MASTER IN COMUNICAZIONE DELLA SCIENZA
DELLA SISSA DI TRIESTE
«LE VACANZE DEL DOTT. VENTER.»
IL SORCERER II E LA COMUNICAZIONE
PUBBLICA DELLE BIOTECNOLOGIE
Tesi di:
Alessandro Delfanti
Relatore:
Yurij Castelfranchi
Correlatore:
Nico Pitrelli
Trieste, dicembre 2007
In una goccia d’acqua si trovano
tutti i segreti degli oceani
Khalil Gilbran
(dal sito Internet del Sorcerer II)
Abstract
In questo studio di caso abbiamo ricostruito le attività di comunicazione pubblica di Craig Venter in
relazione al ruolo pubblico dello scienziato nei mutati rapporti fra scienza e società. La domanda
che ci poniamo è: il suo rapporto con la comunicazione è la punta di un iceberg di una
trasformazione più profonda, che coinvolge tutta la scienza e tutti gli scienziati nel loro rapporto
con i media? Venter è il sintomo di una scienza sempre più mediatizzata e ci sono elementi di
discontinuità con gli scienziati icone pubbliche del passato?
Il Sorcerer II, la nave del Venter Institute, ha circumnavigato il globo per raccogliere e
classificare genomi di microrganismi marini, con tecniche simili a quelle sviluppate per il
sequenziamento del genoma umano. Il Sorcerer si è connotato per la fortissima potenza
comunicativa e simbolica (L’esplorazione di nuovi mondi; la ricerca di nuove forme di vita; il
nuovo viaggio di Darwin). A bordo, oltre a diversi giornalisti, era presente una troupe di Discovery
Channel, che vi ha girato un documentario.
Questo studio di caso descrittivo si propone di analizzare il Sorcerer II dal punto di vista della
comunicazione della scienza: come e perchè ha comunicato? Per farlo occorre mappare i rapporti
tra il Venter Institute e le strutture mediatiche, indagare la tipologia e l’efficacia dei processi di
comunicazione pubblica utilizzati e il loro sviluppo diacronico. A partire da un ampio lavoro di
raccolta dati basato su fonti multiple (risorse web, stampa, televisione, interviste, pubblicazioni
scientifiche). I risultati di questo studio di caso potrebbero supportare l’ipotesi che il caso Venter
non rappresenti la deviazione da un presunto modello canonico di rapporto fra scienziati e
comunicazione, come altre ricerche continuano a voler vedere, ma sia invece indicativo della
fisiologia piuttosto che della patologia del rapporto fra scienza e media. Con quali conseguenze
sulla scienza rimane un interrogativo aperto.
1. Introduzione
C’è chi lo ha chiamato «Darth Venter». Time gli ha dedicato una copertina e lo ha definito il «Bad
boy» della scienza, mentre la Technology Review del MIT di Boston lo ha apostrofato come il Bill
Gates della futura «Microbesoft», la Microsoft dei batteri, uno scienziato che «ha avuto il fegato e
l’acume per capire quando era ora di mescolare scienza e business».1 È Craig Venter, il controverso
biologo statunitense che ha raggiunto la fama per aver gareggiato con la sua azienda privata, la
Celera Genomics, contro il consorzio Human Genome Project, pubblicando contemporaneamente al
consorzio pubblico la sequenza dell’intero genoma di un essere umano. Dal momento della
conferenza stampa con Francis Collins, direttore dello Human Genome Project, alla presenza del
presidente degli Stati Uniti d’America, Bill Clinton, e del primo ministro britannico Tony Blair,
Venter non ha mai smesso di occupare la scena mediatica, che fosse con i suoi progetti sulla vita
artificiale, con il sequenziamento del suo stesso genoma, con la ricerca del batterio «minimo» sul
quale innestare geni a piacimento o della chiave per produrre energia grazie alle biotecnologie. Il
suo rapporto con la comunicazione è molto smaliziato e sempre più stretto. In tutto il mondo, ma in
special modo negli Stati Uniti d’America, Craig Venter è oggi un noto personaggio pubblico,
invitato alle trasmissioni televisive e citato negli show satirici. È insomma uno degli scienziati che
più spesso guadagnano spazio sui media, sia per le sue ricerche che per la sua presenza diretta
all’interno dei mezzi di comunicazione di massa, che lo hanno elevato a caso paradigmatico di
scienziato/imprenditore.
Ma la dimensione pubblica di Craig Venter, pur essendo ben nota, non è stata studiata in modo
approfondito. Si rivela quindi interessante studiare direttamente la sua attitudine comunicativa e il
modello pubblico di scienza che ha proposto e costruito per rispondere ai problemi sociali sollevati
1 Duncan, D., «Craig Venter: The Bill Gates of Artificial Life?», Technology Review Blog, www.technologyreview.com/blog/duncan, 13 giugno 2007
dalla genetica e dalle biotecnologie contemporanee. Infatti, Craig Venter offre ai ricercatori delle
scienze della vita un set di strumenti per entrare nel dibattito pubblico e definire il loro ruolo e la
loro percezione pubblica da parte della società contemporanea. Questi nuovi strumenti
comunicativi, utilizzati dallo stesso Venter, oltrepassano nettamente i percorsi ordinari della
comunicazione della scienza.
In questo studio ci concentreremo sul caso del Sorcerer II, la nave del J. Craig Venter Institute
che tra il 2003 e il 2005, nel corso di quella che è stata chiamata Global Ocean Sampling
expedition, ha circumnavigato il globo alla ricerca di genomi batterici marini sconosciuti,
raccogliendo e sequenziando con le metodiche sviluppate per il sequenziamento del genoma umano
frammenti del codice genetico di migliaia di nuove specie. Con i suoi 6,5 milioni di sequenze
genetiche analizzate e i 6,3 miliardi di paiabasi catalogate, la Global Ocean Sampling expedition ha
dato luogo al più grande database metagenomico esistente al mondo. I suoi obiettivi scientifici
dichiarati sono ambiziosi: raccogliere e catalogare una quantità inedita di informazione genetica, o
meglio di «geni», per usarli in progetti di biologia artificiale che permetteranno alla scienza di
sintetizzare idrogeno e sostituire i carburanti fossili, risolvere il problema dell’inquinamento e del
riscaldamento globale. Per farlo occorrerà, secondo le dichiarazioni di Venter, produrre un
microrganismo «minimo», che possieda cioè solo i geni strettamenti indispensabili alla sua
sopravvivenza, e innestarvi di volta in volta le informazioni genetiche utili a fargli eseguire un
compito metabolico preciso.
Dal punto di vista della comunicazione pubblica, la vicenda del Sorcerer II si caratterizza
anzitutto per l’ampia copertura ricevuta sui mass media di tutto il mondo, ma anche per alcune
relazioni dirette con i media e per la sua capacità di proporre immagini specifiche e peculiari della
scienza. Quindi, per mostrare l’emergere di una nuova attitudine alla comunicazione, abbiamo
raccolto dati da fonti multiple (World Wide Web, stampa, televisione, interviste, pubblicazioni
scientifiche), mappando le relazioni tra Venter Institute e strutture dei media. Poi abbiamo
analizzato la tipologia e l’efficacia della sua comunicazione pubblica. Lo studio del comportamento
pubblico degli scienziati e della sua percezione da parte dei non-scienziati è infatti cruciale per
comprendere lo sviluppo di una disciplina scientifica strettamente intrecciata con i destini e i valori
della società come le scienze della vita contemporanee. Dal nostro studio emerge che, nonostante la
sua eccezionalità, il «caso Venter» non è anomalo, rispetto alla relazione odierna tra scienziati e
comunicazione. Mettiamo in evidenza infatti che in esso non vi è la rottura della norma, ma la
risposta alla fisiologia del mestiere dello scienziato, strettamente collegato a una nuova dimensione
comunicativa. Per questo il «modello Venter» non si limita a suggerire al biologo contemporaneo
strumenti e pratiche comunicative con cui negoziare e condividere pubblicamente la conoscenza che
produce, ma rappresenta anche la punta dell’iceberg di una trasformazione più profonda avvenuta
nella relazione tra scienza e società.
2. Premesse teoriche
Lo scienziato come figura pubblica e comunicatore che agisce al di fuori delle strutture istituzionali
della pubblicazione scientifica, cioè le riviste di settore, i convegni, i seminari, per rivolgersi invece
al pubblico generico tramite i mass media è una tipologia di scienziato normale o quantomeno
ricorrente nella storia della scienza. Si tratta di uno scienziato «visibile», nell’accezione data a
questa espressione da Rae Goodell (1977): uno scienziato di alto profilo mediatico, capace di fare
notizia, conquistare le prime pagine dei giornali e spodestare i suoi colleghi all’interno dei resoconti
della stampa. Secondo Goodell, gli scienziati di questo tipo sono «personaggi insostituibili per i
media contemporanei e per il loro pubblico» dato che hanno la funzione di far entrare direttamente
la scienza all’interno della principale arena pubblica delle società industrializzate contemporanee: i
mass media. Nel corso del tempo, tuttavia, gli scopi e le modalità di agire degli scienziati pubblici
sono cambiati. In particolare, possiamo analizzare le pratiche di comunicazione pubblica degli
scienziati all’interno del quadro costituito dai mutamenti avvenuti nella relazione tra scienza e
società, i quali hanno agito sulla portata, sugli scopi e sull’efficacia dei processi di comunicazione
pubblica della scienza, e dunque anche su questa figura di scienziato «visibile».
Nell’evoluzione avvenuta nel rapporto tra scienza e società è stato osservato un radicale
mutamento di direzione: molti analisti vi hanno ravvisato la nascita e l’affermazione di un «nuovo
contratto sociale» della scienza, come lo definisce Michael Gibbons (1999). Con il nome di «Modo
Due» (Gibbons et al. 1994) o di «Scienza post-accademica» (Ziman 2000) si indica infatti una
nuova era nel rapporto tra scienza e società: l’era nella quale la scienza, secondo questa
interpretazione, deve essere «affidabile» anche dal punto di vista sociale. Questa affidabilità
«permea l’intero processo di produzione della conoscenza. Non si riflette soltanto
nell’interpretazione e nella diffusione dei risultati, ma anche nella definizione dei problemi e nella
scelta delle priorità della ricerca». Secondo Gibbons (1994) si tratta infatti di una forma di
conoscenza
«pensata per essere utile a qualcuno, nell’industria o nel governo, o più in generale nella società,
e questo imperativo è presente sin dal principio. La conoscenza viene prodotta sempre con
negoziazioni continue, e non verrà prodotta fintantochè non saranno inclusi gli interessi dei vari
attori in causa».
Secondo questa visione quindi, la scienza oggi deve creare un rapporto attivo e per molti versi
inedito con i diversi attori economici, politici e sociali che ne influenzano e ne dirigono lo sviluppo.
In definitiva, l’autonomia e la sicurezza economica che le hanno permesso di prosperare durante
gran parte del Novecento non sarebbero più garantite se non dalla sua capacità di raccogliere
consenso all’interno della società. Questa serie di trasformazioni che hanno interessato la scienza si
intrecciano con cambiamenti avvenuti a livello globale nelle forme di produzione, che influenzano
la scienza in molti modi diversi. Se, come è ovvio, la scienza si adatta alle forme di produzione e
alle strutture e ai modelli sociali nei quali è immersa, si può anche affermare infatti che essa ha
contribuito in modo sostanziale all’affermazione di un modello economico e sociale fondato
sull’informazione. Innanzitutto fornendo i mezzi per cambiare le forme di produzione, si pensi in
particolare alle tecnologie informatiche che rivestono un ruolo cruciale nei processi di costituzione
di quella che Manuel Castells (1996) ha chiamato «Società in rete». Insieme alle biotecnologie, in
cui Castells individua il paradigma scientifico che più aderisce, e contribuisce, alla sviluppo di
quello che definisce «capitalismo informazionale». Le caratteristiche del paradigma tecno-
economico individuato da Manuel Castells alla base della società in rete sono cinque:
l’informazione è la materia prima delle tecnologie dell’informazione; gli effetti di queste ultime
sono diffusi in modo pervasivo; i sistemi e le relazioni che usano queste tecnologie sono
organizzate secondo una logica reticolare; i processi che la contraddistinguono sono caratterizzati
dalla flessibilità; infine, tecnologie diverse convergono in un sistema integrato, come nel caso della
ricerca biologica o delle nanotecnologie. In questo mutamento, tecnologie dell’informazione e
biotecnologie rivestono un ruolo ulteriore, dato che propongono e forniscono alcuni specifici
apparati simbolici, come il modello cibernetico della conoscenza o il dogma centrale della biologia
molecolare (rna-dna-proteina), una metafora di tipo informazionale (Corbellini, 1999). Nel loro
insieme, queste due forze hanno dato vita a un paradigma di ricerca e innovazione legato alle
tecnologie dell’informazione, che anche secondo altri autori «sostituisce sempre di più quello
dominato dalle tecnologie e dalle organizzazioni di produzione e consumo di massa» (Gibbons et al.
1994).
Queste e altre trasformazioni hanno reso la scienza più complessa, dal punto di vista
organizzativo. Per esempio, sottolinea ancora una volta Gibbons, sono notevolmente aumentate «la
ricchezza di specializzazioni e discipline coinvolte nella scrittura di un singolo paper scientifico e la
gamma di istituzioni e organizzazioni dalle quali provengono gli autori». Nel caso delle
biotecnologie, per esempio, a un singolo progetto di ricerca possono lavorare università, enti
pubblici, fondazioni, start-up dallo status ibrido e aziende private. In particolare, aumenta la
commistione di ricerca pubblica e privata, e il confine tra questi due tipi di scienza si fa più
sfumato, non solo dal punto di vista organizzativo ma anche per quanto riguarda le norme e i valori
che sottendono alle loro attività:
«Le università possono adottare ‘valori’ appartenenti alla cultura aziendale dell’industria,
producendo un tipo assolutamente nuovo di imprenditore accademico. D’altra parte le grandi
aziende adottano alcune delle norme della cutltura accademica, per esempio quando concedono
periodi sabbatici ai dipendenti o forniscono altre possibilità di apprendimento. Inoltre, i ‘ diritti
di proprietà intellettuale’ sono diventati una questione importante all’interno dei campus».
All’interno di questo quadro, le scienze della vita, più di altre discipline scientifiche, interpretano
dunque anche un nuovo modo di intendere il rapporto tra ricerca ed economia all’interno delle
dinamiche del capitalismo informazionale contemporaneo. Si tratta della fase neoliberale della
globalizzazione economica, che alcuni studiosi hanno definito postfordismo e che ha sconvolto le
dinamiche di produzione industriale in tutto il mondo. La scienza non ne è uscita indenne, e se
secondo diversi autori essa non funziona più secondo il «Modo Uno», quello dei mastodontici
progetti di big science e della supremazia della scienza accademica, ciò si manifesta anche e
soprattutto nelle trasformazioni che hanno caratterizzato le scienze biologiche. La prima fase,
sviluppatasi nel secondo dopoguerra, aveva come testo di riferimento Science: The Endless
Frontier, il rapporto scritto da Vannevar Bush (1945) su commissione da parte del presidente
americano Roosevelt. Una delle trasformazioni avvenute nella scienza contemporanea è l’ingresso
tra i suoi obiettivi espliciti della capacità di generare profitto, che spesso deriva dalla sua capacità di
produrre conoscenza dotata di possibilità di applicazione industriale. In questa fase della storia
sociale ed economica della scienza, dunque, l’istituzione centrale di riferimento non è più soltanto
l’accademia, finanziata dal governo, libera di scegliere i propri indirizzi di ricerca e custode della
scienza «ufficiale». Essa, anzi, è assediata da nuove tipologie di strutture di ricerca – la start up, la
fondazione privata, la multinazionale, la rete di ricercatori di diversa appartenenza – e deve fare i
conti con rapporti sociali ed economici molto più complessi, all’interno dei quali le pratiche
comunicative assumono un’importanza sempre maggiore, dato che i flussi comunicativi assumono
il ruolo di mediatori tra questi attori spesso così differenti tra di loro e con la società nel suo
complesso.
Nell’economia del capitalismo informazionale, oltretutto, la produzione di conoscenza (di cui la
scienza rappresenta il massimo della formalizzazione) ha assunto un ruolo differente da quello
assegnatole durante il capitalismo industriale. In quell’era, che in parte continua a informare di sé
anche il presente, dalla ricerca ci si aspettava la libera diffusione all’interno della società delle
conoscenze prodotte, che sarebbero state trasformate in merce successivamente, per mezzo
dell’incorporazione in beni di consumo a opera dell’industria. Per molte delle discipline scientifiche
contemporanee, tuttavia, il rapporto con le strutture di produzione è mutato: esse si trovano ora a
rivestire un ruolo di produttrici di prima mano di una merce, la conoscenza, che entra direttamente
nei processi di produzione del cosiddetto capitalismo informazionale (Castells, 1996). In questo
senso, la scienza deve obbedire in parte a regole tipiche del mercato: il suo prodotto, cioè
l’informazione, deve diventare un bene «rivale» e appropriabile, vale a dire un bene scarso che
possa essere scambiato sul mercato e generare profitti. Essa, però, è dotata di caratteristiche di non-
rivalità, come ricorda una famosa frase di Thomas Jefferson:
«Chi riceve un’idea da me, riceve una conoscenza che non toglie nulla alla mia, così come chi
accende la sua candela con la mia si fa luce senza per questo lasciarmi al buio. Che le idee
circolino liberamente, una dopo l’altra, in tutto il mondo, perché gli uomini possano a vicenda
trarne istruzione morale e miglioramento personale, senza negare un fatto voluto espressamente
da una natura benevola, che le ha fatte come il fuoco, libere di diffondersi ovunque senza perdere
in nessun punto la propria intensità […]. Le invenzioni non possono dunque, per loro natura,
essere soggette a un regime di proprietà»
Da queste caratteristiche insite nelle forme di produzione e scambio della conoscenza nasce la
necessità di creare per essa una scarsità artificiale per mezzo dei diritti di proprietà intellettuale, che
sono divenuti di conseguenza uno dei problemi più dibattuti e controversi all’interno della scienza
stessa, come dimostra la tensione tra brevettazione e privatizzazione dei risultati scientifici da una
parte e, dall’altra, accesso aperto e libero ai dati e alle conoscenza. In ogni caso, gli analisti che si
sono concentrati sull’organizzazione economica della cosiddetta «società della conoscenza» hanno
rilevato come il mercato «organizzi le attività economiche attorno all’informazione. Le risorse
tradizionali (terra, lavoro e capitale) garantiscono ritorni economici sempre minori. Le maggiori
produttrici di ricchezza sono diventate informazione e conoscenza» (Gibbons 1994). In questo
senso, anche la figura dello scienziato è mutata. In molti casi il suo ruolo all’interno dei processi di
innovazione è diventato quello di «problem solver».
