LE VERITÁ SUL DDL GELMINI
LE MENZOGNE DEL GOVERNOSMONTATE DAGLI STUDENTI
Tetto di Matematica
“Il DDL infligge un colpo mortale ai vari casi di parentopoli, alle baronie
e raccomandazioni.”Maria Stella Gelmini 1-12-2010
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PERCHE’ UN DOSSIER
A scrivere siamo studenti e ricercatori universitari, di tutte le facoltà,
di tutta Italia, tutti appassionati di ciò che studiamo o su cui
lavoriamo..
Siamo gli studenti e i ricercatori che avete visto in questi giorni
manifestare nelle strade e sui tetti d’Italia.
Siamo stati accusati di difendere l’esistente, di non avere idee
alternative, di saper soltanto protestare e di essere strumentalizzati
dai baroni, proprio quei baroni che si stanno professando contrari a
questa riforma.
Ma la realtà è un’altra: abbiamo un’idea ben precisa di cosa debba
essere l’università pubblica e su questa idea misuriamo le nostre
opinioni sul disegno di legge ”Norme in materia di organizzazione delle
università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al
Governo per incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario”.
Crediamo nel confronto delle idee, anche diverse; abbiamo cercato,
letto, ascoltato opinioni, abbiamo sollecitato i pareri di coloro che in
università ci lavorano tutti i giorni.
Negli studi ci impegniamo anche per formare una nostra coscienza
critica che oggi rivendichiamo ed esercitiamo, e non ci sentiamo
strumento di nessuno, tanto meno dei baroni.
Siamo in grado di leggere e studiare il testo di un disegno di legge e
confrontandoci, con le nostre diverse competenze ed esperienze,
per capire le conseguenze che questo comporta e l’idea di università
che sottende.
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Non spetta a noi fare disegni di legge, non né abbiamo le
responsabilità formale, non abbiamo nemmeno le strutture e le forze
per farlo.
Tuttavia crediamo sia nostra responsabilità non restare in silenzio
quando riteniamo che le istituzioni deputate a guidare il nostro Paese
nel suo percorso di progresso sbagliano gli obiettivi o usano, nel
dibattito pubblico, argomenti deboli o errati. Questo è accaduto con
l’Università pubblica.
La nostra Università non è perfetta, e in questi anni molti di noi non
hanno mancato di notarlo e farlo notare, spesso ricevendo poco
ascolto.
La nostra Università ha bisogno di una riforma ma oggi non vogliamo
accontentarci di una cattiva riforma, non discussa e non condivisa e
di cui non abbiamo trovato alcun progetto riconoscibile di sviluppo
per l’istruzione superiore del nostro paese.
Oggi siamo qui a scrivere perché nel dibattito pubblico non abbiamo
trovato adeguatamente rappresentate le valide argomentazioni che
ci hanno spinto a manifestare il nostro dissenso verso il DDL
sull’Università.
Qui vogliamo spiegarvi il perché e per farlo cercheremo di usare
argomenti e fatti non oggetto di opinione, perché crediamo che
l’argomento università sia di quelli in cui non si debba lasciar alcun
sospetto che presunte ideologie pesino più delle argomentazioni.
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I FINANZIAMENTI PER IL SISTEMA
UNIVERSITARIO
“I fondi per l’Università sono stati trovati”.
Maria Stella Gelmini, Ministro dell’Istruzione
“Non è vero che la riforma prevede un taglio dell’80% dei fondi per le borse di studio”
Maria Stella Gelmini, Ministro dell’Istruzione
Negli ultimi anni l’intero sistema universitario è stato messo in
ginocchio dall’emergenza finanziaria che affligge il paese, ed in
particolare da coloro che con le loro riforme e le loro manovre
finanziarie hanno peggiorato la situazione facendo gravare sul
mondo universitario tagli di dimensioni sconsiderate.
Già nel 2008 con la L. n. 133 il governo ha cancellato circa 1 miliardo
e 400 milioni dai fondi previsti per il 2011, soldi sottratti all'università
che sono stati utilizzati per finanziare la riduzione dell'Ici alle famiglie
più ricche e le avventure berlusconiane dell' Alitalia.
