. Favaro, A. Mastromarco, G. Pallotti, P. Russomando, Imparare l’italiano. Imparare in italiano. Alunni stranieri e apprendimento della seconda lingua, Guerini e Associati 1999, p.14 e ss.
29
Considerata pertanto la base linguistica di partenza, è
importante sintetizzare quali siano a questo punto nello
specifico i bisogni linguistici degli alunni non italofoni.
Sintetizzando ulteriormente, ciò che il bambino ha bisogno di
imparare, per gradi successivi, è la lingua del “qui ed ora”
della prima comunicazione; l’italiano per narrare, esprimere
stati d’animo, riferire cose che lo riguardano, ovvero idee,
esperienze, progetti; leggere e scrivere; la lingua per studiare;
la riflessione linguistica.
Naturalmente tutto ciò abbisogna prima di tutto di tempo e
pazienza. Cummins14
14 J. Cummins, Bilinguism and Special Education Issues in Assessment and Pedagogy, Multilingual Matters, Avon 1984.
, nella sua distinzione tra BICS (Basic
Interpersonal Communication Skills, abilità comunicative
interpersonali di base) e CALP (Cognitive–Academic
Language Proficiency, abilità linguistica cognitivo–
accademica), ipotizza che ci vogliono almeno due anni per
sviluppare attività di interazione verbale in attività
contestualizzate e in media cinque/sette anni per sviluppare le
abilità linguistiche necessarie per svolgere attività a bassa
contestualizzazione, quali lo studio delle discipline. Non solo.
Anche il progetto migratorio della famiglia gioca un ruolo
molto forte sull’apprendimento linguistico, così come i
contatti sociali extrascolastici che hanno i bambini stranieri.
30
Come a dire che la loro vita non comincia e finisce a scuola, e
la conoscenza del contesto, che il bambino vive, è
fondamentale.
Per rendere il percorso di insegnamento/apprendimento della
L2 il più agevole e meno traumatico possibile si devono
tenere in conto alcuni fattori irrinunciabili:
occorrono degli input comprensibili e sempre
contestualizzati. Input cioè legati ai bisogni reali di chi
apprende, che utilizzino anche il linguaggio non
verbale e che siano indirizzati verso quella che
Vygotskij chiama zona di sviluppo prossimale, ovvero
la distanza tra il livello di sviluppo del bambino
all’inizio del percorso di apprendimento e il livello di
sviluppo potenziale che può essere raggiunto solo
grazie all’intervento di altre persone di competenza
maggiore; intervento indicato dallo stesso Vygotskij
con il termine scaffolding15
Esistono delle sequenze di apprendimento che vanno
prima conosciute e poi rispettate, per non provocare
ansia o, al contrario, demotivazione;
.
Fase di silenzio, durante la quale il bambino prende
consapevolezza individualmente di ciò che sta
15 In realtà, il termine scaffolding fu per la prima volta introdotto in un articolo dallo studioso Jerome Bruner, ma è con Vygotskij che viene spiegato, in relazione alla teoria della zona di sviluppo prossimale, appieno il significato.
31
apprendendo e cerca anche di trovare per sé la miglior
strategia grazie a cui può favorire tale processo, va
rispettata dall’insegnante
Puntare su ciò che il bambino ha imparato per innestare
delle strategie sociali e per citare Wiggins “si tratta di
accertare non ciò che lo studente sa, ma ciò che sa fare
con ciò che sa”16
In tutto questo il docente è posto a nuove e più profonde
responsabilità psicologiche ed assume particolare importanza,
non tanto “cosa” si insegna, ma soprattutto “come” si insegna,
dunque il quadro di riferimento teorico e metodologico sotteso
al processo di insegnamento-apprendimento.
.
“Il docente deve, dunque, porsi come un progettista della
formazione ed un facilitatore delle conoscenze”17
16 G. Wiggins Assessing student performance: Exploring the purpose and limits of testing, Jossey-Bass, San Francisco 1993. 17 V. Pellegrino, S. De Clemente, Tecnologie dell’istruzione e dell’apprendimento, verso un nuovo orientamento pedagogico, cit, p. 30.
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Nell’insegnamento dell’italiano L2 Graziella Favaro18
ci dà una panoramica sulle varie metodologie
applicate nelle scuole italiane ed europee:
Metodo grammaticale-traduttivo è l’approccio più
tradizionale dell’insegnamento in cui l’insegnante parte
dalla L1/lingua madre per insegnare la L2. Questo metodo
si basa su un apprendimento scolastico graduale e insiste
molto sull’abilità della lettura.
Metodo audio-linguistico, in base al quale si parte da
un’esercitazione basata sull’ascolto di un dialogo
(listening) che contiene le strutture e il lessico della
lezione che lo studente memorizzerà anche attraverso la
ripetizione-riproposizione in classe o in un piccolo gruppo;
seguono esercizi sulle strutture presenti nel dialogo.
