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INDICE
INTRODUZIONE………………………………………………………………p. 3.
CAPITOLO I…………………………………………………………………...p. 6 ;
1. Il fascismo clandestino nell’Italia liberata dal settembre 1943 all’aprile 1945……………………………………………………………………….…p. 6;
1.1. La nascita delle «Guardie ai Labari»…………………………………….p. 6;
1.1.1 La fine del regime fascista e la crisi del settembre 1943…………………...p. 6;
1.1.2 Le «Guardie ai Labari»………………………………………………..…..p. 10;
1.2 La RSI e il fascismo clandestino……...…………………………………p. 14;
1.3 Servizi segreti tra Nord e Sud………………………….……………...…p. 26;
1.4 Primi tentativi di resistenza nell’Italia «invasa» dagli anglo-
americani………...………………………………………………………...p. 30;
1.5 Il fascismo clandestino dopo la caduta di Roma………………………..p. 39;
1.6. L’inverno 1944-1945 e gli ultimi sviluppi del fascismo clandestino…..p. 44.
CAPITOLO II…………………………………………………………………p. 52;
2. Il fascismo clandestino in Calabria (1943-1945) ………………….….…p. 52;
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2.1 La scoperta del fascismo clandestino calabrese: dai primi arresti e le prime indagini alla fase istruttoria………………………………………………p. 52;
2.2 Il Processo degli «88» a Catanzaro, 15 febbraio 1945-7 aprile
1945…..….………………………...…………………………………….…p. 77;
2.2.1 Dal ricorso al Tribunale Supremo all’Amnistia Togliatti del
1946…...…………………………………………………………………...p. 96.
CAPITOLO III.………………………………………………………………p. 108;
3. La storia degli «88» attraverso le loro opere..… …….………………...p. 108;
3.1 Le difficoltà della vita nel carcere………………………………………p. 109;
3.2 Tra paure e speranze: uno sguardo ironico al mondo interno ed esterno al
carcere……………………………………………………………….…...p. 120;
3.3 Il mito del tradimento: i fascisti contro i nemici della Patria………....p. 126;
3.4 Gli «88» divisi tra le personali vicende giudiziarie e il destino della
Nazione…………………………………………….……………………..p. 139;
3.5 Intervista al Sig. Nando Giardini, imputato al Processo degli «88»…. p. 149;
3.6 Intervista al Sig. Francesco Fatica, imputato al Processo degli «88»…p. 171;
CONCLUSIONI……………………………………………………………...p. 186;
FONTI-ARCHIVIO NANDO GIARDINI (A.N.G.)……………………….p. 188;
BIBLIOGRAFIA……………………………………………………………..p. 205.
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INTRODUZIONE
Chiunque legga la mia tesi rimarrà forse stupito quando apprenderà che
oggetto di studio è la resistenza fascista nel Sud Italia. Lo stupore, più che dalla
mancanza di informazioni sull’argomento, nascerà probabilmente dall’uso del
termine stesso di «resistenza». Tradizionalmente con esso si fa riferimento
all’insieme delle iniziative politiche e militari di cui si resero protagonisti i
movimenti antifascisti e i gruppi partigiani contro la RSI e l’esercito tedesco. Il
termine resistenza viene però utilizzato anche per definire la lotta clandestina
fascista – assistita in alcuni casi da agenti speciali provenienti dal nord Italia –
contro le forze alleate nelle zone occupate dagli anglo-americani. E servirsi in questi
termini della parola «resistenza» non risulterebbe inadeguato se per essa si vuole
intendere “l’opposizione decisa, senza compromessi di sorta, contro tutta una realtà
politico-militare e contro coloro che tale realtà incarnano”1.
La tesi nasce quasi casualmente dal fortunato incontro con il Sig. Nando
Giardini. Nel nostro primo colloquio, dopo avermi accennato alla sua esperienza
politica nel Movimento Sociale Italiano, mi rivelò di aver preso parte da giovane a
un’organizzazione clandestina di resistenza fascista. Venni anche a sapere che era
stato per questo sottoposto – insieme ad altri 88 fascisti – a un processo tenutosi a
Catanzaro nei mesi di febbraio e aprile del 1945. Incuriosita dalla sua storia chiesi al
Sig. Giardini di parlarmi della sua esperienza ed egli accettò senza riserve.
Altrettanto gentilmente mi consegnò tutto il materiale di sua proprietà, raccolto
all’interno di un archivio che ho per comodità siglato A.N.G, ovvero Archivio
Nando Giardini. Questo conteneva a mia sorpresa un ricco e variegato insieme di
documenti, molti – del tutto inediti – erano stati realizzati durante la detenzione di
Giardini e degli altri appartenenti ai gruppi clandestini nei vari carceri di Catanzaro,
Poggioreale e Melfi. Scoprii l’esistenza di preziosi giornaletti – chiamati «fogli
galeotti» – poesie, disegni, foto, pagine di diario, il testo di una rappresentazione
teatrale, tutti risalenti agli anni 1943-1946. Attraverso questi ben conservati
documenti – fino ad allora sconosciuti – mi è stato possibile ricostruire i tragici 1 G. Pisanò, Storia della guerra civile in Italia 1943-1945, vol. II, Centro Editoriale Nazionale, Roma, 1981, p. 70.
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momenti vissuti in carcere dai giovani fascisti. Questi solo al momento dell’arresto,
e nei mesi successivi, si resero effettivamente conto dei rischi che aveva comportato
la loro scelta di combattere per mantener viva l’ideologia e la fede fascista.
Nel primo capitolo ricostruisco le tappe salienti della nascita e
dell’estensione del movimento di «resistenza fascista» nel Sud Italia, cercando di
chiarire anche il suo rapporto con la RSI. Nel secondo dedico particolare attenzione
alla storia del fascismo clandestino calabrese (1943-1945), e dei suoi protagonisti,
coinvolti nel «Processo degli 88» tenutosi a Catanzaro tra febbraio-aprile ’45. Il
terzo e ultimo capitolo è diviso in due parti: nella prima illustro e analizzo i
documenti dell’A.N.G. cercando, dopo averne rintracciato le tematiche principali, di
interpretarli in base a diverse chiavi di lettura. Queste vanno da Erving Goffman,
con la sua descrizione dei meccanismi dell’esclusione e della violenza – tipici delle
istituzioni totali – a Emilio Gentile, con la sua ampia esposizione e analisi dei
simboli, miti e riti con cui il fascismo si proponeva di imprimere nelle coscienze
degli italiani la fede in una nuova religione. Nella seconda parte riporto
integralmente le interviste da me fatte a due protagonisti della resistenza fascista
calabrese: il Sig. Nando Giardini e il Sig. Francesco Fatica. I due testimoni –
rispondendo cortesemente e senza mai ritrarsi alle mie domande – mi hanno
permesso di avere una visione più completa della vicenda calabrese, arricchendo il
mio lavoro, per la cui stesura sono state utilizzate fonti archivistiche, la letteratura
storiografica e quella memorialistica. Dalle interviste è stato possibile trarre un gran
numero di notizie sui profili psicologici e morali dei due protagonisti, sugli stati
d’animo, i valori e i progetti degli appartenenti al movimento, sull’effettiva
estensione, sui reali progetti e le difficoltà dei gruppi clandestini.
La mia scelta – decisa e appassionata – nasce dal tentativo di voler
ricostruire un aspetto poco noto della storia del Mezzogiorno. Lo studio dell’attività
clandestina dei militanti di Salò nel Regno del Sud mi è stato utile per capire meglio
quanto il fascismo fosse stato capace di incidere sulla coscienza dei giovani e quanto
complesso si è rivelato il passaggio a una nuova società democratica. Questa parte di
storia italiana è poco conosciuta forse perché come afferma Giuseppe Parlato “in
tutte le guerre civili, la storia immediata la scrivono i vincitori, mentre gli altri
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debbono subire i contraccolpi della vicenda che li ha visti soccombere”2. Ciò
potrebbe rivelarsi poco proficuo perchè
quando un popolo non riesce nel corso della sua storia a trovare una sua identità,
quando in esso affiorano da sempre e si confrontano due anime irriducibili l’una
all’altra, è fatale che la storia di questo popolo diventi un enigma e si presti alle più
disparate interpretazioni3.
Desidero esprimere un vivo ringraziamento al Sig. Nando Giardini e al Sig.
Francesco Fatica per avere suscitato in me un grande e vivo interesse per un tema
che mi era precedentemente sconosciuto.
Un ringraziamento particolare va al Sig. Giardini per la grande generosità e fiducia
nell’avermi concesso di disporre del vasto e in gran parte inedito materiale in suo
possesso – catalogato nell’A.N.G – senza il quale la tesi non avrebbe mai avuto vita.
Ringrazio nuovamente entrambi per la grande disponibilità e il costante aiuto che mi
hanno fornito oltre alla cortesia e alla pazienza mostrata nell’aver accettato di
sottoporsi, senza mai ritrarsi, alle domande dell’intervista, a volte dolorose nel
riaprire vecchie ferite.
2 G. Parlato, Storia, resistenza e guerra civile, in «Palomar», aprile 2006, pp.13-29. 3 G. Fergola, Italia Invertebrata, Controcorrente, s.l., 1998, p. 9.
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CAPITOLO I
1. Il fascismo clandestino nell’Italia liberata dal settembre 1943 all’aprile 1945.
La reazione dei fascisti del Sud, all’«invasione» anglo-americana, non fu né
organica né numericamente consistente, ma certamente immediata4. Già alla fine del
1943 cominciarono a verificarsi, nell’Italia occupata dalle forze alleate, numerosi
episodi di resistenza messi in atto da parte dei fascisti5 che, superata una fase di
disorientamento fra il 25 luglio e l’8 settembre, manifestarono un’aperta adesione
alla nuova linea del fascismo repubblicano; contemporaneamente riemergevano tra i
dirigenti locali le violente polemiche e i contrasti ideologici che avevano
caratterizzato la nascita del fascismo e che il regime aveva tentato di comporre nel
corso del ventennio6.
1.1 La nascita delle «Guardie ai Labari».
1.1.1 La fine del regime fascista e la crisi del settembre 1943.
Il regime fascista concluse la sua esperienza il 25 luglio 19437. Nella notte
fra il 24 e il 25 luglio 1943, il Gran consiglio del fascismo approvò a forte
4 F. Tigani Sava, Resistenza fascista in Calabria. Il processo degli 88, 1943-1945, C.B.C., s.l., 1992, p. 7. 5 G. Conti, La RSI e l’attività del fascismo clandestino nell’Italia liberata dal settembre 1943 all’aprile 1945, in «Storia Contemporanea», n. 4-5, 1979, p. 941; cfr. F. Fatica, Mezzogiorno e Fascismo clandestino 1943-1945, I.S.S.E.S., Napoli, 1998, p. 20; cfr. A. Mammone, Gli orfani del duce. I fascisti dal 1943 al 1946, in «Italia contemporanea», n. 239-240, giugno-settembre 2005, p. 12. 6 F. Tigani Sava, op. cit., p. 7. 7 G. Conti, op. cit., p. 941; cfr. R. De Felice, Breve storia del fascismo, Mondadori, Milano, 2002, p. 114; cfr. G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, Le origini del neofascismo in Italia, 1943-1948, Il Mulino, Bologna, 2006, pp. 7-9. Sulla seduta del Gran Consiglio del fascismo del 25 luglio 1943, cfr. R. De Felice, Mussolini l’alleato. I: L’Italia in guerra, 1940-1943, t. II: Crisi e agonia del regime, Einaudi, Torino, 1990, pp. 1340-1402; cfr. D. Grandi, 25 luglio-Quarant’anni dopo, Il Mulino, Bologna, 1983; cfr. D. Lembo, La resistenza fascista - fascisti e agenti speciali dietro le linee - La Rete Pignatelli e la resistenza fascista nell’Italia invasa dagli angloamericani, MA.RO., Copiano (PV), 2004, p. 33; cfr. H. Woller, I conti col fascismo. L’epurazione in Italia, 1943-1948, Il Mulino, Bologna, 1997, pp. 19-20; cfr. N. Giardini, Bocca di Lupo. Romanzo di vita vissuta. Storia minore, Ursini, Catanzaro Lido, 2003, p. 115.