Passiamo al 2010. L’emendamento alla legge di stabilità ( ex legge
finanziaria) presentato dal governo prevede un incremento di 800
milioni di euro, ma la legge di stabilità del 2011, su cui opera
l’emendamento, conteneva già un taglio di 126 milioni di euro, più la
mancanza del contributo integrativo di Padoa Schioppa di 550 milioni
e l’incremento dell’anno passato di 400 milioni, finanziato dalle
entrate del condono del rientro dei capitali all’estero. Ciò significa
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che lo stanziamento del 2011 parte da una diminuzione di 1076
milioni viene compensato solo in parte dagli 800 milioni
dell’emendamento, lasciando un residuo negativo di 276 milioni.
Inoltre bisogna tener conto che nella “finta” copertura di 800 milioni
gli atenei dovranno anche farsi carico delle spese relative ai concorsi
per professore associato, che poi a regime verranno a costare 400
milioni, quindi l’incremento verrà pesantemente dimezzato.
Un’ulteriore penalizzazione colpirà in modo considerevole anche il
diritto allo studio. Il disegno di legge finanziaria 2011 (da quest’anno
si chiama legge di stabilità) approvato il 15 ottobre 2010 dal
Consiglio dei Ministri, infatti, contiene ulteriori tagli rispetto alla
finanziaria 2009. Nella nuova finanziaria il governo stanzia per il
fondo integrativo per le borse di studio 25.731.000 nel 2011,
25.773.000 euro e 12.939.000 euro nel 2013. Rispetto alla
finanziaria 2009, quella del 2011 prevede un taglio di circa 50 milioni
di euro. Rispetto al 2009, nel 2012 il fondo sarà ridotto di 234 milioni
di euro pari al 95,9% del fondo del 2009. Inoltre nell'anno
accademico 2008/09 sono risultati idonei 181.739 studenti e state
erogate 149.032 borse di studio (secondo i dati rilevati dall'Ufficio
Statistica del MIUR) con una copertura di borse di studio su base
nazionale del 82%.
PREVISIONI DELLA FINANZIARIA 2009 SUL FONDO
INTEGRATIVO PER LE BORSE DI STUDIO in migliaia di euro
PREVISIONI DELLA FINANZIARIA 2011 SUL FONDO
INTEGRATIVO PER LE BORSE DI STUDIO in migliaia di euro
ANNO 2011 2012 2013
AMMONTARE 25.731 25.773 12.939
Tagli rispetto
Al 2008 - 220.758 - 220.686 - 233.52
ANNO 2009 2010 2011
AMMONTARE 111.864 100.014 76.492
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Secondo questi dati appare evidente che lo stanziamento del
«Fondo di intervento integrativo da ripartire tra le regioni per la
concessione dei prestiti d'onore e l'erogazione di borse di studio»
previsto per il triennio 2011-2013 non sia assolutamente sufficiente a
garantire la copertura totale a livello nazionale degli idonei delle
borse di studio previste dall'art. 8 della Legge 390/1991 e attribuite
secondo i criteri previsti dal D.P.C.M. del 9 aprile del 2001.
Tale riduzione del «Fondo di intervento integrativo da ripartire tra le
regioni per la concessione dei prestiti d'onore e l'erogazione di borse
di studio» rende di fatto inefficace il sistema di diritto allo studio così
come delineato dalla Legge 390/1991 "Norme sul diritto agli studi
universitari" e dagli art. 3 e 34 della Costituzione italiana.
Risulta palese, quindi, che il governo utilizzi una medicina sbagliata
per guarire la nostra università, applicando un taglio finanziario
orizzontale che colpisce indistintamente tutto il sistema universitario.
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IL BARONATO
“Via i baroni dagli atenei largo ai giovani”
Maria Stella Gelmini, Ministro dell’Istruzione
Secondo i sostenitori del il d.d.l. n. 1905 di riforma del sistema
universitario questo provvedimento ha il grande merito di attaccare il
sistema di potere baronale all’interno degli atenei.
Si definiscono baroni quei professori universitari che verificano due
condizioni: ricoprire incarichi di responsabilità e
contemporaneamente presentare una diretta proporzionalità tra
importanza dell’incarico ricoperto e attaccamento al potere che ne
deriva. Un barone universitario vive della rendita che gli deriva dal
coprire un incarico di potere imponendo all’interno dell’università
persone che non sempre si distinguono per merito e competenza,
influenzando cattedre, spostando finanziamenti.
Andiamo a vedere i punti della riforma che dovrebbero intaccare il
sistema di potere baronale all’interno degli atenei.
Art. 2.1 lettera b : “attribuzione al rettore della rappresentanza
legale dell’università e delle funzioni di indirizzo, di iniziativa e di
coordinamento delle attività scientifiche e didattiche […] della
funzione di proposta del documento di programmazione triennale di
ateneo, nonché della funzione di proposta del bilancio di previsione
triennale e annuale e del conto consuntivo; della funzione di
proposta del direttore generale.”
