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Le Linee Politiche del Piano Nazionale della Logistica
(bozza non corretta)
2 Dicembre 2010
Presidente della Consulta Bartolomeo Giachino
Segretario Generale Clara Ricozzi
Comitato Scientifico Andrea Boitani Sergio Bologna Fabrizio Dallari Rocco Giordano (Presidente) Gian Maria Gros Pietro Ercole Incalza Maurizio Riguzzi Pier Paolo Bigone (Segretario)
Valeria Battaglia (per i temi di approfondimento)
Cristina Gimignani (per la comunicazione)
“………..Il Paese, grazie all’azione ferma e lungimirante del Governo, si è difeso
meglio di altri dalla crisi, ora dobbiamo pensare alla ripresa. Nel Piano della
Logistica 2011-2020 le azioni per ridurre il costo della inefficienza logistica
sull’economia- 4 miliardi euro l’anno-e per acquisire nuovi volumi di traffico merci.
“
Bartolomeo Giachino
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SOMMARIO
INTRODUZIONE DEL MINISTRO ALTERO MATTEOLI ............................................................9 Un Piano Operativo: non un libro dei sogni ..................................................................................14
1. La condivisione interministeriale delle scelte........................................................................17 2. Il confronto internazionale .....................................................................................................19
2.1 Indice di competitività della logistica: l’Italia a confronto ..............................................19 2.1.1. La velocità delle procedure doganali e i fattori della competizione logistica..........19
2.2. La logistica italiana nella competizione mondiale..........................................................20 3. I valichi ..................................................................................................................................23
3.1 Le aree di crisi per l’attraversamento delle Alpi, misure di intervento e valutazione degli impatti ....................................................................................................................................24
4. Le politiche ferroviarie per le merci ......................................................................................26 4.1. Le azioni a breve termine................................................................................................28
5. Integrazione modale: intermodalità e co-modalità.................................................................29 6. I porti: quello che va bene per i porti, va bene per il Paese ...................................................34
6.1. Il ruolo della portualità nel contesto euromediterraneo ..................................................34 6.2. Il tema della competitività...............................................................................................36 6.3. Le misure necessarie .......................................................................................................37 6.4. l tema delle risorse ..........................................................................................................38 6.5. Il tema della governance .................................................................................................38
7. Trasporto su strada: il conto proprio ......................................................................................40 7.1. Il cabotaggio stradale ......................................................................................................41 7.2. Normalizzazione degli Albi provinciali e nazionale e crescita dimensionale delle imprese...................................................................................................................................41 7.3. Controlli più efficaci e banca dati dell’autotrasporto......................................................42
8. Il trasporto aereo ....................................................................................................................44 8.1. Gli obiettivi prioritari per una politica di sviluppo dell’air cargo negli aeroporti italiani................................................................................................................................................45
9. Il sistema fluviale ...................................................................................................................46 10. Le linee di intervento prioritarie delle piattaforme logistiche..............................................47 Premessa.....................................................................................................................................47 11. L’outsourcing logistico e le politiche di filiera....................................................................50
11.1. La Supply Chain e i processi logistici di filiera ............................................................52 11.1.1. Best practice per la filiera dei beni di largo consumo............................................52 11.1.2. Best practice per la filiera della sanità pubblica ....................................................55 11.1.3. Il programma di filiera per la reverse logistics .....................................................59 La filiera degli elettrodomestici .........................................................................................59 La filiera automotive..........................................................................................................62
12. Le politiche di city logistics .................................................................................................63 Premessa.....................................................................................................................................63
12.1. La logistica urbana delle merci .....................................................................................64 12.2. Dal piano delle merci a quello della mobilità urbana ...................................................66 12.3. I criteri di intervento .....................................................................................................67
13. Un primo passo per l’ammodernamento dei parchi rotabili ................................................69 14. Piattaforma telematica per il trasporto merci, logistica e ambiente.....................................70 Premessa.....................................................................................................................................70
14.1. Obiettivi ........................................................................................................................71 14.2. Le azioni necessarie ......................................................................................................71 14.3. Sistema satellitare .........................................................................................................72
15. Progetto formazione per i trasporti e la logistica .................................................................74
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15. Progetto formazione per i trasporti e la logistica .................................................................74 16. Le misure di intervento ........................................................................................................75
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Le dieci Linee strategiche per il programma di attuazione del Piano della Logistica
1) I riferimenti del Piano − Il Piano della Logistica parte del “ Programma nazionale di riforma per l'attuazione della Strategia
per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva - Europa 2020” − Decisione Finanza Pubblica 2011: Piano Strategico delle Infrastrutture e Linee di intervento della
Consulta − Patto della logistica 2 − Piano per il Sud − Expo 2015 2) Le politiche di settore nella logica di un sistema portante dei trasporti per il Paese − Riforma Autorità portuali − Intermodalità, co-modalità e sistema a rete degli interporti: sollecitazioni e priorità − I Piani della rete TEN-T nazionale in funzione del trasporto co-modale ed intermodale − Rete portante ferroviaria − Il ruolo del sistema portuale ed il finanziamento − Le vie del mare − Trasporto aereo: una prima sperimentazione da FOB a CIF con estensione agli altri settori di
trasporto − Il sistema fluviale − Le piattaforme logistiche e gli interventi di scala nazionale 3) Il contributo delle Commissioni parlamentari per il monitoraggio delle politiche di
intervento nelle − Audizioni alla 8^ Commissione del Senato della Repubblica − Audizioni alla IX Commissione della Camera dei Deputati − Riforma Autorità Portuali (8^ Commissione Senato della repubblica) 4) Gli accordi interministeriali per un programma condiviso degli interventi − Accordo con il Ministero dell’Interno − Accordo con il Ministero degli Affari Esteri − Accordo con il Ministero delle Politiche Agricole − Accordo con il Ministero dell’Ambiente – Piattaforma telematica − Accordo con il Ministero della Economia − Accordo con il Ministero delle Politiche Comunitarie − Accordo con il Ministero delle Attività Produttive − Accordo con il Ministero del Welfare − Accordo con il Ministero per il Rapporto con le Regioni − Accordo Enti Locali e Regioni – Patto per la Logistica 2 5) I processi di riforma e di rilancio del settore dell’autotrasporto − Autotrasporto conto proprio-conto terzi-cabotaggio-stradale − Normalizzazione Albi provinciali e nazionali − Controlli e banca dati dell’autotrasporto − Autotrasporto: regolamentazione tempi di carico e scarico, tempi di pagamento, regolarità
contributiva, corresponsabilità − Disincentivi per ridurre i viaggi a vuoto − Insediamento dell’Osservatorio dei costi in seno alla Consulta
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− Insediamento di un tavolo di esperti per la semplificazione normativa − Realizzazione di un “Atlante per la logistica” 6) I processi di filiera − Distribuzione urbana delle merci e processi di premialità − Best practice per la filiera dei beni di largo consumo − Best practice filiera del farmaco − Best practice Elettrodomestici − Best practice Automotive − Dal piano delle merci a quello della mobilità urbana 7) Norme e regole e le politiche: disincentivi e premialità − Sportello unico doganale − Premialità all’outsourcing logistico − Ferrobonus ed Ecobonus − Misure per la riduzione del costo del lavoro nel settore dell’autotrasporto − Ammodernamento parchi rotabili − Misure per le politiche di intervento nei diversi settori − Norme e regole per l’attuazione del Piano − Politica fiscale per la logistica (Riforma Iva, credito Iva, Iva in dogana) − Tremonti-Ter per le aggregazioni con estensione agli altri settori di trasporto 8) Piattaforma telematica, sistema di ICT e Progetto Galileo − Sistemi intelligenti di trasporto: Piattaforma telematica nazionale − Progetto Galileo 9) Programma di formazione per una diversa “cultura“ dei trasporti e della logistica − Progetto formazione per i trasporti e la logistica 10) Soggetto attuatore del Piano − Le priorità: tempi e modalità di attuazione del Piano della Logistica − Le valutazioni degli effetti degli interventi da attuare − Monitoraggio delle politiche di intervento
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Memorandum azioni individuate attraverso incontri e audizioni
Azione 1 Sportello unico doganale Azione 2 Riforma Autorità portuali Azione 3 Disincentivi per ridurre i viaggi a vuoto Azione 4 Premialità all’outsourcing logistico Azione 5 Distribuzione urbana delle merci Azione 6 Intermodalità, co-modalità e sistema a rete degli interporti Azione 7 Piano nazionale per i sistemi intelligenti di trasporto. Azione 8 Autotrasporto: regolamentazione tempi di carico e scarico, tempi di pagamento, regolarità
contributiva, corresponsabilità Azione 9 Insediamento dell’Osservatorio dei costi in seno alla Consulta Azione 10 Insediamento di un tavolo di esperti per la semplificazione normativa Azione 11 Ferrobonus ed ecobonus Azione 12 Audizione alla 8^ Commissione del Senato della Repubblica Azione 13 Audizione alla IX Commissione della Camera dei Deputati Azione 14 Inserimento del Piano della Logistica nel Progetto di Programma nazionale di riforma per
l'attuazione della Strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva - Europa 2020
Azione 15 Recepimento delle linee di intervento della Consulta nel Piano Strategico delle Infrastrutture Azione 16 Accordo con il Ministero dell’Interno Azione 17 Accordo con il Ministero degli Affari Esteri Azione 18 Accordo con il Ministero delle Politiche Agricole Azione 19 Accordo con il Ministero dell’Ambiente – Piattaforma telematica Azione 20 Accordo con il Ministero della Economia Azione 21 Accordo con il Ministero delle Politiche Comunitarie Azione 22 Accordo con il Ministero delle Attività Produttive Azione 23 Accordo con il Ministero del Welfare Azione 24 Accordo con il Ministero delle Regioni Azione 25 Banca dati volumi e flussi di traffico e realizzazione “Atlante per la logistica” Azione 26 Programmazione della rete TEN-T nazionale in funzione del trasporto co-modale Azione 27 Accordo Enti Locali e Regioni – Patto per la Logistica 2 Azione 28 Rete portante ferroviaria Azione 29 Intermodalità e co-modalità: le sollecitazioni e le priorità Azione 30 Porti Azione 31 Autotrasporto conto proprio Azione 32 Banca dati del settore conto proprio-conto terzi-cabotaggio Azione 33 Normalizzazione Albi provinciali e nazionali Azione 34 Trasporto aereo: una prima sperimentazione da FOB a CIF Azione 35 Il sistema fluviale Azione 36 Best practice per la filiera dei beni di largo consumo Azione 37 Best practice filiera del farmaco Azione 38 Best practice Elettrodomestici Azione 39 Best practice Automotive Azione 40 La mobilità nelle aree urbane: realizzazione e processi di premialità Azione 41 Dal piano delle merci a quello della mobilità urbana Azione 42 Ammodernamento parchi rotabili Azione 43 Piattaforma telematica per la logistica Azione 44 Progetto formazione per i trasporti e la logistica Azione 45 Misure di intervento Azione 46 Norme e regole Azione 47 Soggetto attuatore del Piano della Logistica Azione 48 Politica fiscale per la logistica (Riforma Iva, Credito Iva, Iva in dogana)
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Azione 49 Tremonti Ter per le aggregazioni Azione 50 Progetto Galileo Azione 51 Valutazione degli impatti in uno scenario di status-quo e con gli interventi nelle diverse fasi
di attuazione
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INTRODUZIONE DEL MINISTRO ALTERO MATTEOLI
Il Piano della Logistica, a cui ha lavorato la Consulta dell’autotrasporto e della logistica ed il
suo Comitato Scientifico con una ampia consultazione del settore, è lo strumento per operare
i cambiamenti delle politiche di trasporto e logistica necessari sulle per le linee strategiche
che dovremo affrontare nel breve e medio periodo per aumentare la competitività del nostro
Paese.
La logistica ormai è un settore vitale per la economia e può dare una spinta aggiuntiva alla
sua crescita.
La recessione ha reso ancora più evidente che il processo produttivo dei Paesi è legato in
modo determinante alla organizzazione logistica.
Sovente l’unica possibilità di ottenere dei margini sulla produzione e l’unica possibilità
di essere competitivi è legata alla capacità di ottimizzare proprio il processo distributivo
e quindi la logistica.
Dovremo verificare se la offerta di trasporto possa essere sottoposta ad una ulteriore
ottimizzazione, per operare quella serie di perfezionamenti che le consentano di rispondere
alle esigenze della domanda in modo ancora più efficace.
I prodotti informatici, le innovazioni legate ai “trasporti intelligenti”, costituiranno
sicuramente un valido supporto all’intero sistema ma insieme è giunto il momento di
rivisitare, in modo integrale ed organico, l’intero sistema del trasporto su gomma.
Il Piano della Logistica deve essere il vero catalizzatore di tutte le azioni che consentono la
costruzione, nel prossimo triennio, di quegli interventi che saranno in grado, da un lato, di
dare risposte agli scenari previsionali non tanto rispetto alla evoluzione della domanda
quanto sulla capacità della offerta di fare sistema e sostenere i nuovi cicli economici;
dall’altro, una forte responsabilizzazione di tutti i soggetti cui compete la gestione di un
sistema ad alta entropia come quello trasportistico, consentendo loro di capire la rilevanza
della categoria del fattore tempo.
Un Piano della Logistica che nelle sue implementazioni successive fa riferimento ai fattori
che di qui al 2020 modificheranno interamente il rapporto domanda-offerta e che le azioni
per adeguarsi a tali parametri devono essere attratte oggi non domani da come quello
energetico, quello ambientale, quello della elevata concorrenza, quello della sicurezza (intesa
come safety e security) (Allegato Infrastrutture)
Per questo motivo la scelta è quella di fare un Piano operativo che evidenzi uno ad uno i
cambiamenti che si vogliono realizzare già a partire da subito. Nell’Allegato
Infrastrutture alla decisone di Finanza Pubblica 2011-2013 viene ribadito che l’offerta
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trasportistica legata alla domanda merci vive oggi un momento molto delicato che per alcuni
versi può essere definito paradossale: l’utente nelle sue più articolate manifestazioni
(imprenditore, gestore di sistemi complessi, ecc.), definisce ormai da solo gli itinerari e
le modalità di trasporto più rispondenti alle proprie esigenze.
Questa forma di organizzazione spontanea è la vera patologia del sistema e soprattutto
rappresenta l’elemento più rischioso per ciò che definiamo sviluppo compatibile.
D’altra parte, ogni forma di liberismo e di mercato, impone, in modo inequivocabile, la
esistenza di:
• Una rete adeguatamente integrata ed interagente in maniera efficiente con il
territorio.
• Una rete priva di soluzioni di continuità, priva cioè di segmenti non omogenei.
• Una rete capace di offrire, in modo paritetico, condizioni di reale competitività
tra i distinti fruitori della rete stessa.
• Una rete garante, in termini di fluidificazione reale delle merci, dei processi di
interscambio modale.
• Una rete capace di abbattere i danni causati dall’“ultimo miglio ”.
Se non c’è la rete, o meglio, se c’è una rete incompleta, la liberalizzazione dei sistemi è
parziale.
Reti e nodi diventano quindi il tessuto connettivo che rende economico o diseconomico
non una offerta trasportistica ma la intera dimensione economica di un Paese.
Per questo motivo l’Allegato Infrastrutture ha proposto la costituzione di un Fondo Rotativo
di almeno 2 miliardi di € mirato alla integrazione funzionale delle reti con impianti portuali
ed interportuali strategici, impianti già definiti nel precedente Allegato Infrastrutture
all’interno delle sette Piastre Logistiche del Paese.
Un Fondo che il Piano della Logistica dovrebbe caratterizzare in funzione di precise scelte
strategiche territoriali.
Ebbene, l’urgenza nel costruire una nuova offerta organizzativa, sta proprio nel fatto che non
dobbiamo dimenticare che tra il 2014 ed il 2017, anche in presenza di una modesta crescita
del PIL, in Europa entreranno in crisi alcuni segmenti strategici quali: i valichi alpini , i
valichi lungo l’arco dei Pirenei, gli assi ferroviari lungo la Pianura Padania e la
Provenza, il sistema autostradale lungo la Baviera, gli assi di accesso ai porti di
Rotterdam e di Amburgo, molti assi autostradali italiani, l’accesso alle grandi aree
metropolitane.
Questo imporrà una rivisitazione sostanziale dei punti di accesso al sistema europeo.
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Il valore globale degli interventi prioritari, necessari per garantire un adeguamento organico
dell’offerta infrastrutturale nell’Unione Europea a 27 Stati, è di 630 miliardi di euro; il
valore dei soli interventi prioritari capaci di rinviare il blocco sugli assi prima elencati è di
257 miliardi di euro. L’Unione Europea ha approvato risorse per soli 8 miliardi di euro.
Ebbene la carenza di risorse comunitarie, da un lato, e l’avvicinarsi di livelli di saturazione su
determinate reti, dall’altro, dovrebbe produrre, automaticamente, una strategia comune a scala
comunitaria e nazionale.
Dovrebbe prendere corpo, in realtà, una articolata operazione di intelligenza logistica basata
sia sulla ottimizzazione dei nodi intermodali di ingresso nella rete terrestre dei flussi di merce,
sia sull’ottimizzazione del carico a vuoto (oggi oltre il 40%), sia dei sistemi informatici
(Progetto Galileo), sia degli ambiti della produzione, degli stoccaggi, della scelta delle
modalità di trasporto.
Una intelligenza, quella del Progetto Galileo che, oltre ad ottimizzare le filiere logistiche,
dovrebbe anche consentire un controllo diffuso e sistematico dei tempi di guida e delle
velocità. Non un controllo saltuario ma un controllo reale e sistematico in grado di non
regalare nulla a nessuno.
Una intelligenza logistica che non può essere sottoposta a vincoli e penalizzazioni legate ad
una interpretazione che personalmente non ho condiviso in sede comunitaria; mi riferisco in
particolare alla Direttiva sulla Eurovignette
Pur condividendo, in proposito, le istanze ecologiste, l’Italia ha sempre sostenuto la necessità
di differirne i termini di adozione, per due precise motivazioni:
• non possiamo, in una fase di difficile ripresa economica, appesantire
ulteriormente l’incidenza del costo del trasporto sul valore delle merci
trasportate;
• non possiamo non avere certezze sui trasferimenti delle risorse generate da
Eurovignette a favore di intereventi infrastrutturali identificabili.
E proprio in Consiglio dei Ministri dei Trasporti della Unione Europea ho ribadito che non
possiamo sottovalutare la specificità del nostro Paese e di altri Paesi della Unione Europea in
cui l’orografia , il numero dei valichi, la forte antropizzazione del territorio fanno sì che la
Direttiva Eurovignette incida in modo rilevante sulla competitività dei processi produttivi.
(Convenzione delle Alpi)
In quella sede ho ricordato che per alcuni Paesi i cosiddetti “moltiplicatori” di montagna
comportano incrementi fino al 100 % dei costi esterni applicabili. Ciò non riguarda
esclusivamente l’ambito territoriale italiano, che pure presenta una propria peculiarità, ma
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riguarda ampi ambiti territoriali dell’Unione Europea che rischiano di essere penalizzati nella
crescita e nello sviluppo.
Un sistema trasportistico in cui oltre il 90% delle merci si muove ormai su strada, in cui il
costo della logistica, in alcuni casi, supera la soglia del 25%, non può essere ulteriormente
gravato da oneri che non siano, poi, reinvestiti nel comparto delle reti infrastrutturali.
Ciò si pone in evidente antitesi con la strategia ‘Europa 2020’ e con la politica di coesione e
produce altresì un danno pesantissimo al mondo dell’autotrasporto il quale, pur versando
risorse, non otterrebbe alcun vantaggio in termini di miglioramento dell’efficienza di offerta
infrastrutturale.
A mio avviso la Direttiva dovrebbe ispirarsi a due principi fondamentali:
1. Una graduale introduzione delle esternalità, in tutte le modalità di trasporto, unitamente
ad una completa valutazione degli impatti economici, ambientali e sociali.
2. La chiara definizione della destinazione degli introiti da costi esterni, da attribuirsi
comunque al settore trasporto, stabilendo altresì che le risorse derivanti dai moltiplicatori di
montagna siano destinate a favore dei progetti prioritari delle reti TEN.
In sede comunitaria, l’Italia ha votato contro perché non accetta che l’eurovignette sia di fatto
solo una tassa.
Ma tutto questo ci porta necessariamente, come dicevo all’inizio del mio intervento, verso una
rivisitazione integrale delle logiche con cui il mondo della produzione e dei consumi si
confronta con il mondo dell’autotrasporto e dei trasporti.
Il Governo ha sempre ritenuto strategico l’intermodalità ed ha lavorato (leggi 166del 2002 e
……. al trasferimento sulle altre modalità di trasporto (ferrovia, mare, aereo) di una rilevante
quota della domanda di trasporto ma questo obiettivo rimane, a mio avviso, un obiettivo
trasportistico e non logistico.
La logistica deve solo ottimizzare un processo, deve ottimizzare un itinerario e, quindi, può
benissimo in tale azione scegliere il “tutto strada” o, se conveniente per abbattere l’incidenza
del trasporto sul valore del trasportato, il ricorso ad una o ad altre modalità. Il trasferimento
delle merci dalla strada alla ferrovia o al trasporto via mare diventa, quindi, una esigenza di
tipo essenzialmente ambientale ed energetico e come tale produce un costo sulla
ottimizzazione del processo logistico. Questo costo non può gravare sulla produzione e quindi
non può essere causa di perdita di competitività.
