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FORESTEBellezza delle piante − i soli esseri viventi in questo uni-

verso che non producano rumore né rifiuti

Mario Andrea Rigoni da “Variazioni sull’impossibile”

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FIGURA 2

Suddivisione percentuale

delle principali categorie di

coperture del territorio

2 | la risorsa forestale - lo stato attuale

LA RISORSA FORESTALE – LO STATO ATTUALE

La Regione Piemonte dispone di informazioni molto dettagliate sull’intero patrimonio sil-vo-pastorale, conoscenze derivate da approfonditi studi di settore redatti tra il 1999 e il 2004.

I boschi piemontesi sono stati inquadrati in Tipologie Forestali corrispondenti ad unità floristico-ecologico-selvicolturali utili alla pianificazione. Detti elementi hanno inoltre per-messo l’elaborazione di una dettagliata “Carta forestale e delle altre coperture” riferita all’in-tero territorio.

Su una superficie territoriale complessiva di 2.538.297 ettari, i boschi piemontesi ne occu-pano circa 874.660, ai quali si aggiungono ulteriori 48.000 ettari dedicati all’arboricoltura da legno.

In base ai diversi tipi di occupazione del suolo sono state così quantificate le superficiafferenti alle principali categorie; la Figura 1 mostra una sintesi delle informazioni: si evi-

denzia che la superficie forestale occupa più di 1/3 del territorio regionale, con un indice di boscosità medio pari al 36% (34% boschi e 2% arboricoltura da legno).

Tra gli altri tipi di occupazione del suolo una notevole estensione raggiungono le aree agri-cole (37%), e quelle di interesse pastorale (prateria praterie e prato-pascoli montani).

I boschi sono concentrati per l’80% in montagna, per l’11% in collina e per il 9% in pianura. La proprie-tà forestale è prevalentemente privata e quella pubbli-ca, che costituisce mediamente il 30%, è più frequente in montagna, dove incide per il 34%; in pianura e in collina la sua presenza si riduce rispettivamente all’1 e allo 0,5%.

Tra le Province, Cuneo e Torino da sole compren-dono oltre metà dei boschi; Alessandria e il Verbano superano entrambe i 100.000 ha.

Le quattro categorie forestali prevalenti corrispondono ai castagneti, che occupano il 23% della superficie forestale, le faggete con il 16%, i boschi di robinia con il 12%, e da quelli di larice e cembro che, nel loro insieme, valgono il 9%. Tali dati, riferiti alla superficie, non cor-rispondono tuttavia alla consistenza delle masse legnose; i lariceti, ad esempio, in termini di volume superano consistentemente la massa legnosa dei boschi di robinia.

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PROVINCIASUPERFICIE

TERRITORIALE [ha]

SUPERFICIE

FORESTALE [ha]

INDICE DI

BOSCOSITÀ

Alessandria 355.622 106.138 30%

Asti 150.928 42.847 28%

Biella 93.780 46.815 50%

Cuneo 689.090 242.286 35%

Novara 134.061 34.228 26%

Torino 682.780 220.164 32%

Verbano-Cusio Ossola 225.540 124.798 55%

Vercelli 206.498 57.384 28%

Regione 2.538.297 874.660 34%

FIGURA 3

Ripartizione per province

dell’indice di boscosità

FIGURA 4V

Ripartizione per province

dell’indice di boscosità

la risorsa forestale - lo stato attuale | 3

Come conseguenza all’abbandono delle terre agricole marginali, evento verificatosi soprat-tutto nelle zone montane e collinari, negli ultimi 20 anni si è assistito alla progressiva espan-sione del bosco che è avvenuta in misura di quasi 10.000 ettari/anno.

