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Un Inno per il Veneto
Edera Rossa
Non ne vedo alcuna necessità , ma la
regione Veneto sembra intenzionata ad
avere il suo inno e sembra anche che
voglia indire un apposito concorso. E qui
la cosa si fa preoccupante visti,anche
certi accenni a quello che ci si aspetta
dall’Inno come momento identitario. Vi è
stato chi ha suggerito canti già esistenti
e non è mancato chi ha suggerito quel
famoso Inno a Venezia ( Salve Venezia
mia patria diletta..) che, quando ero
ragazzo, era quasi inevitabile che
qualcuno cominciasse ad intonare
quando, in una cena appena un po’
numerosa, il numero delle bottiglie vuote
era nettamente vincente su quelle piene
che ancora , ma non per tanto, osavano
proditoriamente resistere. Tra le voci
piuttosto “stonate” ha portato un po’ di
sollievo quella del maestro Scimone che
ha detto che non serve fare alcun
concorso perché , volendo, il più bel
inno che il Veneto possa avere esiste
già ed è la Primavera del Vivaldi
A pagina 11
La rinascita musicale del Prete Rosso
Frescobaldi
A pagina 4
Retorica, lacrime e senso.
Assurbanipal
A
Toghe marròn
MisterB
Chi si ricorda della cosiddetta, dai media unici, guerra tra le Procure
di Salerno e Catanzaro?
Chi si ricorda del libro scritto dal giornalista del Corriere della Sera,
poi licenziato, Carlo Vulpio (Roba nostra – il Saggiatore 2008) che
ripercorre la vicenda delle indagini del Dott. De Magistris e che
venne tirato dentro quella vicenda per via dei suoi articoli ed
accusato di un reato mai contestato prima: associazione per
delinquere finalizzata alla calunnia?
Continua a pag. 2
.Paleoconservatorismo e pseudoconservatorismo
Perchè i conservatori non sono più gli stessi
Florian
Quando si parla di "conservatorismo"
bisognerebbe prima intendersi sul
significato che si dà al termine in
questione. In Italia si è tornati a parlare
di conservatori con la nascita di
Alleanza Nazionale, dopo che per molti
anni l'interesse per la destra politica
riguardava quasi esclusivamente le
correnti più radicali del neofascismo.
Uno dei pochi libri conservatori scritti in
lingua italiana, "Il manifesto dei
conservatori" di Giuseppe Prezzolini,
venne in quegli anni ripubblicato da
Mondadori, con un'interessante
prefazione di Sergio Romano volta a
riattualizzarne il messaggio
(scorrettissimo per i palati
contemporanei).
A pagina 4
La libertà religiosa come scudo alle guerre sante
Alexeievic
A pagina 6
La riserva di caccia del beduino
Matrix80A pagina 7
Sul cd. "Processo Breve"
Israele-Palestina. Il rischio egiziano.Erci Draven
Leggiamo dal Giornale di oggi:
"È sempre più difficile vedere il presidente egiziano Hosni
Mubarak in pubblico. L’anziano faraone, dicono i giornali
indipendenti egiziani, sarebbe infatti gravemente malato. Anche
per questo Washington ha fretta di portare palestinesi e israeliani
alla pace.
Da anni, Mubarak è mediatore importante tra i due attori del
conflitto e tra fazioni palestinesi rivali. L’Amministrazione
americana predilige una soluzione regionale, non soltanto locale,
e il coinvolgimento di Mubarak è dunque fondamentale. La sua
scomparsa creerebbe nell’area una pericolosa instabilità. E forse il
vecchio rais ha voluto dare un segnale sulla sua successione
portando a Washington nella sua delegazione anche il figlio
Jamal."
Continua a pag. 9
A pagina 10
Sakineh Mohammadi Ashtiani Fulvia
ue
Il settimanale libero di www.iltuoforum.net
Continua a pag. 3
Continua a pag. 5
Numero 4 - Lunedì, 13 Settembre2010
1
Chi si ricorda della cosiddetta, dai media unici,
guerra tra le Procure di Salerno e Catanzaro?
Chi si ricorda del libro scritto dal giornalista
del Corriere della Sera, poi licenziato, Carlo
Vulpio (Roba nostra – il Saggiatore 2008) che
ripercorre la vicenda delle indagini del Dott.
De Magistris e che venne tirato dentro quella
vicenda per via dei suoi articoli ed accusato di
un reato mai contestato prima: associazione
per delinquere finalizzata alla calunnia?
Chi si ricorda dei magistrati integerrimi (De
Magistris, Apicella, Nuzzi, Verasani) le cui
carriere sono state stroncate o danneggiate
irreparabilmente?
Il libro di Vulpio è una rassegna da brivido di
fatti, commistioni, intrecci tra personaggi della
politica, della pubblica burocrazia, magistrati e
potentati economici tutti affratellati come
comitato d'affari; quello che già allora De
Magistris definì una nuova P2.
E' una lettura che andrebbe resa obbligatoria
perfino nelle scuole; emblematica del livello di
arbitrio, di commistioni di caste e comitati
d'affari che con l'avallo istituzionale
perseguivano già da allora e stanno oggi
terminando la devastazione del paese e la
sua riduzione al livello dello Zimbabwe; con
rispetto parlando del sovrano di questo regno,
famoso per selezionare vergini per la sua
alcova.
Oggi andiamo scoprendo che quel comitato
d'affari era la P3, gli ambienti coincidono: oggi
abbiamo la prova certa che non si trattava di
guerra tra procure ma di guerra scatenata da
servitori infedeli dello Stato contro loro
integerrimi colleghi; il tutto sotto la direzione
nemmeno tanto occulta di politici allora potenti
e di un Csm politicamente sottomesso.
Allora, questo Csm prono ed intimidito azzittì
De Magistris in maniera infame, lasciando
indenni tutti coloro su cui De Magistris stava
indagando a Catanzaro: oggi, quel Csm viene
definitivamente smentito.
Scrive oggi, 2 settembre 2010, nel suo blog
Luigi De Magistris: "La procura di Salerno
conferma ancora una volta che le inchieste
Why Not e Poseidone che stavo conducendo
a Catanzaro mi furono sottratte illegalmente,
in seguito ad un accordo corruttivo tra i vertici
degli uffici di Procura e alcuni indagati".
La notizia che commenta è il rinvio a
giudizio dei magistrati che all'epoca
eseguirono il killeraggio per conto non si sa
bene ancora di chi; ma che non si fa gran
fatica ad immaginare.
Sono il procuratore della Repubblica
Mariano Lombardi, il procuratore aggiunto
Salvatore Murone, il procuratore generale
facente funzioni Dolcino Favi.
