COMUNE DI ROMA
DIPARTIMENTO VI POLITICHE DELLA PROGRAMMAZIONE E PIANIFICAZIONE DEL TERRITORIO – ROMA
CAPITALE
U.O. n. 2 Pianificazione e Progettazione generale
Direttore: arch. Daniel Modigliani
PARCHI AGRICOLI COMUNALI Nuovo PRG di Roma e Parchi Agricoli
una strategia pubblica attiva per le aree agricole
IL PARCO AGRICOLO DI CASAL DEL MARMO: un’ipotesi di attuazione
Responsabile di progetto: Mario Ajello
Gruppo di lavoro
Giovanni Cafiero (pianificazione territoriale e coordinamento) Giulio Conte (gestione ambientale)
Gianfilippo Lucatello - Agrifolia (aspetti agronomici)
Collaboratori: Anna Bombonato (cartografia e gestione dati) Giacomina Di Salvo (ricerche di base) Giacomo Feminò (rilievi agroforestali)
LUGLIO 2004
Ecomed – UNPR Parchi agricoli urbani
Il parco agricolo di Casal del Marmo:
un’ipotesi di attuazione
INTRODUZIONE ..........................................................................................................................2
IL TERRITORIO DI CASAL DEL MARMO ........................................................................5
IL CONTESTO URBANISTICO E TERRITORIALE ................................................................................5 IL CONTESTO PRODUTTIVO AGRICOLO ...........................................................................................7 IL CONTESTO AMBIENTALE ............................................................................................................16
IPOTESI DI SCHEMA DI ASSETTO PRELIMINARE ................................................26
L’ACCORCIAMENTO DELLA FILIERA PRODUTTIVA .........................................................................26 IL SOSTEGNO PUBBLICO ALLE ATTIVITÀ AGRICOLE .....................................................................30 INTERVENTI PER L’ACCESSIBILITÀ E LA FRUIZIONE ....................................................................38 IL RECUPERO DEGLI INSEDIAMENTI NON AUTORIZZATI (ORTI SPONTANEI) ............................40 LA RIQUALIFICAZIONE VEGETAZIONALE E PRODUTTIVA..............................................................43 POTENZIALITÀ PER STRUTTURE RICETTIVE, SPORT E SPETTACOLO ...........................................45 POTENZIALITÀ PER LA DIDATTICA E SERVIZI SOCIALI ................................................................47 RIQUALIFICAZIONE AMBIENTALE DELLE ACQUE E DEL SISTEMA IDROGRAFICO.........................54 PRODUZIONI AGROFORESTALI PER USO ENERGETICO.................................................................61
ALLEGATI: ....................................................................................................................................63
TAVOLA B CARTA DELL’USO DEL SUOLO ...................................................................63
TAVOLA C CARTA DELLE RISORSE E CRITICITÀ ...................................................63
TAVOLA D SCHEMA DI ASSETTO E DEGLI INTERVENTI....................................63
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Introduzione
Diverse sono le aree nel contesto romano con caratteristiche interessanti per la
applicazione dello strumento di pianificazione-programmazione, denominato
Parco Agricolo, oggetto del presente studio.
Il territorio del Comune di Roma è infatti caratterizzato da ampie aree agricole
in parte appartenenti al sistema di aree naturali protette in parte classificate
dal PRG come Agro Romano. Le possibili aree di studio si sono inoltre ampliate
a partire dalla considerazione che molte aree classificate come verde pubblico
hanno caratteristiche o potenzialità agricole significative e che una prospettiva
gestionale come quella offerta dalla realizzazione di un Parco Agricolo,
consente di coniugare le esigenze di fruibilità (proprie della destinazione a
verde pubblico) con le esigenze di sostenibilità finanziaria. La gestione agricola
infatti (soprattutto se orientata alla multifunzionalità e alla erogazione di
servizi) offre un buon equilibrio tra entrate e uscite, laddove la gestione
tradizionale di un “servizio giardini” del Comune comporta spese rilevanti e
interventi talvolta anche ambientalmente discutibili (ad esempio sul fronte del
consumo idrico) e offre un paesaggio artificiale diverso dalla apprezzata e
invocata immagine tradizionale della Campagna romana.
L’indicazione dell’Ufficio Piano Regolatore di indirizzare lo studio sull’area di
Casal del Marmo è sembrata ispirata a una giusta continuità con i programmi
della Amministrazione Comunale. Fin dall’avvio, nella metà degli anni ’90, dei
programmi di recupero urbano (PRU) di Primavalle Torrevecchia e di Palmarola
Selva Candida, si è individuata l’area come polarità di valore storico-
ambientale.
Già nei documenti dei programmi preliminari di intervento dei due PRU allegati
alle delibere del Consiglio Comunale si affermava che “tutto il vasto settore
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urbano delimitato dalla Pineta Sacchetti ad Est, dagli insediamenti che
gravitano sul GRA ad Ovest, dalla via Trionfale a Nord, fino alla via Boccea a
Sud, avrà come luogo centrale e come risorsa principale per la riqualificazione
l’area agricola di Casal del Marmo”. La trasformazione di questa area in un
“Parco Agroeconomico” era indicata nello stesso documento come uno degli
obiettivi ambientali del programma.
L’avanzamento dei due PRU confinanti con l’area ha creato alcune premesse
utili per la realizzazione del Parco “Agroeconomico” (ad esempio rafforzandone
l’accessibilità). Ma essendo la manovra urbanistica attuata mediante
meccanismi di partecipazione di una imprenditoria legata principalmente al
mercato edilizio (le proposte erano avanzate per regolamento da imprese
edilizie in accordo con i proprietari delle aree) non ci si poteva aspettare che si
trovasse attenzione o addirittura si desse impulso ex novo a una nuova
imprenditoria interessata a temi di sviluppo agro-ambientali.
L’area di Casal del Marmo presenta anche altri elementi di interesse: vi è la
presenza al suo interno o ai suoi margini di rilevanti strutture pubbliche
(Ospedale S.Filippo Neri, Carcere Minorile, l’istituto alberghiero, il Complesso di
Santa maria della Pietà); vaste aree agricole sono ancora di proprietà pubblica;
è attiva nell’area una cooperativa agricola con impronta multifunzionale che
può svolgere il ruolo di azienda guida per una nuova imprenditoria in campo
agro-ambientale.
Molti problemi devono e possono essere affrontati attraverso la realizzazione
del Parco Agricolo: il miglioramento ambientale del sistema delle acque; la
riqualificazione degli orti sorti spontaneamente lungo il Fosso delle
Campanelle; il coinvolgimento della grande Tenuta Massara (di proprietà
privata) in un nuovo progetto che comprenda anche la rifunzionalizzazione
dello straordinario centro aziendale, attualmente in stato di grave abbandono.
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L’area di Casal del Marmo, insomma, sia per le opportunità che offre che per le
sue criticità, costituisce in effetti un esempio paradigmatico per un percorso di
realizzazione di un parco agricolo.
Altre aree potevano essere oggetto di studio specifico tra quelle segnalate
come potenzialmente interessabili dalla procedura: tra queste va ricordata in
particolare l’area di Gabii-Castiglione, elemento di eccellenza di un sistema
agricolo, paesaggistico, storico, archeologico che prosegue verso San Vittorino
e oltre, lungo la via Polense. Quest’area, che ha come elementi distintivi la
presenza dell’antica città di Gabii e dell’antico lago di Castiglione, e ha per
questo un più spiccato interesse turistico, condivide con l’area di Casal del
Marmo alcuni obiettivi di fondo: rivitalizzare l’agricoltura come elemento di
conservazione attiva del paesaggio della campagna romana e rifondare il
rapporto tra insediamenti e aree (e attività) agricole su basi di mutuo
vantaggio e non di rapina di beni ambientali e culturali unici e di valore
universale. Ciononostante si è ritenuto che l’area di Casal del Marmo, in cui il
rapporto città-campagna è più forte e definito, potesse essere il miglior
esempio di come potrebbe funzionare un Parco Agricolo Urbano nella città di
Roma.
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Il territorio di Casal del Marmo
Il contesto urbanistico e territoriale
L’area del parco agricolo comunale di Casal del Marmo è situata nel settore
ovest della città, tra la via Trionfale e il Grande Raccordo Anulare, nel territorio
del XIX Municipio.
Se la via Trionfale a est costituisce un limite ben definito, corrispondente
all’antica via romana di ingresso da Nord e al crinale tra due sistemi idrografici
(verso il fosso dell’Acqua Traversa a Est, verso il fosso della Magliana a sud-
ovest), gli altri limiti sono originati da uno sviluppo insediativo recente,
prevalentemente non pianificato, che si è incuneato sui crinali a partire dal
sistema delle radiali (via di Boccea) e dai principali collegamenti trasversali tra
la via di Boccea e la via Trionfale, costituiti dalla via Torrevecchia e dalla via
del Casal del Marmo.
Verso sud il nuovo limite dell’area è costituito dalla nuova viabilità derivante da
recenti programmi urbanistici (Programmi di Recupero Urbano ex art.11
L.493/93) destinati a servire alcuni piani di zona e alcune aree di edificazione
incontrollata, successivamente oggetto di pianificazione pubblica e
inquadramento urbanistico.
A sud-est il limite è sostanzialmente identificabile con il Fosso della
Campanelle, che dal crinale coincidente con la via Trionfale scende verso il
bacino della Magliana.
In adiacenza del Fosso delle Campanelle sorgono le principali infrastrutture
pubbliche di interesse urbano. Sul lato sud-est il complesso di Santa Maria
della Pietà, candidato ad ospitare insediamenti universitari o altri servizi di
interesse pubblico; sul lato a nord-ovest, verso l’area centrale del parco
agricolo e in successione lungo via Barellai, a partire dalla via Trionfale:
l’ospedale S.Filippo Neri, l’istituto alberghiero, il carcere minorile di Casal del
Marmo. Da qui il piano regolatore prevede la prosecuzione della strada
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mediante un ponte sul Fosso della Campanelle, fino a ricongiungersi con il
tessuto urbano verso via Torrevecchia.
Per quanto riguarda i servizi di livello locale, i parcheggi e il verde pubblico, si
configurano due sistemi appoggiati rispettivamente sulle vie di Casal del
Marmo e sulla nuova viabilità di bordo tangente ai piani di zona di Torresina, in
buona parte derivanti dai due Programmi di recupero urbano Palmarola-Selva
Candida e Primavalle-Torrevecchia.
Nell’area del Parco Agricolo è già presente un asse di attraversamento rurale
con fondo in terra compattata. Quest’asse si collega in adiacenza alla via
Trionfale con l’antico Casale del Marmo - successivamente denominato Casale
Massara, dal nome dei proprietari della grande tenuta agricola – e, verso
Torresina, con un istituto religioso costruito nella seconda metà del ‘900. La
strada rurale scorre quasi parallela al percorso del fosso del Marmo Nuovo
vicino all’asse longitudinale dell’intero ambito agricolo.
L’ambito del Parco Agricolo di Casal del Marmo occupa una posizione
significativa nel sistema ambientale territoriale. E’ in pefetta continuità con la
Riserva Regionale dell’Insugherata, di elevatissimo valore naturalistico e a
forte caratterizzazione agricola, e costituisce un elemento portante della
direttrice ambientale che va dall’Insugherata stessa alla Riserva Regionale
dell’Acquafredda e poi a quella della Tenuta dei Massimi e quindi al Tevere, in
forte corrispondenza dunque anche con il sistema idrografico di questo
quadrante territoriale.
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Il contesto produttivo agricolo
L’area di studio si estende per circa 400 ha di superficie. Pur essendo
interamente circondata dal tessuto urbano, l’area mantiene i caratteri
ambientali e paesaggistici tipici dell’Agro Romano di cui rappresenta un
“residuo naturalistico” che, prima dell’espansione urbanistica disordinata,
presentava continuità ecosistemica con le attuali aree verdi protette situate nel
settore Nord Ovest del territorio comunale (Riserva Naturale dell’Insugherata,
Parco Regionale Urbano del Pineto, Riserva Naturale di Monte Mario e Riserva
Naturale della Tenuta dell’Acquafredda).
Come per tutta la campagna romana, anche qui le principali trasformazioni del
paesaggio agrario sono storicamente riconducibili alle pratiche agricole
condotte sugli altopiani che, per gli interessi pastorali e per opera dei
carbonari, hanno fortemente ridotto l’estensione della vegetazione boschiva
spontanea ivi presente. A ciò seguì una diffusa utilizzazione di tipo estensivo
(prato-pascolo) spesso determinata da aspettative di future destinazioni
urbanistiche dei terreni.
Accanto alle aziende di dimensione medio-grande con ordinamento estensivo a
prato, prato-pascolo o seminativi, sono presenti piccoli lotti, generalmente
spontanei, adibiti alla coltivazione di orti urbani e, limitatamente,
all’allevamento di animali. A questi appezzamenti, situati perlopiù nei
fondovalle pianeggianti e sulle scarpate dei fossi principali, sono spesso
associati piccoli manufatti realizzati con i materiali più disparati.
Per quanto riguarda l’attuale utilizzazione del suolo agricolo, così come si
evince dalla Carta dell’uso del suolo appositamente prodotta, il territorio in
esame è suddivisibile in diverse classi d’uso che differiscono fra loro anche per
differente suscettività produttiva.
