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In questo numero:
Editoriale p. 1
Dalle stelle alla stalla p. 2
La preghiera in S. Francesco p. 3
La Scuola di Formazione/3 p. 3
La nascita di un presepe p. 5
Meditazioni sulle beatitudini p. 6
Una testimonianza dal ritiro p. 7
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LA GIOIA DEL NATALE
Che la vita del prete sia feconda. Sì, fe-conda! Non solo che sia un buon prete che segue tutte le regole. No, no. Che dia vita agli altri! Che sia padre di una comunità. Un sacerdote che non è padre non serve. La paternità della vocazione pastorale: dare vita, far crescere la vita. E farlo con coraggio, con forza, con tenerezza.
Papa Francesco, Discorso alla comunità del Seminario Regionale Pugliese “Pio XI”, 10 dicembre 2016.
Carissimi, oggi celebriamo il Natale. È la
grande festa della nascita di Gesù Bambi-
no. Natale è la festa della vita che rispunta
sempre. Che non teme, che non si arren-
de. La vita che dà gioia. Ho letto questa
preghiera-augurio di Papa Francesco, che
riporto di seguito, e ho pensato di rimet-
terla nelle vostre mani. Trasformiamo
questi giorni di festa in giorni di incontro
con Dio che ci cerca e ci aspetta. Ralle-
griamoci della sua venuta, diamoci gli uni
gli altri la speranza che Lui ci dona. Strin-
giamoci mani sincere e forti di Dio. Aiu-
tiamo chi è caduto e chi è solo. Il Natale è
la festa del Verbo che si fa carne. È la
festa della Verità che è Gesù. Non saremo
mai sinceri e veritieri se non scopriremo
Gesù come Verità della nostra vita, cioè
come il senso del nostro esistere. Solo in
Lui troviamo pace. Non tradiamo Lui e
noi stessi nelle tenebre della ipocrisia,
della doppiezza e delle menzogne. Queste
sono ferite che fanno più male a noi che
agli altri, che pensiamo di ingannare. Sa-
pere di essere veri e in sintonia con la
volontà di Dio è la gioia più grande che
possa esserci e io la auguro e la invoco da
Dio per tutti voi in questo Santo Natale.
Auguri. Pace e Gioia per tutti!
Il Natale di solito è una festa rumorosa:
ci farebbe bene un po’ di silenzio per
ascoltare la voce dell’Amore.
Natale sei tu, quando decidi di nascere di
nuovo ogni giorno e lasciare entrare Dio
nella tua anima.
L’albero di natale sei tu quando resisti
vigoroso ai venti e alle difficoltà della vita.
Gli addobbi di natale sei tu quando le tue
virtù sono i colori che adornano la tua
vita.
La campana di natale sei tu quando
chiami, congreghi e cerchi di unire.
Sei anche luce di natale quando illumini
con la tua vita il cammino degli altri con
la bontà la pazienza l’allegria e la gene-
rosità.
Gli angeli di natale sei tu quando canti
al mondo un messaggio di pace di giusti-
zia e di amore.
La stella di natale sei tu quando conduci
qualcuno all’incontro con il Signore.
Sei anche i re magi quando dai il meglio
che hai senza tenere conto a chi lo dai.
La musica di natale sei tu quando con-
quisti l’armonia dentro di te.
Il regalo di natale sei tu quando sei un
vero amico e fratello di tutti gli esseri
umani.
Gli auguri di Natale sei tu quando per-
doni e ristabilisci la pace anche quando
soffri.
Il cenone di Natale sei tu quando sazi di
pane e di speranza il povero che ti sta di
fianco.
Tu sei la notte di Natale quando umile e
cosciente ricevi nel silenzio della notte il
Salvatore del mondo senza rumori ne
grandi celebrazioni; tu sei sorriso di con-
fidenza e tenerezza nella pace interiore di
un natale perenne che stabilisce il regno
dentro di te.
Un buon natale a tutti coloro che asso-
migliano al natale.”
don Cosimo
Una preghiera...