Assieme a loro, parimenti rinviati a giudizio
i loro complici "laici": l'imprenditore Antonio
Saladino, l'avvocato e senatore Giancarlo
Pittelli, l'ex sottosegretario alle Attività
produttive Pino Galati, la moglie di
Lombardi Maria Grazia Muzzi, e il figlio di
lei, l'avvocato Pierpaolo Greco.
Tra i reati contestati, anche ad alcuni
magistrati, la corruzione, il falso e la
corruzione in atti giudiziari.
Continua De Magistris: "Nonostante il Csm
fosse informato da tempo sulle gravi
commistioni e le illegalità che
interessavano i vertici degli uffici giudiziari
di Catanzaro non ha mai ritenuto di dovere
intervenire. Oggi alcuni di quei magistrati
sono saldamente al proprio posto, anche
titolari di inchieste delicate, come quella
assegnata all'aggiunto Murone sugli
attentati al procuratore generale di Reggio
Calabria. Quello stesso Csm ha invece
dimostrato una solerzia straordinaria
quando, al termine di processi disciplinari
farsa, ha proceduto all'esecuzione
professionale mia, e dei valorosi colleghi di
Salerno Luigi Apicella, Gabriella Nuzzi e
Dionigio Verasani".
Questi magistrati, finalmente rinviati a
giudizio, sono stati mantenuti nelle loro
funzioni fino ad oggi, se non addirittura
promossi.
De Magistris, oltre un anno fa, ebbe a
dichiarare: "Sono in grado di provare che
una parte della magistratura calabrese non
è estranea a logiche occulte. Temo che con
il passare del tempo possa andare sempre
peggio: il Csm conosce da anni problemi
calabresi, ma nel mio caso ha preferito
trasferirmi.
Di questo passo le incrostazioni saranno
sempre più facili: il magistrato non può
essere radicato, ma ci sono magistrati che
operano nelle medesime sedi da troppi anni, è
necessaria una rotazione perché, quando nel
circuito affaristico penetrano coloro i quali
dovrebbero mettere in atto il controllo è la fine.
I magistrati devono comprendere la società,
ma devono stare fuori dai circuiti di potere:
solo così si potrà costruire una magistratura
credibile e indipendente, ma non corporativa".
Aveva ragione in tutto.
Ora, tutte quelle istituzioni che hanno finto di
non vedere quel che è accaduto, e ancora
accade nella fogna di Catanzaro, nel mentre
eliminavano e imbavagliavano chiunque
osasse metterci il naso (oltre ai pm già citati,
quella cloaca ha risucchiato Clementina
Forleo, Carlo Vulpio, Gioacchino Genchi e altri
galantuomini) continueranno a tacere?
Nessuno intende confondere un rinvio a
giudizio con una sentenza di condanna; ma se
l'attuale Procura di Salerno giunge alle stesse
conclusioni di quella guidata da Apicella, vuol
dire che le indagini che costarono la carriera
ai quattro pm erano tutt’altro che sballate.
Ed anche coloro che questi galantuomini
hanno linciato mediaticamente a reti ed
edicole unificate, ora dovrebbero scovare
almeno un atomo di pudore e vergognarsi, e
pubblicamente riconoscere che si sono
sbagliati.
E chiedere scusa.
Al momento ancora nessuna risposta ma; alla
luce delle ultime notizie che arrivano da
Salerno, nemmeno il capo dello Stato nonché
presidente del Csm ha nulla da dichiarare?
Se in questo paese esistono ancora dei
cittadini degni di considerarsi tali, per una
vicenda siffatta dovrebbero scendere in
piazza: e non solo allo scopo di garantirsi
contro manovre di insabbiamento o di
copertura; ma per dare la massima visibilità a
vicende che sono lo specchio della
degenerazione dell'intero paese.
MisterB
Politica Toghe marrònMisterB
1
(segue dalla prima)
Ma tutto lascia supporre che non sarà la
Primavera a svolgere questo ruolo di inno
veneto; ed allora, visto che siamo in
barchetta piccola e che è lecito celiare un
po’, mi permetto anch’io di suggerire un
inno e credo non sarebbe inferiore a quelli
che stiamo rischiando di ritrovarci.
Parlo di una delle più belle canzoni
veneziane per barca del periodo a cavallo
tra sette ed ottocento : La biondina in
gondoleta, un’opera figlia di due degnissimi
autori il poeta Antonio Lamberti ( il più
famoso poeta in dialetto veneziano del suo
periodo, nonché appassionato lettore e
traduttore del Meli) e del musicista
Giovanni Simone Mayr che fu maestro di
Gaetano Donizetti. Ma soprattutto vi è lei la
Marina Querini Benzon , questa bellissima,
seducente e , secondo i detrattori e non
solo loro, saggiamente disinvolta donna
che seppe tenere salotto con personaggi
come Foscolo, Byron e Pindemonte. E tra i
suoi spasimanti lo stesso Lamberti del
quale ( vero o meno che fosse la loro
storia) non apprezzò di essere stata
oggetto di versi sufficientemente trasparenti
e la cui leggerezza di tono, che
personalmente trovo li rendano ancor
piacevolmente leggibili , non giudicò
sufficiente a farle perdonare l’autore e le
rispose, altrettanto in rima, facendogli fre l
parte del millantatore. E questo anche
perché ella era stata da non molto oggetto
di versi che giravano per la città e che
erano certamente meno aulici di quelli del
Lamberti, versi popolari che dicevano :
“Lucieta la bela, la sorda so sorela, la
Trona , la Benzona, e qualche altra
busarona” La Benzona era per l’appunto la
Marina Querini Benzon. Ma a Venezia le
rime anonime contro le donne non erano
una novità ; meno anonima risultò quella
che contro la moglie del doge Falier ( “ el
doge Falier gà na bea muger, altri la gode e
lu la mantien”) che costo l’esilio al suo
autore e, dopo varie vicende, la testa al
Ma la Querini non sparì dl cuore del
Lamberti che non molto dopo , in un delle
sue poesie più fresche Il sogno de Nina,
così la descrive: “ Con un fioreto in testa
– La gera e coi caveli - Che sparsi in
biondi aneli – Ghe zogolava in sen “.
Ma , comunque sia, l’arrivo degli austriaci
mise tutti d’accordo perché finirono col
proibire questa lieve canzone per barca
trovandola troppo oseé ( non ne riporto il
testo per non allungare inutilmente lo
scritto visto che è facilmente rintracciabile
in internet ). Ma la Venezia che viene alla
memoria nel sentire questa canzone non
si ferma qui e senza andare troppo oltre
basti ricordare come Angelo Querini
( l’innovatore e massone che fu
incarcerato per le sue idee democratiche
per l’epoca e che cercò inutilmente di
svecchiare, una Venezia destinata alla
fine come stato sovrano ) fosse solito
presentarsi a casa della Querini Benzon a
conclusione della sua serata , come
avrebbe fatto anche quella sera in cui
mori vicino al tetro di S, Moisè. Ed Angelo
Querini volle essere seppellito, ultima
offesa ad un perbenismo che stava
portando la città alla sua fine, con una
sua ex amante persona nota non solo a
Venezia per la sua vita piuttosto
turbolenta.