L’elaborazione di tale cartografia, redatta seguendo la classificazione CORINE
LAND COVER, è consistita nella verifica e aggiornamento, eseguiti mediante
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rilievi di campagna e fotointerpretazione, delle categorie d’uso del suolo fino al
4° livello di dettaglio, e in particolare:
TERRE ARABILI
Terre arabili non irrigue, principalmente senza vegetazione dispersa
(punto-linea)
COLTURE PERMANENTI
Frutteti
Oliveti
PRATI
Prati prevalentemente senza alberi e arbusti
Prati-pascoli e pascoli
ZONE AGRICOLE ETEROGENEE
Colture annuali associate a colture permanenti
Sistemi colturali complessi senza presenza di edifici
Sistemi colturali complessi con presenza di edifici
BOSCHI E AREE SEMINATURALI
Boschi a prevalenza di sughera
Querceti misti a locale dominanza di cerro
Boschi di latifoglie non native a dominanza di robinia
Praterie naturali prevalentemente senza alberi e arbusti
Cespuglieti a locale dominanza di ginestra
Canneti
Nello schema che segue si forniscono maggiori dettagli, con riferimento al
CORINE Land Cover, riguardanti le classi di uso del suolo utilizzate nell’analisi
che per quanto riguarda i boschi e le aree seminaturali si è riferita a Blasi.
TERRE ARABILI (2.1)
Si tratta di superfici coltivate, regolarmente arate e generalmente sottoposte a un sistema di
rotazione. Le colture che si alternano su questi terreni sono cereali, leguminose, colture
foraggere e coltivazioni industriali erbacee.
Terre arabili non irrigue principalmente senza vegetazione dispersa (punto-linea)
(2.1.1.1)
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Si tratta di superfici non irrigue poiché prive di canali di irrigazione e strutture di pompaggio,
dove non si riscontrano presenze significative di vegetazione arborea e/o arbustiva sparsa o
in filare. Questa tipologia d’uso del suolo è diffusa principalmente sui pianori compresi tra il
fosso del Marmo Nuovo ed il fosso delle Campanelle.
COLTURE PERMANENTI (2.2)
Comprendono superfici investite a colture non soggette a rotazione che forniscono più
raccolti e che occupano il terreno per un lungo periodo prima dello scasso e della
ripiantatura: si tratta per lo più di colture legnose da frutto. Sono esclusi i prati, i pascoli e le
foreste.
Frutteti (2.2.2.1)
Colture pure o miste di specie produttrici di frutta (mele, pesche, ciliegie, cachi, etc.) o
alberi da frutto in associazione con superfici stabilmente inerbite. I frutteti con presenza di
diverse associazione di alberi sono da includere in questa classe. Queste colture interessano
soprattutto i terreni di proprietà pubblica.
Oliveti (2.2.3.1)
Si tratta di superfici coltivate esclusivamente a olivo.
PRATI (2.3)
Prati prevalentemente senza alberi e arbusti (2.3.1.1)
Si tratta di colture erbacee avvicendate (graminacee, leguminose, crocifere, chenopodiacee)
di durata superiore a un anno, seminate in purezza o miste (prati monofiti e oligofiti),
sfalciate per la produzione di foraggio destinato all’alimentazione zootecnica. In particolare
le aree a prato senza la presenza di elementi arborei ed arbustivi sono maggiormente diffuse
nella parte inferiore della valle percorsa dal Fosso del Marmo Nuovo e sui pianori,
costituendo superfici di media dimensione.
COLTURE AGRICOLE ETEROGENEE (2.4)
Colture annuali associate a colture permanenti (2.4.1.1)
Associazione di colture erbacee avvicendate e di colture legnose permanenti.
Sistemi colturali complessi senza presenza di edifici (2.4.2.1)
Accostamento di piccole particelle di diverse colture annuali, prati e/o colture permanenti
senza edifici sparsi. Comprendono spesso colture ortive associate a piante arboree da frutto
o a vite.
Sistemi colturali complessi con presenza di edifici (2.4.2.2)
Accostamento di piccole particelle di diverse colture annuali, prati e/o colture permanenti
con presenza di edifici. Comprendono spesso colture ortive associate a piante arboree da
frutto o a vite.
BOSCHI E AREE SEMINATURALI (3.1)
Boschi di latifoglie (3.1.1)
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Formazioni vegetali, costituite principalmente da alberi, ma anche da cespugli e+ arbusti,
nelle quali dominano le specie forestali latifoglie. La superficie a latifoglie deve costituire
almeno il 75% della componente arborea forestale.
Boschi a prevalenza di sughera (3.1.1.1.2)
Querceti misti a locale dominanza di cerro (3.1.1.2.1)
Boschi di latifoglie non native a dominanza di robinia (3.11.3)
Vegetazione erbacea e/o arbustiva (3.2)
Praterie naturali prevalentemente senza alberi ed arbusti (3.2.1)
Aree foraggere a bassa produttività. Comprendono terreni con colture erbacee naturali o
seminate in purezza o miste (graminacee, leguminose) sulle quali viene prevalentemente
praticato il pascolo.
Cespuglieti a locale dominanza di ginestra (3.2.2)
Formazioni vegetali basse e chiuse, stabili, composte principalmente da cespugli ed arbusti e
piante erbacee. Tra le specie presenti, ginestra (Spartium junceum), prugnolo (Prunus
spinosa), rovo (Rubus ulmifolius), olmo (Ulmus minor).
Canneti (3.2.3)
Formazioni alto erbacee e arbustive frequenti lungo le linee di impluvio. Tra le specie
presenti (Phragmitesaustralis e Arundo donax).
In termini di incidenza percentuale, la ripartizione tra le classi è riportata nella
tabella e nel grafico seguenti.
Uso del suolo all'interno dell'area di studio (Casal del Marmo) Codice Classe ha %
2111 Terre arabili principalmente senza vegetazione dispersa 107,86 23,42221 Frutteti 6,87 1,52231 Oliveti 4,08 0,92311 Prati prevalentemente senza alberi e arbusti 79,80 17,32422 Sistemi colturali complessi con presenza di edifici 36,76 8,03211 Praterie naturali prevalentemente senza alberi e arbusti 150,16 32,5
31112 Boschi a prevalenza di sughera 16,36 3,531121 Querceti misti a locale dominanza di cerro 42,77 9,3
322 Cespuglieti a locale prevalenza di ginestra 12,27 2,7323 Canneti 4,94 1,1
TOTALE 461,873 100,00 Sono state prese in considerazione solo le classi con percentuale d’incidenza
maggiore o uguale all’ 1% di superficie totale.
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Frutteti1%
Oliveti1%
Prati prevalentemente senza alberi ed
arbusti17%
Sistemi colturali complessi con
presenza di edifici8%
Praterie naturali prevalentemente
senza alberi e arbusti33%
Boschi a prevalenza di sughera
4%
Cespuglieti a locale prevalenza di
ginestra3%
Querceti misti a locale dominanza di
cerro9%
Canneti1%
Terre arabili principalmente senza vegetazione dispersa
23%
Grafico rappresentativo delle principali classi di uso del suolo presenti nell’area di
studio.
Per quanto attiene la struttura fondiaria, il primo elemento caratterizzante è la suddivisione del territorio tra proprietà pubbliche e private. La superficie di proprietà pubblica, appartenente alla Provincia di Roma, presenta un’estensione di circa 120 ettari e risulta essenzialmente suddivisa in:
Un frutteto della cooperativa Co.br.ag.or.
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- aree in concessione
- aree con occupazioni temporanee senza titolo.
La gran parte del territorio in concessione è gestito dalla Cooperativa
Co.br.ag.or. (Cooperativa Braccianti Agricoli Organizzati) alla quale venne
concessa per convenzione nel 1978, a titolo gratuito, una superficie di circa 66
ha. Il territorio gestito dalla cooperativa interessa gli altopiani della zona nord
est dell’area.
Le aree a occupazione senza titolo, interessano il tratto medio-alto del fosso
Campanelle e comprendono circa 250 lotti.
Il tessuto fondiario privato è costituito da tre grandi proprietà (Massara per
100 ha; Mancini per 110 ha, Vittorini per 60 ha) e da una serie di piccoli lotti di
dimensione inferiore all’ettaro, che interessano la Tenuta del Piano del Marmo.
Attualmente l’area che risulta maggiormente valorizzata dal punto di vista
agricolo, oltre ai suddetti orti, è l’azienda gestita dalla cooperativa Co.br.ag.or.,
che presenta coltivazioni eterogenee a seminativo avvicendato, oliveto,
frutteto, colture in serra e colture ortive in pieno campo.
In azienda è presente anche un punto vendita dei prodotti agricoli e dei
prodotti trasformati (olio, confetture, miele). L’azienda possiede anche degli
animali, quali polli, vacche e maiali, utilizzati essenzialmente a scopi didattici.
La vicina azienda di proprietà Massara è caratterizzata prevalentemente da
seminativi avvicendati.
Tutta l’area adiacente alla via di Casal del Marmo e al quartiere Primavalle,
presenta una vocazione zootecnica, contrassegnata dalla presenza prevalente
di prati-pascoli e pascoli a disposizione degli allevamenti bradi di ovini e bovini.
Elemento di particolare rilievo è la presenza, all’interno di detta azienda, di
edifici rurali di notevole importanza, ancorché in condizioni fatiscenti, sia sotto
l’aspetto delle volumetrie disponibili che sotto quello del loro valore storico-
sociale. In particolare il complesso è costituito da due corpi di fabbrica ad uso
stalla e un fabbricato ad uso abitativo di maggior pregio architettonico.
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Ecomed – UNPR Parchi agricoli urbani
Particolare menzione, ai fini del presente studio, deve essere fatta in relazione
alla citata azienda Co.br.ag.or. che costituisce un esempio di efficienza dal
punto di vista della produttività in senso agricolo stretto e dal punto di vista
dell’offerta di servizi agrituristici (80 coperti e 10 posti letto) e didattici.
L’ordinamento produttivo è di tipo misto con coltivazione di ortaggi stagionali,
frutta (mele, pesche,
albicocche, prugne,
cachi, ecc.), olivi, vigna
e rotazioni di cereali
con proteoleaginose; è
inoltre presente un
piccolo allevamento
zootecnico che
comprende alcune
unità di vitelli da carne
e animali da cortile.
L’attività agricola,
supportata da un
adeguato parco macchine, attrezzature e fabbricati rurali, è indirizzata alla
massima riduzione degli impatti ambientali adottando idonee pratiche
agronomiche e attenendosi al Regolamento Comunitario sulla riduzione dei
fitofarmaci.
Bovini al pascolo in località Monte Marmo
L’azienda dispone di un proprio piccolo frantoio a ciclo continuo dove si
trasformano le olive raccolte dalle 400 piante di diverse varietà (Frantoio,
Leccino, Nocellara e Piccoline) in un eccellente olio extravergine non filtrato
segnalato dalla guida del Gambero Rosso.
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L’elevata qualità delle produzioni agroalimentari e l’impegno profuso dai
conduttori nella
salvaguardia del
territorio in un ottica di
utilizzo compatibile
delle sue risorse, ha
permesso alla
Cooperativa di
realizzare un’azienda
agricola multifunzionale
a reddito positivo, che
costituisce un
riconosciuto punto di
riferimento e
aggregazione sociale non solo per il quartiere ma per tutta l’area Nord di
Roma, e rappresenta un esempio di possibile riqualificazione e recupero di un
area periferica degradata.
Un immagine comune nella campagna romana: le colture ortive, le pecore al pascolo e la nuova edilizia sullo sfondo.
Seguendo il principio per il quale l’agricoltura sostenibile oltre ad essere
un’attività economica produttiva rappresenta un sistema di difesa e recupero
dei valori storici ed ambientali del territorio, la Cobragor ha di fatto il merito di
aver salvaguardato un porzione di agro romano vitale, per dare risposta alla
sempre più crescente “domanda di campagna” proveniente dalla città. Tale
ruolo si concretizza con la costante programmazione di attività e iniziative a
carattere sociale che, a fronte di costi modesti, costituiscono il cuore del
successo dell’impresa.
L’organizzazione aziendale prevede il libero accesso alle strade poderali e ai
sentieri aziendali da parte di turisti per attività di passeggiata, footing o
ciclismo.
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Di particolare importanza, sotto il profilo sociale, sono alcune specifiche
attività, tra le molte iniziative cui in cui l’azienda è coinvolta:
l’attività di educazione ambientale, agricola e alimentare. L’azienda è
organizzata come fattoria educativa e ospita circa 1.500 bambini
all’anno provenienti dalle scuole elementari di Montemario,
Primavalle, Torrevecchia e Ottavia. Durante le visite gli animatori della
cooperativa facilitano i bambini a interagire con gli animali e
l’ambiente agricolo con naturalezza e partecipazione. Inoltre
propongono, in accordo con gli insegnanti, un vero e proprio modulo
educativo improntato sul rispetto e conservazione dell’ambiente
rurale, per una città più vivibile e a misura di bambino e per il
mantenimento, dell’ormai precario ecosistema. L’azienda partecipa al
progetto Rete delle Fattorie Didattiche promosso dall’Assessorato alle
Politiche Educative del Comune di Roma (L. 285/97) e dall’Ente
RomaNatura, finalizzato alla promozione di visite in fattoria a tutti i
bambini ed insegnanti delle scuole, materne ed elementari del
Comune di Roma.
L’azienda, che proviene dalle proprietà del S. Maria della Pietà,
collabora da molti anni con il Dipartimento di Salute Mentale della
A.S.L. RME per un progetto che prevede il ciclico inserimento in
cooperativa di tre pazienti con problemi psichiatrici. L’aspetto
qualificante di questa esperienza sta nell’alto valore terapeutico e
soprattutto nell’autentico reinserimento lavorativo in quanto i pazienti
sono assunti come soci a tutti gli effetti.