La multifunzionalità delle foreste

Nel loro insieme, le foreste, i pascoli, e l’arboricoltura da legno coprono il 52% della superfi-cie territoriale del Piemonte. Tra loro combinati, questi ambienti rappresentano un elemento essenziale del paesaggio storicamente consolidato e rivestono un importante ruolo multifun-zionale. Le funzioni dei boschi, infatti, sono oggi molteplici e prevaricano gli aspetti pura-mente produttivi e protettivi, un tempo considerati prevalenti. Com’é ormai largamente rico-nosciuto, oggi assumono sempre maggiore importanza le funzioni più propriamente sociali ed ambientali, tra le quali il valore estetico-paesaggistico, la funzione igienico-ossigenante e di riduzione dell’effetto serra, la fruizione turistica, per escursionismo e ricreazione, senza dimenticare gli aspetti naturalistici di conservazione della biodiversità e scientifici, essendo, i boschi in particolare, tra gli ecosistemi più complessi e naturali presenti sul territorio.

Anche l’approccio alla pianificazione e alla gestione forestale e pastorale, nella realtà attuale, non può quindi che essere quello multifunzionale, indipendentemente dall’ubicazione e dal regime patrimoniale.

Tuttavia, in particolare per le foreste, affinché queste possano assolvere alle funzioni atte-se, attraverso la definizione di modelli gestionali e colturali mirati ed efficaci, è necessario che vengano di volta in volta evidenziate le funzioni e le relative destinazioni prioritarie. Gli studi di settore riferiti alla pianificazione forestale territoriale hanno quindi individuato, per ciascuna superficie forestale omogenea, la funzione prevalente: protezione generale (boschi a

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FIGURA 5

Ripartizione delle

destinazioni dei boschi a

livello regionale

4 | la risorsa forestale - lo stato attuale

destinazione protettiva); conservazione naturalistica (destinazione naturalistica); produzione di legno associata a protezione del territorio (destinazione produttiva-protettiva); produzio-ne diretta di legno e altri prodotti (destinazione produttiva); fruizione pubblica turismo e ricreazione (destinazione fruizione); ambientale generale senza possibilità di benefici diretti (destinazione evoluzione libera).

In seguito alla definizione delle funzioni prevalenti, e quindi delle destinazioni, che i complessi forestali sono chiamati a svolgere, e in base agli assetti-evolu-tivi delle diverse categorie, si è giunti alla definizione degli obiettivi gestionali e dei conseguenti interventi selvicolturali.

La precisa definizione degli interventi selvicolturali (valida anche ai fini paesaggistici) è stata quindi esplicitata nell’ambito del Regolamento fo-restale di attuazione della Legge regionale n. 4 del 10 febbraio 2009 – Gestione e promozione economica delle foreste – con modelli colturali che non potevano prescindere, ovviamente, dal ruolo multifunzionale che tutti i boschi del Piemonte sono chiamati a soddisfare, seguen-do i principi della selvicoltura naturalistica, basata sulla conoscenza dei cicli e delle dinamiche naturali che rappresentano la base su cui impostare modelli gestionali capaci di assecondare la dinamica evolutiva delle cenosi boschive, nell’intento di perseguire un sufficiente equilibrio tra ecologia ed economia.

La risorsa legno

Nella Regione Piemonte, i boschi che, potenzialmente, si stima possano essere sottoposti ad utilizzazione, corrispondono a circa 542.700 ettari, vale a dire che, nel prossimo quindicennio, si potrebbe intervenire mediamente su 36.000 ettari all’anno.

Dalle utilizzazioni, per la maggior parte eseguibili nei boschi cedui (per circa il 60%), e dai tagli intercalari e di miglioramento boschivo (30%), si potrebbero ricavare soprattutto as-sortimenti legnosi per usi energetici e industriali, tronchetti da ardere e paleria. Il così detto tondame da lavoro deriverebbe invece, principalmente, da boschi a fustaia che, in tal senso, rappresentano il 10%. In termini di volume, nell’arco del quindicennio potrebbero essere uti-lizzati circa 2 milioni e mezzo di metri cubi all’anno. Il prelievo sarebbe comunque inferiore all’incremento: vale a dire che il volume di legno prodotto dai boschi sarebbe superiore a quanto si utilizza.