E la vita della colta, lieve, bella e libera “
biondina in gondoleta” , si accompagnò
anche nella tristezza della sua vecchia
alla tristezza della fine della Serenissima
e del grigiore degli anni della
dominazione austriaca. E la bella donna,
a cui vennero attribuiti gli amori di Byron e
di Foscolo, la bella donna che nelle sue
simpatie giacobine fu forse troppo
impetuosa (come lo fu quando in un ballo
in onore dei francesi finì col rovesciarsi e
col mostrare, data la mancanza di
biancheria intima, ciò che solitamente in
pubblico non si mostra neanche come
cotillon di danza) , finì come non avrebbe
meritato. E nell’invecchiare , lei che era
stata snella e slanciata nella sua
giovinezza,finì con essere presa
dall’ingordigia per il cibo e , con volgare
richiamo al suo passato piuttosto
chiacchierato, piuttosto chiacchierato,
venne da qualcuno definita uno “stramasso
desposà “.
Ed ella era diventata così prigioniera del
cibo che usava nascondere fette di polenta
calda tra gli abiti in prossimità del seno in
modo da poterla mangiare anche quando
era per la strada od in gondola. Ma quella
del mangiar polenta nascosta tra gli abiti
era usanza diffusa tra i nobili
“barnabotti” ,come erano definiti i nobili
decaduti , ed origine di celie d parte dei
gondolieri. E quando, mentre il fumo le
usciva dal seno, un gondoliere le chiese
ironicamente , con evidente allusione ad
altro che alla polenta , se fumava , ella
ritrovò lo spirito dei suoi vent’anni e rispose
con quella ironia di cui era ancora capace.
Ma” la biondina in gondoleta “ non sarà mai
l’inno del Veneto e non solo perché il
cognome dei Querini ricorda come la storia
di Venezia sia figlia della storia di Roma,
ma perché si vogliono inni di battaglia e
non le dolci ed eterne parole di un
innamorato.
Edera Rossa
Un Inno per il VenetoEdera Rossa
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Sono passati 240 anni dal disegno di legge
di Thomas Jefferson, autore della
Dichiarazione di Indipendenza Americana,
sulla libertà religiosa (1779), eppure il tema è
sempre di estrema attualità. Dopo i tragici
accadimenti dell’11 settembre a New York,
ha addirittura assunto dimensioni che
iniziano a lanciare segnali preoccupanti.
Il mondo sembra stia precipitando di nuovo
nel medioevo: crociati e arabi, papi (nel
senso di plurale di Pontefice… questa volta
Silvio non c’entra) e mullah, monarchi
timorati di Dio (si.. del Dio denaro) e sultani.
Personaggi che si pensava sepolti dal tempo
e condannati dalla storia, stanno
riemergendo: personaggi dagli inquietanti
baffi ottocenteschi che minacciano di
bruciare il Corano, altri che lavando
abilmente i cervelli delle persone creano
bombe umane con la promessa,
vannamarchiana, di paradisi celestiali dove
potranno ricomporre i brandelli delle loro
carni saltate in aria insieme ad altri innocenti
in nome di chissà quale entità astratta, figlia
di credenze e di superstizioni mai superate.
Ma cosa deve fare uno Stato, un Governo
Liberale? Alimentare le tensioni? Negare la
libertà religiosa di chi crede in un Dio diverso
dal proprio? Cercare lo scontro? Non
tollerare? Oppure integrare, permettere, dare
spazio, al fine di non creare occasioni di
rivolte o di odio piu’ o meno strisciante?
Jefferson, citato all’inizio, ben 240 anni fa,
fondando le basi della democrazia
americana, si pose il problema e, nonostante
il notevole lasso di tempo trascorso, i suoi
scritti risultano ancora utili per riflettere e,
perché no, emulare la sua visione delle
cose.
Per esempio, quando dice “costringere un
uomo a finanziare la diffusione di idee alle
quali non crede e che detesta è cosa
malvagia e tirannica”, non sembra parlare
del concordato e dell’8 per mille prelevato da
tutti i contribuenti, atei, buddisti, mussulmani,
cattolica? Egli aggiunge: “Noi, Assemblea
generale della Virginia, stabiliamo che
nessun uomo può essere costretto a
frequentare o finanziare qualsiasi culto,
luogo o ministro religioso…”.
Sempre nello stesso documento ho trovato
questo interessante passo: “le opinioni
degli uomini non sono materia del governo
civile, né sono sotto la sua giurisdizione.
Permettere che l’uomo politico estenda i
suoi poteri fino al campo delle opinioni…
omissis…. è un errore pericoloso”.
Insomma, Corano, Moschee da costruire,
immigrazione, cittadinanza, terrorismo,
sicurezza, globalizzazione, e tante altre
parole che sentiamo ogni giorno, nei
confronti delle quali talvolta si danno giudizi
o impressioni superficiali e di chiusura.
Fermiamoci, riflettiamo, rileggiamo
qualcosa di ciò che grandi personaggi della
storia, come Jefferson appunto, ci hanno
lasciato e vediamo se, prima di prendere
decisioni o posizioni troppo facili, non sia
invece il caso di rifletterci, affinchè il
mondo, non torni indietro.
Aleveievic
11 Settembre 2010
Coccodrilli piangono e le redazioni sono
navigabili solo col gommone.
L’altro, quello di cui non mi sfugge il nome
perché ho rifiutato di memorizzarlo, medita
fuochi di carte .
Il sol dell’avvenire riscalda con i suoi tiepidi
raggi quest’umanità dolente e recitante, e
forse nulla si chiede circa il senso del suo
dono.
Scialo insensato, involontario, casuale.
Darsi senso è la fatica più estenuante e
spesso il suo frutto non soddisfa il
cercatore più esigente.
Il senso collettivo, quello proposto dai
dai grandi sistemi, vacilla e suggerisce più
nausea che sollievo.
Commemoriamo l’attacco alle Torri.
Senza retorica per favore.
Noi facciamo così, ogni tanto uno
sterminio per affermare una posizione con
la forza, e non ci curiamo neppure di
renderlo leggibile, nelle intenzioni, questo
sterminio.
Uno sterminio per tutti i gusti, per ogni
lettore di stermini, uno sterminio equivoco
che serva al caso ed al bisogno.
Qualcosa di flessibile, retorico, utile,
manovrabile, eccitante.
Un silenzio per uno sterminio?
Non basterebbe.