Un’altra esperienza che evidenzia l’integrazione della cooperativa con
il territorio è l’organizzazione di campi scuola estivi in azienda che
ormai da molti anni vede la partecipazione crescente di bambini
residenti nei quartieri limitrofi. Nei mesi invernali è attiva invece una
ludoteca caratterizzata da attività di animazione e ristorazione per
feste organizzate dagli stessi bambini.
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Nel mese di agosto l’azienda ospita quotidianamente circa 50 anziani
residenti della XIX circoscrizione in collaborazione con la Cooperativa
Servizio Sociale e Sanitario XIX.
Per tali iniziative l’azienda ha ottenuto la segnalazione nell’ambito del Premio
“Romarchitettura” sezione Luigi Piccinato per il progetto di “Parco
Agroeconomico di Castel del Marmo a Roma” – Ordine degli Architetti di
Roma - anno 2000, ed è stata inserita - grazie alle capacità dimostrate e i
risultati ottenuti nella difesa dell’ambiente agricolo in ambito urbano, nello
sviluppo di attività multifunzionali e per i risvolti occupazionali e sociali - quale
esperienza pilota nello studio previsto nell’ambito del Programma Comunitario
ADAPT “Networking fot Regional Innovation Processes Towards Agenda 21 –
Strategie per la riconversione produttiva sostenibile delle Piccole e Medie
Aziende Agricole dell’Agro Romano”.
Il contesto ambientale
La descrizione del contesto ambientale è in larga parte basata su uno studio
dettagliato curato da Claudio Succhiarelli e pubblicato dal Dipartimento alle
Politiche della Programmazione e Pianificazione del Territorio – Roma Capitale1.
Le caratteristiche gemorfologiche e vegetazionali
Il territorio di Casal del Marmo è costituito da un esteso altipiano solcato da
valli percorse da un reticolo idrografico a carattere torrentizio. Far riferimento
al sistema idrografico è il modo più efficace e immediato di descrivere il
territorio.
Il reticolo idrografico fa parte della rete minore del bacino del fiume Tevere, ed
è costituito da tre incisioni vallive percorse, partendo dalla parte alta del
bacino, dal fosso della Polledrara (1,5 Km), dal fosso del Marmo Nuovo (4,3
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Km) e dal fosso del Fagiano che confluisce nel fosso delle Campanelle (3,6
Km); scorrendo con andamento parallelo in direzione nord est–sud ovest, tali
corsi d’acqua affluiscono, più a valle, nel collettore principale del fosso della
Palmarola o di Maglianella, esterno al Parco agricolo di Casal del Marmo. I
fondovalle dei corsi d’acqua sono a fondo piatto e presentano una larghezza
massima di circa 100-150 metri, con una pendenza che diminuisce
progressivamente in modo continuo lungo il loro sviluppo.
La circolazione idrica superficiale è composta dal ruscellamento di flussi
idrici naturali delle acque meteoriche e di flussi di origine antropica. I flussi
idrici naturali sono in larga parte di tipo temporaneo o intermittente, anche se
in alcuni bacini (in particolare sulla Polledrara) sono presenti degli afflussi
sorgentizi significativi. Nel periodo piovoso la combinazione del deflusso idrico
meteorico con quello delle sorgenti dà vita a una zona palustre stagionale di
modesta estensione, disposta lungo l’incisione del fosso. Tale condizione è da
considerarsi naturale nei corsi d’acqua della campagna romana, che avevano
storicamente uno stretto rapporto con la piana alluvionale, che presentava
condizioni marcatamente più umide rispetto ai pianori sommitali. Tale
condizione si è recentemente ridotta a causa dei frequenti interventi di
rettificazione e risezionamento che hanno alterato la morfologia degli alvei.
La presenza di zone umide di fondovalle può anche essere dovuta all’intervento
umano: è il caso del fosso del Marmo Nuovo che, in prossimità della
confluenza con il fosso della Palmarola, presenta una zona di acque a lento
deflusso, a causa di un restringimento della sezione in corrispondenza di una
strada. In questo caso però la portata del fosso è costituita dagli scarichi
provenienti dai depuratori e dalle fogne dell’insediamento di Ottavia (vedi
paragrafo sulle criticità ambientali).
La circolazione idrica sotterranea comprende falde superficiali e falde
profonde. E’ governata principalmente dalle precipitazioni, dalle temperature,
1 “C.Succhiarelli Paesaggio a Nord Ovest. Risanamento ambientale e realizzazione di un’area naturalistica a Casal
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da permeabilità e assetto strutturale delle litologie interessate, dalla
vegetazione presente e dalle attività umane.
Fra questi fattori, quelli che maggiormente influenzano la circolazione idrica
sotterranea sono le litologie presenti e l’attività umana, che ha ridotto le
numerose piccole sorgenti originariamente presenti all’interno del territorio
all’attuale numero di poche decine, a causa dell’inurbamento e
dell’impermeabilizzazione di estese superfici dell’altopiano.
Nel tratto medio-alto del fosso della Polledrara una sorgente con portata
continua di circa 0,2 l/s è utilizzata per abbeveraggio degli animali al pascolo;.
Nel tratto superiore del fosso delle Campanelle sono presenti circa nove
emergenze sorgentizie con portata variabile, le cui acque sono captate
mediante lo scavo di fosse della profondità di 1-2 metri o per fuoriuscita
naturale dal terreno.
Le acque intercettate, usate per l’irrigazione, vengono convogliate in vasche di
raccolta in muratura, in cisterne metalliche, o in piccoli scavi nel terreno. Le
acque circolanti sono captate anche attraverso alcuni pozzi romani.
La vegetazione dell’area è costituita da una copertura arborea spontanea
boschiva presente sul substrato vulcanico, sui versanti più acclivi delle valli.
Essa è rappresentata da boschi misti, con composizione variabile, a seconda
dell’esposizione e del livello di “disturbo” (taglio, pascolo, incendio):
significativa è la presenza di Leccio e Quercia da sughero (Quercus suber e
Quecus ilex) accompagnate da una vegetazione arbustiva di sottobosco. E’ da
segnalare la presenza di ulteriori specie caducifoglie del genere Quercus di
grande valenza ambientale biogeografica, (Quercus cerris, Quercus farnetto,
Quercus pubescens), tipiche di quest’area, ma attualmente scomparse dalla
gran parte dei siti urbanizzati. Alcune cenosi forestali ricolonizzate
recentemente si presentano più povere e dominate da specie di minor pregio
(prevalentemente Robinia). Significativi sono pure alcuni arbusteti di ginestra
del Marmo. Comune di Roma 2002”
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di ricolonizzazione recente. Nella carta dell’uso del suolo sono evidenziate le
formazioni arboreo-arbustive esistenti.
La restante copertura vegetale è distribuita nei fondovalle alluvionali dei corsi
d’acqua, con prevalenza di prato pascolo e terreni incolti, mentre sugli altipiani
sono presenti coltivi.
Nel complesso sono ancora presenti importanti elementi del paesaggio
vegetale originario, costituiti da comunità vegetali autoctone miste di tipo
mediterraneo e temperato. Fra le specie animali presenti riveste una
particolare importanza l’avifauna, grazie alla presenza di specie “non
particolarmente numerose ma con elementi di pregio”: nelle zone boscose e
alberate nidifica la tortora, in cespuglieti e coltivi lo zigolo nero, fra cespugli e
boschi aperti la sterpazzolina, mentre la gallinella d’acqua e diverse specie di
anatidi e ardeidi (aironi) sono presenti nelle zone umide lungo il fosso delle
Campanelle, costituite dal ristagno dei liquami degli scarichi fognari e dei
depuratori posti a monte del fosso.
Un’area umida formatasi a seguito della chiusura di un canale di scolo lungo il fosso delle Campanelle
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Le criticità ambientali
I problemi di inquinamento del territorio del Parco sono legati principalmente
alla presenza di scarichi fognari non depurati e di discariche abusive.
Indicando con scarico “qualsiasi immissione diretta tramite condotta di acque
reflue liquide, semiliquide e comunque convogliabili nelle acque superficiali, sul
suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura
inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione” (D.L.
11 maggio 1999 n.152), gli scarichi rinvenuti sul territorio di Casal del Marmo
sono stati distinti dallo studio del Succhiarelli in tre tipologie:
- scarichi fognari non depurati
- scarichi di effluenti trattati provenienti dagli impianti di depurazione
- scarichi di acque meteoriche
Nella tabella seguente sono riportate le caratteristiche dei principali scarichi
idrici che interessano il Parco Agricolo di Casal del Marmo; nella “Tavola delle
criticità” è evidenziata la localizzazione degli scarichi.
Fosso recettore Sigla Provenienza A.E. Tipologia Volume/anno
F. delle Campanelle M3
Complesso edilizio Ministero Grazia e Giustizia
meteorico, acque di prima pioggia 0
F. delle Campanelle F6 urbano 1000 0
F. del Fagiano F5 urbano 1500
civile, meteorico, acque di prima pioggia 164250
F. del Marmo Nuovo F4
F. del Marmo Nuovo F3 urbano 1000
civile, meteorico, acque di prima pioggia 109500
F. del Marmo Nuovo F2 urbano 4000
civile, meteorico, acque di prima pioggia 438000
F. del Marmo Nuovo D2
Istituto religioso "Casa delle divina Providenza" 130
depuratore singolo (biologico) 4021
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F. del Fagiano D3 Sanitario, Ospedale S. Filippo Neri 2430
depuratore singolo (biologico) 121056
F. del Marmo Nuovo D1
Scolastico, Liceo Sc. Statale "L. Pasteur" 0
depuratore singolo, vasche a tenuta 10725
F. delle Campanelle D4
Complesso edilizio Ministero Grazia e Giustizia 351
depuratore collettivo (biologico) 17952
F. delle Campanelle D5
Sanitario ASL RM E (ex. Ospedale Psic. S.M. Pietà) 545
depuratore singolo (biologico) 11080
Fonte: nostra elaborazione da “C.Succhiarelli Paesaggio a Nord Ovest. Risanamento ambientale e realizzazione di un’area naturalistica a Casal del Marmo. Comune di Roma 2002”
In pratica, sia il fosso del Marmo Nuovo che quello delle Campanelle, sono
alimentati da scarichi: le acque del primo sono costituite quasi esclusivamente
da liquami non trattati, mentre il secondo ha una quota rilevante di liquami
trattati da piccoli depuratori biologici. Il fosso della Polledrara sembra invece
essere alimentato prevalentemente da acque sorgentizie.
Nel dettaglio, sulla base dell’indagine di Succhiarelli, la situazione degli scarichi
è la seguente:
Nel fosso del Marmo Nuovo sono stati accertati complessivamente cinque
scarichi:
− all’esterno dell’area del Parco:
•
•
•
•
due scarichi fognari comunali di tipo misto F2 e F3, posti nel tratto
iniziale del fosso, provenienti entrambi dalla borgata Ottavia; la
popolazione residente servita è rispettivamente di 4.000 e 1.000
abitanti.
uno scarico non determinato F4.
− all’interno dell’area del Parco:
due scarichi di effluenti trattati provenienti dagli impianti di
depurazione a servizio dell’istituto religioso “Piccola Casa della
Divina Provvidenza Cottolengo” (D2) e dal Liceo “Pasteur” (D1).
Lo scarico D2, posto sulla sponda destra, proviene da un impianto
biologico a gestione esterna che serve 130 residenti.
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• Nel tratto iniziale del fosso sono presumibilmente presenti altri
scarichi che la fitta vegetazione ripariale non ha permesso di
individuare.
Lungo il Fosso del Fagiano e il Fosso delle Campanelle sono stati rilevati
complessivamente 11 scarichi, alcuni dei quali interessano il tratto compreso
all’interno del Parco:
− due scarichi fognari pubblici, F5 (Fosso del Fagiano) e F6 (Fosso delle
Campanelle)
− uno scarico di acque meteoriche e di prima pioggia, M3
− tre scarichi di acque reflue trattate provenienti dagli impianti di
depurazione dell’Ospedale del S. Filippo Neri (D3), del complesso edilizio
del Ministero di Grazia e Giustizia (D4) e dell’A.S.L. Roma E (D5)
presente nel complesso dell’ex Ospedale Psichiatrico del S. Maria della
Pietà.
Lo scarico fognario comunale F5 è situato nel tratto iniziale del Fosso del
Fagiano e raccoglie i liquami provenienti dagli edifici del quartiere di Monte
Mario disposti lungo via Trionfale per un’utenza complessiva di circa 1400
abitanti.
Analisi chimiche condotte nel luglio 1994 e nel maggio 1997 sulle acque di
scarico della fogna hanno evidenziato elevati livelli di inquinamento chimico e
batteriologico, legato principalmente alla presenza di coliformi totali e fecali
(110.000 in 100 ml) e streptococchi fecali (11.000 in 100 ml). Nel 1997 furono
eseguite dal Presidio Multizonale di prevenzione di Roma anche analisi
chimiche del terreno dell’alveo del fosso del Fagiano, a valle della confluenza
con lo scarico degli effluenti trattati dell’impianto di depurazione dell’Ospedale
S. Filippo Neri. Le analisi condotte su cinque campioni evidenziarono la
presenza di terreni inquinati, ma senza particolari presenze di sostanze
tossiche persistenti bioaccumulabili. Le acque del fosso vengono tutt’ora
utilizzate per l’irrigazione degli orti circostanti, in violazione di un’ordinanza
sindacale del 1994.
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Lo scarico fognario pubblico F6 è situato nel tratto iniziale del Fosso delle
Campanelle e raccoglie le acque del quartiere di Monte Mario, abitato da circa
1000 persone. Le acque di questo scarico sono fortemente torbide e
maleodoranti.
