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Una nuova avventura, qualsiasi essa sia, passa sempre attraverso una
scommessa con se stessi e si porta appresso presupposti di entusiasmo,
anche in momenti difficili come questo. Per la società e per l’editoria,
soprattutto quella fatta di ‘carta stampata’. Eppure, questa scommessa ci eccita e ci
inorgoglisce, perché abbiamo deciso di scommettere, ancora una volta, sull’informazione.
Crediamo nella sua funzione e nell’importanza della pluralità delle voci, nell’anacronismo di
fare un giornale cartaceo d’inchiesta, ma non solo, in un momento in cui le ‘notizie’ passano
soprattutto attraverso i canali dei social network. Perché una cosa è il trending topic, cioè
l’argomento più discusso del giorno sul web, una cosa è l’informazione giornalistica ‘vera’:
qualche settimana fa, il giorno della morte dell’ex presidente Scalfaro (confermata
dall’Ansa), ‘moriva’ virtualmente anche la pop star Adèle (naturalmente su Facebook e
Twitter) con l’immediato risultato del cordoglio reale ‘on line’ di migliaia di fans. Ebbene:
per fortuna Scalfaro non è Adèle e Twitter e Facebook, non sono giornalismo. Questo per
ribadire, ancora una volta, la potenza ma anche i limiti, di un sistema di informazione che,
forse, bisognerebbe per certi versi ripensare.
Dunque, dicevamo, una nuova finestra sulla nostra regione e l’auspicio è quindi quello di
poter contare su un ulteriore strumento in grado di sviluppare un dibattito vero, capace di
scavare dietro le notizie con l’unico obiettivo di avvicinare il più possibile la coscienza delle
persone alla reale dimensione dei fatti.
Due riviste ‘cartacee’, in un unico prodotto editoriale: L’inchiesta Sicilia , magazine che da
oltre 16 anni, offrendo un’informazione chiara e non di parte, focalizza la propria attenzione
sui fatti di politica, economia, società e cultura della nostra Isola; e poi Salute In ,una rivista
che focalizza la propria attenzione sulle eccellenze della sanità in Sicilia, argomento che ci
sta molto a cuore.
A questa iniziativa cartacea, si affiancheranno anche due canali paralleli di informazione, per
rendere fruibile la nostra comunicazione a 360°: L’inchiesta Sicilia – Salute In ‘in Tv’ - Un
format che ripropone le riviste in Tv attraverso canali televisivi (terrestri e satellitari) e
canali web e L’inchiesta Sicilia - Salute In ‘On-line’ - Un portale web in grado di guidare il
visitatore all’interno di percorsi, la cui multimedialità volge attenzione alle esigenze di
fruibilità degli utenti, senza trascurare animazione e accorgimenti grafici ricercati.
Forte di una veste editoriale nuova, più dinamica e moderna, la nuova ‘Inchiesta Sicilia’ sarà
capace di sfruttare (ed è questa la vera e più importante novità che ci apprestiamo ad
inaugurare) i nuovi mezzi di comunicazione: strumenti complementari alla carta stampata,
in grado di offrire maggiori potenzialità editoriali e di abbracciare, in tempi rapidissimi, un
maggior numero di lettori. Strumenti indispensabili per essere partecipi della società,
esserne cronisti ma anche protagonisti, per informare e, sopratutto, cambiare.
edito
riale
a cura di
la veraricettaper la ripresa è la tenacia
pagina 3
Il panorama editoriale? Nulla di buono sul
fronte occidentale. E nemmeno su quello
orientale. E a dire il vero neppure sui
fronti settentrionale e meridionale. Si possono
dire solo un paio di cose. La prima è che in
Sicilia il mercato del lavoro giornalistico e il
settore dell’editoria sono sempre più asfittici. La
seconda è che, per quanto fino a pochissimo
tempo fa potesse sembrare impensabile, sono ad
alto rischio posti di lavoro e testate finora
considerate solidissime e inattaccabili.
Se dunque prima si poteva fare una distinzione
tra “stabilizzati” e “precari”, fra retribuiti
“regolari” (o quasi) e “sottopagati”, oggi i confini
sono sempre più labili: fra stati di crisi avviati,
ricorsi alla cassa integrazione e ad altri
ammortizzatori sociali, riduzioni del personale
giornalistico e/o tecnico, non ci sono più
“garantiti” per antonomasia, in questa regione
che tanto ha dato e continua a dare nel campo
dell’informazione, soprattutto sui temi della
mafia, della crisi, dell’immigrazione.
In queste condizioni vengono meno, per volontà
degli editori, incapaci di far quadrare i conti –
dissestati, il più delle volte, dalle loro scelte
sbagliate – anche le garanzie di qualità in favore
dei cosiddetti utenti dei prodotti editoriali:
lettori, telespettatori o ascoltatori, “navigatori”.
La Sicilia conta un numero di testate televisive
registrate che è tra i più alti d’Italia. Un dato,
questo, decisamente anomalo, in un mercato
editoriale in aperta crisi e in una situazione
economica generale che rasenta il collasso. Le
nuove tecnologie promettono però sviluppo,
possono aprire nuovi orizzonti e avveniristici
spazi di fruizione e di interattività col pubblico.
In un contesto in cui godono di sempre minori
garanzie, quali sono dunque le prospettive per i
giornalisti? Sempre le stesse: possono cioè
essere garantiti solo dalla loro professionalità,
dal saper dare qualità al proprio lavoro, dalle
loro attendibilità e autorevolezza. Valori
fondamentali, in un momento decisivo per le
sorti della categoria e dell’Ordine, alla vigilia
della partita della riforma delle professioni. Non
sappiamo chi la vincerà, questa partita, se mai ci
sarà un vincitore. Sappiamo però che dovunque
si andrà, i giornalisti ci saranno – ci saremo –
per raccontare come andrà a finire.
Editoriasul filo del rasoiodi Riccardo ArenaPresidente dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia
opin
ione
Periodico dell’Associazione Culturale
NuovaComunicazione
Via Marchese Ugo, 56 - 90141 Palermo
Testata Iscritta
al Registro Nazionale della Stampa
6 Agosto 1996, n° 06429
Tribunale di Palermo n. 28/96
del 23 Settembre 1996
Nuova Edizione
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www.inchiestasicilia.it
Format televisivo "l'inchiesta sicilia"
Condotto da: Elisabetta Cinà
Editing: Andrea Muhari
Riprese: Serenella Fiasconaro
c
27TurismoParola d’ordinedivertimento
32Siciliani nel mondoVoto all’estero
38 La terza pagina
39 Libri
40 Spettacolo
41 Musica
42 Arte
43 Cinema
44 Racconti
46 Scuola
cultura
12 Politica regionaleArriva l’arcangelo Arraffaele
13 Politica provincialeCercasi idendità
14 Politica ComuniCiascuno ha il peso che si merita?
16 Economia e lavoroImpresa e occupazione
18 Società e CostumeNell’oblio della mente
20 GiudiziariaGiustizia è fatta... quando ci sarà tempo
22 Il PersonaggioCarlo Verdone Dai miei primi 50 anni
24 L’intervistaIl nuovo volto dell’Ircac
28 GastronomiaTradizione innovativa
29 ModaLa freschezza all’insegna del caldo
30 SportLo sport che muore
34 Tam TamSos Palestina
36 Rispondel’esperto
1 l’EditorialeLa vera ricetta per la ripresa è la tenacia
3 l’OpinioneEditoria sul filo del rasoio
6 l’inchiestaQuando la coppia.... scoppia
10 Tavola rotondaVoglia di riforme
s o m m a r i o
“Matrimonio! Che bruttissima parola! Di quelle che
ti fanno capire in che guaio ti sei ficcato!” (Ge-
orge Bernard Shaw). “La base logica del ma-
trimonio è il malinteso reciproco!” (Oscar Wilde). “Probabilmente il divorzio
ha all’incirca la stessa età del matrimonio, credo però che il matrimonio abbia
qualche settimana in più!” (Voltaire). “Il matrimonio è come una trappola
per topi: quelli che son dentro vorrebbero uscirne e gli altri ci girano intorno
per entrarvi!” (Giovanni Verga).
Anno 1970, con 325 voti a favore e 283 contrari, la Camera approva la
legge sul divorzio. Asce come rimedio al fallimento della viota coniu-
gale , rappresentando, agli esordi, una vera e proprisa rivoluzione nel
campo dei diritti umani, oggi una vera e propria piaga sociale.
Andamento del fenomenoLo stesso anno della promulgazione, si registrano 5 mila 500 divorzi.
Appena un anno dopo, la cifra aumenta vertiginosamente, registrando
15 mila casi in più. Dal ’72 all’80, il fenomeno mantiene una media an-
nua di 40 mila casi. Durante i 4 anni successivi, si arriva a 45 mila. Sino
ad arrivare agli anni del boom, gli anni 90, in cui la cifra si aggira in-
torno ai 65 mila casi l’anno, cioè il 22 per cento dei
matrimoni avvenuti in quel periodo. Da allora
a oggi siamo di fronte una cresita inarre-
l’inchiesta
Più di 130 mila casi. Oltre 350 sentenze al giorno. Il 25% dei legami in atto si scioglie.Ogni 4 minuti, in Italia, un matrimonio va in frantumi. E la Sicilia, tradizionalmente e storicamentemeno coinvolta nel fenomeno, si equipara sempre più alle regioni del Nord. Esperti a confrontoin un’analisi giuridica, legale, sociale, psichica, religiosa di un fenomeno in espansione: il divorzio
Quando la coppia
stabile. Oggi, il numero di separazioni e divorzi, secondo dati del mi-
nistero di Grazia e Giustizia, si aggira intorno ai 130 mila: più di 350
sentenze al giorno; insomma… uno scioglimento coniugale ogni 4 mi-
nuti. Negli ultimi due anni, poi, si è registrato un aumentyo record del
25 per cento in un solo biennio, tanto quanto sono aumentato in un de-
cennio. In passato si è registrato un forte divario numerico tra Nord e
Sud, con cifre preponderanti al Nord. La sicilia, in particolare, è sempre
stata la regione meridionale con lacentualev più bassa. Nell’ultimo de-
cennio, però, tale divorzio si è assottigliato, registrando un forte incre-
mento in tutta l’Isola sia delle separazioni sia dei divorzi, con una
crescita rispettivamente dell’85 e del 74 per cento. Il flusso delle cause
è in costante aumento. Il numero più alto di contenziosi si registra nel
capoluogo. In Sicilia la crisi riguarda in particolare famiglie di recente
formazione. Prevalentemente sono in aumento i procedimenti consen-
suali. Le cause sono spesso determi-
nate da un forte disagio
economico che crea no-
tevoli difficolltà
a cura di
nell’adozione di provvedimenti. La durata media
di un matrimonio si aggira intorno ai 14 anni.
Dentro questi cambiamenti, ci sono anche le dif-
ferenze multietniche che coinvolgono anche l’Ita-
lia, dove si dsono registrati il 9,2 per cento di
separazioni e il 6,1 per cento dei matrimoni.
L’avvocato del diavolo: aspetto legale e aspetto economicoIl processo deo divorzio può seguire due processi alternativi. Tutto di-
pende dal consenso di entrambi i coniugi. I procedimenti di separazione
possono essere consensuali o giudiziali. “I primi – spiega Caterina Mir-
to, avvocato matrimonialista, presidenter dell’Aiaf, associazione di av-
vocati esperti in diritto di famiglia _ si concludono in una sola udienza
in presenza del Presidente del tribunale che constata la validità degli
accordi raggiunti dalle parti, dopo avere esperito un tentativo di cion-
ciliazione. Questo si conclude con un decreto di omologazione per ac-
cedere dopo tre anni alla richiesta di divorzio. Le separazioni giudiziali,
invece – continua l’avvocato – iniziano a istanza di una deller parti e si
svolgono in due fasi diverse; quella presidenziale in cui viene esperito
il tentativo di conciliazione e vengono adottati provvedimenti provvi-
sori e urgenti, la seconda, che si svolge davanti al Giudice struttore,
può durare da uno a x anni e il giudizio si conclude con una sentenza
che può essere appellata e successivamente anche impugnata in cassa-
zione”. In entrambi i casi, le parti debbono essere assistite da un avvo-
cato e questo comporta già un primo carico di spese. Se si litiga, poi, la
spesa non ha limiti. Il divorzio rappresenta un vero e proprio business.
Certo tutto è affidato alla deontologia dei legali. Parliamo, comunque,
di un volume di affari che ogni anno fattura dai 500 milioni al miliardio
di Euro. Quando parliamo di divorzi congiunti, la cifra oscilla dai 2 ai
15 mila Euro, mentre quelli conflittuali sono, come si dice in termini
legali, ‘senza tetto’ e con cifre da capogiro. In realtà, comunque, deter-
minare il costo preciso di un procedimento di separazione e di divorzio
è impossibile dal momento che non si possono preventivare gli atti che
si andranno a compiere. “I costi, se parliamo di avvocati corretti – sot-
tolinea l’avvocato Mirto – vengono determinasti attraversio un tarif-
fario che è identico per tutte le regioni d’Italia. I costi aumentano solo
in virtù di quello che si attua per il cliente. L’avvocato non può andare
oltre le tariffe consentite dalla legge, ma nell’ambito delle stesse può
applicare i minimi, le medie o i massimi. In caso di parcelle non corri-
spondenti al lavoro effettuato il cliente potrà rivolgersi al consiglio
dell’ordine.
pagina 7
l’inchiesta
I tempi biblici della legge - Aspetto giuridicoI costi di un divorzio, oltre che sulla coppia, gravano sulle tasse statali,
poiché una rilevante dei giudizi si svolge con il patrocinio a spese dello
Stato. “Nel caso che si concluda con una separazione consensuale – spie-
ga Rocco Camerata Scovazza, giudice reggente della prima Sezione Ci-
vile del Tribunale di Palermo – vengono liquidati dagli 800 ai 1000 Euro
circa per ciascun difensore. Nel caso che il giudice prosegua, il costo sale
a circa 1500 Euro. Il problema è aggravato pure dai tempi di procedi-
mento che variano a secondo delle domamde formulate dalle parti, non-
ché dal tipo di giudizxio promosso. Una prima strozzatura – sottolinea
il giudice – si verifica tra il deposito del ricorso e la convocazione delle
parti per il tentativo di conciliazione, per cui passano almeno sei mersi.
Altra strozzatura si verifica, invece, nell’intervallo di tempo tra l’udienza
presidenziale e quella di prima comparizione avanti al G.I., che vede un
intervallo di circa tre mesi. Successivamente i tempi del giudizio si pro-
traggono a secondo delle questioni messe in campo dalle parti (affida-
mento dei figli, patrimonio, eccetera), in quanto siu frende necessaria la
raccolta di prove e l’espletamento di consulenze tecniche”.
Anima in frantumi - Aspetto psicologicoAl di là dei tempi e delle procedure, il divorzio rimane uno degli espe-
dienti più deleteri per la psiche individuale, implicando un coinvolgi-
mento emotivo irreversibile. Un contributo per contenere i danni
psicologici a carico di tutti i soggetti coinvolti viene dato dalla psicolo-
gia giuridica. Una disciplina, quest’ultima, che coniuga il diritto e la
psicologia in ambito giuridico-giudiziario. I tratta di una disciplina an-
tica, ma di recente applicazione, in particolare in Sicilia. Nell’ambito
del suo intervento, bisogna tenere conto soprattutto delle dinamiche
che si innescano all’interno di una rottura. “Le cause sono tante – sot-
tolinea Antonella Luppino, psicologa -. Tra queste, l’assenza di svincolo
dalla famiglia di origine, l’immaturità affettiva, l’evoluzione personale,
l’evento critico che conduce all’allontanamentyo dalla dimensione di
coppia, nonché la rottura interna del patto di coppia”. Proprio per la
molteplicità di cause, tracciara un profilo della coppia separata è estre-
mamente complesso. “Generalmente è una coppia – continua l’esperta
– in cui la dimensione del ‘Noi’ non esiste più e ha lasciato il posto alla
dimensione dell’Io, dove non vi è più la capacità di mediare e fare com-
promessi all’interno di un circuito rabbioso dettato dalla delusione di
come si vede adesso l’altro. A volta l’aggressività verso l’ex, che si av-
verte come traditore del patto coniugale, può manifestarsi in una con-
flittualità aperta, a volte moltom più sottile e celata”. La patologia del
matrimonio si riflette prevalentemente sui figli. Anche se qualche volta
fanno da deterrente alla separazione dei genitori.
Società malata? Aspetto socialeNon sempre le cause investono la sfera individuale, ma anche sociale.
Quanto influisce il contesto socio-culturale sui conflitti di coppia? “Il
fattpo che molte persone decidano di separarsi – sottolinea il sociologo
Fabio Lo Verde, direttore del dipartimento di Scienze Sociali presso la
facoltà di Scienza della Formazione – non necessariamente implica che
ci sia un diffuso malessere sociale. La società, vista nel suo insieme, po-
trebbe presentare uno stato di benessere sociale sistemico, mentre gli
individui possono vivere individualmente uno stato di malessere diffu-
so. O viceversa. Quello della società italiana mi sembra, in questo mo-
mento, uno stato di incapacità di lettura sistemica. La cosa di cui
possiamo essere certi – prosegue il sociologo – è piuttosto che oggi si
manifestano elevati livelli di conflittualità spicciola, cioè di rissosità
espressa nella società e dunque all’interno della struttura familiare.