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maggioranza un ordine del giorno presentato da Dino Grandi, che invitava il re a
riassumere le funzioni di comandante supremo delle forze armate e suonava come
un’affermazione di sfiducia nei confronti del duce8. Mussolini, convocato nel
pomeriggio del 25 luglio da Vittorio Emanuele III, venne invitato a rassegnare le
dimissioni e arrestato dai carabinieri9; capo del governo venne nominato il
maresciallo Pietro Badoglio, ex comandante delle forze armate10. Nel proclama
seguito all’arresto di Mussolini e alla nomina di Badoglio a capo del Governo, il re
fece inserire la famosa frase: «La guerra continua!»11. Dai vertici del PNF non ci fu
alcuna reazione all’arresto di Mussolini12; Scorza, segretario del PNF, diramò alle
federazioni fasciste un invito alla calma13. La guerra continuava e non era
compatibile con l’etica fascista aprire un conflitto tra Milizia e Carabinieri Reali,
dovevano essere evitate complicazioni, che avrebbero potuto portare a una guerra
civile14. Scorza avrebbe rivelato in seguito che Mussolini, contrariamente a chi gli
proponeva di arrestare gli oppositori, aveva detto:
Arrestarli tutti? (…) Chiedere l’aiuto allo straniero per risolvere le cose
interne? E il Re come reagirebbe? E l’esercito? La possibilità di una guerra civile alle
spalle delle truppe schierate contro il nemico? (…) Soluzione da scartarsi, anche nel
caso dell’esistenza di una congiura (…) soprattutto perché niente affatto risolutiva nei
confronti del problema centrale, del come cioè trarre il paese fuori da questa
situazione15.
8 E. Aga Rossi, Una nazione allo sbando. L’armistizio italiano del settembre 1943 e le sue conseguenze, Bologna, Il Mulino, 1993, p. 61; cfr. D. Lembo, op. cit., p. 33; cfr. F. Fatica, Mussolini si oppose alla guerra civile nel Sud, «Italia Tricolore per la Terza Repubblica», n.5, agosto/settembre 1995, decima puntata, Centro studi e documentazioni sulla lotta clandestina fascista nelle terre occupate dagli anglo-americani: 1943-1945, Napoli, p. 8. Per un approfondimento sull’atteggiamento che Mussolini tenne nei confronti dei sostenitori dell’ordine del giorno di Dino Grandi, presentato al Gran Consiglio del fascismo il 24-25 luglio 1943, a cui seguì l’arresto del duce, cfr. R. De Felice, Breve storia del fascismo, cit., p. 118; cfr. R. De Felice, Mussolini l’alleato, II, La guerra civile (1943-1945), Einaudi, Torino, 1997, p. 518 e sgg. 9 H. Woller, op. cit., pp. 19-20; cfr. A. Cucco, op. cit., pp. 113-114; cfr. E. Aga Rossi, op. cit., p. 61. 10 A. Cucco, op. cit., pp. 113-114; cfr. H. Woller, op. cit., p. 20; cfr. E. Aga Rossi, op. cit., p. 61. 11 A. Cucco, Non volevamo perdere, Cappelli, Bologna, 1949, p. 114; cfr. F. Fatica, Mezzogiorno e Fascismo clandestino 1943-1945, cit., p. 10; cfr. H. Woller, op. cit., p. 20; cfr. D. Lembo, op. cit., p. 33; cfr. R. De Felice, Mussolini l’alleato, II, La guerra civile (1943-1945), cit., p. 74. 12 H. Woller, op. cit., p. 25 e sgg; cfr. E. Aga Rossi, op. cit., p. 62; cfr. F. Fatica, Mussolini si oppose alla guerra civile nel Sud, cit., p. 8. 13 F. Fatica, Mezzogiorno e Fascismo clandestino 1943-1945, cit., pp. 11-12; cfr. H. Woller, op. cit., pp. 27-28; cfr. F. Fatica, Mussolini si oppose alla guerra civile nel Sud, cit., p. 8. 14 F. Fatica, Mezzogiorno e Fascismo clandestino 1943-1945, cit., p. 12. 15 Ivi, p. 11.
8
L’arresto di Mussolini segnò la fine del regime e il nuovo governo Badoglio
dette inizio a una legislazione tendente a smontare l’apparato statale e politico
messo in piedi dal fascismo16.
Il 3 settembre venne firmato l’armistizio, reso noto solo l’8 da Badoglio al
Paese, attraverso un comunicato radiofonico17: quello che i negoziatori italiani
dovettero sottoscrivere fu un atto di resa senza nessuna garanzia per il futuro18.
L’annuncio dell’armistizio gettò l’Italia nel caos più completo19. In concomitanza
con l’arrivo a Brindisi, nella notte tra il 9 e il 10 settembre 1943, di Vittorio
Emanuele III e di Badoglio20 – col loro seguito familiare, qualche stretto
collaboratore e quei pochi sottosegretari e ministri del governo che erano stati
informati – vi fu lo sbarco degli Alleati sulla costa salernitana: i nuclei centrali di
questo grande esercito erano costituiti dalla V Armata americana, comandata dal
generale Mark Clark e dall’VIII armata inglese del generale Bernard Montgomery21.
Le truppe italiane, abbandonate a se stesse, non riuscirono a opporre una resistenza
organizzata ai tedeschi22, che, costretti alla ritirata dallo sbarco alleato23,
procedettero a una sistematica occupazione di tutta la parte centro-settentrionale
dell’Italia.
16 G. Conti, op. cit., p. 941; cfr. G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., pp. 7-8; cfr. R. De Felice, Breve storia del fascismo, cit., p. 114; cfr. H. Woller, op. cit., p. 37. 17 H. Woller, op. cit., p. 41 e pp. 57-58; cfr. E. Aga Rossi, op. cit., p. 86, p. 113 e sgg.; cfr. A. Mammone, op. cit., p. 1. Per la lettura del testo dell’annunzio dell’armistizio alla radio, cfr. H. Woller, op. cit., p. 58; cfr. R. Ciuni, L’Italia di Badoglio, Storia del Regno del Sud 8 settembre 1943-5 giugno 1944, Rizzoli, Milano, 1993, p. 441. 18 Il 3 settembre 1943 venne firmato l’armistizio breve. Il 29 settembre in un incontro a Malta Badoglio e Eisenhower firmarono l’armistizio lungo, approvato il 21 agosto, che prevedeva la resa e il disarmo totale delle forze italiane; il controllo alleato del territorio; condizioni economiche pesantissime; la clausola 29 sui criminali di guerra, in cui veniva richiesta l’arresto e la consegna di Mussolini e dei principali esponenti del fascismo. Cfr. E. Aga Rossi, op. cit., pp. 78-79, p. 136 e sgg.; cfr. R. Ciuni, op. cit., p. 141 e sgg. 19 Per un approfondimento sull’atteggiamento popolare, in tutto il territorio italiano, tra il 25 luglio e l’8 settembre, cfr. R. De Felice, Mussolini l’alleato, II, La guerra civile (1943-1945), cit., p. 74 e sgg. 20 A. Alosco, Episodi di «resistenza» nel Regno del Sud, in AA.VV., Il dissenso clandestino 1943-1945 nelle regioni meridionali occupate dagli anglo-americani, I.S.S.E.S, Napoli, 1998, p. 29; cfr. H. Woller, op. cit., p. 58 e p. 67; cfr. R. De Felice, Mussolini l’alleato, II, La guerra civile (1943-1945), cit., p. 72; cfr. E. Aga Rossi, op. cit., p. 119; cfr. R. Ciuni, op. cit., p. 7 e sgg. 21A. Alosco, op. cit., p. 29; cfr. R. Ciuni, op. cit., pp. 75-76; cfr. H. Woller, op. cit., p. 58. 22 Le forze armate italiane ricevettero dalle più alte autorità dello stato, come unica direttiva, le ultime parole del proclama che Badoglio aveva letto alla radio l’8 settembre 1943, annunciando l’armistizio: «esse dovevano cessare le ostilità contro le forze anglo-americane, ma reagire ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza». Cfr. E. Aga Rossi, op. cit., p. 7. Sulla situazione dell’esercito italiano dopo l’8 settembre 1943, cfr. E. Aga Rossi, op. cit., p. 124 e sgg; cfr. R. Ciuni, op. cit., p. 15 e sgg. 23 Cfr. R. Ciuni, op. cit., pp. 88-89.
9
E’ importante, in questa fase, sottolineare “l’assenza quasi assoluta di
reazioni consistenti da parte dei fascisti”24, proprio perché di lì a qualche settimana,
in seguito alla liberazione di Mussolini dalla sua prigione del Gran Sasso25 (quando
il fascismo parve rinascere, seppure nella nuova versione repubblicana26), la
situazione sarebbe stata, invece, nettamente capovolta e caratterizzata da un grande
fermento di iniziative. Interpretare l’atteggiamento scarsamente combattivo dei
fascisti dopo il 25 luglio con la crisi del regime è senza dubbio corretto27: alla vigilia
dell’arresto del duce, lo Stato e il regime erano in piena crisi, ma non è vero che
tutto questo dovesse portare a una caduta irreversibile del fascismo, tanto che dal 9
settembre, i fascisti si riorganizzarono e riaprirono le sedi del partito in tutta l’Italia
centro-settentrionale28. Il nuovo partito venne chiamato, oltre che fascista,
repubblicano in aperta polemica con le scelte del sovrano29. Pavolini ne divenne il
capo30: per la prima volta nella storia ventennale del fascismo il segretario non fu
nominato da Mussolini ma scelto dalla base31. La chiave di questo strano
comportamento da parte dei fascisti, che non reagirono all’arresto del duce, ma solo
all’indomani dell’armistizio, va ricercata proprio nell’8 settembre, nelle sue
conseguenze e in quelle della fuga del re a Brindisi32. Eventi che vennero considerati
dai fascisti, e non solo da loro, un “vulnus ben più drammatico e grave del 25
luglio”33; il giovane fascista educato al rispetto dello Stato e delle istituzioni –
24 G. Conti, op. cit., p. 941; cfr. G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., p. 10 e sgg. 25 Mussolini, nel primo pomeriggio del 12 settembre 1943, venne liberato dai tedeschi a Campo Imperatore, località Gran Sasso, dov’era confinato; l’operazione fu realizzata da un gruppo di paracadutisti, scesi con gli alianti, comandati dal colonnello Otto Skorzeny. Cfr. H. Woller, op. cit., p. 68; cfr. N. Giardini, op. cit., p. 115; cfr. R De Felice, Breve storia del fascismo, cit., p. 113; cfr. A. Mammone, op. cit., p. 1; cfr. R. De Felice, Mussolini l’alleato, II, La guerra civile (1943-1945), cit., p. 36 e sgg. 26 Il 15 settembre 1943, la radio tedesca trasmetteva cinque ordini del giorno del governo firmati da Mussolini: il primo rendeva noto che, a partire dal 15, il duce avrebbe riassunto la suprema direzione del fascismo in Italia; il secondo rendeva noto la nomina di Alessandro Pavolini a segretario provvisorio del PNF, il quale assumeva da quel momento la dizione di Partito repubblicano fascista. Il 18 settembre 1943 veniva annunciata personalmente da Mussolini, dai microfoni di radio Monaco, nel corso del suo primo discorso postliberazione, la costituzione della RSI. Cfr. R. De Felice, Mussolini l’alleato, II, La guerra civile (1943-1945), cit., p. 72, p. 345 e sgg. 27 G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., p. 12. 28 Ivi, pp. 12-13. 29 Ivi, p. 13. 30 La nomina di Alessandro Pavolini a segretario del Partito repubblicano fascista venne annunciata il 15 settembre 1943 dalla radio tedesca, durante la comunicazione dei cinque ordini del giorno del governo firmati da Mussolini, cfr. R. De Felice, Mussolini l’alleato, II, La guerra civile (1943-1945), cit., p. 72. 31 G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., p. 13 . 32 Ivi, p. 14. 33 Ibidem.