Equivoco anche questo.
Vorresti forse che l’oblio ti soccorresse
nella superflua ricerca del motivo?
Tarallucci e vino e pazienza che qualcuno
abbia preferito il volo alle fiamme.
Chissà cosa attraversava il cervello del
suicida durante l’interminabile volo giù
dalla Torre: che senso ha imparare a
volare un attimo prima dello schianto?
Giù verso il termine che non è il nostro
termine, soltanto il capriccio di un caso che
non è il nostro caso.
Il nostro volo dalla torre è un dettaglio
senza relazione col senso.
Dunque se ci fosse qualcosa da
commemorare, questa sarebbe la
sparizione del senso.
Chi l’ha visto mentre fuggiva?
Qualcuno l’ha interrogato prima che
sparisse?
Abbiamo fatto in tempo a rimproverargli
l’intenzione dell’abbandono?
Pare che qualcuno l’abbia udito
mormorare disgustato: con questi interpreti
meglio partire , spazzato il pattume forse
ripasserò.
Urgente – cercasi commediografo e
capocomico.
Quello che si sobbarca, non vale niente.
Ma non s’era detto, senza retorica?
Tu l’hai detto smemorato.
Oggi sono di buonumore.
Assurbanipal
La libertà religiosa come scudo alle guerre santeAlexeievic
Retorica, lacrime e senso.Assurbanipal
1
Quando si parla di "conservatorismo"
bisognerebbe prima intendersi sul
significato che si dà al termine in questione.
In Italia si è tornati a parlare di conservatori
con la nascita di Alleanza Nazionale, dopo
che per molti anni l'interesse per la destra
politica riguardava quasi esclusivamente le
correnti più radicali del neofascismo. Uno
dei pochi libri conservatori scritti in lingua
italiana, "Il manifesto dei conservatori" di
Giuseppe Prezzolini, venne in quegli anni
ripubblicato da Mondadori, con
un'interessante prefazione di Sergio
Romano volta a riattualizzarne il messaggio
(scorrettissimo per i palati contemporanei).
Detta in poche parole, Romano spiegava ai
lettori che i conservatori italiani in un paese
in cui non c'era nulla da conservare,
dovevano farsi rivoluzionari come lo fu a
suo tempo la destra storica. E che
avrebbero dovuto metter mano alle riforme
economiche realizzate in Occidente da
Ronald Reagan e Margaret Thatcher.
Quelle riforme liberiste che, secondo
Romano, avrebbero riaffermato il principio
conservatore dell'ineguaglianza e decretato
il prevalere dei migliori sui peggiori seppur
su basi economiche.
Questo scivolare del conservatorismo nel
liberismo non è avvenimento degli ultimi
anni, ma è databile già dai primi del
Novecento, quando i tories inglesi furono
costretti a far lega con i liberali nel partito
"unionista" per fronteggiare l'arrembante
laburismo. Da allora i partiti conservatori
hanno progressivamente abbandonato la
visione anticapitalistica che li caratterizzava
nell'Ottocento, diventando dal "partito della
reazione" il "partito dello status quo
(liberale)". Pur essendovi una bella differenza tra
l'identificarsi in un'aristocrazia rurale e poi
passare a difendere quella bancaria, per
molti versi negazione della prima, nel
secolo scorso i partiti conservatori sono
stati costretti a barcamenarsi tra due spinte
diverse e contraddittorie: da un lato favorire
il mercato e assicurare il rigore economico,
dall'altro mantenere in essere gerarchie e
tradizioni consolidate. La contraddizione
stava nel fatto, che si farà evidente sempre più
col passare dei decenni, che il mercato favoriva
l'abbattimento di quei valori tradizionali e di
quelle gerarchie sociali che gli stessi
conservatori si preoccupavano di difendere
dall'arrembante individualismo. Ad ogni modo,
un Churchill, un De Gaulle e un Eisenhower, un
Franco, hanno in via assai diversa
rappresentato questo genere di
conservatorismo. Fino al Sessantotto.
Il Sessantotto ha comportato per l'Occidente
una rivoluzione sociale e culturale che ha posto
i conservatori prima sulla difensiva (Goldwater)
e poi dinanzi ad un bivio: accettare il fatto
compiuto limitandosi ad un approccio
economicistico, oppure farsi carico della
scomoda etichetta di "reazionari" per
riaffermare ciò che la rivoluzione sessantottina
aveva definitivamente messo fuori gioco.
Questa divaricazione in ambito conservatore la
si può riscontrare pienamente negli USA
durante la presidenza Reagan. Nel reaganismo,
frutto maturo del goldwaterismo, erano presenti
due posizioni assai diverse: quella economica
libertaria, che ebbe in Europa un contraltare
nella Thatcher, decisa a mettere in soffitta il
socialismo, e quella culturale-religiosa,
antisessantottina, che nel Vecchio Continente
non riuscì mai ad affermarsi per via
dell'avanzata secolarizzazione dei nostri paesi.
Tutto ciò, è bene rimarcarlo, non impedì alle
"nuove destre" di mantenere ottimi rapporti con
le destre vecchie, autoritarie e/o razziste
(Pinochet, Contras, segregazionisti sudafricani),
nell'ambito della lotta al comunismo.
Dopo l'89, invece, con l'avvento negli USA di un
presidente tecnocratico quale George Bush, il
conservatorismo mutò pelle ergendosi a
difensore del Nuovo Ordine Mondiale che
decretava la fine della storia con la vittoria delle
democrazie liberali. La tesi di Fukuyama,
all'epoca erroneamente giudicata
"conservatrice",di fatto fece da battistrada al
neo-liberalismo progressista dei Clinton e Blair,
i quali furono piuttosto conservatori sul piano
economico, mantenendo però l'approccio
radicale delle nuove sinistre,
istituzionalizzandolo. Per cui, se sul piano
economico gli anni novanta hanno
rappresentato la normale prosecuzione del
reaganismo, su quello sociale hanno
spazzato via del tutto quelle forme di
opposizione alla nuova cultura radicale di cui
gli stessireaganiani erano stati fieri
oppositori. Ciò ha portato in ambito
conservatore ad uno scisma tra i
neoconservatori, culturalmente liberali, e i
paleoconservatori, spinti loro malgrado sul
fronte reazionario.
L'esempio più tipico di questo spostamento a
sinistra del conservatorismo americano lo si
ebbe con la glorificazione di Martin Luther
King e di Nelson Mandela, icone della
sinistra radicale, e contemporanamente con
il silenzio mortificato nei confronti della
destra anticomunista degli anni sessanta,
dalla John Birch Society a Goldwater a
Wallace agli stessi tradizionalisti alla Kirk.
