Download - Il Tempo Di Messiaen (Carlo Alessandro Landini)

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  • generica, ma tutto quello che ri-esco a dire. Lui, che ha capito,viene in mio soccorso e intervie-ne come se mi stesse interrom-pendo, quando non avrei saputocontinuare e dire davvero qualco-sa di mio. Si tiene sulle generaliper non mettermi in difficolt,come se stesse facendo una lezio-ne alle montagne e ai pozzi, ai sa-maritani del futuro. Ma ci sono iosola ad ascoltarlo e so che staparlando a me perch alliniziomi ha detto: Credimi, donna(Gv 4, 21). Dopo quel credimiero disposta a credere a qualun-que cosa avesse detto, e quelleparole di salvezza risuonavano inme pi dolci della pi onesta di-chiarazione damore. Quando mi chiam donna, ce-ra qualcosa di arcano in quellaparola, come un insieme di ri-spetto assoluto, di comprensioneoriginaria, di fiducia incon-dizionata, di affidamento delmondo. Ogni parola che seguera una puntuale risposta alle miedomande pi nascoste. Adesso,mi diceva, tu puoi adorare DioPadre, in spirito e verit. Lo puoiadorare nella verit del tuo cuore.Non fu pi difficile per me inquel momento e da quel momen-to pensare a un Dio padre, perchcera lui davanti a me. Io che nonho mai conosciuto mio padre eche non ho avuto accanto a meun uomo che sia riuscita ad aiuta-re a diventare padre, un padre ve-ro. Il Padre cerca questi adorato-ri, mi diceva, ed era come se midicesse, guarda che il Padre cercate. Riconosci la verit della tuavita davanti a lui, cos lo potraiadorare, senza paura. Lo adori in spirito quando ti siedie quando ti alzi, quando vieni alpozzo e quando torni carica dac-qua. Quando lavori, il tuo cuoreadora. Quando dormi e quandovegli, il tuo cuore adora. Non seitu che cerchi lui, lui che viene acercarti. Da allora, ogni mia dife-sa crollata. Sono davanti a luisquadernata. E compresa.

    Andrea Mardegan

    V un passo del Doktor Faustusdi Mann che fa riflettere. SerenusZeitblom, lhistoricus del roman-zo (nel cui nome gi una segre-ta allusione: tijd bloem, in Olan-dese, significa fiore del tempo),vi afferma che colpa del tem-po (Schuld der Zeit) se larte ,ai giorni nostri, divenuta un con-centrato di difficolt di ogni ordi-ne e tipo (die Kunst stockt und zuschwer worden ist..). Basterebbeallora, occorre chiedersi, elimina-re il tempo, questo tempo, per tor-nare a unarte pi vera, pi pura?Uno se lo domanda ascoltando ilQuatuor pour la fin du Temps diOlivier Messian, per clarinetto,violino, violoncello e pianoforte,scritto nel 1941 nel campo di con-centramento di Grlitz, in Sasso-nia. Abolire il tempo e cooperareallavvento del Messia o nonsfruttare piuttosto il tempo uma-no, tempo della lettura e della-scolto, tempo libero e sociale,tempo del lavoro e dello svago,per riempire il vuoto che ancora cisepara dagli schata, dalle coseultime? Come fare per colmareil senso di un tempo labile, tempodellattesa, tempo che resta, checomincia a finire, come lo chia-ma Giorgio Agamben (Il tempoche resta. Un commento alla Let-tera ai Romani, Bollati Borin-ghieri, Torino 2000)? Lo straordinario Quatuor di Mes-siaen racconta gli avvenimentidellApocalisse, in pratica com-menta quanto accade, o quanto ilcredente suppone che accada,una volta terminato il tempoumano e iniziato quello eterno. Ilcredente, colui che nulla deve te-mere, non pu che gioire, ralle-grarsi per la fine prossima e salu-

    tare pleno corde ac ore lavventodei Novissimi. Eppure, che cosaaccade? Il pezzo va per le lunghe,pare quasi voler sospendere iltempo anzich avviarlo alla suafine ultima e naturale. Leffettoescatologicamente paradossale questo: io gioisco per lAvventodel Messia ma, anzich affrettar-ne la venuta (come fanno Francknelle Batitudes o Berlioz nellaMarche au supplice della Sym-phonie Fantastique o Verdi nelDies irae della Messa da Re-quiem), decido di rallentarne ilcorso. Decido di differire, di pro-crastinare, di rimandare. La mu-sica in questo caso il katchono quid detineat, ci che trattie-ne il figlio di perdizione dal ma-nifestarsi (2 Ts 2,6). La suspensiotemporis del pezzo di Messiaennon d adito a equivoci, il sensodelloperazione chiaro: il tem-po va fermato a ogni costo, lA-pocalisse va scongiurata.