Metodo diretto, in classe l’insegnante usa sempre e
solo la seconda lingua, anche per dare indicazioni e
spiegazioni e per gestire il gruppo. La grammatica viene
presentata in maniera induttiva e l’insegnante lancia degli
18 FAVARO, G. Insegnare l’italiano: approcci metodologici e percorsi didattici per la prima fase di apprendimento in AA.VV. Imparare l’italiano, imparare in italiano, Franco Angeli, Milano 1999, cit., p.103.
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input (domande) agli studenti per indurli a usare e
“scoprire” le regole e le strutture.
Cognitive code (codice cognitivo) prevede lo sviluppo
delle quattro abilità linguistiche (parlare, ascoltare,
leggere, scrivere) e parte dal presupposto per cui la
competenza (ovvero la conoscenza consapevole) precede
la pratica della lingua. Una volta che lo studente ha
raggiunto il “controllo cognitivo” sulle strutture della
nuova lingua, egli sarà in grado di produrre determinate
capacità di usare la L2 nelle situazioni reali.
Approccio naturale, sviluppato da Tracy Terrell per cui
si cerca di creare una via “comunicativa” della lingua: gli
errori non vengono corretti a meno che non impediscano la
comunicazione; anche l’insegnante usa solo la seconda
lingua, e le lezioni si basano sul dialogo, mentre la parte
grammaticale è lasciata al lavoro individuale.
Total Physical Response (TPR) sviluppato da James
Asher nel 1977 secondo cui “s’impara facendo” come per
esempio rispondendo a comandi che richiedono un’azione
secondo una scala di difficoltà sempre più complessa
secondo la quale si arrivano ad introdurre determinate
strutture della lingua da imparare; gli allievi parlano
34
quando sono pronti a farlo e la maggior parte delle prime
lezioni si basa sull’ascolto.
Analizzando gli approcci adottati dalle scuole le metodologie
sopra elencate vengono prese e usate nella stessa classe,
cercando di adattarle di volta in volta alle esigenze degli
alunni sia in quanto individui che in quanto collettivo.
Al di là infatti di quelle che sono le preferenze di un approccio
rispetto ad un altro di un politica scolastica, una scuola vede
gli insegnanti trovarsi in situazioni che cambiano e che
evolvono; per questo le metodologie concernenti
l’insegnamento della lingua seconda e della lingua d’origine
sono diversificati e compositi, e raccolgono suggerimenti e
passaggi da ognuno dei metodi sopra elencati.
35
Capitolo 2
L’USO DEL COMPUTER
“Immaginate una classe con una finestra su una conoscenza estesa a tutto il mondo. Immaginate un insegnante con la possibilità di portare alla luce ogni immagine, suono, evento.
Immaginate che l’alunno possa visitare ogni posto sulla terra ed ogni tempo nella storia. Sembra ancora oggi qualcosa di magico.
Tuttavia l’abilità per allestire questi generi di ambienti di apprendimento è all’interno delle nostre possibilità.”
(Hopper)
L’esigenza di percorsi individualizzati da parte di bambini/e
non italofoni/e diventa impellente soprattutto nella prima fase
d’accoglienza, quando lo studente non ha agganci con il
gruppo dei compagni, né possiede mezzi linguistici per
comunicare in modo efficace.
I percorsi individualizzati permettono infatti
insegnamenti/apprendimenti diversificati a seconda delle
“intelligenze”, degli stili, dei livelli di competenza raggiunti
dai singoli.
36
2.1 Il computer: mezzo efficace per
l’apprendimento della L2
Il computer è un mezzo molto efficace per individualizzare gli
apprendimenti, anche perché segue il ritmo personale, di
lavoro di apprendimento di chi lo usa.
Offre innumerevoli opportunità di attivare abilità e di
consolidare capacità legate a diverse discipline scolastiche e a
diversi aspetti dell’apprendimento: testi, immagini fisse,
animazioni e video, suoni e musica, opere enciclopediche e di
consultazione, offrono tutte l’occasione per ritrovare i legami
trasversali fra le conoscenze e per accrescere le competenze
personali possedute da ciascun alunno.
Le peculiarità del mezzo costituiscono un’ottima occasione
per sperimentare attività tradizionali attraverso mezzi
tecnologici nuovi e nuove opportunità.
Il computer predispone inoltre alla progettualità e alla
continua ricerca di soluzioni migliorative del proprio lavoro.
37
Il che è sicuramente un notevole obiettivo educativo in ogni
ambito disciplinare. Per questo la multimedialità offerta
dall’informatica entra a pieno titolo nella scuola di base e
dovrà costituire uno strumento quotidiano per gli insegnanti e
gli alunni.