Questa è la ragione per cui, mentre i
neoconservatori si daranno da fare, durante
Clinton e anche dopo, per affermare i valori
del capitalismo democratico attraverso le
guerre "giuste" contro nazicomunisti serbi e
islamo-fascisti (da notare come i neocons
abbiano adottato consapevolmente un
linguaggio mutuato dalle sinistre più o meno
radicali), i paleoconservatori rivolgeranno le
loro attenzioni unicamente alla politica
interna lanciandosi in battaglie culturali
contro un establishment di sinistra e di
destra, data la comune formazione "radicale"
delle forze politiche di governo (in America,
Democratici e Repubblicani).
Anche se numericamente assai minoritaria la
guerra culturale paleoconservatrice ha
mantenuto uno sbocco più moderato nel
conservatorismo americano mainstream
(mentre resta totalmente assente in Europa),
in quei settori eredi del reaganismo, vale a
dire i conservatori libertari e la destra
religiosa, che la stampa di sinistra bolla
sdegnosamente come "ultradestra" essendo
ormai la destra istituzionale rappresentata
dalla vecchia sinistra liberal che nel Nuovo
Ordine Mondiale intende "conservare" le sue
vittorie conseguite ai danni della vecchia
destra: pluralismo liberale ed egualitarismo
democratico su tutti.
Florian
PoliticaPoliticaPaleoconservatorismo e pseudo conservatorismoPerchè i conservatori non sono più gli stessi
Florian
1
Ci sono giorni in cui certe cose ti fanno
male: come accade al solito in queste
occasioni non si tratta mai di osservazioni
chiare e lampanti a tutti, ma di piccoli
particolari, sovente sfuggite ai più, che ti
fanno aprire gli occhi su come è ridotto il
nostro paese....e allora veniamo al mio, di
particolare: stamattina stavo guardando il
servizio del TG1 sulla visita di Gheddafi a
Roma: solita leccata di culo al nano e di
rimando elogi al presidente libico e alla sua
politica, ma questo me lo aspettavo, ciò che
non mi aspettavo, o perlomeno non mi era
chiaro fino in fondo, è che effetto mi
avrebbe fatto il servizio sulle hostess. Il
giornalista, uno dei soliti servi di cui
neanche ricordo il nome, intervista una di
loro: una bella ragazzotta bruna con un
vestitino che mette in risalto la scollatura
pronunciata, non avrà neanche 20 anni.
Tiene sotobraccio il famosissimo "glorioso
Corano", che probabilmente non sa
neanche cos'è, regalo del Leader in
persona. Domanda del giornalista: "ma che
tipo è Gheddafi?". La ragazza, con l'aria
della classica t..... svampita tiratissima a
lucido risponde "mmmm, è un uomo
mooooolto carismaticoooooooo!!!".
Pare che questa ragazza faccia parte di un
ristretto gruppo di hostess italiane (quelle
che si "sono maggiormente messe in
mostra con il Leader","come afferma
sornione Repubblica, del genere non ho
detto nulla ma si è capito tutto) che
visiteranno ben presto Tripoli (Gheddafi ne
ha preso personalmente i nomi) e che
incontreranno di nuovo il presidente
libico.....a fare cosa, vi chiederete? Beh,
non so voi ma io, dopo gli scandali sessuali
che hanno coinvolto il nostro caro
presidente, in cui sono coinvolte le stesse
tipologie di ragazze, ho pochi dubbi.
Sinceramente tutto mi aspettavo, ma non
che fossimo scesi così in basso: l'Italia,
paese con millenni di storia, grazie a
Berlusconi e al suo malgoverno è diventata
una riserva di caccia per ricchi
puttanieri...ma cosa ne è rimasto della
dignità della donna? Possibile che nessuna
donna dica niente, che non si scandalizzi di
fronte a questo orrendo spettacolo? La
Carfagna, ministra della pari opportunità
non protesta di fronte ad un paese
trasformato in un harem per il ricco
sultano? Vabbè, ma che vuole dire...
Il mondo ride di noi, l'Europa grazie a
queste pagliacciate che risuonano nei
media di tutto il mondo ci considera alla
stregua della Romania e dell'Ucraina: un
paese di puttane, dove vai per inzuppare il
biscotto e basta....l'unica differenza fra il
nostro paese e i due che precedentemente
ho citato è il prezzo: lì le puttane costano di
meno, qua di più. Ma, cari puttanieri di tutto
il mondo, non disperate: con la crisi
economica che c'è il prezzo ben presto
scenderà, e finalmente potrete permettervi
una puttana italiana anche voi.
Sapete? Alcuni pensano che questo
governo sia fascista: beh, io non la penso
così. Il fascismo almeno aveva l'amor di
patria, e non avrebbe mai consentito che
un beduino effettuasse una compravendita
di donne italiane come fossero cammelli.
No, questo governo non è fascista, nè
comunista, nè niente: è solo un governo di
delinquenti che venderebbero anche la
mamma per fare soldi....è questa l'unica
categoria che mi sento di affibbiare a
Berlusconi e ai suoi, ogni altra categoria
politica è sprecata.
.
Matrix80
La riserva di caccia del beduinoMatrix80
1
La necessità di intervenire legislativamente per
contenere il tempo del processo è antica, ma
ha assunto, negli ultimi anni i connotati di una
tragedia che, allo Stato Italiano costa in termini
di penalità (richiami e multe ad opera della
UE).
Per risolvere il problema dei tempi del processo
penale, il Governo decise di intervenire
riordinando la materia stabilendo certezza nei
termini della varie fasi processuali. Va
precisato però che, un tentativo di risoluzione
venne anche dal precedente governo Prodi. La
senatrice Finocchiaro presentò nel 2006 un
DDL dai contenuti analoghi a quello riproposto
dal Governo Berlusconi.
Il problema si affronta per gradi.
Innanzitutto l'obbiettivo è quello di soddisfare la
domanda di giustizia dei cittadini Italiani in
tempi ragionevolmente brevi. Sei anni sono
ancora troppi secondo il mio punto di vista.
A tale proposito vale la pena di ricordare agli
smemorati che a causa dei tempi eterni della
giustizia molti processi per reati che hanno
visto e vedono imputati personaggi legati alle
grosse organizzazioni criminali (mafia,
camorra, 'ndrangheta, sacra corona unita etc...)
sono stati e continuano ad essere oggetto di
prescrizioni dovute proprio alla inerzia della
magistratura. Il lungo elenco è pubblicato su
internet. Alcuni di questi, gli ultimissimi casi, li
abbiamo divulgati anche nel forum.
Esito fatale di quei processi: estinzione del
procedimento e liberazione dei pericolosi
detenuti.