«Nel processo innovativo l’accesso a informazione accurata e aggiornata è sempre stato
importante. Ma, nel regime che sta emergendo, il processo di generazione, acquisizione e
diffusione dell’informazione sarà mediato sempre di più dalle tecnologie dell’informazione. [...]
La competenza nel campo dell’innovazione viene ridefinita in termini di abilità nella risoluzione
di problemi per mezzo della selezione dei dati rilevanti e della loro organizzazione. Quando c’è
abbondanza di informazione, le competenze non derivano dalla capacità di generarne di più, ma
delle capacità acquisite usando quella esistente in modi diversi. [...] Questo concetto di
competenza potrebbe definire il significato di ‘immaginativo’. Se questa interpretazione è
corretta, emergerà una nuova classe di specialisti capace di individuare e risolvere i problemi di
cui sopra».
La tensione tra privatizzazione e disclosure dei dati presente nella scienza contemporanea, e di cui
Craig Venter si è reso protagonista anche in occasione del sequenziamento del genoma umano
(Castelfranchi, 2004), ricalca del resto la tensione presente nel mondo della rete e più in generale
nel complesso del capitalismo informazionale. Tra le aziende di Internet i modelli di gestione delle
informazioni sono diversi, ma molte tra le più potenti realtà della rete (su tutte, Google) hanno
scelto di donare gratuitamente l’accesso ai dati e di adottare un modello di business basato sulla
pubblicità e sui servizi personalizzati. In questo modello vi è un’ambiguità di fondo tra l’immagine
pubblica delle aziende, che da una parte donano l’accesso ai servizi di base e dall’altra producono
profitti enormi a partire dai servizi. Il teorico dei media Geert Lovink (2007) la chiama «ideologia
del free», ricalcando le osservazioni in proposito di Ross McKibben (2006). Nel suo saggio The
Destruction of the Public Sphere, McKibben afferma che l’arma più potente del mercato di Internet
e dell’economia informazionale è il suo vocabolario: «sappiamo bene come agisce questo
linguaggio. Dobbiamo stare sul vertice della piramide, essere in un centro di eccellenza, disprezzare
le industrie che si basano sulla produzione, avere molti fornitori diversi […] e dare possibilità di
scelta». Questo linguaggio, secondo McKibben, «è singolarmente seduttivo e pretende di essere
neutrale: per questo tutte le procedure devono essere ‘trasparenti’ e ‘robuste’, e tutti devono essere
‘affidabili’. È duro ma funziona […] perché, per quanto possa risultare ridicolo, determina il modo
in cui le nostre elite politiche (ed economiche) pensano il mondo».
Secondo Lovink, il tipo di personaggio pubblico che incarna l’ideologia del free è rappresentato
dal venture capitalist, hacker e attivista giapponese Joi Ito,2 la cui figura può essere ricondotta ai
«Dieci comandamenti comunisti liberali» pubblicati da Olivier Malnuit sulla rivista francese
Technikart (2006):
1. Regalerai tutto (dati open access, fine del diritto d’autore); ti farai pagare solo per i servizi
supplementari, che ti renderanno ricco
2. Cambierai il mondo, invece di limitarti a vendere delle cose
3. Sarai supersimpatico; avrai il senso della condivisione e della responsabilità sociale
4. Sarai un creativo, privilegerai il design, le nuove tecnologie, le scienze
5. Dirai tutto: non avrai segreti, ti sacrificherai sull’altare della trasparenza e della libera
circolazione dell’informazione; tutta l’umanità deve collaborare e dialogare
6. Non lavorerai mai: i lavori fissi dalle 9 alle 17 non fanno per te, tu resterai nel campo della
comunicazione smart, dinamica, flessibile
7. Tornerai a scuola: praticherai l’educazione permanente
8. Sarai un enzima: non pago di lavorare per il mercato, creerai nuove forme di collaborazione
sociale
9. Finirai povero: redistribuirai le tue ricchezze a chi ne ha bisogno, perché possiedi più di
quello che potrai mai usare
10. Sarai lo stato: le imprese devono lavorare in partenariato con lo stato
Anche Slavoj Žižek (2006) cita i comandamenti di Malnuit, classificando come comunisti liberali
personaggi come Bill Gates e George Soros: «Il significante della neolingua comunista liberale è
‘smart’. Essere smart significa essere dinamico e nomade e contrario alla burocrazia centralizzata;
credere al dialogo e alla cooperazione in opposizione all’autorità centrale; alla flessibilità contro la
routine; alla cultura e alla conoscenza contro la produzione industriale; all’interazione spontanea e
all’autopoiesi contro le gerarchie stabilite». Tornando a Geert Lovink (2008), egli ritiene che questo
tipo di approccio legato all’economia di gratuità della rete sia «il cuore dell’ideologia di Internet,
che ci impedisce di vedere quanto paghiamo veramente, troppo felici di entrare nell’economia del
dono rappresentata dal free». Tutti questi temi sono riconducibili alla nuova economia basata sui
servizi e sull’informazione, il capitalismo informazionale che secondo Manuel Castells (1996)
rappresenta la forma di organizzazione dell’economia globalizzata contemporanea.
All’interno di questo ecosistema complesso di relazioni tra flussi di informazione, mercato,
tecnologia, caratterizzato dalle tensioni tra i diversi modelli di gestione dei dati e delle informazioni
2 Joi Ito lavora oggi per il motore di ricerca per blog Technorati, per Creative Commons e Social Text, tre nomi che per gli utenti di Internet sono sinonimo di gratuità, open access, copyleft, produzione di contenuti dal basso.
che si contendono le risorse dell’economia informazionale, si posiziona anche la scienza. Le sue
relazioni con gli altri attori sociali, come ci dicono gli autori che ne hanno analizzato il
posizionamento all’interno delle trasformazioni dell’economia chiamandolo «Modo Due» o
«Scienza post-accademica», non sono unidirezionali. La società, il mercato, il capitale, la cultura,
influenzano la scienza, oltre a venire influenzati dalle scoperte, dagli effetti concreti e dalla
pervasività di scienza e tecnologia. In tutte queste relazioni la rilevanza e la complessità dei flussi di
comunicazione aumenta, e nel quadro di queste caratteristiche della relazione tra scienza e società –
per molti versi nuove – diviene imprescindibile l’ingresso della scienza nell’arena della
comunicazione. Anzi, alcuni studi, per esempio il lavoro di Helga Nowotny (2005), fanno notare
che proprio sul terreno della comunicazione pubblica si attuerebbe appieno la relazione della
scienza con la società. In particolare, le dinamiche della comunicazione effettuata dagli scienziati e
dalle istituzioni scientifiche hanno travalicato il percorso classico della pubblicazione su riviste peer
reviewed, cui seguirebbe la «divulgazione» rivolta al pubblico generico. Secondo Bruce Lewenstein
(1995), per esempio, le diverse istituzioni della scienza comunicano anche seguendo canali
differenti, molti dei quali rientrano nel quadro dei diversi spazi di incontro tra la scienza e i pubblici
dei media, ma sono entrati ormai a far parte a pieno titolo dei processi di produzione del sapere
scientifico.
Negli ultimi anni, dunque, le istituzioni scientifiche stanno instaurando un rapporto diretto e forte
con i media, rispondendo ai numerosi attori sociali esterni al mondo scientifico in senso stretto, che
da tempo hanno scelto di partecipare al dibattito pubblico sugli effetti, gli sviluppi, i processi
produttivi del sapere scientifico e delle sue applicazioni. Intervenire in questo dibattito è diventata
una necessità con effetti anche sulla scienza, che deve essere mediata e negoziata a livello sociale e
non nel chiuso dei laboratori o degli uffici governativi. È aumentata, per esempio, la presenza di
strutture comunicative interne agli istituti e alle organizzazioni di ricerca (press office) e di relazioni
stabili delle stesse con gli agenti della comunicazione mediale (Bauer e Bucchi, 2007).
La comunicazione, insomma, è diventata una parte importante del sistema di produzione della
scienza, e non si limita alla comunicazione intraspecialistica e ai modelli «classici» di circolazione
delle idee e dei dati scientifici. Al contrario, la scienza viene sempre più spesso rimescolata,
discussa, accreditata o criticata all’interno dei mass media, dove la narrazioni prodotte dagli
scienziati convivono con altre immagini della scienza e con altre idee, opinioni e dibattiti, spesso
non guidati dalle immagini o dalle informazioni proposte direttamente dall’attività di
comunicazione portata a termine dalle istituzioni scientifiche. Al riguardo, Helga Nowotny (2005)
parla della necessità di studiare il modo in cui fatti e fiction riguardo alla scienza si mescolano
nell’immaginario pubblico. Data questa situazione, infatti, per comprendere la percezione pubblica
della scienza non è possibile limitarsi a studiare i fatti, ma occorre prestare attenzione a tutti i canali
che trasmettono, inviano informazioni, conversano attorno alle immagini della scienza. Tanto più se
ci si riferisce alla società contemporanea, nella quale i media rivestono il ruolo cruciale di arene
pubbliche all’interno delle quali nascono e si sviluppano le idee, le rappresentazioni, i discorsi che
coinvolgono non solo la scienza ma tutte le attività sociali umane. Nowotny ci accoglie così in
questo nuovo mondo in cui si muove lo scienziato «visibile» del nuovo secolo:
«Benvenuti in una delle arene pubbliche in cui si incontrano scienza e società. Benvenuti in un
mondo a elevata intensità mediatica nel quale non competono solo i libri, ma nel quale sofisticate
strategie di marketing e di PR decidono le strategie di vendita e l’attenzione pubblica che si
concentrerà sui loro autori. Benvenuti anche in un mondo in cui la comunicazione ha perso la sua
spontaneità e la sua innocenza – se mai le ha avute. La comunicazione deve essere progettata e
pianificata, gestita e valutata di continuo riguardo al suo impatto e alla sua portata. Benvenuti
anche in un mondo altamente visualizzato, in cui le immagini diventano icone […] e in cui le
icone vivono di vita propria.»
Questo processo di ingresso della scienza nell’arena della comunicazione è tanto più evidente
quanto più consistenti sono le ricadute della scienza sulla società stessa, come nel caso delle
moderne biotecnologie, che devono affrontare un’arena pubblica carica di timori, aspettative,
resistenze o speranze. La rilevanza delle biotecnologie e delle tecnologie riproduttive nella vita, la
salute, il futuro delle persone è infatti in crescita. Inoltre, la storia delle loro immagini pubbliche è
lunga e la loro funzione di costruttrici dell’immaginario sociale moderno è nota (Turney 1998).
Così, oggi risulta difficile per un ricercatore lavorare su una linea staminale, brevettare una
sequenza genica, utilizzare la sperimentazione animale o inserire un transgene in una cellula di mais
senza fare i conti con le idee, le rappresentazioni, i valori e – perché no – i rapporti economici che si
coagulano attorno a questi temi. Proprio per questo per le nuove scienze della vita «robustezza
sociale» – una delle espressioni usate per descrivere la necessità di confronto con la società e ricerca
di legittimazione sociale della scienza (Gibbons 1999) – sembra non significare soltanto attenzione
ai problemi etici, ma anche capacità di interpretare specifici apparati simbolici e di creare un
immaginario sociale favorevole al loro sviluppo: una necessità squisitamente comunicativa.
In questo senso l’ingresso del «gene» nel discorso intorno alle scienze della vita è un ulteriore
elemento intervenuto a modificare la percezione della biologia contemporanea, e quindi del ruolo
dello scienziato. L’antropologa Sarah Franklin (2001) afferma che nell’era post-genomica di cui
Venter è uno degli attori protagonisti, cioè quella che segue il sequenziamento del genoma umano,
il gene
«è reinventato di continuo come codice umano universale, un segno magico, una specie di
feticcio del ventunesimo secolo, che ha acquisito vita propria […]. I geni stanno acquisendo
un’ampia gamma di nuovi significati, la gran parte dei quali riproduce e trasforma le tradizioni
culturali che rendono i geni così intriganti ed elusivi come oggetti scientifici e tecnici».
Donna Haraway si spinge più in profondità nel ricostruire il legame tra tecnoscienza, capitalismo e
biologia molecolare. In Testimone_Modesta@FemaleMan©_incontra_OncoTopo™ (1997),
Haraway analizza la funzione simbolica della parola «gene», legandola indissolubilmente a una
specifica relazione tra «umani» e «non umani», per usare il suo linguaggio, che entra in gioco
soltanto all’interno di specifici rapporti di produzione tipici del capitalismo informazionale:
«per gli umani, una parola come ‘gene’ sta a significare un poliedrico insieme di interazioni tra
persone e non umani, in un processo pratico e storicamente contingente di produzione del sapere.
Il gene non è una cosa, né tantomeno una ‘supermolecola’ o un codice autonomo. Al contrario, il
termine ‘gene’ sta a significare un nodo di azione duratura dove si incontrano molti attori, umani
e non umani».
In questa relazione simbolica tra scienze della vita e comunicazione molti autori hanno sottolineato
e analizzato l’importanza delle metafore e delle rappresentazioni sociali che si costruiscono attorno
alle immagini della scienza e dello scienziato. In particolare Jon Turney, nel suo Sulle tracce di
Frankenstein (1998), ha condotto un’ampia ricostruzione dell’evoluzione delle metafore che hanno
accompagnato la nascita e lo sviluppo della biologia moderna. In particolare, ripercorrendo il
cammino dell’immagine del professor Frankenstein, creatore del «mostro», Turney afferma che «i
media popolari sono altrettanto importanti, per comprendere lo stato del dibattito, dei verbali delle
deliberazioni ufficiali». La sua ricostruzione della storia delle metafore della biologia e della
genetica conferma che i resoconti popolari della scienza si adattano e vengono plasmati anche
dall’ambiente culturale ed economico in cui nascono, e possono essere usati per interpretare le
trasformazioni socio-economiche in cui affondano, oltre naturalmente a seguire il cammino della
ricerca. Nel suo lavoro, Turney mostra come gli scienziati siano coscienti del ruolo dei resoconti
popolari nella percezione pubblica della biologia e abbiano sviluppato diversi tipi di risposta alle
«rappresentazioni narrative della bioscienza», adottando diverse tattiche per relazionarsi ai media
popolari e alla commistione di fatti e fiction che questi ultimi usano per parlare della scienza. Una
di queste tattiche «consiste nello sviluppare una retorica della ragione contrapposta alle emozioni, e
nell’applicarla asimettricamente». Nel dibattito sul dna ricombinante, per esempio, Turney nota che
«i rischi concreti erano definiti in modo tale da sembrare facili da gestire, mentre gli altri rischi
erano presentati in modo così nebuloso da diventare poco importanti. Di contro, i benefici erano
descritti come molto desiderabili e virtualmente certi. La posizione era resa più forte tramite
l’asserzione che questo era il punto di vista razionale, scientifico, e che i critici, che vedevano
quei temi in modo diverso, erano isterici e irrazionali».
Alcuni autori hanno invece studiato nello specifico la percezione pubblica delle biotecnologie post-
genomiche, cioè quelle che seguono il sequenziamento del genoma umano, adottando un approccio
psicosociale ma prestando attenzione a come le immagini della scienza prendano parte alla
definizione del suo rapporto con la società. Lo hanno fatto seguendo il lavoro sviluppato da George
Lakoff e Mark Johnson in Metaphors We Live By (1980), secondo i quali le metafore hanno un
ruolo cruciale nella comprensione e nell’inserimento all’interno di un contesto noto delle nuove
conoscenze e dei concetti astratti. Esse danno forma alla percezione di eventi e idee, e agiscono al
confine tra domini contestuali differenti. All’interno delle prassi comunicative però «le metafore
rivestono un ruolo cruciale nella legittimazione di valori sociali. Non sono soltanto strumenti
concettuali innovativi, ma hanno un ruolo importante nella costruzione sociale della realtà», come
affermano Christidou et al. (2004), che si sono occupati più nello specifico delle metafore pubbliche
della scienza. Liakopoulos (2002), in particolare, ha studiato le metafore che costellano il discorso
pubblico relativo a grandi progetti di ricerca biotecnologici, come il sequenziamento del genoma
umano. Anche in questo caso, le metafore «sono i veicoli della familiarizzazione e sono
responsabili dell’impatto psicologico del dibattito; questo è il motivo principale per cui i dibattiti
sulla tecnologia, come quelli sulle biotecnologie, sono permeati di un’ampia gamma di idee
metaforiche». Nel suo lavoro sulle metafore delle biotecnologie nei media britannici, Liakopoulos
individua alcuni frame ricorrenti all’interno dei quali cataloga le metafore più presenti. Tra le altre,
sottolinea l’importanza delle metafore legate all’idea di «progresso», che presentano le
biotecnologie come una rivoluzione che «denota una rottura con lo status quo e un rapido
cambiamento sociale che, anche se i suoi effetti finali sono dubbi, contiene una forte sensazione di
sviluppo positivo» e che quindi annuncia «un cambiamento violento dell’ordine preesistente verso
una nuova era di promesse». Altri gruppi di metafore racchiudono quelle legate alle promesse
economiche delle biotecnologie e alle tecnologie dell’informazione. In questo ultimo caso, in
particolare, Liakopoulos sottolinea come il dibattito pubblico sulle biotecnologie sia colmo di
riferimenti al ruolo dell’informazione genetica. Esso è a sua volta legato alla funzione di costituente
degli esseri viventi rivestita dal dna e al posizionamento ambiguo del biotecnologo, che oscilla tra la
figura del biologo che studia la natura e quella dell’ingegnere, che interviene direttamente a
modificare i processi biologici, seguendo un progetto preciso. Infine, le metafore legate
all’archeologia e quelle di tipo religioso. Le prime si riferiscono all’attività del biotecnologo come
alla lettura e decodifica di antichi libri, «scritti in un linguaggio sconosciuto e antico». Le metafore
di tipo religioso, invece, intervengono a costruire un’immagine delle biotecnologie come santo
graal, miracolo, promessa di vita eterna.