10
l’esercito, la burocrazia e soprattutto la maestà del re34– avrebbe potuto sopportare
l’allontanamento del duce in nome di ragioni legate alla sorte della nazione, ma non
quello che venne vissuto come il «tradimento» di Vittorio Emanuele III, simbolo
vivente della patria e dello Stato35. Per i fascisti rimasti nell’Italia liberata fu proprio
la creazione di uno stato repubblicano, capeggiato da Mussolini, a costituire un
punto di riferimento, e per molti una spinta ad agire, per tentare di mantenere in vita
il fascismo36.
Il ritorno del duce alla testa del risorto fascismo repubblicano provocò in molti fascisti
un rinnovato entusiasmo, ed ebbe l’effetto di galvanizzare molti di coloro che forse
avevano considerato la partita definitivamente chiusa il 25 luglio37.
Si verificarono infatti nel territorio liberato dagli anglo-americani, verso la fine del
1943, vari episodi che dimostravano come, superata la fase iniziale di sbandamento,
numerosi fascisti si stavano riorganizzando ispirandosi più o meno direttamente alla
nuova linea del fascismo repubblicano38.
1.1.2 Le «Guardie ai Labari»
Nella primavera del 1943, quando ancora si poteva ipotizzare un’imminente
invasione del territorio nazionale e in vista del definitivo abbandono del Nord
Africa, da parte delle truppe dell’Asse, i vertici del fascismo pensarono di creare
quella che oggi si definirebbe una struttura politico/militare di stay behind, che
potesse operare non solo in difesa del territorio nazionale, ma anche agire
clandestinamente oltre le linee, nell’eventualità che una parte del territorio italiano
venisse invaso dalle armate straniere39.
34 Ivi, pp. 14-15. 35 Ivi, p. 15. 36 G. Conti, op. cit, p. 941; cfr. F. Fatica, op. cit., pp. 19-20; cfr. F. Fatica, I fascisti del Sud – l’8 settembre '43, «Italia Tricolore per la Terza Repubblica», n. 2, 28/2/1994, seconda puntata, Centro studi e documentazioni sulla lotta clandestina fascista nelle terre occupate dagli anglo-americani: 1943-1945, Napoli. 37 G. Conti, op. cit., p. 941; cfr. F. Fatica, Mezzogiorno e Fascismo clandestino 1943-1945, cit., p. 21. 38 G. Conti, op. cit, pp. 941-942. 39 D. Lembo, op. cit., p. 20; cfr. G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., p. 38; cfr. G. Pisanò, Storia della guerra civile in Italia 1943-1945, vol. II, Centro Editoriale Nazionale, Roma, 1981, p. 2; cfr. G. Artieri, Cronaca della Repubblica Italiana, Mussolini e l’avventura repubblicana, vol. I, Mondadori, Milano, 1981, p. 240.
11
Carlo Scorza – ultimo segretario del PNF40 – propose a Mussolini la
creazione di un’organizzazione segreta, che avrebbe dovuto svolgere azioni di
disturbo a danno dei possibili invasori41. Egli riteneva opportuno costituire in ogni
federazione gruppi di fascisti in grado di organizzare un’estrema resistenza nel caso
in cui gli sviluppi della guerra avessero incrinato il fronte interno42. Mussolini fu
d’accordo con questa proposta, ritenendo che potesse tornare utile, soprattutto in
caso di invasione e di occupazione: le diede il nome di «Guardie ai Labari»43
specificando che ne “avrebbero fatto parte anziani e giovani di più sicura solidità
spirituale e fisica”44.
Quando l’organizzazione era in stato avanzato, Mussolini comunicò al
segretario che aveva ritenuto, dopo una lunga riflessione, di dare alle «Guardie ai
Labari» “un significato essenzialmente ideale, escludendo ogni ipotesi di creare
gruppi armati”45, a differenza delle due organizzazioni progettate per la guerra dietro
le linee, il Comando X° Reggimento Arditi e il Comando Nuotatori Paracadutisti46.
Secondo la maggior parte della memorialistica fascista, al Sud ci sarebbe stata la
disperata volontà dei fascisti di non permettere agli Alleati una vita tranquilla nelle
terre occupate, badando però bene a non macchiarsi di delitti contro altri italiani:
l’ipotesi di una guerra fratricida sarebbe stata sempre scartata da Mussolini, che non
40 Carlo Scorza, segretario del PNF dal 19/04/1943 al 25/07/1943, cfr. E. Gentile, Fascismo e antifascismo, I partiti italiani fra le due guerre, Le Monier, Firenze, 2000, pp. 476-477. 41 A. Cucco, op. cit., p. 117; cfr. F. Fatica, Mezzogiorno e Fascismo clandestino 1943-1945, cit., p. 9; cfr. G. Conti, op. cit, p. 954; cfr. D. Lembo, op. cit., pp. 20-21; cfr. N. Giardini, op. cit., p. 92; cfr. G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., p. 38; cfr. F. Tigani Sava, op. cit., p. 110; cfr. B. De Falco, Maria Pignatelli e il MIF, in AA.VV., Il dissenso clandestino 1943-1945 nelle regioni meridionali occupate dagli anglo-americani, I.S.S.E.S, Napoli, 1998, p. 38; cfr. F. Fatica, La Repubblica di Comiso, «Italia Tricolore per la Terza Repubblica», n. 4, 30/4/1994, terza puntata, Centro studi e documentazioni sulla lotta clandestina fascista nelle terre occupate dagli anglo-americani: 1943-1945, Napoli p. 11; cfr. G. Artieri, op. cit., p. 240. 42 A. Cucco, op. cit., p. 117; cfr. G. Parlato, Note e riflessioni sul ruolo della RSI nell’attività clandestina fascista al sud (1943-1945), in AA.VV., Il dissenso clandestino 1943-1945 nelle regioni meridionali occupate dagli anglo-americani, I.S.S.E.S, Napoli, 1998, p. 49; cfr. G. Artieri, op. cit., pp. 240-241. 43 A. Cucco, op. cit., p. 117; cfr. G. Parlato, Note e riflessioni sul ruolo della RSI nell’attività clandestina fascista al sud (1943-1945), cit., p. 49; cfr. G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., p. 38; cfr. D. Lembo, op. cit., pp. 20-21; cfr. B. De Falco, op. cit., p. 38; cfr. F. Tigani Sava, op. cit., p. 110; cfr. G. Pisanò, op. cit., p. 2; cfr. G. Artieri, op. cit., pp. 240-241. 44 A. Cucco, op. cit., pp. 117-118; cfr. G. Parlato, Note e riflessioni sul ruolo della RSI nell’attività clandestina fascista al sud (1943-1945), cit., p. 49. 45 A. Cucco, op. cit., pp. 117-118; cfr. G. Parlato, Note e riflessioni sul ruolo della RSI nell’attività clandestina fascista al sud (1943-1945), cit., p. 49; cfr. G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., p. 42; cfr. F. Fatica, Mezzogiorno e Fascismo clandestino 1943-1945, cit, p. 9; cfr. D. Lembo, op. cit., p. 27; cfr. F. Tigani Sava, op. cit., p. 110; cfr. G. Artieri, op. cit., p. 241. 46 Cfr. D. Lembo, op. cit., p. 21 e sgg.
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voleva operazioni di guerriglia, sia per allontanare la possibilità che scoppiasse, al
Sud come al Nord, una guerra civile – per evitare sanguinose rappresaglie alla
stessa popolazione47 – sia perché i mezzi di cui disponeva la resistenza fascista nel
Meridione erano veramente scarsi48. Pur obbedendo al duce l’iniziativa di Scorza era
già entrata in una fase operativa e, in un momento delicato come quello segnato
dall’invasione alleata della penisola, la presenza di nuclei fascisti nelle zone
occupate poteva diventare un elemento di vitale importanza anche se, con la caduta
del regime, i gruppi clandestini che si erano già formati al sud rimasero senza ordini
e indicazioni49. Il gruppo delle «Guardie ai Labari» non si limitò infatti unicamente
alla funzione di presidio ideologico ma tentò di trasformarsi in un’organizzazione
armata e in una vera struttura di spionaggio50. Tra i fascisti che decisero di non
deporre le armi e di continuare a combattere nei territori invasi vi furono sia
giovanissimi che fascisti della prima ora i quali, trasformatosi il fascismo da
rivoluzionario in fascismo regime, erano stati sovente messi da parte dal partito, se
non addirittura cacciati o confinati51. Al vertice dell’organizzazione delle «Guardie
ai Labari» fu posto il principe Valerio Pignatelli di Cerchiara, nobile calabrese, tra i
primi ad aver aderito al movimento fascista – da cui si era dimesso più volte – e con
buoni rapporti in Vaticano52.