Il bilancio tra i procedimenti che inevitabilmente
finiscono nel cestino dei rifiuti oggi, rispetto a
quelli soggetti a prescrizione secondo il DDL
presentato alla camera pende a favore del
DDL, ovvero i procedimenti che si estinguono
con il Disegno di Legge presentato sono di
gran lunga inferiori a quelli estinti a causa dei
tempi lunghi. Solo che la gran cassa degli
oppositori fa più rumore in quanto il DDL
invece che diluirli nel corso del tempo li
concentra in una tornata.
L'impatto fa rumore solo apparentemente.
Molto più rumore cagiona (e non certo
apparente) il danno provocato alla società dalle
responsabile e delle prove del crimine in
tempi rapidi, nel processo penale, è
imposta dalla esperienza.
L'esperienza è codificata. La dottrina (ma
su questo anche la giurisprudenza è
concorde) ritiene che il decorso del tempo
attenui l'interesse dello Stato ad accertare
il reato e persino ad eseguire la pena.
Questo interesse "diminuito" è determinato
dallo svanire del ricordo del fatto. Quando
poi l'istruttoria non abbia avuto luogo
oppure non si sia giunti alla sentenza
definitiva di condanna, sorgono, con il
trascorrere del tempo, gravi difficoltà per la
raccolta del materiale probatorio, per
scomparsa dei testimoni, delle tracce del
reato etc...
Questi sono i motivi in cui risiede il
fondamento dell'istituto della prescrizione.
Sebbene le norme che regolano i tempi
esistono già nel codice di procedura
penale, si tratta di disciplinare
armonicamente le nuove norme del DDL
con quelle esistenti.
Qualora si riscontri una "difformità" che
possa in qualche modo compromettere il
termine dei due anni, si renderà
necessaria una indicazione del legislatore
che restringa, sempre rispettando i principi
di garanzia costituzionalmente previsti, le
possibilità del rinvio, oppure, viceversa,
laddove questa strada non sia percorribile,
si dovrà prevedere eccezionalmente una
sospensione dei termini onde impedire che
il decorrere del tempo esponga inutilmente
al rischio prescrizione il procedimento in
corso.
Attenzione però l'eccezionalità dovrà
essere reale e dovrà essere dimostrata
perche venga resa operante una simile
deroga al principio generale sancito dal
DDL.
A fondamento delle ragioni del DDL c'è il
diritto degli Italiani ad avere una risposta in
“terminis” alla domanda di giustizia. Nel
senso anzidetto, andrebbero imposti
vincoli al pm in ordine alla iscrizione nel
registro delle notizie di reato. Siamo nella
prescrizioni dovute alla incapacità, inerzia o
ad altro, dei funzionari della giustizia che,
adottando tempistiche bilbiche provocano la
prescrizione dei reati, soprattutto quelli più
gravi (che invece nel DDL sono avulsi dal
provvedimento).
La necessità del legislatore di occuparsi
della risposta di giustizia in tempi brevi è
divenuta ineludibile. I tempi che viviamo ci
consegnano tutta la tecnologia di cui
abbiamo bisogno per adeguare i tempi della
giustizia al civile vivere moderno del terzo
millennio. La giustizia attuale, è quella del
primo millennio.Esiste poi il limite della
tipologia dei procedimenti soggetti alla
prescrizione prevista nel DDL. Quel limite è
contrassegnato dalla pena edittale ma anche
dalla gravità di reato.
Per addivenire ad un chiarimento sulla
necessità della prescrizione formale,
dobbiamo analizzare, in via generale, i
passaggi centrali di un procedimento penale
tipico.
Il reato viene commesso e portato a
conoscenza della AG. L'AG inizia le indagini.
L'AG individua il responsabile. L'AG conduce
il responsabile davanti al giudicante che lo
assolve o lo condanna con sentenza entro
due anni. L'Autorità Giudiziaria Inquirente, il
PM con l'ausilio della PG, deve reperire le
prove nell'imminenza del fatto-reato. Questo
significa che la sua indagine deve realizzarsi
a 360°. L'imminenza del fatto, e questa è
una regola che la magistratura requirente
conosce benissimo (a meno che non sia
uscita dai concorsi truccati e quindi non sia
"praticona") è determinante per rintracciare e
conservare le prove.
Il procedimento penale è fondato sull'onere
della prova che il PM deve recuperare nei
tempi prossimi al "commissi delicti". Sulla
base dei riscontri probatori e della
individuazione del presunto responsabile il
PM chiede il rinvio a giudizio. Il dibattimento
che seguirà condurrà alla soluzione del
giudizio: colpevole o innocente.
La necessità di effettuare la ricerca del
responsabile e delle prove del crimine in
Sul cd. "Processo Breve"Edmond Dantes
1
Lo chiedono i cittadini Italiani, lo chiede
l’Unione Europea, lo chiede la ragione del
diritto ed in questo senso lo invoca l’auspicato
allineamento garantista dell’ordinamento
istituzionale repubblicano a quello che
normalmente viene chiamato “giusto
processo”.
Edmond Dantes
. Lo scopo è chiaro. Eludere il termine riferito
alla chiusura delle indagini per investigare sul
cittadino “ad libitum” Non v’è da aggiungere
altro.
In conclusione possiamo senz’altro auspicare
che il DDL che disciplina il cd. “processo
breve” possa riprendere il proprio cammino
legislativo e possa trovare la luce entro l’anno.
nel registro delle notizie di reato. Siamo nella
fase delle indagini preliminari.
E' invalso l'uso da parte di moltissimi pm, di
non indicare il nominativo dell'indagato in quel
registro e ciò al fine di evitare il decorrere del
termine (di regola sei mesi) entro il quale lo
stesso pm deve decidere se esercitare
l'azione penale, chiedere l'archiviazione o
chiedere la proroga delle indagini
Sul cd. "Processo Breve"Edmond Dantes
1
(segue dalla prima)
Leggiamo dal Giornale di oggi:
"È sempre più difficile vedere il presidente
egiziano Hosni Mubarak in pubblico”.
L’anziano faraone, dicono i giornali
indipendenti egiziani, sarebbe infatti
gravemente malato. Anche per questo
Washington ha fretta di portare palestinesi
e israeliani alla pace. Da anni, Mubarak è
mediatore importante tra i due attori del
conflitto e tra fazioni palestinesi rivali.
L’Amministrazione americana predilige una
soluzione regionale, non soltanto locale, e il
coinvolgimento di Mubarak è dunque
fondamentale. La sua scomparsa
creerebbe nell’area una pericolosa
instabilità. E forse il vecchio rais ha voluto
dare un segnale sulla sua successione
portando a Washington nella sua
delegazione anche il figlio Jabal.
Se la notizia fosse fondata (e il dubbio che
lo sia è alto, anche tenendo conto che
Mubarak è assai anziano, avendo compiuto
già ottantadue anni), si potrebbe
aggiungere un altro elemento di instabilità
nell'area vicino orientale.
