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La competenza professionale nel rapporto tra formazione e occupazione
Osservazioni di Michele Pellerey
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La tematica del seminario evoca la questione della validazione e della certificazione delle
competenze professionali.Essa è stata affrontata a livello europeo a
partire dalla fine degli anni ottanta anche per cercare di risolvere i problemi derivanti dalla
mobilità nel mondo del lavoro: come riconoscere le qualificazioni di coloro che si spostano da un paese all’altro nel comune
mercato del lavoro europeo.
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Piuttosto che ripercorre le tappe di un cammino, che è sfociato, soprattutto nell’ambito del
riconoscimento delle competenze acquisite in contesti non formali e informali, in varie
sperimentazioni europee, alcune italiane, e nell’ultimo anno con una serie di disposizioni di
legge,preferisco riflettere sulla natura della competenza
professionale e sui problemi connessi con il suo riconoscimento da parte sia dell’interessato, sia
da parte del sistema formativo, sia da parte della comunità professionale di appartenenza.
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Definisco in maniera generica la competenza professionale come:
la capacità di condurre una vita professionale valida ed efficace in un settore produttivo (di
beni o di servizi) specifico.
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La legge Fornero definisce la competenza certificabile come “un insieme strutturato di
conoscenze e di abilità acquisite nei contesti di apprendimento formale, non formale e
informale”. Il Decreto legislativo applicativo della legge
riprende la definizione europea: “comprovata capacità di utilizzare, in situazioni di studio, di
lavoro o nello sviluppo professionale e personale, un insieme strutturato di conoscenze abilità acquisite nei contesti di apprendimento
formale, non formale e informale”.
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E’ evidente che non basta possedere un insieme strutturato di conoscenze e di abilità;
è necessario che questo patrimonio sia spendibile non solo nell’attività professionale di
riferimento, ma anche nei processi di apprendimento permanente.
Ciò implica l’essere in grado di mobilizzare e coordinare in maniera integrata il proprio
patrimonio conoscitivo e operativo in specifiche situazioni lavorative.
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Queste sollecitano il soggetto a elaborare un’adeguata interpretazione della richiesta di
intervento pratico emergente, l’organizzarsi per rispondere a tale richiesta in maniera valida ed
efficace, volendo portare a termine il lavoro con puntualità e precisione.
Non solo, ma la qualità dell’intervento operativo deve rispondere a criteri che derivano da una
pratica professionale aggiornata ed economicamente sostenibile.
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Tutto ciò ha una chiara ricaduta sui processi di formazione professionale iniziale, che esigono
un’attenta integrazione tra componenti educative personali, sociali, culturali e
professionali.
Quanto verrà esposto nel seguito va collegato sistematicamente anche in questa direzione.
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1.
La natura relazionale della competenza professionale
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Soggetto (lavoratore)
Compito da svolgere Pratica lavorativa(posto di lavoro) (aggiornata)
Le tre relazioni:
1) tra il soggetto e il compito da svolgere o situazione sfidante (posto di lavoro)
2) tra il soggetto e la comunità di pratica e la pratica professionale aggiornata
3) tra l’attività da svolgere nel posto di lavoro e la pratica professionale che caratterizza oggi il settore
Cospes 19 novembre 2010 11
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Conseguenza sul piano della competenza e della sua valutazione:
quale livello di qualità operativa è riconoscibile tenendo conto del contesto di pratica professionale attuale e prospettica?
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2.
Le componenti soggettive della competenza professionale ovvero che cosa caratterizza un professionista o un lavoratore competente
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Spencer e Spencer (1995) distinguono le competenze di superficie considerate più suscettibili di modifica e di sviluppo, e di
valutazione, da quelle più profonde come motivi, concezione di sé, tratti personali, di più
complessa rilevazione e sviluppo.
Queste ultime costituiscono come l’iceberg della persona.
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Di qui la proposta di descrivere quanto sopra descritto attraverso un sistema di cerchi concentrici.
Il cerchio più esterno comprende le competenze tecniche e pratiche generali, soprattutto se collegate a
uno specifico posto di lavoro.
Il cerchio intermedio fa riferimento a quelle culturali e tecnologiche.
Quello più interno, che costituisce come l’iceberg sommerso del soggetto include la qualità più personali.
Competenze tecnichee pratiche
Competenze culturalie tecnologiche
Competenze personali
Merano 3 maggio 2012 16
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I processi di sviluppo e di integrazione tra le tre tipologie di competenza si possono ricondurre a quelli individuati da Argyris (1993) come primo,
secondo e terzo loop. Le Boterf (2000) li ha esplorati individuandone
tre forme di apprendimento. La prima forma è definita a ciclo semplice
(simple loop): il soggetto sviluppa tale competenza correggendo la sua azione sulla base dei suoi obiettivi, ma senza cambiare
sostanzialmente questi, né i valori o le “teorie d’azione” che la guidano.