    Si posti, qui, davanti a unapo-teosi della lentezza che fa il ver-so alle grandi forme di Wagner,Bruckner, Mahler. Ma, a diffe-renza di questi ultimi, che allin-terno dei loro pezzi inserisconodei motori di senso, dei trig-gers emotivi tesi a innescare ilprocesso bifasico tensione-di-stensione (il Tristano ne stori-camente lesempio pi saliente),Messiaen annulla qualunque ten-sional device, elimina tutto ciche potrebbe in qualche modoimplementare lorientamentotemporale di chi ascolta e accele-

    MUSICA

    Il tempo di Messiaen

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    Una stasiassoluta

  • rarne il vissuto soggettivo (quel-lo non misurabile, quello per-corribile soltanto attraverso lamediazione simbolica di san-tAgostino e Bergson). Mediantela stasi assoluta, quella di una-morosa, interminabile meditazio-ne sullEssere, Messiaen offre, inbase al proprio modo di vedere edi sentire, una via di scampo aquanto Mario Luzi aveva chia-mato linfinito dolore del tem-po. Anzich guardare in avanti eperseguire la conversione delpresente nellavvenire, Messiaenrincorre perpetuamente sonoparole sue la conversione del-lavvenire nel passato (laveniren pass). Il risultato di unapiattezza davvero apocalittica.Pensiamo, ascoltando Messiaen,a certi desolati paesaggi delloscomparso regista Tarkovskij, o aquelli fatati e inquietanti di Berg-man, o agli interminabili campilunghi dellungherese Bla Tarr.A differenza, per, dei nominati,i quali prediligono le tinte foschee luggia umorale delle giornateinvernali, piovose e nevose, le

    pagine di Messiaen trasudano se-renit e luce e bagliori diffusi.

    Abbiamo di recente ascoltato ilcapolavoro di Messiaen nellinter-pretazione del bel quartetto forma-to da Fabrizio Giovannelli (al pia-noforte), Vittorio Ceccanti (al vio-loncello), Alberto Bologni (al vio-lino), Remo Pieri (al clarinetto).Con il contrappunto di testi biblicideclamati da un Ugo Pagliai perloccasione afono ma, come sem-pre, straordinario, e a una convin-cente e perentoria Alessia Inno-centi. Un Ceccanti in stato di gra-zia, e vorremmo dire di beatitudi-ne, ha ricamato, a occhi chiusi, as-sorto, sulle ultime note di Louan-ge lEtrnit de Jesus, la quintasezione del Quatuor, un mi ar-monico acuto e dolcissimo, lungo,interminabile come leternit diGes. Il suo violoncello (un CarloAnnibale Tononi del 1720) parevalo strumento di un angelo adoran-

    te. Il mi armonico si ripeter an-cora alla fine, allultima battutadel Quartetto, affidato questa vol-ta al violino, lo strumento che Al-berto Bologni suonava facendolotrasumanare, con un suono sus-sunto a un tale punto di rapimen-to estatico, a una tale bellezza cri-stallina, che il violino non parevapi un violino ma una diafana ce-tra cherubica, sfiorata a lode evanto del Creatore. Il miracoloconclusivo: due cambi darco leg-gerissimi, impalpabili, che non siavvertivano, mentre si percepivaun unico e lungo respiro filato,unesalazione come quella diunanima che ritorni a Dio. Fabrizio Giovannelli tratta il pia-noforte, nel Presque lent, impalpa-ble, lointain di Vocalise, in manie-ra dolcemente percussiva, suonan-do staccato dove scritto, senza ilpedale che tutto slava e ottunde,ma appoggiando bene i suoni, auno a uno, infilandoli come perle,talch lo staccato non si avvertepi (solo Gould riesce a fare qual-cosa di simile nellultima registra-zione delle Goldberg, quella del

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    Ugo Pagliai afono,ma straordinario

    Il quartetto composto da Fabrizio Giovannelli, Vittorio Ceccanti, Alberto Bologni e Remo Pieri con Ugo Pagliai.

  • 1981 effettuata per la Sony). Gra-zie a un jeu perl di rara fattura,Giovannelli regala limpressionedi trovarsi immersi in un corsodacqua non pi umana, che do-vrebbe scorrere nel tempo ma che,non essendovi pi il tempo, sta im-mota (laqua permanens indica,nel gergo crittografico degli antichialchimisti, il Mercurio dei Saggi, laquinta essentia). Remo Pieri non da meno nel suo strumento, il cla-rinetto. Un passo di eccellenza quello desordio, Liturgie de cri-stal, i cui trilli e svolazzi vannoeseguiti, secondo lindicazione au-tografa del compositore, commeun oiseau. Pieri un concertistadi fama indiscussa, di rango inter-nazionale: il suo Abme des oi-seaux uno dei pi belli che abbia-mo mai ascoltato, in lui la virtuosi-t non appare mai disgiunta dallaricerca di un timbro caldo, suaden-te, molto francese. Il concertodel 2 febbraio, svoltosi nellaudito-rium di san Micheletto alla presen-za di un pubblico strabordante, se-duto in terra e per ogni dove, face-va parte della stagione promossadalla vitalissima e benemerita As-sociazione Musicale Lucchese edera preceduto da una dotta confe-renza di Gabriella Caramore e daun incontro con padre BenedettoMathieu, frate camaldolese moltonoto e amato in Lucchesia. VisionidellApocalisse, questo il titolo delprogetto complessivo, ideato e cu-rato da Fabrizio Giovannelli. Ilpresidente dellAssociazione dal1998 Marcello Parducci, il suo di-rettore artistico (di nomina recen-tissima) il pianista Simone Solda-ti, a sostenerne lattivit sono, frale altre, la Fondazione Banca delMonte di Lucca e la FondazioneCassa di Risparmio di Lucca. Il 2febbraio scorso lApocalisse sta-ta scongiurata: lunghi, affettuosi,interminabili applausi hanno salu-tato gli interpreti alla fine del con-certo, contribuendo ad allontanareda noi la minaccia del tempo, le-sca tesaci da questo dieu sini-stre, questo joueur avide, comeBaudelaire lo chiama, qui gagnesans tricher.

