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L'architetto Vezzosi, pratese doc, ha firmatole pianificazioni di Montepulciano, Montalcino, Scansano. E ora trasformerà Siena

di Cristina OrsiniI PRATO

Urbanistica e grandi vini. La tra-sformazione degli spazi, lo stu-dio della società e dell'econo-mia calate nei distretti nei qualisi produco i grandi rossi tosca-ni. Forse i più richiesti al mon-do. «Sì, ormai su questo argo-mento potrei scrivere un libro».Roberto Vezzosi , pratese doc,architetto urbanista, studio inpiazza San Francesco, sta perbuttarsi in un'altra avventurada portare a compimento conmappe, grafici, calcoli e tantoascolto. L'architetto prateseche ha anche seguito un proget-to europeo per la valorizzazio-ne dei paesaggi del vino nei sitiUnesco, ha firmato pochi gior-ni fa l'incarico per realizzare lavariante al Piano strutturale e ilPiano operativo (una volta sichiamava regolamento urbani-stico) di Siena. Un punto d'arri-vo, di sicuro.

L'apice di una carriera cheper uno strano gioco del desti-no ha portato Vezzosi, negli an-ni, a ridisegnare i territori diMontepulciano, dove si produ-ce il vino Nobile; di Montalcinola terra di sua signoria il Brunel-lo; di Scansano (Grosseto)l'area del Morel ino, di Greve inChianti, il cuore dei ChiantiClassico (passando per Ascia-no, Sovicille, Carrara con i pri-mi passi, urbanisticanrente par-lando, fatti a Poggio a Caiano eVernio). E ora Siena dovenell'hinterland si producono letre doc stellate (Brunello, Nobi-le, Chianti) e in città si fatica asuperare il disorientamentoprovocato dal crollo di quel pi-lastro - non solo economico -

che era Mps.«Fare l'urbanista - spiega Vez-

zosi - significa certo capire e im-maginare la trasformazione de-gli spazi, ma l'aspetto più affa-scinante è riuscire a mobilitarele risorse locali, che significa oc-cuparsi di antropologia, econo-mia, sociologia, ecologia conun dialogo costante con le isti-tuzioni culturali e le realtà delterritorio. Perché fare l'urbani-sta in qualche modo significa fa-re società».

Una passione che a Vezzosi èscoppiata seguendo il lavoro diBernardo Secchi che tra il 1993al 2000 ha rifatto il piano regola-tore di Prato e prima ancoraquello di Siena, già firmato, asuo tempo, da Luigi Piccinato(1899, 1983), un'altra star dell'urbanistica italiana.

«Come architetto non pensa-vo di diventare un urbanista -prosegue Vezzosi - anzi ho ini-ziato come designer di mobili.Evidentemente, però, la miastrada era segnata perché il pri-mo premio l'ho vinto creandoun calice per il Brunello». Segnidel destino. Che passo dopopasso l'ha guidato fuori dallemura della sua città per appro-dare in Val d'Orcia, patrimoniodell'Unesco, in Val di Chiana,nel Chianti e in Maremma. A fa-re i conti con una campagnache per bellezza e valore econo-mico ha pochi rivali.

«Stiamo vivendo e non solonelle aree di produzione deigrandi vini, una fase di ripopo-lamento delle campagne - spie-ga l'architetto - che al di là deiloro valore produttivo, hannoun valore aggiunto, sia in termi-ni ambientali, perché la terra la-vorata mette al riparo da rischi

idrogeologici, che in termini so-ciali perle competenze e le rela-zioni che sviluppano. Ho cono-sciuto molti giovani, anche lau-reati, per esempio, che alla finehanno aggirato la crisi dedican-dosi all'agricoltura e hanno avu-to soddisfazioni».