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La seconda forma è a ciclo doppio (double loop): il soggetto la sviluppa rimettendo in
causa i suoi obiettivi e i loro fondamenti. Egli è condotto a far evolvere i suoi schemi operatori
e le sue rappresentazioni, a rivedere le sue teorie d’azione.
La terza forma di sviluppo è a ciclo triplo: il
soggetto apprende a modificare o a sviluppare la sua maniera di apprendere, egli apprende ad apprendere migliorando il funzionamento delle
due forme precedenti di apprendimento.
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George Bateson (1991) distingue:
-apprendimento di livello zero: prime esperienze di lavoro- livello uno o proto-apprendimento: si acquista un saper concreto- livello due o deutero apprendimento: si sviluppa un vero e proprio abito di lavoro - livello tre: si sviluppa la consapevolezza critica e la capacità di modificare abiti di lavoro consolidati
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Dilts (1994) 1) Qualunque sistema di attività è un sottosistema inserito in un altro sistema, che, a sua volta, si trova inserito in un altro sistema sempre più ampio, e così via.2) L'apprendimento in un sottosistema produce un tipo di apprendimento relativo al sistema nel quale si sta operando.3) L'effetto di ogni sistema di apprendimento è organizzare e controllare l'informazione al livello inferiore a esso.4) L'apprendere qualcosa a un livello superiore cambierà le cose ai livelli inferiori, ma apprendere qualcosa a un livello inferiore può o non può informare e influenzare i livelli superiori.
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4) L'apprendere qualcosa a un livello superiore cambierà le cose ai livelli inferiori, ma
apprendere qualcosa a un livello inferiore può o non può informare e influenzare i livelli
superiori.
Anche in Mezirow si ha una prospettiva simile partendo dalla sua descrizione progressiva di
apprendimento trasformativo, che al livello più elevato considera i cambiamenti di prospettiva di significato o senso e prospettiva esistenziale.
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Dal punto di vista dei processi formativi, come di quelli valutativi, è estremamente importante,
soprattutto oggi di fronte alla velocità di cambiamento dei processi tecnologici e delle
forme organizzative del lavoro, non solo promuovere abiti di lavoro coerenti con le aspettativi di ruolo attuali, ma soprattutto
capacità di lettura critica di essi e apertura a necessarie modifiche. E questo, come sappiamo
dalle ricerche sia psicologiche, sia teoriche, non è sempre agevole, perché modificare un abito
consolidato implica non poche condizioni attuative
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3. Che cosa è osservabile, validabile e certificabile
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Ciò che è osservabile e valutabile sono le manifestazioni di competenza.
Da queste è più agevole inferire e registrare gli aspetti prima detti superficiali: i saper fare di natura tecnico-pratica legati a una mansione
specifica.Anche abbastanza agevolmente rilevabili,
secondo forme tradizionali, sono le conoscenze e abilità di natura culturale e tecnologica.
Più complesso è risalire alla dimensione più profonda della competenza (iceberg).
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Lo strumento universalmente più adottato è costituito dal cosiddetto portfolio professionale, declinato nelle sue varie forme, incluse quelle
digitali. Questo può costituire la base di riferimento anche per valutare livello e consapevolezza
delle qualità personali. Le procedure utilizzate tuttavia non possono
considerare solo le conoscenze e abilità possedute (e la loro qualità).
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Occorre evidenziare la capacità di attivare e coordinare tali risorse interne (e quelle più
profonde) per svolgere i compiti caratterizzanti il proprio ruolo professionale.
Ai fini poi della validazione occorre che si abbiano chiari termini di confronto: i cosiddetti standard di competenza.
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4. Alcune osservazioni sulla normativa recente in materia di certificazione delle competenze
sviluppate in contesti non formali e informali.
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Attivare un sistema nazionale e i relativi sistemi regionali previsti dalla normativa è certamente un’impresa impegnativa e costosa. Pensare di poterlo fare “senza oneri per lo stato” sembra
un’ipotesi poco realistica. Il susseguirsi di testi normativi a livello di
Raccomandazioni europee, di leggi e decreti legislativi nazionali e di leggi regionali sembra costituire una interessante base di studio ed
elaborazione di documenti, riflessioni, proposte, ecc..
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Ma tutto ciò si basa su una ben fragile e incerta verifica di fattibilità a costi zero.
Già lo sviluppo di un adeguato repertorio delle qualificazioni o parti di esse può essere un
interessante elenco di quanto già esiste, ma sul piano del riconoscimento e validazione di
competenze parziali acquisite nei contesti non formali e informali ciò è del tutto insufficiente. E anche in questo caso la costituzione di un tale repertorio implica un’attività non indifferente di
lavoro specialistico.
