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E’ incredibile quanto sia cambiato lo scenario co-

municativo da qualche anno a questa parte! Dalla

comunicazione top-down, tipica del marketing tra-

dizionale si è passati a una comunicazione che si

fonda sempre di più sulla relazione biunivoca tra

brand e consumatore. Anzi la parola ‘consumatore’

sembra ormai polverosa e inappropriata poiché de-

signa un’azione che tende a logorare un prodotto, a

distruggerlo per poi dimenticarsene, contribuendo

al deterioramento del nostro ambiente. Ma in questa

fase storica, in molti ambiti, emerge con forza una

nuova tendenza nei consumi e nella comunicazio-

ne, più vicina ai temi della sostenibilità ambientale

e sociale. Si parla sempre di più di “utente” poiché

la parola consumatore indica un’azione negativa,

un disfare, divorare, sprecare, condurre a fine.

Il marketing, inteso come lo strumento che regola

i rapporti tra le imprese, il mercato e i consumatori

attraverso il modello delle 4P (Product, Price, Pro-

motion, Place) basato su un approccio top-down

(l’impresa che parla al consumatore in modo unila-

terale), ha subito negli ultimi dieci anni un profondo

rinnovamento tanto da definire nuovi paradigmi di

funzionamento. Da una visione prevalentemente

orientata al prodotto e al mercato, in cui il consuma-

tore non aveva possibilità di dialogo con la marca e

con l’impresa, si è passati a un approccio orientato

all’utente, in cui la persona ha diritto di parola ed

esprime un giudizio sulle

pratiche del consumo e

sulla qualità dei prodotti (si

pensi, ad esempio, ai so-

cial networks!). E’ il consu-

matore postmoderno che

stravolge gli assiomi su

cui il marketing ha fondato

il proprio successo nello

scorso secolo e che costringe le aziende a misu-

rarsi con un individuo più erudito, più esigente, più

intelligente, spesso sensibile ai temi sociali e con

una nuova dimensione culturale del consumo. Non

è un caso che si assista oggi ad un aumento delle

imprese che associano il

proprio marchio ad intra-

prese di tipo sociale attra-

verso forme di co-branding

o forme di sostegno eco-

nomico. Oggi un’azione di

marketing non si limita più

solo a colpire un target o a

realizzare profitti tout court ,

ma si intreccia con i protagonisti della scena socia-

le, diventa un fatto sociale, non più solo connesso

con le logiche del mercato e dei consumatori. Un

esempio in questo senso è rappresentato dal Cau-

se Related Marketing (CRM), ossia quelle attività di

foglio 12 fogli di ideecomunicazione, arte, moda, design, cibo n° 07

Da sinistra verso destra: Giorgio Brogi, Marisa Galbiati, Alessandro Rimassa, Daniela Fedi e Lucia Serlenga, Ampelio Bucci, Tobia Scarpa, Monica Evangelisti, Filippo Brancoli Pantera

Vivere il presente, parlare di presente, agire nel presente per non vivere di nuovo questo presente frutto di una mancata pro-gettualità nel passato, un passato che è stato presente. Non aver creduto nel presente, in quel presente passato ci fa trovare adesso in una condizione che non è congrua al mutamento in atto. La mutevolezza dei linguaggi, dei sistemi, la velocizza-zione delle informazioni ci indica che dobbiamo vivere sempre di più il presente creando le condizioni per un processo, che si trasformi in percorso. E’ più facile parlare di futuro. Il futuro è un miraggio, una meta, qualcosa per cui si corre molto volentieri verso la carota! Verso il futuro siamo tutti propositivi, entusiasti ma soprattutto ci creiamo delle aspettative, delle attese che ci fanno affrontare meglio il presente. Si tratta invece di una proce-dura per eludere i veri problemi, le vere emergenze che si presentano al momento. Si parla sempre di dare futuro ai giovani ma quando si presenterà per loro

questo futuro, non saranno più giovani. E’ questi giovani che bisogna ascoltare. Di una emergenza ne stanno facendo una opportunità. Sono quelli che si avvicinano ai venti anni e non ne hanno ancora trenta, che stanno inventando il presen-te costruendosi opportunità e presentando al mercato proposte. Questo è il futuro ma vive del presente. Giorgio Brogi

Dal consumatore all’utente: verso un modello di marketing sostenibile

appartengono alle normali abilità riconosciute agli architetti, anche

quando esercitano l’abilità di designers. Sarebbe arrogante dire, an-

che in via ipotetica, quale futuro vorremmo, anche perché costruen-

dolo ogni giorno e voltandoci a riguardarlo non possiamo andarne

fieri. Quello che ci condanna non è il futuro ma il passato. Sperando

che le nuove forme di comunicazione, che si dilatano e trasformano

costantemente, apportino nuovi contributi, resto in attesa del gesto

magico che mi sveli la via.