Lo scarico civile D3 dell’impianto di depurazione dell’ospedale S. Filippo Neri,
posto nel versante destro del tratto medio alto del Fosso del Fagiano, avviene
tra cumuli di rifiuti solidi e urbani e calcinacci che ne influenzano il deflusso.
Lo scarico M3 di acque meteoriche e di prima pioggia è situato poco più a valle,
e avviene tramite un collettore separato con immissione diretta nel corpo
recettore.
In prossimità di quest’ultimo si trova anche lo scarico D4 costituito da acque
reflue provenienti da un impianto di depurazione di tipo biologico e a gestione
esterna.
Una canalizzazione in lamiera raccoglie una parte degli effluenti in uscita per
l’irrigazione di un orto limitrofo allo scarico.
Lo scarico D5, proveniente dall’impianto di depurazione biologico a gestione
diretta a servizio dell’A.S.L. Roma E, è posto in una diramazione laterale valliva
sinistra del fosso delle Campanelle, che raggiunge attraversando a cielo aperto
gli orti abusivi.
Più a valle sono stati segnalati dalla Provincia di Roma altri scarichi
presumibilmente non depurati, provenienti dall’area di sosta del campo
nomadi, dalla sede dei Vigili del Fuoco e dall’Archivio del Ministero di Grazia e
Giustizia.
Nel territorio in esame sono state inoltre rilevate numerose discariche
abusive, situate lungo i bordi dei corsi d’acqua, nei pressi degli insediamenti
urbani e lungo le strade che attraversano il territorio agricolo. I materiali
scaricati all’interno del Parco consistono principalmente in:
− inerti provenienti da costruzioni, ristrutturazioni e demolizioni edilizie,
eventualmente associati con rottami ferrosi e con vari rifiuti urbani;
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− materiale terrigeno proveniente da movimenti di terra connessi a
sbancamenti.
Nel tratto medio del Fosso della Polledrara sono state individuate due aree di
scarico di ingente materiale terrigeno di origine vulcanica (T2 e S3), molto
probabilmente proveniente da sbancamenti per la realizzazione di costruzioni
edili o infrastrutturali. Lo scarico, attualmente interrotto, ha prodotto una
modificazione del versante con la formazione di un rilevato, ricoperto da
vegetazione erbacea e arbustiva, che digrada trasversalmente dalla sommità
del pendio all’interno del fosso per uno spessore medio di circa 4 metri.
Poco più a valle è presente una discarica (S4) di materiali provenienti da
costruzioni e demolizioni, materiale metallico e una colata di calcestruzzo di
scarto, situata in una insenatura laterale della valle.
Lungo il Fosso del Marmo Nuovo sono state rinvenute cinque discariche: S5, S6
(situate all’esterno del territorio del Parco agricolo), S7, S8, S9.
Il luogo di scarico S5 è posto lungo una strada di collegamento fra la borgata
Ottavia e via di Casal del Marmo il cui accesso è attualmente impedito dalla
presenza di due cancelli. Lo scarico è costituito da inerti provenienti da
costruzioni e demolizioni, rifiuti urbani e materiali metallici. Sul versante
opposto, lo scarico S6 è costituito prevalentemente da materiale terrigeno che
ricopre il pendio dalla sommità del fosso.
In un’ incisione valliva laterale sinistra si trova la discarica S7, costituita da
inerti provenienti da ristrutturazioni edilizie. Lo scarico, favorito dal libero
accesso degli automezzi alla vicina strada, interessa il pendio del fosso
sottostante con la relativa copertura arborea e arbustiva.
Le discariche S8 e S9, distanti tra loro una ventina di metri, sono situate lungo
il rilevato di terreno su cui passa la strada di collegamento fra la tenuta
Massara e via Torresina; dalla sommità del rilevato ingenti quantità di inerti
provenienti principalmente da costruzioni e demolizioni vengono scaricati nel
fosso sottostante.
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Lungo il tratto terminale del fosso del Marmo Nuovo si estende per circa 150
metri un impianto di rottamazione di automobili che, data la sua localizzazione,
non risulta adeguato alle prescrizioni previste.
Il tratto del Fosso delle Campanelle interno al perimetro del Parco agricolo è
interessato da tre discariche, indicate come S10, S11, S12.
La discarica S10 è posta lungo il versante sinistro di Valle Fontana. Dalla
sommità del pendio vengono riversati rottami metallici, autoveicoli bruciati,
elettrodomestici e materiali vari provenienti da costruzioni e demolizioni, sparsi
lungo il pendio fino al fondovalle sottostante e parzialmente ricoperti di
vegetazione arbustiva.
Alla base è presente un’emergenza sorgentizia con captazione della falda da
parte dei locali coltivatori degli orti.
La discarica S11 è situata nell’altipiano di S. Agata, ed è costituita da cumuli
sparsi di rifiuti urbani, rottami metallici, parti di autoveicoli e autoveicoli
bruciati, presenti in elevate quantità anche lungo il pendio che porta al fosso
sottostante e parzialmente ricoperti di vegetazione arbustiva.
La limitrofa discarica S12, costituita dagli stessi materiali di rifiuto, interessa il
versante iniziale di un’incisione valliva che affluisce verso il Fosso delle
Campanelle.
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Ipotesi di schema di assetto preliminare
Nei paragrafi che seguono sono motivati e descritti gli interventi e le attività
previste per la realizzazione del Parco Agricolo Comunale di Casal del Marmo.
La localizzazione degli interventi è riportata nella Tavola dello “schema di
assetto e degli interventi” allegata.
L’accorciamento della filiera produttiva
Com’è noto, una delle principali cause della difficoltà di gestione economica
dell’azienda agricola risiede nel macroscopico scarto tra i prezzi dei prodotti
agricoli al consumo rispetto a quelli al produttore. E’ peraltro accertato che la
causa di tale ingiustificata disparità è perlopiù dovuta all’eccessivo numero di
passaggi previsti dalla filiera agroalimentare.
Pertanto, nell’ambito di un programma di valorizzazione delle produzioni
agricole di un determinato territorio, com’è la costituzione di un Parco Agricolo,
uno degli interventi ipotizzabili, al fine di determinare benefici economici ai
produttori nel breve periodo e contemporaneamente valorizzare il rapporto
città-campagna, consiste nell’accorciamento della filiera produttiva tramite
l’organizzazione di un sistema di vendita diretta dei prodotti agricoli in
azienda, in punti vendita collettivi o nei mercati rionali.
Infatti, un intervento di questo tipo, associa a indubbie ricadute positive, quali:
- la crescita del reddito delle imprese agricole senza aumento o con
abbattimento dei prezzi al dettaglio;
- l’avvicinamento del cittadino alla cultura rurale e all’ambiente naturale;
aspetti gestionali come:
- la discreta facilità di realizzazione;
- il ridotto impegno dell’Amministrazione Pubblica, che svolgerebbe solo il
ruolo di stimolo favorendone l’organizzazione e la promozione.
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Con l’entrata in vigore del D.lgs 228/01, per l’imprenditore agricolo si è
notevolmente allargato il campo operativo, favorendo e incentivando la
presenza dell’azienda agricola sul mercato. L’ampliamento delle attività
connesse prevista dal decreto, sposta l’attenzione dalla fase della produzione
alla fase della collocazione del prodotto agricolo inteso in senso lato favorendo
un rapporto diretto produttore-consumatore e l’accorciamento della filiera.
Il mercato, da parte sua, si è dimostrato attento e pronto ad accogliere
iniziative indirizzate all’instaurarsi di un rapporto fiduciario con chi produce i
beni primari (fattorie aperte, didattiche, punti vendita ecc.).
Tutto ciò deve tuttavia essere valutato con grande attenzione, da un lato per
evitare il mancato rispetto delle basilari norme di ordine sanitario, fiscale e
commerciale, dall’altro per consentire all’azienda di interpretare in modo
corretto le esigenze e le aspettative del consumatore.
La vendita diretta nelle aziende biologiche è un fenomeno estremamente
interessante in tutta Europa. Mentre in Italia la vendita diretta deve limitarsi
alle produzioni aziendali (comprese quelle dei soci, in caso di imprese
collettive), la legge tedesca, ad esempio, concede di integrare le proprie
produzioni con un massimo del 30% di prodotti extra-aziendali, consentendo di
raggiungere un’ampiezza di gamma più appetibile per il consumatore e,
spesso, anche interessanti forme di collaborazione tra produttori di
orientamento produttivo o specializzazione diversa.
Le esperienze in questo settore dimostrano come il sistema della vendita
diretta in azienda dei prodotti agroalimentari, con il conseguente
accorciamento della filiera produttore/consumatore, determini una immediato
abbattimento dei prezzi al dettaglio e al contempo margini più elevati per
l’azienda. Un ortaggio ceduto a un grossista a 100, fatica a uscire dal suo
magazzino a meno di 130, e in negozio sarà offerto al consumatore intorno a
200. Lo stesso prodotto, posto in vendita nello spaccio aziendale a 160, offre al
produttore un margine ulteriore di 60 e al consumatore un risparmio di 40.
Non vanno inoltre sottovalutati altri aspetti, come la fidelizzazione del
consumatore e il valore del rapporto diretto.
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In questo senso il sistema degli spacci aziendali, dei mercatini, degli acquisti
on-line o per corrispondenza o dei gruppi d'acquisto solidale (Gas), può
rappresentare un elemento di ricongiunzione con il territorio e le tradizioni
agroalimentari, dando la risposta alla domanda di “campagna” proveniente
dalla città.
Il "ciclo corto" della filiera, ovvero il passaggio diretto dalla produzione al
consumo, è un'opportunità e un'esigenza soprattutto per le produzioni di
nicchia: biologico, tipico e tradizionale. Produzioni che spesso non hanno la
massa critica per tentare la strada della grande distribuzione e che trovano
giustificazione e valore attraverso il legame con il territorio o grazie alla
conoscenza del nome del produttore.
In ultimo vale la pena segnalare una forma di vendita, in Italia poco
conosciuta, dove il consumatore partecipa direttamente all'attività di raccolta.
In America si chiama "pick your own", ovvero raccogli tu stesso. Il
consumatore entra in azienda e raccoglie direttamente i prodotti di cui ha
bisogno. Invece di portare il prodotto ai consumatori l'agricoltore porta i
consumatori al prodotto con evidenti ricadute positive sugli aspetti sociali,
educativi e ricreativi. In un recente convegno a Bologna Banca Etica ha
annunciato il finanziamento del primo progetto di "pick your own" italiano. Si
baserà su una serie di negozi dove si potranno prenotare i raccolti di una rete
di aziende agricole situate in prossimità dei capoluoghi di provincia (Lorenzo
Tosi - aprile 2004).
Sotto l’aspetto legislativo, come già detto, dall'emanazione del D.Lgs. 228 del
2001 non è più necessaria la richiesta di autorizzazione per la vendita al
dettaglio di prodotti agricoli, basta la semplice comunicazione di inizio attività
al Sindaco del comune dove avverrà la vendita, se questa avviene in un luogo
aperto al pubblico o su aree pubbliche, o al Sindaco del comune dove ha sede
l'azienda di produzione, se la vendita è fatta in forma itinerante.
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E’ opportuno inoltre tenere presente le altre principali leggi che regolano il
settore, e in particolare: Legge n.327 del 5 febbraio 1934 (Autorizza la vendita
diretta del produttore agricolo in forma ambulante); Legge n.125 del 25 marzo
1959 (Autorizza la vendita diretta nei mercati all’ingrosso); Legge n.50 del 9
febbraio 1963 (Autorizza la vendita diretta al dettaglio nel proprio comune);
Legge n.477 del 14 giugno 1964 (Autorizza la vendita diretta in tutto il
territorio della Repubblica, non solo nel proprio comune e in quelli limitrofi).
Se i prodotti sono anche Dop, Igp o AS, secondo l’art.104 della Legge
finanziaria 2001, la vendita diretta e ammessa anche per via telematica, senza
per questo ricadere nella normativa del commercio. Secondo il Dpr 597/73
danno reddito agrario “le attività dirette alla manipolazione, trasformazione,
alienazione dei prodotti agricoli o zootecnici, ancorché non svolte sul terreno,
che rientrino nell’esecuzione normale dell’agricoltura, e secondo la tecnica che
le governa e che abbiano prevalentemente per oggetto prodotti ottenuti dai
terreni e dagli animali allevati su di essi”. Il produttore in regime Iva
semplificata è esonerato dall’obbligo del registratore fiscale; in regime Iva
ordinario dovrà, invece, utilizzare l’apparecchio (oppure una fattura immediata
o il Ddt integrato con l’indicazione del corrispettivo).
Attualmente, nell’area di Casal del Marmo, solo l’Azienda Co.br.ag.or. dispone
di un punto vendita diretta. Nell’ipotesi di assetto del Parco Agricolo sono state
individuate altre due possibili localizzazioni per punti vendita: nel Casal Marmo
Nuovo e nel Casal di Pian del Marmo, situati strategicamente in prossimità
degli ingressi al Parco orientati verso le aree urbane più lontane dal punto
vendita esistente. Ciononostante, la scelta di realizzare uno o più punti vendita
potrà essere effettuata, sulla base degli interessi e delle disponibilità delle
aziende agricole presenti, solo in fase di progettazione definitiva dell’assetto
del parco e dei relativi interventi.
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Il sostegno pubblico alle attività agricole
Numerose sono le possibilità di accesso a finanziamenti pubblici nell’ambito del
comparto agricolo. Tali finanziamenti possono essere accessibili sia al privato
conduttore di azienda agricola (persona fisica, società, cooperativa, consorzio,
ecc.) sia a enti pubblici (comuni, enti parco, ecc.) quando questi si trovino a
operare nell’interesse dei sistemi agricoli e ambientali.