I Castagneti rappresentano la categoria che concorre in misura maggiore alla produzione di biomassa (47% del totale e a quasi 2/3 del materiale di triturazione). Robinieti, Faggete e Querceti concorrono globalmente con circa il 40%. I Castagneti, sebbene i 3/4 della massa ri-sultino destinati a triturazione e legna da ardere, forniscono potenzialmente anche il maggior quantitativo di paleria e assortimenti da lavoro, rispettivamente con il 75% e il 35% del totale.Quasi la metà degli assortimenti da lavoro è fornita nell’ordine da Lariceti, Querceti, Pinete e Faggete .

Le biomasse attualmente disponibili nei boschi piemontesi sono prevalentemente destinate a uso energetico o alla triturazione (77%) mentre solo il 13% può essere utilizzato per produr-re assortimenti di maggior pregio a uso durevole.

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FIGURA 7

Bosco del Vaj

le linee d’azione | 5

Con l’applicazione delle migliorie boschive, a medio termine tale percentuale potrebbe de-cisamente aumentare.

Le attività di pianificazione e gestione forestale della Regione Piemonte sono orientate a disciplinare gli interventi nel bosco, prevenire e limitare l’abbandono delle superfici boschi-ve, regolare, diffondere ed incentivare la pratica delle attività selvicolturali, e innestare un circolo virtuoso di valorizzazione dei prodotti forestali. Sono orientate, inoltre, ad individua-re macro-aree di intervento, che contengono svariate attività finalizzate a formare la cultura della “gestio-ne” del patrimonio boschivo, attraverso lo sviluppo di alcuni concetti chiave come “gestione associata”, “uso multifunzionale delle foreste” e “realizzazione di pro-getti di filiera” in grado di incentivare le potenzialità del bosco come “risorsa” anche economica oltre che ambientale, così come previsto dalla Legge regionale 4/2009 e nei suoi regolamenti di attuazione.

L’obiettivo strategico è quello di sostenere e diffondere pratiche gestionali innovative e so-stenibili dei boschi piemontesi che ne incrementino resistenza alle avversità e produzione, ottimizzandone la capacità di stoccaggio del carbonio, conservando e recuperandone la bio-diversità.

Questo obiettivo generale si persegue attraverso una serie di obiettivi operativi di seguito elencati i quali prevedono a loro volta lo sviluppo di azioni specifiche collegate:

1. Tutelare il patrimonio forestale pubblico e privato e promuoverne la gestione attiva at-traverso

- una gestione forestale in grado di assicurare la multifunzionalità del sistema forestale regionale; - una selvicoltura sostenibile;

2. Szvvvvluppare le filiere del legno derivato dalle foreste e dall’arboricoltura attraverso - l’aumento del valore aggiunto dei prodotti derivanti dal bosco (primari: legno; secon-

dari: frutti del sottobosco, tartufi, funghi, ecc.) - il miglioramento delle condizioni del mercato dei prodotti forestali

LE LINEE DI AZIONE

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FIGURA 8

Granbosco di Salbertrand

6 | le linee d’azione

- promuovendo l’impiego del legno come materia prima rinnovabile con una valorizza-zione energetica del legname in sostituzione di fonti energetiche clima-alteranti e con l’uso strutturale del legno per manufatti durevoli;

3. Promuovere le funzioni extraproduttive del patrimonio forestale - tutelando la stabilità del territorio, contrastando i fenomeni di erosione dei suoli e

contribuendo alla regolarizzazione del ciclo dell’acqua - contribuendo ad attenuare i cambiamenti climatici in atto anche con il Potenziamen-

to delle funzioni di sink di carbonio degli ecosistemi forestali e dei prodotti legnosi - conservando la biodiversità forestale;