Nelle statistiche della litigiosità, rientrano anche i conflitti familiari.
Ma in realtà se guardiamo al passato, l’instabilità coniugale è una delle
caratteristiche che è sempre stata presente. Solamente che n el passato
i fattori di instabilità erano altri. La centralità del diritto individuale
della persona e il grande guadagno delle società occidentali contem-
poranee generano anche un loro contrario, e cioè che non si è disposti
più, soprattutto da parte delle donne, a convivere in una situazione di
forzata condivisione di spazi e tempi”. In Italia permangono, tra le cause
sociali, delle differenze tra le varie aree geografiche. In merito alle dif-
ferenze regionali – chiarisce il sociologo – c’è da dire che i diversi livelli
di instabilità fra Nord e Sud evidenziano uno stato di cose che riguarda
l’inchiestapagina 8
risateadentistretti
Qua
ndo la
coppia
comunque differenze territoriali in termini socioeconomici, cul-
turali, valoriali, eccetera complessive, ma che per certi aspetti
tendono a ridursi. Ad esempio è vero che ci sono più separazioni
al nord che al sud, ma negli ultimi cinque anni i tassi di crescita
si sono allineati. Anche il processo di secolarizzazione a cui siua-
mo andati incontro ha influito sulla desacralizzazione non solo
del rito, ma anche degli effetti regolativi del progetto matrimo-
niale per come viene vissuto oggi rispetto al passato”.
L’uomo non osi separare ciò che Dio unisceAspetto religioso‘I matrimoni durano pochissimo. Aumentano i riti civili e le con-
vivenze. I valori di una volta si stanno perdendo’. Il tribunale ec-
clesiastico siciliano lancia dati allarmanti. I separati cristiani,
però, si sentono esclusi ed emarginati dalla chiesa. La comunità
che li rappresenta manifesta grande risentimento in proposito. “I
separati – dice don Fabio Fiorentino, direttore dell’Ufficio pasto-
rale per la famiglia di Palermo – se non sono conviventi non hanno
nessun problemas ad accostarsi aklla confessione e all’eucarestia,
che sono comunemente le cose di cui ci si lamenta di più. La co-
munità cristiana – continua padre Fiorentino – è vicina con molte
strutture ai separati; attraverso i gruppi diocesani o le parrocchie”.
Eppure molte coppie ottengono l’annullamento del proprio ma-
trimonio. Il tribunale ecclesiastico regionale della Sicilia per il
2008 ha trattato ben 1169 cause. Ma in quali casi ricorrono gli
estremi? “La Chiesa – precisa il sacerdote – non annulla il matri-
monio validamente contratto; si può fare un processo canonico
per accertare l’invalidità del vincolo. Solo dopo il pronunciamento
ufficiale e positivio del tribunale ecclesiastico si può passare a
nuove nozze”. La religiosità, comunque, sembra influire sulle scel-
te di separazione. Ma quanto? “Direi parecchio – sottolinea il di-
rettore del centro pastorale – ed essendo un tema di particolare
rilevanza morale, forse non potrebbe essere diversamente”. I corsi
pre-matrimoniali hanno effetti sull’animo di chi li segue. La loro
obbligatorietà per il matrimonio in chiesa, comunque non sembra
preservare da una futura separazione. “Non possono preservare
da scelte future – precisa il religioso – anche se non in linea con
gli impegni richiesti dal matrimonio religioso. I corsi hanno lo
scopo di illuminare la scelta matrimoni
alla luce della fede e di formare una coscienza piàù profonda sui
fini del sacramento. Resta detto che chi non condivide è libero di
sposare civilmente, perché in talia, per non nostra fortuna, vige la
democrazia”.
Dal n. 142 maggio 2009
l’inchiesta
Per rompere il ghiaccio, da-
reste una definizione, che
non sia da vocabolario, del
termine mistificazione?
Virzì – La mistificazione può nascere da
un’impostazione ideologica nel descrivere un
fatto di storia o di cronaca. Sono convinto di
avere studiato su testi non soltanto scritti dai
vincitori, ma scritti con una impostazione ideo-
logica molto particolare, perché sin dai tempi
di Roma antica c’era un tracciato visibilissimo
che separava il mondo in buoni e cattivi: chi
perdeva era il male che era condannato a perire.
Si può mistificare anche la cronaca. Credo che
ci siano vari livelli di responsabilità: per un at-
tivista di partito in fondo è mestiere, per un
giornalista opinionista è il mestiere abbracciato
con troppo entusiasmo. Credo che la difesa sia
la possibilità di confrontare tesi diverse. Ecco,
il pluralismo è una buona ricetta contro i ten-
tativi di mistificazione.
Mirto – Il pluralismo rimane l’unica difesa
per il cittadino comune per salvaguardarsi da
un bombardamento di informazione. Soltanto
accostandosi a diverse opinioni, evidentemente,
si può formare un’opinione che possa rasentare
un’idea di verità. Mi sembra che non sempre si
possa obbedire al proprio editore, sia esso Cnn
o la Rai. Rispetto a certi fatti, devi raccontare,
mettendoci quella maledetta passione….
Raiti – Ritengo che la mistificazione oggi
sia un atteggiamento mentale che troviamo
spesso, anche preconcetto, e che va oltre l’atti-
vità della cronaca. Frequentemente siamo co-
stretti a notare che la registrazione della cro-
naca va scomparendo per lasciare spazio a una
scelta ideologica che viene calata su quel fatto
per dare un orientamento, una visione che è
quella dell’interlocutore che dà la notizia in quel
momento.
Nuccio – La mistificazione è ciò che fanno
i politici in campagna elettorale ed è quello che,
spesso, fanno i giornalisti per piacere ai politici.
Io credo che un giornalista, esprimendo le pro-
prie idee, debba dare informazione sui fatti. E
dico di farlo esprimendo le proprie idee, perché
è evidente che ogni giornalista, nelle cose che
scrive, mette le sue idee, il cuore e dà un’inter-
pretazione dei fatti.
Il giornalista, il conduttore del talkshow,
l’inviato sono legittimati a fare trapelare an-
che in maniera esplicita i propri convinci-
menti?
Mirto – Il conduttore del talkshow, sicu-
ramente, è pagato per questo. E’ pagato dall’edi-
tore che gli chiede di fare spettacolo su tutto.
Fa intrattenimento. Conduce il suo circo me-
diatico. Il giornalista, invece, ha il dovere e il di-
ritto di esprimere, nella maniera e secondo le
regole più generali dell’etica giornalistica e
dell’informazione, ciò che ritiene opportuno. Mi
esprimo, quindi, a favore della legittimità del-
l’operato del cronista.
Raiti – Rispondo a questa domanda aven-
do come esempi di giornalismo vero quello
espresso negli ultimi decenni da Montanelli e
Biagi, le cui opinioni sono sempre state a cono-
scenza di tutti. La loro professionalità consiste
proprio in questo: essere in grado di ragionare
sulla cronaca, sul fatto, dando agli interlocutori
la possibilità di farsi una verità propria.
Virzì – Credo che i giornalisti siano essere
umani con propri sentimenti, storie personali,
che, anche con il massimo impegno, prima o
poi, traspaiono. Però, credo che sia illegittimo
costruire intere trasmissioni, crearsi un pubbli-
co tutto della stessa linea. E questo, soprattutto
nella Tv italiana si vede troppo spesso. Ritengo
che questo modo di gestire l’informazione, scavi
dei solchi di odio civile nella nazione.
Nuccio – E’ mia opinione che ogni giorna-
lista abbia un proprio modo di vedere le cose.
Vengono contrapposte due tesi che sono poli-
tiche, ma non si può dire quale sia quella giusta.
Credo, quindi, che nell’informazione pubblica
questi modi debbano essere annullati o rappre-
sentati tutti.
Dal n. 83 - aprile 2003
pagina 10tavolarotonda
L’informazione è nodocentrale della democraziaE’ necessario aprireun dibattito sull’applicazione
della legge Frattini, perché neusufruiscano i giornalistie non testate di comodo
a cura della Redazione de l’Inchiesta Sicilia
Voglia diriforme
sono intervenuti:
Salvo Raiti deputato Assemblea regionale di Italia dei ValoriGuido Virzì deputato Assemblea regionale di Alleanza NazionaleClaudia Mirto segretario provinciale sezione Assostampa di PalermoFabio Nuccio segretario regionale Assostampa
Era stato un inverno lungo, ri-
gido, d’intemperie. Poi, prepo-
tentemente era arrivata la
calura. Ci si preparava alle serate all’aperto,
alla lotta senza quartiere contro le zanzare e
anche alle elezioni europee, accompagnate
dall’antico dilemma: “… vado a votare o resto
sulla sdraio…?” All’improvviso la pigra esta-
te viene interrotta da una notizia che sgomen-
ta e al pari di un’eruzione etnea fa alzare la
temperatura, avvolgendo tutto di una cenere
oscura: “Raffaele Lombardo, presidente della
Regione Siciliana azzera la giunta”.
La notizia è il naturale epilogo seguito
ai feroci scontri tra il governatore e i due
maggiori partiti della sua coalizione, il Pdl e
l’Udc. Ma che cosa è successo? Partiamo dal-
l’inizio. Aprile 2008, straordinaria vittoria
elettorale di Raffaele Lombardo e del centro
destra che lo sostiene. Con 35 punti di van-
taggio su Anna Finocchiaro, l’esponente del
Movimento per l’Autonomia diventa presi-
dente della Regione Siciliana. All’Ars vanno
62 deputati contro 28 del centro-sinistra.
Sulla carta tutto ok, ma i guai cominciano
subito, proprio mentre la sinistra si sgretola
inesorabilmente. Le ostilità si moltiplicano.
La maggioranza del governo siciliano non
cela più l’insofferenza nei confronti del go-
vernatore, sempre più smarcato e ‘autonomi-
sta’. Gli insulti sono il pane quotidiano. I
contrasti sulle scelte amministrative si tra-
sformano in scontro politico. Totò, l’ex ami-
co Cuffaro, ancora forte nonostante tutto,
assieme a Castiglione e Nania, rappresenta-
no per l’esponente dell’Mpa, i nemici da af-
fondare. La riforma sanitaria, la legge
finanziaria, la nomina dei nuovi dirigenti re-
gionali, il mancato invito del presidente del
Senato Schifani alla cena con il presidente
della Repubblica in visita in Sicilia, sono oc-
casioni per scambiarsi ingiurie e invocare la
Magistratura. Ci va giù pesante il presidente
dell’Ars, Francesco Cascio, indispettito per
il commissariamento dell’Iacp.
La situazione è chiara: l’amore è finito e
si consuma ‘la guerra dei Roses’.
Lombardo moralizzatore? Difficile pen-
sarlo per i suoi oppositori che si divertono a
chiamarlo l’Arraffaele: “… l’uomo che pren-
de tutto, che occupa i posti di governo e sot-
togoverno…. Che costruisce un sistema di
potere medievale… il peggiore governo de-
gli ultimi 15 anni…”. E via di questo passo,
accuse reciproche di lottizzazione, passaggi
acrobatici di deputati, consiglieri e assessori
che saltano da una parte all’altra. Il caos re-
gna sovrano e la frattura diventa insanabile.
Lombardo alle europee corre da avversario
del Pdl e dell’Udc, alleato con la destra di
Storace e con il Partito dei Pensionati. Spera
di superare lo sbarramento del 4 per cento.
Una strada in salita che lo porta a giocarsi il
tutto per tutto per non restare all’angolo.
Azzarda, quindi, il gesto eclatante: “Ho chie-
sto a tutti gli assessori di presentare le di-
missioni e sette lo hanno già fatto, perché
stare in questo governo significa non sabo-
tarlo. Questa casa va rasa al suolo e rico-
struita”.
Il fuoco etneo il presidente deve averlo
nel Dna perché le notizie che arrivano da Pa-
lazzo d’Orleans sono in pieno Mongibello
style: “Quarantotto ore e avremo una giunta
in grado di operare, composta da forze poli-
tiche e da esterni”. Lombardo prova a met-
tere assieme politici di mestiere e pezzi di
società civile. E cerca alleanze. Quattro gior-
ni per riflettere, incontrarsi, sperare in una
schiarita che però non arriva. Mentre la crisi
regionale si fa sempre più incandescente,
Lombardo presenta la nuova squadra e asse-
gna le prime deleghe.
Al momento che andiamo in stampa la
situazione è la seguente: Cintola, Vizzini (di-
missionario dall’Antimafia), Romano e Cuf-
faro raggiunti da avviso di garanzia e
qualcuno a comparire in Procura per il coin-
volgimento nell’indagine sul tesoro di Cian-
cimino. Il problema sporcizia (non solo
immondizia e cassonetti) non è stato risolto.
Le città siciliane sono sporche e desolate con
poco appeal per i turisti. Tutto tace, tutto è
bloccato: il rilancio dell’agricoltura, la rifor-
ma degli Ato rifiuti, l’attuazione di politiche
sociali per fronteggiare la crisi economica
che duramente colpisce la popolazione sici-
liana, la tanto sbandierata battaglia per ot-
tenere le accise petrolifere, l’attuazione del
Piano energetico regionale….
Che cosa ci aspetta?Dal n. 144 luglio 2009
“… che rade al suolo per ricostruire…”.I passaggi più salienti e i passi più sconcertanti della ricostruzionepiù eclatante degli ultimi cinquant’anni di politica siciliana
arriva l’arcangeloArraffaele
di Giovanna Cirino
pagina 12
politicaRegionale
Molte forze politichetrasversali vogliono
l’eliminazione delle Province,riducendone le funzioni. Perché questa
volontà di deligittimazione?Ne parliamo con Salvatore Currao,segretario generale e direttore
della Provincia di Palermo
arriva l’arcangeloArraffaele
CercasiIdentità
di Patrizia Romano vincia sia l’emblema degli enti inutili e che va-
da eliminata per ridurre i costi della politica.
In questi ultimi anni – continua il segretario
– abbiamo assistito al proliferare di enti inter-
medi, per la gestione dei servizi sovracomu-
nali. Enti assolutamente privi di controllo.
Ritengo che sia stato concesso troppo ai co-
siddetti ‘altri enti locali’, privi di elezione di-
retta o ai cosiddetti ‘enti strumentali’ come le
Autorità d’Ambito, i Distretti, le Istituzioni o
le Società di scopo che rappresentano la vera
emergenza finanziaria”.
In virtù dei poteri operativi conferiti,
questi hanno finito, comunque, per prevalere
sull’attività di programmazione, regolazione
e controllo che spetta agli Enti Locali. “In-
somma, troppi enti, troppe agenzie, troppi
consorzi, troppe Unioni – riprende il diret-
tore – sono stati frapposti ai livelli istituzio-
nali previsti dalla Costituzione ed è da essi
che occorre iniziare per eliminare enti spesso
inutili. Non dimentichiamo – conclude – che
è proprio la nostra Costituzione a prevedere
che le Province rappresentino gli interlocu-
tori principali delle Regioni e dei Comuni”.Dal n.150 – luglio 2010
Intermediario tra Regione e Comuni.
E’ proprio su tale assunto che si col-
loca l’azione della Provincia nell’am-
bito delle politiche di programmazione e
coordinamento fra i due Enti.
In un contesto istituzionale calato nel si-
stema organico delle autonomie locali, la
Provincia assume sempre più questo ruolo.
Un ruolo in cui viene osservato sia il princi-
pio della sussidarietà verticale, che delinea il
rapporto fra le istituzioni su un piano di pa-
rità, sia il principio della complementarità,
in termini di supporto agli Enti Locali.
Non sempre, però, questi ruoli vengono
riconosciuti. Anzi, sempre più pressante, ar-
riva la volontà di sopprimere l’ente provin-
ciale, ritenuto da molte forze politiche
trasversali l’ente inutile per eccellenza.
Come vive la Provincia di Palermo questo
clima di deligittimazione? “Le forze avverse
agiscono in maniera pesante – dice Salvatore
Currao, segretario generale e direttore della
Priovincia di Palermo. Il clima di sciacallaggio,
creato prevalentemente da Confindustria e dai
sindaci delle grandi aree metropolitane, insi-
nua nella mente del cittadino l’idea che la Pro-
pagina 13
politicaProvinciale
pagina 14
politicaC o m u n i
Ciascuno ha il pesoche si merita?
con i partiti del Terzo polo, rei di aver soste-
nuto Cammarata fino a poco tempo addietro.
Una scelta che fa diventare più difficile non so-
lo la posizione del Pd nella contesa, ma finan-
che la permanenza di Giuseppe Lupo alla
segreteria regionale: i filo-governativi, tra i
“democrat”, stanno infatti preparando la mo-
zione di sfiducia al segretario regionale. Intan-
to, negli altri grossi centri, si profila un’intesa
tra Pd e Terzo Polo a Trapani, mentre ad
Agrigento il Partito Democratico dovrebbe ac-
cordarsi con Fli ed Api, lasciando l’Udc e l’Api
a sostenere il sindaco uscente Zambuto, forte-
mente inviso anche al Pdl.