L’importanza di studiare le immagini pubbliche della scienza emerge anche dal lavoro di diversi
autori che si sono dedicati ad affrontare il problema degli spazi di incontro tra scienza e pubblico, e
dell’uso delle cosiddette «deviazioni» nella comunicazione della scienza, per esempio il caso della
fusione fredda studiato da Bruce Lewenstein (1995) o quello della pubblicazione dei dati del
sequenziamento del genoma umano da parte della Celera dello stesso Craig Venter, di cui si è
occupato Yurij Castelfranchi (2004). Ne risulta un quadro nel quale parlare di deviazioni dalla
norma ideale rappresentata dalla classica pubblicazione sulle riviste scientifiche, seguita dalla
divulgazione al pubblico di tipo unidirezionale, diventa sempre più difficile. Gli attori scientifici
utilizzano forme comunicative diverse e altre, e non sono gli unici a prendere la parola per
discutere, decidere e costruire la scienza contemporanea. Queste attività di comunicazione pubblica,
infatti, non si limitano a rivestire il ruolo di «retorica promozionale» utile a raccogliere
finanziamenti o consenso. Esse, piuttosto, vengono ad assumere un rilievo crescente nello stesso
processo di costruzione della scienza contemporanea, e hanno un ruolo anche nella sua definizione
e negoziazione sociali. La trasformazione della biologia in una disciplina post-genomica, appunto, è
legata anche a un nuovo modo di costruire progetti biologici su larga scala, che necessitano di
complesse negoziazioni tese a costruire alleanze strategiche tra diversi soggetti scientifici,
industriali, politici e sociali. Secondo Matt Ratto (2006), per esempio,
«uno degli strumenti tramite cui queste costellazioni negoziano prospettive, bisogni e interessi è
l’uso ad hoc di espressioni metaforiche convenzionali che forniscono un risorsa importante per la
gestione delle differenze necessarie alla costruzione e al mantenimento di progetti scientifici di
grandi dimensioni».
Le metafore dunque, continua Matt Ratto, «lavorano per mantenere una comprensione coerente tra
comunità disparate. Esse sono abbastanza robuste da mantenere certe caratteristiche, e abbastanza
flessibili da permettere molte interpretazioni e diversi usi», e possono dunque essere studiate per il
loro ruolo nella legittimazione di decisioni tecnologiche e politiche. Del resto, tornando al lavoro di
Helga Nowotny (2005), studiare ciò che gli scienziati fanno non significa solo studiare il loro
comportamento all’interno del laboratorio oppure il modo in cui il loro operato agisce sul mondo
contemporaneo. Piuttosto, «Studiare e spiegare ‘ciò che stanno veramente facendo’ richiede ora
un’estensione all’interno del mondo politico, economico e culturale, incluso il modo in cui essi
vengono influenzati da un mondo in via di globalizzazione». In questa attività degli scienziati
occorre naturalmente includere i loro sforzi di «comunicare qualcosa della bellezza, del fascino,
dell’efficacia spettacolare e dei benefici potenziali dei risultati della scienza e della tecnologia».
La comunicazione pubblica delle biotecnologie, dunque, deve essere studiata contestualmente
alle trasformazioni sociali, economiche e politiche all’interno delle quali si svolgono le loro vicende
e delle quali esse fanno parte. Le biotecnologie sono particolarmente significative perché vengono
considerate le scienze di punta del ventunesimo secolo, e hanno spodestato le scienze dure –
rappresentate da fisica e matematica – non solo negli investimenti o nella loro presenza sull’arena
pubblica ma anche negli immaginari pubblici legati alla scienza (Turney 1998). In questo senso, il
caso di Craig Venter è emblematico di una biotecnologia che sa rapportarsi con facilità e successo
con gli attori esterni alla cittadella accademica (imprese, venture capitalist, politici) e che sa
sfruttare appieno le suggestioni, le promesse e le metafore legate alla sua attività scientifica per
costruire un rapporto privilegiato con i mass media. Capacità che sono già emerse per altri suoi
progetti di ricerca, in particolare durante la corsa al sequenziamento del genoma umano.
3. Problema di ricerca
Questo lavoro vuole studiare i processi di comunicazione pubblica della scienza che hanno
caratterizzato il caso del Sorcerer II, la nave di ricerca del J. Craig Venter Institute. Per farlo ci
siamo concentrati sulle immagini della scienza e dello scienziato prodotte dai e per i media che
hanno raccontato le vicende della nave del Venter Institute, per comprendere a quale tipologia di
rapporto tra scienza e società possano essere ricondotte. In particolare, ci si riferisce ai processi di
comunicazione diretti ai pubblici generici di non-esperti e al loro ruolo all’interno delle
trasformazioni avvenute nella scienza nell’era del capitalismo informazionale. L’immagine dello
scienziato che ne emerge può essere usata per interpretare le trasformazioni avvenute nel rapporto
tra scienza e società? Le rappresentazioni delle biotecnologie che sono ricadute nella cultura
popolare a partire dal progetto di ricerca del Venter Institute contribuiscono anche a riaffermare,
ridefinire, plasmare il suo posizionamento all’interno di una nuova tipologia di rapporto con la
società? In questo senso, si tratta di un caso eccezionale o dell’interpretazione di una tipologia di
scienziato fisiologica all’interno della scienza contemporanea?
Cercando di applicare i risultati di questo studio di caso al più ampio problema della scienza
contemporanea, lo scopo della ricerca è quello di comprendere se e come la comunicazione
pubblica delle biotecnologie abbia un ruolo nella definizione, nell’accreditamento e nella
negoziazione pubblica del ruolo del biologo che vive a cavallo tra XX e XXI secolo e all’interno
delle trasformazioni sociali, economiche e politiche di questa epoca. È in questo senso che si rivela
interessante indagare se nella costruzione della sua figura pubblica di scienziato Craig Venter
proponga immagini legate alle nuove tipologie di rapporto tra scienza e accademia, impresa,
politica, società che caratterizzano il capitalismo informazionale e la società in rete.
4. Il materiale usato e il metodo
Per studiare il caso del Sorcerer II dal punto di vista della comunicazione pubblica della scienza e
quindi della relazione tra comunicazione e nuova dimensione del rapporto tra scienza e società,
abbiamo usato un approccio multidisciplinare. Al fine di mostrare l’emergere di una nuova
attitudine alla comunicazione, abbiamo infatti raccolto dati da fonti multiple (World Wide Web,
stampa, televisione, interviste, pubblicazioni scientifiche), mappando le relazioni tra Venter
Institute e strutture dei media. Poi abbiamo analizzato la tipologia e l’efficacia della sua
comunicazione pubblica, analizzandone anche lo sviluppo diacronico. In particolare ci siamo
concentrati sulle immagini della scienza e del mestiere dello scienziato che ne scaturiscono,
mettendole in relazione con i mutamenti sociali, economici e politici avvenuti nel sistema di
produzione del sapere scientifico.
La comunicazione diretta al pubblico generico di non-esperti è stata analizzata tramite tutti i
materiali prodotti direttamente dal J. Craig Venter Institute (press release; documenti pubblici) e
riguardanti il Sorcerer II; tutte le apparizioni televisive di Craig Venter e gli articoli usciti sui
principali giornali e riviste internazionali che si sono occupati del caso Sorcerer II (Time;
Technology Review; New York Times; The Economist; Wired); il documentario Cracking the Ocean
Code, girato da Discovery Channel a bordo del Sorcerer; alcuni interventi pubblici di Craig Venter
a convegni e presentazioni (non specialistici) e i siti Internet del J. Craig Venter Institute e del
Sorcerer II. Inoltre abbiamo analizzato i paper pubblicati dalle riviste scientifiche che hanno
ospitato i risultati della Global Sampling expedition (Science; PLoS Biology), in particolare le
sinossi e gli articoli giornalistici che hanno accompagnato i paper strettamente scientifici. Nel caso
degli articoli giornalistici e dei siti Web sono state analizzate anche le immagini utilizzate a
commento dei testi.
Alla mappatura dei rapporti tra Sorcerer II e mass media, è seguita la ricostruzione delle
immagini della scienza e dello scienziato proposte da Venter. Per attuarla si è proceduto a un’analisi
del discorso (Gill 2000), con la quale si è scomposto il discorso pubblico a proposito della Global
Ocean Sampling expedition. Nel farlo siamo andati alla ricerca di due immagini particolari, che
ricorrono spesso nel materiale analizzato e che a nostro parere sono indicative della tipologia di
relazione tra scienza e società proposta e interpretata dal Sorcerer II: la prima è l’immagine dello
scienziato vittoriano, l’esploratore, colui che compie un viaggio all’interno delle meraviglie del
mondo e ne esce con scoperte eccezionali. Questo tipo di scienziato, che può essere ricondotto alla
figura di Charles Darwin, non è mosso da scopi economici ma dal desiderio di conoscere e rendere
partecipe l’umanità intera delle sue scoperte. La seconda immagine che abbiamo ricercato è quella
dello scienziato free lance, svincolato dai legami con industria e accademia e dedicato alla ricerca e
alla manipolazione dell’informazione. I suoi legami con la società sono ambivalenti e mutevoli, e
anche questo scienziato, che possiamo identificare con la figura dell’hacker, lavora guidato dalla
curiosità e dalla voglia di conoscenza. I suoi risultati, tuttavia, possono essere venduti sul mercato
contemporaneo, che tratta la conoscenza come un bene di cui si può fare commercio e con la quale
è possibile dar vita a profitti. Oltre all’analisi di queste due immagini e alla loro contestualizzazione
all’interno dei meccanismi della scienza contemporanea, abbiamo studiato la relazione tra il
Sorcerer II e i diversi modelli di gestione dell’informazione che convivono nel capitalismo
informazionale.
Così da una parte l’analisi delle immagini dello scienziato emerse dalla prima parte del nostro
studio ci ha permesso di indagare la tipologia di relazione tra la scienza di Venter, il suo discorso
pubblico e il modo in cui egli si posiziona all’interno della società e dell’economia postfordista.
Dall’altra, anche l’enfasi sulla gestione dell’informazione si è rivelata utile per delineare meglio
questa relazione, alla luce anche del nuovo ruolo, all’interno delle biotecnologie contemporanee,
assunto dai dati genetici e dal loro rapporto con le tecnologie dell’informazione. In questo modo
abbiamo potuto studiare in che modo le pratiche comunicative di Craig Venter facciano parte della
sua attività di posizionamento all’interno della scienza e del mercato contemporanei, e ipotizzare
quanto e se esse siano eccezionali, rispetto ai meccanismi di produzione della scienza
contemporanea, oppure fisiologiche.
5. La vicenda del Sorcerer II
Il Sorcerer II è uno sloop, una barca a vela di 95 piedi (circa 30 metri), che può raggiungere una
velocità di 10-11 nodi e coprire circa 250 miglia al giorno. Di proprietà del Venter Institute, è stato
costruito nel 1998 in Nuova Zelanda dai cantieri Cookson ma batte bandiera statunitense. È stato
progettato per essere utilizzato a tutte le latitudini ma nei suoi primi anni di vita è stato usato nel
New England come nave da diporto, con un equipaggio composto da quattro persone e lo spazio per
accogliere quattro passeggeri. Nel 2003 il Sorcerer II è stato trasformato in nave da ricerca (anche
se chi vi è salito a bordo afferma che «sembra molto di più uno yacht di lusso»3) e utilizzato per la
Global Ocean Sampling expedition, una circumnavigazione della Terra effettuata dal Venter
Institute per raccogliere e sequenziare genomi di microrganismi marini. Il sito del Venter Institute
ne descrive così gli obiettivi:
«L’obiettivo della spedizione è valutate la diversità microbica degli oceani usando gli strumenti e
le tecniche sviluppate per sequenziare il genoma umano e di altri organismi. Con una migliore
comprensione della biodiversità microbica marina, gli scienziati saranno in grado di capire il
modo in cui funzionano gli ecosistemi e scoprire nuovi geni di importanza ecologica ed
evolutiva.»4
Il Sorcerer II ha percorso migliaia di miglia marine, fermandosi periodicamente (generalmente ogni
200 miglia marine) per raccogliere materiale microbico in profondità e nelle acque superficiali. I
partner scientifici ed economici del progetto di ricerca erano Institute for Biological Energy
Alternatives (IBEA), Bermuda Biological Station for Research (BBSR), l’Office of Science del
3 Shreeve, J., «Craig Venter’s Epic Voyage to Redefine the Origin of the Species», Wired, agosto 20044 J. Craig Venter Institute, Global Ocean Sampling Expedition: Fact Sheet – Expedition Overview, www.jcvi.org
Department Of Energy del governo Usa, The Gordon and Betty Moore Foundation e il programma
Discovery Channel Quest.
Dopo una breve spedizione nel Mar dei Sargassi portata a termine nella primavera del 2003, il
viaggio del Sorcerer II ha avuto ufficialmente inizio da Halifax, in Nova Scotia (Canada, sede del
Bedford Institute of Oceanography), il 22 agosto 2003. Nel gennaio 2004 il Sorcerer ha navigato nel
Golfo del Messico e attorno alla penisola dello Yucatan, ha attraversato il canale di Panama ed è
entrato nell’oceano Pacifico, facendo tappa all’Isola del Cocco (Costa Rica). Tra febbraio e marzo
del 2004 il Sorcerer ha dedicato un mese alle isole Galapagos (Ecuador), mentre tra maggio e
giugno ha navigato nelle acque della Polinesia Francese. Tra agosto e settembre è approdato nella
Nuova Caledonia, prima di arrivare in Australia. Lì, nel marzo 2005, si è spinto fino alla Tasmania.
L’equipaggio è penetrato anche nell’entroterra per raggiungere il lago Tyrrell, un lago salato che si
trova nei pressi di Melbourne. L’arcipelago delle Seychelles è stato raggiunto e campionato tra
agosto e settembre del 2005. Dopo l’arrivo (il 4 ottobre) a Port Elizabeth in Sudafrica, il 16
novembre il Sorcerer II è salpato da Cape Town per la traversata dell’oceano Atlantico, durata
trenta giorni e conclusasi il 15 dicembre all’isola di Antigua nei Caraibi. Il ritorno in New England
è avvenuto nel gennaio 2006, dopo diciassette mesi di navigazione.
La trasformazione del Sorcerer II in nave da ricerca ha previsto l’uso della sala interna come
ufficio e laboratorio. Al suo interno sono stati installati navigatori satellitari, schermi, computer,
strumentazione per campionare e filtrare le acque, congelatori e un microscopio collegato a uno
schermo flat da 42 pollici posizionato sulla parete della cabina centrale. Tutta la strumentazione del
Sorcerer II è stata pensata o modificata per adattarsi agli spazi limitati di una nave, e comprendeva
un tubo di 1.000 metri per prelevare acque in profondità, corredato di una sonda per calcolare pH,
temperatura, salinità, contenuto di ossigeno. Queste informazioni venivano gestite da un computer
di bordo e utilizzate per decidere il luogo del campionamento. Ogni campione era costituito da 200
litri di acqua, filtrati da una serie di filtri di porosità decrescente: 3 micron, 0,8 micron, 0,3 micron. I
campioni venivano poi etichettati e conservati a 0°C, e in seguito inviati al Venter Institute di
Rockville, nel Maryland. La nave era dotata anche di telefono e collegamento Internet via satellite.
A questi strumenti si sommano un robot di profondità, ma anche attrezzatura da pesca, da
immersione e qualche tavola da surf. L’equipaggio, oltre che dallo skipper e dai marinai, era
composto da alcuni biologi del Venter Institute.
Nel 2006 il Sorcerer II è tornato alla sua attività «normale», e nell’estate Craig Venter lo ha
usato per partecipare alla Newport Bucket Regatta nel Rhode Island, una regata di due giorni
riservata a barche a vela superiori a 31 metri, che si svolge ogni anno sulla costa Est degli Stati
Uniti. Il Sorcerer II guidato da Venter si è classificato al terzo posto, dopo Highland Breeze e
Selene, ma dopo questa pausa ludica «il Sorcerer II è salpato di nuovo nel dicembre del 2006,
lasciando la Virgilia e facendo rotta per la Chesapeake Bay, e poi verso sud lungo la East Coast
degli Stati Uniti. Dopo aver passato il canale di Panama, il vascello si è diretto a nord attraverso
l’America Centrale e il Messico. Le spedizione continuerà nel Mare di Cortez e risalirà la West
Coast degli USA fino all’Alaska», come si può leggere sul sito Internet del Venter Institute.5
5 J. Craig Venter Institute, op. cit.
6. La scienza del Sorcerer II
Il materiale raccolto è stato sottoposto dai bioinformatici del Venter Institute ad analisi genomica
tramite tecniche shotgun, un’evoluzione di quelle sviluppate da Celera Genomics, l’azienda privata
guidata da Craig venter fino al 2004, per il sequenziamento del genoma umano (Rusch et al. 2007).
Il Sorcerer II, dunque, non ha catalogato genomi completi ma piccole parti di genoma, analizzate
con metodiche statistiche e che necessiteranno di ulteriore lavoro per completarne il significato.
Sono state utilizzate infatti tecniche di metagenomica per analizzare le regolarità presenti nelle
sequenze decodificate e confrontarle con i dati presenti in altri database di riferimento.