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La ricerca ha fatto, in questi ultimi anni, sulla tipologia dei motori e sul loro fattore inquinante
passi davvero enormi; la classe Euro VI ad esempio ridimensiona in modo rilevante
l’emissione di CO2. Quindi il confronto sulle modalità penso debba essere sempre più basato
sulla capacità, sulla efficienza di chi garantisce, in modo organico, l’intero processo logistico.
So benissimo che un simile approccio impone molti approfondimenti, so benissimo che un
simile approccio è scomodo per chi detiene rendite di posizione, ma il PIL del Paese cresce di
più solo se le merci si movimentano con costi e con indicatori di efficienza della offerta
elevati. D’altra parte nel sottoscrivere il protocollo sull’autotrasporto, nell’estate scorsa, il
Governo aveva già anticipato simili problematiche e quel protocollo deve essere inteso non
come una nostalgia del dirigismo, ma come uno stimolo ad un miglior assetto del rapporto
committente/vettore.
Per assurdo potremmo assistere ad un aumento della produzione e non ad un aumento del
PIL; un simile paradosso il nostro Paese non può assolutamente viverlo specialmente in una
fase come questa in cui stiamo lentamente uscendo da una pesante recessione; una recessione
che senza la elevata responsabilità del mondi dei trasporti rischiava di incrinare in modo
irreversibile alcune filiere merceologiche, rischiava di ritardare in modo rilevante la ripresa
della nostra economia.
Le azioni che la Consulta per l’autotrasporto e per la logistica elenca e programma, sono
largamente condivise e potranno dare risultati importanti : la diminuzione graduale di 10 punti
l’anno dell’inefficienza logistica che insieme alle azioni per rendere più competitivi i nostri
accessi (porti, aeroporti, valichi) daranno una spinta aggiuntiva alla crescita del Paese che nel
decennio potrà arrivare ad almeno 0.5 punti\anno.
Il Ministro
Sen. Altero Matteoli
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Un Piano Operativo: non un libro dei sogni
Grazie all’azione seria e lungimirante del governo, il Paese ha retto meglio di altri alla grave crisi
economica mondiale.
Ora dobbiamo pensare alla crescita.
Nel Piano della Logistica si individuano le azioni che puntano ad attivare una crescita economica
aggiuntiva del nostro PIL che nel decennio arriverà almeno allo 0,5%.\anno.
Il Piano Nazionale della Logistica, che la Consulta Generale per l’Autotrasporto e la Logistica ha
predisposto, su richiesta del Ministro Altero Matteoli, si è avvalso , in questi mesi, di oltre 50
momenti di confronto politico-operativo con “tutto” il mondo della logistica e dei trasporti del
nostro Paese, a livello nazionale e periferico, sia per gli aspetti di metodo che dei contenuti.
Abbiamo avviato anche il confronto in Parlamento ove si sono svolte le Audizioni sulle “Linee
generali dei contenuti del Piano della Logistica” nelle rispettive Commissioni competenti della 8^
Commissione del Senato della Repubblica e della IX Commissione della Camera dei Deputati.
Tutto questo lavoro per giungere non solo ad un Piano condiviso ma ad un Piano operativo che,
nell'attesa che vengano realizzate le grandi infrastrutture strategiche di cui il Paese ha bisogno per il
suo futuro, inizi ad aumentare l'efficienza logistica già a partire dal 2011.
L’obiettivo è quello di accorciare i tempi degli interventi per eliminare il “ceppo” epidemico che
oggi è individuato e per il quale si auspica di trovare la terapia giusta attraverso le politiche di
attuazione del Piano; viceversa corriamo il rischio di mettere in ginocchio non solo le piccole e
medie imprese, ma anche i grandi gruppi sia privati che pubblici.
Cominceremo a ridurre la “grande tassa” della logistica che pesa sulla economia nazionale e
consentire al contempo che il settore possa diventare un fattore di sviluppo che spinga il Paese a
crescere di più. “Una tassa” che secondo Banca d’Italia vale 40 miliardi di euro.
La tassa della inefficienza logistica incide pesantemente sul costo di produzione del nostro Paese e
costituisce uno dei maggiori motivi di perdita di competitività del nostro Paese.
Uno sforzo di questo tipo che serve a dare una politica di intervento, attraverso i molteplici settori
della economia pubblica e privata, necessita del supporto e condivisione di tutti i grandi Gruppi (FS,
ANAS, Enel, Eni, Fiat, Concessionarie autostradali, Esercito, Autorità portuali, Sistemi aeroportuali
e le rappresentanze Confederali di settore.)
Il Piano della Logistica sulla base delle linee strategiche individuate accoglierà in un Patto della
Logistica 2 le condivisioni delle linee operative.
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Con le azioni del Piano puntiamo ad ottenere una riduzione dei costi della logistica del 10%
all’anno e questo significa 4 miliardi di euro solo in termini di riduzione delle inefficienze ma
serve, allo stesso tempo, ad aumentare la capacità di attrazione di nuovi flussi di traffico.
La stima complessiva è di 5-7 miliardi di euro all’anno (comprensivi delle nuove quote di trasporto
merci dirette verso l’Italia) di maggior crescita del Paese.
Per raggiungere questi obiettivi accanto ai tanti interventi a costo zero, che abbiamo individuato
nelle cosiddette azioni , si richiedono misure infrastrutturali nella logica di “rete” e dei “corridoi
delle reti” sotto il vincolo delle risorse finanziarie disponibili e misure urgenti sul piano delle
regole.
Nel Piano della Logistica troviamo in primo luogo quelle priorità che servono a realizzare dragaggi
nei porti, migliorare i tempi delle dogane, favorire una riforma portuale virtuosa, incentivare le
aggregazioni di imprese di autotrasporto e/o servizi anche attraverso contratti di rete, percorsi
formativi mirati, ecc., migliorare l’assetto normativo del settore sia per gli aspetti di semplificazione
che di formulazione di nuove norme (contratto della logistica) per l’attuazione del Piano.
Le prime tappe del programma di attuazione che abbiamo già messo in atto negli ultimi mesi sono:
− Recepimento delle linee di intervento della Consulta nel Programma Infrastrutture
Strategiche (8^ Allegato Infrastrutture 2011-2013) presentato dal Governo e approvato in
Parlamento;
− Inserimento del Piano della Logistica nel “ Programma nazionale di riforma per l'attuazione
della Strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva - Europa 2020”
− Piano per il Sud
− Interventi per Expo 2015
− Decreto Ferrobonus che ha rifinanziato il cargo ferroviario;
− Fondo di Garanzia per le imprese di autotrasporto conto terzi;
− Interventi per la riduzione del costo del lavoro nel settore autotrasporto;
− Autotrasporto: regolamentazione tempi di carico e scarico (max 2 ore), tempi di pagamento,
regolarità contributiva, corresponsabilità;
− L’insediamento di un tavolo di esperti per la semplificazione normativa;
− L’insediamento dell’Osservatorio dei costi in seno alla Consulta;
− Audizione alla 8^ Commissione del Senato della Repubblica;
− Audizione alla IX Commissione della Camera dei Deputati;
La capacità di incisione del Piano sarà determinata dall’impegno corale centro-periferia, degli
operatori logistici-istituzioni della logistica, Stato-Regioni-Comuni in un lavoro che renderà più
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competitivo ed attrattivo il nostro Paese. Tutti gli interlocutori saranno decisivi e premiati dal
gioco di squadra. Per questi motivi tra i primi adempimenti del nuovo Piano sarà il nuovo Patto
per la logistica che radunerà attorno al tavolo anche gli Enti Locali.
In conclusione, dopo aver lavorato alla difesa del settore nei due anni della crisi, oggi lavoriamo
alla crescita del Paese.
Il Presidente della Consulta Generale
per l’autotrasporto e la logistica
Bartolomeo Giachino
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1. La condivisione interministeriale delle scelte
Con la impostazione del Piano della Logistica, innanzi delineato per il programma di sviluppo e
attuazione del Piano, saranno tenuti costantemente aperti i “canali” di comunicazione tra i
diversi gruppi di lavoro attivati anche con gli altri Ministeri allo scopo di dare valenza di
politica industriale al settore dei trasporti e della logistica, che sarà un elemento cardine della
politica economica del Paese. La logistica entra nell’anima delle politiche governative.
Con questi obiettivi, il tavolo di confronto si è aperto con tutti i rappresentanti dei diversi
ministeri presenti in Consulta, per definire i punti focali di un percorso finalizzato da un lato ad
eliminare le criticità evidenti ed immediate quelle definite a “costo zero” e dall’altro ad attivare
interventi di medio-lungo termine nella logica dello sviluppo di sistema e di razionalizzazione
dei costi.
Il quadro di analisi e valutazione può essere così schematizzato:
a. Con il Ministero dell’Interno . Il Ministro Maroni ha sottoscritto un Protocollo d’intesa
con il Ministro Matteoli per contrastare l’abusivismo e promuovere l’aumento dei
controlli su strada, per la regolarità e qualità del mercato, anche attraverso strutture di
supporto specializzate che consentono alle forze dell’ordine e quelle del Ministero delle
Infrastrutture e Trasporti di aumentare i livelli di controllo ai fini della sicurezza, della
trasparenza del mercato e per limitare la diffusione del cabotaggio abusivo sul nostro
territorio. Il progetto sarà implementato con la introduzione di tecnologie informatiche
per ridurre i tempi delle operazioni, migliorare i risultati per le utenze e con il
recepimento della direttiva europea;
b. con il Ministero degli Affari Esteri si è già definito il programma di attività avendo
come obiettivo quello di promuovere sia i collegamenti con i Paesi in via di sviluppo del
Nord Africa e della costa Atlantica sia con i Paesi del Far East per strutturare processi di
facilitazione per le attività di import-export con il supporto di adeguate politiche per la
logistica capaci di rafforzare il peso geo-economico dell’Italia l’immagine logistica del
Paese.
c. con il Ministero delle Politiche Agricole si sono definite le linee operative per un
approfondimento delle criticità ed individuazione delle soluzioni per accorciare la
numerosità degli attori nella filiera dell’agro e allo stesso tempo ridurre i costi ed i tempi
legati alle operazioni di trasferimento dai luoghi di produzione ai mercati di consumo.
Uno degli aspetti che sarà particolarmente focalizzato e valorizzato è quello dei tempi di
carico e scarico delle merci oltre ovviamente a quello dei flussi di settore sulle diverse
aree del territorio;
18
d. con il Ministero dell’Ambiente, si è aperto il tavolo per coniugare le politiche ambientali
con quelle della produzione dei servizi di trasporto. Il primo aspetto su cui si avvierà
tavolo di lavoro comune è quello di ritrovare i punti di collegamento ai fini della
interoperatività e della messa a sistema dei servizi, per arrivare ad una piattaforma
telematica al servizio dei trasporti e della logistica, nella logica della sicurezza e della
safety. Il progetto SISTRI piattaforma telematica, unitamente a UIRnet ed alla
piattaforma del Comitato Centrale dell’Albo costituiscono di fatto l’architettura di base
per dar vita alla Piattaforma Telematica integrata ambiente-trasporti-logistica-sicurezza;
e. con il Ministero della Economia, si sono evidenziati, e saranno analiticamente
analizzate, le modalità per sostenere una politica industriale del trasporto merci e della
logistica orientando le risorse di sostegno al settore a politiche di investimento per una
riduzione dell’incidenza del costo della logistica nel costo della produzione oltre
ovviamente al tema della separazione tra rete ferroviaria e gestore ed a quello del ruolo
di player logistico delle FS stesse nonché per il tema della Riforma delle autorità
portuali per gli aspetti economici-finanziari;
f. con il Ministero delle Politiche Comunitarie, si porranno in essere politiche di settore
nella compatibilità delle direttive e dei regolamenti comunitari per consentire che le
nostre misure di intervento che saranno definite per la attuazione del Piano siano
candidabili con le regole e procedure richieste, ad accedere a finanziamenti comunitari;
g. con il Ministero delle Attività Produttive saranno attivate e concordate le politiche di
filiera che interessano l’automotive, elettrodomestici in una prima fase per una
successiva estensione a tutte le filiere, in primo luogo a quelle che saranno
regolamentate anche attraverso i previsti accordi di settore,
h. Con il Ministero del Welfare per definire misure finalizzate alla riduzione del costo del
lavoro per evitare la delocalizzazione delle più importanti imprese di trasporto italiane.
i. Con il Ministero per il Rapporto con le Regioni sarà attuato un piano di lavoro per
trovare i punti di convergenza tra la politica del Sud e la politica per il Mezzogiorno
come previsto dal Piano della logistica.
19
2. Il confronto internazionale
2.1 Indice di competitività della logistica: l’Italia a confronto
2.1.1. La velocità delle procedure doganali e i fattori della competizione logistica
Doing Business, un progetto della Banca Mondiale che confronta le procedure regolamentari per
gran parte dei paesi del mondo. Rilevante è che per fare “business”, oltre fattori quali la
permessualistica di inizio attività, l’ottenimento di un finanziamento, ed anche ad esempio la
registrazione della proprietà, “Doing business” misura un importante fattore della attrattività
commerciale in Italia in particolare: i regolamenti che sovrintendono alle esportazioni ed alle
importazioni.
Diciamo subito che essendo la pubblicazione a periodicità annuale, in un solo anno per l’indice
“Trading across borders”l’Italia è scesa dal 53° posto al 62°. Tale situazione non deriva da un
peggioramento endogeno dei fattori costituenti tale indice, ma piuttosto dal fatto che altri Paesi
stanno migliorando le loro performance mentre l’Italia avendo bloccato il Piano 2006 ha perso 4
anni. La scelta di un Piano della logistica immediatamente operativo nasce da qui. Alcune delle
azioni indicate a costo zero potranno dare i primi risultati già nel 2011.
La misura della performance logistica si basa essenzialmente sui:
• “tempi di esportazione/importazione”1, cioè sui giorni calendario necessari per espletare le
formalità sia doganali che commerciali tra le parti,
• costi di esportazione/importazione, ovvero costi dei documenti di accompagnamento,
l’espletamento delle procedure doganali nonché la movimentazione di porto, interporto,
retroporto. Non include tariffe né tasse.
• Numero di documenti di esportazione ed importazione : ovvero dei documenti di
sdoganamento, documenti necessari alle operazioni portuali, documenti commerciali tra le
parti.
La situazione italiana, evidenzia un numero necessario di giorni necessari per queste formalità pari
a 20 (venti). Lontani dai cinque giorni necessari per esportare in Danimarca, o dai 7 giorni necessari
in Germania per importare.
Oggi in Italia si registrano fino a 17 tipi di controllo diverso alla frontiere ed allo scalo portuale e
possono occorrere fino a 73 documenti per poter procedere all’importazione di un bene.
Per questi motivi è essenziale ed urgente lo sblocco dello sportello unico doganale.
1 Per le assunzioni di base delle singole voci si rimanda alle pagine 39-42 del documento “Doing business 2008: Italy” World Bank Group. www.doingbusiness.org
20
2.2. La logistica italiana nella competizione mondiale
La Banca Mondiale, quasi a sottolineare ormai l’importanza del fattore “logistica” nella
competizione mondiale economica, finanzia il progetto “Logistics Performance Index”. E’ il primo
in assoluto che misura il gap che esiste tra le varie nazioni delle capacità di commercio
internazionale-
Questo indice, basato su un sondaggio mondiale condotto presso gli operatori logistici ed i corrieri
espressi è uno strumento di benchmarking per confrontare la performance dei singoli paesi lungo la
loro supply chain interna. Questo indice, che è stato eseguito su 150 paesi del mondo, è sottotitolato
con “connecting to compete”, che la dice lunga su come la logistica è posta al centro della
competizione mondiale dei sistemi economici.
La costruzione dell’indice tenta di captare le variabili fondamentali che sono alla base della capacità
di una nazione di muovere rapidamente, in modo affidabile ed economicamente competitivo, le
merci attraverso i propri confini. Disegnato sulla competenza dei professionisti della logistica,
fornisce una estesa raffigurazione della performance della supply chain nazionale: procedure
doganali, costi logistici, qualità delle infrastrutture, rintracciabilità della spedizione navale,
puntualità alle destinazioni, competenza della industria domestica logistica.
Lo studio rileva che tra i fattori chiave su cui si basa la competizione, vi è “l’affidabilità” della
catena logistica di una nazione. Si rileva che gli operatori mondiali sono sempre più preoccupati
circa i costi crescenti dovuti ad imprevisti, inefficienze, lentezze del sistema logistico di un paese,
piuttosto che singolarmente sui tempi o sui costi in senso stretto delle operazioni commerciali.
L’indice suggerisce inoltre che le politiche nazionali dovrebbero soprattutto focalizzarsi
sull’”inanellamento” delle procedure doganali, gestione dei flussi di confine, infrastrutture,
regolamenti sui trasporti terrestri.
Gli indici sono stati calcolati sulla base di diversi indicatori, vale a dire:
a) l’inefficienza del controllo doganale e degli altri organi di frontiera
b) le infrastrutture in termini di qualità dei trasporti e informatica legata alla logistica
c) facilità nella gestione delle spedizioni internazionali
d) le capacità del sistema logistico intermodale
e) le capacità di seguire lo stato di ogni spedizione
f) i costi da sostenere per la logistica interna
g) la tempestività nel raggiungere le destinazioni.
L’indice rileva infatti che le nazioni “performanti” sono le nazioni che tipicamente hanno attuato un
reale approccio sistemico alle loro riforme.
21
Il posizionamento italiano, al 22° posto, è tra i paesi europei con vocazione “portuale” ancora molto
lontana dall’Olanda e dalla Germania, che associano ai porti una “retroportualità” integrata ed
affidabile.
Le variabili utilizzate sono state enucleate in principali “macrofattori”, e precisamente “dogana”,
“infrastrutture” e “spedizione internazionale” “competenza logistica domestica” “costi logistici
nazionali” “puntualità”.
Dalla tabella 5 si evince che i costi del trasporto terrestre interno alla nazione, che per questo
singolo fattore ci posiziona al 132 posto, non pesa sulla valutazione complessiva. Infatti la stessa
Olanda (best practice per l’Europa e seconda in tutto il mondo) si posiziona al 120° posto, mentre
Singapore prima in tutto il mondo si posiziona al 113° posto.
La media europea per il trasporto nazionale di un container di 40 piedi dal porto al sito di una
fabbrica interno ad una nazione è mediamente di 700 dollari, che chiaramente è di molto superiore a
gran parte dei costi di trasporto dei paesi in via di sviluppo od emergenti.
L’indice così evidenzia che ciò che pesa nella valutazione complessiva degli operatori mondiali è la
“l’affidabilità” dei trasporti. L’affidabilità è inversamente collegata ai costi totali e strettamente
collegati soprattutto ai tempi delle operazioni.
Tabella: posizionamento italiano complessivo e sui singoli fattori
Questi costi cono stati definiti come somma dei costi diretti, ovvero tutti i costi associati alla attività
di spedizione, ma anche di costi indotti, cioè dei costi di non consegna, impedimento alla consegna,
depositi. Questi sono tutti costi associati alla scarsa “predittibilità” della catena logistica.
Si dimostra come a maggiori costi indotti dalla poca “affidabilità” del sistema, l’indice logistico
diminuisca, e che quando questi sono bassi, non importa che i costi “diretti” aumentino, l’indice
logistico aumenta comunque.
Un dato quantitativo e serio sul fatto che l’affidabilità (che in questo caso specifica chiaramente un
generica “qualità”) e la “predittibilità” dei tempi e dei modi di consegna pesano ormai nella
competizione globale.
Indice logistico:
dogana Infrastrut. Spedizioni internaz.
Competenza logistica
Track&trace Costi logistici
puntualità
22° 29° 23° 21° 21° 21° 132° 23°
22
In ordine alle caratteristiche espresse per servizi forniti alle utenze ed agli operatori, si evidenzia
che l’Italia è al 53° posto per la qualità della rete stradale, al 45° posto per la qualità delle ferrovie,
all’83° posto per la qualità delle infrastrutture portuali, all’85° posto per la qualità del trasporto
aereo.
23
3. I valichi
La sempre tristemente attuale questione dei valichi alpini , con deficit infrastrutturali e
regolamentazioni che limitano la permeabilità della barriera alpina, rappresenta, da questo punto di
vista, un prioritario ambito di intervento.
Confermare i progetti prioritari TEN-T che garantiscono l’ancoraggio dell’Italia all’Europa
continentale, individuare alcuni porti strategici per l’accoglienza dei traffici, integrarli in maniera
efficace con le reti di trasporto terrestre, gli interporti e le piastre logistiche, promuovere la
comodalità e le autostrade del mare sono passaggi irrinunciabili per avviare la richiamata centralità
della logistica.
Le reti TEN-T sono una priorità per il Paese che va sostenuta con forza anche sul piano finanziario
per rispettare i benefici definiti dal Regolamento UE 913/2010 relativo alla rete ferroviaria europea
per un trasporto merci competitivo.