47 G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., pp. 37-38 e p. 42; cfr. F. Fatica, Mezzogiorno e Fascismo clandestino 1943-1945,cit., p. 9 e p. 21; cfr. A. De Pascale, Riflessioni sull’attività clandestina al sud, in AA.VV., Il dissenso clandestino 1943-1945 nelle regioni meridionali occupate dagli anglo-americani, I.S.S.E.S, Napoli, 1998, p. 82; cfr. G. Parlato, Note e riflessioni sul ruolo della RSI nell’attività clandestina fascista al sud (1943-1945), cit., p. 50; cfr. D. Lembo, op. cit., pp. 189-190; cfr. F. Fatica, Il fascismo clandestino 1943-1945, «Italia Tricolore per la Terza Repubblica», n. 2, 28/2/1994, prima puntata, Centro studi e documentazioni sulla lotta clandestina fascista nelle terre occupate dagli anglo-americani: 1943-1945, Napoli; cfr. F. Fatica, La Repubblica di Comiso, cit., p. 11.; cfr. F. Fatica, Il fascismo clandestino in Sardegna, «Italia Tricolore per la Terza Repubblica», n. 8, 30/10/1994, quinta puntata, Centro studi e documentazioni sulla lotta clandestina fascista nelle terre occupate dagli anglo-americani: 1943-1945, Napoli, p. 10; cfr. F. Fatica, Mussolini si oppose alla guerra civile nel Sud, cit., p. 8; cfr. L. M. Perri, La centrale nera di Nicastro e Sambiase, «Il Lametino», N. 66 Febbraio 2007, p. 19. 48 G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., p. 38. 49 G. Parlato, Note e riflessioni sul ruolo della RSI nell’attività clandestina fascista al sud (1943-1945), cit., pp. 49-50. 50 D. Lembo, op. cit., p. 31. 51 Ibidem. 52 A. Cucco, op. cit., pp. 117-118; cfr. G. Conti, op. cit., pp. 954-955; cfr. G. Parlato, Note e riflessioni sul ruolo della RSI nell’attività clandestina fascista al sud (1943-1945), cit., p. 38; cfr. G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., pp. 38-40, p. 381 e sgg.; cfr. D. Lembo, op. cit., p. 27; cfr. N. Giardini, op. cit., p. 42, p. 112 e sgg.; cfr. B. De Falco, op. cit., p. 38; cfr. F. Fatica, Mezzogiorno e Fascismo clandestino 1943-1945, cit, pp. 45-46; cfr. F. Tigani Sava, op. cit., p. 110; cfr. A. Mammone, op. cit., p. 14; cfr. R. Ciuni, op. cit., p. 355 e sgg.; cfr. V. Pignatelli, Il Caso Pace oppure Il caso dirigenti del M.S.I., La Tipomeccanica, Catanzaro, 1948, p. 30 e sgg.; cfr. G. Pisanò, op. cit., p. 2; cfr. S. Bertoldi, Contro Salò,
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Dopo l’arresto del duce l’organizzazione del movimento di resistenza
fascista clandestina al Sud rallentò notevolmente: il principe Valerio Pignatelli di
Val Cerchiara, insieme a Ettore Muti, Francesco Barracu53 e ad altri uomini di
vertice del fascismo, riteneva che fosse assolutamente necessario liberare
Mussolini54, e altrettanto indispensabile continuare contemporaneamente
l’organizzazione delle «Guardie ai Labari», che aveva subito un grave colpo con lo
scioglimento del PNF55. Pignatelli tornò in Calabria per ricostruire e guidare
l’organizzazione56, nell’imminenza di un’invasione e collaborò con l’avv. Nando di
Nardo e con l’arch. Antonio de Pascale a Napoli, con l’avv. Luigi Filosa a Cosenza
e in Puglia, col tenente Pietro Capocasale e con Simone Ansani nella provincia di
Catanzaro57.
Il Principe Pignatelli in un suo Rapporto alla Commissione Centrale di
Disciplina del M.S.I., il 7 giugno 1948, dichiarava:
Vita e morte del Regno del Sud, Bompiani, Milano, 1984, pp. 189-190; cfr. G. Artieri, op. cit., pp. 245-246; cfr. B. Spampanato, L’ultimo Mussolini, L’Italia «liberata» dopo la capitolazione, «Resistenza» a Sud, in Appendice storica, vol. IV, Illustrato, Napoli, 1958, p. 350; cfr. N. Gimigliano, Procida, Memorie dal Penitenziario, Rubbettino, Soveria Mannelli, 1997, p. 247 e sgg.; cfr. L. M. Perri, Quando un gruppo di camicie nere tentò di sbarrare il passo agli alleati, «Gazzetta del Sud», Giovedì 15 Marzo 2007, p. 22; cfr. L.M. Perri, Il «covo nero» di Nicastro, «Il Lametino», N. 63 Dicembre 2006, p. 22. 53 Francesco Maria Barracu, primo federale di Catanzaro e poi esponente della RSI, come sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, cfr. R. De Felice, Mussolini l’alleato, II, La guerra civile (1943-1945), cit., p. 362. Ettore Muti, segretario del PNF dal 7/11/1939 al 30/10/1940, cfr. E. Gentile, Fascismo e antifascismo, I partiti italiani fra le due guerre, cit., pp. 476-477. 54 Intorno al 20 agosto 1943 i coniugi Pignatelli raggiunsero a Roma l’ex federale di Catanzaro Barracu. Era necessaria un’organizzazione centrale romana che coordinasse le «Guardie ai Labari» e che si occupasse anche della liberazione di Mussolini. I coniugi Pignatelli puntavano a coinvolgere Ettore Muti nel duplice progetto, ma l’ex segretario venne ucciso. Il principe riuscì comunque a incontrare Barracu e insieme contattarono l’ex segretario del PNF Scorza, il quale tuttavia si mostrò apertamente contrario al tentativo di liberare il duce. A questo punto Barracu rimase a Roma, mentre Pignatelli tornò in Calabria per occuparsi delle «Guardie ai Labari». Si mantennero sempre in contatto: dopo la nomina alla vice-presidenza del Consiglio repubblicano di Barracu, il principe ricevette dall’ex federale di Catanzaro un messaggio radio che lo invitava a restare sul posto, per portare avanti il programma prestabilito. Cfr. V. Pignatelli, op. cit., p. 31 e sgg.; cfr. G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., pp. 40-41; cfr. F. Fatica, Mezzogiorno e Fascismo clandestino 1943-194., cit., p. 10 e p. 46; cfr. D. Lembo, op. cit., pp. 37-38 e p. 49; cfr. F. Fatica, Mussolini si oppose alla guerra civile nel Sud, cit., p. 8; cfr. F. Tigani Sava, op. cit., p. 110. 55 F. Fatica, Mezzogiorno e Fascismo clandestino 1943-1945, cit., p. 10; cfr. G. Pisanò, op. cit., p. 2. 56 N. Giardini, op. cit., p. 42 e p. 119; cfr. G. Conti, op. cit., p. 954; cfr. F. Fatica, Mezzogiorno e Fascismo clandestino 1943-1945, cit., p. 9; cfr. G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., p. 56; cfr. F. Tigani Sava, op. cit., p. 110; cfr. G. Pisanò, op. cit., p. 2; cfr. Valerio Pignatelli, «la primula rossa» fascista nell’Italia occupata (non firmato), «Historica Nuova», Anno IV/N.13, 2005, Centro Studi di Storia Contemporanea, p. 2 e sgg. 57 D. Lembo,op. cit., p. 149; cfr. F. Fatica, Mezzogiorno e Fascismo clandestino 1943-1945, cit., p. 48; cfr. G. Parlato, Note e riflessioni sul ruolo della RSI nell’attività clandestina fascista al sud (1943-1945), cit., p. 49; cfr. G. Pisanò, op. cit., p. 2.
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Dato il noto proclama «La guerra continua»58 e la frase del Generale Mercalli
«Catanzaro sarà la Stalingrado d’Italia», Barracu ed io convenimmo sulla opportunità di
iniziare un lavoro per riprendere l’organizzazione della «Guardia ai Labari». Scopo di
queste formazioni: raccogliere elementi fascisti e, in caso di sbarco degli alleati,
svolgere con essi azioni da franco-tiratori, fiancheggiando le truppe regolari, specie alle
spalle e sulle linee di comunicazione del nemico. Preparare perciò basi in Aspromonte,
nelle Serre e, in ultimo, in Sila59.
1.2 La RSI e il fascismo clandestino.
Il fascismo, rinato in forma clandestina nell’Italia liberata, fra il settembre
1943 e la primavera 1944, lo fece in nome degli stessi principi sulla base dei quali
era sorto al nord lo stato fascista repubblicano60. Dalla RSI si attendevano al sud
aiuti concreti per sopravvivere e si guardava a essa come a una fonte d'ispirazione
politica e ideale61.
Fino alla primavera del 1944 i contatti con la RSI furono scarsi o addirittura
inesistenti per due motivi: la mancanza di preparazione da parte delle autorità della
RSI, che non avevano previsto un programma di riscossa al sud, limitandosi a
gestire con difficoltà la già grave situazione settentrionale; per esplicita decisione di
Mussolini, da cui dipese l’atteggiamento del governo della RSI, almeno fino alla
primavera del 194462. La RSI si interessò dell’attività del fascismo clandestino nel
meridione soprattutto a livello propagandistico63, più per sottolineare la difficile
situazione della vita quotidiana sotto il governo Badoglio che per creare nuovo
58D. Lembo, op. cit., p. 33; cfr. R. De Felice, Mussolini l’alleato, II, La guerra civile (1943-1945), cit., p. 74. 59 V. Pignatelli, op. cit., p. 31; cfr. G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., p. 40. 60 G. Conti, op. cit., pp. 964-965; cfr. A. Mammone, op. cit., p. 13. 61 Ibidem. 62 G. Parlato, Note e riflessioni sul ruolo della RSI nell’attività clandestina fascista al sud (1943-1945), cit., p. 50; cfr. G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., pp. 41-42. Nel gennaio 1944 falliva il tentativo, gestito direttamente da Mussolini, di sostituire Pavolini con Fulvio Balisti, al vertice del PFR; Pavolini si trovò rafforzato nella sua posizione, diventando il vero punto di riferimento della base fascista repubblicana, e decise di promuovere un’effettiva politica della RSI per il sud, cfr. G. Parlato, Note e riflessioni sul ruolo della RSI nell’attività clandestina fascista al sud, cit., pp. 53-54; cfr. R. De Felice, Mussolini l’alleato, II, La guerra civile (1943-1945), cit., p. 544 e sgg. 63G. Parlato, Note e riflessioni sul ruolo della RSI nell’attività clandestina fascista al sud (1943-1945), cit., p. 51; cfr. G. Conti, op. cit., p. 965; cfr. A. Mammone, op. cit., p. 13.
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spazio organizzativo e politico per gruppi fascisti64. Tale atteggiamento è provato
dal considerevole spazio riservato, dai quotidiani della repubblica di Mussolini, alle
vicende del sud: la stampa dava quotidianamente notizia della fame, del fenomeno
della borsa nera, delle relative agitazioni che animavano le cronache politiche e
giudiziarie del governo monarchico; l’interesse era verso i periodici tumulti per la
coscrizione obbligatoria, per le repressioni e le violenze delle truppe occupanti –
spesso di colore – nei confronti della popolazione italiana65. E se al nord si guardò
sempre con grande interesse a tutto ciò che accadeva nella parte occupata dagli
anglo-americani e che riguardasse in qualche modo «l’Italia del re», nel Regno del
Sud si cercò di minimizzare l’importanza della RSI, giungendo fin quasi a ignorarne
l’esistenza sugli organi di stampa66. Tuttavia da parte delle autorità della RSI tale
interesse per il fascismo clandestino non si tradusse in aiuti concreti nei confronti
dei gruppi che operavano nella clandestinità, almeno fino alla primavera del 194467;
a partire da giugno la RSI inviò alla resistenza fascista al Sud aiuti in denaro, armi e
istruzioni per azioni di sabotaggio68.
Tra la fine del 1943 e l’inizio del 1944 la RSI rivolse un’attenzione quasi
morbosa al Regno del sud e a quel governo che esercitava la propria giurisdizione su
una piccola parte del territorio nazionale. Badoglio tuttavia governava in nome della
continuità dello stato, rappresentata dalla persona del re, e poteva quindi dichiarare
che il suo fosse il solo governo italiano legittimo69. Le grandi testate della RSI
pubblicavano quotidianamente numerosi articoli riguardanti l’Italia meridionale ma
gli episodi realmente accaduti venivano spesso presentati insieme ad altri, frutto
della fantasia del cronista70. Protagonisti di questi avvenimenti erano «eroici
patrioti» che nell’Italia «invasa» si opponevano ai nemici anglo-americani, episodi
riportati per lo più senza indicazioni di tempo e di luogo e senza nomi oppure con
indicazioni talmente generiche da rendere praticamente impossibile qualsiasi 64 G. Parlato, Note e riflessioni sul ruolo della RSI nell’attività clandestina fascista al sud (1943-1945), cit., p. 51. 65 G. Parlato, Note e riflessioni sul ruolo della RSI nell’attività clandestina fascista al sud (1943-1945), cit., p. 51.; cfr. G. Conti, op. cit., p. 965. 66 G. Conti, op. cit., p. 965. 67 G. Parlato, Note e riflessioni sul ruolo della RSI nell’attività clandestina fascista al sud (1943-1945), cit., p. 51. 68 G. Conti, op. cit., p. 965; cfr. A. Mammone, op. cit., p. 13. 69 G. Conti, op. cit., p. 965. 70 Ivi, pp. 965-966.