Una rassegna delle opportunità offerte dai vari strumenti finanziari dovrà
essere allegata allo schema di assetto del Parco Agricolo, in modo da favorire
gli imprenditori locali interessati.
Qualora lo strumento dei Parchi Agricoli urbani si rivelasse effettivamente
realizzabile, sarebbe opportuno proporre agli uffici competenti della Regione, di
inserire tra le misure del Piano di Sviluppo Rurale specifiche soluzioni volte a
• incentivare alcune attività specifiche per queste aree (si veda la relazione
generale);
• riservare una quota di risorse per le aziende agricole ricadenti nelle aree
interessate dai parchi agricoli, che presentano difficoltà oggettive legate
agli impatti sociali e ambientali tipici delle aree urbane.
Nel prospetto che segue si riporta una ipotesi di rassegna di misure di sostegno
alle attività agricole da allegare al preliminare di schema di assetto.
Fonte Unione Europea
Sviluppo rurale
Atto: Regolamento (CE) n. 1257/99 del Consiglio, del 17 maggio 1999, sul sostegno allo
sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG) e
che modifica ed abroga taluni regolamenti [Gazzetta ufficiale L 160, 26.06.1999]. Obiettivi: Il
regolamento definisce il quadro del sostegno comunitario per uno sviluppo rurale sostenibile a
partire dal 1° gennaio 2000. Esso accompagna e integra gli altri strumenti della politica
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Ecomed – UNPR Parchi agricoli urbani
agricola comune e della politica strutturale comunitaria ed abroga, a questo titolo, i precedenti
regolamenti relativi al FEAOG (4256/88), l'obiettivo 5 a (950/97, 951/97, 952/97 e 867/90)
del precedente periodo di programmazione dei Fondi strutturali (1994-1999), le misure di
accompagnamento della riforma della PAC del 1992 (2078/92, 2079/92 e 2080/92) e l'aiuto
strutturale alla silvicoltura (1610/89).
Obiettivo 2
Atto: per l’Italia: Decisione 2000/530/CE (modificata dalla: decisione 2001/363/CE)
Obiettivi: sostenere la riconversione socioeconomica delle zone con difficoltà strutturali. La
riforma dei Fondi strutturali dell' Agenda 2000 prospetta il concentramento degli interventi
strutturali sui problemi di sviluppo più cruciali. Il nuovo obiettivo 2 dei Fondi strutturali per il
periodo 2000-2006 è pertanto la risultante della fusione tra i vecchi obiettivi 2 (riconversione
delle regioni industriali in declino) e 5b (adeguamento delle zone rurali al mutamento
strutturale) del periodo di programmazione 1994-1999.
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LEADER +
Atto: Comunicazione della Commissione agli Stati membri, del 14 aprile 2000, recante gli
orientamenti per l'iniziativa comunitaria in materia di sviluppo rurale (Leader+) [Gazzetta
Ufficiale C 139 del 18.5.2000]. Obiettivi: mutamenti del settore agricolo conseguenti alla
riforma della Politica agricola comune (PAC), le crescenti esigenze dei consumatori, la
pressione ambientale, la sempre maggiore diffusione delle nuove tecnologie, l'invecchiamento
della popolazione e l'esodo rurale sono le principali sfide con cui oggi devono fare i conti i
territori rurali. Nel quadro di una politica innovativa dello sviluppo rurale, nelle zone rurali è
stata avviata una riflessione sulla struttura socioeconomica che le caratterizza e si stanno
mettendo in atto adeguamenti strutturali per rispondere efficacemente alle sfide odierne. In
quanto secondo pilastro della PAC, ed elemento importante della politica di coesione economica
e sociale, la politica comunitaria a favore dello sviluppo rurale non si limita a potenziare la
competitività del settore agricolo, ma incentiva anche lo sviluppo di nuove attività e fonti
d'occupazione. Anche le iniziative comunitarie Leader I (1991-1994) e Leader II (1994-1999)
hanno svolto un ruolo di sperimentazione in questo campo, che ha consentito di definire e
attuare approcci territoriali innovativi, integrati e participativi. Tale sperimentazione è stata
accolta in modo generalmente assai positivo dall'insieme dei partecipanti, tanto che la
Commissione ha deciso di proseguire su questa via. Per il periodo 2000-2006, la Commissione
ha inserito Leader+, nuova iniziativa comunitaria in materia di sviluppo rurale, nella normativa
generale dei Fondi Strutturali.
Nell’ambito delle possibili fonti di finanziamento pubblico nazionale vale la pena
segnalare una recente legge, poco sfruttata, sul restauro degli edifici rurali: la
L. 378/03.
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Ecomed – UNPR Parchi agricoli urbani
Per quanto attiene allo Sviluppo Rurale regionale sembra opportuno riportare
la sintesi delle principali misure previste da PIANO DI SVILUPPO RURALE DEL
LAZIO 2000-2006 (REG. CE N. 1257/99 - D.G.R. N.2007 DEL 26.9.2000):
I.1 Investimenti nelle aziende agricole
A.1 Investimenti nelle aziende agricole
A.2 Commercializzazione e prima trasformazione di prodotti agricoli in azienda,
Punti vendita, macchinari e strutture per il condizionamento e la prima
trasformazione
Aiuto investimenti strutturali: 35% + 5% per giovani agricoltori
Aiuto investimenti per nuove macchine ed attrezzature: 30% + 5%
Investimento massimo ammissibile all’aiuto pubblico 2000-2006 (con massimo 2
piani): L. 1.355.000.000
Massimale per ULU aziendali: L. 387.000.000
I.2 Insediamento dei giovani agricoltori
Premio unico per il primo insediamento Lire 38.700.000
Abbuono di interessi per prestiti contratti per la copertura delle spese derivanti
dall’insediamento.
I.3 Formazione
Beneficiari: Enti pubblici, enti di diritto privati e ATI, in possesso dei
requisiti di cui all’art.5 lett. B della 845/78.
I.4 Miglioramento delle condizioni di trasformazione e
commercializzazione dei prodotti agricoli
• Miglioramento e controllo della qualità
• Creazione di linee di trasformazione e comm. di prodotti di qualità, biologici,
tipici ecc
• Nuove tecnologie e investimenti innovativi in sintonia con l’ambiente
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• Miglioramento della presentazione e confezionamento del prodotto, migliore
impiego/eliminazione dei sottoprodotti
• Obblighi: contratti di fornitura e acquisto materia prima
• Contributo massimo concedibile: 40% dell’investimento finanziabile.
II.1 Diversificazione delle attività agricole e affini
P.1 reti agrituristiche, turismo verde, percorsi blu, fattorie didattiche
(P.2 Ippoterapia, maneggi e centri di equitazione: solo comuni zone 1 e 2)
Tipologie per Imprenditori singoli o associati:
a) Sentieri agrituristici aziendali o interaziendali, segnaletica e punti di sosta
(40%)
e) Miglioramento e riattazione delle strutture agrituristiche (35% per gli
immobili, 25% per il resto)
f) Punti di ristoro (35% per gli immobili, 25% per il resto)
g) Recupero e miglioramento del paesaggio aziendale (40%)
h) Fattorie didattiche (40%)
Modalità di formazione delle graduatorie: interventi realizzati in aree protette
II.2 Incentivazioni delle attività turistiche e artigianali
(Affittacamere, ostelli, bed and breakfast, alloggio e prima colazione)
Beneficiari solo ricadenti nei comuni di classe 1 e 2.
II.3 Miglioramento commercializzazione dei prodotti agricoli di qualità
Beneficiari: Consorzi di tutela, Cooperative agricole e loro consorzi
Interventi:
- Strutturazioni di reti, anche informatiche, di informazione e per le transazioni
commerciali
- Strutturazione di servizi per la certificazione di qualità, della tipicità, della
ecocompatibilità dei prodotti agroalimentari (ISO 9000, ISO 14000, HACCP
- Creazione di consorzi di tutela dei prodotti di qualità
- Realizzazione di strutture di commercializzazione
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- Contributo 40% (massimo di 193.600.000 per due volte)
II.4 Gestione delle risorse idriche
Beneficiari: Provincie, Comuni e Comunità Montane nei Comuni 1 e 2.
Per la Tipologia 3 (investimenti collettivi materiali realizzazione di laghetti collinari
interaziendali a carattere multifunzionale) anche Imprenditori agricoli associati (coop. e
loro consorzi)
II.5 Sviluppo e miglioramento delle infrastrutture rurali connesse allo
sviluppo dell’agricoltura
Beneficiari: Comuni e Comunità Montane
II.6 Servizi essenziali per l’economia e la popolazione rurale
Beneficiari: Associazioni fra Comuni contigui e Comunità Montane nei Comuni 1 e 2.
II.8 Miglioramento fondiario
Beneficiari: Comuni e Università Agrarie (Su Terreni di uso collettivo)
III.1 Misure agroambientali
(impegno minimo per 5 anni)
Azione F.1 – Produzione integrata F.1.a: mantenimento delle riduzioni già effettuate Reg. Cee 2078/92 misura A1:
Sensibile riduzione dei concimi e dei fitofarmaci o A3: Introduzione dell’agricoltura
biologica
F.1.b: Introduzione della produzione integrata Solo Comuni di pianura e collina.
Aree preferenziali: Comuni individuati sulla base del rapporto sup. comunale/sup. a
mais; Comuni di pianura; aree protette di rilevanza agricola; aree sensibili (D.Lgs
152/99).
Agevolazioni: da 100 a 600 euro/ha/anno per 5 anni
Azione F.2 – Agricoltura biologica
F.2.a e F.2.b
Aree preferenziali: Comuni individuati sulla base del rapporto tra Uba e sup.
comunale; aree protette di rilevanza agricola; aree sensibili (D.Lgs 152/99).
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Agevolazioni: da 150 a 810 euro/ha/anno per 5 anni
Azione F.3 – Inerbimento delle superfici arboree Solo su superfici già sottoposte a F.1 o F.2
Realizzazione e mantenimento di un cotico erboso permanete con semina o gestione
della vegetazione spontanea su interfila e fila di tutte le superfici arboree
assoggettabili, divieto diserbanti, sup. Minima 1 ha
Agevolazioni: da 90 a 120 euro/ha/anno per 5 anni
Azione F.4 - Riconversione dei seminativi in prati, prati pascoli e pascoli F.4.a - F.4.b.
Intero territorio regionale
Agevolazioni: 240 euro/ha/anno per 5 anni per il mantenimento e 300 euro per
l’introduzione
Azione F.5 – Altri metodi di produzione compatibile con le esigenze dell’ambiente Interventi: 1) ripristino e/o realizzazione di siepi cespugliate e/o arboree; 2) ripristino
e/o realizzazione di alberi sparsi o in filare o a macchie; 3) ripristino e relativo
mantenimento di boschetti; 4) ripristino e/o realizzazione della viabilità poderale con
realizzazione di fasce inerbite, di siepi, e di alberature ai lati delle strade; 5)
mantenimento di terrazze e lunette sorrette da muri a secco e/o ripiani sorretti da
ciglioni inerbiti o cespugliati o alberati.
Sup. minima: 5% della SAU non inferiore a 0,2 ha
⋅ Intero territorio regionale
⋅ Aree preferenziali: Comuni di pianura; aree protette; aree protette di
rilevanza agricola; Siti di interesse Comunitario (SIC); Zone di protezione
Speciale (ZPS)
Agevolazioni: euro/mq da 0,15 a 0,24 – max 450 euro/ha della SAU
Azione F.6 – Coltivazioni a perdere
Realizzazione di superfici con coltivazioni a perdere (sorgo, saggina, mais, miglio,
panico, girasole, veccia) da destinare all’alimentazione naturale della fauna selvatica
utilizzando un’area pari almeno al 2% della SAU non inferiore a 1000 mq e non
superiore al 15% della SAU
⋅ Aree preferenziali: Aree protette; aree protette di rilevanza agricola; Siti di
interesse Comunitario (SIC); Zone di protezione Speciale (ZPS)
Agevolazioni: 450 euro per ha di superficie impegnata
Azione F.7 – Gestione dei sistemi pascolativi a bassa intensità
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Mantenimento e/o ricostituzione di un cotico erboso permanente che garantisca
l’omogenea copertura delle sup. a pascolo. Divieto di concimi e fitosanitari. Apporto
naturale azoto massimo 170 kg/ha. Carico di bestiame massimo 1,4 UBA/s.f.. Cura e
razionalizzazione del pascolo.
Aree preferenziali: Aree protette; aree protette di rilevanza agricola; Siti di interesse
Comunitario (SIC); Zone di protezione Speciale (ZPS)
Agevolazioni: 90 euro/ha elevabili a 108 euro nelle aree preferenziali
Azione F.8 – Tutela della biodiversità animale
Allevamento di razze minacciate da erosione genetica. Equini: Pony d’Esperia; asinini:
Asino Ragusano, Asino di Martina Franca, Asino dell’Amiata; ovini: Vissana.
Tutto il territorio regionale
Agevolazioni: 150 euro/UBA/anno
Azione F.9 – Tutela della biodiversità vegetale
Conservare in situ o coltivare materiale vegetale minacciato da erosione genetica. Tutto il territorio regionale
Agevolazioni: da 250 a 450 euro/ha/anno per 5 anni
III.3 Imboschimento delle superfici agricole Imboschimenti protettivi e multifunzionali compresi gli impianti tartufigeni e la
castanicoltura da frutto; arboricoltura da legno con essenze arboree a ciclo lungo e a
ciclo breve, queste ultime anche per la produzione di biomassa.