Il Regolamento individua alcuni Corridoi internazionali a vocazione merci e definisce:
• I CRITERI PER L ’EVENTUALE SELEZIONE DI ALTRI CORRIDOI E RELATIVE MODIFICHE
• I PRIMI CORRIDOI E LE RELATIVE DATE DI OPERATIVITÀ . PER L ’I TALIA
entro il 10 nov 2013
1. Zeebrugge-Anversa/Rotterdam-Duisburg-[Basilea]-Milano-Genova (Corridoio 24);
2. Almería-Valencia/Madrid-Saragozza/Barcellona-Marsiglia-Lione-Torino-Milano-Verona-
Padova/Venezia-Trieste/ Capodistria-Lubiana-Budapest-Zahony (confine tra Ungheria e
Ucraina) (Corridoio 5);
entro il 10 nov 2015
3. Stoccolma-Malmö-Copenaghen-Amburgo-Innsbruck-Verona-Palermo (Corridoio 1);
4. Gdynia-Katowice-Ostrava/Žilina-Bratislava/Vienna/Klagenfurt-Udine-Venezia/Trieste/
Bologna/Ravenna/ Graz-Maribor-Lubiana-Capodistria/Trieste (Corridoio Adriatico).
Unitamente ai Corridoi già definiti è necessario che entro il 2020 si abbassi il baricentro dei
corridoi operando una saldatura con quelli che riguardano il Masterplan Euro Mediterraneo,
secondo la proposta presentata in sede europea dal Ministro Matteoli.
Queste priorità operative vanno accompagnate da politiche per le:
- modalità di istituzionalizzazione del corridoio
- assegnazione delle capacità (tracce).
Le grandi infrastrutture e le loro esigenze di integrarsi in rete rappresentano una priorità, ma anche
gli interventi minori non possono prescinderne. Qui emerge la notevole responsabilità degli enti
locali e delle regioni, data la loro competenza principale in materia con i quali sarà concordato un
programma di intervento per soddisfare le logistiche, pubbliche e private.
24
Al fine di operare un’efficace programmazione degli interventi infrastrutturali che puntino sulla
valorizzazione e la crescita del comparto logistico, non si può prescindere da un’attenta
pianificazione finanziaria.
Per questo le decisioni di investimento vanno doverosamente adottate su basi tecniche ed
economico-finanziarie il più possibile oggettive e confrontabili, al fine di massimizzare l’impiego
efficace delle risorse e di definire la loro allocazione efficiente.
3.1 Le aree di crisi per l’attraversamento delle Alpi, misure di intervento e valutazione degli
impatti
Il sistema dei valichi alpini connette l’Italia al resto dell’Europa e, per questa ragione, ha una
rilevanza strategica sia dal punto di vista trasportistico sia per i riflessi dello sviluppo del territorio.
La crisi dei valichi alpini è dovuta al fatto che queste infrastrutture, sia ferroviarie che stradali,
hanno una capacità di trasporto non sufficiente a soddisfare a condizioni date la domanda di
trasporto merci attesa nel prossimo decennio per effetto soprattutto dei pesanti vincoli di ordine
ambientale e per la sicurezza. Questo sistema, infatti, vedeva transitare nel 1991, su ferro e su
gomma, circa 92 milioni di tonnellate di merci, 129 milioni di tonnellate nel 2001, circa 140 milioni
di tonnellate nel 2002. Nell’arco dei prossimi 10 anni, secondo le previsioni al 2007, il traffico
internazionale dell’Italia è destinato ad aumentare di circa il 40%.
Le stime elaborate nel 2008 in relazione alla pesante crisi economica, hanno modificato lo scenario
futuro, pertanto si è riproposto un ampio dibattito sulle modalità di intervento per disciplinare i
traffici attraverso le Alpi.
In ogni caso la domanda di trasporto e i flussi attesi all’orizzonte del 2020 evidenziano criticità dei
valichi ferroviari e stradali. La soluzione che prevede il potenziamento del sistema ferroviario
transfrontaliero, e quindi la realizzazione di nuove infrastrutture che consentiranno di soddisfare la
domanda di trasporto attesa, ed allo stesso tempo il trasferimento di ingenti quote di traffico dalla
strada alla ferrovia, al fine di ottenere un effettivo riequilibrio modale con notevoli vantaggi dal
punto di vista ambientale e della sicurezza, oltre che economico, potrà essere realizzata solo nel
lungo termine2.
A livello comunitario e da parte dei singoli Paesi della nuova Europa negli anni sono stati elaborati
altrettanti studi per cercare il sistema di gestione di traffico per il trasporto merci transalpino che
potesse determinare condizioni per un riequilibrio modale, al fine di ottimizzare gli effetti di
congestione, di inquinamento ambientale e insicurezza del sistema. I sistemi di modellizzazione che
2 Studi specifici di approfondimento sono stati sviluppati dal Comitato Centrale dell’Albo degli Autotrasportatori per valutare la situazione ai singoli valichi: Gottardo, Frejus, Monte Bianco, Brennero, Tarvisio, Sempione, negli anni dal 2006 al 2008.
25
sono stati elaborati sono stati filtrati da un ulteriore studio allo scopo di definire le best reserach di
sistemi di gestione del traffico per il trasporto merci su strada transalpini. Si è arrivati ad una sorta
di shakeraggio tra i diversi sistemi di modellizzazione che riguardano specificamente:
- Gestione del traffico
- Sistema di tariffazione ed esazione pedaggi
- Modelli per migliorare la sicurezza stradale
- Modelli per aumentare la ripartizione modale.
I risultati di tutti questi modelli, molto teorici, sono stati analizzati singolarmente sia attraverso
incroci applicativi e i risultati vengono comunque analizzati sia sotto il vincolo di aspetti di legalità,
che aspetti normativi, nonché di applicazioni di politiche da parte dei singoli paesi.
Il risultato è che ogni politica viene posta in una lettura di maggior costo dell’autotrasporto sia per
un aumento dei pedaggiamenti per l’attraversamento dei valichi sia per i maggiori costi dovuti alle
deviazioni, perseverando comunque nel concetto che le Alpi sono un’area sensibile!
L’altro punto è che ormai risulta con una forte evidenza il ruolo di battistrada della Svizzera seguito
dall’Austria per le politiche di divieto che possono essere superate con una “commercializzazione”
delle capacità a fronte di una disponibilità a pagare per attraversare i confini.
In questo quadro l’attuazione delle politiche prospettate avrà effetti pesantissimi sulla economia dei
paesi in particolare dell’Italia, effetti che comunque vanno specificati ed approfonditi.
In uno studio sui singoli valichi effettuato dal Comitato Centrale dell’Albo, si evincono i forti
impatti che le misure che si stanno programmando possono avere sul settore dell’autotrasporto in
termini di maggiori costi e tempi per attraversare le Alpi3.
Questi impatti al 2006 furono valutati in 1.500 miliardi di euro; le politiche di indirizzo che ad oggi
vengono formulate porterebbero ad un impatto economico-finanziario anche maggiore. Per
l’attraversamento delle Alpi è necessario tenere aperto un lavoro di osservazione anche per gli
interventi infrastrutturali che oltre ai lavori di tracciato deve omogeneizzare i terminali per
accogliere i moderni semirimorchi di 4 metri.
3 Nella estensione di queste note si da per scontata la lettura del documento finale della ricerca “Best research dei Sistemi di gestione del Traffico per il Trasporto Merci su Strada Transalpino” e quindi non ci sono richiami ai concetti base ivi esposti. Vedi il documento: Best research dei “Sistemi di gestione del traffico per il Trasporto Merci su Strada Transalpino” TREN/E1/55-2007. Osservazioni al Rapporto finale
26
4. Le politiche ferroviarie per le merci
Il futuro del trasporto ferroviario per le merci è oggetto di confronto in Europa, a valle della crisi
economico-finanziaria. Il trasporto ferroviario di merci è infatti interessato da dinamiche evolutive
di notevole impatto:
- la crisi ha colpito in misura particolarmente acuta i traffici per i quali la ferrovia è più vocata
(internazionale, materie prime, automotive) e ha inasprito la concorrenza della modalità stradale,
che ha registrato un calo dei noli e un ricorso più frequente a commesse spot e alla
rinegoziazione di contratti, determinando fenomeni di back shift modale e la conseguente
destrutturazione di servizi ferroviari. In Europa il calo dell’attività ferroviaria nel 2009 è stato
mediamente doppio rispetto alla contrazione del trasporto stradale,
- i piani europei per la sostenibilità ambientale dei trasporti sollecitano un forte impiego
dell’alternativa ferroviaria soprattutto per le lunghe e lunghissime percorrenze, anche mediante
una più spinta internalizzazione dei costi esterni del trasporto su gomma (Eurovignette),
- i maggiori partner europei investono sulle ferrovie. Oltre ai diffusi regimi di incentivazione al
combinato ferroviario, la Francia ha varato nel 2009 un piano straordinario per il settore che
prevede, tra l’altro, il raddoppio dell’istradamento ferroviario da/verso i Grandi Porti entro il
2015; in Germania, DB persegue una strategia di espansione verso la Russia, l’Asia centrale e la
Cina, complementare a una rete di acquisizioni e joint venture portate a termine sull’intero
scacchiere europeo,
- la creazione di un mercato europeo realmente integrato, che favorirebbe lo sviluppo del mercato
sui servizi di lunga distanza, sconta i vincoli tecnici legati ad una interoperabilità ancora parziale.
I piani per la sincronizzazione degli investimenti per l’interoperabilità sui principali corridoi
proseguono, ma richiedono calendari progressivi,
- la liberalizzazione del mercato europeo sconta gravi ritardi reciproci, come testimoniano le
procedure di infrazione aperte nel 2009 nei confronti della quasi totalità dei Paesi Ue (tutti i
maggiori partner inclusi), con un intrinseco effetto distorsivo sui processi di crescita delle
aziende e del mercato. Questa constatazione, sollecitata dagli stessi operatori, ha determinato
l’avvio di una revisione della normativa comune che regola l’apertura dei mercati,
l’indipendenza dei gestori di rete e le funzioni dei regolatori. Resta attuale, nel frattempo, la
questione di una reciprocità che assicuri effettiva parità di condizioni di accesso ai mercati.
In Italia la drammatica contrazione della domanda inerente alla crisi si è sommata al processo di
ristrutturazione / riduzione del perimetro operativo e riallineamento dei prezzi al mercato operato
27
dal maggior operatore, Trenitalia, determinando nel 2009 un calo complessivo delle tkm che il
Conto Nazionale Trasporti stima nel 27% rispetto al 2008.
A ciò si aggiunge il graduale abbandono nel settore cargo del traffico diffuso ovvero del servizio di
trasporto merci a carro completo che ha portato di fatto alla scelta di pochi terminali funzionali al
traffico internazionale e a quello interno. Ciò sta comportando, anche per gli aspetti che riguardano
il processo di liberalizzazione del servizio, una grande preoccupazione sugli spazi operativi
possibili per gli operatori privati che operano e che si stanno attivando per la gestione dei servizi
ferroviari.
Sulle strategie cargo delle Ferrovie dello Stato (che negli ultimi anni hanno conseguito importanti
risultati) è necessario un cambio di passo sia pure graduale, con un atto di indirizzo e di controllo da
parte del Governo che di fatto attraverso il contratto di programma e contratto di servizio, impegna
risorse importanti nel settore.
È per questo che è necessario un programma di medio termine, concordato tra Ferrovie dello Stato e
Governo nel settore cargo, ma leggibile anche da operatori privati che hanno impegnato non poche
risorse per richiedere licenze ferroviarie e per esercitare servizi soprattutto su relazioni scarsamente
servite da Trenitalia Cargo. Il programma dovrà rendere leggibile anche la scelta relativa ai
terminali da cui discende l’assetto di rete dei servizi. Un mercato dei servizi ferroviari con la
presenza di Trenitalia-Cargo, ma anche di altri operatori privati ferroviari può sostenere un rilancio
del trasporto combinato soprattutto sulle relazioni internazionali, ove per i vincoli posti dai paesi di
confine, è sempre più difficile attraversare le Alpi con il trasporto su gomma.
Accade che alcuni operatori impegnati per ragioni di import-export nei traffici internazionali
trovino difficoltà oggettive ad orientarsi verso i servizi ferroviari anche quando i traffici
potenzialmente possono costituire treni completi.: un mercato nel quale treni completi possano
essere realizzati non solo da un singolo operatore, ma anche aggregando più quote di domanda per
le stesse relazioni favorirebbe la concentrazione dei traffici sui terminali, marketing di aggregazione
della domanda, trasparenza nei prezzi, etc.
Una tale politica richiede una riprogrammazione della Rete e dei nodi (stazioni terminali, raccordi,
porti ed interporti) in una logica funzionale allo svolgimento del servizio ferroviario. C’è la
necessità di definire un network – che seguendo le indicazioni della Unione Europea – che porti alla
creazione di corridoi e nodi espressamente dedicati alle merci che non si sovrappongono al trasporto
passeggeri.
E’ necessario anche un utilizzo degli incentivi al cargo ferroviario, di cui alla legge 166 del 2002 ,
da erogare in rate decennali invece che in unica soluzione come prevista per legge.
28
4.1. Le azioni a breve termine
La politica aggressiva da parte di operatori ferroviari stranieri richiede un rapporto di reciprocità
europeo per consentire all’operatore italiano di definire un quadro chiari nei rapporti con altri
operatori ferroviari europei ed i tal modo mettere a punto un piano industriale per reggere la
concorrenza e migliorare la capacità di attrazione di traffici soprattutto sulla lunga distanza. La
riduzione degli scali ferroviari se è in linea con quanto si sta operando a livello europeo (Germania
50 terminali ferroviari – Francia circa 70 terminali) richiede un’attenta localizzazione e
rafforzamento degli impianti sul territorio a supporto delle direttrici di traffico di scala nazionale ed
internazionale. Un altro aspetto importante è il collegamento efficiente e diretto tra porti e
retroporti, con scelte innovative sulla operatività dei sistemi ferroviari all’interno dei porti. Per
quest’ultimo aspetto è necessario intervenire su un punto di forte criticità che è quello delle
manovre ferroviarie che incidono non poco sulla formazione del costo ferroviario.
Eventuali misure di sostegno di questo settore a favore di strutture societarie o soluzioni
tecnologiche performanti è uno dei punti su cui potranno essere operate opportune analisi ed
approfondimenti. Per il collegamento con i retroporti questi vanno rafforzati, anche mediante
l’identificazione di soluzioni per le tracce e i pedaggi funzionali a servizi navetta tali da
massimizzare l’uso del materiale rotabile, e prioritariamente per migliorare i collegamenti dai porti
italiani a\da relazioni internazionali e per la portualità che presenti programma di sviluppo definiti
e certi. Per dare un quadro d’insieme delle politiche di settore sarà definita la rete portante
ferroviario cargo e gli hub ferroviari che ne caratterizzano l’ossatura di base. Così come saranno
attentamente sostenute politiche incentivanti il passaggio da vendite FOB a quelle CIF come
previsto per gli altri settori dei trasporti.
29
5. Integrazione modale: intermodalità e co-modalità
Nel nostro Paese la scarsità della risorsa “territorio”, la dispersione produttiva, la forte
antropizzazione e la proiezione peninsulare chiusa a nord dalle Alpi e allungata nel cuore del
Mediterraneo rendono indispensabile puntare ad una elevata integrazione comodale e intermodale.
L’una e l’altra esigono la transizione delle politiche settoriali da un approccio costruito per tipologia
di trasporto ad un approccio per mercati, più funzionale all’individuazione delle priorità di
intervento.
La comodalità è un concetto introdotto dall’Ue dal 2006 ed esprime l’organizzazione di ciascuna
modalità tale da favorire il miglior impiego delle risorse di infrastruttura e di servizio; essa risponde
all’obiettivo di ottimizzare le prestazioni complessive del sistema della mobilità merci sulla base di
un forte orientamento dell’integrazione operativa, per realizzare il massimo “risparmio logistico” di
sistema.
La comodalità è un concetto dinamico. Punta al miglior utilizzo delle risorse esistenti, tenuto conto
di e mentre maturano gli interventi – infrastrutturali e regolatori – a loro volta ordinati a realizzare
le condizioni di una co-modalità più avanzata.
Le risorse di cui si ricerca l’uso ottimale sono tutte quelle che la mobilità intercetta: economiche,
infrastrutturali, industriali e di servizio, professionali, energetiche, ambientali. La co-modalità
implica una realistica presa d’atto delle condizioni di partenza e la costruzione di un percorso di
innovazione graduale coerente finalizzato alla crescita del valore prodotto.
L’attualità di questo approccio discende, in Europa e in Italia, da almeno tre fattori:
a) la crescita dei traffici su reti che, presso le porte d’accesso al territorio e su segmenti sempre
più numerosi, soffrono di condizioni di congestione non risolvibili in tempi immediati;
b) l’accelerazione delle politiche sovranazionali che traducono in una penalizzazione
economica diretta l’impiego inefficiente delle risorse climatiche, ambientali ed energetiche;
c) l’organizzazione complessiva del sistema attuale della mobilità, che presenta ampi margini
di possibile (graduale) ottimizzazione, utili a sostenere gli obiettivi di crescita e
competitività delle economie del vecchio continente nel confronto internazionale.
L’intermodalità è parte essenziale dell’approccio comodale e ha implicazioni su più fronti. Sul
grado di effettiva integrazione dei servizi offerti incidono infatti, direttamente, aspetti
infrastrutturali e regolatori per i quali si rinvia ad altre parti del documento: l’assetto concorrenziale
dei servizi destinati ad interagire, la pianificazione ed effettiva progressione della rete dei corridoi,
la magliatura delle infrastrutture minori, l’accessibilità dei nodi di integrazione e di scambio
30
modale, l’efficienza dei servizi accessori, la localizzazione delle piattaforme di scambio e le relative
vocazioni prevalenti, ecc4.
Non sfugge, naturalmente, che un buon livello di integrazione delle reti e dei servizi di trasporto è
una delle condizioni di sviluppo dell’industria logistica e di promozione del territorio – si pensi al
Mezzogiorno - come piattaforma di interesse per i flussi internazionali. Né sfugge che la razionalità
dello sviluppo di rete è un fattore di attrattività per i capitali privati, con effetti di riduzione degli
oneri pubblici e di moltiplicazione delle utilità collettive.
Un approccio realistico al tema implica la chiara presa d’atto che l’intermodalità consiste in una
catena di servizi, nella quale ciascuno degli operatori coinvolti risponde a logiche economiche
proprie e partecipa se ne ha convenienza. Costruire condizioni di convenienza per i diversi attori
della catena richiede che si trovi un buon equilibrio tra le rigidità e le vocazioni proprie
dell’intermodale.
È noto che l’economicità dell’intermodale è in genere vincolata ad alcune rigidità : distanze minime
elevate, simmetria dei flussi, concentrazione dei carichi lungo la direttrice, frequenza e affidabilità
del servizio, committenza relativamente strutturata (investimenti in UTI), accessibilità dei nodi di
scambio modale e buoni tempi di transito, compatibilità delle discipline nazionali nei traffici
internazionali, qualità dell’infrastruttura lungo la linea (ferrovie), forte coordinamento tra i fornitori
del servizio.
Ciò non esclude la sostenibilità economica di servizi diversi, come i collegamenti ferroviari brevi
tra porto e retroporto/interporto, in ragione della frequenza o degli effetti di ottimizzazione del
servizio complessivo.
D’altra parte l’intermodalità presenta elementi di forza rispetto all’alternativa del tutto-strada:
� maggior vocazione alle lunghissime percorrenze e al traffico containerizzato o comunque
unitizzato, crescenti in un mercato continentale progressivamente più integrato;
� minore inquinamento atmosferico e acustico;
� riduzione della congestione della rete stradale, dei transiti frontalieri e portuali;
� minore consumo di risorse energetiche;
� valorizzazione dell’Italia quale gateway per le merci destinate al centro Europa;
� specializzazione del trasporto per classi di distanza e tipologia di merci trasportate;
� razionalizzazione d’impiego del personale e dei mezzi per l’autotrasporto che se ne avvalga;
� migliore gestione degli spazi portuali;
4 Alcuni dei temi sopra indicati sono trattati in altre parti del documento, anche con riferimento alla logica territoriale organizzata su piattaforme e piastre logistiche. Di seguito si sintetizzano le evidenze emerse dagli approfondimenti svolti con riferimento specifico al tema dell’intermodalità.
31
� estensione delle fasce orarie (utilizzo notturno) e di tutti i giorni della settimana
Quanto fin qui detto orienta la riflessione riguardo alla costruzione delle condizioni, fisiche ed
economiche, perché all’enunciazione di intenzioni o alla realizzazione di interventi segua in
concreto lo sviluppo di traffici intermodali. Due condizioni ne sono presupposto:
� assumere un modello organizzativo generale, in cui ad una rete portante di linee e nodi
tendenzialmente completa nelle sue funzioni sia integrata una rete di impianti minori o di
più elevata specializzazione, funzionali a catene logistiche di area o di filiera;
� garantire nelle diverse situazioni locali una effettiva unitarietà organizzata degli impianti tra
loro complementari (sistemi portuali, terminal ferroviari, aree retro portuali, poli logistici in
grado di manipolare anche traffico da attestare su altri impianti etc.).