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Attualmente il Rettore è la massima rappresentazione del sistema
baronale nelle nostre università e già ora detiene gran parte del
potere di indirizzo degli atenei e molte delle scelte di gestione delle
università criticate dal sistema politico sono da imputare ai rettori. Ci
sembra strano, quindi, che il loro potere venga incrementato
esponenzialmente.
Come si evince dagli articoli su citati viene racchiuso nelle mani del
rettore sia il potere di indirizzo politico dell’ateneo sia il controllo della
parte economica e amministrativa tramite il bilancio di previsione e la
nomina del direttore generale (figura cui spetterà la gestione e
l’organizzazione dei servizi, delle risorse strumentali e del personale
tecnico amministrativo dell’ateneo). Almeno in questo primo punto
gli attuali baroni universitari vedono incrementato il loro potere.
Art. 2.1 lettera h: “attribuzione al consiglio di amministrazione delle
funzione di indirizzo strategico, di approvazione della
programmazione finanziaria annuale e triennale e del personale;
della competenza a deliberare l’ attivazione di corsi e sedi […] della
competenza disciplinare relativamente ai professori e ricercatori
universitari; della competenza ad approvare la proposta di chiamata
da parte del dipartimento.”
Art. 2.1 lettera i: “composizione del consiglio di amministrazione nel
numero massimo di undici componenti, inclusi il rettore ed una
rappresentanza elettiva degli studenti; designazione o scelta degli
altri componenti, secondo modalità previste dallo statuto, anche
mediante avvisi pubblici tra personalità italiane o straniere […]
previsione che il presidente del consigli odi amministrazione sia il
rettore o uno dei predetti consiglieri esterni ai ruoli dell’ateneo.”
Tutti i poteri precedentemente distribuiti su due organi (Senato e
c.d.a.) vengono racchiusi all’interno del solo c.d.a., la cui
composizione, però, viene sostanzialmente modificata. Attualmente il
c.d.a. conta rappresentanze elettive di tutte le componenti
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universitarie (docenti, personale tecnico – amministrativo, studenti);
con il d.d.l. Gelmini tutte le rappresentanze elettive scompaiono (ad
esclusione di quella studentesca) e vengono sostituite con metodi di
nomina diretta. Un meccanismo del genere sarà facilmente
influenzabile da quei baroni che in teoria questa riforma punterebbe
ad eliminare. Ci troveremo con un c.d.a. estremamente ridotto, non
più espressione dell’intero ateneo ma di piccoli gruppi di potere, gli
stessi che di fatto controlleranno anche l’elezione del rettore.
Art.16.1 lettera f: “l’istituzione per ciascun settore concorsuale […]
di una commissione nazionale di durata biennale per le procedure di
abilitazione alle funzioni di prima e di seconda fascia , mediante
sorteggio di quattro commissari all’interno di una lista di professori
ordinari…”
Il meccanismo di reclutamento (immissione di nuovi ricercatori) e di
passaggio di carriera da una fascia all’altra (ricercatori-associati;
associati-ordinari ) è sempre stato il punto dolente dell’università, in
cui la baronia trova la sua massima espressione. Nel DDL la
gestione dei concorsi non è toccata ed è lasciata in mano proprio a
chi fino ad ora ha gestito il sistema seguendo soltanto i propri
interessi.
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IL MERITO
“Ripartiamo dal merito, l’unico criterio veramente
democratico”
Maria Stella Gelmini, Ministro dell’Istruzione
Il merito è uno dei termini al centro del dibattito sul d.d.l. n. 1905
(Gelmini). Nel testo della legge si fa menzione molte volte dei
seguenti concetti: per 47 volte compare la parola “valutazione”, per
18 volte “ANVUR” e “qualità” e per 14 “merito”, con un contorno
abbondante anche di “efficienza”, “efficacia”, e via discorrendo.
Da mesi il ministro e il governo sostengono che la riforma
dell’università finalmente valorizzerà il merito tramite la corretta
valutazione delle università e dei docenti.
Gli Atenei
Articolo 5: Delega in materia di interventi per la qualità e l’efficienza
del sistema universitario…
Nel periodo 2001-03 la ricerca italiana è stata valutata da un
organismo di emanazione ministeriale, il CIVR. L’analisi condotta su
tutti i dipartimenti universitari ha dimostrato allora che è possibile
fare una buona valutazione. Sono passati circa dieci anni in cui si è
parlato tanto di valutazione, ma solo in termini generici, senza poter
ripetere l’esperienza passata. Il DDL su questo punto è molto vago e
si limita a conferire una delega al governo e quindi a quel ministero
che in dieci anni non è stato in grado di risolvere il problema.