Beneficiari: Persone fisiche o giuridiche, Comuni e U.A.
Solo superfici della SAU aziendale produttive per il triennio precedente. Sono
esclusi i prati, i pratipascoli e pascoli permanenti non avvicendati.
Contributi: 1) alle spese di imboschimento (circa 80 %); 2) premio annuo per la
manutenzione per i 5 anni (circa 500 euro/ha/anno); premio annuo per i mancati
redditi per 20 anni (da 90 a 720 euro/ha, secondo la coltura precedente e il
beneficiario).
III.4 Altre misure forestali –
Azione I.1 Raccolta, trasformazione e commercializzazione prodotti
della selvicoltura
Acquisto nuovi macchinari per le varie operazioni
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Beneficiari: le imprese boschive regolarmente iscritte alla Camera di commercio
Industria, Agricoltura e artigianato, consorzi e cooperative
Contributo: 40 % del costo dell’investimento
Azione I.2 Associazionismo forestale
Costituzione di associazioni di imprenditori proprietari di boschi e di imprese boschive:
affitto locali acquisto attrezzature da ufficio. Minimo 100 ha
Contributo in conto capitale delle spese ritenute ammissibili comunque non superiore a
200 euro/ha. 100% il primo anno e 20% per i 4 successivi
Azione I.3 Miglioramento ecologico, sociale ed economico delle foreste
Conversione di bosco ceduo in alto fusto, diradamenti e potature, adeguamento
razionale viabilità forestale (Contributo sull’investimento 80%)
Azione I.4 Ricostituzione boschi danneggiati e prevenzione
Comuni, U.A. e Comunità montane
Azione I.5 Mantenimento e miglioramento della stabilità ecologica
delle foreste
Contributi da 40 a 120 euro/ha/anno in funzione degli interventi
III.5 Tutela dell’ambiente in relazione all’agricoltura, alla selvicoltura,
alla conservazione delle risorse naturali nonché al benessere degli
animali
Rinsaldamento e rinaturalizzazione delle dune costiere, regimentazione dei corsi
d’acqua con tecniche naturalistiche, creazione di fasce “cuscinetto” a vegetazione
autoctona lungo i corsi d’acqua, bonifica e salvaguardia delle aree con presenza di
sorgenti, ripristino e salvaguardia di zone umide, forre, boschetti relittuali di valore
naturalistico o paesaggistico ambientale.
Contributo pari al 90%dell’investimento totale ammissibile nel caso di ente
pubblico e 80% nel caso di privati
Beneficiari: Comuni o associazioni di comuni, U.A., C.M.,Enti gestori delle aree
protette, singoli proprietari privati o loro associazioni.
Interventi per l’accessibilità e la fruizione
Sotto il profilo della accessibilità l’area di Casal del Marmo è caratterizzata da
una condizione di vantaggio potenziale, legato alla presenza della ferrovia
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metropolitana Roma Cesano (FR3) che scorre parallelamente e via Trionfale,
con le fermate di Monte Mario, S.Filippo Neri e Ottavia.
Un accesso veicolare diretto dalla Trionfale è costituito dal sottopassaggio della
ferrovia metropolitana da cui si prosegue con via Barellai verso il cuore del
Parco Agricolo. Un altro accesso dalla Trionfale, all’altezza della Borgata
Ottavia, consente di addentrarsi verso la tenuta Massara.
La recente definizione degli assetti insediativi e infrastrutturali conseguente
alla definizione dei Programmi di Recupero Urbano offre una serie di accessi
veicolari disposti in modo sostanzialmente equilibrato sui diverso versanti del
Parco.
Un buon accesso da Nord Ovest è proponibile utilizzando la fascia di parcheggi
e servizi posta lungo via di Casal del Marmo e da qui attraverso una strada
sterrata esistente verso il Fosso del Marmo Nuovo.
Proseguendo lungo via di Casal del Marmo un altro ingresso locale potrebbe
essere proposto lungo una strada sterrata esistente che si innesta poco più a
Nord del Casale di Pian del Marmo, a poche centinaia di metri dal GRA.
L’accesso privilegiato da Sud è collocabile in adiacenza ai nuovi insediamenti di
Torresina (PdZ + PRU). Qui una nuova strada, oramai pressoché completata
conduce a una strada sterrata che attraversa longitudinalmente il parco
lasciandosi sulla destra il Casale del Marmo Nuovo e proseguendo
parallelamente al Fosso del Marmo Nuovo fino a divenire il maestoso viale
alberato di accesso al centro aziendale della Tenuta Massara.
Un ulteriore accesso potrebbe essere individuato sul lato Est del Parco in
corrispondenza del complesso di Santa Maria della Pietà. Questa ipotesi è
indotta dalla previsione di un ponte di attraversamento del Fosso delle
Campanelle, proposto in sede di formazione del Programma di Recupero
Urbano e inserito nel PRG 2003 adottato dal Comune. L’ingresso potrebbe
riconnettersi anche con la pista ciclabile prevista nell’area di Santa Maria della
Pietà, oggetto di un complesso programma di valorizzazione con l’inserimento
nuove funzioni universitarie. La previsione del ponte, pur logica e interessante,
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Ecomed – UNPR Parchi agricoli urbani
andrebbe sottoposta a una valutazione costi benefici anche nel confronto con
altre priorità di investimento che contribuirebbero a far decollare il programma
di realizzazione del Parco Agricolo.
Un discorso a parte merita il centro aziendale della Tenuta Massara, situato a
pochi minuti di cammino dalla via Trionfale, ma separato da questa da una
linea ferroviaria che costituisce una vera barriera. Qui sarebbe utile studiare e
realizzare una soluzione almeno pedonale di accesso, nella prospettiva di fare
del Centro Aziendale un punto di eccellenza e di concentrazione di servizi e
attività per il Parco Agricolo.
Per quanto riguarda la mobilità all’interno del parco sarebbe sufficiente
organizzare i raccordi della viabilità poderale e interpoderale esistente, mentre
il sistema dei fossi offre la sponda (in senso letterale) per organizzare sentieri
sul bordo delle aree boscate che occupano i versanti vallivi.
L’accessibilità veicolare dovrebbe essere in generale scoraggiata valutando le
necessarie eccezioni per il raggiungimento dei Casali che offrono servizi aperti
al pubblico (agriturismo, ristorazione vendità dei prodotti al pubblico, etc.).
Sul fronte della fruizione delle aree interne, un passaggio assai delicato è
costituito dalla organizzazione di accordi e convenzioni con i privati proprietari
delle aree per l’apertura al pubblico delle aziende e della rete di sentieri.
L’apertura alla fruizione pubblica (eventualmente sottoposta a limitazioni di
orari e tempi) costituisce uno dei principali obiettivi della procedura di
concertazione per la realizzazione del Parco Agricolo.
Il recupero degli insediamenti non autorizzati (orti spontanei)
Sulla scorta di progetti già realizzati in altre città, tra i quali spicca quello
realizzato da ItaliaNostra dal 1988 a Milano, è possibile prevedere un piano di
“regolarizzazione” degli orti abusivi, piuttosto diffusi nell’area in oggetto così
come in quasi tutte le aree verdi pubbliche e demaniali della periferia di Roma.
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Ecomed – UNPR Parchi agricoli urbani
In realtà, già da tempo, in tutte le principali metropoli europee sono presenti
aree di verde pubblico
dedicate agli orti del
tempo libero. Anche
in Italia erano state
compiute, prima delle
esperienze di Milano,
varie esperienze di
questo genere, per
esempio a Parma e a
Modena ed in alcuni
comuni dell’hinterland
milanese.
Si tratta in sostanza
di prevedere un’assegnazione, tramite concorso o bando pubblico, di singole
parcelle già interessate dal fenomeno di occupazione o connesse ad esso, a
fronte della quale il futuro ortista beneficiario accetta un previsto regolamento
e si impegna a effettuare determinati interventi di recupero e di manutenzione
secondo un disciplinare di buona pratica agricola.
Alcuni orti spontanei nella valle Fontana di Casal del Marmo
Perché un cittadino interessato a coltivare un orto dovrebbe preferire un orto
“regolare” a uno abusivo?
L’orto abusivo presenta alcuni svantaggi rispetto all’orto inserito in un contesto
gestito e controllato dal comune.
Innanzitutto l’orto abusivo degrada la città dal punto di vista estetico, dal
momento che esso è costruito con materiali di recupero (come lamiere, pezzi
di plastica, tavolacci, carcasse d’auto, ecc.) e chi lo utilizza solitamente non è
stimolato a preoccuparsi della sua immagine esteriore.
L’orto strutturato all’interno del parco, invece, è inserito armonicamente nel
contesto paesaggistico.
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Per esempio, i ricoveri per gli attrezzi e le altre strutture annesse vengono
progettati in sintonia con gli edifici e le strutture già presenti nell’ambiente,
utilizzando il legno, materiale ecologico, riciclabile, non inquinante e di basso
impatto ambientale.
Non va inoltre
sottovalutato l’aspetto
igienico: in un
complesso di orti
spontanei l’uso di
acque e di fertilizzanti
rimane incontrollato.
In particolare lo
smaltimento dei rifiuti
organici avviene quasi
sempre per mezzo di
bruciatura o
abbandono all’esterno
delle recinzioni e solo
raramente vengono riutilizzati come compost. Viceversa, negli orti organizzati
secondo un disciplinare, il regolamento impone norme e regole di corretto
smaltimento ma spesso anche particolari attenzioni nei confronti dell’ambiente.
Situazioni di degrado associate all’utilizzazione impropria dei terreni dell’area, Tenuta del Piano del Marmo
Un’altra caratteristica dell’orto organizzato è che esso ha una funzione sociale
e costituisce un luogo di incontro e di fruizione delle aree verdi.
In tal senso, sempre attingendo dall’espe-rienza milanese di Italia Nostra,
risulta di grande aiuto la presenza di aree comuni costituite da grandi capanni
di cui una parte, divisa in sezioni utilizzate da singoli ortisti, è destinata al
deposito degli attrezzi, e un’altra è gestita dall’intera comunità che decide
come meglio utilizzarla. In questo modo, oltre a favorire l’incontro di chi
utilizza gli orti, ognuno si può sentire parte di una comunità che lavora per
migliorare il parco.
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L’ l del Marmo interno di orto con frutteto nell’area di CasaIl paesaggio vallivo tipico di Valle Fontana
Ecomed – UNPR Parchi agricoli urbani
Questa “presa di possesso” del parco da parte degli ortisti è sicuramente un
aspetto positivo anche per tutte le persone che frequentano il parco. La
presenza stabile di persone in determinate aree rappresenta inoltre un
importante forma di presidio sia per la sicurezza che per la pulizia del parco
(Erica Rosati, “Sentieri in città” – 2001) .
La riqualificazione vegetazionale e produttiva
Sulla base delle
indagini effettuate
appare importante la
possibilità di
prevedere, anche
tramite l’accesso ai
previsti finanziamenti
pubblici, piani di
miglioramento dei
pascoli che risultano
spesso degradati in
quanto sottoposti ad
un carico di pascolo
eccessivo. I principali interventi normalmente si concretizzano nella turnazione
del pascolo tramite la definizione di appezzamenti recintati, nello spietramento
e nella semina una tantum di specie polifite, nella realizzazione di punti di
abbeveraggio (fontanili) o nel recupero di quelli esistenti, ecc.
Esempio di degrado dei pascoli per eccesso di carico di bestiame
Sotto l’aspetto più strettamente ambientale e paesaggistico, accanto ad
interventi finalizzati alla valorizzazione delle attività agricole (come quello
citato) dove il miglioramento ambientale rappresenta un effetto connesso, è
possibile prevedere veri e propri interventi di recupero ambientale tramite la
riqualificazione di boschi degradati e la rinaturalizzazione di determinati
agroecosistemi. (vedi tavola dello schema di assetto).
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In particolare si è ipotizzato di favorire il restauro naturalistico di una delle
aree meglio conservate di tutto il sistema: la valle della Polledrara. In
quest’area si propone di ricostituire un bosco umido naturale di fondovalle,
sottraendo quest’area al pascolo e assecondando la successione ecologica
naturale.
Per alcune fasce di vegetazione arbustivo-arborea che presentano condizioni di
degrado a causa del taglio e degli incendi si propongono interventi di
riqualificazione vegetazionale, attraverso il controllo delle infestanti e il
sostegno alla ricostituzione di formazioni costituite da specie arboree ed
arbustive autoctone.
Tra le specie arboree da usare si propongono: Quercus cerris, Quercus robur,
Quercus frainetto, e Quercus suber. Tra le specie accessorie Ostrya carpinifolia,
Acer campestre, Ulmus minor, Prunus avium, Sorbus domestica e Fraxinus
ornus. Tra gli arbusti Euonimus europeus, Crategus monogyna, Prunus
comunis, Rosa canina e Spartium iunceum.
La realizzazione di queste fasce di “ricucitura” e collegamento tra le formazioni
forestali presenti sulle scarpate dei valloni sarà finalizzata a incrementare
l’efficienza degli ecosistemi creando nuovi corridoi ecologici e habitat per la
fauna selvatica locale.
In questi interventi, una particolare attenzione dovrà essere dedicata alla
difesa del patrimonio genetico locale, evitando di inserire specie che
provengano da altri contesti geografici che potrebbero determinare una
contaminazione genetica indesiderata.
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Potenzialità per strutture ricettive, sport e spettacolo
Con l’eccezione della Cooperativa agricola COBRAGOR che già offre al pubblico
un insieme di servizi e attività complementari, nell’area del Parco Agricolo di
Casal del Marmo sono presenti diversi casali scarsamente utilizzati o in stato di
abbandono (Casal del Marmo, Casal Marmo Nuovo, Casal di Pian del Marmo).