Mubarak è a capo del governo egiziano da
quasi 30 anni e ha saputo, sebbene con
tutti i limiti e le ombre che una satrapia di
così lunga durata inevitabilmente si porta
(corruzione, nepotismo, etc...), tenere un
paese considerato fondamentale per la
stabilità in Medio Oriente.
E nel tempo, come dice anche l'articolo, si
è ritagliato un posto di rilievo nei rapporti
con e tra le fazioni palestinesi che operano
nei territori, soprattutto a Gaza.
Gaza, infatti, ha un varco, semi ufficiale,
con l'Egitto da cui passano generi di
conforto e medicinali (Israele da tempo
sospetta che da lì passino anche le armi,
almeno quelle leggere,x Hamas).
E sempre Gaza è oggi la polveriera che
potrebbe far naufragare i colloqui ora in
corso.
Giungere a una pace credibile e duratura
significa isolare e soffocare dal punto di vista
popolare e diplomatico Hamas e ogni altra
milizia che predichi la distruzione di Israele.
Il cerchio potrà essere stretto solo da
personalità in grado di farsi ubbidire dalle
popolazioni, specie quelle confinanti con i
territori palestinesi.
Di Hosni Mubarak (forse) ci possiamo fidare.
Di altri, non si sa. Speriamo quindi che la
sua salute sia meno cagionevole di come ce
la riporta l'articolo.
Eric Draven
Solo una netta presa di posizione della
Lega Araba potrebbe indurre i palestinesi a
più miti consigli e soprattutto ad accettare
le decisioni che (si spera) saranno prese
nei vertici tra Abu Mazen e Netanyahu.
E qui tornerebbe in gioco il ruolo dell'Egitto,
poiché la Lega Araba ha sede al Cairo.
Il prestigio di Mubarak all'interno della Lega
Araba è sempre stato altalenante: fu lui a
far riammettere l'Egitto alla Lega nel 1989,
dopo che il trattato di pace firmato anni
prima da Sadat era costato alla nazione
delle piramidi una sospensione (atto mai
preso prima e mai più preso in seguito
avverso un paese membro della Lega), ma
si sa come negli anni '90 la sua presa
carismatica subì un certo declino a causa
della sua politica non ostile agli USA.
Sicuramente ancora oggi l'Egitto è
considerato un paese molto impegnato nel
trovare una soluzione alla questione
palestinese e gli stessi USA considerano
Mubarak un interlocutore rispettabile e
affidabile, quindi non facilmente sostituibile.
Anche se Mubarak riuscisse a farsi
succedere dal figlio Jamal, così come
lascia intendere l'articolo, non è detto che il
figlio abbia l'ascendente necessario sui
vertici palestinesi e della Lega Araba per
far accettare alla parte musulmana un
eventuale accordo di pace, che
inevitabilmente dovrà passare da un
esplicito impegno da parte musulmana a
riconoscere l'esistenza dello stato
israeliano.
Qui è la chiave, almeno per quel che
riguarda, la posizione musulmana. Le
odierne minacce di Hamas fanno capire
come nell'ala oltranzista del mondo
musulmano l'idea di accettare Israele non
piaccia per nulla.
Israele-Palestina. Il rischio egiziano.Eric Draven
Esteri
1
Nel momento in cui mi accingo a scrivere queste poche righe Sakineh Mohammadi Ashtiani è ancora viva. Classe 1967, due anni meno di me,
potremmo essere facilmente sorelle.
Non oso pensare al suo personalissimo inferno, non posso non pensare alle torture che sicuramente ha subito, siano 99 a 198 frustate, so che è una
delle tante e troppe donne che sarà assassinata in modo barbaro. A colpi di pietra, soffrendo.
Forse la mobilitazione internazionale fermerà le pietre. Ma per una donna che viene salvata altre vengono brutalmente uccise senza clamore,
In Somalia il 27 Ottobre 2009 Aisha Ibrahim Duhulow è stata lapidata a morte da un gruppo di 50 uomini. L'esecuzione è avvenuta presso lo stadio
della città di Chisimaio di fronte a circa mille spettatori. Aisha proveniva da un campo profughi Keniota, e al suo arrivo a Chisimaio era stata stuprata
da tre uomini, Rivoltasi per avere giustizia ai miliziani, era stata arrestata, accusata di adulterio e lapidata. I suoi stupratori vivono. Aisha aveva
confessato e fornito le prove dei suoi crimini ed ha ovviamente accettato felicemente la pena che le era stata inflitta secondo la legge islamica.
All’esecuzione erano presenti osservatori che hanno rilasciato ad Amnesty International il racconto di una bambina trascinata a forza nel luogo di
esecuzione e colpita dopo essere stata seppellita, La lapidazione si è interrotta brevemente per essere ripresa, dopo avere accertato che la bambina
fosse viva.; fatto ciò, la lapidazione è ripresa fino alla sua morte.
Fermiamo le pietre in qualsiasi modo. Anche firmando la petizione online per Sakineh.
http://www.petizionionline.it/petizione/salviamo-la-vita-di-sakineh-la-giovane-condannata-alla-lapidazione-per-adulterio/2023
Fulvia
Sakineh Mohammadi AshtianiFulvia
1
Chi non conosce Antonio Vivaldi? Chi non si
è mai imbattuto almeno una volta in vita sua
anche solo in uno dei movimenti che
costituiscono quei quattro concerti
universalmente conosciuti come “Le quattro
stagioni”, tratti dalla raccolta intitolata “Il
cimento dell’armonia e dell’invenzione”?
Oggi il nome di Vivaldi risulta quantomeno
familiare a chiunque, così come la sua
musica. Eppure molti non sanno che la
riscoperta della sua vasta produzione, la
quale ancora oggi pare non sia stata
totalmente recuperata, è cosa abbastanza
recente, come la sua ritrovata celebrità.
Dopo la sua morte infatti, avvenuta a Vienna
in circostanze misteriose e della quale
nessuno, in quel 1741, fece caso, la musica
(e il nome) del compositore e sacerdote
veneziano Antonio Vivaldi rimase per più di
un secolo sepolta sotto la polvere delle
biblioteche, al contrario di quanto accadde
negli anni in cui la sua attività di
compositore, violinista, direttore d’orchestra
ed insegnante fu apprezzata in tutta Europa.
Già durante gli ultimi anni di vita il suo nome
venne scalzato da quelli dei più giovani e
“moderni” Tartini, Locatelli e Pergolesi.
Il merito di questa riscoperta si deve
indirettamente al celebre compositore
tedesco Felix Mendelssohn (1809-1847), il
quale, dopo aver trovato quasi per caso in
una biblioteca l’ormai dimenticata partitura
della “Passione secondo Matteo” di
J.S.Bach, diede inizio a quella che viene
definita la “Bach-Renaissance”.