Per chi è tornato alla Casa del Padre:
Sabato 3 dicembre 2016 Doronzo Rosa Giovedì 15 dicembre 2016 Defazio Emmanuele
Giovedì 5 gennaio ore 19:30
Nella cattedrale di Trani VINCENZO, insieme ad un altro giovane
della nostra arcidiocesi,
SARÀ ORDINATO DIACONO
Per chi volesse partecipare con un pullman che parte dalla parrocchia può dare la sua adesione in segreteria
il sorriso di un bambino, l'amore delle persone che hai accan-
to, le bellezze del creato. Inoltre Padre Giuseppe ci ricordava
che “le beatitudini portano gioia, una gioia vera, una gioia
intima”, che "più forte e' la prova, più forte e' la beatitudine.",
e che ogni giorno della nostra vita dovremmo imparare a rico-
noscere Gesù negli altri. Infine, come ci invitava Padre Giu-
seppe , la nostra meditazione si è focalizzata su una testimo-
nianza concreta che ha lasciato un segno nella nostra vita
"spirituale". Ci siamo soffermati sulla figura di Don Salvatore
Mellone, presbitero per grazia di Dio, con cui alcuni di noi
hanno avuto la gioia di percorrere un
tratto di vita insieme. Nei giorni inten-
si del suo sacerdozio Don Salvatore ha
offerto in dono per gli altri la sua sof-
ferenza; la sua grande testimonianza di fede deve essere di
stimolo continuo per tutti noi. E le sue parole possono essere
di incoraggiamento per il nostro cammino: “Dio ci dice
"seguimi" al di là anche delle nostre qualità umane. Cioè lui
ci sceglie e dice: "Io ti voglio bene così per come sei. Segui-
mi, poi miglioriamo insieme, lo facciamo insieme un cammi-
no di conversione"… "Seguimi". Nonostante la difficoltà e la
pazienza che certe volte si può anche perdere. “
Buon cammino a tutti. Michele Lattanzio
Foglio interno di comunicazione — Anno IV n. 27, dicembre 2016
Per i bambini battezzati:
Domenica 4 dicembre 2016 Destefano Emily Giovedì 8 dicembre 2016 Del Grosso Gianluca Lombardi Miriam Patella Carlotta Domenica 11 dicembre 2016 Napolitano Maria Francesca Dibitonto Francesco Iodice Giada Cafagna Michele Domenica 25 dicembre 2016 Fascillo Alessia Caputo Sofia Scommegna Giovanni Pio Zingrillo Alessandro Cosimo Laporta Daniel
Grazie Signore...
LA BACHECA DEGLI AVVISI
Martedì 27/12 ore 19.45: Catechesi sull’ordine sacro del diaconato (don Francesco Nigro).
Mercoledì 28/12 ore 20.00: Festa di fraternità con Tombolata e Picozzo per le famiglie, adulti e giovani.
Sabato 31/12 ore 19.00: Santa Messa e Adorazione eucaristica di ringraziamento con il canto del Te Deum
Sabato 7/ 01 ore 19.00: Benedizione delle famiglie nel 5°, 10°, 15°, 20°, 25°, 30°, 35°, 40°, 45°, dal 50° in poi.
ore 20.00: CONCERTO NATALIZIO DEL CORO PARROCCHIALE
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Dalle stelle alla stalla Sono tanti i simboli del Natale: il presepe, l’albero, la
campana, le luci, la neve… e tra questi non possono mai
mancare le stelle, anzi, LA stella! Così abbiamo pensato di
vivere il nostro annuale ritiro d’Avvento per giovani, facen-
doci accompagnare delle stelle in un itinerario biblico che ci
ha condotti “DALLE STELLE ALLA STALLA”. Dopo un
congruo tempo per radunarci tutti (eravamo più di 300 tra
giovani e adolescenti della nostra Arcidiocesi… questo ha
portato qualche disagio, ma anche la bellezza dell’essere in
tanti!) e dividerci poi in due gruppi in base all’età, abbiamo
iniziato un momento di catechesi “sinfonica”. No… non è
stato suonato alcun strumento; “sinfonica” perché era una
catechesi a più voci.
I tre interventi prendevano il loro spunto da uno dei tre
passaggi biblici che avevano come filo conduttore proprio le
stelle: la promessa di Dio ad Abramo (Guarda in cielo e conta
le stelle, se riesci a contarle; Tale sarà la tua discendenza); il
profeta Baruc che contempla la chiamata delle stelle da parte
di Dio (Egli le ha chiamate ed hanno risposto: "Eccoci!", e
hanno brillato di gioia per colui che le ha create); i Magi che
seguono la stella… fino alla stalla (Al vedere la stella, prova-
rono una gioia grandissima). Così il nostro percorso di cate-
chesi partiva dalla PROMESSA
fatta ad Abramo e giungeva al
PROMESSO Gesù, nato a Bet-
lemme.
Al termine di questo momento
in cui i ragazzi hanno potuto
ascoltare diverse testimonianze (una coppia da poco genitori,
Mino della Comunità Papa Giovanni XXIII, un giovane uni-
versitario, una suora, due sacerdoti) è stato esposto il Santis-
simo per la preghiera e la riflessione personale. Durante lo
spazio dedicato alla preghiera io, con altri 6 sacerdoti, erava-
mo a disposizione per le confessioni dei ragazzi. Per me per-
sonalmente è stato uno dei momenti più alti di tutto il ritiro.
Ho potuto infatti ascoltare pezzi di vita di alcuni giovani che
sinceramente desiderano crescere nell’amore verso Dio e i
fratelli: quanta Grazia circola tra i nostri giovani! Perenne
meraviglia! Dopo aver celebrato solennemente la S. Messa
della prima Domenica d’Avvento ci siamo tutti riversati nel
cortile del Seminario Minore di Bisceglie (che ha ospitato il
nostro ritiro) per condividere panini, patatine, merendine,
qualche scambio di palla, una risata, uno scherzo, un passo di
danza… e per conoscere diversi ragazzi di altre comunità
parrocchiali o anche di altre città della nostra diocesi.