Le sollecitazioni emerse da parte degli attori economici sono coerenti con quanto detto sopra e
concordano sulle seguenti priorità, per lo più originate dalla lamentata esperienza di prassi opposte:
• evitare la dispersione delle risorse e la proliferazione di infrastrutture, pubbliche o private, al
di fuori di una logica di sistema, tali da produrre la cannibalizzazione di traffici che
richiedono semmai polarizzazione e concentrazione, focalizzando invece l’erogazione di
servizi logistici di qualità al trasporto e all’industria;
• allineare in una logica di sistema gli indirizzi nazionali con i piani di sviluppo territoriale di
competenza di Regioni ed enti locali e i lavori di censimento e coordinamento dal basso già
disponibili (mappatura delle connessioni di terra per i sistemi portuali, tavoli tecnici del
Piano della mobilità);
• includere, tra le priorità del disegno nazionale di sviluppo intermodale, le opere minori,
puntuali e di ultimo miglio, ad elevato impatto logistico, ovvero in grado di generare
capacità aggiuntiva e migliore qualità dei servizi erogati sui corridoi a vocazione merci;
• riqualificazione degli insediamenti immobiliari per la logistica capaci di supportare la
riorganizzazione dell’offerta e la trasformazione della domanda;
• aggiornare il quadro normativo che disciplina l’attività degli interporti, che sono parte ormai
di uno schema di rete di rilievo europeo e, pur restando attori dello sviluppo regionale,
servono territori secondo una geografia dei flussi che va oltre i perimetri amministrativi
locali, favorendo anche in questo comparto l’aggregazione imprenditoriale, ed una politica
di condivisione delle scelte in ordine ai raccordi ferroviari ed alla gestione sui servizi
ferroviari con l’operatore FS;
• correggere l’effetto di destrutturazione della rete nazionale di collegamenti ferroviari tra le
regioni economiche del Paese conseguente alla riorganizzazione delle attività di Trenitalia
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Cargo e alla sopravvenuta crisi economica, effetto che sta portando ad una caduta
dell’offerta intermodale/combinato al Centro e al Sud;
• pianificare interventi sull’infrastruttura ferroviaria in modo da avere un sistema di banchine
e di impianti terminali capaci di consentire la produzione di treni più lunghi e più pesanti
sulle direttrici prioritarie per i traffici intermodali;
• abbattere le inefficienze derivanti dall’assenza di coordinamento tra i vari attori coinvolti,
specie nel transito portuale, anche mediante lo sviluppo di sistemi intelligenti a rete.
Attenzione particolare va dedicata ai regimi di incentivazione per l’intermodalità, che il mercato
indica, allo stato, come determinanti per orientare una quota non irrilevante della domanda verso
combinazioni di trasporto diverse dal tutto-strada (modalità a sua volta sovvenzionata), con l’effetto
di assicurare al vettore marittimo o ferroviario livelli di carico regolari e sufficienti ad offrire il
servizio e di stimolare il caricatore o autotrasportatore a sperimentare e consolidare soluzioni di
trasporto nuove, favorendo altresì forme di aggregazione della domanda.
In entrambi i casi – intermodalità marittima e intermodalità ferroviaria – l’azione pubblica deve
favorire la concentrazione di traffici su collegamenti adatti allo shift modale, per distanze e
tipologie di merci, con l’obiettivo di far emergere e consolidare i corridoi di terra o di mare che
abbiano elevata valenza logistica, cioè rispondano effettivamente ai flussi di mercato, si connettano
efficacemente alle reti a monte e a valle, e possano essere tendenzialmente accompagnati verso
l’autosostenibilità.
Per quanto riguarda il marittimo, le Autostrade del Mare, nazionali e internazionali, dimostrano di
avere buone prospettive di sviluppo. Il regime di incentivazione italiano – l’ecobonus – premia
l’autotrasporto che viaggi con relativa frequenza su nave su collegamenti selezionati, ed è
considerato a livello europeo una best practice di cui viene raccomandata l’estensione anche per
collegamenti internazionali.
La buona attrattività maturata da questa misura deve trovare stabile conferma nelle politiche
pubbliche. L’ulteriore sviluppo dello Short Sea dipende però anche dalla regolarità sia dei flussi di
domanda, per assicurare sufficienti tassi di carico delle navi, sia dell’offerta nell’arco dell’anno, per
consolidare la percezione dell’alternativa marittima come una componente della rete. Misure utili a
questi fini si rintracciano in una destinazione specifica e preferenziale di azioni/finanziamenti ai
porti dove si attestano linee di short sea che abbiano dato prova di essere ben recepite dal mercato, e
per l’organizzazione di spazi tendenzialmente separati per l’accosto e il deflusso in servizio AdM in
area Schengen. Da non sottovalutare anche lo sviluppo di azioni di divulgazione mirata.
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Saranno altresì incentivate le riorganizzazioni degli spazi portuali dedicati al fine di migliorare la
fluidificazione dei flussi separando gli spazi dedicati al traffico Schengen rispetto ai traffici extra
Schengen.
Più complesso, ma non rinviabile, il discorso sui regimi di sostegno alla domanda di servizi
intermodali ferroviari , che presuppongono una committenza più strutturata e presentano rigidità
maggiori. L'Italia è tra i pochi Paesi che, sino al recente decreto “ferrobonus”, non ha sostenuto
l'intermodalità ferroviaria con incentivi pubblici ai servizi e/o agli investimenti, salvo alcuni
provvedimenti di carattere regionale (Friuli Venezia Giulia, Veneto, Campania, Emilia Romagna).
La ristrutturazione del servizio di Trenitalia Cargo ha negli anni recenti ridotto il perimetro
operativo e avviato il riallineamento dei prezzi al mercato. La crisi economico-finanziaria ha
concorso a determinare, in Italia come in Europa, un calo drammatico della domanda e il
dirottamento di traffico all’inverso, dalla ferrovia alla strada. Il dato più significativo è la caduta di
oltre il 40% della produzione nazionale del complesso degli operatori tra il 2006 (ultimo anno di
applicazione degli incentivi ex lege 166) e il 2009.
Il rilancio del trasporto ferroviario merci unitamente al potenziamento delle vie del mare e del
trasporto aereo è stato condiviso nella logica di un riequilibrio dei trasporti ed un rilancio del
sistema logistico italiano. Per questo si pone anche il tema se una grande piattaforma logistica
nazionale ha bisogno anche della formazione di un grande player logistico nazionale capace di
operare su un network di servizi integrati, secondo il principio della co-modalità.
Questo processo può facilitare la specializzazione dei servizi rispetto alle relazioni di traffico da
servire e sostenere il progetto dell’adozione della formula FOB, auspicata da tutti, da parte delle
nostre imprese che operano sui mercati internazionali.
Occorre invertire rapidamente la tendenza e questo è uno degli obiettivi più importanti del Piano.
Le azioni mirate all’intermodalità ferroviaria dovranno concentrarsi su tre segmenti prioritari: il
transito alpino, i carichi unitizzati in transito portuale, il combinato nazionale di medio-lunga
percorrenza.
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6. I porti: quello che va bene per i porti, va bene per il Paese
I porti insieme ai valichi sono una grande risorse per il nostro Paese. La loro potenzialità è doppia
rispetto a quella attualmente utilizzata sin qui.
La vocazione marittima è parte della storia e della cultura del Paese, e si pone oggi come volano di
sicura crescita economica, in grado, al contempo, di evidenziare il ruolo geopolitico di leadership
nel bacino mediterraneo e di rispondere al crescente peso della domanda di green economy
L’obiettivo minimo del Piano per l’attività portuale è il recupero dei 2 milioni di contenitori –
destinati al nostro Paese ed alle Regioni limitrofe – che invece scelgono di arrivare ai porti del
Nord Europa sin qui più competitivi. Il valore di questo obiettivo varia a seconda della efficienza
della retroportualità e può oscillare da 2 a 4 miliardi di Euro.
Sulla base di quanto già definito nella elaborazione del documento sottoposto alla ampia
consultazione del settore, sono stati esplicitati alcuni orientamenti fondamentali sulla cui
importanza finora c’è stata unanimità di consensi. Per quanto riguarda la portualità, essi ruotano
attorno a quattro temi:
- il tema del ruolo della portualità italiana nel contesto euromediterraneo.
- il tema della competitività
- il tema delle risorse
- il tema della governance
6.1. Il ruolo della portualità nel contesto euromediterraneo
Il Paese nel suo complesso ha sottovalutato il ruolo strategico dei porti per l’economia e la mobilità
dell’intero sistema: senza i porti, anzi, senza porti efficienti, l’Italia non potrà far valere una delle
sue peculiarietà più importanti che è quella della collocazione geografica unitamente a quella delle
fitte relazione che la sua economia ha stretto e si avvia a stringere con altre aree del mondo.
Il Piano della Logistica riconosce il valore strategico dei porti e si fa carico di portare questa
consapevolezza nelle linee d’azione.
Il ruolo dei porti nel campo dell’approvvigionamento energetico, della continuità territoriale, dei
collegamenti con i Balcani e la penisola iberica, è abbastanza presente nella coscienza comune, così
come la loro importanza per l’industria turistica. Ciò che stenta ad essere percepito è il ruolo che i
porti hanno nel nuovo assetto dell’economia globale, si continua a parlare dell’Italia come
“piattaforma logistica naturale nel mezzo del Mediterraneo” ma questo slogan necessita di politiche
adeguate e corrette a breve, che il Piano vuole mettere in campo da subito.
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L’interscambio commerciale del nostro Paese, al netto degli approvvigionamenti energetici, è
ancora per il 70% vincolato ai destini dell’Europa, dell’Unione Europea, dell’area dell’euro. In una
simile configurazione i modi di trasporto prevalenti in maniera schiacciante sono quelli terrestri.
Una nuova sfida si pone per il nostro Paese, che è quella di adeguare la disciplina vigente perché la
portualità rappresenti uno sbocco alternativo ai porti del Nordeuropea per i traffici generati dalle
economie della Mitteleuropa. E’ l’Unione Europea a spingere in questa direzione, mettendo al
primo posto dei corridoi ferroviari europei a vocazione merci da attivare quello Zeebrügge-Genova
(cfr. la decisione del Regolamento UE 913/2010, pubblicato sulla G.U. Ue L276 del 20.10.2010).
Considerazioni di carattere ambientale rafforzano questo orientamento e il mercato non potrà non
tenerne conto. Un container, che raggiunge il mercato europeo attraverso i porti italiani e poi
su rotaia, produce meno CO2 rispetto al container che arriva attraverso i porti del Nord
Europa.
Secondo aspetto fondamentale: come ha dimostrato in maniera inequivocabile l’imprevista ripresa
dei traffici marittimi della prima metà del 2010, l’economia mondiale sarà trainata da Paesi come la
Cina, il Brasile, l’India; i distretti industriali italiani e il sistema manifatturiero nel suo complesso
sono da tempo orientati verso questi mercati, la cui incidenza nell’interscambio complessivo del
nostro Paese è destinata ad aumentare fortemente ed in certi settori è già dominante. Su queste
direttrici il modo di trasporto con schiacciante prevalenza è quello marittimo.
Il terzo aspetto fondamentale è invece quello che riguarda il Mediterraneo, ove è necessario, nella
logica di rete nazionale e mediterranea diffusa, compatibilmente con le Direttive comunitarie di
settore, rafforzare le vie del mare facendo leva e valorizzando lo shipping nazionale che proprio
nello Short Sea e nei servizi ro/ro delle Autostrade del Mare è leader, in Europa e nel mondo. Il
bacino Mediterraneo è una infrastruttura naturale a costo zero in cui transita il 19% dell’intero
traffico mondiale ed ove si posizionano ben 80 porti di rilevanza internazionale. Un bacino che
abbraccia 25 Stati di tre continenti diversi e che nel 2020 rappresenterà un mercato potenziale di
525 milioni di persone. Si continua a ripetere che i porti del Nord Africa sono un pericolo, per la
rapidità con cui hanno costruito le loro infrastrutture e il costo del lavoro inferiore al nostro. Non
v’è dubbio che costituiscono un forte elemento di competitività per il transhipment che oggi guarda
ai porti italiani.
Bisogna però avere coscienza che il litorale nordafricano e i paesi asiatici del Mediterraneo
Orientale (in primis Israele e Turchia) possono rappresentare il terzo importane pilastro del nostro
interscambio commerciale via mare. Il Nordafrica deve essere pensato come un’opportunità, non
come un pericolo. Lo testimoniano le numerose imprese italiane che hanno investito in quell’area.
E ne è testimone soprattutto l’armamento italiano, che ha già a disposizione la seconda flotta
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mondiale di traghetti e continua ad effettuare massicci investimenti in nuove navi che consentono di
mettere in campo un’offerta di trasporto d’eccellenza: prendendo in considerazione i soli traffici
regolari ro/ro merci e/o passeggeri, sono attualmente oltre 450 le partenze settimanali, servite da
oltre 100 navi, che collegano porti italiani con altri porti (nazionali od esteri) del Mediterraneo.
I tre pilastri dello sviluppo futuro (alternativa ai porti del Nordeuropa, aumento della quota di
scambi intercontinentali, sviluppo dei traffici Inframed) impongono pertanto di focalizzare
l’attenzione sui porti di destinazione finale,nella logica multi porto, del Nord Tirreno e dell’Alto
Adriatico, che sono quelli posizionati meglio per intercettare le nuove correnti di traffico. La prima
conseguenza di questa impostazione è quella che riguarda il concetto di competitività: esso non può
limitarsi all’efficienza delle operazioni portuali (che va migliorata principalmente dandosi
applicazione alle regole europee in materia di concorrenza e di accesso al mercato), ma deve
comprendere l’intera catena logistica fino all’utente finale. I porti italiani potranno avere costi di
handling o di servizi tecnico-nautici inferiori a quelli di Anversa e di Rotterdam, potranno avere
fondali paragonabili, ma finché il clustermattimo-portuale non sarà in grado di offrire un costo
unitario competitivo da banchina a utente finale e viceversa, saranno sempre fuori gioco oppure
continueranno, come oggi, a svolgere un ruolo regionale. Il Piano della Logistica è l’insieme di
iniziative per abbattere i costi dell’intera catena di trasporto.
6.2. Il tema della competitività
Esiste una convinzione generalizzata che la competitività dei porti italiani sia fortemente
compromessa dal pesante fardello di adempimenti burocratici imposti all’utente, con aggravio di
costi e rallentamento del flusso operativo e delle transazioni commerciali. Nessuno dei numerosi
stakeholder con i quali c’è stato il confronto, ha negato la legittimità e la necessità dei controlli che i
vari organi dello stato ed i vari uffici preposti alle diverse funzioni amministrative sono tenuti ad
esercitare in ottemperanza a normative che in gran parte sono di fonte europea o internazionale. Ma
questi doverosi controlli non possono paralizzare un porto. Un salto di competitività si ritiene possa
essere ottenuto assicurando:
- eguali procedure per lo stesso tipo di operazioni in tutti i porti
- uniformi orari operativi degli uffici H24
e accelerando il più possibile un’estesa informatizzazione che consenta di applicare i medesimi
protocolli nei rapporti tra gli utenti e le diverse amministrazioni preposte al controllo.
L’istituzione dello sportello unico doganale, per il quale il Piano della Logistica prende un impegno
formale di realizzazione, sarà un primo importante passo avanti. Il tema della competitività è stato
sin qui limitato perché l’area mercato servita dai porti non ha superato i confini del Paese. Nel
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momento in cui l’area si estende in seguito alla maggiore integrazione delle reti e c’è la pressione di
una nuova clientela, l’orizzonte competitivo può e deve cambiare. Il problema della competitività
delle imprese portuali dopo la grave crisi attraversata dal settore viene segnalato da più parti e
quindi è importante impostare un progetto strategico per porti che è dato da:
- Razionalizzazione e potenziamento delle infrastrutture a servizio interno ed esterno ai porti;
- Riforma portuale per adeguare la gestione ai tempi;
- Progetti infrastrutturali certi e definiti anche con project financing;
- Verifica delle procedure per accorciare i tempi di attesa per l’imbarco e lo sbarco delle merci;
- Potenziamento porti, retroporti, etc.;
- Riduzione del costo del lavoro come per il settore dell’autotrasporto;
- Definizione dei ruoli delle Autorità portuali con una chiara distinzione tra le funzione delle
Autorità portuali e quelle delle Autorità marittime (senza confusione di ruoli);
- Attribuzione alle Autorità portuali delle funzioni di promotore di servizi di logistica nel
territorio anche per velocizzare e rendere più certi i tempi di pianificazione e realizzazione degli
investimenti;
- Sviluppo di piattaforme telematiche portuali per il trasporto merci e la logistica che si
interfacciano con la piattaforma telematica nazionale (SISTRI, UIRNet, Albo degli
Autotrasportatori).
6.3. Le misure necessarie
Alcune misure sono indispensabili ed urgenti per provare a vincere la sfida del mediterraneo.
Occorre in primo luogo aumentare i poteri della Autorità portuali – proprio in quanto enti
indipendenti e neutrali – e contemporaneamente sopprimere le barriere di accesso che non siano
giustificate da esigenze di protezione della sicurezza e dell’ambiente. Da molti anni le misure
amministrative adottate ai sensi delle norme del codice della navigazione non appaiono favorire i
traffici.
In secondo luogo occorre definire priorità di intervento per i porti fortemente ancorati ai corridoi
europei.
In terzo luogo occorre promuovere la finanza di progetto anche all’interno dei porti, non già in
competizione con le autorità portuali, ma in un clima di effettiva collaborazione. In questo contesto
occorre promuovere strumenti finanziari nuovi per realizzare le infrastrutture essenziali in una
logica di sussidiarietà infrastrutturale. Una traccia che si sta consolidando nei Paesi europei e specie
nei Paesi confinanti.
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In quarto luogo è indispensabile vi sia una pianificazione dei porti e dei trasporti, e forse una loro
regolazione, ad opera di un ente superiore. La parte della regolazione è quella più delicata e
contemporaneamente quella dove le attese sono maggiori.
Nell’attuazione del Piano il contributo dei privati e della Finanza di progetto sarà valorizzata.
Il dibattito “operato” su questi temi impone anche processi di regolazione, da attribuire ad una
autorità nazionale deputata all’attuazione del Piano.
Ed è evidente che tre criteri dovranno prevalere nelle valutazioni di ordine tecnico e politico: (a)
quello della importanza di una certa opera per la politica nazionale, (b) quello della idoneità del
progetto ad auto finanziarsi con il traffico e (c) quello del coinvolgimento del territorio e della sua
disponibilità finanziaria, scelte di politica connessa a quella dei porti.
6.4. l tema delle risorse
Ai programmi infrastrutturali che hanno ottenuto l’approvazione del CIPE debbono essere garantiti
i finanziamenti necessari alla loro realizzazione, così come debbono essere garantite alle Autorità
Portuali le risorse per l’ordinaria manutenzione.
Occorre distinguere la finalità generale per cui l’autonomia finanziaria è stata richiesta dalle forme
tecniche con cui possono essere diversamente indirizzate risorse pubbliche.
Il fine principale dell’autonomia finanziaria è quello di introdurre meccanismi premianti che
costituiscano incentivo ad accrescere la competitività dei singoli porti. E’ un intendimento
diametralmente opposto a quello dei finanziamenti a pioggia. Qualunque sia tecnicamente la forma
per restituire ai porti una parte del reddito generato con i loro traffici, questo orientamento
“premiante” dovrà essere mantenuto. I porti che faranno meglio, che sapranno attirare più traffico,
dovranno poterne trarre un beneficio, ma deve essere data la possibilità almeno ai porti strategici di
poter accedere a queste forme incentivanti, già a partire dal 2011.
In un periodo di stretta finanziaria le risorse possono venire in gran parte anche da azioni di
razionalizzazione e di efficientamento.
6.5. Il tema della governance
Il dibattito che si è aperto sulla riforma della legge ‘84 è sintomo di crescita ed impone di
individuare soluzioni organizzative nuove in un clima di dialogo e di confronto costruttivo.
Molto importante e decisivo sarà il lavoro della Commissione Lavori Pubblici del Senato.
Da una parte occorre certo spingere verso forme di apertura del mercato perché vi accedano le
grandi organizzazioni di traffico e degli investitori; dall’altra parte tuttavia è indispensabile una
forma di regolazione seria e posta in essere da autorità trasparenti, che contemporaneamete
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promuova il “buon funzionamento” (nella logica europea beninteso), l’occupazione, l’ambiente la
sicurezza.
In precedenza si sono sintetizzate alcune misure che, opportunamente declinate, possono aiutare i
redattori di una reale riforma.
Nel caso di un impiego massiccio della finanza di progetto è inutile indugiare sulle formule e sulle
definizioni, e quindi fra finanza di progetto pura e la finanza di progetto mista. Ciò che è importante
è che si coinvolgano i capitali internazionali sulle infrastrutture e sui porti italiani (che fra l’altro in
genere producono effetti del tutto neutrali) rendendo l’investimento attrattivo. Ciò con la
consapevolezza che, occorre offrire alle banche ed ai fondi internazionali condizioni giuridiche
attrattive, altrimenti essi saranno destinati ad altri investimenti o ad altri Paese (che, come si è
verificato fino ad oggi, cresceranno di più del nostro).
Occorre in breve si crei anche in Italia un vero e proprio mercato delle infrastrutture che sia
separato da quello della terminalistica e dei traffici e che offra all’investitore piccolo o medio
certezze e rimuneratività. Le regole pertanto che riguardano il sistema delle concessioni in ambito
portuale debbono essere riscritte per dare garanzie all’investitore, per assicurare la trasparenza del
mercato (secondo la normativa europea) e per permettere di tutelare il patrimonio dello Stato,
ottenendo al tempo stesso un risparmio di risorse pubbliche. Altrettanto decisamente occorre
intervenire su quei meccanismi che spesso rischiano di paralizzare il funzionamento del porto; in
tale quadro vanno ridefinite le funzioni e le competenze dei Comitati Portuali.
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7. Trasporto su strada: il conto proprio
Negli ultimi 20 anni, l’attività politico-normativa si è focalizzata soprattutto sul trasporto per conto
di terzi, e cioè sul settore dell’autotrasporto.