Questi nuclei edilizi di dimensioni non rilevantissime, ma neppure trascurabili,
potrebbero offrire attività analoghe a quelle sviluppate dalla Cooperativa
realizzando un mix di funzioni legate principalmente alla fruizione locale.
Il grande centro aziendale della Tenuta Massara, sorto sul luogo dell’antico
Casal del Marmo, ha tutte le potenzialità -per dimensione, interesse
architettonico, valore storico (rappresenta un esempio di meccanizzazione
agricola d’avanguardia per i primi decenni del secolo)– per diventare ,risolto il
problema aperto della accessibilità, il Centro servizi del Parco Agricolo di Casal
del Marmo.
Qui potrebbero svilupparsi molteplici funzioni:
un’offerta ricettiva di livello urbano (forse più indirizzata a un’utenza
giovanile ma eventualmente anche articolata per fasce di prezzo e livello
di confort - dall’Ostello all’Albergo di Campagna) che si gioverebbe
dell’eccellente collegamento con l’area di S.Pietro e con il Centro Storico,
garantito dalla ferrovia;
un’offerta museale legata ai temi della Campagna Romana (le
produzioni, l’arte figurativa, la vita sociale);
un’offerta ricreativa (una piccola sala da spettacoli da organizzare ad
esempio in una delle grandi stalle un tempo utilizzata per l’allevamento);
un’offerta formativa legata all’economia agro-ambientale
un’offerta di servizi sociali da valutare in funzione delle necessità rilevate
a livello locale
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spazi commerciali per i prodotti dell’area (eventualmente anche in
collegamento con le produzioni della vicina area naturale protetta
dell’Insugherata)
Sul versante ricreativo molte sono le attività che potrebbero essere sviluppate:
sport all’aria aperta su percorsi e spazi prefissati, ma anche concerti e
manifestazioni calibrati, per caratteristiche e dimensioni, in funzione della
esigenza di tutelare l’ambiente dell’area (quindi con esclusione di grandi
concerti con potenti amplificazioni e di manifestazioni che prevedono grandi
installazioni).
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Potenzialità per la didattica e servizi sociali
La città di Roma, con le sue aziende agricole, i suoi allevamenti e le sue vigne,
ha le caratteristiche di un grande comune agricolo. Le attività agricole si
infiltrano dentro la città stessa fino a lambire il centro storico. Anche se alcuni
lati della parte più urbanizzata della città tengono lontane le attività agricole, in
altri, come è il caso del quadrante compreso tra via Braccianese e via Boccea,
tali attività si svolgono a qualche chilometro dalla stessa Piazza San Pietro.
Sfortunatamente il legame tra la città e la campagna romana come luogo di
vita e produzione specifico
e particolare è ormai in
crisi da molti decenni. La
convivenza tra attività
agricole e urbanizzazione
è sempre più difficile e le
zone agricole vivono
sempre più gli svantaggi
della marginalità.
Nonostante la mancanza
di una vera politica di
salvaguardia di quello che resta del paesaggio dell’Agro Romano, oggi le
attività agricole che vi si svolgono possono comunque fornire una incredibile
occasione di conoscenza, scambio e fruizione nel tentativo di ricostruire quel
legame necessario tra Roma e la sua campagna, per far uscire questa ultima
dal processo di separazione e rottura con il tessuto cittadino.
Su questi temi la costituzione di un Parco Agricolo Comunale può giocare un
ruolo rilevante: organizzando circuiti in cui chi vuole, a cominciare dalle
scuole, può prendere contatto direttamente con l’agricoltura, le fasi della
produzione, la loro stagionalità, gli allevamenti e le semine, le nascite e i
metodi di coltivazione. Costruire il contatto diretto con gli agricoltori serve a
ritrovare l’origine del cibo, i suoi luoghi e il suo percorso. Serve anche a
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riportare donne e uomini che vivono e lavorano nei campi dell’Agro Romano a
contatto con una città che appartiene a pieno titolo anche a loro, attraverso il
riconoscimento di un ruolo significativo nella gestione del territorio.
Il successo di
esperienze come la
Rete delle Fattorie
Educative promossa
dal Comune di Roma
insieme a
RomaNatura, o come
i Percorsi del
Biologico organizzati
da AIB ed ENEA (di
cui si riportano, a
scopo esemplificativo, alcuni cartelli didattici), dimostra il grande interesse che
i cittadini hanno verso la campagna che circonda la loro città.
Ė evidente che il tema del ruolo sociale dei parchi agricoli urbani non può
essere affrontato a livello dello schema preliminare di assetto, se non
attraverso l’individuazione delle “infrastrutture di base” necessarie per lo
svolgimento di tale ruolo (possibili centri servizi, accessibilità, percorsi), di cui
si è dato conto in altri paragrafi. Ci preme però ricordare che il successo, anche
sotto il profilo strettamente aziendale, dell’azienda COBRAGOR, è in larga
misura legato alla capacità di interpretare in modo positivo proprio questo
ruolo sociale nel contesto della città di Roma.
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Alcuni esempi di materiale didattico tratti da “Percorsi del biologico” di ENEA - AIAB
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Viabilità e percorsi sensoriali
Nell’ipotesi di progetto è stato tenuto conto del fatto che l’area agricola di
Casal del Marmo nel contesto urbano in cui è situata e per la vicinanza a
strutture pubbliche quali l’ospedale S.Filippo Neri, il carcere minorile, l’istituto
di S.Maria della Pietà, riveste una spiccata funzione sociale e culturale.
Secondo le finalità del presente progetto, in base allo studio della cartografia di
base e ai sopralluoghi effettuati, è stata individuata e cartografata la rete viaria
attualmente presente nell’area di Casal del Marmo. Da tale studio è emersa la
presenza di una rete viaria carrabile sia di tipo principale, che di tipo
secondario, evidenziata nella Carta delle Risorse e delle Criticità e nella Carta
degli Interventi per la Fruizione e l’Accessibilità.
La viabilità individuata comprende le seguenti tipologie:
strade asfaltate
strade sterrate
sentieri
Le strade asfaltate presenti comprendono i tracciati che garantiscono
l’accessibilità all’area, come via Trionfale, via di Casal del Marmo, via Barellai e
via di Torre Sina.
Le strade sterrate comprendono tracciati carrabili, con fondo naturale, che
costituiscono la rete poderale e interpoderale delle aziende di Casal del Marmo.
I sentieri presenti riguardano principalmente la viabilità di accesso e di
collegamento degli orti di Valle Fontana. L’attuale assetto viario deriva
esclusivamente dall’uso agricolo dell’area.
Sulla base della rete viaria esistente sono stati individuati alcuni tracciati
potenziali sui quali è ipotizzabile la realizzazione di sentieri ciclopedonali fruibili
dal pubblico. La viabilità potenziale ipotizzata, riguarda sentieri di collegamento
e raccordo con la viabilità esistente.
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In particolare si è tenuto conto oltre che della citata viabilità:
dell’assetto morfologico dell’area;
dei principali siti di interesse turistico sotto l’aspetto socio-culturale
(attività produttive, ecc) e ambientale;
della presenza di un parco già costituito con circuito ciclopedonale nel
complesso di S.Maria della Pietà.
Il risultato dello studio è l’individuazione di una rete viaria che abbia una sua
razionalità e una funzionalità non solo per lo svolgimento delle normali attività
agricole e forestali, ma soprattutto riguardo le funzioni didattiche e turistiche-
ricreative.
Si potrà inoltre prevedere l’adeguamento di una parte della viabilità esistente
per una fruizione autonoma anche da parte di disabili motori e non vedenti con
vario grado di difficoltà.
Nell’area può essere individuato un itinerario concepito per guidare la persona
all’interazione con la natura, per mezzo dei sensi (vista, tatto, olfatto, gusto,
udito) mediante le seguenti componenti:
piste idonee al transito ciclopedonale e alle carrozzelle;
stazioni sensoriali interattive per normodotati, disabili, non vedenti e
ipovedenti;
insieme di elementi arborei e arbustivi con caratteristiche tali da
permettere l’interazione con la natura per mezzo dei sensi;
pannellistica con finalità divulgative e contenuti informativi;
La pista di transito dovrà avere una larghezza minima di 1,70 m e per la sua
realizzazione sarà necessario uno scavo profondo 20 cm, successivamente
riempito con ghiaione e stabilizzato di cava al fine di garantire compattezza e
drenaggio della superficie. I tratti adeguati alla fruizione per portatori di
handicap saranno dotati su entrambi i lati, di un cordolo di contenimento
costituito da paletti di castagno sporgenti da terra 15 cm su cui scorre un
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traversino sempre di castagno. Questo intervento impedirà l’uscita delle
carrozzelle dal percorso e consentirà ai non vedenti di comprendere i confini
attraverso l’uso del bastone.
Le stazioni sensoriali saranno composte da:
elemento naturale o artificiale dove i visitatori possono fare esperienze
sensoriali e conoscitive, sulle specie vegetali o su elementi che le
compongono;
un pannello in cui è descritta l’azione da compiere per vivere quella
determinata esperienza;
un riferimento fisico, per i non vedenti, lungo il percorso che indica il
luogo dell’esperienza.
Possono essere considerati elementi naturali le specie del luogo come la
quercia da sughero, la lettiera del bosco, l’humus, o le spighe di grano o altri
cereali presenti nelle colture, mentre saranno messi a dimora, in aggiunta a
quelli presistenti, erbe ee arbusti autoctoni che emanano intensi odori. Le
specie vegetali scelte per questi scopi sono:
Spartium junceum (ginestra odorosa)
Crataegus monogina (biancospino)
Cornus mas (corniolo)
Euonimus europeus (berretta del prete)
Thymus vulgaris (timo)
Malus domestica (melo)
Pyrus communis (perastro)
Prunus communis (prugnolo)
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Gli elementi artificiali saranno costituiti da cassette sensoriali, in legno, con
uno o due fori dove il visitatore inserendo le mani, cerca di scoprire l’oggetto
naturale contenuto all’interno (per. esempio corteccia della sughera).
I pannelli per normovedenti saranno in materiale plastico e fissati su un
supporto ligneo, mentre quelli per non vedenti saranno delle piastrine
metalliche in linguaggio Braille.
Le stazioni saranno indicate ai non vedenti da una traversina in legno posta
lungo il percorso e inclinata nella direzione della stazione.
Lungo i percorsi saranno disposti anche pannelli informativi sull’area con
contenuti didattici e divulgativi rivolti a conoscere l’ambiente circostante.
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Riqualificazione ambientale delle acque e del sistema idrografico
Per favorire la riqualificazione dei corsi d’acqua e dei fondovalle è opportuno
considerare che i nuovi orientamenti tecnici e normativi in materia di gestione
delle acque indicano alcuni criteri generali di cui tenere conto:
a) la cessazione o la riduzione dei dragaggi lungo gli alvei, puntando a favorire
i naturali processi di erosione e deposizione (tenendone conto dal punto di
vista della morfologia dell’alveo di “bankful”, del “corridoio fluviale” e della
piana alluvionale correlata2);
b) un controllo attento della vegetazione acquatica, che tenga conto della sua
capacità depurante e della funzione che svolge come habitat per la fauna;
c) la conservazione delle fasce vegetali riparie, in quanto non ritenute un reale
ostacolo al deflusso delle acque, ma una concreta protezione all’erosione
delle rive;
d) il mantenimento di un alveo diversificato con sedimenti di fondo composti
da argille, limi, sabbie, ghiaie e ciottoli;
e) il mantenimento di un andamento sinuoso e di una profondità delle acque
diversificata che possa variare lungo l’asta.
In linea generale, si può dire che per incrementare l’interesse e le potenzialità
naturalistiche dei piccoli corsi d’acqua è necessario applicare tutti quei criteri
che contribuiscono ad aumentare la ricchezza di specie vegetali e di fauna
acquatica e ripariale e migliorare le caratteristiche qualitative delle acque
stesse.
Questo incremento della ricchezza floristica e faunistica è strettamente legato
alla diversità di habitat presenti: maggiore sarà questa diversificazione, più
numerose saranno le specie che potranno colonizzare e utilizzare l’ambiente
acquatico. Questo obiettivo generale avrà fondamentalmente due effetti: da un
lato, porterà alla creazione di ecosistemi a maggiore naturalità e, dall’altra,
permetterà la costituzione di una serie di collegamenti ecologici per la fauna e
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2 Si veda, in proposito, il CD del Corso di Formazione “L’approccio Geomorfologico alla riqualificazione fluviale”, www.cirf.org
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la flora che utilizzeranno queste vie d’acqua e la vegetazione ripariale associata
come corridoio ecologico.
I tre principali bacini presenti all’interno dell’area di interesse, presentano
caratteristiche diverse:
− il bacino della Polledrara non ha subito particolari impatti ambientali
(scarichi o discariche), inoltre presenta una naturale ricchezza d’acqua
per la presenza di numerose sorgenti;
− il Fosso del Marmo Nuovo è alimentato da una portata consistente di
scarichi fognari non trattati e ha subito una rettificazione con impatti
rilevanti sullo stato morfologico ed ecologico. La sua piana alluvionale,
però, si è mantenuta sufficientemente integra ed è attualmente adibita a
prato pascolo; l’alimentazione naturale è venuta meno, sia per le
alterazioni storiche del rapporto con le falde, sia per
l’impermeabilizzazione diffusa del bacino, causata dall’edificazione;
− Il Fosso delle Campanelle è alimentato sia da scarichi non trattati che da
effluenti di depuratori; gran parte della piana alluvionale è occupata da
orti urbani abusivi, che in molti tratti si spingono fino all’alveo del corso
d’acqua; le acque del fosso, in alcuni punti, vengono derivate con piccole
traverse fatiscenti, e usate per irrigare gli orti; anche in questo caso,
l’impermeabilizzazione del bacino ha ridotto gli apporti idrici naturali che
alimentavano le sorgenti.