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La questione è molto seria, perché il modello di valutazione deve
contenere in sé l’idea di Università che si vorrebbe e non è di per sé
sempre valido.
I Docenti
Articolo. 16.1: “ E’ istituita l’abilitazione nazionale[…]. L’abilitazione
ha durata quadriennale e richiede requisiti distinti per le funzioni di
prima e di seconda fascia.”
Articolo 16.2: “Entro novanta giorni dalla data di entrata[…]su
proposta del Ministro, di concerto con il Ministro dell’economia e
delle Finanze, e con il Ministro per la pubblica Amministrazione e
l’innovazione, sono disciplinate le modalità di espletamento delle
procedure finalizzate…”
Dal momento che sono previste solo due sole fasce di professori; il
DDL introduce l’abilitazione nazionale per l’immissione nel ruolo di
professori ordinari ed associati. Si ribadisce sui giornali che il DDL
reintroduce il concorso nazionale per superare lo scempio dei
concorsi locali. La realtà è ben diversa. Il testo introduce un'idoneità
senza limiti numerici, quindi non comparativa e molto poco selettiva.
Nelle commissioni nazionali si faranno gli stessi accordi che ieri si
facevano nelle commissioni locali. Il bravo professore sosterrà
l'allievo di valore, ma non avendo vincoli comparativi da rispettare,
lascerà fare il collega che sostiene una persona meno capace.
L'idoneità senza limiti non si nega a nessuno. Poi si dovrà passare a
una sorta di concorso locale per la chiamata effettiva. Con molta
probabilità vincerà di nuovo il candidato locale, con l'unica differenza
di aver raddoppiato inutilmente le procedure e le burocrazie. La
legge Gelmini produce quindi una grave dequalificazione degli
accessi alla docenza, non il merito.
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Gli studenti
Nelle dichiarazioni del Ministro Gelmini si legge spesso che questo
disegno di legge premia il merito, fornendo “aiuti economici” agli
studenti meritevoli.
Articolo 4.1 “E' istituito preso il ministero un fondo speciale [...]
finalizzato a promuovere l'eccellenza fra gli studenti dei Corsi di
Laurea e Laurea Magistrale individuati
per gli iscritti al primo anno per la prima volta, mediante prove
nazionali standard e, per gli iscritti agli anni successivi mediante
criteri nazionali standard di valutazione. il fondo è destinato a :
a) erogare premi di studio [...]
b) fornire buoni studio, che prevedano una quota [...] da
restituire a partire dal termine degli studi, secondo
tempi parametrati al reddito percepito[...]
c) garantire finanziamenti erogati per le finalità di cui al
presente comma.”
Lo studente che intende accedere a questi servizi di sostegno allo
studio deve sostenere una prova standard nazionale volta a valutare
il suo essere o meno “meritevole”. Si tratta di un test a crocette
simile a quello che regola l’accesso alle facoltà a numero chiuso
(medicina, veterinaria, architettura) dimostratosi già estremamente
fallibile. Per la Gelmini dunque è possibile valutare il “merito” di uno
studente tramite un test di un paio d’ore (effettuato solo una volta e
prima dell’inizio della propria carriera universitaria), chiedendo chi ha
vinto l’ultima coppa del mondo o chi ha presentato l’ultimo festival di
San Remo.
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IL DIRITTO ALLO STUDIO
“Adesso salta fuori che la riforma uccide il diritto
allo studio! Ma stiamo scherzando?”
Maria Stella Gelmini, Ministro dell’Istruzione
Al fine di inquadrare la situazione più complessivamente è utile una
breve introduzione sul sistema di benefit già esistente. Il sistema del
diritto allo studio universitario (DSU) è sancito dall'articolo 34 della
costituzione, che afferma “i capaci e meritevoli, anche se privi di
mezzi, hanno il diritto di raggiungere i gradi più alti dell'istruzione”. In
quel “ anche se privi di mezzi” è chiara l'intenzione del legislatore di
dedicare i servizi connessi al DSU alle fasce più deboli della società.
Il d.d.l. 1905 (Gelmini), con l'articolo 4, riforma in parte questo
sistema di benefit introducendo nuovi strumenti che si aggiungono a
quelli già esistenti.