Intorno le ore 16 ci siamo poi divisi in gruppi (di una ven-
tina di ragazzi circa) per far risuonare fuori e dentro di noi
quello che avevamo vissuto durante la giornata. Come ho
scritto ai nostri ragazzi nel messaggio (atteso) serale:
“abbiamo vissuto una giornata piena, e non riempita!”. Gra-
zie al buon Dio che ci ha fatto inizia-
re il nostro tempo di Avvento in-
contrandolo insieme a tanti coeta-
nei… che camminano per sentieri
diversi, nella stessa direzione. don Claudio
Domenica 27 novembre si è
svolto il ritiro dei giovani a Bi-
sceglie e io con alcuni ragazzi del
gruppo giovani abbiamo parteci-
pato. La mattina verso le ore 9:00
siamo partiti dividendoci nelle mac-
chine con Roberta e Nicola, Vincenzo e don Claudio; quando
siamo arrivati a Bisceglie abbiamo trovato dei tavoli apparec-
chiati per la colazione e ci siamo subito affrettati ad iscriverci
perché c’erano anche molti altri ragazzi di diverse chiese.
Ognuno di noi ha avuto una stella colorata con scritta una
frase che doveva essere significativa per quella giornata, poi
ci siamo riuniti tutti in una stanza nella quale hanno lasciato
delle testimonianze 3 uomini: don Claudio, Mino e Stefano.
La testimonianza di Mino ad esempio è stata quella che ha
colpito la maggior parte di noi ragazzi perché lui si è sentito
chiamato dal Signore e ha aiutato molti ragazzi che come lui
stavano prendendo la strada della
droga e dell’alcool e infine Mino
ha detto che lui è molto fiero
quando racconta la sua storia ed è
felice di aiutare questi ragazzi.
Dopo una lunga pausa nella quale ci
siamo divertiti molto ballando e giocando tutti insieme ci sia-
mo riuniti in gruppi seguendo i rispettivi colori delle stelle
che ci erano capitate. Abbiamo letto ognuno la frase che era
scritta sulla propria stella, l’abbiamo commentata e poi l’ab-
biamo posizionata su un cartellone sul quale c’erano 3 diversi
spazi e quando abbiamo finito hanno fatto una breve riunione
di ringraziamenti. Penso che questa giornata sia stata molto
utile per tutti noi ragazzi e per questo ringraziamo molto don
Claudio e Vincenzo per la bella esperienza che ci hanno per-
messo di fare, ma anche Roberta e Nicola che si sono offerti
per accompagnarci. Mariagrazia Rizzi
La preghiera in S. Francesco Nel numero precedente del giornalino parrocchiale don Co-
simo, nel secondo punto del suo articolo, mise in evidenza l’im-portanza di incrementare sempre di più la vita spirituale anche tramite la preghiera. Nelle fonti francescane (2 Cel.) leggiamo: “Francesco trascorreva tutto il suo tempo in Santo raccoglimen-to, per imprimere la sapienza: temeva di tornare indietro se non progrediva sempre nella preghiera”. Infatti nella leg-genda maggiore leggiamo (F. F. 1176) “La preghiera era la sua consolazione, quando si dava alla contem-plazione, e quasi fosse ormai un cittadino del Cielo e un concittadino degli Angeli con desiderio ardente ricercava il suo Diletto, da cui lo separava soltanto il muro del corpo. La preghiera era anche la sua difesa, quando si dava all’azione, poiché, mediante l’insi-stenza nella preghiera, rifuggiva, in tutto il suo agire dal confidare nelle proprie capacità, metteva ogni sua fiducia nella bontà Divina, gettando nel Signore la sua ansietà. Tommaso da Celano nella seconda leggen-da scrive (F. F. 682): “Francesco quando pregava in luoghi soli-tari dialogava spesso ad alta voce col suo Signore: rendeva conto al Giudice, supplicava il Padre, parlava all’Amico, scherzava amabilmente con lo Sposo. E in realtà, per offrire a Dio in mol-teplice olocausto tutte le fibre del cuore, considerava sotto diver-si aspetti Colui che è sommamente Uno. Spesso, senza muovere le labbra, meditava a lungo dentro di sé e, concentrando all’in-terno le potenze esteriori, si alzava con lo spirito al Cielo. In tal modo dirigeva tutta la mente e l’affetto a quell’unica cosa che chiedeva a Dio: non era tanto un uomo che prega, quanto piutto-sto egli stesso tutto trasformato in preghiera vivente”. Nella leggenda maggiore si legge che: “Francesco non lasciava passa-re inutilmente, per sua trascuratezza nessuna visita dello Spirito: quando gli si presentava, si abbandonava ad essa e ne godeva la dolcezza, finché il Signore glielo concedeva. Se, mentre era in viaggio, sentiva il soffio dello Spirito Divino, lasciava che i compagni lo precedessero, si fermava, tutto intento a fruire della nuova ispirazione, per non ricevere invano la grazia. Molte volte