A ciascuna area vocata ai viti-gni corrisponde la giusta formu-la che armonizza terra e pianifi-cazione. Funziona così nei terri-tori del vino. «A Montalcino,per esempio, dove sono insedia-te grandi multinazionali del vi-no e che vive dinamiche globali- spiega Vezzosi - l'interventodell'urbanista è necessario per"A-umanizzare" i territori: lavi-gna è un investimento e tuttogli gira attorno. Quindi c'è ne-cessità di mettere in campomeccanismi che consentono aquanti non lavorano in quel set-tore di riuscire a comprare un li-tro di latte a un prezzo ragione-vole, di avere servizi di buon li-vello, stemperando i contrastitra area urbana e campagna».

Diversa la zona del Chianti:«Dove c'è una maggiore consa-pevolezza del valore del territo-rio e dove la popolazione chie-de con forza che il paesaggionon venga snaturato. Quest'esi-genza è stata raccolta da moltiproduttori, che passano a for-me di coltivazione più attente ea metodi biologici». A Monte-pulciano, l'area dei Nobile, una

parte dei guadagni ottenuti conla produzione del vino è statareinvestita sul territorio «anchein interventi che nulla hannoavuto a che vedere - dice Vezzo-si - col settore vinicolo: così ènata la tassa di scopo, con laquale si è recuperato il paesag-gio, si sono stati fatti importantirestauri e anche un plesso scola-stico comprensivo. "Il vino buo-no lo si fa in molte parti deimondo, mi disse una volta unvecchio presidente del Consor-zio, ma un paesaggio così cel'abbiamo solo noi"». Ecco, que-sta è la filosofia. Poi c' è Scansa-no «dove ci si è resi conto che laproduzione vitivinicola (il Mo-rellino) non può, da sola, garan -tire l'attrattiva del territorio».Ed ecco che entra in campo l'ur-banistica con i suoi rimedi.

C'è un'altra costante nella vi-ta professionale dell'architettopratese: di aver lavorato tantofuori, ma poco "in patria". «E'vero solo in parte - afferma -quando c'era in ballo la realizza-zione il polo espositivo nell'exBanci io e il mio staff abbiamofatto il progetto. D'altro canto ipiani sui quali lavoro me li sonoaggiudicati vincendo dei bandiche il Comune di Prato fa soloin parte perché utilizza le molteprofessionalità interne». Ma dabuon urbanista Vezzosi mantie-ne, anche nei confronti dellasua città, la capacità di "legge-

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re" i fenomeni che la agitano.«Si potrebbe dire che Prato serri -bra che non sappia fare i conticon la propria dimensione. Hastraordinarie qualità che nonriesce a raccontare. Non riescea fare una riflessione senza ca-dere nel pessimismo e nell'au-tocompiacimento o nella no-stalgia. Soprattutto non si ac-corge delle stupefacenti sorpre-

L'aspetto piùaffascinantedella mia

professione è riuscirea mobilitare le risorselocali che significaoccuparsi di economia,sociologia ed ecologia

se positive che riserva a chi in-vece la frequenta». Due le "mos-se" sulla scacchiera dello svilup-po del territorio che Vezzosi in-dica: «In un più equilibrato rap-porto con Firenze, Prato potreb-be diventare la sede ideale di al-cune funzioni che il capoluogogià congestionato e onnivoronon riesce a valorizzare». A par-tire dalla moda, ovviamente,

Prato sembranon sappia farei conti con le

proprie dimensioni. Hagrandi qualità chenon riesce a raccontaree cade nel pessimismoe nella nostalgia

ma anche per le grandi attrezza-ture di servizio e le istituzioniculturali. E poi lavorare per fardiventare Prato più bella. «Nonsi sale di rango senza che au-mentare la qualità dello spaziofisico e della vita degli abitanti,ma questo comporta un saltoculturale e un progetto di svi-luppo condiviso che si stentaancora a immaginare».

In alto l'architetto urbanista Roberto Vezzosi , ralascuolac> e. 3a , monca . e,no,asínis+r a vigneti