4. Incentivare la gestione associata delle foreste;

5. Migliorare le condizioni socio-economiche delle aree rurali favorendo ed incentivando le fonti di reddito e occupazione indotte dalla risorsa bosco;

6. Promuovere la crescita e qualificare la professionalità delle imprese e degli addetti fo-restali attraverso politiche di sostegno alle imprese forestali anche favorendo la costituzione e qualificazione di imprese di servizio specializzate con maestranze qualificate e dotate di attrezzature tecnologicamente aggiornate caratterizzate da adeguati standard di sicurezza;

7. Accrescere le conoscenze scientifiche e tecniche in campo forestale, promuovendo la ricerca e l’innovazione in materia;

8. Aumentare la sensibilità e la consapevolezza sociale circa il valore culturale, ambientale ed economico delle foreste e degli alberi.

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riferimenti | 7

RIFERIMENTI

Tutte le informazioni sul tema forestale, comprensive degli eventi e delle iniziative regionali realizzate nel 2010 ed in programma per il 2011 sono consultabili sulle pagine del sito regio-nale all’indirizzo: http://www.regione.piemonte.it/montagna/index.htm.

In particolare al sito http://www.regione.piemonte.it/montagna/operai_vivai/vivaistica/in-dex.htm è possibile trovare tutte le informazioni relative ai vivai forestali regionali.

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approfondimento | 8

APPROFONDIMENTO

La tutela della biodiversità, baluardo contro l’impoverimento di variabilità genetica provo-cato anche dall’utilizzo incauto di specie e/o ecotipi di specie forestali “sbagliati” negli inter-venti di forestazione, è uno dei principali obiettivi delle attività svolte nei vivai forestali della Regione Piemonte.

I vivai forestali, strutture ereditate dalla Regione Piemonte negli anni ’70 del secolo scorso nel passaggio di consegne delle competenze in materia forestale da Stato a Regioni, erano stati allestiti dal CFS a partire dai primi anni del ‘900 per la produzione di materiale vivaistico da destinare a interventi di rimboschimento di vasti comprensori montani; negli ultimi anni si sono ridotti di numero, per le mutate richieste di piante forestali, passando da 13 a 3, e la stra-tegia produttiva ha subito un radicale cambiamento, sia per la tipologia di specie prodotte, sia per l’attenzione alla provenienza del materiale forestale di moltiplicazione utilizzato.

Le piante allevate appartengono a decine di specie arboree e arbustive tipiche della flo-ra piemontese, sia della fascia montana e pedemontana, sia di quella collinare e planiziale; gli utilizzi principali spaziano dall’imboschimento/rimboschimento, al ripristino ambientale, agli interventi di ingegneria naturalistica. Si può ben capire come questi siano interventi in cui la scelta del materiale vegetale è cruciale non solo per l’aspetto colturale, ma ancora di più per quello della corretta valutazione di specie e, soprattutto, di ecotipi adatti agli ambienti di messa a dimora.

È infatti dimostrato dai numerosi studi sulle field performance del materiale vivaistico uti-lizzato negli impianti di arboricoltura realizzati con il contributo europeo negli ultimi 20 anni, che molto spesso il fallimento di questi impianti va in parte attribuito alle scelte sbagliate di specie in relazione al sito d’impianto, ma in particolare si è riscontrato che, a parità di specie,

determinante è stato l’utilizzo di materiale di provenienza locale. Lad-dove le piante utilizzate sono di provenienza lontana, geograficamente ed ecologicamente, dalla realtà d’impianto si sono verificati i maggiori pro-blemi di incapacità di adattamento, mentre materiale vivaistico apparte-nente alla stessa specie, ma di provenienza locale, si è dimostrato molto più reattivo e in grado di superare le inevitabili avversità che un impianto arboreo deve affrontare nell’arco della sua lunga vita.