“Per entrare nell’argomento”

Un signore si inventava ogni giorno il suo “da vivere” riuscendo con

incredibile abilità a mettere le mani nelle tasche degli altri. Era nel

tempo diventato così bravo e noto che aveva proseliti in tutto il mon-

do, e perfino molti professori delle università dei grandi paesi si inte-

ressavano a lui studiando queste abilità ed erano riusciti a determina-

re molte credibili teorie.

Teorie sulla ricchezza.

“Per difendersi dall’argomento”

In un altro sito, in un altro tempo. Remoto. Un uomo si industriava a

quadrare la sua esistenza. Andava a caccia di enormi bestie feroci,

per mangiare diceva lui, per divertirsi diceva la donna che doveva ac-

cudire i figli produrre il mangiare, inventare le macchine per i tessuti

da vestirsi, capire le leggi della natura e sviluppare le colture vegetali,

chiamate poi agricoltura e tutto questo nell’ottica di sfamare veramen-

te una famiglia in continua crescita. L’organizzazione stentò un po’ a

nascere ma poi si sviluppò nel tempo e crebbe.

“Per non confondersi”

E’ vero l’economia di mercato esiste e in qualche modo funziona, an-

che se non è compito suo affrontare e tentare di risolvere problemi

esistenziali come il rapporto dell’uomo con la natura o la soddisfazio-

ne dei bisogni primari agli aventi diritto di tutto il mondo.

Per parlare di futuro mi piacerebbe chiarire prima verso quale futuro

andare. La domanda la porrei così: vogliamo un futuro etico o un fu-

turo tecnologico?

“Ringraziando”

La comprensione dei problemi da voi posti e l’atto divinatorio non

Inventa il futuro

Si parla sempre più spesso di responsabilità sociale

dell’impresa, ossia di un’impresa che contribuisce, con una parte dei propri profitti, a sostenere

cause sociali, spesso legate alla povertà o più in generale

al sostegno di associazioni per il progresso sociale.

Tobia Scarpa Architetto e Designer. Nel campo del design realizza progetti per: B&B Italia, Cassina, Flos, Knoll International, Maxalto, Meritalia, Molteni. Dal 2000 insegna alla facoltà di disegno industriale ClaDIS di Venezia.

IL PRESENTE è futuro

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tà, al disagio sociale o più in generale al sostegno

di associazioni per il progresso sociale. In questo

modo entrambi i soggetti traggono un vantaggio, in

un’ottica win to win: l’impresa dimostra sensibilità ai

problemi scottanti che investono la società acqui-

sendo una reputazione ‘umanitaria’ agli occhi degli

utenti e del mercato, mentre l’associazione a cui

viene devoluta una quota parte di profitto ne trae un

sostegno economico che un’impresa promuove a

favore di organizzazioni non-

profit, nel momento dell’acqui-

sto di un bene o di un servizio

da parte di un utente. Questo

approccio nasce dalla consa-

pevolezza che nel capitalismo maturo il profitto non

rappresenti più la variabile fondamentale per la cre-

Marisa Galbiati Professore straordinario e Preside vicario della Scuola del Design, Politecnico di Milano; Direttore dei Master: Brand Communi-cation; Art direction e Copywriting del Consorzio Polidesign del Politecnico di Milano.

vantaggio sia in termini economici che in termini di

comunicazione.

scita, soprattutto se esso viene perseguito contro il

bene e la salute del pianeta e

delle persone che ci vivono.

Si parla sempre più spesso di

responsabilità sociale dell’im-

presa, ossia di un’impresa

che contribuisce, con una parte dei propri profitti, a

sostenere cause sociali, spesso legate alla pover-

foglio 12 fogli di ideecomunicazione, arte, moda, design, cibo n° 07

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Da prevedere a inventare

Filippo Brancoli Pantera Fotografo, “As you are”. La foto “As you are” è stata inserita tra le migliori 25 del nuovo millennio dall’International Photography Awards per il concorso Facing 2010.