Nel marzo 2003 il Sorcerer II ha effettuato una breve spedizione di prova che ha dato origine a
un paper pubblicato l’anno successivo su Science (Venter et al. 2004), che riportava i dati emersi
dai campionamenti effettuati nel mar dei Sargassi. Nel marzo 2007 è stata la volta della rivista
scientifica online PLoS Biology,6 che ha dedicato un intero numero alla pubblicazione dei risultati
della prima metà del viaggio del Sorcerer II. Il numero di PLoS Biology era composto da due
articoli scientifici (Yooseph et al. 2007 e Rusch et al. 2007) oltre a un editoriale, un articolo sul
database utilizzato per storare i dati raccolti dal Sorcerer II (Seshadri et al. 2007) e diverse sinossi e
articoli di commento (Parthasarathy et al. 2007, Rai e Boyle 2007, Gross 2007, Nicholls 2007).
Dopo un anno di viaggio erano state analizzate 6,5 milioni di sequenze raccolte filtrando l’acqua di
oceani, laghi e foci dei fiumi dalla costa atlantica del Canada sino alle isole della Polinesia francese,
nel Pacifico del Sud. Frammentando, leggendo e ricomponendo i frammenti di Dna accumulati, è
stato possibile vagliare 6,3 miliardi di paia di basi, il doppio di quelle del genoma umano. I
ricercatori si sono concentrati anche sulla diversità proteomica, stimando in oltre 6 milioni le
proteine codificate dalle sequenze raccolte: circa il doppio di quelle conosciute. Di queste, circa la
6 Una rivista del gruppo Public Library of Science, portabandiera della scienza Open Access. Vedi il capitolo 11
metà è stata ricondotta a famiglie di proteine già note. Una grande ricchezza funzionale, che è
servita a ricostruire una mappa ecologica della biodiversità batterica, anche in relazione alle
condizioni ambientali dei luoghi di raccolta. Per esempio, i flagelli e i pili, le estensioni usate per
spostarsi e per scambiare materiale genetico, sembrano essere molto meno frequenti in ambiente
marino. La diversità proteica è stata analizzata più in profondità nel caso delle chinasi, enzimi ben
conosciuti negli eucarioti, ma non nei batteri. Ne sono state identificate 45.000, divise in venti
famiglie. Secondo i nuovi dati, questa importante classe di proteine, che ha un ruolo fondamentale
nella regolazione dei meccanismi endocellulari, sarebbe dunque molto più vasta di quanto creduto
in passato. I dati raccolti costituiscono il più grande database metagenomico mai realizzato e sono
stati pubblicati in un apposito database open access, CAMERA o Community Cyberinfrastructure
for Advanced Marine Microbial Ecology Research and Analysis.7
Secondo le dichiarazioni di Craig Venter, i «geni» raccolti e catalogati durante la Global Ocean
Sampling expedition serviranno per fornire all’organismo minimo, il microrganismo artificiale che
il Venter Institute sta cercando di produrre, le capacità di svolgere specifici compiti metabolici. Per
esempio, produrre idrogeno o risolvere il problema dell’inquinamento. Per farlo, Craig Venter conta
di produrre un microrganismo (il Mycoplasma Laboratorium) che contenga solo i geni
indispensabili alla sua sopravvivenza in ambiente artificiale. Nel suo dna si potranno poi inserire,
tramite tecniche di ingegneria genetica, le sequenze genetiche desiderate; a questo punto il batterio
potrebbe essere coltivato su larga scala e utilizzato per rispondere ai compiti metabolici
assegnatigli.
7 http://camera.calit2.net
7. La comunicazione: obiettivi espliciti e rapporti con i media
La spedizione del Sorcerer II è stata accompagnata da un grande sforzo di comunicazione al
pubblico generico tramite diversi tipi di mass media. Nell’analizzarne gli aspetti legati alla
comunicazione ai non-esperti, che esulano dunque dai meccanismi classici della diffusione dei dati
scientifici all’interno della comunità dei biologi (pubblicazione su riviste peer-reviewed o su archivi
online, presentazione dei risultati scientifici a convegni e seminari), ci siamo concentrati sui casi in
cui il rapporto tra Venter Institute e media è stato diretto, oppure in cui abbiamo potuto ricostruire o
utilizzare direttamente i prodotti comunicativi del Venter Institute o gli interventi pubblici dello
stesso Craig Venter. In alcuni di questi casi si è trattato di tipologie di comunicazione utilizzate da
buona parte dei progetti di ricerca contemporanei, come conferenze stampa o lanci di press release
da parte delle strutture comunicative interne del Venter Institute. In altri casi, la forma di
interazione con i media generalisti è stata invece originale, come nel caso del documentario girato
da Discovery Channel a bordo del Sorcerer II o della partecipazione di Craig Venter a trasmissioni
televisive o a convegni non scientifici. Oltre a dedicarci all’analisi del linguaggio utilizzato da Craig
Venter abbiamo dunque mappato questi rapporti tra Craig Venter e mass media, ricostruendone
anche lo sviluppo diacronico.
Venter Institute e Global Ocean Sampling expedition hanno degli obiettivi comunicativi espliciti,
dichiarati: il Venter Institute infatti, secondo quanto viene dichiarato nel suo sito Internet, «si dedica
all’avanzamento scientifico della genomica, allo studio delle sue implicazioni sociali, alla
comunicazione a comunità scientifica, pubblico e policymaker».8 In questo elenco di obiettivi si può
notare immediatamente la volontà di dare pari dignità alle pratiche scientifiche vere e proprie e ad
attività che esulano dai processi strettamente scientifici. Oltre allo studio delle implicazioni sociali
8 www.jcvi.org
delle ricerche, si prende in considerazione la comunicazione. Comunicazione che non si limita a
dirigersi verso la comunità scientifica, come avviene per tutte le attività di ricerca che non siano
condotte a fini privati, ma che include pubblico generico e policymakers. Così, da queste poche
righe emerge chiaramente la volontà di proporsi come istituzione di ricerca che sa uscire dalla torre
d’avorio per rivolgersi non solo agli interlocutori istituzionali ma anche ai cittadini. Per quanto
riguarda in particolare la Global Ocean Sampling expedition, lo stesso sito riporta una dichiarazione
più lunga ed articolata che tocca gli stessi temi, esplicitando i soggetti cui si rivolge parte della
comunicazione pubblica effettuata dal Venter Institute nel caso del Sorcerer II:
«L’educazione pubblica sulla spedizione, i suoi risultati e la genomica ambientale è una
componente importante della spedizione del Sorcerer II. È stato lanciato anche un sito
interattivo, www.sorcerer2expedition.org, per fa sì che insegnanti, studenti, bambini e genitori
possano seguire il progresso della spedizione. Oltre alle conferenze pubbliche in vari paesi, la
spedizione è stata filmata come parte di un documentario di Discovery Channel».9
In questo caso, si sottolineano le possibilità educative offerte dal sito ufficiale della nave, invitando
anche gli insegnanti e i genitori a usarne le risorse. Oltre agli obiettivi educativi, tuttavia, persiste la
volontà di rivolgersi a un pubblico ampio, generico, tramite il documentario e le occasioni di
presentazione al pubblico che dovrebbero tenersi in alcuni dei paesi toccati dal viaggio del Sorcerer
II. Anche la Global Ocean Sampling expedition, in definitiva, dichiara di mettere tra i suoi obiettivi
la comunicazione dei suoi risultati e delle sue caratteristiche scientifiche a un pubblico generico di
non-esperti, esterni alla comunità scientifica.
Indagando la comunicazione pubblica prodotta direttamente dal Venter Institute, nel caso del
Sorcerer II si possono rinvenire alcuni tratti indicativi di una tipologia di comunicazione pubblica
della scienza affatto differente da quella indicata dagli obiettivi espliciti del Venter Institute. Il sito
Internet dedicato alla spedizione, per esempio, contiene un tracker che permette agli utenti di
seguire il percorso della nave, aggiornando sulla sua posizione corrente e con il sottofondo del
rumore delle onde degli oceani. Inoltre permette di scorrere le fotografie dei luoghi toccati dalla
spedizione, quasi un documentario per immagini che lo rende un sito molto piacevole da visitare.
Anche se la presenza di alcune pagine interattive che spiegano la scienza che sta alla base delle
tecniche shotgun sviluppate da Venter per sequenziare il genoma umano risponde alla domanda di
educazione pubblica rispetto alla genomica e ai suoi risultati, il resto del sito svela infatti altri
obiettivi comunicativi. In particolare, il sito veicola alcune immagini della scienza che si ritrovano
9 www.jcvi.org
in tutta la narrazione intorno al Sorcerer II. Una delle frasi a effetto che accompagnano le immagini
è una citazione di Khalil Gilbran: «In una goccia d’acqua si trovano tutti i segreti degli oceani». È il
tema conduttore del sito, che affida soprattutto alle immagini il compito di costruire una
rappresentazione della GOS expedition come viaggio di scoperta dell’ignoto, di nuovi mondi. Si
tratta della prima, e più ricorrente, immagine del viaggio del Sorcerer II come riedizione dei grandi
viaggi sugli oceani portati a termine da scienziati ottocenteschi, sopra a tutti quello di Charles
Darwin a bordo del Beagle e la spedizione del Challenger. La presentazione della GOS expedition
si apre proprio tracciando esplicitamente questo parallelo, che esamineremo più avanti nel dettaglio:
«Una spedizione scientifica di scoperta ispirata ai viaggi di Darwin sul H.M.S. Beagle e del
capitano George Nares sul H.M.S. Challenger, avvenuti nel diciannovesimo secolo. Seguendo le
loro orme, il Sorcerer II ha circumnavigato il globo per più di due anni, viaggiando per circa
32.000 miglia nautiche, visitando 23 paesi diversi e arcipelaghi in quattro continenti.»10
Questo legame con Charles Darwin, oltre ad accompagnare tutta la vicenda del Sorcerer, viene
utilizzato più volte da Craig Venter anche come frame all’interno del quale far ricadere le sue
proposte scientifiche (oltre che come quadro di riferimento geografico per tracciare la rotta della
nave, che ha toccato alcune delle località simboliche del viaggio darwiniano, come l’arcipelago
delle Galapagos).
4 marzo 2004: al Venter Institute è il giorno della conferenza stampa di presentazione dello
studio preliminare pubblicato sul numero di Science di quella settimana, che descrive la prima
ondata di dati relativi ai campionamenti effettuati nel Mar dei Sargassi nel 2003. Per i giornalisti
accreditati la conferenza si svolge anche online. Il giorno dopo la notizia viene riportata dai giornali
di tutto il mondo. Durante la conferenza stampa, Craig Venter annuncia che in quel momento il suo
Sorcerer II, riconvertito in una nave da ricerca, si trova alle isole Galapagos dove sta continuando la
raccolta di genomi batterici marini. È anche grazie a questo particolare che i giornali possono
sottolineare la correlazione tra il viaggio di Venter e quello di Charles Darwin, del quale le
Galapagos sono il simbolo anche presso il grande pubblico. Infatti, grazie alla loro ricchezza di
biodiversità e alla segregazione che si è verificata nelle diverse isole le specie animali delle
Galapagos sono annoverate tra le fonti principali di ispirazione per Darwin, quella ispirazione che
lo ha portato a individuare i meccanismi della selezione naturale. Craig Venter non si dimentica di
sottolineare direttamente il legame tra il viaggio del Sorcerer II e quello del Beagle, il brigantino
con cui Charles Darwin circumnavigò il mondo.
10 J. Craig Venter Institute, op. cit.
Del resto, oltre ai progetti di comunicazione sviluppati all’interno del Venter Institute, il Sorcerer
II ha mantenuto stretti rapporti con il mondo della comunicazione, spesso diretti, e ne ha ottenuto
una visibilità notevole: i principali giornali del mondo se ne sono occupati più volte (a partire da
New York Times ed Economist). Così, i giornali di quei giorni riportano la similitudine con il Beagle
in modo preciso.11,12 James Shreeve, giornalista di Wired e biografo di Craig Venter, che in Genome
War (2004) aveva raccontato la storia del sequenziamento del genoma umano a opera della Celera
di Venter, è salito a bordo del Sorcerer II. Il risultato è un lungo articolo pubblicato come cover
story sul numero di Wired dell’agosto 2004.
Ma a bordo della nave di Venter è salita anche una troupe di Discovery Channel, il canale
televisivo via cavo e satellite completamente dedicato a scienza e ambiente. Oltre a finanziare il
Venter Institute, Discovery ha prodotto un documentario sull’impresa del Sorcerer II, intitolato
Cracking the Ocean Code (crackare il codice dell’oceano).13 La partecipazione di Discovery
Channel rientrava nel suo programma «Discovery Quest», un’iniziativa di finanziamento della
«nuova generazione di scoperte scientifiche», come recita il sito del canale televisivo. Si tratta di
finanziare «ricercatori ed esploratori» (e nel caso di Venter le due figure si sovrappongono)
all’avanguardia. Le loro imprese devono essere raccontate on line o via televisione in modo da
«catturare la fatica, il genio, gli ostacoli e l’allegrezza che sono la linfa vitale della ricerca della
conoscenza. […] Discovery Channel Quest è pensato per catturare momenti di rivelazione talmente
irresistibili da promettere di cambiare la scienza, confondere gli storici ed elettrizzare gli
spettatori».14 Esempi di ricerche finanziate e documentate da Discovery Channel Quest sono lo
studio subacqueo dei resti della corazzata tedesca Bismarck, affondata durante la seconda guerra
mondiale, oppure la ricerca sul campo per la produzione di modelli per predire gli tsunami
nell’Oceano indiano.
Anche scorrendo i nomi degli scienziati che fanno parte del board scientifico esterno della
Global Ocean Sampling Expedition, garante «del più alto livello di scientificità» della spedizione, si
trova una persona particolarmente interessante dal punto di vista della comunicazione pubblica:
Edward O. Wilson della Harvard University, il noto evoluzionista e sociobiologo, scienziato
«visibile» per eccellenza e dotato di grandi doti comunicative, che non mancherà, come vedremo, di
partecipare alla costruzione dell’immagine pubblica della vicenda del Sorcerer II.15
Nel marzo del 2007, infine, in occasione della pubblicazione su PLoS Biology dei tre paper
risultati dalla prima parte del viaggio del Sorcerer II i principali giornali del mondo si occupano
11 Pollack A., «Groundbreaking Gene Scientist Is Taking His Craft to the Oceans», New York Times, 5 marzo 200712 «Venter takes a shot at the sea», Economist, 5 marzo 200413 Conover, D., Cracking the Ocean Code (DVD), Discovery Channel, 200514 www.discovery.com15 www.jcvi.org
ancora della vicenda: su tutti, New York Times ed Economist. Del resto, uno dei motivi del
«successo» comunicativo della Global Ocean Sampling expedition sta proprio nella sua capacità di
accendere immagini della scienza spettacolari e di intercettare alcune rappresentazioni del mestiere
dello scienziato che attraversano da sempre gli immaginari popolari. In questo senso il Sorcerer II
può essere definito una «miniera di immaginari» che mette a disposizione dei giornalisti e degli altri
comunicatori temi come il viaggio, la scoperta, Darwin, la vita artificiale, il salvataggio del mondo.
8. Le immagini dell’esploratore
Il primo dei filoni che abbiamo rilevato nelle immagini della scienza proposte dal Sorcerer II è
quello che propone la figura dello scienziato vittoriano, che svolge attività di ricerca al di fuori del
laboratorio e dell’accademia. La sua è un’impresa che si svolge all’interno della natura, un’impresa
di scoperta della grandezza e dello spettacolo del creato, che coincide con l’esplorazione del mondo
e lo spostamento dei confini della conoscenza umana. La sua dedizione alla ricerca è totale e i suoi
obiettivi non sono economici o sociali, ma solo scientifici. Naturalmente quella dell’esplorazione è
una figura ricorrente all’interno della scienza moderna: basti pensare alle spedizioni nello spazio, a
partire da quella dello Sputnik, che si proponevano apertamente di allargare i confini della Terra e
produrre risultati scientifici e tecnologici che avrebbero cambiato il volto del mondo e i destini
dell’umanità.
Il Venter Institute però, nella scelta dei riferimenti storici cui ancorare la spedizione del Sorcerer
II, decide di usare due esempi di circumnavigazioni del globo, avventurose e di grande valenza
scientifica, oltre che (perlomeno la prima) molto note presso il grande pubblico. Il primo
riferimento è a Charles Darwin e al suo viaggio attorno al mondo a bordo dell’HMS Beagle il
brigantino britannico che dal 1831 al 1836 lo porta nei luoghi che gli ispireranno la teoria
dell’origine delle specie. Allo stesso modo, quella del Sorcerer II diventa un’avventura scientifica
che si mescola con l’esplorazione di nuovi mondi e che ha le potenzialità per raggiungere obiettivi
groundbreaking, rivoluzionari, anche se durante la fase di ricerca essi possono essere ancora oscuri.