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identificazione71. Un’azione propagandistica così massiccia aveva lo scopo di
galvanizzare l’opinione pubblica della RSI, mostrandole come al sud non soltanto il
fascismo non fosse morto ma stesse anzi organizzando, alle spalle delle truppe
anglo-americane, una forma di resistenza analoga a quella che nasceva in quei mesi
nelle città e nelle montagne del nord72. Esempi clamorosi di questa propaganda
furono l’invenzione di «Radio Muti» – una radio fascista clandestina che agiva
nell’Italia del sud – e del personaggio divenuto popolare col nome di «Scugnizzo»73.
«Radio Muti», la cui esistenza appariva soltanto da alcuni articoli de «Il Messagero»
e de «Il Giornale d’Italia»74, nasceva come simbolo della resistenza, sia contro i
nemici esterni sia contro quelli interni: la scelta di Muti non era casuale, ma aveva
un preciso significato politico e psicologico, nel momento in cui al nord si tentava di
presentare la sua figura come quella di un martire del tradimento badogliano. Ettore
Muti era morto nella pineta di Fregene, in circostanze mai chiarite del tutto, mentre
era impegnato nel tentativo di liberare il duce; molti sostengono che venne
assassinato, su ordine di Badoglio, nella notte fra il 23 e il 24 agosto75. Anche la
figura dello «Scugnizzo» era frutto di un’invenzione giornalistica che finì per
assumere una dimensione quasi reale, al punto da essere considerato un personaggio
realmente esistente; di lui si parlò praticamente per tutta la durata della RSI, per la
quale rappresentò il tipo dell’italiano «patriota» che si ribellava all’invasione della
propria terra da parte dei nemici anglo-americani76.
A lungo andare l’interesse e lo spazio dedicato dagli organi di stampa alle
azioni di resistenza nel sud venne ridotto, probabilmente perché ci si rese conto che
il gonfiamento eccessivo e l’invenzione di fatti e personaggi potesse essere
controproducente77. Il ministro della Cultura Popolare78 il 12 gennaio 1944, nel
71 Ibidem. 72 Ivi, p. 968. 73 G. Conti, op. cit., pp. 966-967; cfr. S. Bertoldi, op. cit., pp. 192-193; cfr. G. Artieri, op. cit., pp. 254-255. 74 G. Conti, op. cit., p. 967. 75 F. Fatica, Mezzogiorno e Fascismo clandestino 1943-1945, cit., pp. 21-22; cfr. D. Lembo, op. cit., pp. 36-37, p. 39 e sgg.; cfr. G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., pp. 40-41; cfr. A. De Pascale, op. cit., pp. 78-79; cfr. H. Woller, op. cit., p. 44; cfr. F. Fatica, Mussolini si oppose alla guerra civile nel Sud, cit., p. 8. 76 G. Conti, op. cit., pp. 967-968; cfr. D. Lembo, op. cit., p. 195; cfr. G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., pp. 61-62; G. Conti, op. cit., pp. 192-193. 77 G. Conti, op. cit., p. 968. 78 Ministro della Cultura Popolare del primo governo della RSI era Fernando Mezzasoma, cfr. R. De Felice, Mussolini l’alleato, II, La guerra civile (1943-1945), cit., p. 364.
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suggerire ai rappresentanti della stampa del nord l’atteggiamento da tenere,
trovandosi a scrivere dell’Italia occupata e dei problemi politici e sociali che la
riguardavano, dichiarava:
E’ alla riconquista di queste masse che dovrà tendere tutta la nostra propaganda di
domani: ma la propaganda di oggi deve appunto per questo muovere alla comprensione
piena di particolari problemi di queste masse. Pertanto avvenimenti che si svolgono
nell’Italia invasa vanno registrati con obiettività sempre vigile e critica79.
Furono invece incrementati i tentativi di far giungere direttamente ai gruppi
clandestini fascisti la voce e le direttive della RSI80. A tale scopo venne creato un
apposito ufficio del Ministero della Cultura Popolare, in accordo con le autorità
germaniche, per la diffusione del materiale di propaganda della RSI nell’Italia
invasa, attraverso un aeroplano germanico, che partiva da Verona per lanciare
manifestini e opuscoli appositamente realizzati sull’Italia «occupata» dagli anglo-
americani81. Particolare importanza ebbe l’opera svolta dall’Ente Nazionale per
l’Assistenza ai profughi: all’inizio del 1944 fu creato un settimanale che nelle
intenzioni dei promotori doveva
creare una vera coesione tra i profughi, infondere in loro la certezza del ritorno nelle
loro terre, stimolarli a una azione di naturale propaganda nella popolazione che crede in
loro come in chi ha sofferto la guerra e non parla in nome di interessi o di partiti, ma in
nome di un Italia tradita e travolta che deve assolutamente rinascere82.
Questo settimanale aveva come supplemento una microedizione per il lancio dagli
aerei sulle terre invase, in cui non solo comparivano scritti di profughi e di italiani
del Mezzogiorno e delle isole, ma anche istruzioni per la condotta della lotta
partigiana83. Il 25 settembre, appena due giorni dopo la sua nascita, il Governo
Nazionale Fascista diramava un appello radiofonico agli «Italiani del meridione e
della Sardegna», invitandoli a boicottare l’azione bellica degli anglo-americani84:
“non aiutate in alcun modo gli invasori; ostacolate con ogni mezzo i movimenti
degli inglesi e degli americani”85. Si trattava dei primi rudimentali consigli che, col
79 G. Conti, op. cit., p. 969. 80 Ibidem. 81Ibidem. 82 Ivi, pp. 969-970. 83 Ivi, p. 970. 84 Ivi, p. 971. 85 Ibidem.
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passare del tempo e il crescere delle conoscenze del movimento clandestino
meridionale, si perfezionarono fino a diventare un vero e proprio piano d’azione86.
E’ difficile dire se il governo della RSI credesse davvero nella possibilità di dare
vita a un forte movimento di resistenza – sul modello di quello partigiano, che
proprio in quei mesi stava dando le prime preoccupazioni alle autorità della RSI – e
nell’eventualità che esso sfociasse prima o poi in un’insurrezione armata, oppure,
più realisticamente, se si accontentasse di alimentare il malcontento esistente in vasti
settori della popolazione, per ostacolare gli avversari e allentare la pressione militare
in prima linea87.
La prima notizia certa di un contatto tra nord e sud si ebbe all’inizio del
1944 su iniziativa esplicita del principe Pignatelli, che aveva ricevuto istruzioni di
recarsi al Nord, per concordare l’azione clandestina con le autorità della RSI88. Il
principe Pignatelli incaricò la moglie, la marchesa Maria De Seta, di svolgere nel
territorio della RSI una missione speciale89. La De Seta nell’aprile 194490 era
riuscita a passare le linee grazie a un salvacondotto, concessole dal comando
americano91, al quale il principe aveva fatto intendere che la moglie avrebbe tentato
di venire in possesso di alcune informazioni segrete presso il comando tedesco a
86 Ibidem. 87 Ivi, pp. 971-972. 88 G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., p. 63; cfr. G. Pisanò, op. cit., p. 2; cfr. Valerio Pignatelli, «la primula rossa» fascista nell’Italia occupata (non firmato), art. cit., p. 3. 89 G. Conti, op. cit., p. 961; cfr. V. Pignatelli, op. cit., pp. 34-35; cfr. B. Spampanato, op. cit., p. 350; cfr. G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., p. 62; cfr. D. Lembo, op. cit, p. 151; cfr. R. Ciuni, op. cit., p. 365; cfr. F. Tigani Sava, op. cit., p. 111; cfr. F. Fatica, Mezzogiorno e Fascismo clandestino 1943-1945, cit., p. 49; cfr. B. De Falco, op. cit., p. 38; cfr. G. Pisanò, op. cit., p. 2; cfr. Valerio Pignatelli, «la primula rossa» fascista nell’Italia occupata (non firmato), art. cit., p. 3; cfr. G. Artieri, op. cit., p. 248. Sulla missione speciale della principessa Pignatelli, e su tutti i protagonisti della vicenda (Paolo Poletti, Vittoria Odinzona, Nuvolari…), è interessante il documento proveniente dal National Archives di Washington: «Copy To Saints London and Washington-report A3 205-CP 001-PRINCIPE E PRINCIPESSA VALERIO PIGNATELLI, PAUL POLETTI E VITTORIA ODINZOVA» (Riferimento archivistico: National Archives Washington, USA, Record Group 226, Entry 174, Box 147, File 1124). Il documento, privo di intestazione, data e firma, appare essere la copia di ufficio di una nota dell’Oss. Si tratta effettivamente di una copia in carta carbone, riprodotta in un microfilm. Per la visione del documento, cfr. D. Lembo, op. cit., pp. 157-159. 90 «Aiutata dal tenente Poletti, la principessa aveva già, nei mesi precedenti all’11 aprile 1944, tentato di attraversare il fronte, ma fu fermata dagli inglesi nella terra di nessuno, tra Vasto e Lanciano, sul fronte dell’VIII armata; la Pignatelli disse che stava raggiungendo i figli al Nord e gli inglesi finsero di crederle, riaccompagnandola a Napoli». Cfr. G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., pp. 62-63; cfr. R. Ciuni, op. cit., p. 365; cfr. G. Artieri, op. cit., p. 248. 91 G. Conti, op. cit., p. 961; cfr. V. Pignatelli, op. cit., pp. 34-35; cfr. R. Ciuni, op. cit., p. 365; cfr. G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., pp. 63-64; cfr. D. Lembo, op. cit, p. 151; cfr. R. Ciuni, op. cit., p. 365 e p. 368; cfr. B. De Falco, op. cit., p. 38; cfr. F. Tigani Sava, op. cit., p. 111; cfr. G. Pisanò, op. cit., p. 2.
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favore degli americani92, fornendo indicazioni gonfiate sulla consistenza e i
programmi delle forze alleate93. Ciò fu possibile perché i coniugi Pignatelli,
sistemati strategicamente in una villetta sulla collina di Monte di Dio, a Napoli,
frequentavano intellettuali antifascisti, il mondo militare inglese e americano, le
massime autorità del governo del re, il generale Wilson, i capi dei servizi segreti
militari (l’Intelligence Service inglese; l’OSS94 americano; il SIM95 italiano), i
vertici dell’amministrazione di occupazione (AMGOT96), il prefetto, i generali
alleati, ottenendone preziose informazioni militari e politiche, utili per l’attività
clandestina e per la RSI97.
Apparivano, quindi, insospettabili agli occhi degli inglesi e americani; Valerio per le
innumerevoli relazioni collegate con la sua vita negli Stati Uniti, per la sua amicizia con
Alexander Kirk e innumerevoli diplomatici americani e inglesi; lei, per uguali relazioni,
specialmente nell’establishmente britannico e fin quasi ai gradini del trono98.