rimaneva assorto in una contemplazione così sublime che, rapito fuori di sé ad esperienze trascendenti, la sensibilità umana, igno-rava quanto gli accadeva intorno. La sua mente, fissa negli splendori celesti, non avvertiva il variare dei luoghi, del tempo e delle persone incontrate e questo gli accadeva spesso. Nell’ora-zione aveva imparato che la bramata presenza dello Spirito San-
to si offre a quanti lo invocano con tanta maggior fami-liarità quanto più lontano li trova dal frastuono dei mondani. Per questo cercava luoghi solitari, si recava nella solitudine e nelle chiese abbandonate a pregare di notte. Nella leggenda maggiore Francesco dice: “Sopra ogni altra cosa—asseriva con fermezza—ogni cristiano deve desiderare la grazia dell’orazione e in-citava in tutte le maniere possibili i suoi frati a prati-carla con zelo, convinto che nessuno fa progressi nel servizio di Dio senza di essa. Nella Regola Bollata Francesco scrive: “Quei frati ai quali il Signore ha
concesso la grazia di lavorare, lavorino con fedeltà e con devozione, così che, allontanato l’ozio, nemico dell’anima, non spengano lo spirito della Santa orazione e devozione al qua-le devono servire tutte le altre cose temporali. Nella Regola non bollata Francesco invita: “Tutti i frati sia chierici, sia laici, reciti-no il divino ufficio, le lodi e le orazioni come devono”. Nella leggenda maggiore leggiamo: “Aveva il Santo, l’abitudine di offrire a Dio il tributo delle ore canoniche con timore e devozio-ne. Anche se malato recitava le ore stando sempre eretto e senza cappuccio in testa, senza girovagare gli occhi, senza smozzicare le parole. Se gli capitava di trovarsi in viaggio, all’ora dell’uffi-cio si fermava e non tralasciava questa devota e Santa consuetu-dine, nemmeno sotto lo scrosciare della pioggia. Diceva infatti “se il corpo si prende con tranquillità il suo cibo, con quanta pace e tranquillità l’anima deve prendersi il cibo della vita”. In conclusione fratelli, prendiamo esempio da San Francesco per vivere con amore, devozione e costanza la preghiera. Sia questo il nostro principale impegno spirituale per il prossimo anno.
Pace e bene. Nicola Fioretto
“La vita morale è una questione di cuore!”.
Da queste parole vorrei avviare la trattazione del corso di “Teologia morale fondamentale” che ci ha visto impegnati nell’ultimo me-se con don Leo Sgarra. Premettendo che la teologia morale può considerarsi “risposta dell’uomo a Dio che ci chiede di essere Santi”, ne sono state analizzate le fonti, rinvenibili in particolar modo nel Catechismo della Chiesa Cattolica, nella Enciclica “Veritatis Splendor” di Papa Giovanni Paolo II (datata 1993), nonché nel Vangelo che, sostanzialmente, non ci chiede nulla di più di quello che la ragione chiede a ciascuna persona, ovvero: fare del bene! È verso Cristo che dobbiamo rivolgere il nostro sguardo per rispondere alla “questione morale” ponendogli lo stesso interrogativo del giovane ricco: “Maestro che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna?” (Mt 19, 16-22). Il colloquio di Gesù con il giovane ricco, infatti, deve continuare ancora oggi atteso che, se vogliamo penetrare nel cuore della morale evangelica e coglierne il contenuto profondo e immutabile, dobbiamo ricercare accuratamente il senso di quell’interrogativo e ancor di più il senso della risposta di Gesù, lasciandoci guidare da Lui che, con delicata attenzione,
LA SCUOLA DIOCESANA DI FORMAZIONE/3
“TEOLOGIA MORALE FONDAMENTALE”
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Via Palmitessa, 72
Parrocchia Santissima Trinità, Via Padre Raffaele Di Bari, 2 BARLETTA 76121, Tel. 0883.535100 www.sstrinitabarletta.it [email protected] Parrocchia Santissima Trinità, Via Padre Raffaele Di Bari, 2 BARLETTA 76121, Tel. 0883.535100 www.sstrinitabarletta.it [email protected] risponde, conducendo il giovane (nel quale possiamo e dobbia-mo riconoscerci) quasi per mano, verso la Verità piena. Seguire Cristo diviene pertanto il fondamento essenziale della morale cristiana e comporta non soltanto il porsi in ascolto di un inse-gnamento, accogliendone nell’obbedienza un comandamento ma anche, più radicalmente, aderire alla persona stessa di Gesù, partecipando alla sua obbedienza libera e amorosa alla volontà del Padre.