Articolo 4.1 “E' istituito preso il ministero un fondo speciale [...]
finalizzato a promuovere l'eccellenza fra gli studenti dei Corsi di
Laurea e Laurea Magistrale individuati per gli iscritti al primo anno
per la prima volta, mediante prove nazionali standard e, per gli iscritti
agli anni successivi mediante criteri nazionali standard di
valutazione. il fondo è destinato a :
a) erogare premi di studio [...]
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b) fornire buoni studio, che prevedano una quota [...] da
restituire a partire dal termine degli studi, secondo
tempi parametrati al reddito percepito[...]
c) garantire finanziamenti erogati per le finalità di cui al
presente comma.”
Vengono creati, per la prima volta nel sistema del diritto allo studio
italiano, dei benefici completamente slegati dalla situazione
reddituale. Per la prima volta in Italia studenti con redditi altissimi e
dunque senza problemi economici potranno ricevere benefici a
discapito di soggetti egualmente meritevoli ma con redditi molto più
bassi.
Invece di attivarsi per erogare il 100% delle borse di studio per
studenti “meritevoli e privi di mezzi” (la copertura nazionale per il
2008 è stata solo dell’82%) il governo si impegna nella creazione di
un fondo parallelo basato su una falsa idea di merito (vedi pag. __)
Articolo 4.2 “Gli interventi previsti al comma 1 sono cumulabili con
le borse di studio assegnate ai sensi dell'art. 8 L. 390\91 ”
Il presente comma permette di far convergere più risorse sullo
stesso studente, creando sovrapposizioni di benefici che si
ripercuotono negativamente sulla numerosità della platea che può
usufruire dei sostegni allo studio.
Articolo 4.3 “il ministro [...] con propri decreti di natura non
regolamentare disciplina i criteri e le modalità di attuazione del
presente articolo”
“Di natura non regolamentare” implica che i criteri di attuazione non
devono sottostare alla legge che disciplina i regolamenti atipici il che
lascia “carta bianca” al ministro nella scelta dei criteri. E’ assurdo che
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questo avvenga proprio per una materia delicata come quella del
diritto allo studio, senza chiamare in causa né gli enti regionali, che
in quasi tutta Italia sono preposti all’erogazione di questi benefici, né
gli studenti, che di questi benefici sono i fruitori.
Articolo 4.5 “Il coordinamento operativo della somministrazione
delle prove nazionali [...] è svolto dal ministero, secondo modalità
individuate con decreto di natura regolamentare del ministro[...] che
disciplina altresì il contributo massimo richiesto agli studenti per la
partecipazione alle prove, con l'esenzione per gli studenti privi di
mezzi, nonché le modalità di predisposizione e svolgimento delle
stesse.”
Gli studenti che si sottopongono alle prove standard nazionali
devono pagare anche una quota di iscrizione. E’ l’unico sistema di
diritto allo studio in cui lo studente è costretto a pagare anche solo
per avere la possibilità di ricevere un beneficio.
Articolo 4.8 “il fondo[...] è alimentato con:
a) versamenti effettuati a titolo spontaneo e solidale da privati,
società, enti e fondazioni, anche vincolati, [...], a specifici usi;
b) trasferimenti pubblici,[...], limitatamente agli interventi di cui
al comma 1, lettera a);
c) i corrispettivi di cui al comma 7, da utilizzare in via esclusiva
per le finalità di cui al comma 1 lettera c);
d) i contributi di cui al comma 3 lettera h); e al comma da
utilizzare per le finalità di cui al comma 6.
Al punto b) del presente comma si fa riferimento a “trasferimenti
pubblici” tra le voci che alimentano il fondo, queste risorse
potrebbero essere dirottate nel sistema tradizionale di diritto allo
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studio che a tutt'oggi non vede copertura totale delle borse di studio
nella maggioranza delle regioni italiane.
In sostanza questi nuovi strumenti rischiano di sottrarre risorse al
DSU che, in Italia, vive già un sottofinanziamento cronico. Il tanto
sbandierato merito si riduce ad una mera valutazione nozionistica.
Non si tiene conto del percorso che lo studente ha fatto nei suoi studi
né, tanto meno, della situazione reddituale dello studente. Il rischio è
di finanziare chi può permettersi di sostenere i costi degli studi a
scapito di chi invece non può.
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PROFILI DI INCOSTITUZIONALITA’
DELLA RIFORMA GELMINI
Il disegno di legge n.1905 sulla riforma del sistema universitario
pone diversi problemi di aderenza al dettato costituzionale.