Alle strette, una possibile lettura è che il qua-
Il quadro delle prossime elezioni amministrative a Palermo sta segnando
la fine della sonnolenza della politica bipolare siciliana degli
ultimi anni. La vera sconfitta, in questo clima di scomposizione, è la logicache ha finora tenuto in piedi la vecchia dialettica Polo-Ulivo.In tutto questo, però, i siciliani non riescono né ad individuare unacontinuità, né ad identificare i portatori di nuove istanze
Si dice che la scelta più facile
sia quella di chi non ha scelta:
ma in Sicilia, more solito, in vi-
sta delle imminenti amministrative, le cose
stanno diventando maledettamente complica-
te, proprio per eccesso di scelta. Un preludio
della disarticolazione del bipolarismo? Forse.
Di certo il 61 a 0 di undici anni fa è sempre più
lontano: adesso, la banalità politica di un cen-
tro-destra orfano di quel Miccichè che lo portò
al trionfo in Sicilia, imbambolato sul territorio
e balbettante nell’alternativa a Lombardo, ha
consegnato l’isola in pianta stabile ad un Terzo
polo che governa con un terzo dei voti dei si-
ciliani, tratta il Pd da gregario e piazza i suoi
uomini dappertutto. Tuttavia, se il Pdl è bana-
le, il Pd è invece votato al masochismo. Vanta
il gruppo parlamentare più numeroso a Sala
d’Ercole, eppure a livello regionale si accoda
senza un minimo distinguo a Lombardo. Per-
sino a Palermo, dove il centro-destra lascia
un’eredità pesante, il centro-sinistra è riuscito
a rinunciare alla pole position, imponendo ai
candidati alle primarie di rifiutare ogni intesa
di Cristina Lombardo
dro delle prossime elezioni amministrative stia
segnando la fine della sonnolenza della politica
bipolare siciliana degli ultimi anni. La vera
sconfitta, in questo clima di scomposizione, è
quindi la logica che ha finora tenuto in piedi la
vecchia dialettica Polo-Ulivo, i quali “simul sta-
bunt vel simul cadent”. In tutto questo, però, i
siciliani non riescono né ad individuare una
continuità, né ad identificare i portatori di nuo-
ve istanze. Il centro-sinistra poteva diventare
un protagonista, invece è sempre più margina-
lizzato e dominato dalla incandescenze di per-
sonalità dirompenti come Raffaele Lombardo,
che riesce puntualmente a rendere subalterno
il Pd alla sua strategia.
La centralità del Movimento per le autonomie
è sempre più confermata, ma ciò non implica
che il Governatore abbia davvero in mente un
piano ed una politica di ampio respiro. L’Udc
da un lato sceglie un candidato condiviso con
il partito di Lombardo al comune di Palermo,
nella persona dell’avvocato Massimo Costa,
dall’altro commenta la mozione di sfiducia pre-
sentata proprio da Pdl, Pid e Grande Sud, con-
tro il governo guidato dal leader autonomista,
con un sibillino “valuteremo…”.
Che sia il preludio per un ritorno di fiamma tra
Pdl ed Udc? Difficile prevederlo. D’Alia nei
giorni scorsi escludeva ipotesi di intese con il
centro-destra, a cui invece il segretario Loren-
zo Cesa ha mostrato favore. L’ipotesi di lavoro
dei vertici romani dello Scudocrociato sembra
quella di proporre ad un Pdl allo sbando, che
teme di dover schierare un candidato-agnello
sacrificale, una convergenza su Massimo Co-
sta. Il quale, si sa, vanta una solida amicizia con
il presidente dell’Ars Francesco Cascio. A que-
sto punto, tutto tornerebbe. Ma se invece i tre
poli schierassero ciascuno un candidato sinda-
co, con la lista di Carlo Vizzini pronta a pre-
sentarne un quarto, ogni ipotesi è ammessa.
Specialmente se nelle primarie del centro-sini-
stra dovesse trionfare Fabrizio Ferrandelli, be-
nedetto dal duo Cracolici-Lumia: si accettano
scommesse su quanto tempo impiegherà l’ex
capogruppo orlandiano, se investito della lea-
dership del centro-sinistra palermitano, a ri-
mangiarsi la promessa di non fare
accordi col Terzo polo. Il quale, a
quel punto, avrà buon gioco a ri-
proporre la strategia dei “due for-
ni” di andreottiana memoria.
Confermandosi al vertice di im-
portanti comuni con solo un terzo
dei voti dei siciliani.
l’inchiesta
pagina 16
eeconomialavoro
Settori in aumento e settori in
calo. Comunque sia, la situa-
zione imprenditoriale in Sici-
lia sembra scivolare sempre più verso una crisi
inesorabile. Permane una serie di difficoltà le-
gata in parte ai problemi internazionali e in
parte a squilibri insiti nella compagine territo-
riale. A questi fattori si aggiungono la specu-
lazione imperante all’interno di certi ambiti,
nonché lo sviluppo caotico e disordinato del
terziario. Tutto ciò configura un quadro eco-
nomico della Sicilia assai complesso. Alcuni
settori segnano discontinui regressi, o meglio,
fasi altalenanti sia sotto il profilo produttivo sia
sotto quello occupazionale.
In questo contesto regionale, a rivestire
la posizione più significativa è la provincia
di Palermo, la cui evoluzione congiunturale
manifesta un’economia pro-ciclica, cioè una
struttura economica produttiva che segue le
dinamiche del ciclo economico nazionale. Ed
è proprio sulla provincia del capoluogo che
abbiamo tentato un’analisi introspettiva dei
dati emersi nei vari settori. Secondo dati for-
niti dalla Camera di Commercio di Palermo,
il comparto in cui si registra una media re-
gionale inferiore rispetto alla nazionale (20
per cento) è quello industriale, la cui consi-
stenza numerica nel capoluogo siciliano re-
gistra nel 2007, 9 mila 387 aziende, mentre
nel 2008 evidenzia la presenza di 8 mila 777
unità, con un calo, quindi, preoccupante. Ca-
lo che si allarga a tutte le altre province
dell’Isola. Molto serio il quadro del compar-
to agricolo, dove tra il 2007 e il 2008 si è re-
gistrata la chiusura di molte aziende bene
avviate. Soltanto in provincia di Palermo so-
no state chiuse circa 400 aziende. L’agricol-
tura in Sicilia presenta due volti: quello
ceralicolo, che copre il 70 per cento circa del
terreno coltivato ed ha una coltura molto
povera e quello ortofrutticolo, senz’altro
molto più redditizio.
“Quello dell’industria e dell’agricoltura
– dichiara Roberto Helg, presidente della
Camera di Commercio di Palermo – sono
due settori in sofferenza già da parecchi an-
ni. In tutta Italia, il calo è stato veramente
vertiginoso. Si parla di 30 mila aziende in
meno in pochi anni. Ma l’aspetto più grave
– osserva Helg – non è tanto il calo numeri-
Il quadro economicodella Sicilia è sconfortante.Le dinamiche che lo caratterizzano sono molto complesse. In questo contestoconfuso emerge la provincia di Palermo,la cui posizione esula dal quadro regionale e le strutture economicheproduttive sembrano seguire le dinamiche nazionali.
Analisi introspettiva sull’impresa palermitana. Intervista al presidentedella Camera di Commercio di Palermo, Roberto Helg
impresaeoccupazione
di Patrizia Romano
pagina 17
eeconomialavoro
co delle aziende, quanto le perdite nell’am-
bito occupazionale. Si tratta di aziende che
richiedono per la propria produttività molto
personale, creando molta occupazione. Chiu-
dendo, quindi, generano effetti catastrofici
proprio in termini occupazionali”. Anche la
pesca, che riveste un’importanza notevole,
registra perdite non indifferenti. A Palermo,
tra il 2007 e il 2008, siamo passati da 208 a
198 unità. Si tratta prevalentemente di
aziende a conduzione familiare, pertanto, in
termini occupazionali non ha ripercussioni
allarmanti, ma li ha in termini di produtti-
vità. Non dimentichiamo che il pescato an-
nuo siciliano, pari al 25 per cento del pescato
italiano, detiene il primato nazionale.
Anche i dati relastivi al commercio non
sono confortanti. In provincia si calcolano
circa 300 aziende in meno, anche se dietro a
queste perdite si affaccia qualche nuova im-
presa. “Non si tratta della nascita di aziende
vere e proprie – frena il presidente – ma di
una regolamentazione presso la Camera di
Commercio di esercizi individuali”.
Al di sotto delle innate potenzialità an-
che il turismo registra un calo di attività ap-
parentemente poco rilevante, ma indicativo
dello stato di sofferenza in cui versa il setto-
re. In lieve aumento il numero delle imprese
non classificate. Anche nekl settore artigia-
nale si registra una crescita di imprese. A
Palermo, le aziende registrate sono aumen-
tate di circa mille unità. Ma questa impen-
nata non sembra esaltare il presidente della
Camera di Commercio che attribuisce questo
aumento ad altri fattori. “In molti casi – dice
– si tratta di piccoli artigiani costretti ad
adeguarsi alla normativa e, quindi, regola-
rizzare la propria posizione presso la Came-
ra di Commercio”. Globalmente le differenze
tra un anno e l’altro non sembrano eccessive,
ma se leggiamo dietro le righe, il quadro ap-
pare allarmante. “Se facciamo un’analisi
quantitativa tra le imprese che nascono e
quelle che muoiono – conclude Helg – ci
rendiamo conto che lo scarto non è eccessivo
e che il rapporto, tutto sommato, è equilibra-
to. Se invece tentiamo un’analisi qualitativa,
la situazione diventa preoccupante. Il nodo
della questione si incentra sulla tipologia di
aziende che nascono e quelle che muoiono. Le
aziende che nascono sono prevalentemente a
conduzione familiare e hanno uno o due di-
pendenti, le aziende che chiudono, invece,
hanno una gestione imprenditoriale e contano
molti dipendenti. Quindi siamo sempre lì…
quando traduciamo la chiusura di imprese in
termini occupazionali, ci rendiamo conto del
problema. L’aspetto più grave – ribadisce –
non tanto il calo delle aziende, quanto il calo
in termini occupazionali”.
Il tasso di disoccupazione sfiora il 20 per
cento della media nazionale, più di 12 punti
percentuali di distanza dal dato medio italia-
no. L’occupazione in Sicilia continua ad
esprimere margini di sofferenza molto ampi. n. 139 febbraio 2009
nell’obliodellamenteL’alcolismonon è una dipendenza assimilabile allecondizioni sociali, ma una vera e propria malattia individuale.L’apertura agli altri, la condivisione, il sostegno reciproco
rappresentano la via per uscirne. Ed è ciò che si tenta di fare nelleassociazioni di sostegno attraverso i programmi di recupero
di Esiste, nella società in cui
viviamo, una realtà paralle-
la quasi ignorata. Una real-
tà fatta di dolore e grandi difficoltà, da
cui chi si trova a viverla non uscirà inden-
ne, ma da sopravvissuto. E il mondo delle
dipendenze.
Oggi, parlare di tossicodipendenze
rimanda a un idea ben delineata, in cui
tutte le sostanze stupefacenti hanno una
precisa immagine di riprovazione e avver-
sione nell’immaginario collettivo. Ma ci
sono altre sostanze, anch’esse distruttive,
che non ricevono la stessa etichetta: si
tratta dell’alcool. “La realtà dell’alcoli-
smo oggi in sicilia – spiega Bruno, compo-
nente da oltre vent’anni dell’associazione
Alcolisti Anonimi, che preferisce in linea
con le regole dell’associazione, mantenere
un anonimato parziale – è pervasiva. Ai
nostri gruppi d’ascolto si avvicina gente di
qualsiasi ceto e condizione economica.
Anche uomini e donne della Chiesa, gio-
vani di qualsiasi età e giovanissimi. Pur-
esocietàcostume
pagina 19
esocietàcostume
troppo, l’alcolismo ha una dimensione tra-
sversale rispetto alle categorie con le quali
siamo soliti dividere la società”. Invece, l’idea
comune dell’alcolista è quella del barbone
avvinazzato che barcolla per le strade o quel-
la del vecchio avventore della bettola, assi-
milando questa dipendenza ai più bassi e
degradati strati sociali. “In realtà – continua
Bruno – l’alcolismo non è una dipendenza ri-
conducibile a condizioni sociali particolari,
ma è una vera e propria malattia individuale.
La definizione che ne dà l’Organizzazione
Mondiale della Sanità, infatti, è di una ma-
lattia inguaribile, progressiva e mortale, non
facendo alcun riferimento all’identità sociale
dell’alcolista. In effetti, le cause dell’alcoli-
smo vanno sempre ricercate nella psiche del-
l’alcolista. E’ nella sua mente che si trovano
le motivazioni primarie che lo hanno spinto
a bere. Per questo colpisce tutti i livelli della
società”.
Esiste, dunque, uno specifico identikit
dell’alcolista e del potenziale malato. In ge-
nere si tratta di un individuo con grosse dif-
ficoltà relazionali. “L’immagine dell’alcolista
ritrae sempre una persona dipendente, im-
matura, insicura, narcisista, egocentrica, che
tende a sottrarsi alle responsabilità – spiega
Bruno -. Quando le cose si fanno difficili, si
nasconde dietro la bottiglia, così spariscono
problemi, ansie e paure. Si può divenire al-
colista anche per troppa timidezza nei con-
fronti degli altri, o per avere una marcia in
più con le donne o, ancora, per superare tutti
gli esami della vita. C’è chi come me, ad
esempio, proviene da famiglie tranquille,
senza grossi problemi e, magari, con un la-
voro avviato, ma per affrontare con giusto
piglio la vita di tutti i giorni, crede che gli
sia necessario qualche bicchiere. L’alcool, in-
fatti abbatte i freni inibitori della psiche, di-
ventando il rimedio indispensabile per
affrontare le difficoltà reali o presunte tali”.
La dipendenza ha dunque una dimensio-
ne tutta psichica. Ma come è possibile che
compresi i danni devastanti dell’alcool, l’al-
colista non riesca a porvi rimedio da solo.
“Ci sono due tipi di dipendenza che lavo-
rano contemporaneamente – spiega ancora
Bruno -. Una è quella mentale: l’alcolista ha
una personalità estremamente fragile, per la
quale la sola idea di abbandonare la bottiglia
lo terrorizza letteralmente. Questa è pur
sempre la stampella sulla quale poggia la
propria vita. L’altra dipendenza è fisica: il
corpo dell’alcolista, dopo un certo tempo, va
in assuefazioni perché ingenti quantitativi di
alcool inducono l’organismo a produrre una
sostanza che, immessa nel sangue, ha il com-
pito di attenuarne l’effetto. Perciò per otte-
nere la stessa sensazione, l’alcolista neessita
sempre di un quantitativo superiore di alco-
ol. Quando ritiene di dovere smettere o at-
tenua la quantità di alcool ingerita, quella
sostanza continua a essere immessa nel san-
gue nelle stesse precedenti quantità, creando
un danno per l’organismo stesso, poiché se
in eccesso provoca profondi scompensi. Per
ridurre gli scompensi, l’alcolista, paradossal-
mente, è costretto a continuare a bere”.
Partendo da questa realtà, l’associazione,
da ormai sett’anni, si impegna per il recupe-
ro dalla dipendenza dall’alcool. “La nostra
associazione fa del rapporto interpersonale
– riprende Bruno – la chiave di recupero de-
gli alcolisti. Ogni alcolista che ci contatta
trova un gruppo ristretto di persone con le
quali, nel più assoluto anonimato, sa di po-
tersi completamente aprire”. All’interno del
gruppo egli diviene uno fra tanti, uguale agli
altri, accettato e accolto per quello che è.
Trova il sostegno che spesso la famiglia non
riesce a dargli”.
Il programma di recupero prevede dei
passi che contemplano, in primo luogo, l’ac-
cettazione della condizione di alcolista e, in
secondo luogo, si procede a una verifica di se
stessi e alla conoscenza delle proprie qualità
e dei propri difetti. Si tenta inoltre di recu-
perare le relazioni con gli altri e infine di da-
re stabilità ai risultati raggiunti, cercando
insieme di contribuire al recupero di altri al-
colisti.Dal n. 97 –agosto 2004
∆ Alcolisti in Sicilia deao deaoonn daeein dddaaaaaaai ndeeee
∆ Decessi provocati dall’alcool deao deaoonn daeein dddaaaaaaaindeeee
∆ Incidenti provocati dall'alcool deao deaoonn daeein dddaaaaaaai ndeeee
∆ Identikit dell’alcolista deao deaoonn daeein dddaaaaaaai ndeeee
∆ Incidenza percentuale deao deaoonn daeein dddaaaaaaai ndeeee
∆ Strutture preposte deao deaoonn daeein dddaaaaaaai ndeeee
∆ Malattie provocate dall’alcool deao deaoonn daeein dddaaaaaaai ndeeeelasch
eda
pagina 20
giudiziaria
Milioni di procedimenti in
corso e tempi lunghissi-
mi per definirli. La giusti-
zia è veramente alle strette e la situazione è
ormai insostenibile. Sul piano nazionale, sem-
bra che questo marasma giudiziario riguardi
l’intera Penisola. Ma se ci introduciamo in una
comparazione dei dati che emergono dai vari
Tribunali, ci si rende conto del forte divario che
caratterizza Nord e Sud.