Tenendo conto di tali differenze si ritiene necessario differenziare anche i
possibili interventi, da prevedere nello schema di assetto futuro dell’area.
Il bacino del Fosso Polledrara, che è quello meno interessato da fenomeni di
impatto ambientale, è quello potenzialmente maggiormente vocato a evolvere
verso condizioni naturali. La verifica del funzionamento idraulico del
sottobacino, l’interruzione delle pratiche agricole e del pascolo, alcuni piccoli
interventi di ristrutturazione dell’alveo, dove necessario, e di controllo delle
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infestanti, potrebbero favorire la ricostituzione di una ambiente pressoché
naturale. Per questo, su questo bacino non si prevedono interventi significativi
sul sistema idrico, ma solo ciò che sarà necessario per permettere la
ricolonizzazione spontanea della vegetazione naturale sulla piana alluvionale
(vedi paragrafo sulla riqualificazione vegetazionale e produttiva).
Il Fosso del Marmo Nuovo è quello che richiede gli interventi più cospicui:
vanno affrontati problemi di qualità delle acque, di portata (attualmente il
corso d’acqua è alimentato da scarichi, il cui eventuale collettamento
provocherebbe una pressoché totale mancanza di portata in alveo), di
morfologia dell’alveo, di mancanza di vegetazione riparia. D’altra parte le
dimensioni della piana alluvionale sono tali da risultare estremamente
interessanti per favorire la creazione di boschi seminaturali a rapido
accrescimento per la produzione di legno da utilizzare per la generazione di
calore.
Fatta salva la necessità di raggiungere, in fasi progettuali più avanzate, un
maggior dettaglio analitico, si può ipotizzare un assetto potenziale ideale così
concepito:
Nella parte a monte del fosso (immediatamente a valle del recapito delle acque
di scarico) viene realizzata una zona umida costruita in alveo a flusso
superficiale (FWS). La realizzazione consiste in un ampliamento della larghezza
dell’alveo che deve essere calcolato sulla base del tempo necessario di
permanenza delle acque nel sistema per un adeguato abbattimento degli
inquinanti. Un esempio di questi sistemi è stato realizzato nel 1995 su un
affluente del Tamigi ad Est di Londra. Le acque del piccolo corso d’acqua, a
causa del contributo di numerosi scarichi puntiformi, presentavano elevate
concentrazioni di BOD5 (massimo valore rilevato pari a 87.2 mg/l), di metalli
pesanti e di trialometani e fu quindi realizzata una zona umida a flusso
superficiale allargando il letto fino a circa 27 metri per un tratto di circa 250 m,
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per un totale di circa 6750 m2 di superficie di trattamento (vedi figura
seguente). La zona umida è suddivisa in tre fasce mediante traverse di
sbarramento e in testa ad esse è presente una zona di sedimentazione ad
acque profonde per la sedimentazione dei solidi sospesi. La zona di ingresso è
stata popolata con Tipha mentre nelle altre due successive zone si sono
inserite Phragmites, con una densità di 4 piante per m2.
TUBAZIONE PER LARIMOZIONE DEI FANGHI
DI SEDIMENTAZIONE
TRAVERSATRAVERSA
TRAVERSA
ALBERI
TRAVERSE
ZONA DISEDIMENTAZIONE
ZONA UMIDA1 ZONA UMIDA 2 ZONA UMIDA 3
Figura 1 - Schema di una wetland in alveo - Londra
Nel tratto successivo (all’interno del Parco Agricolo) l’alveo del fosso dovrebbe
essere risagomato e rimeandrizzato in modo da favorire anche le eventuali
periodiche esondazioni, in occasione degli eventi di pioggia intensa. All’interno
della Piana alluvionale potrebbe invece essere messo a dimora un bosco a
crescita rapida, da utilizzare con tagli periodici alternati, per la produzione di
biomasse a scopo energetico (vedi paragrafo successivo).
Una possibile lista delle specie da impiegare – da considerare a puro titolo
esemplificativo - è riportata nelle tabelle qui sotto:
− Specie arboree da utilizzare
Elenco specie %
Salix alba 35
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Populus alba 30
Fraxinus oxycarpa 15
− Specie arbustive da utilizzare
Elenco specie %
Cornus sanguinea 25
Corylus avellana 20
Salix purpurea 15
Crataegus
monogyna
15
Ligustrum vulgare 15
Frangula alnus 10
Sul bacino del Fosso delle Campanelle, l’intervento di riqualificazione del
sistema delle acque dovrebbe essere integrato con gli interventi di recupero dei
contesti degli insediamenti agricoli non autorizzati, in particolare la
riorganizzazione degli orti spontanei (vedi paragrafo dedicato).
A tal fine, accanto al recupero morfologico e vegetazionale del corso d’acqua, è
necessario dare priorità assoluta al tema dell’affinamento della depurazione
delle acque e al riutilizzo agricolo. Ė fondamentale, a tale proposito, definire
gli effettivi bisogni irrigui degli orti urbani e dimensionare di conseguenza,
tenendo conto anche della necessità di mantenere una minima portata in
alveo, un sistema di affinamento della depurazione delle acque: innanzitutto, di
quelle provenienti dagli impianti di depurazione esistenti, se necessario
integrate con quote degli scarichi non depurati.
A tale fine sono state individuate preliminarmente alcune aree in frangia
all’edificato, attualmente destinate a pascolo o seminativo, che potrebbero
accogliere sistemi di fitodepurazione di dimensione adeguata a garantire
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ampiamente il raggiungimento di concentrazioni inquinanti sufficientemente
basse da permettere il riutilizzo irriguo delle acque.
Gli interventi proposti, devono essere realizzati a carico pubblico, in quanto
non è prevedibile un interesse privato diretto. Le fonti finanziarie utilizzabili
sono molteplici: non è questo il luogo per un’analisi di dettaglio delle fonti
utilizzabili, ma si tenga conto che tali interventi hanno ricadute, non solo in
termini di miglioramento paesistico e naturalistico, ma anche in termini di
difesa del suolo e di tutela delle acque. Per la realizzazione degli interventi
previsti si possono ipotizzare diverse modalità: ecco alcune prime indicazioni
sulle possibili procedure.
Riqualificazione dei corsi d’acqua
Il soggetto istituzionale fondamentale che è necessario coinvolgere è l’Agenzia
Regionale per la difesa del suolo (ex genio civile) che potrebbe anche
realizzare operativamente l’intervento. Ė opportuno però che la progettazione
rimanga in capo al Comune, in quanto l’intervento deve essere coordinato con
altre attività (ad esempio, uso energetico delle biomasse).
Per realizzare gli interventi non è necessario prevedere l’acquisizione delle
aree, ma è sufficiente ipotizzare un accordo con i proprietari che preveda un
indennizzo per la mancata produzione, per le aree interessate, e un accordo di
“servitù idraulica” che potrà essere studiato in sede di progettazione: tale
accordo deve riguardare tutta l’area interessata da eventuali movimenti terra.
Realizzazione di sistemi di fitodepurazione
Le aree interessate da possibili interventi di fitodepurazione per l’irrigazione
degli orti e per mantenere una portata minima nel Fosso delle Campanelle
sono di proprietà della Provincia di Roma: è quindi ragionevole che sia la
Provincia stessa a realizzare gli interventi. Sarà necessario però, in sede di
progettazione, valutare le modalità di alimentazione idrica dei sistemi di
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fitodepurazione. Se fossero sufficienti le portate provenienti dagli impianti di
depurazione esistenti, sarà sufficiente predisporre una tubazione che le
convogli ai sistemi di fitodepurazione: in sede di progettazione sarà possibile
individuare le soluzioni migliori a tal fine3. Altrimenti si dovrà prevedere che
una parte degli scarichi fognari - che attualmente recapitano senza alcun
trattamento nel Fosso delle Campanelle, ma che in futuro saranno raccolte da
un collettore – venga prelevata e collettata ai sistemi di fitodepurazione. In
questo caso si dovrà concordare con il Gestore della rete fognaria (ACEA) le
modalità per garantire tale portata: poiché una situazione analoga gia esiste
per l’alimentazione del sistema di fitodepurazione realizzato a Torbellamonaca
nell’ambito del programma di riqualificazione urbana “La città muove le torri”
(finanziamento UE “Urban”), si potrà valutare la possibilità di procedere nello
stesso modo con cui si operò in quell’occasione, affidando direttamente ad
ACEA la progettazione e realizzazione dell’intervento.
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3 Essendo presenti nell’area 4 impianti di depurazione, ed essendo state individuate diverse aree potenzialmente valide per realizzare i sistemi di fitodepurazione, potrebbe essere ragionevole non concentrare tutto il trattamento in un unico sistema ma realizzarne più d’uno.
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Produzioni agroforestali per uso energetico
I terreni individuati per la coltivazione di biomasse legnose sono quelli
pianeggianti, adiacenti ai corsi d’acqua, attualmente costituiti da pascoli o prati
destinati alla produzione di foraggio. Questi terreni presentano caratteristiche
che permettono di essere utilizzati in maniera più efficiente per la coltura di
biomasse, grazie alla natura pianeggiante, la facile accessibilità e le ottimali
condizioni microclimatiche e stazionali.
Le biomasse legnose
suscettibili di
vantaggiosa
conversione energetica
sono principalmente
specie a rapido
accrescimento SRF
(Short Rotation
Forestry) come il
pioppo, il salice4 e la
robinia (Robinia
pseudoacacia) che
consentono
generalmente turni
molto brevi (5 anni) per la produzione esclusivamente di cippato.
Terreni di fondovalle individuati per la produzione di biomasse
4 Produttività delle specie: prove di SRF con pioppo e salice. Area 2 ‘Produzione di legno fuori Foresta’ -
sottoarea ‘Biomasse Legnose a uso energetico e industriale’ Responsabile Gianni Facciotto - MiPAF - Progetto finalizzato - anno 2000 “Nella prime prove di selvicoltura a breve rotazione, effettuate in soli due ambienti, pioppo e salice hanno dato buoni risultati. Per valutare in modo appropriato la produttività delle specie è però necessario estendere la sperimentazione a più ambienti differenziati dal punto di vista pedologico e climatico. Inoltre nell’ambito del modello colturale è risultato di fondamentale importanza il controllo delle infestanti nei primi mesi dopo l’impianto o la ceduazione. Obiettivi di questo studio sono quelli: di continuare la sperimentazione precedentemente avviata dall’ENEL nella piana pisana (limitatamente alle piantagioni più significative), di creare una rete di piantagioni in ambienti diversi e di mettere a punto un sistema di controllo delle infestanti più efficiente di quello attualmente utilizzato.”
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Tra i pioppi si propongono, come specie della sezione Aigeiros, il Populus nigra
e per la sezione Leuce il Populus alba, entrambi specie plastiche adatte anche a
terreni legati alla presenza del querceto misto sopramediterraneo.
Tra i salici vengono considerate le specie più idonee ai terreni scelti: Salix
purpurea, Salix triandra (detto da ceste), Salix eleagnos e Salix cinerea
(questi ultimi più adatti alle aree ad impaludamento periodico).
Le densità di impianto potrebbe essere di 2x2 m ed il turno non superiore ai 5-
6 anni in modo tale da ottenere tronchi di diametro dell’ordine dei 10 cm, dai
quali si può ottenere il cippato che sarà usato come combustibile a scopi
energetici. Si potranno prevedere nelle vicine strutture pubbliche, come
l’ospedale S.Filippo Neri, il carcere minorile o la casa di cura S.Maria della
Pietà, centrali termiche alimentate con cippato proveniente dai tagli cedui di
utilizzazione delle SRF presenti all’interno del parco agricolo.
Tra i risultati positivi indotti si sottolinea la creazione di nuove opportunità
d’impresa nel settore agro-forestale e la diffusione dei nuovi sistemi tecnologici
ad alta efficienza che permettono di abbassare sensibilmente i costi di
utilizzazione.
Considerato il contesto di Casal del Marmo e la necessità di favorire all’interno
del Parco Agricolo interventi integrati e multiobiettivo, la produzione di
biomassa legnosa potrebbe assumere un significato ancora maggiore se,
attraverso opportuni accordi, si coinvolgessero nell’intervento alcuni importanti
attori presenti nell’area: il carcere minorile, l’ospedale San Filippo Neri, l’ex
ospedale S.Maria della Pietà (futura università), le aziende agricole esistenti e i
centri di servizi previsti nell’area. Tali soggetti, infatti, potrebbero essere
coinvolti a vario titolo nell’intervento: sia come semplici utenti finali (dotandosi
di una caldaia a legna per la produzione di calore e acqua calda sanitaria), che
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come “partner”, partecipando alla gestione del bosco e alla produzione di
cippato.
Allegati:
Tavola B Carta dell’uso del suolo
Apri Allegato (documento PDF - Kb. 1.960)
Tavola C Carta delle risorse e criticità
Apri Allegato (documento PDF - Kb. 2.050)
Tavola D Schema di assetto e degli interventi (carta tecnica regionale, 1991)
Apri Allegato (documento PDF - Kb. 2.040)
Tavola D Schema di assetto e degli interventi (foto aeree, 1998)
Apri Allegato (documento PDF - Kb. 1.030)
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