La De Seta era stata aiutata a passare le linee dal tenente Poletti, un infiltrato
della X MAS presso l’OSS99, il servizio segreto americano, e dal sottotenente
Nuvolari.100 A Roma si sarebbe incontrata con personalità militari tedesche e della
RSI per informarli sull’attività del movimento fascista clandestino e per chiedere
loro collaborazione101. La prima tappa fu il quartier generale del feldmaresciallo
92 G. Conti, op. cit., p. 961; cfr. R. Ciuni, op. cit., p. 368; cfr. N. Giardini, op. cit., pp. 119-120; cfr. F. Tigani Sava, op. cit., p. 111; cfr. S. Bertoldi, op. cit., p. 191. 93 G. Conti, op. cit., p. 961; cfr. R. Ciuni, op. cit., p. 368; cfr. N. Giardini, op. cit., pp. 119-120; cfr. F. Tigani Sava, op. cit., p. 111; cfr. G. Artieri, op. cit., p. 251. 94 L’«OSS», ovvero l’Office of Strategic Service, rappresentava l’intelligence americana, cfr. R. Ciuni, op. cit., p. 103 e sgg.. 95 «SIM», Servizio Informazioni Militari badogliano. 96 «AMGOT», Allied Military Government of Occupied Territories, ovvero il Governo Militare Alleato nato il 1° maggio 1943. Per un approfondimento sulla natura e sulla strategia del governo militare alleato, cfr. H. Woller, op. cit., p. 48; cfr. A. Alosco, op. cit., p. 30; cfr. R. Ciuni, op. cit., p. 97 e sgg. 97 F. Fatica, Mezzogiorno e Fascismo clandestino 1943-1945, cit., p. 49; cfr. V. Pignatelli, op. cit., p. 33; cfr. D. Lembo, op. cit., p. 150; cfr. G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., pp. 60-61; cfr. G. Pisanò, op. cit., p. 2; cfr. S. Bertoldi, op. cit., p. 190. 98 D. Lembo, op. cit., p. 150; cfr. G. Artieri, op. cit., p. 247; cfr. N. Giardini, op. cit., p. 116. 99 G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., p. 63; cfr. S. Bertoldi, op. cit., p. 192; cfr. G. Artieri, op. cit., p. 248. 100 F. Fatica, Mezzogiorno e Fascismo clandestino 1943-1945, cit., pp. 49-50; cfr. R. Ciuni, op. cit., p. 365; cfr. V. Pignatelli, op. cit., pp. 34-35; cfr. G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., p. 63; cfr. D. Lembo, op. cit, p. 152; cfr. F. Tigani Sava, op. cit., p. 111; cfr. G. Artieri, op. cit., p. 248. 101 G. Conti, op. cit., p. 961; cfr. F. Fatica, Mezzogiorno e Fascismo clandestino 1943-1945, cit., pp. 49-50; cfr. R. Ciuni, op. cit., pp. 365-366; cfr. G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., pp. 63-64 e p. 327; cfr. D. Lembo, op. cit, p. 154; cfr. F. Tigani Sava, op. cit., p. 111; cfr. V. Pignatelli, op. cit., pp. 36-38; cfr. G. Artieri, op. cit., p. 251.
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Kesselring102, cui la Pignatelli avrebbe rivelato la dislocazione delle truppe
alleate103. Alcune ricostruzioni avanzano, in modo peraltro ambiguo, dei dubbi sui
reali scopi della missione al nord della donna, dubbi attribuiti allo stesso Kesselring
e che riguardavano la possibilità che “la principessa potesse essere incaricata di una
missione dalla famiglia reale, allora fra Napoli e Ravello”104. La principessa avrebbe
incontrato a Roma anche il sottosegretario alla presidenza della RSI Barracu105,
circostanza che risultò al processo contro Valerio Pignatelli svoltosi a Catanzaro tra
la fine di aprile e l’inizio di maggio 1945 e che venne confermata anche da Luigi
Filosa e da Nando Di Nardo106. Secondo altre ricostruzioni la principessa lasciò
Roma e, oltre a Mussolini, incontrò al Nord anche Barracu107. Trasferita al Nord con
un aereo tedesco, avrebbe incontrato il 16 aprile 1944 Mussolini presso la sua
residenza sul lago di Garda108.
Lo scopo del viaggio era soprattutto quello di prendere accordi per i futuri
contatti tra la RSI e il movimento clandestino al Sud109 e di ricevere dal duce le
istruzioni su come dovessero comportarsi le «Guardie ai Labari»110,
l’organizzazione guidata dal principe Valerio Pignatelli111 e nata per promuovere la
resistenza a oltranza alle spalle del nemico in caso di invasione112. La principessa,
da parte sua, non solo avrebbe fornito ai comandi della RSI alcune importanti
102 G. Conti, op. cit., p. 961; cfr. G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., p. 63; cfr. D. Lembo, op. cit., p. 154; cfr. R. Ciuni, op. cit., p. 365; cfr. F. Tigani Sava, op. cit., p. 112; cfr. S. Bertoldi, op. cit., p. 191; cfr. G. Artieri, op. cit., p. 249. 103 G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., p. 63. 104G. Conti, op. cit., p. 961; cfr. R. Ciuni, op. cit., pp. 366-367; cfr. G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., p. 63; cfr. G. Artieri, op. cit., pp. 251-252. 105 G. Conti, op. cit., p. 961; cfr. D. Lembo, op. cit., p. 154; cfr. R. Ciuni, op. cit., p. 365; cfr. S. Bertoldi, op. cit., p. 191; cfr. G. Artieri, op. cit., p. 248. 106 G. Conti, op. cit., p. 961. 107 G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., p. 64. 108 D. Lembo, op. cit., p. 154; cfr. G. Conti, op. cit., p. 961; cfr. F. Tigani Sava, op. cit., p. 112; cfr. S. Bertoldi, op. cit., p. 191; cfr. G. Artieri, op. cit., p. 249. 109 D. Lembo, op. cit., p. 152. 110 G. Pisanò, op. cit., p. 2. 111 G. Conti, op. cit., pp. 954-955; cfr. N. Giardini, op. cit., p. 42, p. 112 e sgg.; cfr. F. Fatica, Mezzogiorno e Fascismo clandestino 1943-1945, cit., p. 9 e pp. 45-46; cfr. G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., pp. 38-40, p 381 e sgg.; cfr. A. Cucco, op. cit., p. 117; cfr. G. Parlato, Note e riflessioni sul ruolo della RSI nell’attività clandestina fascista al sud (1943-1945), cit., p. 38 e p. 49; cfr. D. Lembo, op. cit., pp. 20-21 e p. 27; cfr. B. De Falco, op. cit., p. 38; cfr. A. Mammone, op. cit., p. 14; cfr. V. Pignatelli, op. cit., p. 30 e sgg.; cfr. G. Pisanò, op. cit., p. 2; cfr. S. Bertoldi, op. cit., pp. 189-190; cfr. N. Gimigliano, op. cit.., p. 247 e sgg.; cfr. G. Artieri, op. cit., pp. 245-246; cfr. B. Spampanato, op. cit., p. 350. In questa tesi cfr. par. 1.1.2 dal titolo le «Guardie ai Labari». 112 B. De Falco, op. cit., p. 38.
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notizie sulla consistenza dei nuclei fascisti al sud113, ma li avrebbe informati anche
di un importante progetto, messo a punto dalla rete Pignatelli e mai attuato: “tra le
notizie portate al nord, aveva quella dell’abitazione di Togliatti, quella dei
programmi ipotizzati e il sogno dell’Operazione Croce”114. Pignatelli e i suoi
avevano intenzione di prelevare Benedetto Croce, che in quel momento era a
Sorrento, per trasportarlo nel nord Italia e fargli commemorare il filosofo Gentile
ucciso dai partigiani115. Ma vi era un’altra operazione molto più importante: il
nucleo fascista clandestino di Napoli stava preparando un colpo di mano su Ravello
con un obiettivo di grande importanza politica, e, proprio, in quel periodo
soggiornava a Ravello il Re 116. Durante l’incontro, tra Mussolini e la principessa
Maria Pignatelli sembrerebbe – pur considerando che “su questo colloquio, fino a
oggi, non è trapelato nulla, a eccezione di alcune supposizioni mai avallate da prove
concrete”117 – che il duce abbia ribadito l’esclusione di ogni forma di guerriglia al
Sud, motivandola con la necessità di evitare ogni forma di guerra civile in Italia118.
Lo stesso Pignatelli dichiarò: “L’attenzione fu particolarmente paralizzata da un
messaggio che Barracu trasmise agli universitari napoletani per indurli alla calma,
onde evitare che nel Mezzogiorno d’Italia si spargesse inutilmente del sangue”119.
Di Nardo sostenne che dal nord giunsero inviti alla moderazione, sia attraverso
Maria De Seta, sia via radio, grazie ai codici che questa aveva stabilito con il
nord120. La principessa aveva portato con sé, impresso nella memoria, anche un
cifrario sulla base, in chiave nove, della poesiola «La vispa Teresa» e un codice da
adoperare nella trasmissione per i prigionieri di guerra (Pignatelli era «Il
113 G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., p. 64. 114 D. Lembo, op. cit., pp. 152-153; cfr. G. Conti, op. cit., p. 961; cfr. G. Artieri, op. cit., pp. 248-249. 115 D. Lembo, op. cit., p. 153; cfr. G. Conti, op. cit., p. 961; cfr. S. Bertoldi, op. cit., p. 191; cfr. G. Artieri, op. cit., pp. 248-249. 116 D. Lembo, op. cit., p. 153; cfr. V. Pignatelli, op. cit., p. 34. Secondo Nando Giardini, invece, l’azione su Ravello e il rapimento di Croce coincidevano: si stava infatti organizzando il sequestro del filosofo Benedetto Croce – che si trovava a Ravello – e che voleva rappresentare un vero e proprio atto di ritorsione per l’assassinio di Giovanni Gentile. Cfr. N. Giardini, op. cit., p. 117. 117 B. De Falco, op. cit., p. 38 ; cfr. R. Ciuni, op. cit., p. 366. 118 D. Lembo, op. cit., p. 154 e p. 190; cfr. G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., p. 64; cfr. G. Parlato, Note e riflessioni sul ruolo della RSI nell’attività clandestina fascista al sud, cit., p. 50; cfr. F. Fatica, Mezzogiorno e Fascismo clandestino 1943-1945, cit., p. 50; cfr. N. Giardini, op. cit., p. 118; cfr. G. Pisanò, op. cit., p. 2. 119 D. Lembo, op. cit., p. 154; cfr. L. M. Perri, La centrale nera di Nicastro e Sambiase, cit., p. 19. 120 G. Conti, op. cit., p. 961.
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cappellano», Barracu era «Ciccio», Mussolini «l’autocarro» e via di seguito)121.
Secondo una ricostruzione fatta in seguito dalla stessa Pignatelli, Mussolini sarebbe
stato invitato dalla moglie del principe a trasferirsi in Calabria allo scopo di
consegnarsi agli Alleati122. Una proposta quasi incredibile, se non si conosce lo
studio di Bartolo Gallitto123, secondo cui tutta la missione Pignatelli al nord sarebbe
stata condotta in pieno e segreto accordo con gli Americani, in funzione
anticomunista e antiinglese124. La principessa, prima di rientrare al Sud, come da
accordi precedentemente presi, lanciò attraverso la radio nazionale un messaggio
convenzionale al marito, nel quale si ripeteva «Bertuccia Maria, Vittoria Bertucci,
Alba Mercoles»125, e che venne intercettato dal SIM. Il colonnello Trotta, nel ruolo
della Pubblica Accusa al Processo degli 88, riteneva che il messaggio nascondesse
ordini indirizzati ai cospiratori calabresi e che il principe, invece, disse essergli stati
trasmessi per rassicurarlo126. La spiegazione data dal Pignatelli era stata abbastanza
banale: i messaggi erano serviti a informarlo che i figli e la figlioccia, la russa
Odinzsva127, sospettata come spia dei tedeschi, godevano di ottima salute128.