Le ragioni sono tantissime. In primo luogo,
l’aumento delle cause civili; le cosiddette so-
pravvenienze. Anche se nel 95’, con l’introdu-
zione del giudice di pace e con l’attuazione del
nuovo codice di procedura civile, si registra una
lieve riduzione dei tempi, sempre in quello stes-
so periodo aumenta vertiginosamente il nume-
ro delle cause civili. Da allora, giorno dopo
giorno, si forma il grande arretrato. A questi
motivi, si aggiungono i cambiamenti sociali del-
l’ultimo quarantennio. Negli anni
Settanta, si affermano i di-
ritti dei lavoratori. Di conseguenza aumentano
le controversie individuali legate al lavoro. La
società si trasforma da contadina a industriale
e attorno alla nuova classe emergente nascono
maggiori conflitti giudiziari. Cambia pure il te-
nore di vita, mutano i costumi sociali. Tutti ele-
menti che provocano l’aumento dei
procedimenti civili.
Ciò è positivo, ma evidenzia la carenza e
l’inefficienza dei luoghi deputati ad applicarla.
Pensiamo, per esempio alla mancanza di uffici
per i magistrati. Non sempre questi dispongono
di un luogo fisico dove lavorare tranquillamen-
te. I magistrati si trovano spesso a fare richiesta
pure di personale che li coadiuvi. Ma la figura
di un pieno collaboratore non è prevista da nes-
suna parte. L’altro limite è fornito dall’ ecces-
siva frammentazione degli uffici giudiziari, che
è stata ridotta dalla eliminazione delle Preture
solo parzialmente. Per raggiungere un buono
standard organizzativo pare che ogni tribunale
debba disporre di una ventina di giudici. Molti
tribunali di alcune grandi aree metropolitane
del Nord dispongono di un numero eccessivo
di magistrati, mentre tutti quelli del Sud di-
spongono sì e no di una decina di unità.
Milioni di procedimenti in corso e tempi lun-
ghissimi per definirli. La giustizia è veramente
alle strette e la situazione è ormai insostenibile.
Sul piano nazionale, sembra che questo mara-
sma giudiziario riguardi l’intera Penisola. Ma
se ci introduciamo in una comparazione dei dati
che emergono dai vari Tribunali, ci si rende
conto del forte divario che caratterizza Nord e
Sud.
Le ragioni sono tantissime. In primo luogo,
l’aumento delle cause civili; le cosiddette so-
pravvenienze. Anche se nel 95’, con l’introdu-
zione del giudice di pace e con l’attuazione del
nuovo codice di procedura civile, si registra una
lieve riduzione dei tempi, sempre in quello sbia-
menti sociali dell’ultimo quarantennio.a e l’inef-
ficienza dei luoghi deputati ad applicarla.
Pensiamo, per esempio alla mancanza di uffici
per i magistrati. Non sempre questi dispongono
di un luogo fisico dove lavorare tranquillamen-
te. I magistrati si trovano spesso a fare richiesta
pure di personmente. I magistrati si trovano
spesso a fare richiesta pure di persone
a cura di Al.Ba.
“giustiziaèfatta”...quando ci sarà tempo
“giustiziaèfatta”...quando ci sarà tempo
Carenza organicaInefficienza strutturaleMutamenti sociali
Aumento dei procedimenti in corsoSono numerose le cause
che ostacolano il corso della leggeSoprattutto nel Sud d’Italia
pagina 21
occhioalconsumo
Quante insidie si nascondo-
no dietro al bancone di
vendita dei prodotti ali-
mentari? Quanti veleni arrivano sulle nostre
tavole? Quanti rischi corre giornalmente il
consumatore ingenuo e sprovveduto?
Tutti interrogativi inquietanti ai quali è
difficile dare una risposta. Tutto finché non
scoppiano casi eclatanti come il vino al me-
tanolo, il formaggio al botulino, il latte alla
diossina, il pesce al mercurio, la mucca paz-
za. Casi alla ribalta della cronaca che, per
qualche mese, turbano il consumatore e, for-
se, scuotono la tranquilla coscienza dei pro-
duttori e di chi dovrebbe controllare la
qualità dei cibi. E dopo? Spenti i riflettori dei
mass-media, si ritorna a imbandire la tavola
con ogni sorta di cibo e correndo ogni sorta
di rischio. E se i rischi sono all’incirca uguali
per tutti i consumatori italiani, c’è tra questi
chi rischia di più, come chi vive nelle regioni
italiane in cui il consumatore è un soggetto
giuridicamente sconosciuto.
Tra le regioni messe peggio, un posto di
rilievo spetta alla Sicilia, dove non esiste al-
cuna connessione tra ciò che impone la nor-
mativa e ciò che viene realizzato. La Regione
Sicilia ha recepito le direttive emanate dal-
l’Unione Europea soltanto dopo quattro an-
ni dall’emanazione e, tra l’altro, non hanno
ancora trovato piena attuazione. I decreti
cardine del quadro normativo che disciplina
il controllo degli alimenti sono quelli del 97.
I due decreti che vanno sotto la sigla Haccp
(Hazard analisis critical control point), det-
tano le norme relative alla sicurezza degli
alimenti. Sicurezza che deve essere garantita
attraverso un’analisi mirata a prevenire ogni
rischio durante le fasi di produzione, stoccag-
gio e lavorazione, denominate ‘fasi critiche’ e
che inglobano preparazione, trasformazione,
confezionamento, deposito, trasporto, mani-
polazione, fornitura, trasferimento, eccetera di
ogni alimento. Tutte le fasi, insomma, in cui il
prodotto rischia contaminazioni microbiolo-
giche. Contaminazioni la cui responsabilità
viene attribuita a molti soggetti: dal produt-
tore al venditore.
Produttore e rivenditore hanno, dunque,
molte responsabilità. Ma a chi spetta il con-
trollo vero e proprio? Le strutture preposte
sono tante. Per la Sicilia questo rappresenta
un problema, in quanto le strutture previste
per la normativa sono decisamente carenti.
Sembra che tra personale e strutture, nell’Iso-
la si riesca a coprire appena il 25 per cento del
fabbisogno. Anche se, comunque, va detto che
stabilire il rapporto tra strutture ed esigenze
del territorio non è facile. “Per una legislazio-
ne quale quella alimentare, in continua evolu-
zione rispetto al mercato globale e alle aree di
libero scambio – spiega Francesco Strafalaci,
presidente dell’Unione consumatori – è diffi-
cile individuare l’esatto numero di persone da
adibire ai controlli alimentari. Pertanto, si pro-
pone quale prima fase di razionalizzazione
quella di un migliore coordinamento degli in-
terventi in atto svolti dalle Ausl, dai Nas (Nu-
cleo antisofisticazioni dei Carabinieri), dai
vigili annonari, dai medici veterinari, dai labo-
ratori di Igiene e Profilassi, eccetera. Ciò al fi-
ne di verificare, tramite il monitoraggio,
l’eventuale miglioramento della situazione”.
Alcune di queste strutture dovrebbero
esercitare un controllo prettamente sanita-
rio. Altre, invece, hanno un ruolo più anali-
tico. Altre ancora, infine, dovrebbero
svolgere un ruolo repressivo.L’inchiesta Numero 85 – Giugno 2003
cosa mettiatavola?
di Patrizia Romano
Carenze organiche e strutturali. Ritardi legislativi. Nell’ambitodei controlli alimentari, esiste una vera e propria disincrasia tra ciòche prevede la legge e ciò che, in base alla stessa, dovrebbe essererealizzato. Il rischio di contaminazioni è sempre in agguato.E i pericoli per il consumatore, inevitabilmente, crescono
pagina 22
personaggioil
Èun attore molto amato dal pub-
blico, Carlo Verdone. E come
regista lo è altrettanto dal
momento che, tranne poche eccezioni, ha
sempre diretto i suoi film, da lui stesso
scritti con sceneggiatori di fiducia. Non
sempre la critica lo ha apprezzato, ma l’an-
no scorso gli è stata dedicata la rassegna di
Assisi ‘Primo piano sull’autore’, in cui non
pochi sono stati i ripensamenti sull’intera
sua opera, con rivalutazioni doverose da
parte di chi, in passato, lo aveva considerato
superficialmente.
Così gli chiediamo fino a che punto As-
sisi sia stata per lui una celebrazione e fino
a che punto una seria rivisitazione critica di
vent’anni di carriera, dal 1980 al 2000.
C’è stata una valutazione sincera e serena
dei miei 17 film, una sorta di sdoganamento cri-
tico che mi ha gratificato. Il verificare come di-
versi critici autorevoli che, a suo tempo, non
erano stati proprio generosi nei miei confronti,
si siano convinti di certe qualità cambiando pa-
rere, mi ha dato una nuova carica di sicurezza e
di ottimismo. E poi sai che ti dico? Che alcuni
miei film sono stati riscoperti e rivalutati in oc-
casione della loro proposta in televisione, a di-
stanza di anni. Si vede che a volte occorre
proprio una seconda lettura. Di solito, il piccolo
schermo mortifica il cinema, ma nel mio caso
pare che, invece, sia stato quanto mai opportu-
no…
Hai avuto la fortuna di essere rivalutato
abbastanza presto, mentre in Italia le riva-
lutazioni non solo sono sempre assai tardi-
ve, ma spesso esagerate, comprendendo
anche autori e film di assoluta mediocrità,
basti pensare ai film di Pierino e ad altro
‘trash’ nostrano.
Certa critica, cosiddetta d’avanguardia,
giunge talora a un estremismo delirante per
stupire. La tendenza alla rivalutazione del
‘trash’ approda così a impensabili eccessi. Il ci-
nema tradizionale è, invece, generalmente odia-
to, salvo riscoperte tardive. In ogni caso,
riconosco che alcuni miei film sono stati di sem-
plice transizione: un atto di umiltà per tracciare
il percorso logico alla preparazione di un film
successivo. Per esempio, Troppo forte del 1986,
non mi piace più, ma mi è servito per arri-
vare un anno dopo a Io e mia sorella. Così pu-
re Il bambino e il poliziotto del 1989 è stata
solo la premessa a Stasera a casa di Alice del-
l’anno successivo e, soprattutto, a Maledetto
il giorno che ti ho incontrato di tre anni dopo.
Io stesso mi rendo conto dei pregi e dei li-
miti dei miei film, ci mancherebbe altro che
pretendessi d’essere sempre stato su un cer-
to livello. Il successo, magari ti costringe,
qualche volta, a realizzare un’opera in cui
non credi troppo. E l’ispirazione non è un
dono a cui si può fare ricorso quando si vuo-
le. Certo, per tanto tempo, all’uscita di ogni
mio film, l’attesa è stata quella del grosso in-
casso e delle battute memorabili. Il pubblico
mi preferisce comico, ma in più occasioni ha
apprezzato anche il lato malinconico che mi
appartiene, come in Compagni di scuola. E poi
certi miei film ritenuti soltanto comici, se va-
lutati con attenzione, rivelano pure ben altri
aspetti. Prendi Viaggi di nozze, secondo me
tanto divertente quanto crudele: nel virtuo-
sismo espressivo dei miei personaggi ci sono
dettagli che fanno riflettere, come la solitu-
d a i m i e i p r i m i 5 0 a n n i
Carlo
Ve
rdo
ne Intervista al popolare
attore e regista, che ripercorrele proprie esperienze disuccesso, mentre stalavorando al suodiciottesimo film che ritiene
il più difficile di unacarriera lunga oltre un ventennio
pagina 23
ilpersonaggio
dine, il vuoto cerebrale, la disperazione di
certo grottesco esistenziale.
Eppure la tua popolarità si deve soprat-
tutto a personaggi godibilmente bizzarri o
a battute memorabili. Tra queste ultime ri-
cordo quella famosa su un film di Anghelo-
pulos: “Sul giornale c’era scritto quattro
palle di critica. Con le due che gli ho lascia-
to sulla sedia fanno sei….”. Con il tuo nuovo
film torni alla comicità pura o tenti un’altra
strada? L’anno scorso mi dicevi che eri mol-
to incerto sulla scelta da fare.
A cinquant’anni compiuti comincia una se-
conda fase della mia carriera. Sto cominciando
un film in cui rischio molto, senza dubbio il più
difficile di tutta la mia attività. Il titolo dovrebbe
essere Ma che colpa abbiamo noi e riguarda l’ana-
lisi di gruppo per otto personaggi, ciascuno con
le sue fragilità e le sue debolezze. Ho lavorato
un anno e mezzo al copione.
Il tema è quello delle nevrosi individuali,
delle incertezze, dell’immaturità e della paura
di crescere. Oggi, la commedia privilegia
l’esplorazione dell’intimo, essendo molto diffu-
so un microcosmo colorato di nevrosi e di di-
sorientamento nella vita quotidiana.
E il cinema italiano sullo schermo?
Abbiamo tanti bravi attori, ma non altret-
tanto bravi registi. Ho visto comunque film in-
teressanti. Il comune denominatore del nostro
cinema resta, però, il piangersi addosso. Dal
momento che la situazione interna, come quella
internazionale, è assai complicata, prevalgono
i film di nevrosi e di crisi psicologica.
Che ne pensi della televisione attuale?
Che è un gran calderone. E’ come una di
quelle torte in cui si trova un po’ di tutto,
all’insegna della ricerca del massimo share.
Anche se la fiction è abbastanza volgarizzata,
di buono c’è l’interesse di far lavorare tanti
attori e, tra questi, si possono fare belle sco-
perte.
So che sei un appassionato tifoso della
Roma, ma oltre al calcio hai altri hobbies?
La musica. Vado sempre alla scoperta di
nuovi autori e di nuove tendenze. Mi piace
aggiornarmi e così spendo un sacco di soldi
in compact.
Qual è il tuo ricordo più bello?
Bhe, risale a più di vent’anni fa, quando
Sergio Leone produsse il mio primo film, Un
sacco bello. Lui e io abbiamo visto il film in
una saletta privata, seduti ciascuno a molto
distanza dall’altro. Leone non ha riso nep-
pure una volta e io temevo parecchio il suo
giudizio. Poi lui si è alzato, è venuto verso di
me e mi ha mostrato un pugno chiuso dicen-
do: “Sto film ce l’ho così”. Capii che gli era
piaciuto e che la mia carriera nel cinema era
cominciata.
Dei primi cinquant’anni di Verdone
vale la pena di scoprire tanto d’altro nel
suo gustosissimo libro di ricordi di vita e
di cinema Fatti coatti (o quasi), dedicato
affettuosamente ad Alberto Sordi ed edi-
to da Mondadori. Così l’autore ne spiega
lo spirito:
In ognuno di noi convivono due anime:
una controllata e formale, l’altra anarchica e
sbracata. Ecco, io definirei quest’ultima
‘l’anima coatta’. L’anima insolente, sbruffona
e ironica che ci aiuta a sorridere dei difetti
altrui, ma soprattutto a ridere dei nostri. Dal numero 72 – Aprile 2002
d a i m i e i p r i m i 5 0 a n n i di
pagina 24
intervista
Insediatosi alla guida dell’ente dopo
una serie di commissariamenti, inaugura unanuova stagione per il credito alleimprese, incentivando le possibilità di finanziamento.A colloquio con Antonio Carullo, nuovopresidente dell’Istituto regionaleper il credito alla cooperazione
Sono passati sei mesi da quando il nuovo consiglio di amministrazione è stato insediato alla
guida dell’Ircac, dopo un periodo di commissariamento durato circa tre anni.
Qual è lo stato generale attuale trovato dai nuovi protagonisti dell’ente?
Ne parliamo con Antonio Carullo, nuovo presidente dell’Istituto regionale per il credito alla
cooperazione.
Credo che sia importante, innanzitutto, ricordare per grandi linee, qual è il ruolo dell’Ircac.
L’Istituto regionale per il credito alla cooperazione è un ente economico
regionale che ha come obiettivo la promozione,
l’incremento e il potenziamento della
cooperazione in Sicilia. Si tratta,
insomma di un istituto di credito
speciale, che non raccoglie risparmio
sotto alcuna forma, e che gestisce
invece, per conto della Regione
Siciliana una serie di leggi e di
finanziamenti.
L’Ircac dispone finanziamenti
diretti e indiretti (contributo interessi su finanziamenti
bancari), leasing agevolato, aumento di capitale sociale a un tasso di interessi molto
basso, attualmente intorno all’1,30 per cento.