In realtà, il trasporto in conto proprio occupa uno spazio importante nell’assetto trasportistico e
logistico del Paese: infatti, in questo segmento di attività, si rinvengono i presupposti ed i paradigmi
dell’autotrasporto in generale, anche con le modificazioni e le evoluzioni che caratterizzano il
settore. Le tre componenti essenziali, la strada, il veicolo e l’uomo, sono le stesse per il conto
proprio e per il conto terzi, e si portano dietro i problemi tipici dell’attività di trasporto su gomma:
in questa logica, i due rami di attività dovrebbero essere disciplinati dalle stesse regole per gli
aspetti comuni.
I dati statistici dicono con chiarezza che in tutti i maggiori Paesi europei è rilevante il peso dei
viaggi a vuoto su strada sul totale dei veicoli-km percorsi (con percentuali variabili tra il 15 e il
30%), con un’incidenza nettamente più elevata nel conto proprio (31%) rispetto al conto terzi
(23%). In Italia le stime indicano un’incidenza superiore al 40%, anche per la dimensione
dell’attività in conto proprio a cui afferisce un numero di veicoli che, se si includono quelli di
portata < 3,5 tonn, viene indicato in più dei 2/3 rispetto al conto terzi.
I viaggi a vuoto determinano un inutile carico sulla rete viaria, maggiori emissioni inquinanti e uno
spreco di energia e di lavoro. Su questo fronte va ricercato un recupero di efficienza anche nel conto
terzi, ma non c’è dubbio che l’ottimizzazione logistica è un obiettivo più difficilmente praticabile
per chi ricorra al conto proprio.
Di qui la necessità di avviare un approfondimento sulle condizioni e le motivazioni che inducono
l’imprenditore ad effettuare in proprio e con propri autoveicoli i trasporti connessi alla produzione e
commercializzazione dei prodotti, facendo chiarezza sul ruolo dei due comparti per favorire forme
di collaborazione tra le due tipologie di trasporto, l’una dove giustificata dalle esigenze del ciclo di
produzione e distribuzione, l’altra portatrice di una professionalità specifica, logisticamente più
avanzata.
Ad oggi, forse non siamo riusciti a far capire agli “addetti” ai lavori che il professionista del
trasporto a tutto campo è un vero e proprio esperto, che l’impresa di trasporto non si improvvisa, e
che il modo di organizzare l’autotrasporto e di effettuare il servizio non può essere “spontaneistico”,
ma è la conseguenza di esperienza, formazione e qualità.
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7.1. Il cabotaggio stradale
L’entità del cabotaggio stradale dà conto del livello di penetrazione degli operatori stranieri sul
mercato interno.
Negli ultimi anni questa penetrazione è stata molto più evidente, anche per effetto dei differenziali
nei livelli di costo della mano d’opera delle aziende italiane rispetto a quelle dell’Est Europa.
Siamo passati da una percentuale di vettori stranieri impegnati in attività di cabotaggio, pari a circa
l’1% nel 2004, vale a dire prima dell’apertura a tutti i nuovi Paesi entrati nell’Unione europea,
completata nel maggio 2009, ad una presenza di oltre il 5%.
Si tratta di numeri importanti, che, anche se si osservasse rigorosamente il recente regolamento
europeo che disciplina l’attività di cabotaggio, danno la misura di quanto sia necessario, da un lato,
continuare ad aumentare e a migliorare i controlli su questa attività estendendo alle altre Regioni il
protocollo controlli Friuli firmato il 29 ottobre scorso, e, dall’altro, operare a livello comunitario per
un rapido allineamento delle condizioni socio-economiche dei Paesi dell’Unione.
7.2. Normalizzazione degli Albi provinciali e nazionale e crescita dimensionale delle imprese
Prioritario è il riordino del quadro delle aziende che risultano iscritte all’Albo degli
autotrasportatori, oltre 157.000 al luglio 2009.
Nei primi mesi del 2011 occorre chiudere, in collaborazione con l’Upi e l’Albo dell’autotrasporto, il
processo di normalizzazione degli Albi provinciali, attraverso la cancellazione immediata delle
imprese senza veicoli, stimate in circa 50.000, per creare condizioni di trasparenza sul fronte
dell’offerta, indispensabili per meglio disciplinare il mercato dei servizi di autotrasporto.
La strada da seguire è anche quella di superare i limiti dimensionali con aggregazioni, fusioni,
accordi di collaborazione, anche attraverso strumenti di incentivazione nuovi rispetto a quelli
utilizzati in passato e che non hanno prodotto i risultati auspicati.
E’ necessario fare uno sforzo per allargare la base delle imprese che per dimensioni aziendali
possono puntare su attività di tipo logistico, attraverso nuovi strumenti di aggregazione di imprese
e/o servizi (contratti di rete, di distretto, di filiera) che consentano la formazione di “massa critica”.
Se non vogliamo indebolire ulteriormente il tessuto imprenditoriale italiano ed assistere al crollo
delle entrate da parte dello Stato, anche di quelle fiscali, occorre uno sforzo per invertire la tendenza
e ridare competitività alle imprese, generare una redditività di lunga durata, investimenti e
occupazione, attraverso:
• sgravi fiscali e contributivi, anche legati al mantenimento e/o all’incremento della base
occupazionale;
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• forme agevolate per le imprese che assorbano soggetti che escono dal mercato, unitamente a
misure più rigide di accesso al mercato per le imprese di autotrasporto;
• riduzione del costo del lavoro per le aziende di autotrasporto.
Adottare inoltre una politica restrittiva sui contingenti autorizzativi in essere con i Paesi
extracomunitari, e creare sul mercato quelle condizioni operative che lo rendano più concorrenziale
nei traffici stradali internazionali, facendo recuperare al nostro Paese una presenza non soltanto
simbolica sulle direttrici di traffico verso i Paesi non-UE.
7.3. Controlli più efficaci e banca dati dell’autotrasporto
È ormai in dirittura di arrivo il recepimento, con apposito decreto legislativo, delle direttive europee
4 e 5 del 2009, destinate ad avere un impatto decisivo sull’operatività ed efficacia dei controlli sul
traffico pesante.
Infatti, la direttiva 2009/4/CE, che si prefigge l’obiettivo di ridurre al minimo i rischi di alterazione
del tachigrafo digitale, riguarda la strumentazione standard da fornire alle autorità di controllo e
dispone che, nelle verifiche da effettuare su strada, debba essere posta particolare attenzione alla
eventuale presenza di dispositivi idonei ad alterare i dati registrati dal tachigrafo.
La direttiva 2009/5/CE, relativa all’elenco delle infrazioni da prendere in considerazione per
l’attribuzione di un “indice di rischio” alle imprese di autotrasporto, prevede l’introduzione di un
sistema di classificazione del rischio, fondato sul numero e sulla gravità delle infrazioni commesse
ai regolamenti sui tempi di guida e di riposo: sulla base del coefficiente di rischio attribuito, verrà
calibrata l’attività di controllo, assoggettando a controlli più frequenti le imprese che presentano un
indicatore della classe di rischio elevato.
La lista delle infrazioni previste dalla direttiva determina, per ciascuna di esse, il livello di gravità
(molto grave, grave, minore) e comporta, in ciascuno Stato, la creazione di una apposita banca dati,
una sorta di black list interoperabile delle imprese di autotrasporto, che contenga intanto le
informazioni necessarie sulle imprese e le infrazioni da queste commesse, con possibilità di
ulteriore implementazione. I criteri, che potrebbero portare ad un meccanismo simile a quello a suo
tempo costruito per la patente a punti, saranno messi a punto dai Ministeri delle infrastrutture e dei
trasporti, dell’interno, e del lavoro e politiche sociali, che ascolteranno anche l’avviso delle
associazioni di categoria dell’autotrasporto: in sostanza, occorrerà tener conto della gravità
dell’infrazione commessa, ma anche dell’entità del parco veicolare, del numero dei dipendenti, dei
chilometri percorsi, del numero delle giornate lavorative controllate.
Una volta a regime, avremo controlli più performanti sull’intero territorio dell’Unione Europea, e,
grazie anche alle azioni messe in campo dal Piano, potrà essere favorita la competitività delle
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imprese più virtuose, mettendo i committenti in condizione di scegliere tra vettori con differenti
“indici di rischio”.
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8. Il trasporto aereo
Le politiche per il trasporto aereo sul versante della regolarità dei servizi, dell’affidabilità del
sistema aerocargo e competitività sono tutti strumenti orientati a rendere obbligatorie entro tre anni
la collaborazione tra i diversi soggetti, sia per il sistema della telecomunicazione dei servizi che
della standardizzazione delle procedure per avere più elevati livelli di sicurezza del sistema.
Il trasporto aereo rappresenta in termini di quantità il 2-3% delle merci movimentate, ma
rappresenta anche il 35% in termini di valore. Per questo il Piano mette a punto progetti strategici
che partendo dalle valutazioni su aspetti territoriali-urbanistici e posizionamento delle strutture
aeroportuali anche in termini di accessibilità, siano in grado di raggiungere per capacità livelli di
massa critica per la organizzazione di servizi impostati nella logica di h 24, organizzazione della
documentazione amministrativa di accompagnamento alle merci.
L’obiettivo deve essere anche quello di rendere egualmente performanti sia la organizzazione dei
servizi per i soggetti che operano all’interno dell’aeroporto che per quelli che operano all’esterno
dell’aeroporto.
Allo stesso tempo per potenziare ed incrementare i traffici, recuperando quella metà di cargo aereo
che oggi utilizza scali europei e anche i tempi di trasferimento delle merci sia in import che export,
deve essere consentita la libera circolazione dei veicoli per i servizi di trasporto per le merci in
ingresso e/o uscita dagli aeroporti.
Gli Enti locali primari deputati a seguire le procedure della migliore allocazione delle strutture e
della loro gestione delle attività devono per questo poter svolgere un ruolo di programmazione e
controllo, rendendo indipendenti le attività richiamate da quelle della partecipazione alla gestione
dei servizi che devono trovare le migliori convenienze di gestione sotto il vincolo della normativa
che riguarda i rapporti di lavoro, la sicurezza, ecc.
Per il settore aerocargo allo scopo di facilitare quanto più possibile la applicazione e la attuazione
delle procedure richiamate nella logica anche di un miglioramento ed efficientamento dei processi
logistici, saranno incentivate le politiche di vendita franco destino in una prima fase ed in via
sperimentale per i prodotti made in Italy, attraverso misure di sostegno da riconoscere all’operatore
logistico certificato nella logica di filiera. Il vaucher logistico è legato e commisurato all’attività e a
durata dei contratti ed a standard operativi in linea con quelle che sono le politiche di settore.
Le best practices sperimentate per questo segmento di mercato potranno, laddove viene dimostrato
di essere efficaci, essere utilizzate dagli altri settori, nella logica delle filiere.
Questa procedura è in linea con il cambio di passo che si sta registrando anche a livello
comunitario, quando si sottolinea che devono essere testati i processi prima di varare norme che
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finiscono molto spesso per allungare la catena delle complessità. I processi in atto sono in alcuni
casi mutevoli e ancora non standardizzabili; il percorso indicato dà la possibilità di operare
attraverso politiche strutturali non contingenti.
8.1. Gli obiettivi prioritari per una politica di sviluppo dell’air cargo negli aeroporti italiani
Alla luce degli interventi dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato in materia di
servizi aeroportuali5, emerge chiaramente la necessità di un sostegno al processo di liberalizzazione
del mercato dei servizi di handling, attraverso interventi mirati, quali:
• riduzione delle barriere all’entrata nel mercato dei servizi di assistenza a terra;
• maggior trasparenza nell’accesso alle infrastrutture centralizzate;
• eliminazione, per la certificazione di idoneità dei prestatori, di quei requisiti non strettamente
necessari che possano avere l’effetto di creare forme di barriere all’ingresso;
• sostegno al monitoraggio degli standard di sicurezza e qualità indicati, prevedendo la possibilità di
sanzioni nei casi in cui gli handler risultino inadempienti
• creazione degli slot solo per i vettori cargo, che esulano dai contingenti bilaterali attualmente
esistenti per i passeggeri.
Inoltre, gli operatori spingo per una accelerazione del programma e-customs, teso alla
digitalizzazione di tutti i documenti necessari all’espletamento delle procedure doganali, e del
programma di armonizzazione tra regolamenti ENAC e regolamenti dell’Agenzia delle Dogane.
5 Si veda ad esempio il provvedimento numero 19189 apparso sul Bollettino del 8 Gennaio 2009, provvedimento numero 19020 del 23 ottobre 2008.
46
9. Il sistema fluviale
Il sistema fluviale è stato sin qui notevolmente trascurato. Se è vero che non potrà assorbire quote
di traffico rilevanti, in alcuni casi ed in alcune aree soprattutto nel Nord del Paese può essere di
supporto e di integrazione di sistema nella logica della co-modalità. Un richiamo riguarda
soprattutto la valutazione della convenienza economica dell’investimento che va realizzato
soprattutto, per quanto riguarda il naviglio, in modo che può essere utilizzato per una operatività
flessibile. Sarà utile sperimentare, già a partire dal 2011, una qualche misura di incentivazione.
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10. Le linee di intervento prioritarie delle piattaforme logistiche
Premessa
Alla luce del progetto di reti Ten presentato in Europa nel corso del semestre di Presidenza italiano
(2003) ed il loro collegamento con il nostro sistema portuale vi sono le condizioni per fare del
nostro Paese il perno della Area di Logistica del Sud Europa.
Nel Piano della Logistica dell’anno 2005-2006 furono individuate e definite le piattaforme
logistiche del Paese riconfermate nella logica di programmazione territoriale ed infrastrutturale nei
diversi documenti di pianificazione di scala nazionale e regionale.
Allo scopo di definire delle linee prioritarie di intervento da integrare con le politiche di scala
regionale di attuazione del Piano, vengono schematizzati gli assi portanti ed i nodi di interesse
nazionale per un assetto infrastrutturale di sistemi di supporto ad un rilancio dei trasporti e della
logistica.
La piattaforma logistica del Nord-Ovest è caratterizzata dal sistema portuale:
- Genova-Voltri
- Savona-Vado Ligure
- La Spezia
Con la retroportualità di Tortona (Rivalta Scrivia), Novara, Orbassano,Cuneo, Mortara, sulla gronda
Sud e Lecco-Maggianico sulla gronda Nord, unitamente al sistema logistico diffuso dell’area
milanese in uno con la piastra logistica di Piacenza.
La piattaforma logistica così configurata si collega sul corridoio 24 Genova-Rotterdam sull’asse del
Sempione e del Gottardo, che trova i punti di forza nel riordino e potenziamento dei nodi ferroviari
di Alessandria, Domodossola e l’hub ferroviario di Milano e quello aeroportuale di Milano
(Malpensa-Orio al Serio).
La piattaforma logistica del Nord-Est, punta a rinsaldare i collegamenti con il centro Europa
attraverso il potenziamento del Corridoio del Brennero, rafforzato nei collegamenti con i porti di
Trieste-Monfalcone, Venezia-Marghera con gli interporti di Padova, Verona, Trento, e
Cervignano,con la retroportualità di Gorizia- Fernetti. Il porto di Ravenna si configura anche quale
testa di ponte per il sistema fluviale padano, nell’area del Nord-Est, fermo restando la sua
baricentricità rispetto all’area centrale.
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La piattaforma logistica dell’area Centrale-Settentrionale si caratterizza per una trasversalità che va
sempre più saldando il territorio tosco-emiliano.
I porti di Livorno sul Tirreno e quello di Ravenna sull’Adriatico, sono i due capisaldi che tracciano
e consolidano la retroportualità di Livorno con l’interporto di Prato e l’area logistica di Parma con il
nodo interportuale e ferroviario di Bologna e Cesena determinando un asse logistico fondamentale
per i prodotti alimentari e quelli dell’agro-refrigerati nell’area di Cesena.
La piattaforma logistica dell’area Centrale da Civitavecchia ad Ancona si configura come area che
negli ultimi anni ha evidenziato a scala nazionale il miglior trend di crescita rispetto al PIL per
questo che vanno sostenute politiche di “apertura” del sistema territoriale attraverso il porto di
Civitavecchia che rappresenta un polo crocieristico importante, non trascurando il suo importante
ruolo anche per le merci rafforzate dalla interportualità di Orte e Fiumicino e l’aeroporto di
Fiumicino; il porto di Ancona per la stretta relazione con i porti di Koper e Rijeka, e l’asse integrato
porto-aeroporto-scalo merci ed Interporto di Iesi va rafforzando gradualmente i collegamenti con la
Croazia e la zona alta dei Balcani, rappresentando una interessante leva per il rafforzamento dello
sviluppo dell’area del quadrilatero.
Il nodo ferroviario di Foligno rappresenta in territorio umbro il link tra l’area laziale e quella
marchigiana.
Un secondo asse trasversale è quello che interessa Frosinone e Pescara con i rispettivi interporti che
rafforzano una seconda linea di forza tirrenico-adriatica.
Sul versante meridionale le piattaforme logistiche, fermo restando l’asse da potenziare Napoli-Bari,
si configurano sulla direttrice adriatica con il sistema pugliese: porto di Bari e suo interporto; il
porto di Taranto, quale porto di transhipment e la relativa piattaforma logistica, il porto di Brindisi
nella configurazione di hub.
Sul versante tirrenico il porto di Napoli con la retroportualità di Napoli Est ed il supporto operativo
e logistico del sistema interportuale di Nola-Marcianise in uno con lo scalo ferroviario, il porto di
Salerno e la retroportualità di Battipaglia.
Per il porto di Gioia Tauro, quale porto di transhipment, oltre a potenziare il sistema ferroviario di
collegamento, va definita la operatività da un’area logistica retro portuale adeguatamente servita di
collegamenti telematici.
Il porto di Cagliari resta configurato quale porto di transhipment con un sistema di feederaggio.
Il sistema portuale siciliano, è dato dalla piattaforma portuale Messina-Catania-Augusta per la sua
naturale interfaccia con le regioni del Mediterraneo ed il porto di Palermo.
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Il sistema delle vie del mare in questa prospettiva, assume rilievo per i collegamenti insulari e quelli
dell’area mediterranea sui diversi versanti attraverso i porti di Genova-Civitavecchia-Salerno,
Napoli-Palermo-Catania.
Per lo sviluppo ed il potenziamento delle autostrade le mare occorre però, fermo restando il ruolo
dei porti:
- una flotta in grado di offrire a prezzi competitivi i suoi servizi (con informativa diffusa in modo
sistemico e capillare), orientata dal libero gioco dei principi del mercato, senza monopoli, né
forme discorsive della concorrenza;
- un autotrasporto moderno e sicuro (grazie a rigorosi controlli per la sicurezza stradale) e
incentivato concretamente a preferire la tratta marittima ogni volta che essa sia possibile;
- delle infrastrutture portuali potenziate e competitive, con collegamenti agili e snelli alle reti
stradali/autostradali/ferroviarie;
- procedure semplificate per un rapido flusso intermodale.
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11. L’outsourcing logistico e le politiche di filiera
Il settore della logistica in conto terzi (outsourcing logistico) in Italia, è oggi guidato dai principali
gruppi logistici mondiali, entrati sul mercato nazionale sia attraverso l’acquisizione di importanti
imprese specializzate, sia ampliando progressivamente gli ambiti di attività a partire dalle filiali
italiane impegnate nel trasporto internazionale. L’attuale configurazione competitiva del settore è
quindi, in gran parte, la diretta conseguenza delle operazioni di acquisizione e fusione effettuate, su
scala internazionale, dai principali global player logistici.
Nell’ultimo ventennio, l’ingresso dei grandi gruppi postali a capitale pubblico (Deutsche Post, Poste
Olandesi, ferrovie tedesche e belghe) in cerca di nuove opportunità di business in vista della
liberalizzazione del core business (servizi postali) ha modificato l’assetto competitivo del settore
costringendo tutti i principali operatori internazionali ad avviare strategie di espansione mediante
l’acquisizione dei principali concorrenti, leader sui rispettivi mercati nazionali.
Questo processo di concentrazione, tuttora in corso, ha seguito alcune direttrici principali:
- espansione geografica, in un primo tempo diretta a controllare il mercato europeo e gli
scambi commerciali con il resto del mondo, successivamente diretta a presidiare i nuovi
mercati emergenti (Cina, India, Brasile etc.) e assecondare le modifiche nell’assetto
produttivo (e distributivo) mondiale legate sia ai processi di delocalizzazione produttiva
dei gruppi europei e statunitensi, sia alla continua crescita delle economie del Far East;
- specializzazione, per filiera industriale o categoria merceologica (come dimostrano le
acquisizioni nel settore della logistica farmaceutica);
- integrazione orizzontale e di filiera: la crescente concorrenza tra le imprese della
logistica e del trasporto ha portato tutte le categorie di operatori ad invadere ulteriori
segmenti della catena logistica, con lo scopo di offrire servizi a valore aggiunto ai
clienti, ottenere/mantenere il vantaggio competitivo e sostenere la redditività aziendale,
piuttosto bassa nel settore, in un mercato che necessita di ingenti investimenti in
infrastrutture fisiche e, soprattutto, informatiche.
L’evoluzione del panorama economico-produttivo mondiale post-crisi, che impone alle imprese
produttrici di contenere al massimo i costi di produzione, di logistica e di trasporto e di governare
filiere produttive sempre più complesse e ramificate, ha portato le imprese di logistica a rafforzare il
proprio posizionamento sul mercato domestico/regionale e, contestualmente, ad offrire servizi di
logistica integrata di alto livello su scala internazionale.