C’è però bisogno di tenere sempre presente che qualsiasi
attività fatta al computer, per quanto innovativa e utile, ha il
suo senso e la sua efficacia solo se correlata ad attività
didattiche più tradizionali, ovvero il bambino non può, ad
esempio, individuare e scrivere le lettere al computer se prima
non l’ha fatto manualmente sul quaderno o le ha già lette sul
libro o alla lavagna scritte dalla maestra.
“Solo a determinate e specifiche condizioni le tecnologie
possono costituire un valore aggiunto. Esse, da sole,
costituiscono semplicemente una opportunità”19
.
Inoltre decisivo è l’influenza esercitata dal contesto d’impiego
che si integra con la risorsa tecnologica. Infatti sia Lev
Vigotskij che Jean Piaget hanno tenuto a mostrare quanto il
contesto incida sull’apprendimento e sullo sviluppo delle
intelligenze.
19 V. Pellegrino, S. De Clemente, Tecnologie dell’istruzione e dell’apprendimento, verso un nuovo orientamento pedagogico, cit, p. 63.
38
Il contesto rappresenta un punto di riferimento in cui sin da
bambino l’individuo svolge le diverse attività di conoscenza e
trova gli stimoli per portarle avanti.
Se si vuole, inoltre, che computer diventi anche un utile
strumento di lavoro. e non semplicemente un giocattolo, come
lo è per la maggior parte dei bambini è importante indirizzare
quest’ultimi a farne un uso intelligente, e non passivo, in
quanto il computer si rivela un “compagno d’apprendimento”
ed è capace di stimolare la fantasia, la creatività e sviluppare
le capacità intellettuali solo se l’insegnante stabilisce un
preciso percorso per realizzare i suoi prestabiliti obiettivi
didattico-pedagogici.
Avere un computer in classe consente di rendere autonomo e
attivo il/la bambino/a che, non essendo in grado di seguire
tutte le attività, può produrre materiale che integra il lavoro
dei compagni.
Nella prima fase in particolare è necessario che il bambino,
già provato dalla consapevolezza di essere “indietro” rispetto
ai suoi compagni autoctoni, ha bisogno di acquisire sicurezza
e di prendere consapevolezza del percorso da intraprendere.
39
L’insegnante partirà dalle esigenze linguistiche del bambino
stesso (inizialmente si limiteranno a frasi d’uso di vita
quotidiana, ma sufficienti e indispensabili per instaurare una
prima relazione con gli altri) e renderà poi sempre più
complesso il suo cammino, dalla comunicazione alla lingua
decontestualizzata dello studio.
È stato dimostrato che gli alunni che utilizzano il computer
raggiungono risultati 6 o 7 volte migliori di quelli raggiunti da
coloro che imparano con normali strategie, anche perché
questo mezzo fa aumentare la motivazione verso
l’apprendimento della nuova lingua.
Si elencano di seguito alcune attività che si possono svolgere
con il computer.
- Il bambino che ancora non conosce la lingua italiana, dopo
aver ricevuto i primi insegnamenti sull’uso del computer,
ricopia in un programma di scrittura i termini che
quotidianamente sta imparando.
Quest’attività al computer si presta benissimo, sia nella
prima fase che nelle successive, a un tutoring, da parte dei
compagni della stessa classe o, se si lavora a classi aperte,
di altre classi.
- Si costruisce un percorso linguistico, su misura per lui/lei,
come se ci si trovasse in un laboratorio.
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Il percorso deve prevedere fasi diverse:
1. Ci si basa sull’immagine, alla quale viene abbinata la
parola;
2. Ci si rifà alle situazioni comunicative;
3. Lui/lei stesso/a può creare un piccolo testo a seconda
delle richieste.
- L’uso di internet (o di CD adeguati) rende l’attività al
computer particolarmente piacevole accelerando
l’apprendimento e l’autovalutazione dei progressi, Tutto
ciò rafforza il desiderio di imparare.
- È importante che ogni lavoro venga stampato e fatto
conoscere alla classe e che l’attività svolta dal bambino
straniero sia utile anche ai compagni.
Ad esempio, i bambini che commettono abitualmente
errori di ortografia nel momento in cui hanno la funzione
di tutor si impegnano nella scrittura con un’attenzione
diversa, migliorando le proprie prestazioni.
In questo modo la presenza di un bambino che deve ancora
imparare l’italiano viene valorizzata, ed egli si integra
meglio nella classe.
- Esistono poi giochi didattici e programmi graduati che
possono essere utilizzati da tutti, anche se non sono stati
ideati in funzione dell’italiano come lingua seconda L2.
41
A seguito dall’attività individuale al computer, il bambino
potrà coinvolgere i
compagni per un
“cooperative learning”.