Il Consiglio di amministrazione si è insediato nello scorso mese di aprile dopo una serie di
commissariamenti che avevano di fatto determinato una stasi operativa dell’Ente. La ripresa
funzionale dell’Ircac consente di dare una risposta positiva sul fronte dell’accesso al credito alle
cooperative siciliane e ai loro consorzi. In questi sei mesi di attività, il consiglio ha deliberato
finanziamenti diretti in favore di cooperative siciliane per un importo di cinque milioni e
mezzo di Euro e ha consentito, attraverso il contributo interessi, l’attivazione di
finanziamenti del sistema bancario per sei milioni e 700 mila Euro. L’Istituto concede
finanziamenti per l’avvio di nuove attività, per l’acquisto di stabilimenti e attrezzature, per il
leasing. Naturalmente ogni intervento dell’Ircac viene fatto in perfetta armonia con le
indicazioni comunitarie sulla concessione dei crediti a tassi agevolati alle imprese.
il nuovo voltodell’Ircac
di Rosalinda Camarda
Dal 2000 il regolamento
comunitario per gli aiuti
alle imprese ha di fatto
bloccato l’intervento dell’Ircac in favore
delle cooperative agricole, che costitui-
vano una fetta significativa della vostra
utenza. Lei ha di recente incontrato l’as-
sessore all’Agricoltura, Leontini. Si apro-
no nuove prospettive?
Ormai da oltre tre anni, l’Istituto non
può rispondere alle domande di finanzia-
mento delle cooperative agricole: la legge
regionale numero 6 del 2001 ha disposto, in-
fatti, che l’Ircac possa continuare a conce-
dere gli aiuti alle imprese cooperative
previsti dalle disposizioni di legge previdenti
all’entrata in vigore della legge regionale
numero 4 del 2000 nei limiti stabiliti per gli
aiuti ‘de minimis’ a esclusione di alcuni com-
parti fra cui, appunto, l’agricoltura. La pub-
blicazione sulla Gazzetta Ufficiale
dell’Unione europea del 3 gennaio scorso del
nuovo regolamento comunitario sugli aiuti
di Stato a favore delle piccole e medie impre-
se nel settore agricolo e agroalimentare po-
trebbe aprire uno spiraglio per l’Ircac.
Il mondo della cooperazione è in pie-
na ripresa e secondo i dati di numerosi
studi (dalla Fondazione Curella all’Isti-
tuto Tagliacarne) anche in Sicilia la cre-
scita è costante. Su quali fronti l’Ircac
può essere vicino alle cooperative?
In tutta Italia, e in maniera particolare in
Sicilia, le cooperative sono afflitte dal problema
della sottocapitalizzazione. Le regole imposte
alle banche dagli accordi di Basilea 2 e vigenti
dal gennaio 2007 determineranno un’indica-
zione di rating poco vantaggiosi per le coop
che potrebbero vedere aumentare a dismisura
il costo del denaro concesso dalle banche o ad-
dirittura di vedersi negato l’accesso al credito.
La risposta a tale problema, peraltro ine-
ludibile vista la perentorietà delle indicazioni
di Basilea 2, per le imprese cooperative è una
sola: puntare su una maggiore capitalizzazione
in modo da presentarsi all’appuntamento del
primo gennaio 2007 in una condizione di mi-
nore svantaggio rispetto alle altre piccole e
medie imprese.
Il legislatore regionale ha affidato all’Ircac
già nel 1991, la possibilità di procedere alla ri-
capitalizzazione delle cooperative, prevedendo
la concessione di un finanziamento a tasso age-
volato che metta i soci nelle condizioni di au-
mentare, nel periodo di cinque anni, il capitale
sociale della cooperativa.In questi anni l’Ircac
ha già attivato in maniera abbastanza signifi-
cativa questo tipo di incentivazione, finanzian-
do la ricapitalizzazione di 74 cooperative per
un finanziamento complessivo di 34 miliardi di
vecchie lire.
Ma come è comprensibile ben altri potran-
no essere i numeri quando apparirà in maniera
del tutto evidente che il parametro del capitale
sociale è fondamentale nella definizione del ra-
ting da parte degli istituti di credito e per le
cooperative diventerà davvero irrinunciabile
provvedere alla ricapitalizzazione.
Il ricorso all’Ircac, dunque, potrebbe
una strada quasi obbligata. Ma molte
cooperative non sanno come funziona
l’Ircac e cosa è possibile ottenere…
E’ vero, molte cooperative non sanno so-
prattutto che l’Ircac ha ripreso a funzionare
a pieno regime ed è per questo che abbiamo
deciso di varare un efficace Piano di comu-
nicazione.
I punti principali riguardano il rilancio
dello sportello di consulenza aziendale a cui
possono rivolgersi le cooperative per avere
notizie sulle possibilità offerte dalla norma-
tiva regionale e sugli interventi dell’Ircac.
Lo sportello funziona a Palermo e ha una se-
de decentrata a Messina, mentre è in itinere
l’organizzazione di uno sportello decentrato
a Catania. L’Ircac partecipa anche a manife-
stazioni, convegni e fiere di settore e sta la-
vorando alla piena riattivazione del sito
internet e del numero verde. Numero 101 – novembre 2004
intervista
pagina 27
turismo
Certo, per chi entra in un villaggio turistico èquasi impossibile non restare stregato da un in-contenibile euforia: fare e provare tutto diventa unobbligo morale. Ed ecco spiegato come il primopensiero, svegliandosi, non sia più avere una rilas-sante colazione, bensì gettarsi in piscina per par-tecipare al ‘risveglio muscolare’ seguito daun’esilerante strapazzata in piscina chiamata ‘ac-qua-gym’.
Ma oltre al villaggio turistico, quali sono lemete più ambite dai siciliani? Dove andranno?Cosa faranno? “Parlare di tendenze turistiche –osserva Gino Campanella, presidente Fiavet(Federazione italiana agenzie di viaggi) di Paler-mo – è un po’ prematuro, perché ancora nonpossiamo includere i vacanzieri dell’ultimo mo-mento che rappresentano il grosso del flussoturistico. Nelle linee generali – continua Cam-
panella – possiamo avanzare qualche previsio-ne. In Italia, per esempio, le mete più gettonatesaranno le località balneari. Se ci spostiamo inEuropa, le città più ambite rimarranno Parigi,Berlino, Barcellona, proposte in pacchetti cul-turali.
All’estero, invece, la tendenza sarà, ancorauna volta, verso la Tunisia, Malta, Egitto e, in par-ticolare, la Grecia. Richiesta anche la Russia che,lo scorso anno ha cavalcato l’onda”.
Parlare di tendenze, senza considerarel’aspetto economico è riduttivo. Il suo andamentoha sempre condizionato e modificato le dinamichesociali. I settori più penalizzati dalla crisi sono quellivoluttuari. Quindi, dal settore turistico, che non ècerto un bene di prima necessità, ci aspetterem-mo i dati più allarmanti. Ma è proprio così? “Nienteaffatto – sottolinea il presidente della Fiavet. Sinoa ora – dice – abbiamo registrato un incremento,rispetto allo scorso anno, del 10 per cento. Con-tiamo sulla possibilità di arrivare al 15 per centosenza utopie. Anche se lentamente, la crisi e lapaura sembrano rientrare. Qualcuno parte proprioin barba ai timori passati. La prima fascia a esor-cizzare la paura è la fascia media che rappresentala massa. Quelli della vacanza breve ed economi-ca… per capirci, nonché la più penalizzata” – sot-tolinea l’esponente della Federazione -.
In realtà, il lungo raggio non ha risentito pe-santemente della crisi. “Certo – conferma GinoCampanella – il lungo raggio è sempre stato ap-pannaggio d’elite, cioè di coloro che i soldi ce lihanno sempre avuti. L’incremento, quindi, si regi-stra all’interno delle fasce intermedie” – ribadisce-. Continua ad andare bene la crociera, il cui suc-cesso è legato alla politica dei prezzi che punta suun rapporto qualità/prezzo stupefacente
Numero 149 – Maggio 2010
Partire, partire, partire!!! Questopensiero prende sempre piùspazio nella mente dei siciliani
con l’avvicinarsi delle vacanze estive. Anchequest’anno, crisi o meno, milioni di famiglie sonopronte a fare le valigie e ad abbandonare il caoscittadino. “Sette giorni di puro relax”: è la risposta,ormai standardizzata, che si ottiene chiedendo alvostro amico/parente/vicino il programma che hariservato per la prossima estate.
Tra le mete preferite dal popolo dei vacanzieri,il villaggio turistico non passa mai di moda e con-tinua a essere considerato da molti come l’oasiperfetta per combattere il caldo e lo stress dei mesidi luglio e di agosto. Insomma, si parte per ricari-care le proprie batterie, preparandosi al ritorno del-la routine settembrina. Sfogliando le brochure diun qualsiasi villaggio turistico, i nostri occhi si illu-minano guardando immagini di spensieratezza edi divertimento sfrenato, accompagnate da ulte-riori raffigurazioni, totalmente antitetiche, di pace etranquillità. Come dire: ce n’è per tutti i gusti, cosaaspetti?
Ma, in effetti, conciliare l’attivismo e l’ozio è al-quanto difficile, se non impossibile: come risolverequesto problema? Semplice: rinunciare ai buonipropositi iniziali.
Ecco allora che l’idea dell’amaca sotto unapalma che avevamo tanto immaginato viene so-stituita da quella di un campo da tennis in cui sia-mo i protagonisti con le nostre racchette scintillantisotto il sole. O ancora, le rilassanti serate in spiag-gia, con cocktail in mano e musica hawaiana co-me sottofondo vengono sostituite da notti bravein discoteca al ritmo di una musica elettrizzante.Peccato che nella realtà queste immagini portinoanche a strappi muscolari e occhiaie. Insomma,tutte queste attività sono molto allettanti, ma dob-biamo ricordare che se non ci diamo un limite lastrada a cui porteranno sarà soltanto una: nienterelax, soltanto altro stress.
Voglie esaltanti che incalzano, desideri reconditi che esplodono,capricci da soddisfare a qualque costo. Quella estiva è la stagione più amataViaggio tra le tendenze turistiche più trend dell’anno
di Benedetto Darcamo e Patrizia Romano
parola d’ordinedivertimento
Una cucina all’insegna della tra-dizione. E’ quello che si pro-pone la gastronomia siciliana
per la prossima estate. Una culinaria che sembranon volersi distaccare molto dalla cultura classi-ca e tradizionale. “Oggi c’è una continua ricercadi prodotti tipici, profumi e ricette tradizionali or-mai dimenticate – dice Giuseppe Giuliana, mae-stro di cucina, presidente dell’associazioneprovinciale Cuochi e Pasticceri Palermo, nonchéCoach del Culinary Team Palermo -. Le pietanzevengono riproposte con semplicità e gusto, masoprattutto si prende in considerazione la loro di-geribilità”. Una scelta quasi d’obbligo con l’arrivodella stagione calda. Ma come metterla in atto?“Grazie alle nuove tecnologie e, quindi, nuovemetodologie di cotture – spiega Giuseppe Giu-liana – si riesce a proporre pietanze raffinate,usando ingredienti del territorio o riproponendoricette classiche rivisitate. Da qualche anno van-no molto di moda i ‘Finger-Food’. Sono dellepreparazioni che vengono servite nei conviviali,nei buffet, ma anche come aperitivi nelle cene digala o insieme ai cocktail. I ‘Finger-Food’ – con-tinua il nostro chef – sono piccole preparazionida gustare in un bocconne con l’aiuto, al mas-
simo, di due dita (da qui il nome finger), a voltedisposti in piccoli contenitori particolari o su basialimentari. Personalmente li definisco piccoleopere d’arte”. E’ in queste occasioni che la fan-tasia gioca un ruolo importante, così pure la buo-na conoscenza degli ingredienti, dei vari tipi dicottura e ancora tante altre qualità che un bravochef deve avere. “Pensate – sottolinea ancoraGiuliana – che servire in un finger le micro pol-pettine di sarde al pistacchio con passata di po-modoro e clorofilla alla mentuccia può sembrareun qualcosa di non fattibile per un provetto cuo-co, invece, non sono altro che le nostre polpettedi sarde classiche rivisitate e presentate diversa-mente, rendendole una prelibatezza per il palato.Le nuove tendenze culinarie devono, quindi,comprendere preparazioni gastronomiche rea-lizzate rispettando le tradizioni, i prodotti di qua-lità, le stagionalità, i colori e i profumi, masoprattutto la genuinità”.
Inoltre, con l’arrivo dell’estate si cerca di sal-vaguardare anche il palato, mettendolo akl ripa-ro dal caldo e dall’afa. Le papille gustative siadattano alle nuove condizioni climatiche e, co-sì, le tendenze gastronomiche si modificano. “Laprima cosa che bisogna evidenziare – sottolinea
Grazie alle nuove tecnologie e, quindi, nuove metodologiedi cotture, si riesce a proporre pietanze raffinate, usandoingredienti del territorio o riproponendo ricette classiche rivisitate
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gastronomia
Mario Cosentino, presidente regionale dell’as-sociazione cuochi e chef – è che con l’estate,proprio a causa del caldo, si tende a mangiaremolto meno e, ovviamente, a bere di più. Que-sto spinge a un maggiore consumo di prodottifreschi come il gelato, i dessert, i semifreddi allafrutta, eccetera”. Molti, addirittura, preferisconosostituire questo tipo di alimento a un pastocompleto. Come sempre sono i giovani i più in-novativi e i più aperti verso le nuove tendenze.“In realtà, comunque, è il palato a esigere inno-vazioni gastronomiche e a spingere gli addettiai lavori a inventare piatti pratici, veloci, leggeri esempre più decorativi. Ecco, quindi – sottolinealo chef – che i locali di tendenza diventano quellidove si preparano piatti come il cus cus nellesue varie performance; di pesce, carne o vege-tariano. Sempre all’insegna del pasto leggero egustoso, trovano un posto di tutto rilievo pure ilKepbap greco e l’orientale sushi”.
Ritornando, invece, alla nostra cucinache gioca sempre un ruolo predominante,diamo una panoramica sui piatti più gettonatiper l’estate. Ancora una volta, comunque,all’insegna della praticità. “Fra le scelte piùpratiche – suggerisce lo chef – propongo iclassici marinati di pesce, accompagnati daverdure grigliate o, all’insegna della cucinamade in Sicilia, la classica caponata di me-lanzane presentata in forma di tortino grati-nato e accompagnato, a sua volta, da scagliedi primo sale e mandorle tostate. Inoltre, il piùfesteggiato sulla tavola mediterranea, rimaneil pesce azzurro. Pertanto, suggerisco la ta-gliata di tonno del Mediterraneo, lo sformatodi alici, i filetti di sgombro in crosta di pistac-chio. Per non parlare, poi, delle classiche gri-gliate di pesce azzurro.
Dal numero 144 – luglio 2009
di Valerio Castelnuovo
tradizioneinnovativa
Anche il makeup è soggettoa mode e tendenze propriocome l’abbigliamento. Ognistagione ha i propri colori e leproprie atmosfere ai qualiadattarsi. Però, è opportunoprecisare che non è del tuttocorretto seguire queste
tendenzepedissequamente, senzatenere conto degli effetti cheil makeup ha si ciascuno dinoi. Il trucco nel suocomplesso scalfisce inmaniera significativa il nostroaspetto. Pertanto, bisognatenere conto, innanzitutto,dei caratteri naturali. Quindi,partiamo dal principio che,per non sbagliare, è sempremeglio andare sul leggero,piuttosto che calcare lamano. Faremo, senz’altro,meno danni. Il trucco acquae sapone rimane quellovincente, ma con la stagionein corso può essere rivisto,puntando su ciglia nere e
lunghe.La pelle dell’estaste 2009,invece, si mantienenaturale, con tocchi leggeridi fard sulle gote. Anche lepalpebre si avvarranno diombretti tenui, dai coloriquasi pallidi. L’obiettivo delmakeup è quello di esaltarela semplicità della donna intutta la sua naturalezza. Lavoglia di trasgressioneestiva, comunque, ci saràsempre. La si potràsoddisfare, però, soltantoattraverso gli occhi,puntando, come dicevamo,prevalentemente sulle ciglia.
Le acconciature sono valorizzate datagli asimettrici in movimento e convolumi abbondanti. I tagli non sonocomposti, ma spettinati econsentono innumerevoli soluzionicreative sulla donna. Potrannoessere lunghi con scalatureestreme, lunghi e morbidi, carrècon geometrie scompigliate e ciuffiimportanti. Per il capello lungo,invece, i tagli saranno lievementescalati, favorendo un movimento fluido emorbido. I colori tenderanno al biondo in unavasta gamma di sfumature che vanno dal platino alcenere. Alle onde naturali e leggere del caspello sciolto,potremo alternare acconciature raccolte con texturevariegate. Tornano di moda gli chignon con capelli decorati e lavorati quasi fossero materia.La moda, quindi, prevede come al solito, una vasta gamma di opportunità; dalla novità piùsfrenata alla tradizione più rigorosa.
pagina 29
ineout
Sarà l’arrivo della bella stagione o i segnalidi afa o, ancora, quel bisogno di frescurasul corpo… Comunque sia, le sfilateprimavera estate 2009 mostrano unatendenza alla trasparenza, se non allanudità. Tendenza che, lo scorso anno,sembrava essere stata riposta nelcassetto. La moda che ha prevalso nel2008, infatti, è stata una moda sobria,moderata, quasi rigorosa. C’è, dunque,un ritorno alla trasgressione? “Per
scoprirlo – dice MarinellaCalzona, presidentedell’assocoazione Modae Modi – dovremoattendere le sfilate delprossimo febbraio. Soloallora saremo in grado divalutare se l’immagine diuna donna seducente,ma vestita andràraffoezandosi e se la crisieconomica e finanziariache ci ha investito ci avràresi più sobri e piùmisurati, quindi menoinclini alle astravaganze ealle trasgressioni.Bisogna dire – continua lanostra esperta - che, aldi là delle trasparenze,
c’è continuità di stili. Il dubbio che ciassale è se mantenere gli stessi elementistilistici non sia dovuto a un certo timoredi osare novità, dal momento che non èdato prevedere l’accoglienza chetroveranno tra i consumatori”. Risultadunque molto difficile segnalare delle veretendenze per questa estate poiché la notadominante delle collezioni presentate loscorso settembre è stata scarsa di novitàin grado di catturare l’attenzione.