Le operazioni di acquisizione/fusione dell’ultimo decennio mostrano:
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- una crescita delle operazioni di takeover tra società della medesima nazionalità o della stessa
area di provenienza finalizzate al consolidamento e al rafforzamento della leadership su
determinate filiere/mercati;
- l’integrazione tra il mondo della logistica e quello delle spedizioni internazionali: si rilevano
infatti numerose acquisizioni sia di gruppi logistici da parte di spedizionieri/MTO, sia di
imprese specializzate nelle spedizione marittime e aeree da parte dei principali leader
logistici;
- il ruolo crescente degli investitori internazionali appartenenti al settore delle infrastrutture e
ad ambienti finanziari.
Le imprese italiane hanno affrontato con grande ritardo le sfide derivante
dall’internazionalizzazione dei mercati e sono state per lo più oggetto di acquisizione da parte dei
principali gruppi europei del settore. Hanno avuto un ruolo determinante alcuni fattori quali:
- le modeste dimensioni medie, organizzative e finanziarie, e la scarsa lungimiranza rispetto ai
mutamenti strutturali in atto nel settore manifatturiero e alla necessità di uscire dai confini
nazionali;
- le modalità di vendita (franco fabbrica) e acquisto (franco destino) adottate dalle imprese
produttrici italiane nei rapporti con l’estero che hanno lasciato nelle mani di fornitori e
clienti l’organizzazione del trasporto e la scelta del vettore, anche perché laddove si è
presentata la opportunità di costituire grandi operatori logistici si è fatti distrarre da altre
missioni.
Data la ancora limitata diffusione dell’outsourcing logistico nel panorama italiano, specialmente per
i settori più tradizionali, connessi alle produzioni del “made-in-italy” (sistema moda, sistema casa,
agroalimentare) esistono consistenti spazi di crescita per gli operatori della logistica.
Occorre pertanto promuovere i percorsi di outsourcing logistico anche attraverso progetti
sperimentali capaci di coniugare un alto processo che è quello del passaggio dal franco fabbrica al
franco destino.
Rispetto agli attuali interventi, per impostare un’efficace politica industriale di sviluppo logistico è
necessario agire su tre profili essenziali.
A) Lo sviluppo e la qualificazione delle imprese che offrono servizi logistici e trasportistici e
l’adeguamento organizzativo e gestionale di quelle che li richiedono. L’offerta di servizi logistici
va incentivata per migliorarne la qualità sul piano strutturale, organizzativo, tecnologico e
lavorativo; vanno sostenuti gli investimenti per la qualificazione del personale, per l’introduzione di
tecnologie ICT e l’adeguamento dei mezzi e degli impianti agli standard operativi, ambientali e
energetici;
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vanno altresì promosse forme di aggregazione e collaborazione e la crescita dimensionale delle
imprese. In questo senso, gli attuali ed importanti incentivi destinati in difesa dell’autotrasporto,
sono importanti visto il ruolo del trasporto su strada e vanno in prospettiva gradualmente riorientati
insieme al rafforzamento degli i incentivi al trasferimento modale su ferro e su nave attraverso una
politica industriale del settore.
B) La domanda di servizi logistici va anch’essa qualificata, incentivando la riorganizzazione delle
imprese industriali e commerciali e l’aggregazione logistica. Lo strumento dei “contratti di rete”
può rappresentare sicuramente una grande opportunità per qualificare la domanda logistica, ma può
esserlo anche per l’offerta.
C) Un adeguamento degli standard operativi e funzionali, sia sul piano strutturale sia su quello
amministrativo, favorendo l’interoperabilità e promuovendo la semplificazione delle procedure
amministrative e gestionali. Un rilevante problema nella gestione dei flussi di mobilità delle merci è
dato dalle differenze, tuttora esistenti, negli standard operativi e strutturali, che limitano
sensibilmente la funzionalità logistica.
11.1. La Supply Chain e i processi logistici di filiera
11.1.1. Best practice per la filiera dei beni di largo consumo
Il settore della distribuzione moderna dei largo consumo rappresenta circa il 70% delle vendite del
settore alimentare in Italia (agroalimentare e alimenti confezionati), con un valore di oltre 80
miliardi di euro.
Gli attori che sono coinvolti all’interno della filiera dei beni di largo consumo in Italia sono :
- le aziende di produzione alimentare (ortofrutta, scatolame, bevande, freschi, etc.) e non
alimentare (articoli per la cura della casa/persona): oltre 5.000 imprese;
- le insegne della Grande Distribuzione Organizzata: oltre 300 imprese;
- i fornitori di servizi logistici (3PL, third party logistics provider) 6e le società di
autotrasporto: oltre 10.000 imprese.
Nel settore del largo consumo in Italia i 3PL adottano strutture snelle, avvalendosi di cooperative di
facchinaggio per le attività più operative e acquistando sul mercato i servizi di autotrasporto.
Pertanto sono dei soggetti che si collocano al centro della catena logistica, essendo a contatto
diretto, a monte, con propri committenti (aziende manifatturiere di beni di largo consumo) e, a
6 Il 3PL è un operatore a cui un’azienda (committente) affida una parte del proprio processo logistico: deve essere in grado di gestire tendenzialmente l’intera gamma delle attività logistiche (eventualmente tramite subfornitura) dalle attività di trasporto alle attività di stoccaggio, picking, gestione dell’ordine fino ad eventuali attività accessorie (packaging, rilavorazioni, assistenza clienti, gestione resi, reverse logistics etc.).
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valle, con i destinatari delle merci (GDO, Grossisti, punti vendita tradizionali, etc.) e con i
trasportatori, mentre l’interazione diretta con il punto di consegna avviene nel caso specifico in cui
il 3PL sia anche fornitore di servizi di trasporto con mezzi e personale propri.
Nella prima metà degli anni ‘90 il settore dei beni di largo consumo si è trovato ad affrontare la
sfida della rapida variazione del mercato e dell’attitudine dei consumatori, in una situazione
economica critica. Da allora, iniziò un percorso condiviso tra aziende di produzione e di
distribuzione, che decisero di mettere a fattor comune l’esperienza di tutti attraverso
un’associazione (Ecr7, Efficient Consumer Response) in grado di studiare e implementare delle
best-practice di filiera volte al miglioramento dei cosiddetti costi di interfaccia produttore-3PL-
distributore.
In questa filiera, come in molte altre, i costi e le inefficienze maggiori sono generate dalla
duplicazione delle attività tra gli attori principali e dalla mancanza di una visione complessiva del
processo logistico dalla Produzione (fine linea di stabilimento) fino al vendita (riempimento dello
scaffale del supermercato).
Le aree di intervento, ove già si riscontra un forte impegno, sono:
- scambio elettronico delle informazioni (EDI- Electronic Data Interchange): con cui
condividere lo standard di comunicazione relativamente a ordini, conferme d’ordine,
fatture, note di credito, informazioni sui prodotti, modalità e tempi di consegna, etc.
Sviluppo di standard di comunicazione a supporto dei processi logistici condiviso su
scala internazionale (GS1, EPC, GLN Registry)
- interscambio pallet: attraverso un accordo produttori-GDO, si prevede la restituzione
contestuale di un numero di pallet equivalenti in quantità e qualità ai pallet ricevuti
(interscambio immediato). Tuttavia lo scambio può essere posticipato nel tempo,
secondo la modalità dell’interscambio differito. In questo caso il soggetto che riceve le
merci genera un “buono pallet” (con un formato standard) valido per il ritiro in un
secondo momento di una quantità di pallet pari al numero di pallet non interscambiati in
diretta. Il trasportatore viene così in possesso di un titolo valido per il ritiro della quantità
di pallet indicata, secondo i tempi e le modalità concordate fra le parti. I buoni pallet
vengono solitamente emessi dalle aziende della GDO (sia presso i Ce.Di. sia presso i
punti vendita) e intestati ai fornitori (aziende di produzione). Anche l’operatore logistico
aderente al sistema, e quindi sottoscrittore del relativo accordo quadro, acquisisce pieno
7 ECR Italia è una Associazione paritetica fra Imprese Industriali ed Imprese Distributive, nata nel 1993, avente per scopo lo studio, la diffusione e l’applicazione di strumenti di raccordo fra le stesse, con particolare riguardo al potenziamento dell’efficienza e dell’efficacia dei rapporti fra i due Comparti e dell’intero ciclo Produzione-Distribuzione-Consumo e di quanto altro sia ritenuto aderente allo scopo associativo da parte degli Organismi della Associazione.
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titolo ad scambiare pallet secondo le regole del sistema e quindi ad essere intestatario di
buoni pallet e, di conseguenza, a provvedere al relativo ritiro differito.
- incremento della saturazione dei mezzi (multidrop, accorpamento corrieri, piattaforma
multi-produttore): attraverso il coordinamento dei momenti di riordino tra punti di
consegna vicini anche di insegne diverse, analisi dei punti di partenza effetti delle merci
e aggregazione degli ordini ai produttori che utilizzano lo stesso corriere (nello stesso
giorno e con la stessa data di consegna) o che condividono lo stesso magazzino del 3PL
(pertanto grazie all’outsourcing logistico, le consegne accorpate divengono una
consegna diretta, con evidenti benefici sia sui costi di trasporto, sia sul livello di
servizio, sia in termini di sostenibilità ambientale)
- riduzione dei ritorni a vuoto (backloading, database logistico): disponendo della mappa
aggiornata dei punti di carico e di scarico, della localizzazione dei magazzini dei 3PL e
dei loro transit point, della quantità di flussi e delle frequenze di viaggio è possibile
ricercare, sia a livello one-to-one (es. Barilla con Coop, Ferrero con Esselunga) sia a
livello one to many e many to many, delle possibili aree di ottimizzazione dei trasporti:
ad esempio, utilizzando gli stessi mezzi per la consegna ai Ce.Di. (centri distributivi
della GDO) per la consegna ai punti vendita (iper e supermercati); utilizzando i ritorni a
vuoto di un produttore per la consegna di un altro produttore o, viceversa, per utilizzare
il ritorno di un mezzo in consegna ai punti vendita per il ritiro della merce presso i
produttori; in genere i flussi sono strutturalmente sbilanciati, in quasi tutti i Paesi europei
e gli operatori tendono ovviamente a bilanciare i flussi attraverso le piattaforme
telematice si punta a creare condizioni operative sostenute anche dalla possibilità di
avere un sito certificato per “facilitare” e proibire o regolamentare gli electronic
bids/aste elettroniche;
- riduzione dei tempi di attesa allo scarico (gestione slot di scarico): in considerazione
dell’acuirsi di fenomeni negativi e di pratiche operative deleterie nelle fasi di
carico/scarico degli automezzi presso i centri logistici (sia nei Cedi della GDO sia nei
magazzini delle aziende manifatturiere) con una media di oltre 3 ore di attesa e con
punte di oltre 5 ore nei giorni di picco settimanale (giovedì e venerdì), occorre ricercare
soluzioni per massimizzare la produttività degli automezzi e ridurre i costi (anche
ambientali) connessi con le soste oltre limite: pianificando correttamente i flussi in
arrivo e in partenza anche in relazione ai tempi di apertura/chiusura dei magazzini,
coordinando e sincronizzando i flussi in arrivo a fronte di vincoli ed opportunità rispetto
ai flussi in uscita dai magazzini e diretti verso i punti vendita, definendo delle fasce
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orarie prestabilite e fisse durante l'arco dell'anno, condividendo le informazioni relative
agli “slot di scarico” anche attraverso sistemi informativi aperti (web based) e disponibili
a tutti gli attori della catena (produttori, 3PL, vettori).
Il metodo utilizzato per affrontare e risolvere questi problemi, spesso connessi a “dettagli operativi”
è quello dei “Gruppi di Lavoro paritetici” formati da responsabili delle aziende di produzione,
responsabili delle aziende della GDO e operatori logistici, con obiettivi, tempistiche e linee guida
operative definiti e condivisi in ottica bottom-up.
La presenza delle aziende stesse come attori principali nella definizione delle soluzioni ai loro
problemi consente di superare la fase di studio teorico e di completare il progetto con la fase di
pratica attuazione (piloti) in modo da verificare nella realtà operativa la bontà delle singole
soluzioni.
Pertanto l’approccio adottato da ECR per la filiera dei beni di largo consumo, replicabile in altri
settori, è quello di definire, insieme alle imprese, lato domanda e lato offerta, un insieme integrato
di soluzioni con cui affrontare e risolvere tutti gli aspetti critici della cosiddetta Supply Chain.
Indubbiamente le regolamentazioni dei tempi di carico e scarico delle merci con la introduzione di
una franchigia di 2 ore ed il riconoscimento del costo orario per i tempi incidenti rappresentano un
ulteriore spunto a migliorare la catena di processo della filiera.
Questa è una priorità della Consulta.
11.1.2. Best practice per la filiera della sanità pubblica
Il settore farmaceutico, nel suo insieme, presenta caratteristiche tali da renderlo diverso rispetto
qualsiasi altro settore industriale. Attorno al prodotto destinato alla cura e al mantenimento della
salute, infatti, si concentrano interessi sociali ed economici tra loro fortemente interdipendenti. Le
imprese farmaceutiche, il Sistema Sanitario Nazionale, i medici, i farmacisti e i pazienti hanno
rispetto al prodotto farmaceutico, esigenze e competenze diverse spesso in conflitto tra loro.
Contribuiscono a complicare il quadro, il continuo intreccio tra l’interesse pubblico alla tutela della
salute, da un lato, e il controllo della spesa pubblica e gli interessi economici dei vari operatori
privati dall’altro, e ancora, una regolamentazione dei prezzi, dei canali distributivi, delle modalità di
accesso e dei meccanismi di rimborso estremamente diversificati nonostante gli sforzi di
armonizzazione adottati a livello comunitario.
In Italia la catena logistica dei medicinali, prima della dispensazione finale ai pazienti, opera a
“flusso teso”, con un elevatissimo grado di automazione non solo delle informazioni, bensì delle
logiche di riordino e approvvigionamento da valle verso monte, nonché dei processi fisici di
movimentazione e stoccaggio dei prodotti.
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Il flusso in uscita dai produttori transita prevalentemente (78%) dai distributori intermedi (grossisti),
seguendo così il canale “lungo”, mentre per il 20% si avvale del canale corto, andando direttamente
alle farmacie (6%) ed agli ospedali/case di cura (14%).
I depositari sono una peculiarità tutta italiana al bisogno di esternalizzare l’attività di stoccaggio e
distribuzione primaria dei prodotti finiti, che permette alle industrie farmaceutiche di concentrarsi
sul proprio core-business. I grossisti svolgono un ruolo decisivo per l’elevato livello di servizio
riscontrabile nella filiera farmaceutica, assicurando una rapida e capillare distribuzione su tutto il
territorio nazionale (oltre 16.000 farmacie) e assumendosi il rischio dello stock di medicinali. In
Italia, la rete formata dai grossisti è particolarmente fitta: sono presenti poco meno di 260 magazzini
appartenenti a circa 140 società (delle quali le prime 4 aziende coprono oltre il 60% del mercato).
Da qualche anno si sta assistendo a fenomeni di concentrazione anche nella distribuzione
intermedia oltre che nella produzione. Infatti, stanno nascendo magazzini di dimensioni sempre più
ragguardevoli, poiché sono crescenti le esigenze di ottenere economie di scala ancora più rilevanti:
il farmacista, oltre a pretendere consegne rapide e con frequenza estremamente elevata, esige una
gamma prodotti molto ampia (oltre 50.000 articoli tra etico, da banco, parafarmaceutico e altro) e
con una disponibilità prossima al 100%.
Una logistica a queste velocità e con tassi di errori molto bassi richiede, evidentemente, livelli di
integrazione tra gli attori della filiera particolarmente elevati. Non è quindi un caso che il settore
farmaceutico sia uno dei settori più evoluti dal punto di vista dello scambio elettronico di dati e
documenti, sia nel rapporto tra grossista e farmacie, sia tra grossista e industrie farmaceutiche (la
percentuale di documenti trasmessi on line è superiore all’80% - fonte: Consorzio Dafne).
Al contrario del settore farmaceutico, il settore della sanità pubblica è da qualche anno uno degli
aspetti più delicati ed elemento di dibattito e confronto tra le Regioni e il Governo centrale, nonché
tra le diverse Regioni e le strutture sanitarie.
La complessità organizzativa e gestionale in ambito sanitario è cresciuta in modo esponenziale
nell'ultimo decennio. Infatti, se da un lato l'esplosivo progresso in campo tecnologico e medico
produce opportunità di cura sempre più numerose e sofisticate, dall'altro la domanda incalzante di
efficienza e qualità porta alla riduzione dei tempi di ricovero. Come conseguenza, il paziente è
sottoposto in tempi sempre più stringenti, durante il ricovero, ad un numero crescente di attività
mediche, di terapie e trattamenti diagnostici, che possono innalzare la probabilità di incorrere in
errori.
La logistica dei farmaci, dei presidi ospedalieri e del beni di consumo rappresenta certamente uno
degli ambiti di maggiore interesse tra le potenziali aree di intervento.
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I beni di consumo (Farmaci, Dispositivi Medici e quanto altro in termini di materiali utilizzato per
l’erogazione dei servizi sanitari) rappresentano una voce che và costituendo oramai il 15% circa
della spesa sanitaria pubblica regionale e comportano considerevoli immobilizzazioni di capitale
circolante in rimanenze di magazzino.
L'ottimizzazione della spesa sanitaria, insieme alla corretta interpretazione dei bisogni del paziente,
deve guidare – secondo logiche di sviluppo di soluzioni innovative - i processi di razionalizzazione
(inclusi quelli logistici connessi all’approvvigionamento e distribuzione di beni e servizi), in
un’ottica che privilegi anche efficienza, economicità e qualità dei servizi prestati, agendo in
particolare su:
- razionalizzazione dei procedimenti di acquisizione e gestione di beni e servizi;
- ottimizzazione del processo di erogazione della prestazione e quindi dell’organizzazione
del lavoro
- aggregazione degli acquisti (e dei relativi magazzini di stoccaggio)
- realizzazione di reti tecnologiche di collegamento tra aziende sanitarie su territori vasti
(es. reti di laboratorio, reti di diagnostica per immagini), favorendo la razionalizzazione
delle prestazioni erogate
- l'informatizzazione e l'automazione del processo di gestione del farmaco;
- sviluppo di nuove procedure logistiche ed organizzative di supporto, ripensate in ottica
di network sanitario, in grado di:
o aumentare il grado di sicurezza nella gestione dei farmaci favorendo la
prevenzione e la previsione degli errori umani e degli eventi avversi.
o migliorare la distribuzione del farmaco all'utente finale;
o ottimizzare il grado di centralizzazione/decentralizzazione delle scorte dei
materiali all'interno della filiera sanitaria (riducendo le scorte e le varianti di
farmaci/presidi utilizzati);
o sviluppando nuove metodologie e modelli volti all'ottimizzazione del processo di
immagazzinamento e movimentazione dei farmaci;
o progettando la reverse logistics per il recupero, il riciclo e lo smaltimento dei
materiali farmaceutici
o riducendo dei costi di obsolescenza tecnica (es. farmaci scaduti) e funzionale (es.
temperature di conservazione non adeguate, danneggiamenti, etc.) dei farmaci in
giacenza e del fenomeno di sottrazione illecita dei farmaci.
In particolare, per quanto riguarda i processi a monte della filiera (dall’industria farmaceutica
all’ospedale) occorre concentrarsi sui seguenti aspetti:
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- realizzazione di reti logistiche sanitarie centralizzate e completamente integrate dal
punto di vista informativo mediante avanzati sistemi telematici. La creazione di hub
logistici adibiti al ricevimento-stoccaggio e distribuzione dei beni di consumo per un
gruppo più o meno numeroso di ospedali e strutture sanitarie consentirà un’efficiente
centralizzazione di tutti i servizi logistici legati alla gestione di materiali-informazioni e
attrezzature. La linea guida del cambiamento è l’adozione di un centro logistico
centralizzato per ogni rete, capace di migliorare l’efficienza e l’efficacia dei processi
logistici quali:
o l’acquisto di gruppo (group purchasing, collaborative purchasing, utilizzo di e-
catalogue)
o la gestione condivisa dei servizi (es. manutenzione/noleggio/utilizzo delle
attrezzature mediche)
o la gestione centralizzata della attività di ricevimento-stoccaggio e distribuzione
dei materiali di consumo ai punti di utilizzo.
- individuazione delle più opportune tecnologie di automazione delle attività di
stoccaggio, picking, confezionamento e movimentazione dei materiali che saranno
gestiti nell’hub logistico centralizzato. Grazie alle economie di scala che si realizzeranno
sia in termini di flussi di input, di output e di giacenza controllata, sarà possibile adottare
specifiche soluzioni di automazione in relazione alle diverse tipologie di prodotti
stoccati e movimentati. Come dimostrano le esperienze internazionali in questo settore,
la centralizzazione dei servizi logistici porta con se una spinta intrinseca a maggiori
investimenti in avanzate infrastrutture telematiche e automatiche. In tale contesto sarà
necessario favorire l’utilizzo di tecniche di identificazione di unità di carico/SKU/mezzi
e conducenti mediante RFI anche per il monitoraggio di temperature e pesi durante i
trasporti dei beni agli ospedali;
- outsourcing logistico sanitario: esternalizzazione del controllo delle attività logistiche e
dei servizi logistici laddove vi sarà una effettiva convenienza economica e operativa,
consentendo di sfruttare al meglio le “core competence” del settore logistico già presenti
nel nostro paese pur mantenendo il controllo diretto sui nodi strategici della rete. Il
controllo della rete dovrà garantire la piena sicurezza del sistema, il rispetto dei
parametri di performance concordati inizialmente con i partner logistici coinvolti e
adeguate misure di controllo e riduzione dei rischi di fallimento e di rottura della rete.