Proprio per rispondere all’esigenza di disporre di materiale vivaistico adatto ai vari utilizzi forestali, nei vivai della Regione Piemonte le piante vengono prodotte a partire da materiale di moltiplicazione (semi, parti di pianta) prelevato da popolamenti di raccolta individuati in ambito re-gionale, spesso raccolto direttamente da personale tecnico interno appo-sitamente formato; solo nel caso in cui non sia possibile procurarsi in aree piemontesi tutto il materiale di moltiplicazione necessario a soddisfare le esigenze produttive, si acquista seme proveniente da boschi del Nord Ita-lia per garantirne comunque una buona adattabilità alle situazioni locali.

Oltre alla scelta oculata della provenienza delle sementi, le diverse specie vengono allevate in uno o più dei tre vivai regionali, che si trovano in ambiti geografici ben differenziati (mon-

IL RUOLO DEI VIVAI FORESTALI DELLA REGIONE

PIEMONTE NELLA TUTELA DELLA BIODIVERSITÀ

FORESTE

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approfondimento | 9

tagna, collina, pianura), assecondandone le specifiche esigenze climatiche. La maggior parte delle conifere, appartenenti alla flora alpina, vengono così prodotte al vivaio Carlo Alberto di Fenestrelle (TO), sito a 1.100 m s.l.m. in Val Chisone, mentre le latifoglie arboree della fascia montana e pedemontana sono allevate nel vivaio Gambarello di Chiusa Pesio (CN), che si colloca all’imboccatura della Valle Pesio. Infine al vivaio Fenale di Albano V.se (VC), situato in piena area risicola vercellese, sono coltivate decine di specie arbustive e arboree tipiche delle zone planiziali. Questa suddivisione consente di rispettare le naturali richieste fisiologiche delle specie allevate, garantendo la produzione di postime perfettamente adattato alle condizioni climatiche locali.

Le piante prodotte vengono distribuite gratuitamente, in autunno e in primavera, a soggetti pubblici e privati che ne facciano richiesta.

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I BOSCHI DI PROTEZIONE IN PIEMONTE

approfondimento | 10

APPROFONDIMENTO

I boschi e, in misura diversa, altre forme vegetali di copertura del suolo (erbe e cespugli) svolgono un ruolo fondamentale di protezione del territorio contro gli agenti meteorici de-stabilizzanti grazie all’azione degli apparati radicali e delle parti epigee. In particolare i boschi possono contribuire a prevenire o mitigare l’erosione diffusa, i dissesti, la caduta di massi, va-langhe e, lungo i corsi d’acqua, le lave torrentizie e l’erosione spondale. I boschi di protezione evidenziati nell’ambito dei Piani Forestali Territoriali, avendo un ruolo di tutela diretta degli insediamenti, manufatti o di tutela generale delle aree più vulnerabili (versanti franosi fasce fluviali), rivestono sempre maggiore importanza, per il progressivo diffondersi delle attività umane o di eventi meteorologici intensi sul territorio, pertanto devono essere prioritariamen-te identificati e opportunamente gestiti.

Da sempre l’uomo attribuisce alle foreste un’importante funzione protettiva, svolta con di-verse modalità e indirizzata a diversi aspetti e componenti sia dell’ecosistema forestale, sia delle attività umane.

Una prima modalità di protezione (funzione di protezione generica o indiretta) è quella che la foresta svolge nei confronti della , diffusa o incanalata. Questa è svolta da tutti i popola-menti forestali, ma è più o meno importante in funzione di giacitura, pendenza, morfologia e condizioni geopedologiche. In conseguenza di questo ruolo generico di protezione, oltre che della maggiore importanza che la funzione produttiva aveva nel passato, in Italia si è spesso utilizzato il termine “foresta di protezione” per tutte le foreste che non svolgono una prio-ritaria funzione produttiva. In questi popolamenti di solito non si prescrivevano interventi selvicolturali oppure questi erano prudenti e localizzati. Nelle foreste di montagna, proprio in conseguenza del valore economico dei boschi, si assegnava una funzione produttiva ai po-polamenti forestali localizzati più a bassa quota e più accessibili, e una funzione protettiva a quelli localizzati più ad alta quota o meno accessibili.