Mussolini, secondo la testimonianza della principessa, diede, durante il loro
incontro anche l’assenso alla costituzione di un’organizzazione femminile destinata
a sopravvivere al fascismo storico, il MIF129, Movimento Italiano Femminile,
fondato dalla Pignatelli nel 1946 con compiti di assistenza e di diffusione dei
121 F. Fatica, Mezzogiorno e Fascismo clandestino 1943-1945, cit., p. 50; cfr. D. Lembo, op. cit., p. 152; cfr. G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., p. 64; cfr. N. Giardini, op. cit., p. 119; cfr. G. Artieri, op. cit., pp. 248-250. 122 G. Parlato, Note e riflessioni sul ruolo della RSI nell’attività clandestina fascista al sud, cit., pp. 50-51. 123 B. Gallitto, Servizi segreti tra Nord e Sud, in AA.VV., Il dissenso clandestino 1943-1945 nelle regioni meridionali occupate dagli anglo-americani, I.S.S.E.S, Napoli, 1998, p. 48 e sgg. 124 G. Parlato, Note e riflessioni sul ruolo della RSI nell’attività clandestina fascista al sud, cit., pp. 50-51. 125 D. Lembo, op. cit., p. 154; cfr. R. Ciuni, op. cit., p. 366. 126 R. Ciuni, op. cit., p. 366. 127 Vittoria Odinzsva, era la vedova di Francesco De Seta, figlio della principessa Pignatelli, caduto in un incidente aereo nel 1943; cfr. G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., p. 327. 128 F. Tigani Sava, op. cit., pp. 111-112; cfr. G. Conti, op. cit., p. 961; cfr. R. Ciuni, op. cit., pp. 366-367; cfr. G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., p. 65; cfr. F. Tigani Sava, op. cit., p. 112. 129 La principessa Maria Pignatelli, durante il primo congresso nazionale del MIF, tenutosi a Roma dal 3 al 5 gennaio 1950, illustrò come il MIF nacque nell’aprile del 1944 e dichiarò: «là ci fu detto che a quelle donne italiane che erano state sole a non tradire si sarebbe dato il più alto riconoscimento e intanto ci si dava il più alto dei compiti: tener viva la fiamma ed intorno ad essa riunire e collegare gli italiani non dimentichi a compiere atti di solidarietà, e fu detto: ritrovatevi nell’assistenza». Il MIF svolse un duplice compito: fornire assistenza morale, giuridica e materiale ai militanti della RSI, condannati dalle Corti di Assise Straordinarie (istituite con Decreto Legislativo Luogotenenziale n. 142 del 22 aprile 1945) e incarcerati; dare aiuto ai latitanti, promuovendone l’espatrio o addirittura il cambio di identità. Cfr. B. de Falco, op. cit., pp. 38-39.
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sentimenti fascisti130. In quegli stessi giorni venne istituito anche il SAF, Servizio
Ausiliario Femminile della RSI, e ciò fa pensare che Mussolini intendesse costituire
due movimenti simili per intendimenti, compiti e composizione, destinati il primo
alle terre occupate, il secondo ai territori della RSI131.
Al rientro da Roma la principessa fu arrestata a Napoli, insieme al marito,
dagli inglesi che ne avevano seguito tutti gli spostamenti in territorio
repubblicano132. “Di tutta l’avventura tra Roma e il Garda, due cose sono certe: alla
partenza Maria Pignatelli aveva avuto il consenso dall’OSS; al rientro il SIM e
l’Intelligence inglese la tenevano d’occhio”133 e proprio attraverso il tenente
Nuvolari134, un’agente infiltrato dell’Intelligence Service, riuscirono a scoprire la
vera identità della principessa, che aveva attraversato le linee sotto falso nome.135 Il
tenente Poletti nel tentativo di salvare i principi finì per scoprire il suo gioco, venne
arrestato, torturato e rinchiuso nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, dove morì il
19 maggio 1944136.
I principi furono in un primo tempo detenuti nella villa De Falco sulle
pendici del Vesuvio, nei pressi di Torre del Greco e poi trasferiti al CS, il
controspionaggio italiano, in un ufficio capeggiato dal maggiore Pecorella dei
CC.RR. (Carabinieri Reali), che già indagava sui fatti di Calabria, di Puglia e di
Sicilia, ma che non riuscì a ottenere informazioni dai due coniugi137. Dopo
l’occupazione di Roma, il principe venne trasferito prima a Regina Coeli, poi al
campo di concentramento della Certosa di Padula destinato ai fascisti138 e solo il 19
marzo del 1945 inviato nel carcere di San Giovanni di Catanzaro, per essere
130 G. Parlato, Note e riflessioni sul ruolo della RSI nell’attività clandestina fascista al sud, cit., p. 50. Sul MIF, Movimento Italiano Femminile, cfr. B. De Falco Micillo, Il Movimento Italiano Femminile Fede e Famiglia, «Roma», Terza Pagina, 12 maggio 1998, p. 10. 131 B. De Falco, op. cit., pp. 38-39; cfr. D. Lembo, op. cit., p. 210. 132 G. Conti, op. cit., p. 961; B. De Falco, op. cit., p. 39; cfr. D. Lembo, op. cit., p. 155; cfr. F. Fatica, Mezzogiorno e Fascismo clandestino 1943-1945, cit., p. 50; cfr. B. Spampanato, op. cit., pp. 350-351; cfr. V. Pignatelli, op. cit., p. 35; cfr. N. Giardini, op. cit., p. 117; cfr. G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., p. 64; cfr. G. Pisanò, op. cit., p. 2; cfr. S. Bertoldi, op. cit., p. 191; cfr. G. Artieri, op. cit., pp. 249-250. 133 R. Ciuni, op. cit., p. 367. 134 «Il ruolo di Nuvolari potrebbe essere valutato diversamente, in quanto sembrerebbe che i servizi segreti alleati abbiano avuto notizia dell’arrivo a Roma della Pignatelli direttamente da loro agenti operanti nella capitale o in territorio della RSI». Cfr. D. Lembo, op. cit., p. 156 e sgg. 135 F. Fatica, Mezzogiorno e Fascismo clandestino 1943-1945, cit., p. 50; cfr. V. Pignatelli, op. cit., p. 35. 136 R. Ciuni, op. cit., p. 369; cfr. G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., p. 66. 137 D. Lembo, op. cit., p. 163; cfr. G. Pisanò, op. cit., p. 2; cfr. G. Artieri, op. cit., pp. 250-251. 138 G. Artieri, op. cit., p. 251.
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processato dal Tribunale Militare, che lo avrebbe condannato a dodici anni di
carcere, da scontare nel penitenziario dell’isola di Procida139. La principessa
inizialmente reclusa alle Mantellate a Roma, venne in seguito trasferita alla Certosa
di Padula; da qui fece tappa al campo di prigionia di Collescipoli (Terni) e, alla
chiusura di questo, venne inviata a quello di Miramare (Rimini) dal quale fuggì per
nascondersi in territorio Vaticano140. La latitanza della Pignatelli ebbe fine con
l’entrata in vigore del Trattato di pace del 9 dicembre 1947141.
La missione della principessa Pignatelli, ricca di lati oscuri, per essere
compresa va inserita nella più ampia storia dei servizi segreti in Italia durante la
Seconda Guerra mondiale. Dagli interrogatori eseguiti dai servizi inglesi emerse che
i Pignatelli avevano infiltrato tre persone, tra cui il tenente Nuvolari, nelle
formazioni alleate allo scopo di trarre informazioni e realizzare una rete
anticomunista in grado di operare anche dopo la fine della guerra142. La principessa
dichiarò nei suoi interrogatori che la missione al Nord sarebbe stata ideata per poter
trattare con le autorità tedesche e con Barracu la liberazione del figlio, ma la tesi
«familiare» non reggeva perché, in virtù dei contatti che i Pignatelli avevano presso
tedeschi e fascisti, non era necessario andare di persona a perorare la causa dei figli,
anche se due erano ricercati o detenuti dai tedeschi e l’altra si trovava presso una
famiglia di informatori dell’OSS143. Valerio Pignatelli raccontò invece che il viaggio
della moglie costituiva un tentativo per realizzare una sorta di fronte anticomunista,
con fascisti e monarchici, d’accordo con Barracu, che stava operando in modo
analogo al Nord; se la situazione fosse diventata pericolosa, Barracu avrebbe
abbandonato il Nord e si sarebbe unito a Pignatelli, mentre Mussolini sarebbe uscito
di scena per consentire a questa iniziativa di avere successo144. La prima parte della
deposizione rivelava una strategia per il «dopo», non in termini di rivincita del
fascismo quanto di azione anticomunista; la seconda parte non sembrava, invece,
139 D. Lembo, op. cit., p. 163; cfr. V. Pignatelli, op. cit., p. 36 e sgg. Il principe Pignatelli venne successivamente trasferito da Procida al carcere militare di Napoli (Castel S. Elmo) per essere sottoposto a nuova istruttoria, come presunto capo delle organizzazioni politiche di Napoli, Sorrento e Castellamare di Stabia. Cfr. V. Pignatelli, op. cit., p. 40. 140 D. Lembo, op. cit., pp. 163-164; cfr. V. Pignatelli, op. cit., p. 37 e sgg. 141 D. Lembo, op. cit., p. 164; cfr. V. Pignatelli, op. cit., p. 40. 142 G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., p. 65. 143 G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., p. 66; cfr. G. Artieri, op. cit., p. 248. 144 G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., p. 65.
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credibile, in quanto se Mussolini e Barracu avessero voluto, avrebbero avuto più di
un’occasione per impostare diversamente la conclusione della RSI145.
Tanti sono, quindi, gli aspetti oscuri di questa vicenda.
E’ indubbio che i Pignatelli fossero in contatto con l’OSS, dal quale traevano
informazioni ma con il quale collaboravano ai fini di una precisa strategia politico-
militare: la costituzione di una rete di fascisti clandestini poteva, quando ormai la guerra
era persa, avere soltanto uno scopo, quello cioè di attuare una fase organizzativa
importante che preparasse le condizioni per la presenza di una forza operativa efficiente,
nazionale e anticomunista, che sarebbe tornata utile una volta caduto il fascismo e finita
la guerra146.
E’ vero anche che risulta incredibile che la Pignatelli, moglie del responsabile del
fascismo clandestino meridionale, al quale il SIM non aveva vietato di trasferirsi al
Nord, potesse tranquillamente attraversare le linee, attesa dai tedeschi, e ritornare a
Napoli con l’appoggio dell’OSS, dopo aver fornito informazioni politiche e militari
al nemico147. Ancora più strano appare il fatto che i coniugi Pignatelli, dopo aver
operato in favore della RSI e dei tedeschi, per cui vennero arrestati e sottoposti a
duri interrogatori, abbiano ottenuto alla fine una condanna a pochi anni, siano stati
amnistiati e lasciati liberi di operare politicamente, portando alla formazione del
MSI148.