Per quanto riguarda i processi e le attività logistiche che rientrano nella filiera a valle dell’ospedale,
con particolare interesse per le implicazioni operative, informative e di sicurezza (appropriatezza)
59
connesse con la gestione e l’utilizzo dei prodotti, occorre concentrarsi sulla riduzione dell’incidenza
degli errori8 nell’ambito in cui operano, attraverso un’attenta revisione delle procedure operative e
soprattutto con l’ausilio di nuove tecnologie.
Gli errori farmacologici sono il risultato di molti fattori: confezioni di farmaci simili che possono
determinare uno scambio di prodotti, variabilità dei sistemi di registrazione delle prescrizioni che
possono indurre errori di dosaggio, errata interpretazione delle prescrizioni e delle abbreviazioni,
errata trascrizione delle prescrizioni, ecc. Il rischio di errore emerge a tutti i livelli del processo di
gestione della terapia farmacologica e spesso ha radici ancora più a monte, come ad esempio nei
processi di supporto, come l’approvvigionamento, la pianificazione, lo stoccaggio.
Occorre pertanto favorire la diffusione nei reparti ospedalieri di infrastrutture ICT adeguate ed
evolute, accompagnando gli operatori sanitari nell’apprendere il loro corretto utilizzo e beneficio,
favorendo la sperimentazione di metodologie integrate di memorizzazione e trasmissione
automatica dei dati (barcode-RFID tags), di dispositivi di identificazione di oggetti e persone non
invasivi e di strumentazioni di reparto “intelligenti” per la gestione e distribuzione di farmaci e
materiali.
Le esperienze già maturate nel settore saranno portate a sistema in modo da massimizzare le best
practice della logistica pubblica del farmaco per arrivare ad uno standard nazionale, confermando
l’intesa con il Ministero della Salute.
11.1.3. Il programma di filiera per la reverse logistics
Il programma di filiera della reverse logistics porterà all’approfondimento delle politiche di
intervento possibili prioritariamente per il settore degli elettrodomestici (ripresa dei lavori avuti con
la Regione Marche), unitamente a quello dell’automotive da avviare con Piemonte e Campania. Per
questo ultimo settore si pongono due obiettivi chiave: facilitare il ciclo dell’ammodernamento parco
veicoli destinato al settore del trasporto delle merci, ma anche quello ambientale.
La filiera degli elettrodomestici
Il 27 gennaio 2003 il Parlamento Europeo ha approvato la Direttiva 2002/96/CE, con lo scopo di
regolamentare la gestione dei Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (RAEE). Il
provvedimento, si colloca nella più ampia politica di tutela della salute umana, dell’ambiente e di
sviluppo sostenibile. Tale politica è stata perseguita dalla Comunità Europea già a partire dagli anni
8 Su 8 milioni di ricoveri in strutture pubbliche, circa 320 mila pazienti, cioè il 4 %, denunciano danni: tra gli errori più diffusi ritroviamo quelli relativi alla terapia farmacologica. La stessa Società italiana di farmacia ospedaliera e dei servizi farmaceutici delle aziende sanitarie (SIFO), mette in luce la dimensione del problema: “i più importanti studi internazionali hanno valutato l’incidenza degli errori della terapia farmacologica nell’ordine del 5-15% su tutte le somministrazioni e del 15- 20% di tutti gli errori sanitari
60
’90 ed attuata con numerose Direttive e Regolamenti, alcuni dei quali riconducibili all’applicazione
del concetto di Responsabilità Estesa del Produttore (EPR Extended Producer Responsability)
I punti chiave della Direttiva RAEE, che ha lo scopo di assicurare un corretto recupero, trattamento
e riciclaggio/riutilizzo delle apparecchiature elettriche ed elettroniche giunte a fine vita, possono
essere sintetizzati come segue:
� necessità di una raccolta separata rispetto al flusso dei rifiuti solidi urbani;
� trattamento obbligatorio dei RAEE raccolti in impianti autorizzati, che utilizzino le migliori
tecnologie disponibili per assicurare un elevato livello di tutela ambientale;
� recupero di una percentuale minima in peso dei beni, variabile a seconda della specifica
tipologia di RAEE tra il 70% e l’80% e reimpiego/riciclaggio tra il 50% e il 75%;
Nonostante il principio di Responsabilità Estesa preveda che i costi relativi alla gestione del fine
vita del prodotto siano a carico dei produttori, è importante capire come è opportuno strutturare il
sistema, nel caso specifico dei RAEE.
Il sistema di gestione è caratterizzato dall’interazione di diversi attori, ad ognuno dei quali
competono precise responsabilità. Per schematizzare tale sistema si può far riferimento alla figura
sottostante in cui vengono evidenziate le tre fasi logiche (raccolta, trattamento e destinazione finale)
che compongono il ciclo di fine vita dei beni.
La capacità del sistema di generare ed incentivare la generazione di flussi di apparecchiature a fine
vita da trattare sia una condizione essenziale per garantire efficienza al sistema. Tale efficienza è
essenziale sotto il profilo:
� tecnologico, in quanto occorre incentivare la costruzione di centri di trattamento con capacità
produttive minime che vanno ben oltre gli attuali valori di flusso intercettato.;
� economico, in quanto non è ipotizzabile la generazione dei flussi minimi di processo con bacini
di raccolta troppo estesi dato il forte impatto del costo della logistica sui costi globali del
sistema, quantificabile in una quota di circa il 50%;
� ambientale, in quanto esistono forti ricadute se si pensa, ad esempio, alla sola attività di
trasporto (emissioni, inquinanti,…) nel dover creare dei bacini di raccolta minimi per gli
impianti di trattamento che siano di dimensioni notevoli.
La criticità della fase di micro-raccolta quindi, momento in cui si generano i flussi delle
apparecchiature, risulta evidente e di non semplice risoluzione; esistono infatti diversi aspetti che
influiscono sul tasso di generazione ed intercettazione di RAEE, alcuni dei quali difficilmente o
scarsamente controllabili dagli attori del sistema: cultura del cittadino; informazione sulla
pericolosità dei RAEE e sul corretto processo di dismissione; facilità di accesso ai sistemi di
raccolta da parte dei detentori delle apparecchiature; costi/benefici dei sistemi di raccolta.
61
Appare dunque evidente come la fase di micro-raccolta sia, allo stato attuale di recepimento della
Direttiva 2002/96 e di successiva implementazione di un sistema di gestione dei RAEE, il punto
chiave per garantire efficienza del sistema, almeno in quattro diversi ambiti di intervento operativo
e strategico:
� la micro-raccolta rappresenta l’interfaccia tra detentore finale e sistema di gestione dei RAEE,
ed è quindi il momento in cui si generano e si intercettano i flussi, unica vera condizione di
sussistenza del sistema;
� la micro-raccolta, ed in particolare la gestione operativa della logistica (pianificazione della
rete), contribuisce in modo determinante a ridurre l’incidenza dei costi di sistema. Tale
riduzione è fondamentale per il produttore, essendo l’aumento di efficienza globale del sistema
(dal punto di vista tecnologico, economico ed ambientale) direttamente correlato con i costi che
è chiamato a sostenere; di conseguenza, importanti benefici sono ottenibili anche dal detentore
finale del bene, a fronte di una minore probabilità di aumento diretto dei prezzi di mercato della
apparecchiature nuove, ovvero di un aumento delle imposte indirettamente collegate con la
gestione dei RAEE;
� la possibilità di definire, anche nel nostro paese, così come accade in altri stati dell’UE, forme di
partecipazione ai costi di micro-raccolta da parte dei produttori contribuisce in maniera
determinante, da un lato, a limitare la possibilità di aumento delle imposte indirettamente
collegate alla gestione dei RAEE, dall’altro, a incentivare la creazione di sistemi di micro-
raccolta efficaci da parte delle società che sono chiamate ad assumersene, stante l’attuale bozza
di recepimento, l’onere;
� la possibilità di gestire la micro-raccolta come attività imprenditoriale vera e propria, con la
possibilità di vantare, da parte dei soggetti che effettuano l’attività, diritto di proprietà sul
rifiuto, da un lato, stimola la creazione di un sistema efficace di micro-raccolta (associando al
rifiuto un valore), dall’altro, crea il rischio di una corsa ad una segmentazione dei RAEE
raccolti in funzione del valore dell’apparecchiatura, con il rischio di creare diseconomie sia
operative (logistica frammentata), sia economiche (ai produttori rimane l’onere di gestire le
apparecchiature a minor valore, con negative ripercussioni sugli utenti finali attraverso il
fenomeno della maggiorazione del prezzo), sia ambientali (con il rischio di scarsa propensione
alla raccolta delle apparecchiature a minor valore).
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La filiera automotive
Il settore automotive è di grande rilevanza per l’economia nazionale. In particolare, con riferimento
all’anno 2009, il fatturato è stato stimato in oltre 170 miliardi di euro, generando un’occupazione
superiore a 1,2 milioni di addetti (diretti + indiretti).
All’interno della filiera, le case automobilistiche rappresentano i principali attori della supply chain.
Ma non è solo “il prodotto finito”: la value chain inizia con la fornitura delle materie prime e
termina con il ritiro dal mercato e dalla circolazione delle autovetture o il riciclo di parti di veicoli o
veicoli a fine vita. In particolare, la filiera dell’automotive può essere considerata come composta
da fabbricazione di autoveicoli, carrozzerie, parti e accessori, nonché servizi di vendita autovetture,
manutenzione e riparazione.
Alla complessità di prodotto si aggiunge una consistente complessità dei processi di
approvvigionamento e di produzione: cicli di assemblaggio composti da un elevato numero di fasi e
di lavorazioni successive, alimentati da flussi di componenti provenienti da svariati fornitori
localizzati in diverse aree geografiche che si estendono su scala globale, e che operano su vari
livelli della filiera (fornitori di primo, secondo e terzo livello). Tali caratteristiche di prodotto e di
processo vanno pertanto a determinare le criticità gestionali a livello di logistica e di distribuzione,
trasferendo e ampliando la complessità generale.
Analizzata nel suo insieme, la filiera dell’automotive risulta notevolmente articolata, ma si può
considerare composta da tre segmenti principali: la sezione legata alla produzione e
all’assemblaggio dei veicoli, e la sezione riguardante le attività di distribuzione dei veicoli finiti, la
sezione riguardante il recupero di componenti di veicoli da rottamare.
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12. Le politiche di city logistics
Premessa
Le problematiche della logistica e del trasporto merci nelle aree urbane e metropolitane stanno
assumendo un rilievo crescente negli ultimi anni in quanto percepite dall’opinione pubblica
come fattore che concorre grandemente alla congestione del traffico e all’inquinamento.
Con molta oggettività, va detto che la maggior parte delle esperienze condotte in Italia e
all’estero nei confronti dei problemi della riorganizzazione della raccolta e distribuzione urbana
delle merci non hanno ancora conseguito risultati definitivi, con altrettanta oggettività si deve
prendere atto che tali esperienze hanno consentito di costruire e sistematizzare finalmente una
“disciplina” ed hanno messo a disposizione un quadro di conoscenze e di strumentazioni che ci
possono oggi permettere di iniziare ad affrontare una sfida così complessa con la convinzione di
poter conseguire certamente alcuni primi risultati positivi.
Affrontare i problemi di city logistics significa oggi riuscire a misurarsi con due aspetti che non
possono essere tra loro disgiunti:
a) la quota di traffico merci in area urbana,rispetto al totale del traffico, non è
particolarmente elevata;
b) gli effetti moltiplicativi della congestione e dell’inquinamento sono di gran lunga
superiori e crescono in termini ulteriormente moltiplicativi in funzione del livello
complessivo di congestione
Al contempo,come si è soliti dire,la distribuzione urbana costituisce l’”ultimo miglio” della
catena logistica, sui cui si “scaricano” le inefficienze di un cattivo funzionamento tra i diversi
operatori dell’intero ciclo organizzativo.
Ciò significa che dobbiamo abbattere congestione ed inquinamento riuscendo al contempo a
garantire efficienza della distribuzione urbana e costi competitivi.
Un dato è oggi caratteristico: il numero dei viaggi per le consegne aumenta e l’indice di
riempimento dei veicoli diminuisce.
Ciò significa più traffico, più congestione, più inquinamento e costi unitari crescenti.
L’effetto è poi moltiplicativo perché la congestione diminuisce la velocità commerciale dei veicoli e
ciò produce ulteriore inquinamento,minore efficienza ed un’ulteriore crescita del costo del
trasporto.
Due dati sono tipici della realtà italiana e non hanno un riscontro di equivalente peso e significato
nelle altre realtà europee:
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a) Il primo attiene la frammentazione degli esercizi commerciali e la presenza di superfici
commerciali al dettaglio di limitate dimensioni. Tale aspetto, considerato fino a poco tempo fa un
elemento di arretratezza, rappresenta oggettivamente per la distribuzione un fattore di complessità
(e di costo) certamente più elevato di altre tipologie. In realtà,non solo costituisce un fattore di
effetto e qualità urbana, che va difeso, conservato e protetto, ma nell’ottica delle moderne centralità
urbane, tende oggi a divenire un segmento sempre più consistente dei nuovi consumi e ne
costituisce quindi una necessità.
Per questo motivo sarà indispensabile che i provvedimenti di riorganizzazione non si pongano in
modo tale da produrre effetti disincentivanti nei confronti del permanere di tali attività,in quanto
questo si porrebbe quale fattore di degrado dell’intera città e di inadeguatezza del settore.
b) L’altro dato è che la struttura dei servizi di trasporto evidenzia ancora un’elevata presenza del
conto proprio, con un parco veicoli più vecchio e più inquinante.
Il conto terzi, che, a livello nazionale assorbe complessivamente circa il 61% delle tonnellate
trasportate e l’86% delle tonn.*km prodotte, in ambito urbano/locale scende, nell’ordine, al 40,5%
ed al 45,1%, risultando le altre quote di pertinenza del conto proprio che quindi mostra di prevalere
malgrado i caratteri di inefficienza ed inefficacia del trasporto non professionale
Nello stesso tempo si pone la necessità di un approfondimento delle soluzioni da adottare per il
conto proprio,perché è vero che la maggior parte degli esercenti non ha la percezione diretta
dell’effettivo maggior costo di tale soluzione rispetto al conto terzi,ma per alcune filiere tale utilizzo
ha invece motivazioni puntuali (ad es. scelta dei prodotti).
Oltretutto va evidenziato che una parte del conto proprio non attiene il trasporto merci,ma le attività
che possiamo definire di “manutenzione” e tale componente andrà disciplinata a parte.
12.1. La logistica urbana delle merci
Il tema della distribuzione urbana delle merci è un argomento strategico. Gli approfondimenti
operati confermano la validità dell’analisi del Piano della Logistica del 2006, che ne che ne
ricostruisce la fisionomia nelle sue fondamentali articolazioni di domanda e di offerta, dimensione,
filiere, impatto sulla qualità urbana, costi sociali ed economici.
Nel tempo trascorso, d’altra parte, la sensibilità agli standard delle attività che generano
inquinamento e/o congestione è cresciuta a livello locale e la governance della logistica urbana è
diventata un tema di interesse primario, oggetto di sperimentazioni e nuove discipline in un numero
crescente di Comuni che hanno attivato misure per la regolazione degli accessi (permessi, ztl, fasce
orarie, standard ambientali dei veicoli), tecnologie di controllo, infrastrutture dedicate, in
combinazioni diverse e con esiti diversi.
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Sono stati analizzati numerosi elementi di esperienza per selezionare le best practices di metodo e
gli approcci regolamentari più efficaci e per individuare i profili per i quali, salva la sussidiarietà e
le opportune verifiche con gli organismi di rappresentanza dagli Enti Locali, siano auspicabili
indirizzi nazionali o standard armonizzati anche allo scopo di
- evitare una dannosa proliferazione di assetti regolatori locali disparati, tanti quante sono le città o
le amministrazioni che si avvicendano ed arrivare in tempi brevi ad una armonizzazione della
disciplina urbana delle merci.
- integrare una visione di sistema, privilegiando ad esempio, tra le varie opzioni possibili in fatto di
standard tecnologici o di standard veicolari, quelle interoperabili e in ogni caso quelle meno
onerose per gli operatori attivi su scala regionale, nazionale o internazionale, in termini di
investimenti aggiuntivi ad hoc o di pianificazione delle attività.
Le principali criticità connesse alla distribuzione urbana delle merci, estendibili in larga misura a
tutte le realtà urbane, derivano da:
- frammentazione dimensionale dell’offerta commerciale nell’ambito urbano e conseguente
frammentazione del sistema degli approvvigionamenti (costo economico);
- forte concentrazione spaziale e temporale delle attività di trasporto urbano di merci (costo
economico);
- basso livello di saturazione della capacità di carico dei veicoli adibiti al trasporto di cose in
ambito urbano (costo economico e sociale);
- alta diffusione di soste non regolamentari dei veicoli commerciali impegnati nelle operazioni di
presa o di consegna nel centro storico (costo sociale);
- alle misure distinte tra veicolo commerciale dedicato al ciclo distributivo delle merci e quelli
utilizzati come strumento ed attività specifiche di lavoro.
Le politiche prioritarie di intervento rispetto ai “problemi da affrontare” che sono
fondamentalmente congestione, inquinamento ed efficienza del ciclo operativo da parte delle
imprese, restano così schematizzati:
1) la distribuzione urbana delle merci richiede politiche di contenimento complessivo del traffico
veicolare, differenziato per tipologia di veicoli, livelli di emissione ed efficienza di impiego;
2) l’insieme degli interventi e provvedimenti da adottare deve garantire per le diverse filiere e
categorie un risultato di innalzamento delle prestazioni del servizio;
3) sono necessarie procedure per le politiche di governo della mobilità urbana delle merci che non
possono prescindere dalle “reali” esigenze degli operatori sia sul versante della domanda che
dell’offerta.
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Solo dalla puntuale individuazione e quantificazione dell’insieme di queste criticità, unita alla
valutazione dei conseguenti fenomeni di congestione e inquinamento, nasce la selezione degli
interventi più opportuni per affrontare i problemi relativi alla mobilità delle merci, tenendo conto
che le condizioni esistenti della struttura commerciale e viaria sono, nel breve periodo, vincoli dati
ed esterni.
In realtà, lo studio della logistica urbana non implica soltanto l’identificazione di un insieme di
misure di regolazione della circolazione e della sosta dei mezzi commerciali in città, bensì comporta
l’analisi e la comprensione di un fenomeno molto complesso che coinvolge diversi attori privati e
pubblici. I soggetti interessati non sono solo gli operatori della domanda e dell’offerta di servizi di
movimentazione delle merci, vale a dire commercianti, catene di distribuzione organizzata,
artigiani, produttori e imprese di logistica conto terzi, ma sono anche i residenti e i city users
(lavoratori pendolari, turisti, studenti, etc.), nonché gli amministratori pubblici chiamati a tutelare la
sostenibilità dell’ambiente urbano e una buona qualità della vita”.
Le quattro città – Milano, Napoli, Torino, Roma – su cui si sono attivate iniziative pilota hanno
consentito di acquisire e incrociare i dati di esperienza tratti dalle sperimentazioni locali, in fase più
o meno avanzata, e di individuare alcuni nodi irrisolti, sia sul piano tecnico sia sul piano normativo.
Tra questi, a titolo esemplificativo:
- la difficoltà di premiare gli accessi per i veicoli a standard ambientale elevato, non preregistrati,
ove si usi un sistema di controllo degli accessi mediante telecamere,
- la classificazione italiana degli standard ambientali dei veicoli dotati di filtri antiparticolato, che
appare incongruente con le classificazioni comunitarie e non aggiornata agli standard Euro 5 e 6,
- la difficoltà di controllare le uscite dalle ztl orarie, per evitare che all’accesso in fascia consentita
segua la circolazione in ztl in fascia oraria oggetto di restrizione,
- la controversa abilitazione degli ausiliari del traffico al controllo della regolarità della sosta nelle
piazzole dedicate al carico/scarico, sia quando siano tariffate sia quando non lo siano, o, in
alternativa, la disponibilità di sistemi tecnologici di controllo remoto,
- il livello delle sanzioni per accesso irregolare, a scopo dissuasivo
- i sistemi di controllo da operare secondo standard definiti.
12.2. Dal piano delle merci a quello della mobilità urbana
Sulla scia dell’indiscutibile buona pratica europea del Piano d’azione sulla mobilità urbana, varato
lo scorso anno dalla Commissione Europea, un organico programma di intervento nel campo della
mobilità urbana, centrato sull’integrazione, con 20 azioni a sostegno delle Amministrazioni locali,
per un più efficace governo della mobilità urbana dei passeggeri e delle merci, l’Italia dovrebbe
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varare un Piano nazionale per la mobilità urbana i cui principi ispiratori siano definiti in un
Patto per la mobilità urbana tra le Istituzioni ed i rappresentanti degli operatori economici
coinvolti.
Un Piano nazionale d’azione sulla mobilità urbana, dunque:
che abbia lo scopo di migliorare l’accessibilità urbana alle persone ed alle merci
che sia sostenuto da un accordo Stato/Regioni che metta a disposizione risorse adeguate per
incentivare ed orientare le scelte delle istituzioni locali sulla materia;
che valorizzi il contributo del “cluster urbano” del terziario, sposando pienamente l’ottica di
un’accessibilità a servizio della vitalità e della vivibilità urbana.