Il manifesto dei “radicali liberi”, i professionisti di un oggi che è già domani“Il genio è 1% di ispirazione e 99% di traspirazione”

Thomas Edison

Una citazione memorabile che ci permette di parlare di una notizia

dell’ultima ora.

Intanto spieghiamo cosa intendesse Edison per “traspirazione”: in

sintesi ricavare materia utile da una materia che esiste già, sotto un’al-

tra forma. Ma veniamo al dunque.

Durante una incursione notturna tra i meandri della rete, trovo un sito

”99% Behance” che recita in home: “to make ideas happen” - rendere

le idee in realtà, trovo anche che il blog ha vinto nel 2011 il Webby

Award come miglior sito culturale. Al di là della citazione curiosa di

Edison usata come introduzione e del prestigioso premio vinto, il blog

cita una news a proposito del Manifesto dei Radicali Liberi. Niente a

che fare con la politica, si tratta invece di un gruppo di professionisti

fallimento è un’opportunità di apprendimento.

Hanno poca tolleranza per la burocrazia e le pratiche commerciali

antiquate. Non adottano “procedure operative standard”.

Considerano “open source” tutta la tecnologia e la conoscenza collet-

tiva di Internet: Wikipedia, forum, comunità aperte per designer, svi-

luppatori e pensatori, sono stati costruiti da loro, per noi.

Credono che “fare rete” significhi condividere, in tutti i sensi.

Credono nella meritocrazia e ritengono che la concorrenza sia un mo-

tivatore positivo, piuttosto che una minaccia.

In passato i radicali liberi sono stati descritti come “liberi professioni-

sti” ma la definizione di oggi allarga il punto di vista: con meno osta-

coli rispetto a ieri, stanno diventando amministratori delle idee nel 21°

secolo, e come tali sono uno dei nostri più grandi beni. Siete pronti a

riconoscerli? Sono già tra noi!

- un think tank come si definiscono – fatto appunto di “radicali liberi”.

Secondo i miei ricordi di chimica, non mi sembra una definizione tanto

positiva ma pensandoci bene si tratta di molecole con elettroni spaiati

che possono avere un impatto positivo, carica negativa, o pari a zero.

Sono difficili da definire, e di conseguenza le loro possibilità sono infi-

nite. Questi professionisti del 21 ° secolo si ritengono liberi, resilienti,

autosufficienti ed estremamente potenti, lavorano da solisti, in piccole

squadre o all’interno di piccole o grandi aziende. Sono dappertutto

ed hanno creato un manifesto, che mi sembra giusto condividere:

Fanno un lavoro che è, prima di tutto, appagante.

Chiedono libertà, all’interno delle imprese o quando lavorano da soli,

per eseguire esperimenti, partecipare a più progetti contemporanea-

mente e portare in avanti le loro idee, vivono di flessibilità e sono più

produttivi se pienamente impegnati.

Fanno spesso molte cose contemporaneamente e quindi sbagliano

ma gli errori li aiutano a correggere il loro corso lungo la strada, ogni A free radical blogger

Uno dei lavori di maggior successo che come con-

sulente ho fatto dagli anni ’60 fino a tutti gli ’80

riguardava gli studi previsionali sul futuro.

Abbiamo lavorato sulla moda, la casa, i trasporti, il

lavoro, l’alimentare. Su alcuni temi – come la moda,

la casa, l’alimentare, cioè i consumi – c’è stato ri-

chiesto addirittura di ripetere lo studio dieci anni

dopo perché i risultati furono molto interessanti.

Erano ricerche multiclient, fatte per le principali

aziende italiane dei settori interessati, che predis-

sero, con sufficiente approssimazione, eventi e

fattori che poi sono diventati fondamentali (l’impor-

tanza dei negozi in tutti i settori, l’esplosione di tanti

stili contemporanei, il valore crescente del brand, le

divisioni dei mercati in “luxury” e “low–cost”, ecc.).

Avevamo messo a punto per primi un approccio di

ricerca derivata da un metodo utilizzato in America

per le previsioni scientifiche dal nome evocativo

“Delphi” basato sulla consultazione di esperti.

È ancora possibile fare oggi queste previsioni ? La

mia risposta personale è “no”. Cioè le previsioni si

possono ancora fare ma è molto probabile che non

siano azzeccate come lo erano quelle di allora.