A tal proposito viene in rilievo la problematica concernente il rapporto tra la libertà dell’uomo e la verità. Alcune correnti di pensiero sono giunte ad affermare l’autonomia assoluta della libertà, sostenendo che questa sarebbe creatrice della verità o dei valori. Nell’Enciclica Veritatis Splendor è invece evidenziato che la verità viene prima della libertà in quanto non può esservi vera autonomia morale della libertà che prescinda dalla verità. La stretta relazione tra verità e libertà, nonché la preesistenza della prima, emergono in tutta la loro evidenza dalle parole di Gesù:”Conoscere la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8,32). Ed allora, cosa comporta tale libertà e come orientarla verso la verità? Quando siamo veramente liberi? Procedendo con ordine, possiamo affermare che la libertà implica la possibilità di scegliere tra il bene e il male e conseguentemente quella di avanzare nel cammino di perfe-zione oppure di venir meno e di peccare. La libertà comporta “l’opzione fondamentale” ovvero lo sceglie-re tra stare con Dio o contro Dio e non a caso spesso si attua sia il bene che il male proprio perché tale scelta non è stata ancora compiuta! Da cristiani comprendiamo che la libertà autentica non consiste nel fare qualsiasi cosa o quel che ci piace ma nell’attuare ciò che è giusto, che è vero, che è bene! E’ interes-sante evidenziare che: “Quanto più si fa il bene, tanto più si di-venta liberi!”. Potremmo affermare che una libertà senza verità equivale ad avere le gambe e non sapere dove andare! La legge naturale viene all’uopo in soccorso per indicarci la strada che ci condurrà alla verità, consentendoci di esprimere una libertà responsabile! La legge naturale, secondo l’insegna-mento del Catechismo della Chiesa Cattolica, altro non è che la luce dell’intelligenza infusa in noi da Dio. Grazie ad essa cono-sciamo ciò che si deve compiere e ciò che si deve evitare. Questa luce o questa legge Dio l’ha donata alla creazione (art. 1955 Catechismo Chiesa Cattolica) ed è iscritta e scolpita nell’a-nima di tutti i singoli uomini; essa, infatti, è la ragione umana che impone di agire bene e proibisce il peccato. La legge morale naturale è universale perché si estende a ogni persona umana; è immutabile perché permane inalterata attra-verso i mutamenti della storia ed è obbligatoria perché, per ten-dere verso Dio, l’uomo deve compiere liberamente il bene ed evitare il male. Tanto non deve indurre tuttavia a pensare che la legge di Dio attenui o addirittura elimini la libertà dell’uomo, al contrario la garantisce e la promuove nella verità. “Beato l’uomo che si compiace della legge del Signore” (Sal 1,
1-2). A questo punto viene naturale chiedersi dove abbia sede il rapporto sussistente tra la libertà dell’uomo e la legge di Dio. La risposta non può che essere: “Nel cuore della persona, ossia nella sua coscienza che formula l’obbligo morale alla luce della legge naturale”. La coscienza, in un certo senso, pone l’uomo di fronte alla legge naturale, diventando essa stessa “testimone” per l’uomo: testimone della sua fedeltà o infedeltà nei riguardi della legge, ossia della sua essenziale rettitudine o malvagità morale. La coscienza è l’unico testimone perché ciò che avviene nell’intimo della persona è coperto agli occhi di chiunque altro. Essa rivolge la sua testimonianza soltanto verso la persona stes-sa e a sua volta solo questa conosce la propria risposta alla voce della coscienza. Dall’ascolto o meno di quest’ultima derivano atti umani che possono essere buoni o cattivi. E’ importante evidenziare che la coscienza deve anche essere
“educata” sin da piccoli al fine di poter generare pace e insegnare virtù. A tal proposito, durante il corso di Teologia morale sono state, altresì, approfondite le virtù cardinali e teologali. Queste ci sostengono nel compiere il bene ed infatti, la virtù è una disposizio-ne abituale e ferma a fare il bene: Essa conduce a dare il meglio di sé. Avviando l’analisi dalle virtù cardinali sono state analizzate la prudenza, la giustizia, la
fortezza la temperanza. La prudenza è la virtù che dispone la ragione pratica a discer-
nere in ogni circostanza il vero bene e a scegliere i mezzi ade-guati per compierlo: “L’uomo accorto controlla i propri pas-si” (Prv 14,15). La giustizia è la virtù morale che consiste nella costante e ferma volontà di dare a Dio e al prossimo ciò che è loro dovuto. La fortezza è la virtù morale che, nelle difficoltà, rafforza la decisione di resistere alle tentazioni e di superare gli ostacoli. La temperanza è la virtù morale che modera l’attrattiva dei piaceri. Le virtù teologali, invece, si riferiscono direttamente a Dio e hanno come origine, causa ed oggetto Dio Uno e Trino. Esse sono: la fede, la speranza e la carità. La fede è la virtù per la quale noi crediamo in Dio e a tutto ciò che Egli ci ha detto e rivelato. La speranza è la virtù per la quale desideriamo il Regno dei Cie-li e la vita eterna come nostra felicità, riponendo la nostra fidu-cia nelle promesse di Cristo e appoggiandoci non sulle nostre forze, ma sull’aiuto della grazia dello Spirito Santo. La carità è la virtù teologale per la quale amiamo Dio al di sopra di tutto e il nostro prossimo come noi stessi per amore di Dio. La carità è la più importante delle virtù ed è un dono che Dio ci ha fatto per-ché Lui per primo è carità “Deus caritas est” (1 Gv 4,16). Alla luce del corso appena conclusosi e prossimi ad intraprendere quello di “Storia della Chiesa”, illuminati dalla luce di Cristo che orienta la nostra liberta responsabile verso il bene e ponen-doci in ascolto della nostra coscienza, operiamo affinché tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, diventi l’unico oggetto dei nostri pen-sieri! Maria Teresa Caputo
La nascita di un presepe Intervista a Giovanni Lombardi
Come nasce in te il desiderio di realizzare un progetto a
lungo termine che prevede la realizzazione di un presepe
fatto interamente a mano?