Moderata e smodata. Sobria e trasgressiva. Soffocante e refrigerante.L’estate è tutto e il contrario di tutto. Ma è, in particolare, voglia di mutamentoe di sterzate alla routine. Voghe e tendenze della bella stagione
la freschezzaall’insegnadelcaldo
t e n d e n z ac a p e l l i
v e s t i r e d ’ e s t a t e
di Luciana Rossello
makeup
Dal numero 149 – Maggio 2009
pagina 30
sport
L’uso di sostanze o proce-dimenti destinati ad au-mentare artificialmente il
rendimento di un atleta in occasione di unagara sportiva si definisce doping. Ci sono va-rie tesi sull’etimologia della parola, ma tutteportano in conclusione al verbo inglese todope ossia drogare.
Agli inizi di questo secolo il doping consi-steva in zollette di zucchero imbevute di etere.Seguirono varie miscele fai da te fino ad arrivareagli anni ’50 in cui fecero la loro comparsa leanfetamine ovvero i primi stimolanti. Oggi icomposti chimici utilizzati illecitamente nellosport sono molti, con diversi meccanismid’azione e diverso indice di pericolosità. In ge-nere vengono usate quelle sostanze il cui usoviene finalizzato a ridurre la percezione della fa-tica, accrescere la forza, migliorare la prontezzadei riflessi, controllare la frequenza cardiaca erespiratoria, ridurre il peso corporeo, attenuarel’ansia e mascherare la presenza nelle urine del-le sostanze vietate. Viene considerata pratica
dopante anche la trasfusione del sangue. La lotta al doping inizia in Italia nel 1954.
E’ a Firenze che nel 1961 fu aperto il primolaboratorio europeo di analisi anti-doping edal 1964 vengono effettuati sistematici con-trolli sugli atleti dopo le competizioni. Dal1971 esiste in Italia una legge che puniscesia chi fa uso di sostanze proibite, sia chi lefornisce agli sportivi. Sempre nel 1971 il Co-mitato Olimpico Internazionale ha pubblicatouna lista di sostanze proibite che viene perio-dicamente aggiornata anche perché questespesso si trovano in comuni farmaci. Nellastoria, il primo caso accertato di morte dadoping risale al 1886, quando il ciclista gal-lese Arthur Linton morì a seguito dell’assun-zione di trimetil nella gara Parigi – Bordeaux.Nel 1904, l’americano Thomas Hicks, dopoavere vinto la maratona olimpica di Atene,venne colto da un grave malore e morì percolpa del solfato di stricnina. La medesimasorte toccò a Dorando Petri nella maratonaolimpica di Londra del 1908. E’ tristementefamosa la morte del ciclista Tommy Simpson,durante il Tour de France del 1967, nel-l’ascesa al Mont Ventoux.
Ma ciò non deve far pensare che il feno-meno sia circoscritto al solo ambito agonisti-co. Piuttosto è facile comprendere che è lìche si eseguono con regolarità i controlli al fi-ne di evitare la frode sportiva e salvaguardarela salute degli atleti. Ed è anche evidente cheepisodi letali riguardanti sportivi professionistiha un’eco maggiore. Gli ultimi casi di positi-vità alle sostanze dopanti, la dicono lungasulla gravità del fenomeno. Ancora oggi cam-pioni dello sport affermati pur di mantenerele proprie prestazioni al top delle possibilitàfisiche, si giocano l’immagine e la carriera va-nificando l’impegno e i sacrifici in molti annidi allenamento. Tra i casi più recenti il tennistafrancese Richard Gasquet risultato positivo aun controllo effettuato in marzo a Miami eTom Boonen, ex campione del mondo di ci-clismo, ancora una volta positivo alla cocainaa quasi un anno dal primo controllo.
Per quanto riguarda, invece, il mondosportivo amatoriale, scemati i miti hollywoo-diani di Stallone e Schwarzenegger comemodelli da emulare, si spera in una crescenteattenzione verso la salute e la bellezza intesacome armonia del corpo dello spirito, ma an-che in un ritrovato valore per la competizioneleale e orgogliosa, frutto di allenamento e spi-rito di sacrificio.
La necessità di risultati straordinari,di gloria e di un guadagno economicostellare, trasforma gli atletiin macchine efficientissime doveimpegno, passione, lealtà e spiritosportivo vengono inghiottitidalla celebrità… a ogni costo
di Alessandra Ballarò
losportchemuore
pagina 32
sicilianinelmondo
Sembra ormai giunto alle bat-
tute finali l’iter della trava-
gliata legge che ridisegnerà
le possibilità e le modalità di voto delle comu-
nità italiane all’estero. E’ un appuntamento ba-
silare nella storia dell’emigrazione italiana e
rimarca il diritto inalienabile che ai cittadini
italiani, per nascita o per ‘ius sanguinis’, è
espressamente garantito dall’articolo 48 della
Costituzione sul suffragio universale.
Dopo la Cina, l’Italia è il paese la cui po-
polazione è più emigrata nel mondo. I flussi
migratori, come ricordato dall’ex presidente
della Camera, Violante, rivolgendosi ai parla-
mentari di origine italiana riuniti per la prima
volta a Montecitorio nel novembre 2000, han-
no portato all’estero, dal 1870 in poi, circa 30
milioni di italiani.
Oggi, ben 60 milioni di persone di origine
italiana vivono al di fuori dell’Italia, e questo
è probabilmente il motivo, mai esplicitato, che
ha finora impedito di dare loro il riconosci-
mento di elettorato attivo, anche se in parte è
grazie al loro lavoro e alle loro rimesse in va-
lute pregiate che l’Italia ha potuto migliorare
la propria economia e la propria immagine
all’estero. E’ quindi innegabile la loro esisten-
za, anche se i dati dell’Aire (anagrafe italiani
residenti all’estero) e dell’anagrafe consolare
– inutile duplicazione con spreco di risorse
economiche – quantificano soltanto in 3 mi-
lioni i cittadini italiani residenti all’estero.
Quest’ultimo valore è chiaramente relati-
vo solo all’emigrazione più recente, riferibile
a: ricercatori e tecnici qualificati che popolano
Londra, Boston o la California; imprenditori
che hanno aperto nei mercati dell’Est euro-
peo; operatori gastronomici e artigiani che a
migliaia hanno colonizzato, negli ultimi 30
anni, tutti i paesi Cee e paesi lontanissimi
qauali Australia, Canadà, Sud America; fun-
zionari e professionisti impegnati nei vari or-
ganismi internazionali e della Comunità
europea. Qui, naturalmente, sono da aggiun-
gere le migliaia di italiani addetti alle amba-
sciate e ai consolati.
L’avvento dell’era mediatica rende ormai
disponibili in tempo reale, attraverso giornali,
tv satellitare e Internet, un’infinita mole di in-
formazioni dettagliate che raggiungono in
maniera capillare anche gli angoli più recon-
diti della terra e sono quindi fruibili ovunque,
anche nei paesi più poveri del terzo mondo,
consentendo agli italiani all’estero di tenere
il passo con gli avvenimenti e la situazione
votoall’esteroOrmai vicina al varo la riformadelle norme costituzionalie della legge elettorale per gli emigrati italiani all’estero
di Stefania Vella
politica della madrepatria. E la facile mo-
bilità garantisce, inoltre, spostamenti rapi-
di anche su lunghe distanze. Sono quindi da
considerare pretestuose le affermazioni di
quanti oggi vorrebbero frenare sul diritto
di voto, accampando ancora la scarsa cono-
scenza della situazione politica del nostro
paese da parte dei residenti all’estero.
Le modalità di voto devono certamen-
te rispecchiare la personalità e la segre-
tezza, e ciò dovrebbe fare propendere per
l’espressione dello stesso ‘in loco’ (ad
esempio nelle ambasciate e nelle sedi con-
solari), preferendo per il voto per corri-
spondenza o per quello telematico
soltanto in caso di condizioni particolar-
mente disagiate sul piano logistico.
Gli emigrati e i residenti all’estero
chiedono da tempo una propria, specifica
rappresentanza parlamentare, liberamente
espressa, vogliono dimostrare la loro ma-
turità e sostenere l’opera di chi ha real-
mente condiviso il loro destino e conosce
sulla propria pelle i problemi e le temati-
che dello spaesarsi, del partire, dell’essere
o del vivere lontano. Moltissimi di loro or-
mai manifestano il desiderio di eliminare
il tramite specioso delle associazioni e
delle sigle (Comites, comitato degli italia-
ni all’estero; Cgie, consiglio generale degli
italiani all’estero) che, a vario titolo, a vol-
te con atteggiamenti prevaricatori di stru-
mentalizzazione da parte di qualche
partito, hanno finora guidato, e sostanzial-
mente imposto, un indirizzo di voto.
Gli emigrati, in particolare modo, la-
mentano che per troppi decenni i parla-
mentari eletti in Italia hanno negato o
trascurato i loro diritti culturali (scuole e
istituti di cultura italiani all’estero, borse
di studio presso le università italiane) i lo-
ro diritti previdenziali (gli accordi bilate-
rali con altri paesi in materia sono pochi),
economici, (doppie tassazioni), il loro di-
ritto a rientrare in Italia in condizioni la-
vorative e d’alloggio possibilmente non
peggiori di quando emigrarono. Dal numero 74 – giugno 2002
votoall’estero
sicilianinelmondo
pagina 34
TAMTAM
Igas tossici e le bombe a raggi usati
dall’esercito di occupazione israelia-
na contro i palestinesi cominciano ad
avere conseguenze sui nascituri.
Il dottor Abed El Jabar Attaibi, direttore
generale della medicina primaria del Mini-
stero della Sanità ha dichiarato che la diffi-
cile situazione in cui vive la popolazione
palestinese a causa, soprattutto, delle appli-
cazioni del coprifuoco da parte dell’esercito
israeliano, della proibizione della circolazio-
ne e dello spostamento dei cittadini e, non
ultima, dell’elevata percentuale di disoccu-
pazione, ha fatto sì che le condizioni di salute
dei bambini al di sotto dei cinque anni e della
donna in gravidanza si è molto aggravata.
Il dottor Attaibi ha dichiarato, inoltre,
che il 45 per cento dei bambini al di sotto
dei cinque anni e delle donne gravide soffre
di anemia.; inoltre è in aumento il numero
dei bambini che nascono sotto peso e co-
munque più piccoli rispetto alla media (13
per cento).
In una dichiarazione medica dell’ospe-
dale di Ashfa nella città di Gaza, è documen-
tato che una donna palestinese ha partorito
un bambino considerato un caso stranissimo
e unico in quell’ospedale e in tutta la Pale-
stina: il bambino è indefinibile come sesso,
è privo di arti e ha delle malformazioni al vi-
so. Lo stato di salute del bambino è grave,
di Fateh Hamdan
pesa meno di un chilogrammo ed è lungo
meno di 27 centimetri.
Dopo l’intifada hanno cominciato a veri-
ficarsi altri casi meno gravi di malformazio-
ni, provocate dalla malnutrizione e dalla
respirazione da parte delle madri dei gas tos-
sici e delle bombe a raggi usate dall’esercito
israeliano.
Il dottor Mohammed Alshirafi aggiunge
ancora che ci sono stati negli ultimi anni no-
tevoli aumenti di casi di aborto provocati
dalla paura e da altre cause psicologiche a
causa dei bombardamenti sui centri abitati e
dei posti di blocco sparsi ovunque che impe-
discono lo spostamento degli abitanti e delle
macchine di soccorso.
Tutto ciò viene confermato anche dalle
statistiche ufficiakli pubblicati dai centri di
ricerca internazionali cxon la collaborazione
dell’Università araba di Gerusalemme, che
avvertono sull’aggravarsi della situazione
dei bambini e delle loro madri nei territori
palestinesi dove c’è più del 30 per cento dei
bambini fino a cinque anni che soffre per la
malnutrizione e per la mancanza della medi-
cina primaria impedita a causa del blocco mi-
litare israeliano e della chiusura economica
che subiscono le città, i villaggi e i campi
profughi.
Si aggiunge ancora che il 20 per cento
delle madri soffre di malnutrizione
Donne che partoriscono bambini malformatie dal sesso indefinibile, senza arti e con stranemalformazioni al viso. Il 40 per cento deibambini palestinesi soffre di anemiae di malformazioni causate dai gas tossici
sosPalestina
il testo in arabo
TAMTAM
pagina 36
Giardino in terrazzaAbitiamo all’ultimo piano di un edificio che
dispone di un’ampia terrazza. Vorremmo
trasformare quest’ultima, dandole l’immagine di
un giardino, possibilmente anche con un mini
prato per i giochi dei nostri bambini
Enzo Del Duca
Sarà bene dara la massima profondità alla visuale,
disponendo abbondantemente le piante sui bordi della
terrazza e lasciando sgombra la zona centrale. In questo
modo, avremmo ladi una maggiore ampiezza della stessa
terrazza. Inoltre, questa ipotesi ci consentirebbe di
realizzare uno spazio per il gioco dei bambini.
Inoltre, questa ipotesi ci consentirebbe di realizzare uno
spazio per il gioco dei bambini. Al centro potremmo
realizzare un ampio prato di forma ovale, delimitato da
una fascia di lastre in pietra e chiusa da una fioriera che
ne delimiti il perimetro.
Sul fondo del prato potrebbe trovare posto un piccolo
gazebo dall’aspetto romantico, magari ricoperto di rose.
Accanto al gazebo vedrei bene una bella panca di legno,
molto utile in caso di ospiti numerosi.
Per quanto riguarda la scelta delle piante, sarebbe
opportuno optare per piante di piccole dimensioni,
evitando, così, di offrire troppa presa al vento.
L’architetto Caterina Cannici
Saldi e rimborsiHo versato alla mia banca parecchi soldi per
interessi sul saldo passivo del mio conto
corrente. E’ possibile ottenere il rimborso?
Luciana Baldini
L’articolo 1283 del Codice Civile stabilisce che, in
mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti possono
produrre interessi (cosiddetto anatocismo) solo dal
giorno della domanda giudiziale o per effetto di
convenzione posteriore alla loro scadenza. In pratica,
la norma pone dei limiti a tale capitalizzazione.
Nonostante ciò, le banche inserivano, comunque, nei
contratti con la propria clientela, clausole che
prevedevano la capitalizzazione trimestrale degli
interessi sui saldi di di conto corrente passivo per il
cliente. Recenti sentenze della Corte di Cassazione
hanno invece dichiarato nulle tali clausole, ritenendole
in contrasto con la predetta norma. Le potrà, quindi,
chiedere alla banca di ricalcolare tutte le competenze
dall’inizio del rapporto (con il limite comunque degli
ultimi dieci anni), eliminando il costo derivante dalla
capitalizzazione trimestrale degli interessi. Se la sua
richiesta avrà un esito negativo, potrà agire in
giudizio contro l’istituto bancario per ottenere la
restituzione di tale costo.Il consulente Carmelo Macaluso
laparolaall’esperto
I nostri esperti risponderannoalle vostre domande.Scrivete a:[email protected]
Autostimiamoci un po’ di piùQuando sono al lavoro o incontro persone
nuove, mi stresso e provo un senso di disagio. Il
problema aumenta se mi trovo in particolari
contesti sociali. Cosa posso fareGiovanni Vita
La sintomatologia che descrive rientra nel fenomeno più
ampio dell’ansia sociale, facilmente superabile attraverso
un ciclo di terapia all’interno ‘dei gruppi di assertività’.
Si tratta di una specie di palestra per rafforzare
l’autostima e la capacità di comunicazione con delle
simulate che rappresentano, in situazioni protette,
condizioni di difficoltà specifiche. Una volta superate,
possono essere esperite all’esterno. Oggi, questo particolare
lavoro di gruppo si svolge nell’ambito dei servizi pubblici
di psicologia o presso strutture private. Alcune aziende lo
utilizzano per migliorare la comunicazione del personale
e incentivare le strategie di vendita
delle simulate che rappresentano, in situazioni protette,
condizioni di difficoltà specifiche. Una volta superate,
possono essere esperite all’esterno. Oggi, questo particolare
lavoro di gruppo si svolge nell’ambito dei servizi pubblici
di psicologia o presso strutture private. Psicologo Cristina Lanzarone
Inquilini e diritti di prelazioneHo sentito parlare di diritto di prelazione, in
caso di vendita, in favore dell’inquilino che
conduce un immobile per uso locativo. Quando
può essere esercitato?Antonio Di Chiara
Il diritto di prelazione in questione è stato introdotto
dalla legge 431/98. Tale diritto spetta soltanto in caso di
locazioni stipulate o rinnovate dopo l’entrata in vigore di
tale legge (30/12/98) quando il proprietario, volendo
disdettare il contratto alla prima scadenza, invochi, quale
causa giustificativa, l’intenzione di vendere l’immobile.
l’entrata in vigore di tale legge (30/12/98) quando il
proprietario, volendo disdettare il contratto alla prima
scadenza, invochi, quale causa giustificativa, l’intenzione
di vendere l’immobile.