Una seconda modalità di protezione (funzione di protezione diretta) è quella che la foresta svolge nei confronti dei pericoli naturali: valanghe, caduta massi, scivolamenti superficiali e lave torrentizie. In questo caso la foresta agisce sia impedendo il verificarsi dell’evento sia mi-tigandone l’effetto. Il ruolo della foresta non ha la stessa importanza e non agisce nello stesso modo nei confronti di tutti i pericoli naturali. In assenza dell’uomo i pericoli naturali possono essere considerati normali fattori di disturbo che agiscono nell’ambito della dinamica dell’eco-sistema. La presenza umana è il fattore discriminante in quanto, in questo caso, la foresta pro-tegge direttamente l’uomo, le sue attività e i suoi interessi. La “funzione di protezione diretta” si compone quindi di tre elementi:

1. un pericolo naturale2. un popolamento forestale in grado di impedire il verificarsi del pericolo naturale o di

mitigarne gli effetti3. la presenza dell’uomo (insediamenti, attività economiche e vie di comunicazione).

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Al contrario della protezione generica, che è assolta dalla foresta con la sua stessa presenza (ma può variare con il grado di copertura degli strati arboreo, arbustivo ed erbaceo), la prote-zione diretta può essere svolta efficacemente solo da popolamenti forestali aventi determinate caratteristiche (tra gli altri di composizione, densità, stratificazione, tessitura) in funzione dei pericoli naturali presenti. Il mantenimento, efficace e sostenibile, della protezione diretta è quindi possibile solo attraverso l’applicazione di trattamenti selvicolturali continui e specifici.

Per le foreste cui è assegnata la funzione di protezione diretta, gli interventi finalizzati ad ot-tenerla costituiscono una priorità nell’ambito della pianificazione e della gestione selvicolturale.

La gestione dei boschi di protezione deve mirare all’aumento della stabilità dei popolamenti, con un approccio attivo e consapevole, ricorrendo ove necessario anche alla ricostituzione bo-schiva e a opere e manufatti ausiliari, soprattutto per contenere la caduta di massi e il distacco di valanghe.

Nelle foreste di protezione diretta vengono inoltre incluse le porzioni di foreste ripariali cui è attribuito un ruolo di contenimento dell’erosione spondale lungo i corsi d’acqua caratteriz-zati da un’elevata instabilità idraulica e/o da natura spiccatamente torrentizia.

Le foreste di protezione in Piemonte occupano circa il 15% (quasi 100.000 ha) della super-ficie forestale montana, si distribuiscono per il 40% su terreni di proprietà pubblica, mentre il restante 60% è privato.

Le principali categorie forestali con funzione di protezione sono: Larici-cembrete, Faggete, Castagneti, Boscaglie pioniere e d’invasione e Acero-tiglio-frassineti.

Attraverso la partecipazione a progetti di cooperazione europei è stato possibile migliorare la cooperazione tra i gestori forestali delle Alpi occidentali e produrre documenti di gestione pratica (manuali di selvicoltura, carte di zonizzazione, documenti di divulgazione) per loca-lizzare e gestire meglio i popolamenti a funzione prioritaria di protezione. In particolare con il progetto Interreg III A Alcotra 2000-2006 “Gestion durable des forêts de montagne à fonction de protection” (2003-2007) sono stati elaborati, per le Alpi francesi la “Guide de sylviculture de montagne - Alpes du Nord” e per la Valle d’Aosta ed il Piemonte il manuale “Selvicoltura nelle foreste di protezione. Esperienze e indirizzi gestionali in Piemonte e Valle d’Aosta”.