    Il tempo, a differenza dei compo-sitori e della loro musica, nonama le gherminelle. Tempus om-nia vincit, si legge spesso sullemeridiane dei nostri antichi bor-ghi. Il tempo vince sempre, e lo famagari senza colpo ferire, magarisenza sparger sangue, eppure isuoi dardi non a caso gi New-ton ricorre, nei suoi PrincipiaMathematica, alla metafora dellafreccia del tempo colpisconosempre nel segno ( tout coup,spiega lautore dei Fleurs). Quel-lo della freccia del tempo unconcetto che si usa perch quasitutti i processi fisici a livello mi-croscopico sono simmetrici ri-spetto al tempo, vale a dire che leequazioni usate per descriverlihanno la stessa forma se la dire-zione del tempo invertita. Soloquando noi descriviamo i feno-meni a livello macroscopico, del-losservabile, il tempo acquista ilverso e la direzione di un vettorecaratteristico. Ma verso e direzio-ne vengono meno allorch vedia-mo un bel film, assistiamo a unospettacolo che ci coinvolge,ascoltiamo un brano estatico co-me il Quatuor di Messiaen (o unoavvincente come il Vorspiel delTristan wagneriano). Larte deisuoni consegna nelle nostre manilaffascinante ipotesi di una rever-sibilit del tempo. Nel Talmud ilMessia afferma: Arrivato il tem-po per la mia comparsa, io nondevo ritardare (Talmud Sanhe-drin, 98a). Eppure, il Quatuor diMessiaen il cui scopo dichiarato quello di convertir lavenir enpass ritarda il tempo, lo mutadi segno e, se trattiene lAnticri-sto dal rivelarsi, per anche diinciampo allavvento del Messia.Larte estatica si pensi alla can-tillatio gregoriana, al salmodiaredel rito ortodosso, al gagaku deitempli scintoisti, al canto armoni-co tibetano e mongolo-tuvano potrebbe ben prestarsi, vero, aunificare la relativit generale di

    Einstein con la meccanica quanti-stica e a determinare cos, secon-do il vaticinio del fisico JulianBarbour, la fine del tempo. Mapotrebbe anche finire asservita,larte estatica, agli scopi inconfes-sabili della nuova Gnosi, la qualevorrebbe, cos come aveva auspi-cato Filone di Alessandria e comevorr ancora Mircea Eliade in Lesacr et le prophane, annullare iltempo cattivo per sostituirlo coltempo buono delle origini e delmito, surrogando cos il disegnodel Creatore con uno spurio. Ilmatematico e filosofo Pavel Flo-renskij affronta largomento nelsuo saggio Il tempo e lo spazio,del 1924 (compreso nella raccoltadi scritti Lo spazio e il tempo nel-larte, Adelphi, Milano 1995).Nelle icone dellarte bizantina ,scrive Florenskij, la manifesta-zione unitaria delleternit, le-pifania del suo centro immobile,dove c pace, equilibrio e auto-sufficienza (ivi, p. 192). Questistessi termini si possono adopera-re per definire Messiaen e il tem-po del sacro che traluce dal suoQuatuor. Tutto sta nel vederequale senso assegnare a questapercezione dellEterno ricreatadalla musica, se un senso umanoo uno divino, e come e a qualescopo sfruttare il sovrappi ditempo che il rallentamento artifi-ciale della percezione regala alla-scoltatore: Et haec omnia adi-cientur vobis (E tutto il resto visar dato in sovrappi, Mt 6, 33).La musica, proprio come il diodelloracolo invocato nel notoframmento eracliteo citato da Plu-tarco, non dice e non nasconde,pi semplicemente accenna. Lamusica non ci chiede di ammini-strare il tempo che ancora nonpossediamo, ma ci offre una pos-sibilit ulteriore, quella di aggiun-gere altro tempo a quello che gipossediamo (santAgostino neparla come di un regalo divino:merces temporalium, lo chiamanellomelia De sermone Dominiin monte). Tutto qui.

    Carlo Alessandro Landini

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    Il tempovince sempre