Cosa è cambiato ? In effetti tutto: la realtà è diventa-

ta troppo complessa; la globalizzazione ha messo

troppi fattori contemporanei sul campo. La famosa

frase “il battito d’ali di una farfalla in Cina può avere

ripercussioni in Europa” si è avverata soprattutto

nel campo di comportamenti di consumo e negli

stili di vita, i quali allora si muovevano molto più

lentamente. In più – se uno analizza i mercati – non

c’è più spazio per nulla. C’è tutto di tutto. Tranne

nei “nuovi paesi” in cui tutti si sono precipitati (Rus-

sia, Cina, India, Brasile). Ma è come il vecchio Far

West; la conquista avvenne non facendo studi e

analisi ma arrivando per primi.

Ma allora cosa fare nei nostri paesi saturi del nuo-

vo “vecchio mondo” (Europa, USA, Giappone) che

rappresentano comunque ancora “il mercato” per

molti produttori italiani? In questi mercati non è che

non entrino nuovi prodotti; anzi sono molto ricer-

cati. La “formula” da riuscire a montare è pratica-

mente facile da dire ma difficilissima da mettere

in atto. Infatti in un mondo saturo non bisogna più

cercare lo spazio ma bisogna “crearlo”. Per questo

occorre proporre “differenze” consistenti e perce-

pibili. “Be different or die” è il nuovo credo. Cioè si

devono proporre differenze sensibili e interessanti

ma bisogna farle percepire e capire. Ad esempio,

naturalmente, il prezzo più basso è una differenza

che capiscono tutti: da qui il successo di Zara, di

H&M, dei discount, dove però il punto di vendita

è visibilissimo, centralissimo e anche bello. Perché

nella competizione globale è chiaro che da un lato

occorre più creatività, più innovazione, più novità e

soprattutto più imprenditorialità. Ma anche dall’altro

lato – in ogni mercato – una forte presenza e una

forte visibilità. Questo è il problema delle piccole

medie aziende di vari settori del Made in Italy.

Passare – come è giusto – dal “piccolo è bello” (che

non significa più nulla) al “diverso è bello” va bene

ma non basta. Occorre anche farsi vedere, esse-

re visibili sui mercati e saper usare creativamente

i nuovi strumenti del web. Inventare non riguarda

solo il prodotto ma soprattutto la presenza e la visi-

bilità sui mercati. Questa è la nuova sfida.

Ampelio Bucci Imprenditore agricolo, consulente di marketing e docente presso l’Università IULM di Milano.

La realtà è diventata troppo complessa; la globalizzazione ha

messo troppi fattori contemporanei sul campo.

“Be different or die” è il nuovo credo. Cioè si devono proporre

differenze sensibili e interessanti ma bisogna farle percepire e capire.

In questo modo entrambi i soggetti traggono un vantaggio,

in un’ottica win to win

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Certo, a questo punto è essenziale che le aziende si fidino e mettano

in atto processi di innovazione completi, ben più netti degli abituali ma-

quillage spacciati per novità. Infine tornano protagonisti questi ragazzi:

nella fase di comunicazione non sono fruitori passivi, ma attori.

In fondo lo schema è semplice: ascoltare i Millennials, guidare la loro

creatività destrutturata, trarre spunti di innovazione mettendoli in prati-

ca, quindi passare il prodotto al suo stesso target per generare comu-

nicazione orizzontale.

Il vero problema è il management delle aziende italiane, troppo spesso

formato da chi sa soltanto parlare, strutturare, replicare. Poco serve

il creativo – magari giovane – che realizza una buona campagna di

comunicazione: se nelle fasi di ricerca, sviluppo, ideazione e produ-

zione si è seguita la strada vecchia, una strategia di comunicazione

nuova risulterà comunque fallimentare, comunicherà un prodotto nato

già morto.

Ascoltare. Destrutturare. Innovare. E, poi, comunicare.

Sono quattro, tra loro strettamente connesse, le nuove regole del mer-

cato, ancora più enfatizzate se il target a cui l’azienda mira è quello gio-

vane: i Millennials, i 16-25enni. Considerati impalpabili e non inseribili in

categorie, sono in molti a studiarli per definirne caratteristiche, interessi

e gusti. Dinamiche di comportamento e acquisto, in sintesi. Ma, dietro

ai tanti protocolli di analisi strillati di continuo, si cela lo stesso miserri-

mo errore: questi ragazzi vengono considerati la replica dei coetanei

degli anni 80 o 90. Ma non è così, i Millennials sono unici per tre distinti

motivi: sono nativi digitali; crescono coscienti – più di tutti noi – del

cambiamento totale della società; hanno sete di indipendenza unita ad

alta capacità di adattamento.