Per dare un’interpretazione chiara e completa di questa vicenda piena di
contraddizioni, occorre elaborare nuove ipotesi che tengano conto del dopoguerra e
delle condizioni dell’Italia dopo la fine dell’occupazione alleata149. E’ possibile che
la missione della principessa rientrasse in un disegno unico che comprendesse da un
lato l’utilizzazione dei fascisti da parte dei settori più anticomunisti dell’OSS e
dall’altro la persuasione, da parte fascista, di poter riavere in questo modo un ruolo
decisivo nonostante la sconfitta militare150, ritenendo ormai finito il fascismo e
interessati a ciò che sarebbe successo dopo, a un futuro che appariva non più in 145 Ibidem. 146 Ivi, pp. 65-66. 147 Ivi, p. 67. 148 Secondo lo scrittore inglese Norman Lewis, Pignatelli sarebbe stato «utilizzato» dall’OSS per avere informazioni sull’esercito tedesco. Ciò dovrebbe giustificare la leggerezza della condanna assegnata a Pignatelli. Si dovrebbe a questo punto supporre che «l’intera attività clandestina non fosse altro che una copertura per l’azione spionistica americana nei confronti dei tedeschi». Cfr. G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., p. 67. 149 Ibidem. 150 Ivi, p. 69.
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termini di fascismo-antifascismo, ma piuttosto in termini di comunismo-
anticomunismo151. Tra i fascisti vi era, quindi, chi concordava con quella parte del
movimento antifascista che temeva un sempre maggiore ruolo del Partito comunista,
in grado di far saltare i fragili equilibri internazionali152.
Perché tuttavia i servizi segreti americani non avvisarono l’intelligence
inglese del viaggio della principessa Pignatelli? Perché i servizi segreti delle forze
alleate operavano con modalità, tempi e intenzioni diverse e, quasi, contrapposte?
Si dovrebbe allora supporre che da parte delle forze alleate vi fossero due strategie
differenti sul dopoguerra italiano: da parte inglese vi era la convinzione che gli italiani
fossero tutti fascisti e che quindi andassero puniti per la guerra (…); da parte americana
– o, per meglio, dire da parte di uno dei settori dei servizi segreti americani – vi era
forse il tentativo di affrontare il problema del dopoguerra valutando sia la forza che il
PCI stava assumendo nell’Italia meridionale, sempre inferiore rispetto a quella che
invece manifestava nell’ambito del movimento partigiano al Nord, sia le possibilità che
l’Italia, in un ipotetico scontro tra le due superpotenze, potesse essere assicurata
saldamente alla zona di influenza americana153.
In campo fascista la sola ipotesi che il fascismo clandestino abbia in qualche modo
collaborato con i servizi segreti americani, allora nemici, è stata sempre rifiutata;
tuttavia dopo l’apertura agli studiosi degli archivi statunitensi sulla Seconda guerra
mondiale e sui primi anni della Guerra fredda, il problema è stato riaffrontato con
maggiore apertura154.
1.3 Servizi segreti tra Nord e Sud.
Il passaggio della linea del fronte da parte della principessa presenta alcune
zone d’ombra che, proprio per la loro scarsa chiarezza, sono di innegabile interesse.
La donna venne accompagnata al fronte da due agenti dell’OSS americano, anche se
uno di questi, secondo il Pignatelli, fece il doppio gioco155 e qui venne prelevata dai
151 Ivi, p. 68. 152 Ibidem. 153 Ivi, pp. 67-68. 154 Ivi, p. 69. 155 D. Lembo, op. cit., p. 160. Da informazioni tratte dai servizi segreti inglesi emerge un’altra tesi: Poletti avrebbe accompagnato la principessa Pignatelli nel suo viaggio al Nord, perché interessato unicamente
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tedeschi e trasferita presso il loro comando. Questo passaggio del fronte acquista
l’aspetto di un passaggio di consegne, una sorta di collaborazione, tra due servizi
segreti fra loro nemici156. Come è stato precedentemente detto, è interessante a
riguardo la testimonianza di Bartolo Gallitto, che fece parte del «Gruppo Sabotatori
Vega»157 della RSI, un reparto speciale dei servizi segreti della RSI destinato a
svolgere sabotaggi o ricognizioni al di là delle linee nemiche158. Gallitto ha
dichiarato:
in tutta questa vicenda si sono verificate stranissime coincidenze che mi fanno tuttora
riflettere (…) vi pare normale che un personaggio come Maria Pignatelli potesse essere
accompagnata sulla linea di fuoco, al nord da un agente dell’OSS americano, poiché
Poletti era un agente dell’OSS, anche se per conto della RSI, come sostiene Fatica? Ma
l’OSS aveva come capo un certo James Angleton che era quell’ufficiale americano che
andò a prelevare Borghese a Milano dopo la fine della guerra, sottraendolo alla giustizia
partigiana, consegnandolo al sud alle Autorità Italiane159.
Angleton era un esperto di italianistica, destinato a diventare uno dei capi della CIA,
un anticomunista viscerale che durante tutto il periodo di occupazione dell’Italia si
diede da fare per far sì che gli italiani si mobilitassero in tutti i campi per contrastare
il comunismo160.
Insomma, la principessa Pignatelli passa la linea del fuoco accompagnata da un agente
dell’OSS; dall’altra parte, cosa incredibile, la stanno ad aspettare i tedeschi. Ma vi
sembra normale? In tempo di guerra? A Roma viene accolta con tutti gli onori,
accompagnata al comando supremo di Kesselring e da questi fatta accompagnare al
Duce. Compiuta la sua missione viene riaccompagnata dai tedeschi sulla linea del fuoco
ed accolta, dall’altra parte ancora da Poletti, agente dell’OSS, che la accompagna a casa.
Come si può spiegare che tra Nord e Sud potessero verificarsi questi scambi? Ma c’è
alla Odinzova, di cui era amante e non perché era un agente della X MAS infiltrato nell’OSS. Se fosse stato realmente così, Poletti avrebbe gestito da solo la situazione. Intervennero, invece, più personaggi legati all’OSS. Si trattava, quindi, di un’operazione complessa, che trova conferma probabilmente nella morte stessa di Poletti. Secondo la versione ufficiale, questi, «ammanettato e con evidenti segni di squilibrio a causa delle torture subite, rinchiuso in una cella imbottita, avrebbe tentato la fuga attraverso lo sportello per i pasti posto sulla porta della cella e si sarebbe scagliato, sempre ammanettato, contro le guardie che, giudicandolo pericoloso, avrebbero sparato uccidendolo (…) Tutto fa pensare che sia stato in realtà eliminato, perché poteva in futuro diventare un testimone scomodo». Cfr. D. Lembo, op. cit., p. 158; cfr. G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., p. 66. 156 D. Lembo, op. cit., p. 160. 157 Il gruppo Vega è sorto nell’ottobre 1944 su iniziativa di J. V. Borghese, cfr. G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., p. 88 e sgg. 158 B. Gallitto, op. cit., p. 43. 159 B. Gallitto, op. cit., p. 45; cfr. G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., p. 93. 160 G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., p. 33.
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qualcosa di più: gli inglesi, che evidentemente sul futuro dell’Italia avevano progetti
diversi, scoperta la missione, chiedono la testa di Poletti il quale verrà, poi, ucciso nella
maniera orrenda che tutti conosciamo.161
Ciò confermerebbe la presenza in Italia di una doppia e contrapposta strategia dei
servizi segreti americani e inglesi, che rifletteva una doppia e differente strategia
alleata sul dopoguerra italiano, dove a una rigida chiusura degli inglesi, si
contrapponeva la maggiore apertura degli americani, nell’ottica di una futura e
necessaria alleanza anticomunista162.
Bartolo Gallitto nel ricostruire gli eventi di cui era stato protagonista,
racconta di essere stato convocato a Roma, nel maggio 1944, dal maggiore tedesco
von Thun in quanto era quello che indicava al gruppo «Vega» dei servizi segreti gli
obiettivi da colpire, concordandoli prima con Borghese e Buttazzoni163. Il maggiore
assegnò al Gallitto la seguente missione: andare al Sud e accertarsi dell’effettiva
esistenza e della potenzialità di gruppi fascisti sorti spontaneamente dietro le linee
per opporsi agli invasori anglo-americani e, in particolare, del raggruppamento con a
capo Valerio Pignatelli, composto da vari nuclei che operavano in Campania,
Puglia, Calabria e Sicilia164. Con la missione al Sud Gallitto avrebbe dovuto
personalmente verificare – in vista della vicina messa a punto di armi segrete, che
avrebbero potuto portare a un capovolgimento di fronte e alla riconquista del Sud –
che ci fosse una reale organizzazione capace di contrastare gli occupanti e agevolare
le offensive tedesche165. Aveva anche il compito importante di sostenere l’azione
dei fascisti al Sud, con l’obiettivo di alimentare il forte anticomunismo già presente
nell’Italia Meridionale166.
161 B. Gallitto, op. cit., pp. 45-46; cfr. D. Lembo, op. cit., pp. 160-161. 162 G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., p. 67. 163 B. Gallitto, op. cit., p. 43; cfr. G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., p. 70; cfr. D. Lembo, op. cit., p. 171. 164 B. Gallitto, op. cit., pp. 43-44; cfr. G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., p. 70; cfr. D. Lembo, op. cit., p. 171. 165 B. Gallitto, op. cit., p. 44; cfr. G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., p. 70; cfr. D. Lembo, op. cit., p. 172. 166 Ibidem. Quando Gallitto arrivò a Napoli, la situazione per i clandestini era critica: questi prese contatto con alcuni dei capi rimasti, De Pascale e Calogero e si impegnò da subito per ricostruire l’organizzazione. Incominciò a visitare i gruppi in tutto il Meridione, in particolare in Sicilia, Puglia e Calabria. Nel dicembre ’44, inviò un collaboratore al Nord, Locatelli, per ricevere nuovi ordini. Uno degli agenti inviati a Sud con Locatelli, Carotenuto, consegnò al comando inglese del Field Security Service di Salerno cifrario e istruzioni in italiano: ciò permise agli inglesi di smantellare l’organizzazione posta in essere da Gallitto. Vennero tutti arrestati e processati a Napoli nel 1945. Cfr. G. Parlato, Fascisti senza Mussolini, cit., pp. 72-73; cfr. D. Lembo, op. cit., pp. 174-175.
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L’elemento che sorprese maggiormente Gallitto fu l’ulteriore richiesta
dell’ufficiale tedesco: compiuta la missione, avrebbe dovuto presentarsi all’autorità
della Regia Marina a Taranto, chiedendo di essere riammesso in servizio167;
aggiunse che sia Borghese sia la marina del Regno del Sud erano d’accordo con
questa operazione168 visto che i vertici militari monarchici facevano parte di coloro
che temevano più di tutti una possibile espansione comunista169. I servizi segreti
della RSI erano dunque in contatto con la Marina Italiana del Sud; frequente era
inoltre l’invio al Nord dall’Italia meridionale di ufficiali e agenti vari, il cui scopo
era quello di cooperare con la Decima nelle azioni di contrasto anticomunista contro
le forze titine per la difesa del fronte orientale170.
In base alla testimonianza di Gallitto venne addirittura concordato uno
sbarco del San Marco del Sud e degli NP171 del Sud, i quali, unitamente alla Decima
avrebbero dovuto effettuare un’importante azione contro i comunisti di Tito: tutto
fallì per il divieto degli inglesi172. In quella occasione venne anche coinvolta la
Brigata Partigiana, non comunista, Osoppo, il cui Comandante si era dichiarato
pronto a partecipare alle azioni contro i comunisti titini, insieme ai marinai itali
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