Può riscrivere la scienza, come fece Darwin, o dare un contributo di dimensioni inimmaginabili,
come nel caso della spedizione oceanografica del Challenger. Nell’ambito della pubblicazione degli
articoli su PLoS Biology, per esempio, il Sorcerer II non viene paragonato solo al Beagle ma anche
alla spedizione del Challenger, una spedizione oceanografica che tra il 1872 e il 1876 ha
circumnavigato il globo, fermandosi ogni 200 miglia per sondare le acque marine alla ricerca di
organismi sconosciuti, esattamente come il Sorcerer II, e arrivando a raccogliere 5.000 nuove specie
marine accoppiate, per ogni campionamento, con i dati relativi a localizzazione, profondità, e
condizioni dell’atmosfera e dell’acqua (Gross 2007). Tuttavia, nel caso del Sorcerer II l’oggetto di
ricerca, ovviamente, non sono le specie viventi visibili ma il mondo microscopico dei batteri e,
soprattutto, dei loro geni. O per essere più precisi, l’informazione contenuta nei loro genomi. Queste
immagini ricorrono in tutte le narrazioni della spedizione di Venter, a partire dalla scelta della rotta,
dalla decisione di dedicare un’attenzione particolare alle isole Galapagos, e per esempio dalla
presentazione fatta dal Venter Institute, che racconta come è nata l’idea del viaggio attorno al
mondo:
«Gli obiettivi scientifici e le idee [che sono alla base della spedizione del Sorcerer II, ndr] sono
nate dal sequenziamento e dall’analisi di Methanococcus jannaschii da parte del dottor Craig
Venter e del suo team di ricerca, dopo che l’organismo era stato isolato da una fonte di calore
sottomarina nell’Oceano Pacifico. M. jannaschii fa parte del dominio degli Archaea ed è
conosciuto anche come autotrofo, dato che soddisfa tutti i suoi bisogni per la sopravvivenza
usando anidride carbonica, azoto e idrogeno presenti nell’acqua. Ciò ha stimolato l’idea del
dottor Craig Venter secondo la quale negli oceani c’è un mondo sconosciuto e mai esplorato che
potrebbe essere vitale per comprendere meglio la diversità del pianeta, così come per risolvere
potenzialmente alcuni dei crescenti problemi ambientali del pianeta, come il cambiamento
climatico».16
Allo stesso modo, tutti i resoconti giornalistici della Global Ocean Sampling expedition
sottolineano ripetutamente il parallelo con il viaggio darwiniano, come accade in questo passaggio
del reportage scritto da James Shreeve per Wired:
«Giocava a fare Dio, ora gioca a fare Darwin e vuole raccogliere il DNA di qualunque essere del
pianeta».17
Nel documentario di Discovery Channel emergono in modo particolarmente intenso le immagini
dell’esploratore di nuovi mondi. Craig Venter, vestito da esploratore con un cappello a tesa larga
consulta una mappa prima di salire sulla cima di una montagna in un’isola tropicale, alle sue spalle
l’oceano. Si prepara all’immersione, in tenuta da sub, e si tuffa nelle acque dell’Isola del Cocco
16 J. Craig Venter Institute, op. cit.17 Shreeve, J., op. cit.
dicendo: «è la prima volta che nuoto con gli squali». Mentre si immerge per campionare
direttamente le fonti sulfuree attorno alle quali vivono batteri marini con interessanti capacità di
utilizzare lo zolfo nei loro processi metabolici, la voce narrante dice: «Succedono strane cose che
provengono dal profondo della Terra, e Craig Venter è qui per indagare».18 Infine, alla costruzione
dell’immagine di Craig Venter come nuovo Darwin ed esploratore che si dà obiettivi immensi,
contribuisce anche Edward O. Wilson, che fa parte del board scientifico della GOS expedition.
Wilson dichiara a Wired che
«stiamo parlando di un mondo sconosciuto di importanza enorme. Venter è uno dei primi che
hanno preso sul serio l’esplorazione di questo mondo nella sua totalità. Questo tipo pensa in
grande e agisce di conseguenza».19
Venter, per di più, si propone non solo come il continuatore del lavoro di Darwin ma come il suo
superatore. Alle immagini del Sorcerer II in navigazione, nelle acque agitate di una tempesta
nell’oceano o al riparo di una baia in un’isola tropicale, si sovrappongono quelle che ritraggono
Venter e gli altri biologi del Venter Institute alle prese con le moderne biotecnologie. Si soffermano
anche sulla facciata del Venter Institute di Rockville, che è costituita da rettangoli di vetro colorati,
che ricordano le immagini con cui i computer al suo interno rappresentano la disposizione delle basi
azotate sulle sequenze genomiche analizzate. Sono gli strumenti tecnici a sua disposizione e la sua
particolare visione del mondo naturale a permettere a Craig Venter di dichiarare di voler andare
oltre Charles Darwin:
«da questo studio potremo estrapolare dati su tutta la vita. Ciò metterà in un contesto tutto quello
che Darwin si è lasciato sfuggire».20
L’impresa di Venter, infatti, possiede gli strumenti per scoprire «tutte le forme di vita del pianeta. E
il suo viaggio è appena cominciato».21
«Sull’isola di Floriana, il giorno del compleanno di Darwin, Craig Venter riflette sulla sua tappa
alle Galapagos: ‘basiamo il nostro mondo, e anche Darwin vi basava il suo, sull’esperienza
visiva. Ora abbiamo questi nuovi strumenti, ma continuiamo a fare biologia osservazionale’,
18 Conover, D., op. cit.19 Shreeve, J., op. cit.20 Ivi21 Conover, D., op. cit.
anche se il Sorcerer II ha trovato ‘più specie in un’area di campionamento di quelle che il
Challenger ha trovato nei suoi quattro anni di viaggio’.»22
Così, mentre Venter si tuffa nelle acque delle Galapagos e si avvicina a un’iguana, la voce fuori
campo recita:
«ora Craig Venter visita questo ecosistema nuotando insieme ai soggetti di Darwin e
raccogliendo vita che per gli strumenti degli anni trenta dell�fottocento era invisibile».23
Nel lungo reportage scritto da James Shreeve per Wired, a partire dal titolo si mette in evidenza la
principale immagine che accompagnerà tutta la narrazione: «L’epico viaggio di Craig Venter per
ridefinire l’origine delle specie»,24 una citazione esplicita dell’opera principale di Charles Darwin,
opera fondamentale della storia della teoria dell’evoluzione e uno dei libri più importanti della
scienza moderna. Del resto Craig Venter non si limita a ritagliarsi un ruolo tecnico, di ricercatore
che accumula dati ed effettua esperimenti, ma avanza anche una proposta teorica che entra nel
dibattito sui meccanismi dell’evoluzione, che gli permette di aggiungere alla sua superiorità
tecnologica una visione teorica più complessiva che metta il genoma al centro dei meccanismi
dell’evoluzione:
«questi geni sono i costituenti dell’evoluzione, noi crediamo non tanto in una visione gene-
centrica, che forse risale alle idee di Richard Dawkins, quanto in una genoma-centrica, che è un
costrutto differente di questi componenti genetici».25
E arriva a paragonarsi a Galileo Galilei, costruendo un’analogia tra l’astronomia e il suo lavoro di
biotecnologo:
«Galileo poteva guardare nel suo telescopio e fare inferenze sulla natura dell’universo basandosi
sul movimento delle stelle e dei pianeti che osservava. Ma è solo quando abbiamo compreso la
vera immensità dello spazio e l’abbiamo potuta misurare in relazione alla velocità della luce, che
siamo riusciti a tornare indietro nel tempo fino alle origini dell’universo. Potendo comparare
intere galassie di geni, dice Venter, forse saremo in grado di risalire indietro nel tempo fino a
22 Ivi23 Ivi24 Shreeve, J., op. cit.25 Talk alla conferenza TED 2005 – Technology, Entertainment, Design
comprendere le origini della vita».
Questa volontà di superare Darwin emerge anche dalle pubblicazioni scientifiche, come quelle di
Science e di PLoS Biology. La seconda rivista, in particolare, negli articoli di commento che
affianca ai paper scientifici insiste in modo particolarmente intenso ed esplicito sull’eredità di
Darwin. Una delle immagini che accompagnano il numero sul Sorcerer II ritrae Craig Venter alle
Galapagos, in posa di fianco alla Estación cientifica Charles Darwin. Ma nell’articolo di Henry
Nicholls si legge che
«proprio come il lavoro di Darwin ha portato a un cambiamento nel nostro modo di vedere il
mondo, Venter sta sperando che negli anni a venire questi dati marini faranno lo stesso».26
I suoi obiettivi sono quindi di grande portata, anche se i metodi per raggiungerli non sono esplicitati
o, addirittura, sono palesemente ignoti. Per esempio, «Craig Venter sta cominciando a chiedersi se il
cibo che mangiamo e l’aria che respiriamo possano non provenire dal luogo da cui crediamo che
provengano»,27 e si è imbarcato in «un viaggio globale di scoperta, che potrebbe avere effetti su di
voi e sul distributore di carburante del vostro quartiere», come recita la voce narrante del
documentario di Discovery Channel mentre le inquadrature passano dall’oceano a un distributore
della Shell in cui sta arrivando Venter alla guida di un’auto alimentata a idrogeno, per fare
rifornimento di energia pulita e gratuita.28 Gli obiettivi vaghi ma ambiziosi (e naturalmente ben
centrati su alcuni dei principali problemi di portata globale che affligono il nostro tempo) di Venter
potrebbero essere riassunti in questa frase, pronunciata alla conferenza TED nel 2005:
«Le future specie ingegnerizzate potrebbero essere fonte di cibo, auspicabilmente una fonte di
energia, rimedi ambientali e forse potrebbero sostituire l’industria petrolchimica.»29
26 Nicholls H., «Sorcerer II: The Search for Microbial Diversity Roils the Waters», PLoS Biology, vol. 5(3), marzo 200727 Conover, D., op. cit.28 Ivi29 Talk alla conferenza TED 2005 – Technology, Entertainment, Design
9. L’altra faccia: l’hacker
Nelle narrazioni sul Sorcerer II emerge un’altra immagine di Venter, che si mantiene sempre in
bilico tra (almeno) due figure o tipologie diverse di scienziato. Parallelamente all’immagine dello
scienziato esploratore, condensata nella figura di Charles Darwin, Craig Venter propone infatti
quella dello scienziato free lance, postmoderno, esterno all’accademia ma anche alla big science
industriale. Anche questo scienziato è, a modo suo, un esploratore di nuovi mondi. Anche lui si
propone come ricercatore individuale, la cui attività di ricerca della conoscenza è indipendente dal
rapporto con le istituzioni della scienza «ufficiale». Venter, come ha saputo dimostrare nel caso
della corsa al genoma umano, sa muoversi in modo indipendente all’interno dei processi di
mutamento che hanno coinvolto la ricerca, trasformandola in un’entità differente da quella che nel
secondo dopoguerra rispondeva alla descrizione fatta da Vannevar Bush in Science: The Endless
Frontier (2005). Ha infatti un rapporto smaliziato con i capitali, con la comunicazione, con gli altri
ricercatori e con l’industria.
In particolare, nel caso del Sorcerer possiamo dare un nome all’immagine dello scienziato free
lance costruita da Craig Venter: l’hacker: un esploratore e scopritore di codici, appunto, di segreti
custoditi in linguaggi codificati che possono rivelarsi utili, meravigliosi, sorprendenti. A guidare
l’hacker sono la curiosità e la libertà. La sua voglia di conoscenza e di autogestione del proprio
lavoro fa sì che il divertimento sia una componente importante delle sue attività, mentre ai suoi
occhi la burocrazia e le istituzioni assumono un’immagine negativa. Ma come ha insegnato la storia
recente, l’hacker ha anche un mercato di riferimento. La rivoluzione informatica è fatta di giovani
creativi, esploratori della rete o dei codici software, ma anche di venture capitalist e di milioni di
dollari scambiati in borsa o usati per finanziare una singola idea nata in un garage, di piccole idee
che diventano prodotti industriali intercettando i bisogni sociali e creandone di nuovi. Il titolo e
l’introduzione del documentario sul viaggio del Sorcerer II possono essere presi a esempio di questa
immagine dello scienziato:
«Ben lontano dalla pensione, Craig Venter non ha ancora finito. Con i nuovi strumenti della sua
cassetta degli attrezzi scientifica, ora si è messo dalla parte della salute del pianeta, e cerca la
chiave per affrontare il problema dell’energia pulita e le sfide del clima. La sua nuova
destinazione è il mare. Nello spirito del viaggio di esplorazione di Charles Darwin, Craig Venter
sta attraversando in lungo e in largo il pianeta a bordo del suo Sorcerer II alla ricerca della sua
grande innovazione scientifica. Imbarcandosi nel suo tentativo di cambiare il futuro del nostro
pianeta crackando il codice dell’oceano».30
Si tratta di saldare due dei binari su cui si muove il discorso pubblico di Venter: salvare il mondo e
farlo «crackando» un codice. Nel gergo informatico «crackare» significa svelare un codice criptato:
è cioè che fanno i pirati informatici, gli hacker cattivi (i «cracker» appunto), quando violano
illegalmente l’accesso a un sito o a un database, per esempio. E naturalmente l’abilità degli hacker
si basa sulla loro capacità di gestire e manipolare l’informazione. I dati di un codice informatico che
hanno a disposizione sono quelli che permettono loro di affrontare e risolvere un problema. Anche
Craig Venter, proprio come un hacker, è alla ricerca di un codice che deve essere svelato, anche se
non sa quale sarà il suo utilizzo immediato. A volte, come nel caso di alcuni dei miti fondativi del
mondo hacker, non c’è bisogno di trovare un’applicazione per i codici decrittati. Lo scopo della sua
ricerca è il codice di per se stesso, la possibilità di soddisfare una curiosità. Capitan Crunch, per
esempio, è stato uno dei primi hacker in grado di penetrare nella rete telefonica americana, il più
complesso sistema ingegneristico del tempo, ed è tuttora una figura leggendaria dell’iconografia
hacker. John Draper, questo era il suo vero nome, non agiva per denaro ma per la smania di
conoscenza dei codici che gestivano la rete telefonica. Codici che svelava a tutti, insieme ai trucchi
per utilizzarli, il che gli causò non pochi problemi con la legge. Ma la smania di conoscenza
disinteressata di Capitan Crunch diede il via anche alla carriera di due hacker che sarebbero
diventati presto industriali e miliardari: «i due Steve», Wozniak e Jobs, i boss della Apple che
cominciarono la loro avventura nel mondo dell’informatica vendendo le «blue box» di Crunch agli
studenti di Berkeley, che le usavano per effettuare chiamate gratuite in tutti gli Usa.
Steven Levy, nel suo classico Hackers. Gli eroi della rivoluzione informatica (1984) tratteggia
un ritratto dell’hacker come scopritore, rivoluzionario guidato appunto dalla curiosità e allergico
alla burocrazia e alle gerarchie. Si tratta di
30 Conover, D., op. cit.
«un nuovo genere di eroe, uno che avrebbe combattuto con il cervello, non con i muscoli, uno
che avrebbe rappresentato la volontà dell’America di restare in testa davanti al resto del mondo
nella guerra per la supremazia tecnologica: l’hacker».
Allo stesso tempo, l’hacker ha un profondo odio per le restrizioni sul codice: non sopporta i divieti
che gli impediscono di accedere alle informazioni che compongono le istruzioni di un programma,
per esempio. Le motivazioni di questo atteggiamento, che porterà gli hacker a essere tuttora tra i più
strenui oppositori della proprietà intellettuale (non solo sul software), sono politiche e tecniche allo
stesso tempo. E hanno a che fare con l’identità e la curiosità. Levy lo sottolinea in diversi passaggi
della sua storia degli hacker. In questo passaggio, viene messo in evidenza il rapporto con il codice
e con gli ostacoli che impediscono a un hacker di metterci le mani, appropriersene in senso
intellettuale:
«Per gli hacker, il programma era un’entità organica con una vita indipendente da quella del suo
autore. Chiunque potesse contribuire al miglioramento di quell’organismo in linguaggio-
macchina doveva essere considerato il benvenuto. Se ci si fosse accorti che i missili di Treshold
erano troppo lenti, doveva essere permesso di leggere il codice, entrare in profondità nel sistema
per migliorarlo. La protezione della copia era simile a un dittatore che neghi l’accesso a una
cassaforte contenente virtuosismi in linguaggio-macchina... cose di cui c’era disperatamente
bisogno per migliorare i programmi, la vita e il mondo in genere. […] Ovviamente, sconfiggere
la protezione stupida e fascista della copia era ritenuto un principio sacro e, per di più, occasione
per divertirsi un sacco.»
Tornando al Sorcerer II si può sottolineare come alcune di queste immagini ricorrano anche per la
scienza di Craig Venter. Il logo usato da PLoS Biology per i paper appartenenti alla serie dedicata
alla Global Ocean Sampling expedition fa parte di questa immagine dello scienziato come
scopritore di codici: una barca a vela naviga su un mare di lettere: A, T, C, G, le iniziali delle
quattro basi azotate che compongono il codice universale del dna: adenina, timina, citosina e
guanina. L’informazione è un obiettivo di per se stessa, un’avventura da vivere, ma come abbiamo
sottolineato, è anche destinata a salvare il mondo. Fermare chi sta cercando di migliorarne la
comprensione o sta agendo direttamente sui suoi meccanismi – con potenzialità infinite – è un
dittatore. Questo atteggiamento torna in diversi momenti del viaggio del Sorcerer, che vedremo più
nel dettaglio. Di certo, gli accenti sull’importanza della «nuda» informazione e sulla necessità di
fare scienza divertendosi sono topic che tornano spesso anche per il Sorcerer. Venter da parte sua
non manca di sottolineare l’aspetto ludico della scienza, ma anche di ribadirne il collegamento con
l’informatica:
«Abbiamo sequenziato il Mycoplasma genitalium e portavamo una maglietta con scritto ‘mi
sono fatto male al genitalium’. Ma in realtà non è che un microrganismo. […] Ci serve
sapere qual è il suo sistema operativo».31
«Abbiamo trovato 20.000 nuove proteine che in un modo o nell’altro metabolizzano idrogeno.
20.000!».32
Per continuare nel parallelo tra l’hacker e la figura di scienziato proposta da Venter, è necessario
concentrarsi anche sul ruolo dell’informazione e del sapere inseguiti da entrambi. Nella sua storia
degli hacker Steven Levy sottolinea anche come la loro sete di conoscenza coincidesse con una sete
di potere cui possiamo ricondurre anche il caso di Craig Venter:
«L’inclinazione antiburocratica coincideva perfettamente con la personalità di gran parte degli
hacker che, sin dall’infanzia, erano stati a costruire progetti scientifici [...] provando la
sensazione, come dice Peter Samson, ‘d’aver aperto la porta e di cominciare a camminare in
quest’immenso e nuovo universo...’ Una volta attraversata quella soglia e sedutisi dietro la
consolle di un computer da un milione di dollari, gli hacker avevano il potere. Così diventava
naturale dubitare di qualsiasi forza che potesse limitare la misura di quel potere.»
Anche per Craig Venter il codice genetico è di per se stesso «fonte di potere»,33 come sottolinea egli
stesso, che gli permetterà, per esempio, di «produrre idrogeno e ristabilire il bilancio del carbonio»
globale.