Nasce da una riflessione fatta in questi ultimi anni e dai bei
ricordi avuti da bambino, quando per le strade si sentiva l’aria
del Natale meno commerciale e più vicino alle famiglie, con
il presepe fatto in casa, dove si faceva a gara chi doveva
montarlo, le cartellate e la pasta
fresca. Tutto questo sta pian
piano svanendo, così mi sono
detto perché non rimettersi in
gioco e dare ai nostri figli e
nipoti la stessa armonia natali-
zia, così è nata l’idea di creare
un presepe che arrivasse a tan-
ti e per fare ciò avevo bisogno
di spazio, perché l’idea era
quella di farlo grande. Il tutto
è partito quando una sera di
fine settembre mentre ero seduto
ai banchi della mia Parrocchia, vedo arrivare don Cosimo il
nostro parroco mi avvicino a lui e quasi intimorito dalla mia
folle richiesta gli dico di voler fare un presepe, lui mi dice
subito di si poi continuando ripeto don Cosimo voglio fare un
presepe, un presepe bello grande spiegando le mie motivazio-
ni e mi ripete che per lui va bene. A quel punto bisognava
creare un gruppo di lavoro così organizzai con la gentile col-
laborazione di don Claudio un incontro con tutti quelli che
potevano essere interessati al mio progetto. Stampai una lo-
candina dove diceva chiaramente quello che volevo creare..
così il 3 ottobre 2015 organizzo l’incontro, la delusione fu
tanta visto che in quell’incontro si presentarono solo in due di
cui una è una mia parente. Deluso vado da don Cosimo ripor-
tando quello che era successo abbandonando l’idea di creare
il presepe, saluto tutti e mi accingo ad andare a casa, mentre
passeggiavo mi facevo tante domande, in cosa avevo sbaglia-
to e perché nessuno aveva raccolto l’invito; perché forse si è
persa la voglia di fare il presepe , perché non si ha più tem-
po ? Quando a un certo punto, mentre giro l’angolo di casa in
terra vedo un santino rovesciato, chi mai avrebbe potuto per-
derlo o buttarlo via , così raccolgo quel santino, lo giro e su
quel santino c’era la Natività di Gesù, per me un chiaro segno
e un chiaro messaggio, così senza pensarci due volte il sabato
di quella stessa settimana in compagnia di mia zia Maria co-
minciamo a lavorare sul progetto, così settimana dopo setti-
mana mattoncino su mattoncino inizia a prendere forma.
Chi ha collaborato a questo progetto?
Fortunatamente dopo un inizio non proprio “affollato” si sono
unite a noi altri appassionati come Lorenzo (nonno Lorenzo)
poi Girolamo e suo figlio Giuseppe e ancora Lello e un susse-
guirsi di altri aiutanti come Giovanni, Giuseppe.
Ruggiero Damato ha dato un
grande contributo, creando degli
stampi nel suo laboratorio oltre
che acquistando alcuni perso-
naggi in terracotta; questi poi
sono stati dipinti dando un’e-
spressione ai personaggi e la
signora Gina Santeramo e la
signora Maddalena hanno rea-
lizzato con maestria tutti gli
abiti con i tessuti fornitici da
Franco Daddato ,la sig.ra Gina
si è anche occupata di ricreare le
ambientazioni ,altri aiuti graditissimi sono arrivati con tantis-
simo materiale da Savino Cristallo e Antonio Fiorella si è
occupato di tutta la parte elettrica.
Cosa ci racconti della vostra compagnia del presepe?
Avendo in comune la stessa passione ci siamo subito trovati
in sintonia con la voglia di realizzare qualcosa di bello e allo
stesso tempo imparare ad utilizzare tecniche diverse da quelle
che conoscevamo per ampliare le nostre conoscenze e metter-
ci sempre in gioco.
La fede che parte ha avuto in tutti voi?
Credo sia stata la base di partenza per me e per coloro che mi
hanno affiancato in questa esperienza e che continueranno a
farlo.
Come mai proprio alle 3 del sabato pomeriggio?
Era l’unico momento da poter dedicare a questa mia passione.
Quali sono state le tecniche più utilizzate?
Per realizzare il presepe abbiamo utilizzato come materiale
principale il polistirolo, poi intagliato bucciardato così da
creare tutti i mattoncini per realizzare le strutture. Col-
la ,colori ,pezzi di legno, carta per la realizzazione delle pal-
me, segatura sono state le nostre compagne di viaggio.
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Quali le difficoltà incontrate?
Quelle superate e quelle da af-
frontare?
Le difficoltà inizialmente erano la
reperibilità dei materiali anche
semplici come la colla; poi fortu-
natamente dei benefattori ci han-
no aiutato in questo.
Speriamo di poter continuare la
nostra opera e poter contare anche
su altri aiuti sia in termini economici che manuali oltre che di
collaborazione. A tuo giudizio il risultato finale corrisponde alla tua idea
iniziale?
Sono soddisfatto del risultato otte-
nuto considerando che quello
montato è solo una parte del no-
stro progetto.
Come proseguirà questo proget-
to?