Ecco, allora, l’errore degli analisti: tracciano identikit secondo metodo-

logie di ricerca tradizionali. Quando, invece, dovrebbero rivoluzionare i

propri strumenti, per offrire una schedatura corretta: questi ragazzi van-

no ascoltati, come mai prima. Poi va offerto loro un percorso di crea-

tività guidata che sfrutti la destrutturazione del loro modo di pensare,

così saranno i Millennials stessi a offrire soluzioni di innovazione reale.

Il processo dell’innovazione

Filippo Brancoli Pantera Fotografo, “Marfy”.

foglio 22 fogli di ideecomunicazione, arte, moda, design, cibo n° 07

Ogni giorno da almeno due anni a questa parte su-

bisco i bollettini di guerra che provengono da au-

torevoli economisti, giuslavoristi, sociologi e filosofi

a proposito di quello che ci aspetta, di quello che

potrebbe essere il futuro.

La mia curiosità primaria è sempre stata quella di

cercare di capire – in fase di crisi epocale e di flut-

tuazioni economiche - cosa significasse spread (lo

devo ammettere)!

Un giorno in libreria ho preso in mano un libro di un

noto economista, sperando di vedere soddisfatto il

mio interesse per il vocabolario finanziario.

leggero, non temere il fallimento, essere ostinato,

andare avanti senza troppe domande”.

Sembrano le regole del bravo comunicatore!

Ma è proprio quello che faccio io, mi sono detta:

avere intuizione, ogni giorno devo intuire quel-

lo che andrà bene al mercato per trasformare un

marchio anonimo in una marca universale che tutti

vorranno “consumare”; viaggiare leggera questo è

il mio mantra, perché ho ridotto drasticamente le

velleità poetiche, sfruttando tutto il potere di sinte-

si in mio possesso; non temere il fallimento, e qui

non mi batte nessuno, sono donna e dotata di QI

quindi direi che basta per superare ogni fallimento,

noi donne abbiamo secoli di pratica nell’affrontare

ogni genere di stroncatura; essere ostinata e anche

per questo siamo a posto, non mi sono arresa ne-

anche davanti all’iPad che sarà anche un oggetto

rivoluzionario ma scrivere su quella tastiera che se

sfiori troppo velocemente, ti apre 30 applicazioni

al nanosecondo, è veramente una prova titanica;

andare avanti senza troppe domande … e qui ca-

sca l’asino!

Io ci provo a non farmi domande sul brief, ci provo

a far finta di niente davanti alle elucubrazioni del

marketing 2.0, ci provo a dire si anche quando vor-

rei dire no, tento disperatamente di non ragionare

… ma non ci riesco!

E allora mio caro Attali, ti ringrazio perché le tue

regole mi hanno fatto capire che per sopravvivere

oggi nel mondo della comunicazione (e anche per

tutto il resto) è necessario essere intuitivi, leggeri,

fallibili e ostinati … ma le domande almeno quelle

lasciacele, tanto non sono quotate in borsa!

Il testo era di Jacques Attali, dal titolo assolutamen-

te perfetto “Sopravvivere alle crisi” … e quindi cer-

care di intravedere almeno un pallido futuro.

Leggendolo mi accorsi che stranamente di spread

non si parlava, l’autore proponeva invece un vero e

proprio manuale che enunciava, in modo più lette-

rario che finanziario, un’audace strategia per “cer-

care uno spiraglio nella sventura” anche quando

tutto sembra remare contro.

Lessi quelle 185 pagine con devozione e finalmen-

te trovai il brano che avrebbe illuminato il mio cam-

mino verso il domani.

Attali, in sintesi estrema, sostiene che qualsiasi

strategia di sopravvivenza deve necessariamente

obbedire alle stesse regole che sono state precisa-

te e migliorate nel corso dei secoli.

Insomma niente di nuovo, la storia insegna e quindi

bisognerebbe evitare di commettere gli errori delle

generazioni precedenti!

Ma l’economista si spinge oltre, dicendo che per

millenni l’uomo delle popolazioni nomadi per “so-

pravvivere” ha sempre dovuto sottostare alle stes-

se raccomandazioni: “avere intuizione, viaggiare

Mi devo attrezzare per sopravvivere al futuro ma se il futuro è adesso, devo fare presto!