Inoltre, nelle narrazioni sul Sorcerer II, come abbiamo detto, gli scienziati mescolano al piacere
della scoperta e della conoscenza il piacere della vita e della libertà, un classico ingrediente dello
stile di vita – e della forza di innovatore – dell’hacker. Alcuni ricercatori critici nei confronti di
Craig Venter, per esempio, gli ricordano che avrebbe dovuto usare una vera nave da ricerca, e non
la sua barca a vela progettata per essere una nave da diporto. Ma alla conferenza stampa del 4
marzo 2004 Venter risponde di voler «combinare lavoro e piacere», sottolineando: «Raggiungerò
31 Talk alla conferenza TED 2005 – Technology, Entertainment, Design32 Conover, D., op. cit.33 Ivi
prestissimo la nave per fare rotta verso la Polinesia Francese. È un duro compito».34 Anche in
occasione dell’uscita su PLoS Biology della seconda parte delle ricerche della Global Ocean
Sampling expedition, Venter riesce a ribadire la sua immagine di scienziato che si gode la vita. Lo
ribadisce anche il sottotitolo dell’articolo dedicatogli dall’Economist del 15 marzo 2007: «Le
vacanze del dott. Venter».35 Del resto, la spedizione del Sorcerer II non parte da Halifax in Nova
Scozia solo perché quello è il luogo da cui è passato il Challenger nel 1873, ma anche perché
Venter «non ha mai navigato così a nord e voleva vedere com’era».36 Anche i collaboratori che
lavorano sul Sorcerer II non dimenticano di sottolineare come la loro sia una spedizione scientifica,
ma anche un’occasione per divertirsi e liberarsi dalle pastoie rappresentate dalla vita all’interno dei
laboratori accademici o industriali. Il giovane biologo di bordo Jeff Hoffman (alias «Science Boy»,
come annota Shreeve), «scrive note personali sulle etichette dei campioni in partenza per il Venter
Institute, come ‘mandate burritos’ o ‘siamo senza Jack Daniels’ o ‘le donne di Panama sono
sexy’».37 Shreeve, nel suo reportage pubblicato da Wired, dichiara di essere già stato a bordo del
Sorcerer II nel 2002. Quando vi fa ritorno, nel 2004, si reca nella Polinesia Francese per inseguire
una frase pronunciata da Venter, che riassume due tra le principali caratteristiche della spedizione:
la ricerca, il disvelamento di un codice e il divertimento, il piacere.
«Qualche giorno dopo stavamo parlando di come avrei potuto raggiungerlo per una parte del
viaggio nella Polinesia Francese. ‘Ho questa idea di cercare di catalogare tutti i geni del pianeta’,
disse, proprio così. Non ero certo di quello che significasse – com’è possibile trovare tutti i geni
del pianeta? Come usare tutto il materiale grezzo quando nei database genetici del mondo c’è già
più informazione di quanta nessuno sappia usare? Ma non ero mai stato nel Pacifico meridionale,
e i nomi dei posti dove la nave aveva programmato i suoi campionamenti – Hiva Oa, Takapoto,
Fakarava – suonavano come il tintinnare di conchiglie. Ho pensato che fosse ora di riprendere i
contatti.»38
L’immagine di Craig Venter come innovatore di portata globale, visionario portatore di idee che
plasmeranno il nostro futuro che abbiamo riassunto nella figura dell’hacker può essere ricondotta
del resto a quella dell’imprenditore di Schumpeter, un singolo individuo, mosso da fini privati e
personali, che introduce nuovi prodotti e innovazioni tecnologiche o nelle modalità di produzione,
aprendo nuovi mercati e proponendosi come motore della società. Il suo operato trasforma
34 Pollack A., op. cit.35 «Sorcerer’s apprenticeship. What Dr Venter did on his holidays», Economist, 15 marzo 200736 Shreeve, J., op. cit.37 Ivi38 Ivi
l’economia «statica», in cui i prodotti scambiati sono sempre gli stessi, in un’economia «dinamica»
caratterizzata appunto dall’innovazione. Questo processo viene chiamato da Schumpeter (1912)
«distruzione creativa» in quanto l’innovazione messa in atto dall’imprenditore stravolge i
meccanismi produttivi e sociali stabiliti, selezionando all’interno dell’ecologia produttiva le imprese
che sopravviveranno e prospereranno a danno di altre. Per portare a termine la sua azione
l’imprenditore si serve dei capitali prestatigli dalle banche, che potrà restituire grazie all’aumento
dei profitti dovuto all’innovazione. Alla costruzione del «mito» di Schumpeter, del resto,
contribuisce anche la figura dello scienziato vittoriano, esploratore che estrae conoscenza dal
mondo e la utilizza per innovare. È in questa veste che Craig Venter si presenta in una delle uscite
pubbliche a proposito della spedizione del Sorcerer II. Nel luglio del 2005 infatti viene invitato a
presentare le sue ricerche sui genomi batterici e la biologia sintetica alla conferenza TED:
Technology, Entertainment, Design di Monterrey, in California. Tra gli altri invitati ci sono
scienziati famosi presso il grande pubblico come James Watson e Brian Greene, ma anche
personaggi come BonoVox degli U2, che parla del suo impegno per l’Africa, così come inventori,
esploratori, informatici. Nelle altre edizioni sono apparsi a TED Larry Page e Sergey Brin di
Google, Bill Clinton, Edward O. Wilson. Da diversi anni il suo curatore è Chris Anderson, il noto
giornalista di Wired e teorico della rete. TED unisce arte, scienza, architettura, Internet, con un forte
accento sull’innovazione e si presenta come «un gruppo di persone importanti che si incontra per
scambiarsi idee di valore incalcolabile». Si tratta di
«una comunità globale. È una comunità che accoglie le persone appartenenti a qualsiasi
disciplina o cultura che abbiano due cose in comune: cercano di comprendere il mondo più in
profondità e sperano di trasformare questa comprensione in un futuro migliore per tutti noi.»39
Venter, che parla all’interno della sezione «Elements» insieme a un architetto, due programmatori e
un entomologo, presenta la spedizione del Sorcerer II come una spedizione oceanografica
attribuendole come sempre alcuni compiti di altissimo livello (in breve, salvare il mondo), legando
le sorti della sua missione a quelle delle tecnologie dell’informazione. Ma gli obiettivi con cui
Venter chiude il talk sono espliciti: «produrre energia pulita, magari rivoluzionando quello che i
paesi in via di sviluppo possono fare attraverso processi molto semplici». Del resto bisogna
sottolineare anche come la scelta di Wired come rivista embedded non sembri casuale. È probabile
che anche altri giornali avrebbero mandato ben volentieri un inviato sul Sorcerer II. Ma Wired è la
bibbia della Silicon Valley, la rivista che incarna, e spesso glorifica, l’accoppiata tra i garage in cui
39 www.ted.com
gli studenti provenienti dall’Università di Stanford sviluppano la creatività libera dell’era digitale e
gli uffici dei venture capitalist della Valley, pronti a riversare milioni di dollari su progetti
innovativi e di forte rilevanza sociale. Wired, in definitiva, è portatrice di un preciso modello di
relazione tra ricerca, tecnologia, società e capitalismo, che premia con montagne di denaro chi
innova intercettando i bisogni sociali di comunicazione e relazione, ma anche chi penetra gli
immaginari delle persone. I suoi eroi sono gli appunto gli hacker, gli innovatori homebrew, coloro
che sanno cogliere una tendenza o inventare una soluzione geniale a un problema. Sulle sue pagine
non trovano spazio la big science «ufficiale», l’accademia o la ricerca sponsorizzata dalle grandi
aziende private. D’altra parte, la sua visione assolutamente positiva del progresso tecnologico si
fonda sempre sulla possibilità e necessità che il capitale intercetti i processi di innovazione,
comprendendone le potenzialità economiche, e li metta sul mercato. Per questo è apologetica nei
confronti dei venture capitalist che scommettono i loro capitali su idee non consolidate, innovative,
groundbreaking.
Eppure Craig Venter si presenta sempre come ricercatore puro, alla ricerca della conoscenza. La
sua fame di informazione è riassunta nella risposta che dà a James Shreeve in questo passaggio del
suo resoconto del viaggio del Sorcerer II:
«Saresti soddisfatto se tutto ciò che ricavassi da questa spedizione fosse aumentare il numero di
geni e specie conosciute? ‘Se potessi aumentare di un paio di ordini di grandezza la nostra
comprensione della diversità della vita ed essere la prima persona a sintetizzare la vita? Sì. Sarei
felice, per un po’».40
E, insomma, «stiamo soltanto cercando di capire chi cazzo c’è là fuori» o, più precisamente, di
«sequenziare il genoma di Madre Terra».41 Sì, Madre Terra, perché le ambizioni espresse da Venter,
in questo senso, sono senza fine: «stavamo solo cercando di rispondere ad alcune domande di base
riguardo la diversità dei microbi del pianeta»42 e di costruire «un catalogo del pool genetico della
Terra».43 I batteri infatti
«sono la materia oscura della vita. Possono contenere la chiave per generare una quantità
pressoché infinita di energia, sviluppare farmaci potenti e ripulire il caos ecologico causato dalla
nostra specie. Ma non sappiamo veramente come possano farlo, perché non sappiamo nemmeno
40 Shreeve, J., op. cit.41 Ivi42 Nicholls H., op. cit.43 Pollack A., op. cit.
cosa sono».44
Per portare a compimento la costruzione di questa immagine, Venter afferma che «l’obiettivo è
creare la Madre di tutti i database»45 e che in effetti «il genoma è come il codice di un software, e
può essere mappato […] per finire su un disco: dalla vita… a un disco».46 È il trionfo della metafora
informazionale della biologia contemporanea (Corbellini 1999), alla quale partecipano genetica e
informatica e che, secondo il Manifesto Cyborg di Donna Haraway (1991) rappresenta un passaggio
fondamentale del legame tra tecnoscienza e postfordismo, incarnando una delle principali forme del
discorso della postmodernità.
44 Shreeve, J., op. cit.45 Ivi46 Conover, D., op. cit.
10. L’economia della Global Ocean Sampling expedition
Alcune delle caratteristiche dello scienziato/imprenditore Craig Venter emergono già alla lettura dei
finanziatori della Global Ocean Sampling Expedition: il Department Of Energy degli Usa,
Discovery Channel, la Moore Foundation e il J. Craig Venter Institute. In questo elenco risiedono le
diverse facce della scienza dell�fera post-accademica: la grande istituzione pubblica, la stessa che
aveva finanziato il Progetto genoma umano, una compagnia televisiva, che coglie gli aspetti
spettacolari della ricerca scientifica e li comunica al pubblico, una fondazione privata e l’istituto no
profit fondato da Venter stesso. Eppure, all’interno di questo quadro complesso Craig Venter fa di
tutto per distinguersi dai due mondi che governano la scienza contemporanea, l’accademia e la
ricerca universitaria o finanziata dagli enti governativi da un lato, la grande industria dall’altro. Il
suo Venter Institute è il mezzo per smarcarsi dai legami con l’accademia e con l’industria. Craig
Venter infatti afferma di lavorare per se stesso, per la sua curiosità e senza costrizioni esterne, e lo
sottolinea apertamente quando afferma:
«Il mio più grande successo è essere riuscito a farmi odiare da entrambi i mondi» (scienza e
business).47
L’uscita dai National Institutes of Health prima, nel 1991, e dalla Celera Genomics poi, nel 2004, e
la fondazione del suo Venter Institute, del resto, gli hanno permesso di «fare qualunque tipo di
scienza volesse senza avere obblighi nei confronti di un panel di review accademico o degli
obiettivi di profitto di una corporation».48 La sua, infatti, è una scienza diversa da quella accademica
e da quella industriale, che hanno costituito i due poli attorno ai quali si coagulava la produzione di
47 Shreeve, J., op. cit.48 Shreeve, J., op. cit.
sapere scientifico nell’era del «Modo Uno». Una scienza incarnata anche dallo status ambiguo delle
istituzioni guidate da Venter: da una parte il J. Craig Venter Institute, un’istituzione no profit,
dall’altra Syntethic Genomics Inc., una società che vuole commercializzare i risultati delle ricerche
sulla vita artificiale. Le sue motivazioni economiche possono anche essere esplicitate, ma
mantengono una forma ambigua e più spesso sono sotterranee e implicite anche se non nascoste.
Come riferisce Shreeve su Wired, «Quando lo accusano di inseguire soldi e fama, Venter concorda
allegramente».49
Di certo Venter si propone come unico protagonista dei suoi progetti di ricerca. Le narrazioni
attorno al Sorcerer II sono tutte immancabilmente incentrate sulla sua figura individuale. Eppure
Craig Venter, lungi dal lavorare in modo individuale, è in grado di fare scienza di alto livello
coagulando attorno ai suoi progetti collettivi scientifici internazionali che assomigliano più agli
elenchi di ricercatori coinvolti in un progetto di big science che non a un gruppo di liberi battitori
della scienza. Il team di ricerca della Global Ocean Sampling expedition, guidato da Craig Venter, è
un team multidisciplinare di microbiologi, bioinformatici e specialisti in sequenziamento genomico.
Oltre al personale del J. Craig Venter Institute, al progetto partecipano ricercatori dei paesi toccati
dal viaggio del Sorcerer II e di diverse università e centri di ricerca di tutto il mondo. Le
pubblicazioni scientifiche, come quelle di PLoS Biology e Science, pur essendo firmate anche da
decine ricercatori (e spesso non da Venter) non mancano di sottolineare nelle sinossi, nelle foto, nei
titoli, che il protagonista è lui. Un elenco delle istituzioni scientifiche, pubbliche e private, che
compaiono tra le provenienze dei ricercatori che hanno firmato gli articoli scientifici relativi ai dati
della Global Ocean Sampling expedition comprende:
J. Craig Venter Institute (JCVI) – California Institute for Telecommunications and Information
Technology (Calit2) – University of California San Diego (UCSD) – University of California
Irvine – UCSD�fs Center for Earth Observations and Applications – San Diego Supercomputer
Center – University of California Davis – Department of Biological Sciences, University of
Southern California – Your Genome, Your World – Departmento de Ecología Evolutiva,
Instituto de Ecología, Universidad Nacional Autónoma de México – Department of
Oceanography, University of Hawaii – Bedford Institute of Oceanography – Smithsonian
Tropical Research Institute, Panama – Departamento de Oceanografía, Universidad de
Concepción, Chile – Universidad de Costa Rica – Department of Environmental Sciences,
Rutgers University – Department of Earth Sciences, University of Southern California – Razavi-
Newman Center for Bioinformatics, Salk Institute for Biological Studies – Burnham Institute for
49 Ivi
Medical Research – University of California Berkeley – Physical Biosciences Division,
Lawrence Berkeley National Laboratory – Brown University
Oltre alle pubblicazioni scientifiche, si possono elencare le istituzione da cui provengono i
finanziamenti. Si parte dalla Gordon and Betty Moore Foundation, che ha erogato 4,25 milioni di
dollari per il sequenziamento del dna raccolto nelle acque del Nord America, e dall’Office of
Science del Department of Energy, il ministero dell’energia statunitense, con i suoi 12 milioni di
dollari forniti per le attività di sequenziamento genetico. Le spese direttamente legate al viaggio del
Sorcerer II, invece, sono state coperte per la maggior parte dello stesso J.Craig Venter Institute.
Arrivando alla costruzione del database CAMERA (il più grande database metagenomico del
mondo), in cui sono stati storati i dati prodotti dalla Global Ocean Sampling expedition, si scopre
che insieme al J.Craig Venter Institute partecipa con un finanziamento di 24,5 milioni di dollari in
sette anni la Gordon and Betty Moore Foundation. La realizzazione di CAMERA, invece, è a opera
del Calit2, il California Institute for Telecommunications and Information Technology, in
collaborazione con il CEOA, il Center for Earth Observations and Applications della Scripps
Institution of Oceanography; entrambi i centri di ricerca fanno capo alla University of California di
San Diego. Si tratta, insomma, di cluster transdisciplinari in cui si riuniscono per collaborare
istituzioni di ricerca appartenenti al mondo accademico ma anche alla scienza privata, in cui i fondi
provengono da entrambi i mondi e in cui i confini tra le pratiche di ricerca accademica e la Ricerca
e Sviluppo industriale sono quanto mai sfumati.
11. Il Sorcerer II e il problema della gestione dell’informazione
Nella vicenda del Sorcerer II rientra, prepotentemente, il problema della gestione dell’informazione
genetica. Craig Venter, all’epoca del sequanziamento del genoma umano con la Celera Genomics,
aveva sfidato le norme della scienza accademica imponendo a una delle maggiori riviste
scientifiche al mondo, Science, di cambiare i suoi standard di pubblicazione permettendogli di
pubblicare gli articoli scientifici sul genoma umano senza rendere pubblici tutti i dati genetici
(Castelfranchi 2004). Nel caso del Sorcerer II la questione dell’informazione viene gestita in modo
differente: la decisione del Venter Institute è di rilasciare tutti i dati nel pubblico dominio,
utilizzando un database open access creato per l’occasione dallo stesso istituto: CAMERA o
Community Cyberinfrastructure for Advanced Marine Microbial Ecology Research and Analysis.
Questa scelta si somma alla decisione di pubblicare i principali paper che scaturiscono dalle
ricerche della Global Ocean Sampling expedition su PLoS Biology, la rivista open access di
biologia del consorzio Public Library of Science, che dedicherà al Sorcerer II l’intero numero del
marzo 2007. PLoS è considerato un portabandiera dell’open access e ha una politica di disclosure
totale, cioè di apertura e pubblicità dei dati e delle pubblicazioni scientifiche.