Ed è proprio grazie a quest’ultima che gli
addetti ai lavori si imbatterono nel nome di
Vivaldi, in quanto dopo il recupero delle
partiture del maestro di Eisenach, fu subito
evidente, soprattutto dopo il rinvenimento di
numerose trascrizioni di diversi concerti
vivaldiani, l’influenza esercitata dal “prete
rosso” sul sommo compositore e organista
tedesco.
All’inizio si credette che le partiture delle
opere di Vivaldi fossero andate perdute. Poi
alcuni studiosi curarono le prime edizioni
pratiche di alcune opere vivaldiane basate
Nell’autunno di quell’anno il rettore del
collegio salesiano di San Carlo di San
Martino Monferrato si rivolse alla biblioteca
torinese affinché quest’ultima valutasse
l’ipotesi di acquistare una collezione
musicale che i salesiani volevano vendere
per poter così recuperare i fondi per i lavori
di restauro dello stesso collegio. I salesiani
ricevettero in dono tale collezione dagli
eredi di un certo marchese Marcello
Durazzo. La famiglia Durazzo, genovese, è
rinomata in ambito musicale grazie al
marchese Giacomo, il quale fu non solo un
eccellente organizzatore musicale, ma
anche colui che permise a Gluck e al suo
librettista Calzabigi, di far rappresentare per
la prima volta l’“Orfeo” nel 1762. Tuttavia il
marchese cadde in disgrazia, a causa di
una sua irrefrenabile abitudine ad
intrattenere frequenti rapporti “galanti” con
cantanti e ballerine che gli costavano un
occhio della testa. Ciononostante riuscì a
cadere in piedi. Nel 1765 venne inviato a
Venezia in qualità di ambasciatore
austriaco ben stipendiato. Nella città
lagunare egli si dedicò all’attività di
collezionista, rifornendosi all’Ospedale della
Pietà dove Vivaldi, come sappiamo, aveva
prestato servizio per circa quarant’anni.
Gentili intuì subito l’importanza di ciò che gli
capitò tra le mani e si mise subito alla
ricerca di un mecenate disposto ad
acquistare la collezione per farne poi dono
alla biblioteca. Si fece avanti il banchiere
torinese Roberto Foà, il quale effettuò le
operazioni di acquisto e donazione il 23
marzo del 1927 in memoria del figlio
Mauro, morto in tenera età.
Studiando meglio le partiture, Gentili si
accorse che esse erano incomplete,
mancavano cioè diverse pagine. Con Torri
decise allora di intraprendere una ulteriore
ricerca, probabilmente molto più laboriosa
della prima. Si misero così a ricostruire
l’albero genealogico della famiglia Durazzo,
un lavoro certosino che li portò ad
imbattersi in un vecchio misantropo, tale
Giuseppe Maria, nipote di quel Durazzo da
cui provenivano i manoscritti del collegio
salesiano.
Antonio Vivakdi
però su trascrizioni piene zeppe di aggiunte
e errori. Ma almeno queste edizioni ebbero
il merito di aver reso noto, a molti violinisti
dilettanti, la musica e un primo accenno
dello stile del maestro veneziano.
La vera svolta si ebbe negli anni 1926-
1930, quando si riuscì a mettere le mani su
una imponente collezione di musiche prima
di allora sconosciute. La storia di questo
rinvenimento è quasi un piccolo romanzo
che cercheremo qui, brevemente, di
riassumere.
I due studiosi che materialmente misero le
mani su questa collezione furono il direttore
della Biblioteca Nazionale di Torino, Luigi
Torri, e il titolare di Storia della Musica,
Alberto Gentili. La collezione comprendeva
300 Concerti, 8 Sonate, 14 opere complete,
5 volumi di composizioni vocali sacre e 2 di
composizioni vocali profane. La strada che
percorse questa collezione prima di
giungere nelle mani dei due studiosi fu
abbastanza tortuosa. Durante le guerre
napoleoniche l’orchestra di corte di Torino
fu costretta a lasciare la città piemontese.
Essa si trasferì, insieme alla corte, in
Sardegna. Non poterono però portarsi
appresso il loro imponente archivio
musicale che venne quindi nascosto. Lo
nascosero così bene che quando
ritornarono non riuscirono più a trovarlo.
Gentili ricercò questo archivio per decenni
e nel 1926 credette di aver finalmente
concluso questa estenuante ricerca.
Cultura
Le rinascita musicale del Prete Rosso- segue
Frescobaldi
1
Foà e a Renzo Giordano, e i volumi siglati
da un medaglione con l’effige dei due
bimbi. Tuttavia passarono ancora diversi
anni prima che la raccolta venisse
pubblicata, in quanto il vecchio marchese
Durazzo, nel suo testamento, ne dispose
l’assoluto divieto di pubblicazione e furono
dunque necessarie lunghe e laboriose
procedure statali e anche canoniche
affinché la clausola venisse rimossa.
Nel 1939 si poterono finalmente udire a
Siena le opere tratte dall’intera collezione
Durazzo durante la “Settimana Vivaldi”
organizzata dall’Accademia Chigiana
senese. Nei programmi di sala il
compositore veneziano veniva descritto
Nella sua disordinatissima biblioteca si
trovavano le partiture mancanti. Il marchese
Giuseppe Maria era tuttavia furioso nei
confronti dei salesiani che, secondo lui, non
avrebbero dovuto vendere quei manoscritti.
Alla fine, dopo pazienti trattative, il marchese
acconsentì alla vendita. Gentili intraprese
così, per la seconda volta, la ricerca di un
mecenate, ed anche questa volta ebbe
successo. Il fabbricante di tessuti Filippo
Giordano si dichiarò disposto a versare la
somma richiesta per onorare, scherzi del
destino, la memoria di suo figlio Renzo,
morto anch’egli, come il figlio di Foà, in
tenera età. Le due parti delle raccolte sono
da allora riunite a Torino, intestate a Mauro
come uno dei più grandi ma anche dei meno
conosciuti fra i musicisti del Settecento”. Da
allora il nome di Vivaldi iniziò ad essere
collocato accanto a quelli dei più grandi
compositori di sempre. Questa collocazione
non fu tuttavia unanimemente condivisa. Il
grande compositore russo Igor Stravinsky
infatti, definì Vivaldi un compositore che
scrisse centinaia di volte lo stesso concerto,
preferendogli di gran lunga Pergolesi. Non ci
sentiamo di condividere questo giudizio,
seppur espresso da una delle voci più
autorevoli della composizione musicale del
XX secolo, preferiamo modestamente
definire Vivaldi un antesignano del
minimalismo.
Frescobaldi
come “…uno dei
La rinascita musicale del Prete Rosso
Frescobaldi