Art.1 c.2 “alle università che hanno conseguito la stabilità economica e sostenibilità di bilancio, nonché risultati di elevato livello nel campo della didattica e della ricerca” è riconosciuta la facoltà di “sperimentare proprio modelli funzionali e organizzativi, ivi comprese diverse modalità di composizione e costituzione degli organi di governo”.
In parole povere agli atenei più virtuosi si riconosce una più ampia autonomia rispetto agli altri atenei.
Il problema sorge in quanto questo aumento dell’autonomia non è
solo condizionata al soddisfacimento di requisiti fissati e verificati con
atti ministeriali ma è anche subordinata alla stipula di specifici
accordi di programma con il ministero.
In primis ciò contrasta con l’art.33 Cost. che prevede che le
Università “hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti
stabiliti dalla legge”. I limiti all’autonomia ordinamentale possono
essere definiti in maniera più o meno forte, ma esclusivamente dalla
legge.
Inoltre la legge ordinaria non può trasferire la potestà di intervenire
sull’autonomia al Governo, come invece prevede il d.d.l. Gelmini.
Viene utilizzato,poi, lo strumento dell’accordo di programma in
maniera impropria, in quanto questo strumento consiste
nell’identificazione di obiettivi condivisi sostenuti da risorse
aggiuntive conferite dal ministero.
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Art 4 si prevede l’istituzione presso il ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca di un fondo per il merito destinato ad erogare premi di studio o finanziamenti secondo criteri stabiliti in decreti ministeriali di natura non regolamentare.
Nel 2004 la Corte Costituzionale emana una sentenza (n.304) che
qualifica le norme riguardanti il prestito fiduciario agli studenti come
disposizioni di principio in materia di istruzione, e di conseguenza
materia a competenza concorrente dello Stato e delle regioni ex art.
117 Cost.
La Corte, quindi, ha rilevato l’illegittimità di tale provvedimento in
quanto c’è un totale controllo del relativo fondo da parte di organi
dello Stato e tale disciplina avrebbe richiesto un coinvolgimento delle
Regioni .
L’art. 4 del d.d.l. Gelmini ignora ancora una volta il fatto che si tratta
di materia a competenza concorrente dello Stato e delle regioni.
Ampio e disinvolta rinvio a fonti secondarie tipiche e atipiche e rinvio a decreti ministeriali di natura non regolamentare ( es. art. 1c.2; art.4 c. 3; art. 5 c. 1; art. 8 )
L’art 33 Cost. al sesto comma, pone una riserva di legge relativa nei
confronti dell’autonomia universitaria. Questa riserva è comunque
intesa come assoluta nei confronti dell’esecutivo e che, anche
considerandola aperta, richiede che un’eventuale attività normativa
secondaria (regolamenti) sia limitata a “integrare e svolgere in
concreto i contenuti” sostanziali della legge “tali che il potere
dell’amministrazione sia circoscritto secondo limiti ascrivibili al
legislatore” (Corte Costituzionale sentenza n. 383 del 1998). L’art. 17
c. 2 della l. 400/1988 dispone, inoltre, che i regolamenti di
delegificazione siano emanati nelle materie “non coperte da riserve
assoluta di legge”.
Il d.d.l. Gelmini fa ampio e disinvolto rinvio oltre che alla delega
legislativa a fonti secondarie tipiche e atipiche attraverso
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autorizzazioni alla delegificazione ed il rinvio a decreti ministeriali di
natura non regolamentare. Il problema è che questo rinvio appare
come un mezzo per eludere i vincoli normativi e procedimentali posti
dalla L. 400 /1988.
Inoltre, l’autorizzazione al ricorso a regolamenti di delegificazione per
disciplinare il trattamento economico del professori e dei ricercatori (
art. 8 ) si pone in contrasto con la riserva assoluta di legge contenuta
nell’art. 33 Cost. e comunque non soddisfa i requisiti di cui alla
sentenza della Corte Costituzionale n. 383 del 1998.
20
INDICE
1. PERCHE’ UN DOSSIER ...................................................... 2
2. I FINANZIAMENTI PER IL SISTEMA
UNIVERSITARIO .................................................................... 4
3 IL BARONATO ......................................................................... 7
4. IL MERITO .............................................................................. 10
5. IL DIRITTO ALLO STUDIO ............................................. 13
6. PROFILI DI INCOSTITUZIONALITA’ DELLA
RIFORMA GELMINI ............................................................. 17
21
22
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