Abbiamo intenzione di completa-
re la nostra idea iniziale per rende-
re unico il nostro presepe confidan-
do nella collaborazione e generosità di chi volesse aiutarci. Giovanni Lombardi
“Beati i miti perché avranno in eredità la terra”. Anche qui c’è questo stato di beatitudine. Vediamo Gesù mite che viene sulla terra. Nella bibbia c’è un altro perso-naggio mite: Mosè che pur essendo mite aveva un’impresa enorme, liberare il po-polo d’Israele dal re d’Egitto. Anche noi siamo invitati a conquistare il terreno del-la nostra vita quotidiana con la mitezza. La mentalità vigente ci porta a pensare che la conquista deve avvenire tramite il potere: questa è la mentalità del mondo della politica, della società, dei luoghi di lavoro. Oggi se vogliamo essere profeti dobbiamo testimoniare quanto sia efficace il contrario! Pensate quanto ha conquista-to una Madre Teresa di Calcutta con la sua mitezza, o San Francesco. Hanno con-quistato la terra che è il cuore delle perso-ne con la mitezza e non con il potere e anche nelle nostre relazioni possiamo mettere in pratica questo. “Beati quelli che hanno fame e sete del-la giustizia perché saranno saziati”. L’evangelista Giovanni ci ricorda la sete di Gesù quando incontra la Samaritana “Ho sete”, ma in realtà è la Samaritana ad avere sete. Gesù assume la nostra sete e fame e anche sulla croce dirà “Ho sete”! Alla fine del Vangelo della Samaritana ascoltiamo “mio cibo è fare la volontà del Padre”. Il Signore ci rivela una fame e sete che abbiamo dentro di noi, una sete di pienezza! Sapete, molte volte ho sentito persone che dicono “Padre sento che nella vita mi manca qualcosa! Ho tutto: marito,
famiglia, viviamo bene ma sento che nel cuore mi manca qualcosa”. Questa è la fame e sete della giustizia. Giustizia sta per santità. Fame e sete di giustizia signi-
fica fame e sete di santità che soltanto con Gesù Cristo sarà realmente dissetata. Sen-za Cristo non raggiungi questa pienezza, questo qualcosa che ti manca, ma con Cristo la tua sete sarà finalmente disseta-ta. Noi abbiamo realmente fame e sete della giustizia? Abbiamo veramente que-sto desiderio di santità? La nostra fede nasce da un desiderio di giustizia, di veri-tà, di santità? Il nostro cuore ha veramente questa fame? E se non ha questa fame vuol dire che ha altre fami, altri desideri, altre forme di sete che certamente non porteranno nessuna pienezza, anzi il vuoto si riempie di vuoto! La pienezza si può raggiungere solo con le beatitudini: chi ha Dio nulla gli manca!
“Beati i misericordiosi perché troveran-no misericordia”. La presenza di Dio misericordioso dentro di te provoca una grande gioia! Chi ama è misericordioso, anche con fatica perdona. Il perdono si ottiene anche attraverso le sette opere di misericordia corporali o spirituali. San Pio in una lettera a Raffaelina Cerase dice che la gioia è il rampollo della carità! ogni volta che la misericordia di Dio si concre-tizza noi sentiamo il frutto dello Spirito: la gioia! Questa è la beatitudine: la presenza di Dio nel cuore! “Beati i puri di cuore perché vedranno Dio”. Ecco cosa dice San Francesco nelle ammonizioni “Veramente i puri di cuore sono coloro che disdegnano le cose terre-ne e cercano le cose celesti e non cessano mai di adorare e vedere il Signore Dio vivo e vero con cuore e animo puro”. Non attacchiamoci alle cose della terra e di-menticando l’essenziale della vita, non c’è tempo da perdere! Non attacchiamo il cuore alle bellezze terrene, anche se dico-no il bene di Dio, poiché il cuore diviene impuro. Quando una cosa è impura? Quando è piena di macchie, quando è sporca! Questa beatitudine ci ricorda quel-lo che Gesù dice al fariseo “Voi farisei purificate l’esterno della coppa ma dentro c’è di tutto: invidia, pudicizie, fornicazio-ni, falsità, menzogne, ipocrisie. Piuttosto date in elemosina quel che c’è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà puro”. Siamo chia-mati a purificare il cuore con l’arte della
Meditazione sulle beatitudini II parte
conversione. A che punto siamo nel cam-mino della purificazione del cuore? A che punto siamo nel cammino del tagliar corto con i vizi e i peccati? Più ti converti e più percepisci la presenza di Dio nel tuo cuo-re, nel creato, nei fratelli, nella tua vita, nella tua storia, nelle tue relazioni, in tut-to! La conversione ci permette di percepi-re la presenza di Dio anche in coloro che ci hanno ferito, fatto del male. Se questo non avviene è a causa del tuo peccato! Svuota il cuore di quello che di immondo c‘è e vedrai Dio ovunque e in chiunque, perché Dio è presente in tutti. L’esempio è San Francesco che vede Gesù nel lebbroso ma deve purificare il cuore dal ribrezzo che sentiva quando vedeva il lebbroso. Il problema non è nel lebbroso ma era il suo. Purificando il cuore vince questa barriera che passa tra lui e il lebbroso e quindi vede Gesù nel lebbroso e lo abbraccia. Il problema non è negli altri ma è dentro di te. “Beati gli operatori di pace”. Il pacifico non è il pacifista, non è questo, è l’uomo che vive la pace nel cuore nutrendosi pro-prio della presenza di Dio anche quando soffre, ha tribolazioni, contrarietà. Il mo-dello è Gesù crocifisso. Quanta pazienza nel conservare la pace. Noi al contrario di Gesù che mantiene in tutto la pace, siamo