Attualmente è in corso un nuovo progetto Interreg Alcotra 2007-2013 “Foreste di protezio-ne” (vedi dettagli al capitolo “La cooperazione internazionale”) che sulla scorta dell’esperienza maturata durante il precedente periodo di programmazione, si propone di raggiungere i se-guenti obiettivi generali:

1. verificare i costi e l’efficacia degli interventi selvicolturali nelle foreste di protezione;2. confrontare le metodologie, le tecniche e gli strumenti già a disposizione nei tre Paesi,

(3) integrare le conoscenze scientifiche nelle pratiche di gestione di questi popolamenti.

approfondimento | 11

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I BOSCHI PLANIZIALI

CONOSCENZA, CONSERVAZIONE E VALORIZZAZIONE

approfondimento | 12

APPROFONDIMENTO

Nel 2010, nell’ambito della collana avviata nel 2000 con l’editore BLU Edizioni, è uscito il volume n. 9, dedicato ai Boschi planiziali.

Il manuale, curato dall’IPLA, descrive nel dettaglio le formazioni forestali presenti nella pia-nura piemontese (categorie e tipi forestali, habitat, avversità), le funzioni e i moderni orienta-menti gestionali, improntati alla multifunzionalità e alla sostenibilità.

Oggi delle antiche foreste che coprivano quasi interamente la Pianura Padana, permangono pochi lembi residui; infatti, a partire soprattutto dall’epoca romana, l’uomo ne ha man mano ridotto la superficie a favore dell’agricoltura, per arrivare infine a trasformare in maniera irre-versibile porzioni sempre più significative del territorio, con una crescita esponenziale negli ultimi 50 anni, a favore di insediamenti urbani, industriali e commerciali e relative infrastrut-ture di comunicazione.

In Piemonte rispetto alle altre regioni la situazione è relativamente migliore: in pianura (e nei grandi fondovalle) si colloca solo il 10% delle foreste piemontesi, ma ben la metà della superficie dei boschi planiziali del Nord Italia (90.000 su 175.000 ettari).

La gran parte delle foreste planiziali piemontesi è oggi tutelata da Aree protette, che inclu-dono realtà di particolare rilevanza naturalistica e storica, quali i complessi boscati annessi alle dimore storiche sabaude (come Stupinigi e La Mandria), le più importanti fasce fluviali (Po, Ticino, Sesia) e il Bosco della Partecipanza di Trino.

Negli ambienti antropizzati e spesso banalizzati della pianura, le formazioni boscate sono il più importante nucleo di biodiversità, caposaldi della rete ecologica, il cui ripristino è obietti-vo di piani e programmi regionali, anche tramite i fondi messi a disposizione dal Programma di Sviluppo Rurale 2007-13 (in particolare tramite le misure agroambientali – 214.7 e 216 – e di imboschimento dei terreni agricoli –221).

Accanto al fondamentale ruolo naturalistico, non vanno sottovalutate la funzione produt-tiva, considerando la buona accessibilità e fertilità, e la funzione di protezione, con la tutela dell’assetto spondale dei corsi d’acqua.

Né vanno ignorate, infine, la funzione di assorbimento della CO2 atmosferica e il ruolo fruitivo, di “polmone verde”, per la popolazione delle aree urbane.

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FORESTE E DEPOSITI DI CARBONIO (CARBON SINK)

approfondimento | 13

APPROFONDIMENTO

Il ruolo delle foreste nel bilancio globale del carbonio per quanto riguarda gli ecosistemi terrestri è stato sancito formalmente a livello internazionale dal protocollo di Kyoto (1997) con gli articoli 3.3 e 3.4 .

L’ecosistema suolo-bosco scambia in continuo con l’atmosfera vapore acqueo e CO2, fissan-do o liberando quantità variabili di CO2 in base al suo ciclo fisiologico e biologico.