Ad esempio se in classe è
presente un bambino di
madre lingua italiana, ma
con forti difficoltà ortografiche, potrà svolgere esercizi mirati
insieme al suo amico alloglotto ed insieme a lui, stimolandosi
a vicenda, potrà meglio recuperare i suoi errori.
Le insegnanti favoriranno un lavoro di tutoring da parte degli
studenti più bravi verso i bambini stranieri con strategie
didattiche, non più miranti tanto al contenuto (COSA) di ciò
che si apprende, piuttosto al processo di come avviene il
percorso graduale di apprendimento del bambino straniero;
soggetto attivo e costruttore della sua stessa conoscenza.
Davanti all’esercizio al computer il bambino alloglotto
svilupperà anche la strategia del problem posing/solving la
quale consiste nella proposta di una situazione cognitiva
problematica sulla quale riflettere, impostare un ragionamento
“autonomo” per giungere ad una soluzione finale.
È in questa situazione che il bambino dimostra, come dice
Wiggins, di “saper fare con ciò che sa”.
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Insomma le informazioni che ha ricevuto diventano
conoscenza nel momento in cui egli è in grado di organizzarle,
di sfruttarle di fronte ad una richiesta, come potrebbe essere
quella di individuare il soggetto e il verbo all’interno di una
frase o di aggiungere la parola mancante indispensabile a dare
senso alla frase.
L’insegnante naturalmente sarà sempre al suo fianco, ma non
nelle vesti di colei/colui che deve a tutti costi dare un voto,
dunque giudicare il bambino per contratto didattico, piuttosto
ponendosi come semplificatrice/semplificatore o meglio guida
dell’alunno che senza il suo aiuto potrebbe distrarsi o
addirittura rinunciare a svolgere la consegna che gli è stata
assegnata.
43
2.2 Esercizi tipo al computer per bambini straniei
da svolgere per l’apprendimento della L2 durante
gli anni della Scuola Primaria
Ortografia e abilità linguistica:
l’esercizio seguente viene proposto durante la classe seconda
della scuola primaria, per constatare le competenze soprattutto
sintattiche-ortografiche del bambino (connessione
nome/verbo, uso delle doppie, accenti,..)
Forma una frase con almeno uno dei seguenti nomi:
farfalla ape margherita coccinella
Non scrivere in maiuscolo stampatello, se non all'inizio del paragrafo, all'inizio dei nomi propri, e per le sigle. Termina la frase con la punteggiatura adatta.
Scrivi qui sotto!!
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ESERCIZI SULL'ORDINE ALFABETICO
Rispondi alle seguenti domande:
Ai fini del punteggio vale solo la prima risposta data.
Metti in ordine alfabetico le tre parole della prima colonna. (Fai click col mouse sul nome a sinistra. Per fissarlo fai click col mouse sulla casella di destra.
parole non ordinate parola scelta parole ordinate
mela gatto cane
se hai finito premi:
verifica prova
ESERCIZIO SUL SOGGETTO E IL PREDICATO
Riconosci, nella frase seguente, il soggetto e il predicato.
Click col sinistro del mouse sul soggetto !
Punteggio ottenuto su 10
La mamma cucina
Il punteggio minimo per superare la prova è 6 su 10.
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ESERCIZIO SUL TEMPO DEL VERBO Riconosci il tempo di un verbo.
Click con il mouse sulla frase presente ! Punteggio ottenuto su 10
Ieri il bambino giocava con gli amici Oggi il bambino gioca con gli amici
Il punteggio minimo per superare la prova è 6 su 10.
46
Bibliografia
- E. Balboni, Approccio alla lingua italiana per allievi
stranieri, in Aa. Vv., Approccio alla lingua italiana per
allievi stranieri, Theorema Libri 2000.
- J. Cummins, Bilinguism and Special Education Issues in
Assessment and Pedagogy, Multilingual Matters, Avon
1984.
- D.P.R. 12 febbraio 1985, n. 104/85, Approvazione dei
nuovi programmi per la scuola primaria.
- G. Favaro, A. Mastromarco, G. Pallotti, P. Russomando,
Imparare l’italiano. Imparare in italiano. Alunni stranieri
e apprendimento della seconda lingua, Guerini e Associati
1999.
- Ministero della Pubblica Istruzione, Indicazioni per il
curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo
d’istruzione, Roma, settembre 2007.
- V. Pellegrino, S. De Clemente, Tecnologie dell’istruzione
e dell’apprendimento, verso un nuovo orientamento
pedagogico, Anicia, Roma 2010.
47
Sitografia http://www.istruzione.it/web/hub http://www.scuolaelettrica.it/quiz/index.htm http://www.cittadinanzattiva.it/ http://www.cremi.it/cremi.htm http://www.intercultura.it/La-scuola-e-Intercultura/
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