Del resto Craig Venter non dimentica di sottolineare la sua nuova attitudine orientata alla
disclosure: nel corso delle interviste e nel documentario di Discovery Channel rimarca più volte che
la sua volontà è quella di produrre dati che «ognuno potrà esplorare liberamente e gratuitamente
dalla propria scrivania». La overview della spedizione pubblicata sul sito web del Venter Institute lo
afferma chiaramente:
«I dati genomici delle sequenze di dna estratte dai campionamenti della spedizione del Sorcerer
II sono pubblici e a disposizione dei ricercatori di tutto il mondo attraverso due risorse Internet:
GenBank, un archivio degli U.S. National Institutes of Health, e un nuovo database per dati
metagenomici, CAMERA (Community Cyberinfrastructure for Advanced Marine Microbial
Ecology Researcher and Analysis). CAMERA, finanziato con 24,5 milioni di dollari nel corso di
sette anni dalla Gordon and Betty Moore Foundation, è una risorsa computazionale allo stato
dell’arte dotata di strumenti software per decifrare il codice genetico di comunità microbiche
degli oceani del mondo. La nuova risorsa aiuterà gli scienziati a comprendere in che modo i
batteri funzionano all�finterno dei loro ecosistemi naturali, permetterà di studiare l’effetto degli
esseri umani sull’ambiente e aiuterà a comprendere l’evoluzione della vita sulla Terra. […] Il
Venter Institute non richiederà brevetti o altri diritti di proprietà intellettuale sui dati genomici.»50
Ciò nonostante, le accuse di biopirateria arrivano quasi immediatamente: durante il viaggio del
Sorcerer II due dei diciassette paesi le cui acque territoriali sono oggetto delle attività scientifiche
della Global Ocean Sampling expedition si oppongono ai campionamenti perché temono che si
tratti di tentativi di sfruttare le loro risorse genetiche e di biodiversità senza ricompensarli in modo
adeguato, come impone per esempio la Convenzione di Rio de Janeiro sulla biodiversità. Il Venter
Institute è costretto a stringere accordi con tutti i paesi, ma i timori di bioprospezione vengono
prepotentemente a galla quando Ecuador e Polinesia Francese si oppongono al prelievo di materiale
genetico dalle loro acque territoriali.
Durante la tappa nelle acque della Polinesia Francese, per esempio, il Sorcerer II si trova a dover
affrontare un altro caso diplomatico: il Ministero degli esteri francese informava Venter che la sua
autorizzazione a svolgere ricerche era stata negata. La Francia, infatti, voleva tutelare il suo
patrimonio genetico, costituito in questo caso da batteri che avrebbero potuto dimostrarsi utili per la
sanità o per l’industria e quindi provocare al paese un mancato ritorno economico. Alla nave viene
anche temporaneamente impedito di uscire dalla baia di Hiva Oa, fino alla firma di un accordo tra le
autorità polinesiane e lo stesso Venter, che arriva solo dopo tre settimane di contrattazioni con il
governo francese.
Nel frattempo per Craig Venter arriva anche, da parte dell’americana Coalition Against
Biopiracy, la nomina a «Biopirata più avido del 2006» nell’ambito dei Captain Hook Awards, i
premi Capitan Uncino. Ecco le motivazioni:
«Per aver intrapreso, con evidente disprezzo della sovranità nazionale sulla biodiversità, una
spedizione globale di pirateria finanziata dagli Usa a bordo del suo yacht, il Sorcerer II, per
raccogliere e sequenziare la diversità microbica degli oceani e dei suoli del mondo. Il materiale
50 J. Craig Venter Institute, op. cit.
genetico giocherà un ruolo in quello che fino a oggi è il suo progetto più ambizioso: costruire un
organismo artificiale completamente nuovo.»51
Le motivazioni della nomination di Venter tra i finalisti dei Captain Hook Awards sono ancora più
esplicite:
«Per il saccheggio della biodiversità microbica degli oceani. Per più di un anno, Venter ha
navigato sulla sua nave pirata campionando le acque ogni 200 miglia e mandando la refurtiva
negli Stati Uniti perché venisse sequenziato il dna. Il Sorcerer II ha incontrato qualche nave
nemica – la resistenza in Ecuador e Polinesia Francese – ma nel 2005 Venter è tornato dal suo
viaggio virtualmente illeso e ha fondato una nuova società, la Synthetic Genomics, che si
propone di creare da zero una forma di vita artificiale.»
Senza contare che, contemporaneamente, il Captain Hook Award per la «Più grande minaccia alla
privacy genetica» viene assegnato a Google proprio «Per essersi alleata con Craig Venter per creare
un database online di tutti i geni del pianeta, di modo che individui e compagnie farmaceutiche
possano ‘googlare’ i nostri geni, mettendo un giorno online gli strumenti della biopirateria».52
Eppure Venter si difende dalle accuse di biopirateria in modo netto:
«Stavolta sta facendo tutto ciò che può per convincere il mondo di non avere motivazioni
commerciali: Ecco, prendete tutto, non voglio nulla in cambio. La sua generosità ha esacerbato i
suoi problemi politici. Per la natura della sua ricerca, la spedizione del Sorcerer II ricade sotto la
giurisdizione della Convenzione sulla Biodiversità delle Nazioni Unite, che ha stabilito della
linee guida per la ‘condivisione dei benefici’ provenienti dalle risorse genetiche. In cambio
dell’accesso alle loro acque, in altre parole, i governi chiedono una parte dell’azione. Ma se –
come fa Venter – si sta cedendo tutto gratuitamente, non ci sono benefici da spartire. ‘L’ironia è
immensa’ dice, ‘mi stanno attaccando perché riverso i dati nel dominio pubblico’».53
Come sottolineano le sinossi che accompagnano i paper pubblicati su PLoS Biology, ad essere
attaccata insieme a Venter è la scienza nel suo complesso, il suo cammino progressivo verso nuovi
traguardi della conoscenza. L’oscurantismo anti-scientifico si verifica quando si costringe lo
scienziato a «navigare nel complicato territorio delle leggi. ‘Se Darwin oggi fosse vivo e cercasse
51 www.captainhookawards.org52 Ivi 53 Shreeve, J., op. cit.
di fare il suo esperimento, non gli verrebbe permesso’, dice Venter».54 E comunque, «se si tratta di
una biopirateria come quella di Darwin, benissimo»,55 è la sua sprezzante conclusione. Ma questa
capacità di usare il confronto con Darwin per smarcarsi dalle accuse di biopirateria non basta. La
soluzione al problema della cecità dei governi che vogliono difendere le loro risorse genomiche e di
biodiversità dal passaggio del Sorcerer II risiede nella capacità di Venter di rapportarsi con il
mondo della politica e, all’occorrenza, mobilitarlo. Infatti «Venter è dalla parte della più ampia
accessibilità possibile, e negozia le richieste dei governi sulla ricchezza genomica presente nelle
loro acque» (Parthasarathy et al. 2007). Naturalmente lo fa a modo suo, palesando la sua capacità di
mobilitare forze politiche e sociali di peso non indifferente, e di farlo pubblicamente:
«Non sembrava troppo preoccupato. Aveva già incaricato l’ambasciatore francese negli Stati
Uniti di fare pressione su Parigi al suo posto, e alcuni dei migliori scienziati francesi stavano
scrivendo lettere di protesta al ministro.»56
Del resto, appunto, le sue intenzioni sono chiare: il suo rapporto con la proprietà intellettuale sarà
differente da quello tenuto nel caso del sequenziamento del genoma umano con la Celera
Genomics. Se in quel caso si era preoccupato di celare parte dei dati per riservarsi la possibilità di
brevettare geni da sfruttare commercialmente, questa volta la sua è una politica di disclosure totale.
Lo conferma anche uno degli articoli di accompagnamento pubblicati su PLoS Biology e firmato da
Arti Rai e James Boyle (2007). Il secondo dei due autori, in particolare, è uno studioso statunitense
che si è distinto per la sua attenzione alle tematiche legate alla proprietà intellettuale e
all’informazione. Il suo libro più noto, Shamans, software and spleens (Boyle 1997), è uno dei
classici del movimento per l’apertura dell’accesso all’informazione. La sua tesi di fondo è che il
modello privatistico di gestione della proprietà intellettuale che si è affermato negli ultimi decenni
(per esempio la sentenza che ha negato a un paziente statunitense diritti su una linea cellulare
prodotta a sua insaputa a partire dalla sua milza57 corrisponde a un’idea romantica dell’autore, che
all’interno dell’economia contemporanea si rivela controproduttiva e restrittiva, rallenta
l’innovazione e allarga il gap tra paesi ricchi e poveri. Secondo Boyle, in poche parole,
l’informazione genetica, così come il codice informatico, devono essere liberi. Nell’articolo Boyle e
Rai si chiedono quale sia il modo migliore per garantire la “apertura” dei dati di pertinenza della
biologia sintetica. Le possibilità analizzate sono due: rendere di pubblico dominio i dati, una
54 Nicholls H., op. cit.55 Ivi56 Shreeve, J., op. cit.57 John Moore v. the Regents of the University of California, Supreme Court of California, 9 luglio 1990
politica di disclosure totale, oppure studiare un tipo di protezione in stile copyleft, come quelli che
difendono il software libero dall’appropriazione per mezzo di brevetti obbligando chi ne migliora o
adatta le caratteristiche a rilasciarlo a sua volta sotto licenze dello stesso tipo. La scelta dei due
autori ricade sulla prima opzione: in attesa di sviluppare licenze migliori di quelle esistenti, «una
strategia di rilascio nel dominio pubblico paragonabile a quella utilizzata per lo Human Genome
Project non è forse perfetta, ma è di certo un buon inizio» (Rai e Boyle 2007): esattamente la
politica adottata dal consorzio pubblico che era stato avversario di Venter durante la corsa al
genoma umano.
Eppure, tra le pieghe delle immagini pubbliche di Craig Venter, anche nel caso del Sorcerer II i
capitali privati e il profitto fanno capolino più di una volta, come si può notare semplicemente
elencando le istituzioni che hanno collaborato al viaggio e alle ricerche della Global Ocean
Sampling expedition. Il modello di business proposto da Venter è legato all’economia dei servizi.
Suo modello potrebbero essere le corporation del software open source come Sun Microsystem o
Ibm: compagnie che garantiscono a chiunque l’accesso ai loro codici e vendono servizi,
formazione, personalizzazioni, customizzazioni. È un modello di business individualizzato, mirato
alla fornitura di servizi che soddisfino le necessità dei singoli e non alla detenzione di un monopolio
dell’informazione. In questo senso, il paragone con Microsoft (che emerge quando la Technology
Review del MIT gli affibia il nome di Microbesoft) appare fuori fuoco. Tornando alla storia degli
hacker, ci accorgiamo che il nome di Bill Gates viene associato a un modello di gestione
dell’informazione strettamente proprietario sin dai tempi eroici dell’Homebrew Computer Club, il
gruppo che negli anni settanta ha plasmato la rivoluzione hacker della Silicon valley. Nell’ambiente
degli hacker la sua Lettera aperta sulla pirateria, inviata proprio al bollettino dell’HCC per
stigmatizzare la pratica di copiare e diffondere gratuitamente i programmi, è nota come «Il casino
del software» e in quel momento, interpretando il pensiero di molti altri hacker, Hal Singer la
commentò così: «La cosa più logica da fare era stracciare la lettera e dimenticarsene».58
Di fatto, un modello molto più vicino a quello del Craig Venter del Sorcerer II è appunto quello
di Google, il colosso della gestione dell’informazione. Come è noto, Google ha una politica di
gratuità per l’utente, cui somma la vendita di servizi e spazi pubblicitari per le aziende, che
garantiscono i profitti colossali di quella che è ornai una delle multinazionali più ricche del mondo.
Inoltre, Google fonda il suo potere e la sua ricchezza sulla sua potenza di calcolo e sulla quantità di
dati che può immagazzinare e gestire per mezzo dei suoi algoritmi di ricerca. Una multinazionale
che a partire dal suo motto («Don’t be evil») è riuscita a costruire un’immagine positiva di sé, che
solo recentemente è stata scalfita dalle preoccupazioni riguardanti soprattutto le sue politiche sulla
58 Citata in Levy, S., Hackers. Heroes of the Computer Revolution, New York: Doubleday, 1984 (trad. it. Hackers. Gli eroi della rivoluzione informatica, Milano: Shake, 1994)
privacy degli utenti (Ippolita, 2007).
In Google Story, David Vise e Mark Malseed (2007) riferiscono proprio dell’incontro tra Craig
Venter e Larry Page e Sergey Brin, i due fondatori di Google. Il motore di ricerca più famoso del
mondo, infatti, si propone di percorrere anche le strade della genomica, applicando i suoi algoritmi
alle enormi quantità di dati contenuti nei database genetici. Il futuro, per Google, potrebbe essere
anche quello di motore di ricerca all’interno di sequenze genomiche personalizzate, un applicazione
che rivoluzionerebbe (nelle parole di Page e Brin) la medicina e la genetica, facendole diventare
discipline adattabili a ogni singolo individuo. La potenza di calcolo di Google
«potrebbe essere impiegata per analizzare immense quantità di dati costituiti da miliardi di
elementi – quantità tali che gli scienziati non hanno la potenza di calcolo sufficiente a gestirle in
laboratorio. Il vecchio stereotipo dello scienziato che lavora in laboratorio [...] è stato sostituito
da una nuova generazione di scienziati che lavorano al computer, raggiungono i database tramite
Internet ed effettuano simulazioni nel cyberspazio»
Oggi infatti la vera scommessa è quella di organizzare e analizzare i dati, e «un approccio come
quello di Google è la chiave di volta per vincerla; accelererà e modificherà radicalmente il modo di
fare scienza». A quanto pare ne è consapevole anche Craig Venter. Il suo ingresso nella narrazione
di Vise e Malseed reca con sé alcune delle immagini e delle metafore che hanno caratterizzato tutta
la vicenda del Sorcerer II.
«Venter, che ha decodificato il genoma umano, sta raccogliendo dagli oceani di tutto il mondo
campioni di DNA da spedire e far analizzare negli Stati Uniti. Malgrado i milioni di dollari e le
migliaia di ore-macchina che gli ha dato il Department of Energy, Venter ha bisogno di altro
aiuto per risolvere il mistero molecolare della vita. A suo parere, i matematici, gli scienziati e i
programmatori di Google, nonché la sua potenza di calcolo hanno la possibilità di fargli fare
passi da gigante, e sta facendo pressioni su Brin per coinvolgere Google nell’impresa.»
A una cena organizzata da Google per discuterdella presenza del motore di ricerca all’interno del
mondo della biomedicina, oltre a Venter partecipa Ryan Phelan, ceo DNA direct, un’azienda che
vende servizi di diagnotica e consulenza genetica con degli annunci su Google. Ma anche Anne
Wojcicki, moglie di Sergey Brin, investitrice nel settore sanitario e sorella di una senior executive
di Google: con la sua start-up 23andMe (dove 23 sta per il numero di coppie di cromosomi in cui è
suddiviso il dna di un essere umano), fondata anche grazie a una ricca partecipazione di Google, si
propone come fornitrice di servizi genomici personalizzati. Inoltre compare uno dei primi
finanziatori di Google, Jeff Bezos. E presto entra in gioco anche Ari Patrinos, responsabile del
progetto sulle energie alternative al Department of Energy del governo federale statunitense, che
collabora già sia con Google, sia con il Venter Institute (del resto vive a Rockville nel Maryland,
sede dei National Institutes of Health ma anche del J. Craig Venter Institute).
Venter è lì per capire come usare la potenza di calcolo di Google per scavare all’interno dei dati
grezzi contenuti nei database genomici. L’obiettivo finale è l’individualizzazione della genetica: Gli
utenti potrebbero registrarsi su un sito e servirsi delle potenzialità di Google per capire in tempo
reale i fenomeni e le trasformazioni che li riguardano», dichiara Venter. Per farlo
«Abbiamo bisogno di utilizzare i computer più grandi del mondo. Larry e Sergey si sono
appassionati al nostro lavoro e all’idea di sostenerlo mettendo a disposizione i loro computer, i
loro esperti di algoritmi e i loro scienziati per migliorare il processo di analisi dei dati. Questo
dimostra la loro ampiezza di vedute. L’informazione genetica diventerà presto la principale
frontiera dell’informazione e cambierà il mondo. Lavorando insieme a Google, stiamo cercando
di dar vita a un catalogo in cui classificare tutti i geni del pianeta per decifrarne il percorso
evolutivo. La genetica sogna da generazioni di fare una cosa del genere».
Anche in questo caso, la miscela di persone e istituzioni che si coagulano attorno a questa idea è
eterogenea ma significativa, e rappresentativa di un tipo di scienza che, come afferma Gibbons
(1994) non si limita ad aumentare il numero di scienziati che partecipano a un progetto di ricerca, o
a raccogliere scienziati provenienti da tutto il mondo e non più da un solo dipartimento
universitario. In questa scienza i collettivi che danno vita a un progetto di ricerca possono
comprendere, proprio come in questo caso, un’azienda, un ente di ricerca pubblico, una fondazione
scientifica, un soggetto finanziario privato. Dunque, l’enfasi sull’accesso libero e gratuito ai dati
ricavati dalla ricerca della Global Ocean Sampling expedition non rappresenta la volontà di non fare
profitti. Al contrario, mostra piuttosto l’adesione a un preciso modello di business, che non usa
l’informazione in senso monopolistico ma che propone servizi basati su una capacità non comune di
gestire questi dati e personalizzarne l’utilizzo. A questo modello si può ricondurre la doppia identità
istituzionale della «azienda Craig Venter»: da una parte il J. Craig Venter Institute, no profit, che
raccoglie finanziamenti da fondazioni come la Gordon and Betty Moore Foundation e istituzioni
pubbliche come il Department Of Energy, il ministero dell’energia statunitense, e che condivide i
suoi dati con tutta la comunità scientifica. Dall’altra, Synthetic Genomics, Inc, una società privata a
fini di lucro che vuole usare questi risultati per generare profitti.