In genere la tendenza di un bosco in crescita è quella di assorbire più CO2 attraverso l’attività di fotosintesi rispetto a quella che emette via respirazione, portando il sistema ad assorbire sia nelle biomasse sia nel suolo quantità significative di carbonio, nell’ordine di qualche unità in tonnellate ad ettaro.

I numerosi dati, che provengono dai monitoraggi dei flussi di CO2 in questi ecosistemi, indicano che anche per boschi maturi come sono, ad esempio, i querco-carpineti dell’alta pianura piemontese, la funzione di assorbimento prevale in genere su quella di emissione sul bilancio globale annuo.

In realtà il saldo positivo di assorbimento del carbonio per le piante caducifoglie si origina in gran parte nei mesi primaverili-estivi in cui il ciclo biologico spinge la pianta alla ripresa vegetativa sotto l’impulso della crescita termica e della radiazione fotosinteticamente attiva.

Nel resto della stagione prevalgono fenomeni respiratori, anche dal suolo, ma alla fine dell’an-no il bilancio indica quasi sempre un aumento del carbonio assorbito rispetto a quello emesso.In tale ciclo di grande importanza è la frazione di carbonio che la pianta è in grado di traslo-care in modo stabile negli orizzonti profondi del suolo, poiché le altre frazioni presenti nelle biomasse e nell’humus presto o tardi finiranno per essere reimmesse nel ciclo sottoforma di anidride carbonica.

Un altro fattore importante che influenza l’assorbimento è la gestione forestale: il bosco ceduo porta ad incrementi elevati del carbonio soltanto in certe fasi del turno, mentre l’alto fusto è da considerare con una maggiore capacità di assorbimento, anche se con progressioni temporali più lente. In genere nel regime a ceduo sono di gran lunga pre-feribili i tagli selettivi ai tagli intensivi o a raso che portano l’ecosistema a bilanci di carbonio in cui per qualche anno prevalgono nettamente le emissioni agli assorbimenti.

Il quadro forestale regionale fa ben sperare nella possibilità di aumen-tare ancora significativamente l’assorbimento di CO2 delle foreste. A tal proposito occorre rammentare l’incremento della superficie forestale che, in 20 anni, è passata da circa 714.000 - 743.0001 ettari a 915.000 ettari (Carta forestale del Piemonte, IPLA 2004) (circa il 38% della superficie territoriale regionale) con una media di circa 10.000 ettari all’anno. Tale fenomeno, che deve essere valutato come un’importante ampliamento della capacità di assorbimento della CO2, deriva dal imboschimento, na-turale (almeno 90%) o guidato, di terre agricole marginali abbandonate, messe a riposo o imboschite con indirizzo di arboricoltura da legno o

1 Fonti: Carta forestale del Piemonte, 1981 e IFNI,1985

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approfondimento | 14

bosco preesistente, grazie a finanziamenti nazionali e comunitari (Reg. CEE 2080/92, Reg. 1257/99). L’articolazione dell’inquadramento di superfici forestali su basi ecologiche, secondo la tipologia forestale, abbinato ad un inventario forestale regionale con oltre 15.000 aree di saggio rilevate, consente di conoscere in modo assai dettagliato le caratteristiche attuali, di-namiche e la potenzialità delle foreste piemontesi, almeno relativamente all’assorbimento del carbonio. Inoltre l’adeguamento delle definizioni di superficie forestale adottata, omogenea a quella IFNI 1985, agli standard attuali adottati per l’INFC e l’applicazione del protocollo di Kyoto (FAO FRA2000-Regolamento UE Forest Focus) consentirà di rivalutare indubbiamen-te in aumento le superfici di riferimento.

Il quadro completo attuale degli assorbimenti è riassunto in un database (For-est Piemonte) residente presso IPLA, ISPRA-APAT, Assessorati Foreste e Ambiente della Regione Piemon-te, attualmente in corso di implementazione nel sistema informativo INEMAR (Inventario Emissioni Aria).

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