In tal caso, quest’ultimo dovrà comunicare all’inquilino il
prezzo e le condizioni di vendita con l’invito ad esercitare
il diritto.
In sostanza, l’inquilino viene tutelato, attraverso l’istituto
della prelazione, soltanto alla prima scadenza, ma non
durante il corso della locazione né per le scdenze
successive alla prima.L’avvocato Francesco Pinelli
Numero 74 – giugno 2002
pagina 38
p
nel periodo della gioventù e maisi interruppe, nonostante quella‘solitudine’ che ha connotato laricerca di tutta una vita.Il poeta, come amava definirlo lasua inseparabile segretaria IngeDahm, venne in Sicilia per ben travolte: la prima nel 1929; laseconda nel 1977 e la terza nel1986. La terza volta restò nelcapoluogo siciliano tre giorni e fuquesta l’ultima volta che il poeta
e la terrra di Sicilia sirincontrarono, quasi a volersisalutare prima che l’animadell’uomo intraprendessequell’ultimo viaggio verso ilsupermercato della linea delmeridiano zero, in direzionedella libertà assoluta, questavolta non più soltanto dallapropria fisicità, daicondizionamenti o banalmentedal divenire di ogni giorno.Libertà della vita stessa.Per la Sicilia e per Palermo,Junger ebbe sempre unaconsiderazione che andava benoltre un semplice gradimento: inlui c’era quel rispetto ingeneratodalla contemplazione della fortesimbologia che la Sicilia stessaha sempre evocato con la suastoria, con il mito di Federico II econ l’immagine simbolicaincarnata da quest’isola delMediterraneo, come centro edespressione di un confrontomagistrale di molteplici tradizionie identità: la culturaindoeuropea e quella araba,espressa in quella che, inoccasione di una sua visita nellaborgata marinara di Mondellonel 1929, Junger stesso definì‘la magica sfera d’azione dellagrande potenza solare’.
Enst Junger è forseuno dei più grandiscrittori del
Novecento; nei suoi scrittiminoranze e ‘avanguardieesistenziali’ hanno trovato unachiave per opporsi in modointegrale alle pseudocertezze diogni epoca. Junger il teorico dellaribellione totale al mondo di oggi.Junger l’anarca mistico di untempo universale. Junger il‘nazista’ che osò guardare hitlercon gli occhi di chi non ha pauradi non applaudirlo. Ernst il poeta.Il profondo conoscitore di ognispecie di insetto esistente almondo. Ernst l’ambientalistaasserragliato nella propria forestafisica e spirituale. Ernst Junger ilfiglio del sole, che da figlio fuossequioso verso quella terrache del sole si nutre e chedall’astro bollente si fa bruciare:la Sicilia, tappa di un viaggiofisico, ma anche spirituale.Santuario di un pellegrinaggiosilenzioso e non celebrativo. La sicilia e il poeta: un binomiopoco conosciuto, ma checaratterizzò la vita (e parte dellaproduzione letteraria) diquest’uomo del secolo scorso.Pochi sanno dell’esistenza diquesto intimo rapporto che iniziò
di Alberto Samonà
Ernst Jungerf i g l i o d e l sole
f i g l i o d e l l a siciliaLa passione per la simbologia storica dell’Isola, per la sua tradizione
letteraria e per la bellezza dei paesaggi,nelle opere di uno dei più grandi scrittori del secolo scorso
la terza agina
Preziosa,commovente,spontanea, la
raccolta di Davide Romano entrain una busta come la lettera piùsentita di chi sa amare e nullachiede se non spazio per la suavoce. I temi affrontati sono l’amoretra uomo e donna, tra padre efiglio, tra il fanciullo e il vecchio, traesseri umani che, sin troppoconsapevoli della caducità delleloro esistenze, si affannano pervivere nel modo più vero loroconcesso.Promettente e stimato giornalista,Romano si dimostra ora sensibilee attento conoscitore dell’animoumano. Venti fiori di inchiostro,raccolti tra lacrime di perle e sorrisidi petali di rosa, offerti dall’autorealla sua ‘S’ e ai suoi lettori, colsottofondo di una visione liricavelata e discreta che si fa musicadi carta.
Amore del ritorno, della nostalgia,del rimpianto, della gioia per laconsapevolezza e del dolore perla perdita. Storie di un sentimentoche non sa, che non riesce, chenon può essere amore comevorrebbe, cui non è dato vivereappieno, svilito dalle prigionidell’abitudine, se non in precarioequilibrio sull’orizzonte deipensieri.‘Maldestro’ suo malgrado edelicato per natura, insofferenteper la non perfezione dell’uomo,il sentimento che ispira la poesiadi Romano raccoglie eingerpreta ciò che, più di ognialtra emozione, porta luce alcuore. Un amore dolce come ilmiele e puro come il latte, fattodi sospiri, pensieri e mani caldeper un abbraccio nella visionedel per sempre. Una magicaalchimia che, fatti i conti coldestino, può far fiorire il cuore o
tramutarlo in pietraaridissima o
pagina 39
ibri
Un amore incerto, fuggevole e contraddittorio genera rimpianto,struggimento, inquitudine, ma anche serenità e felicità. I mille volti di questosentimento in una splendida raccolta di preziosi versi di Davide Romano
regalare un’insperata gemma trai deserti.L’omaggio alla città turca diAfrodisia tradisce la formazioneclassica e l’intima convinzionedell’arte sola opportunitàeternatrice di un amoreimmutabile e sempre autentico.Tuttavia, l’autore, pur scegliendouno stadio di ‘pietre levigate’ asimbolo dell’amore ideale, evitadi dipingere personaggi,preferendo rappresentare sestesso e il suo io.Sono testi sofferti, spessoviolentemente iconoclasti, irridenti,perché Romano scrive il bianco eil nero e sa che la vita merita diessere cantata anche neimomenti bui, forse quelli in cui,più che in altri, emerge l’animo ela forza di un uomo. Poesie in versi liberi, belle poesie,da gustare pagina per pagina, inuna lettura dolce amara come iricordi e dal colore incerto esfocato del futuro.
di Roberta Li Chiavi
amoremagica alchimia
Lorem ipsum dolor sitamet, consecteturadipiscing elit. Mauris atgravida sem. Donecegestas aliquet nunc sitamet faucibus. Maurisvulputate congue ante, acdignissim velit varius at.Nulla facilisi. Donec eutortor vel urna malesuada
di Tizio CaioAgota KristofTrilogia della città di K. Einaudieuro 12,50
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di Tizio CaioAgota KristofTrilogia della città di K. Einaudieuro 12,50
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di Tizio CaioAgota KristofTrilogia della città di K. Einaudieuro 12,50
l
Davide RomanoL’amore maldestroPagine 31, Euro 1,50Edizioni La Zisa
pagina 40
Una vita per ilpalcoscenico. E’intorno a questo
principio che ruota l’interaattività del teatro privato. Nonc’è altro. Al di là dell’amore edella passione non ci sono altrielementi che contribuiscano aesaudirne tutti gli aspetti. Nonsempre, però, la completadedizione è sufficiente amandare avanti un’attività cosìcomplessa. E per molti teatri èla fine. Una fine inesorabile allaquale si assiste talvolta conindifferenza. Per alimentare ilteatro occorre tanto denaro equello che un piccolo impresarioteatrale riesce a racimolaresoltanto con la propria attività,non sempre è sufficiente. Dal mondo istituzionale arrivanosoltanto segnali saltuari eoccasionali. I contributi pubblicidestinati al privato privato sonolegati all’andamento politico,nonché ai cambi di guardiapresso il Governo regionale.
di Annalisa Cardella Non esiste una legge chegarantisca un contributio annuofisso, per assicurare un marginedi sicurezza e la possibilità diuna basate sulle produzioni; Uncontributo molto esiguo che siaggira tra gli otto e i dieci milaEuro. Un teatro con le proprieproduzioni riesce appena asopravvivere. Le spese digestione sono enormi.L’enturage che ruota attorno alteatro è enorme.La forza del teatro privato èl’amore. Se il teatro pubbliconon ha soldi, i dipdendentiscioperano e le rappresentazionisaltano. Se il teatro privato nonha soldi, si va avanti klo stesso,ma a costo di sacrifici. Moltigestori privati hanno persinovenduto i propri beni per dimantenere in vista il proprioteatro. Non certo per arricchirsi,ma semplicemente permantenere un minomostandard: Perché il teatroplubbilo viene finanziato. I veri
incentivi, infatti, sono destinatisoltanto a quello pubblico.Dobbiamo renderci conto che ilteatro privato non è una venditaal dettaglio. Basta niente perdeterminare una crisi. Unastagione particolarmente rigidamanda in tilt un cartellone.Oltretutto, il teatro rappresentaun bene di genere voluttuario,pertanto, diventa la prima cosaalla quale, in caso di ristrettezzaeconomica, si rinuncia. Ed ècosì che negli anni, numerpsiteatri hanno abbassato il sipariodefinitivamente Eppure, il teatro pubblico,nonostante i contributi e lemigliaia di abbonamenti annui,entra in crisi con estremafacilità. E’ opportuno che vengafatta una legge che tuteli il teatroprivato. Fino a ora, il teatroprivato ha retto su una vecchialegge regionale che prevedeancora contributi annui Permantenere una piccoloa-mediaimpresa teatrale
Non sempre la passione e ladevozione sono sufficienti aperseguire i propri obiettivi.Purtroppo occorre anche ildenaro. Che non sempre c’è. Equello che accade a chi svolgel’attività teatrale in privato. Pochisoldi e tanta fatica
dietro le quinte
del teatroprivato
spettacolo
pagina 41
musicisti di fama mondiale sonoingaggiati anche a fare dei ‘masterclass’ al Conservatorio o perconto di altre associazioni delsettore? Quanti hanno rapporticon la vita musicale palermitanaoltre al loro impegno per unconcerto o due? Quanti neo-diplomati al Conservatorio Bellinidi Palermo trovano lavoro piùfacilmente grazie alla permanenzain una città con due orchestre? E’vero che qui si ferma il grandetreno della cultura europea, mapurtroppo è una brevissima sosta(e talvolta i posti sono già tuttiprenotati).Ma lasciamo stare il settore dellamusica classica, che comunquegode di benefici rispetto adaltri generi musicalimeno radicati in Italia.Molti giovani con lapassione per la musicapreferiscono il
rock, il jazz, il fusion, lo ska, ilraggae. Non ce ne sono, né qui aPalermo né altrove, postistipendiati per batteristi ska.Come risponde la città d’arte cheè Palermo a chi per passionecerca di fare il musicista fuori delleistituzioni? Si può tirare acampare? Va detto che quindicianni fa, si andava a guadagnare50 mila lire, compenso standard.Oggi, dopo quindici anni, il cachèè aumentato a 70 mila lire (di Euromanco a parlarne). Alla facciadell’Istat. Però si deve andare asuonare in due. I gruppi con piùpersone hanno delle difficoltà.
Molti locali in città non voglionogruppi con più di dueelementi. Per
risparmiare?Boh, forse.Comunque
sento parlare del DecretoRegio del 18 giugno 1931.Dicono che se fanno suonarepiù di due persone insieme,la Polizia può creare unproblema di ordinepubblico, di sicurezza
e fannoriferimentoproprio aquesta legge:una legge del
APalermo ci sono dueimportanti orchestredi rilevanza nazionale
– il Teatro Massimo e l’OrchestraSinfonica Siciliana, che godono diinvestimenti importanti da partedelle pubbliche istituzioni, per laloro sopravvivenza. E’ importanterilevare che queste due istituzionisono oggi Fondazioni di dirittoprivato, e il socio di maggioranza,cioè di maggiore peso politico-finanziario, continua a essere laRegione Siciliana e,indirettamente, i siciliani. Grazie aqueste due prestigiose orchestre,chi sta a Palermo può apprezzaredal vivo alcuni tra i migliori direttorie solisti del mondo: Ashkenazy,Abbado, Oistrach, Buchbinder,Kremer e tanti altri miti viventi chesono passati di qua solo negliultimi sei mesi. Pare che tuttosommato queste due istituzionisiano in buona salute, perchéfanno sostanzialmente buonuso dei propri mezzi, perchéla classe politica èculturalmente emusicalmente impegnata,perché la Sicilia intera,attraverso il suo governo,dà altissimo valore allamusica, e forse perchésenza queste due istituzionila città di Palermo sarebberealmente più povera. Tuttavia, lapresenza dei grandi direttori esolisti sui nostri palchi non sembraavere creato molto ‘indotto’ per imusicisti locali. Quanti di quei
di Matthew Furline
fai l’artee mettila da parte
La cultura musicale a Palermo? C’è o ci fa? Sembrerebbeil famoso bicchiere mezzo vuoto e mezzzo pieno! E anche l’osservatore distratto
può cogliere alcuni paradossi…
1931. E quindi, lavoranosoprattutto i duo – tipo piano barcon il pianoforte campionato cheti fa anche la batteria in stilerumba o bossa nova o rock pre-confezionato. Certo ci sono localipiù impegnati per dare spazio allamusica e ai gruppi locali. C’è ilBirimbao, il mitico Malaluna, laCarlotta, il Bloom Art, il Blow Up,anche il Malox e tanti altri. Ma sipuò campare suonando con ungruppo proprio a Palermo? Direiche è impossibile. Magari suoniun po’ dappertutto, ma alla finedel mese non si ha mai quella cifrache ti consente di dire “bene, cela faccio”. C’è qualcosa chemanca. Molta gente ascolta lamusica nei locali come se ci fosseuna radio accesa. Bisognerebbecoltivare un pubblico diconsumatori, gente cheimpazzisce per la musica dalvivo. Però, se ci fossero deiconcerti seri a fare o da lavorareper gli studi di registrazione… Cheso, fare una colonna sonora,registrare delle musiche per lapubblicità, là sì che ci sarebbe daguadagnare. Insomma,un’economia meno depressa,una Palermo più metropoli emeno cittadella di Provincia.
Numero 74 – giugno 2002
usicam
pagina 42
urbanistico e sociale dellemetropoli nipponiche.Frutto di un crescentesentimento di inadeguatezzaalle difficoltà della vitarelazionale, spesso alimentatoda forme di insensato bullismo odi esasperata competizione, loHikikomori, pur essendoconnotato da un radicalismo eda un estremismo tipicamentegiapponesi, è tuttavia unpreoccupante paradigma diquei processi intrapsichici dirifiuto della realtà circostanteormai in fase di inarrestabileespansione in tutti quei paesipiù avanzati ove i ritmi della vitaquotidiana (cosiddetta“produttiva”) vanno acquisendocadenze sempre più incalzanti.Isolati in uno stato di afasicaincomunicabilità, lo sguardofisso verso gli osservatori operso in direzione d’un altrovenon meglio definito, taloraabbandonati in un sonnoindifeso o in una nuditàincurantemente ostentata, i
personaggi effigiati“fotograficamente” da OmBosser (con un procedimentobasato sulla trasposizione sutela, tramite computer, di piccolie dettagliati disegni o di vere eproprie fotografie) si ergonodunque a “casi” conclamatid’un disagio e d’un malesseredal difficile (e forse impossibile)trattamento terapeutico.A metà strada fra la denunciacivile e la rassegnata presad’atto, questa serie di opererealizzate da Bosser costituiscecomunque la compiutaespressione della capacità (e infondo anche della necessità), perogni artista degno di talappellativo, di calarsi nel flussodell’attualità, senza eluderne gliaspetti più controversi, inquietantied anche sgradevoli. Undocumento, questo elaboratodall’artista torinese, in grado dirappresentare fedelmente lospirito del tempo o piùrassegnatamente null’altro che ilmiserevole stato delle cose.