Monica Evangelisti Copywriter CeG Maxicom

Mio caro Attali, ti ringrazio perché le tue regole mi hanno fatto capire

che per sopravvivere oggi nel mondo della comunicazione è

necessario essere intuitivi, leggeri, fallibili e ostinati … ma le domande

almeno quelle lasciacele, tanto non sono quotate in borsa!

Le aziende che puntano sul target giovane devono rivoluzionare i propri schemi di ricerca e sviluppo. Altrimenti realizzeranno brillanti campagne di comunicazione per prodotti nati già morti.

I Millennials sono nativi digitali, crescono coscienti – più di tutti noi – del cambiamento

totale della società, hanno sete di indipendenza unita ad alta capacità di adattamento. Ecco,

allora, l’errore degli analisti: tracciano identikit secondo metodologie di ricerca tradizionali.

Alessandro Rimassa Direttore di IED Centro Ricerche, autore del libro cult Generazione Mille Euro, conduce su La3 Generazione S.

Attali sostiene che qualsiasi strategia di sopravvivenza deve

necessariamente obbedire alle stesse regole che sono state

precisate e migliorate nel corso dei secoli: bisognerebbe evitare

di commettere gli errori delle generazioni precedenti!

Il futuro è un abito mentaleIl futuro è un pensiero, talvolta leggero. Il futuro è una parola spesso

svuotata di significato. Il futuro è un sentimento, che dovremmo privare

di quell’ansia che paralizza le prospettive. Il futuro è un istante. È il fi-

schio che mette in moto il treno e che sottrae lentamente ai nostri occhi

i pesanti e al tempo stesso rassicuranti vagoni del presente. Il futuro è

un abito mentale, difficile da disegnare, spettacolare nei nostri sogni,

immaginifico nei desideri, straordinario nella realizzazione ipotizzata e

qualche volta ottenuta. Il futuro è più di un sogno. E se è vero che i

sogni sono la risposta di oggi alle domande di domani - lo sosteneva

Edgar Cayce, chiaroveggente di cui si sono avverate ben sette profe-

Un planetario dove accanto a realtà già emerse si intravedono piccole

formazioni che si affacciano e che promettono una nuova geografia del

gusto. Il futuro – diceva Ray Bradbury, autore dei più bei libri di fanta-

scienza del XX secolo – sarà una gara tra l’educazione e la catastrofe.

zie - è importante sognare per restituire prospettive alla parola futuro.

Aggiungiamo al sogno la speranza, quella forza che proietta sempre un

po’ più in là lo sforzo di posizionare la propria esistenza oltre l’orizzon-

te. Il futuro non è un’operazione fatta a tavolino, ma l’insieme di tante

piccole sfide per ritrovare l’energia necessaria a inventare il presente. Il

futuro è una scommessa: chi riesce a trasformare le illusioni in concre-

tezza, le paure in speranze, i dubbi in progetti, vince la competizione

con quello smarrimento che ti coglie quando la mente prende il volo e

ti ritrovi a fluttuare nel domani. Il futuro per la moda è l’invenzione di

un nuovo universo fatto di segni sconosciuti e di linguaggi collaudati.

Daniela Fedi Penna storica di Panorama, Elle, 100 Cose e Harper’s Bazaar Italia, da anni è critico di moda de Il Giornale.Lucia Serlenga Colonna portante di Fashion, ha diretto il mensile Notebook, collabora da freelance coi più importanti giornali italiani.

Vengono chiamate ‘The Wilkinsons’ perchè sono come il noto rasoio bilama: la prima passa e taglia il pelo, la seconda lo estirpa alla radice.

In fondo lo schema è semplice: ascoltare i Millennials, guidare la loro creatività

destrutturata, trarre spunti di innovazione mettendoli in pratica, quindi passare

il prodotto al suo stesso target per generare comunicazione orizzontale.

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Parri per Borsalino. Pitti Uomo Firenze

Michele Satta. Semetipsum, Bolgheri

Tenuta del Buonamico. Inaugurazione Cantina, Montecarlo, Lucca

Io?Ion! Summer Events, Blanco Milano

Parri. Fuori Salone, Biblioteca della Moda, Milano

Boroli. Degustazione Nebbiolo Prima, Cantina La Brunella, Alba

Rex 1933. Portocervo, Taormina, Forte dei Marmi