Nella narrazione pubblica sulla spedizione del Sorcerer II questo modello di capitalismo
informazionale open source viene rimarcato anche da alcuni personaggi che entrano nel coro di voci
che illustrano l’economia delle vacanze di Craig Venter. Per esempio la figura del venture capitalist,
tipica del mondo delle start up americane, non compare solo nella cena di Google, ma entra
direttamente nella vicenda del Sorcerer II. Nel racconto pubblicato da Wired, a bordo del Sorcerer II
sale infatti anche Juan Enriquez, «un amico di Venter da circa 10 anni». Si tratta di un ex uomo
politico messicano che
«da quando ha incontrato Venter è diventato un insegnante, scrittore e promotore entusiasta della
scienza e dell’impresa genomiche – una specie di genomofilo free lance. Per due anni è stato
ricercatore e direttore del Life Science Project della Harvard Business School, e oggi è ceo di
Biotechonomy, un’azienda di venture capital che si dedica alle scienze della vita. Ha viaggiato
con la spedizione per più di un mese. ‘Ho lasciato perdere molte cose per farlo,’ mi dice
Enriquez mentre ci allontaniamo dal Sorcerer II con una lancia. ‘Ho cancellato un incontro con
Bush e bidonato un paio di ministri esteri. Ma cosa c’è di più eccitante che navigare attorno al
mondo, scoprendo migliaia di nuove specie?’».59
Enriquez non si limita a posizionare all’interno della vicenda la figura del venture capitalist. Le
righe a lui dedicate sono un’apologia del ruolo dell’informazione all’interno del capitalismo
informazionale, che si tratti dell’informazione digitale o di quella genomica. Inoltre egli sottolinea il
ruolo prometeico dell’impresa privata, la sola che può metterne a frutto la complessità e, in questo
modo, fare la ricchezza delle società. Senza l’apporto dell’impresa e senza l’apertura
all’innovazione le società sono condannate a decadere. In questo senso, come dice Enriquez, la
spedizione del Sorcerer II
«fa parte della storia della civilizzazione. Il suo tema è l’informazione. Quando gli esseri umani
hanno inventato l’arte rupestre hanno guadagnato un vantaggio enorme sugli altri animali perché
erano in grado di trasmettere informazione su cose che non erano presenti al momento. Il grande
passo successivo è stato l’invenzione dei geroglifici, un modo per standardizzare l’informazione.
Poi è venuto l’alfabeto a 26 lettere, molto più efficiente, poi negli anni cinquanta e sessanta
l’alfabeto a due lettere del codice binario. Ora, dice, il codice a quattro lettere della genetica – A,
C, T e G – sta guidando un’altra rivoluzione. Applicando la genomica, un acre di terra usato una
volta per produrre cibo, mangime o fibra sarò usato per produrre medicine dalle piante, e i batteri
59 Shreeve, J., op. cit.
dell’oceano saranno reclutati per produrre energia gratuita.
Ciò imprime un nuovo spin alle cose. ‘Il mondo sta diventando genomico’, dice Enriquez.
‘Se non percepisci le possibilità aperte da questo cambiamento, se dici no invece che sì, verrai
lasciato nel passato. Intere società finiranno a servire mai tai sulla spiaggia perché non lo
capiscono’. Inclusa quella francese, se non permetterà al Sorcerer II e a progetti simili di andare
avanti. ‘Quello che sta accadendo ora con la storia dei permessi è quasi un’immagine allo
specchio di quello che è successo nell’era digitale’, sostiene. ‘Con Minitel, la Francia aveva ogni
casa collegata a Internet dieci anni prima di chiunque altro. Ma invece di un sistema
imprenditoriale che dicesse di sì, la Francia ha un sistema chiuso che ha detto no, non si può fare,
bisogna usare software francese, tasseremo le stock options. E ora la Finlandia sta spaccando il
culo alla Francia nella rivoluzione digitale.’»60
La sua non è una visione ingenua o positivista della scienza. La ricerca condotta da Venter ha le
caratteristiche dell’impresa visionaria, che può accendere la miccia del progresso solo quando viene
colta da un substrato sociale e politico adatto. Il ruolo di Venter è controcorrente, utopistico, e
spesso viene osteggiato da forze conservatrici. Eppure contiene in sé la forza inarrestabile della
verità, come sottolinea ancora una volta James Shreeve:
«Con Venter c’è sempre qualcosa di nuovo all’orizzonte. Il giovane Joseph Banks si
accontentava di descrivere le nuove varietà di esseri viventi che raccoglieva nel suo viaggio. Per
lui si trattava di un esame del Creato. Un secolo dopo, a bordo del Beagle, Darwin stava già
mettendo in discussione il modo in cui le specie che raccoglieva erano diventate ciò che sono. La
sua risposta finale strappava il timone a Dio e lo metteva nelle mani dei processi naturali. Ora
stiamo navigando in una nuova epoca rivoluzionaria, in cui avremo perlomeno un dito sulla barra
del timone. Venter non è l’unico scienziato che ci guida, ma è il solo che sta prendendo le misure
della vera diversità della vita e che allo stesso tempo sta sognando nuove forme di vita. Non è
sorprendente che un sacco di gente, come gli attivisti che lo hanno sfidato nelle Galapagos, creda
che si stia muovendo in modo troppo veloce, troppo disattento, dentro nel futuro. Ma non
possiamo tornare indietro. E stando fermi non si può scoprire nulla.»61
Anche per questo la scienza di Venter non può essere arrestata dalle preoccupazioni sociali o
bioetiche che si addensano attorno alle scienze della vita, e che nel suo progetto sulla produzione
della vita artificiale sono particolarmente critiche riguardo agli sviluppi delle biotecnologie. Le
preoccupazioni di carattere religioso, per esempio, vengono liquidate citando uno studio che ha
60 Ivi61 Ivi
sottoposto ad analisi bioetica proprio il progetto di sintesi di un genoma minimo, lo studio «Ethical
Considerations in Synthesizing a Minimal Genome», pubblicato da Science nel dicembre del 1999
(Cho et al. 1999). Craig Venter davanti alla platea della TED Conference lo cita in questi termini:
«partecipavano tutte le maggiori religioni, e fu uno studio davvero strano perché i vari leader
religiosi usavano le loro scritture come tavole della legge ma non vi trovarono nulla che
proibisse di costruire la vita, quindi dovrebbe essere tutto ok.» (risate del pubblico).62
62 Talk alla conferenza TED 2005 – Technology, Entertainment, Design
12. The Colbert Report, ovvero la retorica di Craig Venter
Il 27 febbraio 2007 Craig Venter è ospite di The Colbert Report, una nota trasmissione televisiva
satirica statunitense che va in onda ogni settimana su Comedy Central ed è condotta da Stephen
Colbert, un comico di orientamento repubblicano e conservatore.63 Ogni puntata si chiude con
l’intervista a un personaggio politico o del mondo della cultura americana. Nel suo show, Colbert
rappresenta la caricatura dell’esperto televisivo di politica, che imperversa sulle televisioni
americane dando vita a veri e propri personaggi mediatici come Bill O’Reilly, il conduttore di una
delle trasmissioni politiche più seguite negli Stati Uniti. Nella sua parodia di The O’Reilly Factor,
Stephen Colbert indaga con le armi della satira la cultura e la politica americane. In particolare, la
sua specialità è il disvelamento delle armi retoriche. Con la parola “truthiness”, che la American
Dialect Society ha nominato “Parola dell’anno 2005” e che è ormai entrata nel lessico politico
statunitense, Colbert indica una caratteristica del discorso in base alla quale si arriva a comprendere
qualcosa in modo emozionale o istintivo, senza dare importanza alle evidenze o all’analisi
intellettuale. Il termine viene usato per satirizzare la retorica del dibattito socio-politico
contemporaneo, che fa appello alle emozioni e ignora i fatti. Secondo la American Dialect Society
si tratta della «capacità di enunciare concetti o fatti che si vuole o si crede siano veri, invece di
concetti o fatti che si sa essere veri». Come sostiene Colbert, «non mi fido dei libri. Sono tutto fatti
e niente cuore».64
La partecipazione di Craig Venter alla trasmissione è incentrata sulla sua ambiguità di ricercatore
e businessman allo stesso tempo, di sognatore disinteressato di nuove conquiste scientifiche e di
calcolatore che è uscito dal mondo accademico per flirtare con i capitali privati. La sua capacità di
muoversi su piani differenti per presentare una o molte delle sue facce gli permette di giocare con il
suo personaggio anche in un’occasione simile. Dopo una breve presentazione di Venter, nella quale
si racconta la gara per il sequenziamento del genoma umano, Colbert apre l’intervista con una
domanda sulla competizione con il consorzio pubblico. Da subito Craig Venter si caratterizza per
mezzo del suo rapporto con le tecnologie dell’informazione:
63 The Colbert Report, episodio 219, Comedy Central, 27 febbraio 200764 American Dialect Society, Word of the Year 2005 report, www.americandialect.org, 2005
Colbert: «Cosa vi ha fatto pensare che avreste potuto fare un lavoro migliore degli altri con la
vita e con i genomi?»
Venter: «Avevamo i computer!»
Si passa poi all’idea di usare le biotecnologie e la biologia artificiale per produrre carburanti
alternativi agli idrocarburi, uno degli obiettivi espliciti del Venter Institute. È qui che emerge il caso
del Sorcerer II, e che iniziano a spuntare le prime avvisaglie della guerriglia retorica di Colbert,
diretta immediatamente al rapporto di Venter con capitali e profitti:
Colbert: «Metterete i geni direttamente nel carburatore?» (risate del pubblico)
Venter: «Vogliamo cambiare i geni di specie batteriche per passare dalla luce del sole
all’idrogeno o dallo zucchero alla benzina. […] È quello che stiamo cercando di fare con quelle
piccole cose dell’oceano che catturano l’energia del sole e la fissano generando energia. Stiamo
solo cercando di cambiare qualcuna di queste caratteristiche usando capacità che non erano mai
state provate prima».
Colbert: «Mi sembra che siate no profit»
Venter: «Il nostro istituto è no profit, Synthetic Genomics è teoricamente for profit»
Colbert: «È sinteticamente for profit o teoricamente for profit?» (risate)
Venter: «Ora è teoricamente for profit»
Colbert: «Quanti brevetti possiede?»
Venter: «Non possiedo brevetti. Stiamo cercando di utilizzare le tecniche che abbiamo
sviluppato per il genoma umano, abbiamo sequenziato l’oceano. Ogni millilitro d’acqua contiene
circa un miliardo di batteri e dieci milioni di virus. […] Questi organismi contengono strumenti
molecolari per imbrigliare questa energia. L’hanno fatto per millenni, e ora stiamo imparando
come catturare questo potere e invece di prendere il petrolio e il carbone dal sottosuolo,
convertire silos e alberi in zuccheri, alcool, butano, propano, persino ottani».
Colbert: «Ok, […] ma alcuni dicono che avete sequenziato il genoma umano con una corporation
privata per usare un giorno questa informazione per estorcere miliardi con tecnologie di cui la
gente ha bisogno. Del resto è quello che avrei fatto io!» (risate)
Venter: «Deve aver parlato con i nostri concorrenti. Lo hanno detto loro.» (risate)
Nell’ultima risposta di Venter si mette in evidenza una delle caratteristiche del modello di business
della sua impresa. I suoi concorrenti, evidentemente, non solo soltanto concorrenti scientifici ma
anche commerciali. Il «teoricamente for profit» riflette il fatto che per ora Synthetic Genomics non
ha generato profitti, ma che con la vendita di servizi conta di cambiare questa situazione. I dati
genetici, resi liberi e accessibili a chiunque, saranno la base sulla quale fonderà il suo modello
economico.
La chiusura dell’intervista è un disvelamento ironico ma significativo degli scopi commerciali di
Craig Venter e del suo rapporto con la comunicazione: perché accetta l’invito a una trasmissione
satirica di questo tipo? Che vantaggi ne trae? Dove si situa il confine tra scienza no profit e scienza
for profit, che Venter cerca di sfumare nell’ambiguità della sua personalità multiforme?
Venter: «Ho sequenziato il mio genoma»
Colbert: «Può sequenziare il mio?»
Venter: «Se paga»
Colbert: «Oh no, andiamo! Le ho fatto pubblicità gratuita! Me lo faccia gratis!» (risate)
13. Conclusioni
Nella vicenda del Sorcerer II, in conclusione, gli aspetti scientifici e quelli comunicativi sono
strettamente legati. L’impresa della Global Ocean Sampling expedition non sarebbe la stessa, senza
la sua capacità di entrare nei mass media cogliendo e sottolineando immaginari positivi legati alla
ricerca e al processo di produzione del sapere scientifico. Così, Craig Venter rappresenta una figura
di scienziato che sa usare in modo smaliziato diverse forme di comunicazione, in particolare
massmediatiche, per discutere il suo lavoro all’interno dell’arena pubblica, legittimarlo, e
accreditarne le promesse e i risultati. In questo senso, Craig Venter può fornire agli altri biologi
contemporanei un modello di comunicazione pubblica della scienza. Ma al di là di questa forte
capacità di penetrazione, ci siamo domandati se e come questi processi di comunicazione siano
correlati alle trasformazioni avvenute nel rapporto tra scienza, società, mercati, politica tipiche del
nostro tempo. Crediamo che le immagini proposte da Craig Venter coincidano con le richieste che
alla scienza arrivano da parte di un’economia che, come dice Manuel Castells (1996), si basa
sempre più sulla circolazione di informazione e conoscenze, ha un’organizzazione a rete e
rimescola i confini tra pubblico e privato. Inoltre, nel proporre la sua immagine di scienziato free
lance, libero dalle costrizioni istituzionali e burocratiche tipiche della scienza novecentesca, Venter
parla di un’economia tipica del capitalismo informazionale, rappresentata dalle imprese che
vendono servizi legati all’informazione. In questo senso il suo accento su queste due figure di
scienziato, una premoderna, cioè l’esploratore vittoriano; l’altra postmoderna, l’hacker o il free
lance, gli è utile per bypassare quella che viene considerata la figura «classica» dello scienziato
moderno: legato all’accademia, disinteressato, lontano dalle commistioni con società e mercato,
appartenente a una comunità scientifica mondiale costituita da pari. Oppure esplicitamente
appartenente alla ricerca e sviluppo industriale, ma esterno alla cittadella della scienza «alta».
Abbandonata la scienza accademica e quella industriale, il Sorcerer II può finalmente navigare
nelle acque dell’economia informazionale e della società in rete. E lo fa aderendo a un preciso
modello di business, tra quelli a disposizione delle imprese del capitalismo informazionale. La
tensione tra disclosure, «ideologia del free», approccio privatistico ed economia dei servizi è infatti
una tensione che percorre tutta l’economia della società in rete di cui parla Manuel Castells. Il
modello scelto da Venter, tuttavia, è quello dell’economia della condivisione, nella quale i dati e le
informazioni, vengono condivisi, anzi donati. Come recitano i primi due comandamenti del
«comunismo liberale» di Olivier Malnuit (2006): regalerai tutto e ti farai pagare solo per i servizi
supplementari, che ti renderanno ricco; cambierai il mondo, invece di limitarti a vendere delle cose.
Ma in diverse occasioni Craig Venter afferma esplicitamente che partecipare all’economia della
condivisione non significa rinunciare ai profitti. Anzi, significa sfruttare al meglio le possibilità di
fornitura di servizi personalizzati basati proprio su quelle informazioni che vengono messe a
disposizione di tutti, a costituire il retroterra scientifico e informazionale del proprio modello di
business. Quella di Venter, insomma, è una figura imprenditoriale che sposa le caratteristiche
classiche dell’imprenditore schumpeteriano, come abbiamo visto: odio per la burocrazia;
distruzione creativa; libertà individuale; rottura dei paradigmi stabiliti. E l’imprenditore Venter si
posiziona con chiarezza all’interno delle nuove forme di capitalismo esemplificate dalla figura
dell’hacker come imprenditore free lance della conoscenza.
Naturalmente quella del Sorcerer II è un’impresa ben diversa da quelle delle aziende che si
muovono sui mercati della rete. Le biotecnologie contemporanee sono infatti un attività alla quale
partecipano expertise, risorse tecnologiche, capitali e tipologie di ricerca differenti. Il caso della
nave del Venter Institute in questo senso è chiarificatore, dato che il Sorcerer II ha imbarcato,
metaforicamente o accogliendole concretamente a bordo, tecnologie informatiche per il
sequenziamento o lo storaggio e la gestione dei dati; macchinari biologici; giornalisti;
bioinformatici; biologi; tecnici; agenzie pubbliche di ricerca; università; start-up; ambasciatori;
scienziati famosi, francesi e americani; fondazioni no profit; aziende private. La scienza
contemporanea, infatti, richiede la creazione di vasti ed eterogenei collettivi ibridi che la rendano
multidisciplinare, la mettano in connessione con i capitali privati e pubblici, la indirizzino verso le
esigenze sociali espresse per esempio da attori semipubblici come le fondazioni o dalla società in
senso più lato. Dar vita a questi collettivi significa fare i conti con rapporti sociali ed economici
complessi, all’interno dei quali le pratiche comunicative assumono un’importanza sempre
maggiore. La comunicazione pubblica della scienza infatti, per usare le parole di Matt Ratto (2006),
è «uno degli strumenti tramite cui queste costellazioni negoziano prospettive, bisogni e interessi».
Per questo Craig Venter, nel caso del Sorcerer II, non esprime una rottura della norma della
produzione di sapere scientifico, ma è espressione delle trasformazioni che la stanno attraversando.
Venter è eccessivo, anche e forse soprattutto nel caso della sua nave: rappresenta una scienza
spettacolarizzata, altamente mediatica, spregiudicata nei suoi obiettivi. Ma se è eccessivo,
straordinario, eccezionale, egli non è un sintomo di patologia del rapporto tra scienza e società ma
un’espressione della sua fisiologia. Per questa ragione il mondo della biologia contemporanea non
dovrebbe limitarsi a criticarne le «deviazioni» dalla classica norma ideale che governava i processi
comunicativi interni e pubblici della scienza. Il biologo contemporaneo dovrebbe piuttosto
confrontarsi con queste pratiche. Del resto Venter, quando mentre si rivolge al pubblico, parla
anche a partner scientifici, investitori, mondo politico, policymaker: un’attività che nella scienza si
è fatta sempre più frequente e comune, anzi è diventata la norma. La scienza, nel suo «Modo Due»,
deve infatti costruire il suo posto all’interno dei rapporti sociali ed economici che costituiscono
l’economia informazionale contemporanea. In questo senso, la comunicazione pubblica attuata per
il caso del Sorcerer II non fa che ribadire in continuazione quale sia il posizionamento sociale ed
economico del Venter Institute: adesione al modello dell’economia della condivisione e proposta di
ingresso in un’economia dei servizi personalizzati anche per il settore della genomica e delle
biotecnologie. La sua insistenza su obiettivi immaginifici, fantastici, magari irrealizzabili ma
comunque legati strettamente ai principali problemi economici, ecologici e sociali del nostro tempo
propone anche un orizzonte ideale cui rivolgersi: il futuro.
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