portati a perdere la pazienza, la pace del cuore, con la ribellione. Pacifico è anche colui che vive la riconciliazione con Dio e se ne fa portatore. Vi supplichiamo in no-me di Cristo, dice San Paolo, lasciatevi riconciliare con Dio! non ci può essere vera pace se non c’è riconciliazione con Dio. Confessiamo le nostre colpe riconci-liandoci con Dio così riconquisteremo la pace interiore che ci rende portatori di pace! “Beati i perseguitati a causa della giu-stizia perché di essi è il Regno dei cieli”. Cos’è la giustizia? È Gesù. È tutto quello che è inerente alla santità. Se sei persegui-tato perché vuoi seguire Gesù nella via della giustizia sii beato. Se nelle scelte compiute alla luce della Parola di Dio, siamo contrariati, perseguitati, non teme-re, sei Beato! Beati voi quando vi insulte-ranno, vi perseguiteranno e mentendo di-ranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia: rallegratevi ed esultate perché grande la vostra ricompense nei cieli. Nel-la persecuzione troviamo il massimo della beatitudine. Più è forte la prova, più è for-te la beatitudine che tu vivi se rimani fe-dele alla Parola. Guardiamo sempre il Signore, è Lui il perseguitato. La beatitu-dine non va vissuta solo perché ci dona un frutto nell’oggi ma sempre in vista di una ricompenserà che il Signore ci donerà nel
Regno dei cieli. Quanti di noi proiettano realmente la loro vita verso l’eternità? Viviamo per il Paradiso? Per questa dimo-ra che il Signore ti ha costruito con il le-gno della croce? Se questo non avviene è perché la tua fede non ha una meta ma va raddrizzata. San Francesco nella preghiera al Crocifisso dice “Dammi fede diritta”. Molto spesso la nostra fede non è orienta-ta alla ricompensa nei cieli ecco perché dobbiamo chiedere di raddrizzare la no-stra fede verso questa ricompensa. Se non viviamo ogni giorno per questa dimora eterna questo posto che il Signore ci ha preparato in paradiso, la nostra fede è an-cora distorta. I Padri della Chiesa ci invi-tano “Ricordati delle ultime cose, di quel-le che verranno dopo la morte e non pec-cherai”. Ogni giorno possiamo seminare per la vita eterna con gesti di fede e di carità e non semplicemente con gesti steri-li di religiosità come la messa, la comu-nione, ecc…. Chiara Luce Badano, una bambina di no-ve anni, quando riceve il Vangelo il gior-no della Sua comunione, scriveva “da oggi in poi, questo libro, diventa la ragio-ne della mia vita”. nella Sua breve adole-scenza è divenuta una santa. L’Avvento è un tempo che ci è donato per
poter diventare Beati! Pace e Bene! P. Giuseppe Maria Antonino, ofm
UNA TESTIMONIANZA DAL RITIRO DI AVVENTO Come gruppo abbiamo scelto di meditare ed approfondire
alcuni temi e frasi tratte dalla catechesi sulle beatitudini tenu-
ta da Padre Giuseppe.
In particolar modo ci ha colpito l'immagine di Gesù sul mon-
te, che si siede e ci attende; se vogliamo seguirlo dobbiamo
salire la montagna. La salita è però difficile, faticosa; forse
perché sulle spalle ci portiamo un enorme peso, fatto dai no-
stri limiti, dalle nostre fragilità, dalle nostre imperfezioni, dal-
le preoccupazioni di ogni giorno. Per salire invece, come ci
ha ricordato Padre Giuseppe, dobbiamo pulire il cuore, con
umiltà, spogliandoci di tutto ciò che ci opprime e soprattutto,
dobbiamo liberarci dal nostro io, “per poter gustare appie-
no quel che resta quando si è' in comunione con il Signo-
re”. Offriamo quindi ai piedi dell'altare tutti queste nostre za-
vorre, affinché il Signore ci aiuti ad essere poveri in spiri-
to per rimanere in armonia con Lui.
Alla domanda di Padre Giuseppe: "in quale momento della
vita hai sperimentato la beatitudine del cuore" molti di noi si
sono ritrovati in " beati quelli che sono nel pianto, perché sa-
ranno consolati". In particolare ci hanno fatto riflettere le pa-
role di Padre Giuseppe: "nella sofferenza troverai la consola-
zione dello spirito, consolazione che ti fa sperimentare la pre-
senza di Dio nella tua vita." Nelle nostre esperienze personali
abbiamo riscontrato che proprio nei momenti in cui la malat-
tia e il dolore ci colpiscono ci rendiamo conto che il dire con
il cuore “Signore ho bisogno della forza che solo tu mi puoi
dare”, l'affidarsi pienamente a Lui, porta sollievo ed aiuta ad
affrontare le difficoltà, le
sofferenze, le terapie, le
cure con la consapevolezza
di non essere mai soli.
La sofferenza poi ci aiuta
ad apprezzare le gioie vere
della vita, come ad esempio
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