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Inoltre: quale riconoscimento delle certificazioni si intende promuovere, se non garantire.
Ciò ha costituito l’aspetto più interessante del sistema francese della “Validation des acquis de
l’expérience”. Tale riconoscimento può essere presente soprattutto in due ambiti particolari: il
sistema formativo formale (Istruzione e Formazione professionale, Istituti Tecnici e professionali, Licei, Università, IFTS, ITS); il
mondo del lavoro (sindacati, imprese, istituzioni pubbliche, tramite contratti di lavoro, concorsi,
ecc.).
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Non essendo in grado di valutare adeguatamente le opportunità, le condizioni e il grado di difficoltà presenti nel secondo caso,
concentro la mia attenzione sul riconoscimento a livello di percorsi formali e in particolare, ma
non esclusivamente, in riferimento al sistema di Istruzione e Formazione professionale.
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Spetta alle Regioni riconoscere le conoscenze e competenze, anche parziali e comunque
acquisite, in riferimento ai processi formativi di cui sono titolari e la loro certificazione pubblica. Ma quali le procedure e le forme di certificazione per quanto concerne competenze che non siano state promosse e valutate entro i percorsi formali
e, in particolare, conoscenze e competenze parziali, cioè tali da non poter costituire un
patrimonio riconoscibile a livello di qualifiche o diplomi professionali.
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5. Su alcune condizioni di attuazione di quanto previsto dalla normativa
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1) Identificare con sufficiente chiarezza gli standard di riferimento.
2) Identificare la documentazione o le prove che possono garantire il confronto con gli standard di riferimento previsti. 3) Identificare i processi e le figure professionali, e relative qualificazioni, che sono coinvolti nei processi di certificazione delle competenze.
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Conclusioni
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In base alle sperimentazioni finora messe in campo sembra che la certificazione delle competenze costituisca prima di tutto un
sistema per vedere riconosciuti crediti spendibili nei percorsi formali con riduzione delle richieste
curricolari.
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Occorre, tuttavia, sottolineare l’importanza da un punto di vista soggettivo di vedere
riconosciute almeno alcune delle competenze acquisite nel corso della propria vita nei vari
contesti di apprendimento. Tali riconoscimenti hanno valore anche motivazionale al fine di
migliorare se stessi e impegnarsi in percorsi di formazione personale e professionale. In fin dei
conti il protagonista fondamentale di ogni apprendimento permanente è proprio il singolo
lavoratore.
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Perché tale prospettiva sia effettiva occorre il soddisfacimento di almeno due condizioni:
a) per ogni percorso di qualifica a di diploma sia individuate e strutturate a partire dagli standard nazionali le unità di competenza che integrate tra di loro permettono di raggiungerli in maniera sostanziale;
b) il procedimento di riconoscimento e di certificazione delle competenze proprie di ogni unità abbia una valore spendibile in ogni sede formativa regionale.
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In primo luogo, sia nel mondo del lavoro, sia in quello della formazione, è risultato assai difficile passare
dall’idea di valorizzare dal punto di vista formativo e lavorativo le competenze effettivamente acquisite dai singoli soggetti sul piano esperienziale, a un’effettiva
loro certificazione. Non basta quanto descritto dalle qualifiche e dai
diplomi professionali, si richiede che dalla prefigurazione di un referenziale professionale
aggiornato e contestualizzato sul piano territoriale si passi all’enucleazione delle unità di competenza che
lo caratterizzano e che queste siano chiaramente descritte e strutturate per poter essere oggetto di
valutazione.
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In secondo luogo sia il sistema di Istruzione e formazione professionale, sia il sistema di Istruzione (in
particolare gli Istituti Professionali di Stato), sia i vari Servizi per l’impiego manifestano non pochi ritardi nel saper gestire processi di valutazione delle competenze
effettivamente acquisite. Non basta avere una certa dimestichezza con i suoi concetti fondamentali e la conoscenza di qualche metodologia pratica, occorre avere sviluppato la
capacità di portare a termine un processo di valutazione delle competenze sia culturali, sia professionali sufficientemente valido, pertinente e affidabile.
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In terzo luogo, soprattutto a livelli di qualificazione non particolarmente elevati, non è molto diffusa una forma di imprenditorialità di
sé che faciliti la consapevolezza delle competenze già acquisite, sapendole
documentare e valorizzare nel contesto del mondo della formazione e del lavoro. Il più delle
volte i soggetti, che hanno già acquisito conoscenze e abilità interessanti in un ambito di
lavoro, non riescono a esplicitarle in maniera adeguata a causa di una debole consapevolezza
di quanto posseduto.
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Grazie
dell’attenzione
e della pazienza
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