rintanati incasa
Un’accuratadisaminadell’alienazione
umana posta in essereattraverso l’occhio “clinico” dellearti visuali. Una vera e propria“casistica”, quella elencata daOm Bosser (che non per nienteè medico e per di più studiosodi psicoanalisi), in grado dioffrire una puntuale panoramicasu quelle dinamiche di distaccoe decontestualizzazionedall’ambito collettivo che paionoricorrere con sempre maggiorfrequenza nella nostra società.E’ questo l’obiettivo perseguitodall’artista torinese conHikikomori (coloro che vivonorintanati in casa), la mostra didipinti ospitata alla galleriaStudio 71 nel maggio scorso,non a caso tutta incentrata suquell’allarmante (e patologico)fenomeno di auto-confinamentoentro le mura domestiche cheva diffondendosi, a mo’ diincontrollabile infezione, nellospersonalizzante tessuto
Un preoccupante paradigma di quei processi intrapsichici di rifiuto della realtà circostanteormai in fase di inarrestabile espansione in tutti quei paesi più avanzati ove i ritmi della vitaquotidiana (cosiddetta “produttiva”) vanno acquisendo cadenze sempre più incalzanti. Un viaggiotra gli Hikikomori (coloro che vivono rintanati a casa), attraverso la mostra di Om Bosser
di Salvo Ferlito
arte
pagina 43
narrazione di ‘cinema isolano’,realizzati in rinomate e ambitelocalità vacanziere, proposte,però, nella loro quotidianità eattraverso la mentalità e leabitudini dei loro abitanti, nonchétramite gli scrutamentifanciulleschi dei loro irriducibiliprotagonisti. Il primo a essere distribuito èstato Iris (2002), insolitaincursione nell’universo infantile (eper una volta innocente) da partedi Aurelio Grimaldi, abituato asoggetti ben più turpi. Istruendo epedinando la sua vera figliolettaArancia Cecilia di soli quattroanni, il regista, prendendodichiaratamente spunto da Ilpalloncino bianco dell’iranianoJafar Panahi, ci mostra la candida
determinazione di Maria, decisa aportare dei fiori alla madre che fa ilcompleanno per non essere dameno dei fratellini. I tanti incontri ele reazioni spontanee dellabambina, oltre a intenerire,riportano a una condizione pura epragmatica, forse comune, inmodo diverso, persino gli adultiche vivono sulla stessa isola; cheè Ustica.A Lampedusa è inveceambientato Respiro, uscito pocodopo con discreto successo,soprattutto per il suo autoreEmanuele Crialese, nel quale labella e svanita Grazia (un’ottimaValeria Golino) fa parlare di sé iconterranei per il suocomportamento disinibito enaturale. Tanto che il maritomedita seriamente di farlaricoverare a Milano. I figli levogliono molto bene, ma quelloche sembra capirla di più èPasquale (Francesco Casisa) chel’aiuta a nascondersi. Crialeseprova che è possibile filmare constile pure i panorami aridi,rifuggendo dalle cartoline eapplicando con sapienza un
Numerosi sono gliesempi di cinemaambientato in
Sicilia e Sardegna. Se dei filmsulla prima, anche per unaquestione di radici, sappiamo dipiù, sfruttata com’è da un puntodi vista commerciale, la secondaè stata al centro di diversepellicole uscite nell’ultimo biennio:Sos laribiancos – I dimenticati diPiero Livi, Arcipelaghi di GiovanniColumbu, Pesi leggeri di EnricoPau, fino al recentissimo Ladestinazione del carabiniere diPiero Sanna. Esempi di cinemaminimale, se non eclatantiquantomeno dignitosi, tutti con ildenominatore comunedell’orgoglio di alcuni personaggi,radicato e caparbio, diappartenere a una culturadiversa, tipica di chi è lontanodalla terra ferma. Tornando alla nostra Trinacria,in quattordici mesi circa,abbiamo assistito a ben treesempi, assai diversi,eppure accomunati da unaruvidezza non fastidiosa delpassaggio come della
Negli ultimi tempi abbiamo assistito a ben tre esempi di ‘cinema isolano’, realizzati in rinomatee ambite località vacanziere, attraverso la mentalità e le abitudini dei loro abitanti
cinema isolanocinema isolato
crescendo drammatico cheapproda al suggestivamentesimbolico finale.E’ giunto da poco sugli schermiL’isola, che la palermitanaCostanza Quatriglio, che si è fattale ossa con il cortometraggio e ildocumentario, ha girato quasiinteramente a Favignana (c’è unasurreale puntata a Trapani, vistacome la ‘grande città’). E’ lavicenda della vitale Teresa(Veronica Guarrasi, gelosa delfratello maggiore Turi (IgnazioErnandes). Quest’ultimo è‘condannato’ a fare il pescatore:ma per lui essere un marinaiosarebbe già un traguardo,costituirebbe la possibilità disottrarsi a un’eredità che non gliinteressa. Il padre, però, (ilsempre apprezzabile MarcelloMozzarella), sembra nonlasciargli scampo. Ripresa contaglio verista, la piccola operariscatta la sua naiveté, talvoltaimpreziosita dai piccoli gesti deipersonaggi, talaltra leggermenteesibita, con la sincerità dellosguardo.
numero 86 di luglio 2003
di Massimo Arciresi
inemac
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AfaE va bene, ma sentivo caldo. Mi viene come un attacco di
panico, ispettore. Ero stata a casa tutto il giorno, ho preso la
valeriana, ho chiuso tutte le finestre e mi sono immersa
nella vasca da bagno. Sentivo il panico in agguato. Ero
sola.
Non potrebbe comprare un condizionatore? –
- Sì, ma abito in qwuesta casa da poco tempo, volevo vedere
come ci si sta d’estate e poi non amo il freddo da
condizionatore, vorrei un clima possibile, normale. Il clima
è cambiato, ispoettore. Nel 2003 la superficie terrestre sarà
più calda di ben tre gradi e mezzo…
Sì, va bene, ma andiamo avanti, e poi? –
E poi gli scenziati hanno trovato un lago al Polo Nord,
un lago…
Sì, ma torniamo a noi, signorina -.
- Non ce l’ho fatta più, ispettore. Mi sono affacciata alla
finestra soerando che l’afa fosse terminata e sono stata
investita da un’ondata di inferno e follia e così non ho
capito più niente, ho messo il primo vestito che ho trovato…
La prima camicia da notte, vuole dire
Io le uso per uscire… quelle antiche, voglio dire, hanno
un’aria così fuori dal tempo che sembrano costumi teatrali,
ma sono così semplici e così fresche…
Sì, appunto, signorina, è questo particolare che ha
terrorizzato le persone al cimitero stamattina e
ha provocato una morte per infarto… Ma
facciamo ordine… vorrei capire meglio…
Ma che c’era da capire ancora? Ada era frastornata.
L’aveva spiegato cento volte ai guardiani, alle signore
vestite di nero, ai curiosi per strada, ai poliziotti che
l’avevano portata in questura ed ora doveva ripetere tutto
all’ispettore.
Ada abitava vicino al cimitero da due mesi, di ritorno dalle
vacanze aveva trovato un’afa spaventosa fuori e dentro
casa perché abitava sotto i tetti e si sa che le case sotto tetto
sono le più calde in estate e le più fredde in inverno e giorno
31 agosto non ce l’aveva fatta più, perché si da il caso che
Ada soffra di claustrofobia da caldo e di conseguenza tutto
ciò scatena in lei veri e propri attacchi di panico. Quando si
era affacciata alla finestra sperando che il cklima fosse
cambiato, la crisi aveva ragguinto il suo acme. A nulla
erano valse le sue preghiere affinché piovesse, la terra era
stretta da un’afa opaca e grigia e lei pensava di non
respirare più bene; insomma, era la sua testa che le
procurava tali miraggi, era per così dire la paura di non
respirare più che non la faceva respirare. Ma
improvvisamente – Il cimitero! – aveva urlato. Di fronte
casa sua c’era il cimitero ed era così pieno di alberi, c’era
sempre un fresco meraviglioso e così, indossata la camicia
da notte bianca dei primi del ‘900 che usava come vestito,
ingurgitato un sonnifero, visto che la valeriana non era
riuscita a contenere il suo panicodaclustrofobiadacaldo, era
scappata in strada, e correndo era entrata al cimitero in un
momento di distrazione dei guardiani. Il 31 agosto chi
vuoi che ci sia al cimitero, aveva pensato. Poi, aveva cercato
il posto più fresco che ci fosse, eccolo, la tomba antica di
pietra ingiallita di tale Rodrigo Ramonez nato nel 1920 e
morto nel 1940 e su quella si era coricata.
Era quasi il tramonto, ora in cui chiudono i cimiteri:
Ada si era distesa supina, e incrociate le mani sul petto
si era addormentata. Ora, se l’indomani una signora in
visita alla tomba della figlia morta un anno prima
aveva avuto un infarto, perché vedendola svegliare
pensò di trovarsi di fronte il fantasma della figlia, era
colpa sua? La si poteva condannare per questo?
Ada, dal canto suo, si era svegliata beata e aveva
inaugurato il primo settembre con un clima fresco, un
venticello piacevole fra le foglie degli alberi.
In un cimitero piacevole – aveva obiettato l’ispettore,
Ma era in quel momento l’unico luogo possibile, era già
tanto che mi fosse venuta quell’idea durante un attacco di
panico. E’ stata la signora a spaventare me. S’è messa a
urlare come un’ossessa, lanciando i fiori per aria,
rovesciando l’acqua dei vasi, e correndo verso l’uscita stava
lì a gridare: un fantasma, la mia Nina, la mia Nina, Nina
mia, ahhhh.
E così la zia di Nina e il fratello, il cognate e poi altre
donne, furono tutti presi da visioni, tormenti, lacrime e
lamenti fin quando la signora Ranucci, questo il cognome
della mamma della defunta Nina, si era accasciata per terra
proprio davanti al cancello del cimitero, e fra rantoli
soffocati il cuore le era venuto meno ed era andata a
raggiungere la sua adorata figlia.
I curiosi, i fiorai di fronte al cimitero avevano fatto
capannello, mentre qualcuno chiamava la polizia e
un’ambulanza, e Ada era rimasta insonnacchiata e
intimorita in mezzo a tutta la baraonda dei parenti che nel
frattempo arrivavano e imprecavano e si scagliavano contro
di lei – Assassina! Fare scherzi simili… Disgraziata…
Ada per l’appunto aveva cominciato a spiegare, ma nulla da
fare, il piccolo drappello era ormai inferocito. Per fortuna il
garzone di un macellaio che si trovava lì di passaggio
accorse in suo aiuto e la caricò sulla bici e pedalare a più non
posso cercò di schivare colpi e scarpate lanciati contro di lei –
ldai ettori
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Ha pure un complice, prendeteli… prendeteli -. In quel
momento arrivò la Polizia che con pistole e mitra spianati
fermò i fuggiaschi e li portò in questura.
Il garzone fu rilasciato ben presto, piangeva come un vitello
sgozzato, poverino. Ada era riuscita a convincere l’ispettore
che il ragazzo l’aveva salvata dal linciaggio, che il suo era
stato un nobile gesto e nient’altro.
Dopo gli accertamenti di rito, il ragazzo fu rilasciato. Non
solo a lei, invece, toccò restare finché tutti non furono
interrogati, ma dovette persino passare la notte in questura.
Quella notte fece un sogno: era in bicicletta dentro un
cimitero sul mare, il vento fresco le baciava le guance.
Le cingeva la vita un principe anch’esso vestito di
bianco, con le mani grondanti sangue, e nel frattempo
pedalava e lei rideva e rideva, mentre disteso sulle
tombe stava il gruppo di famiglia incontrato al
cimitero, e un commissario in un angolo indossava una
lunga camicia da notte e una cuffietta di trine.
L’indomani, quando si svegliò, i poliziotti la
liberarono, l’ispettore le consigliò ancora una volta di
comprare un condizionatore, di cambiare abito, di non
dormire più in un cimitero e così Ada potè tornarsene
nella sua casa, che nel frattempo era diventata più
vivibile a causa dell’ennesimo cambiamento repantino
di clima. Davanti al portone, con la bici piena di pacchi
di plastica addossata contro il muro, trovò il garzone
della macelleria. – Ciao le disse timidamente, io
passavo di qua e…
Ciao, passavi di qua? Ma come fai a sapere dove abito,
scusa
Ho sentito quando lo dicevi ai poliziotti.
Ah, sì.
Volevo sapere come stai.
Bene, bene, insomma… Ah, volevo ringraziarti. Se non
fosse stato per te, adesso sarei in ospedale.
Subito ci fu silenzio. I due cominciarono a guardarsiu e Ada
si accorse di lui. Alto, capelli biondi, occhi verdi, la
carnagione bruna e uno sguardo di fuoco sublimato da un
fare timido e gentile. Improvvisamente ricordò il suo sogno.
Pensò alle mani insanguinate.
Ritornò sulla terra e vide che lui le guardava la camicia da
notte, ormai lacera e sporca, trasparente sulla pelle
abbronzata.
Vuoi salire su? Ti va di fare colazione con me?
Il ragazzo accettò, portandosi dietro i pacchi di carne
da consegnare. Si chiamava Rosario e Ada non era mai
stata guardata così da nessuno che avesse quasi
vent’anni meno di lei.
E così soffri il caldo, è solo per questo che ti è successa tutta
auesta storia?
Diciamo che è una specie di malattia per me, una fissazione,
una forma di stress, ma quando avevo la tua età non ero
così, amavo lo scirocco, lo respiravo a pieni polmoni e uscivo
la notte in motocicletta per sentirlo ancora di più sulla pelle.
Stettero a parlare ancora un po’. Ada, passata la
canicola, era bravissima a prendersi in giro sulle sue
reazioni personali a 40 gradi. Si conosceva e si
accettava, e Rosario sorrideva e candidamente le
spiegava di non capire, il caldo è caldo, oggi c’è e
domani no, io continuo a fare le cose normalmente,
diceva. Mentre parlava Rosario si guardava attorno e
gli piaceva quella casa con terrazza, piena di stampe
antiche e di piante. E soprattutto gli piaceva lei. Lo
incantava, così diversa da tutte le ragazze della sua età.
C’era qualcosa in lei di buffo e di bizzarro che lo
attirava e contemporaneamente gli incuteva rispetto e
ammirazione, forse per via dell’età, eppure sembrava
piccolissima a tratti. E ripensò al suo sguardo
impaurito e stranito quando le aveva proposto di
scappare con lui in bici davanti il cimitero. Pensò che
quella faccenda del caldo avesse a che fare con la
solitudine, ma non riusciva a spiegarsene il
collegamento, era una cosa che sentiva così, a pelle. E si
sentiva anche lui grande, grandissimo, eppure era
piccolo. Si salutarono dopo un po’. Rosario aveva i suoi
pacchi da consegnare, e non si videro più. Quando, dopo
circa due settimane, un pomeriggio di settembre, dopo
un periodo di tregua fresca e ventilata che già faceva
presagire l’inverno, improvvisamente scoppiò di nuovo
lo scirocco e la temperatura sfiorò i 41 gradi.
Ada era rientrata in casa giusto in tempo prima della
catastrofe ed era particolarmente giù in quel momento.
In più non aveva né valeriana, né sonniferi ed era
agitata per problemi sul lavoro. Insomma, quel caldo
non era certo quello che ci voleva. Era disperata,
cominciò a respirare forte, andò in bagno per riempirsi
la vasca, ma si accorse con angoscia che i rubinetti quel
giorno erano a secco. Andò in cucina e cercò del
ghiaccio. Non c’era neanche quello. Oddio, si disse, non
ci posso credere, è un incubo. Allora aprì il frigorifero,
si sedette lì davanti e respirò con il diaframma. Si
calmò un po’.
Fu allora che suonarono il citofono.
Numero 74-giugno 2002
dai ettoril
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scuola
Oltre mille edificiscolastici a rischio.Secondo dati
Istat, la Sicilia è la terza regioned’Italia, dopo la Calabria e laBasilicata, con il maggior numerodi strutture in condizionifortemente critiche. Il quadro èallarmante. Basti pensare che il40 per cento, circa, di questiedifici necessita di manutenzioniurgenti, mentre è stata fattamanutenzione straordinariasoltanto sul 25 per cento dellestrutture complessive più arischio.In Sicilia manca una efficacepolitica volta a migliorare lecondizioni degli edifici scolastici.La maggior parte non possiedeneppure i certificati di sicurezzapiù importanti. Solo il 35 percento è fornito di certificato diagibilità statica e poco più del 25
per cento possiede quello diagibilità igienico-sanitaria. Piùdella metà non possiede ilcertificato di prevenzione incendie non è dotata di scale disicurezza. Il 12 per cento dellestrutture è, addirittura, ancoracomposto da elementi inamianto. Il 60 per cento è privo distrutture sportive. Insomma,siamo distanti anni luce daglistandard nazionali ed europei.L’inadeguatezza è legata anchealla vetustà. La maggior parte èdatata negli anni e non haseguito un percorso diadeguamento strutturale.Soltanto il 12 per cento riportadate più recenti, risalendoall’ultimo ventennio. Tra l’altro,molti di questi edifici non sonostati costruiti per uso scolastico,ma come civile abitazione.Come reagiscono il Governo
nazionale e regionale di fronte aquesta situazione? Partiamo dallapremessa che questi dati, inparte, sono emersi da undocumento redatto dal ministerodell’Istruzione che, attraverso unmonitoraggio disposto dall’IntesaStato-Regioni, ha dato vita a undecreto interministeriale che haindividuato lo stato di ‘gravecriticità’ in cui versano le scuolesiciliane. Questo basta a farcapire quanto Stato e Regionesiano a conoscenza dellasituazione e quanto sianoconsapevoli del potenziale rischioper la salute e l’incolumità dellapopolazione scolastica. Secondonotizie fornite da varieassociazioni dei consumatori,non risulta che, dopo l’emissionedel decreto, le scuole siano statesottoposte a risanamentostrutturale e organizzativo
La Sicilia è la terza regione d’Italia con il maggior numero di strutture scolastichea rischio. E’ quanto emerge da un Decreto ministeriale dopo il quale,secondo le associazioni dei consumatori, Stato e Regione non hanno fatto nulla
A curadella II B
del Liceo ClassicoUmberto Idi Ragusa
scuola in frantumi
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