Per governare con efficacia il fenomeno della mobilità urbana, gli sforzi dovrebbero essere
innanzitutto indirizzati verso il superamento della modalità di intervento “emergenziale” che
troppo spesso ancora prevale nelle misure riguardanti la mobilità urbana, e che ha dato vita, nel
tempo, ad un proliferare di blocchi e limitazioni della circolazione veicolare, per altro
territorialmente molto differenziati, che hanno finito con il dare il colpo di grazia alla già critica
accessibilità delle città italiane, contribuendo a disegnare, per esse, una non condivisibile
prospettiva di “immobilità sostenibile”.
La strada che si dovrebbe perseguire, invece, è quella di potenziare una strategia di intervento di
medio lungo periodo nel campo della mobilità urbana, che sappia integrare le politiche settoriali
dei trasporti con quelle più generali relative alle modalità d’uso del territorio e che sappia
travalicare, con misure omogenee nell’ottica del bacino di traffico, i limitati confini dei Municipi
coinvolti. Erano, questi, per altro, i principali obiettivi dei Piani Urbani della Mobilità, strumenti
che andrebbero assolutamente rilanciati e sostenuti.
Abbandonare, dunque, velleitarie e discutibili soluzioni tampone per promuovere pacchetti di
misure strutturali centrati sull’integrazione comodale, sulla razionalizzazione della distribuzione,
sul rinnovo del parco circolante.
12.3. I criteri di intervento
Dall’elaborazione e dalle esperienze condotte sono da considerarsi acquisite alcune valutazioni.
I provvedimenti schematici non sono sufficienti, in quanto producono una serie infinita di deroghe
che minano l’efficacia del provvedimento stesso.
Si deve in realtà elaborare un sistema di interventi e provvedimenti coordinato e diversificato in
funzione delle filiere e delle loro specificità,delle tipologie commerciali e di servizio, delle
dimensioni delle superfici di vendita.
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Sono ormai evidenti una serie di strumenti di intervento possibili, riguardanti sosta, utilizzo di
veicoli, disciplina degli orari, tariffazioni, ecc. Tutti questi strumenti, una volta correlati a vincoli e
condizioni che attengono agli obiettivi da perseguire, possono essere utilizzati sia in forma di
incentivo che di disincentivo.
Una politica di city logistics, per essere tale, deve, infatti, includere un insieme di misure, di
carattere infrastrutturale ed organizzativo, di pricing ed incentivazione, di regolamentazione e di
gestione.
Ma fondamentale è il dosaggio e la coerenza del mix di misure prescelte rispetto agli obiettivi,che
devono essere partecipati e condivisi dai soggetti economici su cui le misure impattano.
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13. Un primo passo per l’ammodernamento dei parchi rotabili
In questo quadro si stanno attentamente valutando alcune misure per facilitare il processo innanzi
richiamato attraverso l’ammodernamento del parco rotabile fortemente caratterizzato dalla
numerosità di veicoli euro 0 ed euro 1 ed allo stesso tempo per migliorare gli standard di sicurezza
Alcune misure di intervento:
- differenziare bollo e assicurazione in base al livello di emissioni e alla presenza sul veicoli
di sistemi di sicurezza attiva;
- defiscalizzare gli utili reinvestiti in un veicolo commerciale ecologico;
- affidare ai veicoli più “puliti” pedaggi autostradali più leggeri e tempi e modalità di accesso
ai centri urbani premianti.
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14. Piattaforma telematica per il trasporto merci, logistica e ambiente
Premessa
L’Albo degli Autotrasportatori raccoglie 112.000 imprese con veicoli conto terzi e sta
realizzando un sistema integrato per migliorare la loro sicurezza ed efficienza
Le specifiche:
� L'unicità e la dimensione nazionale dell'Albo è garantita dal Comitato Centrale, che la legge ha
previsto presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
� Nel 2009 l’Albo ha progettato, realizzato ed avviato la gestione dei servizi di un sistema
integrato per la sicurezza e la efficienza delle aziende di autotrasporto.
� Nel 2010 l’Albo ha indetto una gara per affidamento servizio per l’implementazione della
piattaforma telematica per un sistema di controllo trasporto merci pericolose su strada.
UIRNet sta realizzando un sistema federale di piattaforme telematiche per migliorare
l’efficienza e la sicurezza del Sistema logistico italiano.
Le specifiche:
� UIRNet Società per azioni è soggetto attuatore del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
I soci sono: 24 Interporti Italiani e primari player industriali (ElsagDatamat, Autostrade per
l’Italia, Telespazio e Telecom Italia).
� UIRNet sta realizzando una Piattaforma telematica che eroga servizi di sistema per la logistica
integrata e l’intermodalità al fine di migliorare la sicurezza e l’efficienza dell’intero sistema
logistico in Italia, dialogando anche con i sistemi esistenti per favorire l’integrazione della
filiera.
� UIRNet inoltre sta realizzando una serie di accordi regionali per attivare sinergie finalizzate a
risolvere problematiche territoriali specifiche.
� L’obiettivo è quello di creare un Sistema federale per la logistica integrata, coinvolgendo tutti
gli attori del sistema logistico italiano.
SISTRI è il SIStema di controllo del Tracciamento dei RIfiuti del Ministero dell’Ambiente, in
collaborazione con il Ministero dell’Interno, con il coordinamento del NOE.
Le specifiche:
� SISTRI è il SIStema di controllo del Tracciamento dei Rifiuti, voluto dal Ministero
dell’Ambiente per permettere l'informatizzazione dell'intera filiera dei rifiuti speciali a
livello nazionale e dei rifiuti urbani per la Regione Campania.
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� Il SISTRI è stato impostato attraverso norme che stabiliscono “l’obbligo per alcune
categorie di soggetti di installazione ed utilizzo di apparecchiature elettroniche, ai fini della
trasmissione e raccolta di informazioni su produzione, detenzione, trasporto, recupero e
smaltimento di rifiuti”, le modalità e i tempi di attivazione e le modalità operative.
� Il sistema è stato realizzato da Selex Service Management ed è in corso di perfezionamento,
la sua gestione è stata affidata al Comando Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente.
14.1. Obiettivi
La collaborazione tra Albo, UIRNet e SISTRI è fortemente auspicabile per focalizzare gli sforzi
nella realizzazione del Sistema Logistico efficiente e sicuro e che, attraverso la integrazione
operativa delle tre Piattaforme realizza un momento sinergico con grande valore aggiunto per
sostenere un processo di sostegno alle imprese per migliorare competitività ed efficienza.
I servizi della Piattaforma del Comitato Centrale dell’Albo:
� infomobilità per i valichi alpini;
� messa in rete di aree di sosta attrezzate;
� messa in rete dei sistemi di controllo dei veicoli pesanti;
� controllo delle merci pericolose.
I servizi della Piattaforma UIRNet:
� coordinamento attività Agenzia delle Dogane;
� messa in rete degli interporti e dei gestori delle infrastrutture;
� supporto ai centri operativi di terzi e delle istituzioni;
� supporto operativo al sistema portuale italiano;
� supporto alle aziende logistiche produttive di servizi.
I servizi della Piattaforma SISTRI per il sistema di controllo e di tracciabilità dei rifiuti:
� supporto per la regolarità dei servizi agli autotrasportatori di rifiuti pericolosi
� sistema di supporto alle aziende produttrici e trasportatrici di rifiuti
� supporto agli impianti di smaltimento rifiuti
� servizi di coordinamento della guardia costiera.
14.2. Le azioni necessarie
Per poter integrare gli sforzi sono necessarie azioni di raccordo tra:
- Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (Albo Nazionale Autotrasportatori) - UIRNet S.p.A.
- Ministero dell’Ambiente – SISTRI anche per definire meglio il cadenza mento dei tempi di
attuazione.
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Sarà avviato un protocollo di intesa da formalizzare sulla base di una dichiarazione congiunta di
intenti tra Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e il Ministero dell’Ambiente e la Tutela del
Territorio e del Mare, con il coinvolgimento del Ministero dell’Interno e Ministero dell’Economia e
delle Finanze.
14.3. Sistema satellitare
In questa prospettiva e con attenta valutazione alle modalità operative saranno implementate le
piattaforme telematiche che in prospettiva potranno utilizzare i nuovi sistemi satellitari EGNOS e
Galileo.
Il settore aerospaziale, ed in particolare i programmi EGNOS e Galileo, rappresentano uno degli
ambiti chiave su cui la Commissione europea punta per il rilancio dell’economia UE e per la
creazione di nuovi posti di lavoro, ed ha un ruolo di rilievo anche nella strategia “2020” presentata
lo scorso mese di marzo dal Presidente della Commissione UE Josè Manuel Barroso.
Oggi siamo ad una fase cruciale nella realizzazioni del Programma Satellitare Galileo nonché degli
altri programmi EGNOS e GMES, rispettivamente il sistema paneuropeo di navigazione satellitare,
già operativo dall’ottobre 2009 ed il programma di monitoraggio globale per l’ambiente e la
sicurezza.
L’Italia ha dimostrato di aver colto fin da subito le grandi potenzialità offerte dallo sviluppo di
questo Programma a cui ha contribuito nel corso degli anni con cospicui investimenti e che
promette più che positive ripercussioni soprattutto in questo momento di crisi economica.
Con l’introduzione dei nuovi sistemi europei EGNOS e Galileo saranno possibili interessanti e
innovative applicazioni.
In particolare:
- supporto alla mobilità veicolare e personale sia per uso privato che professionale come ad
esempio il tracciamento di persone disabili, detenuti, etc.
- supporto ad applicazioni nel settore dei trasporti, per l’aviazione civile, i sistemi di trasporto
intelligenti (ITS) e la protezione civile.
- applicazioni di alta precisione (esempio: geodesia, agricoltura, monitoraggio di infrastrutture e
territorio) in campo scientifico e spaziale.
I benefici economici totali generati dalle applicazioni di Galileo ed EGNOS sono stimate in Europa
pari ad almeno 2 B€/anno (stima prudenziale della Roland Berger, 2009) e possono arrivare anche a
cifre ben superiori, derivanti dalla vendita di ricevitori e servizi, da vantaggi legati all’utilizzo della
nuova tecnologia, da risparmio di risorse ed aumento di sicurezza. In termini occupazionali, nel
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periodo 2010-2027 sono stimati per l’UE da circa 10.000-30.000 posti di lavoro annui (dati
preliminari, Roland Berger 2009).
Più del 50% di questi benefici si concentra nel trasporto su strada e nei servizi per la mobilità.
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15. Progetto formazione per i trasporti e la logistica
Con il DPR 83 del 29 maggio 2009, per la prima volta si mettevano a disposizioni per il settore
dell’autotrasporto di cose per conto terzi risorse (sette milioni di euro) destinate alla formazione.
Nella logica di una politica di sistema il progetto formativo va esteso a tutti i settori dei trasporti e
logistica per gli aspetti legati a progetti di intermodalità e co-modalità e per tutti gli operatori della
domanda e dell’offerta.
La formazione dei diversi soggetti e attori che operano sul versante delle aziende, ma anche sul
versante delle politiche pubbliche deve diventare una vera a propria leva per formare una nuova
cultura di impresa. Presupposto necessario per un salto di qualità nel ruolo logistico del nostro
Paese.
Le aziende di autotrasporto indicano in maniera precisa l’utilizzo della formazione come strumento
di vero e proprio sviluppo aziendale, al pari di qualsiasi altro tipo di investimento anche strutturale
in un momento di grande transizione come quello attuale, consentendo di allargare gli orizzonti
sugli scenari che ormai sono sempre più aperti anche alla concorrenza di operatori di altri Stati.
Le esperienze già maturate nel settore riguardano le attività poste in campo dal Comitato Centrale
dell’Albo, e quelle attivate da Associazioni e Confederazioni di categoria e che riguardano
prevalentemente la formazione di diversi profili professionali dalle attività manageriali a quelle di
tecnico-logistico, giuridico-amministrativo, esperti di telematica applicata, esperti di certificazione
per la sicurezza, ecc.
Aiutare le imprese a rinnovarsi, anche attraverso lo strumento della formazione, è un dovere preciso
di chi governa il Paese. Favorire l’inserimento anche delle imprese di autotrasporto nei percorsi di
formazione diviene una componente fondamentale di un Piano mirato alla crescita e alla
competitività delle imprese. Per questo è fondamentale fare in modo che ci siano risorse, finalizzate
per una formazione strutturale.
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16. Le misure di intervento
La pressione indotta dalla crisi globale, che ci mette di fronte un futuro relativamente incerto ma
con alcune certezze di interesse per la logistica: la contrazione delle risorse pubbliche disponibili,
l’accelerazione delle strategie delle aziende più solide e meglio capitalizzate finalizzate al
rafforzamento della posizione di mercato su scala almeno macroregionale, la relativa dipendenza
della ripresa degli scambi dalla dinamicità delle economie extra-Ue in più rapida crescita.
Più in generale, la crisi accelera la ricomposizione della divisione internazionale del lavoro e rende
vitale il recupero di standard di crescita in linea con i principali competitor europei; questo impone
il rafforzamento di processi di ristrutturazione del sistema produttivo e una più efficiente
riallocazione delle risorse verso ambiti con maggior potenziale di espansione.
La logistica è un comparto strategico in questa ottica, e anche qui si pone la necessità di interventi
che semplifichino il quadro regolamentare e promuovano la concorrenza insieme a efficienti
condizioni di entrata e uscita dal mercato. Senza dimenticare che l’ottimizzazione dell’impiego
delle reti e delle risorse (pubbliche e private) rende accessibili benefici economici e ambientali
altrimenti difficilmente perseguibili in un territorio che non consente la moltiplicazione delle
infrastrutture fisiche.
Il valore aggiunto di una politica industriale per la logistica andrebbe ricercato almeno in tre
direzioni:
• accompagnare e non ostacolare il cambiamento, mettendo le imprese efficienti in grado di
crescere e di investire in tecnologie, innovazione, specializzazione, qualità e comodalità, con
incentivi mirati e sufficienti per stimolare gli investimenti innovativi coerenti con obiettivi
generali di competitività e sostenibilità,
• dotare i mercati di infrastrutture ICT di rete armonizzate, su cui si gioca ormai una quota
determinante della competitività di sistema, integrando i lavori in corso nel prossimo Piano
nazionale, incluso il progetto UirNet che ha uno specifico valore per la diffusione a livello degli
operatori non strutturati,
• modulare le misure nazionali in funzione di obiettivi di medio e di lungo periodo non modali ma
di sistema, dai quali derivare i correttivi e gli incentivi/disincentivi opportuni nei diversi segmenti
modali, da sincronizzare quanto possibile.
La risposta del mercato dipenderà anche dalla credibilità dell’azione e la credibilità è un valore da
costruire dopo le discontinuità del passato.
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Le politiche da attuare per una crescita economica devono essere pertanto volte a migliorare i
fattori che alla crescita più contribuiscono, e precisamente:
i. il capitale umano
ii. il capitale infrastrutturale
iii. la qualità e i costi dei servizi
iv. la governance e la regolazione.
Tutti questi fattori influiscono sulla produttività complessiva della economia e perciò sulla
competitività del Paese.
Due appaiono i passi preliminari a qualsiasi nuova indicazione di politica economica per la
logistica. In primo luogo è necessario tracciare una “mappa” delle misure in vigore e dell’entità
delle risorse impegnate e da impegnare sulle diverse misure individuate.
In secondo luogo, e per motivi non dissimili da quelli menzionati, è necessario operare una
ricognizione dettagliata delle politiche regionali in essere e delle risorse impegnate.
Il primo sforzo è quello che viene operato attraverso il Piano Nazionale della Logistica,
mettendo in campo tutte le migliori forze del Governo centrale e segnatamente del Ministero
delle Infrastrutture e dei Trasporti unitamente a tutti i Ministeri presenti in Consulta; il passo
successivo richiede la collaborazione dei Governi regionali e quelli locali.
Dall’insieme delle politiche è possibile definire un quadro puntuale per stabilire da “dove si
parte” per operare una valutazione degli impatti che può generare il Piano.
La valutazione degli impatti seguirà la impostazione delle Impact Assisement della Unione
Europea che si sviluppa sostanzialmente attraverso:
- la identificazione delle criticità;
- definizione degli obiettivi;
- sviluppo delle principali policy option;
- analisi degli impatti delle alternative selezionale;
- comparazione delle alternative;
- valutazione degli effetti;
- monitoraggio degli interventi.
Questa linea metodologica delle misure di intervento prenderà in esame in prima fase tutte le
azioni individuate a “costo zero” per procedere su quelle definite attraverso le 10 linee
strategiche del Piano.
Ciò premesso, sulla base degli approfondimenti svolti in sede di elaborazione del Piano e delle
indicazioni di quadro che ne emergono, appare sin da ora possibile riassumere alcune piste di
intervento coerenti con l’obiettivo di liberare le risorse imprenditoriali verso gli investimenti e la
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cooperazione necessari alla crescita logistica, sostenendone la capacità di rispondere al
cambiamento.
In questa ottica va superato il tradizionale inquadramento modale delle politiche attive,
un’impostazione che rischia di produrre una spirale di aiuti pubblici che, nella migliore delle
ipotesi, si neutralizzano negli effetti e si sommano per le casse pubbliche, senza benefici
sull’efficienza di sistema. Occorre anche prepararsi alla possibile normalizzazione post-crisi dei
regimi europei di valutazione degli aiuti di Stato.
Le piste di intervento capaci di concorrere all’obiettivo, da sottoporre a monitoraggio periodico,
possono essere così riassunte:
1. Favorire la diffusione di servizi infrastrutturali e applicazioni ICT interoperabili, per ottimizzare
l’operatività aziendale, l’integrazione modale, i rapporti con le amministrazioni e i tempi
operativi, mediante:
- la stabilizzazione delle attività di sperimentazione e consolidamento delle piattaforme
telematiche in via di sviluppo (UirNet, Albo Autotrasporto, Sistri), progressivamente
ampliate a tutti gli interlocutori della logistica, nel quadro di un piano nazionale per i
trasporti intelligenti.
2. Favorire l’outsourcing. Le attività logistiche in outsourcing assicurano maggior efficienza
economica e ambientale. Per spingere il sistema produttivo in questa direzione occorrono azioni
su:
- formazione logistica, per l’offerta e per la domanda,
- aggregazione di servizi, mediante sperimentazione e diffusione di contratti di rete, di
distretto, di filiera, aderenti alle caratteristiche dimensionali e territoriali del sistema
produttivo nazionale,
- sperimentazione e diffusione di applicazioni ICT, finalizzate a ottimizzare i servizi di
trasporto, anche multimodali, e a fornire alla committenza strumenti di visibilità in tempo
reale del servizio.
3. Favorire la crescita dell’imprenditorialità logistica, fortemente sottodimensionata, e correggere
l’eccessiva polverizzazione dell’autotrasporto agendo su:
- aggregazioni di imprese di trasporto e logistica, anche mediante incentivazione fiscale e/o
contributiva alle operazioni di fusione/acquisizione, compatibilmente con i vincoli
comunitari,
- incentivazione degli investimenti in innovazione e intermodalità, compresi gli investimenti
in ICT e quelli per adeguare mezzi e attrezzature ai migliori standard ambientali, energetici
e operativi,
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- sostegno per l’accesso al credito.
4. Favorire la multimodalità. L’integrazione modale richiede una pluralità di interventi
convergenti, anche sul piano normativo e infrastrutturale. Con riferimento alle azioni positive di
incentivazione è evidente la necessità di stabilizzare il rifinanziamento delle misure che
spingono gli operatori a modificare e consolidare scelte di trasporto intermodali allo scopo di
fidelizzare la domanda verso modalità – mare e ferrovia - che richiedono concentrazione di
volumi. Ciò premesso, risultano essenziali misure per:
- la stabilizzazione delle misure di sostegno all’intermodalità marittima, sul modello
dell’ecobonus all’utenza, da ampliare ad ulteriori collegamenti di corto raggio ad elevata
valenza logistica, anche internazionali,
- la stabilizzazione di misure di sostegno all’intermodalità ferroviaria, mediante bonus
all’utenza, di preferenza su percorsi e servizi vocati al traffico ferroviario e quindi in grado
di concentrare volumi sufficienti a favorire l’autosostenibilità a termine,
- gli investimenti in mezzi e attrezzature per l’intermodalità,
- la riduzione delle impedenze legate al costo delle manovre ferroviarie nei porti connessi alla
rete dei corridoi a vocazione merci.
5. Sostenere la concorrenzialità delle imprese nei segmenti più esposti a rischi di delocalizzazione
per effetti di dumping, specie sui costi sociali, derivanti dalla concorrenza degli operatori
dell’Est Europa e dallo sviluppo di insediamenti logistico-portuali sulla sponda sud del
Mediterraneo. Appaiono auspicabili misure temporanee, soggette a valutazione periodica in
relazione all’andamento del mercato e compatibilmente con i vincoli comunitari, per:
- la riduzione del costo del lavoro per le aziende di autotrasporto mediante incentivazione e/o
riduzione contributiva, ad es. in relazione ad assunzione di lavoratori temporaneamente
espulsi dal circuito del lavoro o in relazione a operazioni di fusione/acquisizione,
- la riduzione degli oneri sociali del cluster portuale, con particolare attenzione ai porti a
prevalente attività di transhipment, direttamente esposti alla concorrenza dei porti
mediterranei e del Nord Europa.
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