Centro Militare di Studi Strategici
Rapporto di Ricerca 2012 – STEPI AE-SA-02
di T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro
data di chiusura della ricerca: Febbraio 2012
ACCESSO AUTONOMO AI SERVIZI SPAZIALI
Analisi del caso italiano a partire dall’esperienza Broglio, con i lanci dal poligono di Malindi ad arrivare al sistema VEGA. Le possibili scelte strategiche del Paese in ragione delle attuali e future esigenze nazionali e tenendo conto della realtà europea e del mercato internazionale.
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Ai mie due figli Andrea e Francesca (che
ci tiene tanto…) ed a Elisabetta per la sua
pazienza, nell‟impazienza di tutti giorni
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INDICE
SOMMARIO pag. 1
PARTE A. Sezione GENERALE / ANALITICA / PROPOSITIVA
Capitolo 1 - Esperienze italiane in campo spaziale pag. 4
1.1. L'Anno Geofisico Internazionale (1957-1958):
la corsa al lancio del primo satellite pag. 8
1.2. Italia e l’inizio della Cooperazione Internazionale
(1959-1972) pag. 12
1.3. L’Italia e l’accesso autonomo allo spazio:
Il Progetto San Marco (1962-1988) pag. 26
Capitolo 2 - Nascita di VEGA:
un progetto europeo con una forte impronta italiana pag. 45
2.1. Il San Marco Scout pag. 45
2.2. Il Vega pag. 54
Capitolo 3 - CAPITOLO 3. L’Europa e gli Stati Uniti:
l’accesso allo spazio pag. 65
3.1. Attività UE ed ESA pag. 66
3.2. La necessità di un accesso allo spazio veloce, flessibile e
sostenibile: ORS Operationally Responsive Space
pag. 80
ACCESSO AUTONOMO AI SERVIZI SPAZIALI. Analisi del caso italiano a partire dall’esperienza Broglio, con i lanci dal poligono di Malindi ad arrivare al sistema VEGA. Le possibili scelte strategiche del Paese in ragione delle attuali e future esigenze nazionali e
tenendo conto della realtà europea e del mercato internazionale.
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Capitolo 4 - Responsiveness Space Capability:
Broglio precursore in Europa del sistema ORS degli Stati Uniti
pag. 92
4.1. La base di lancio: (avio, terra, mare) pag. 94
4.2. Il lanciatore: cosa è italiano e cosa manca. pag. 103
4.3. Le missioni possibili pag. 109
4.4. Conclusioni pag. 117
PARTE B . Sezione SPECIALISTICA / DI SUPPORTO / BIBLIOGRAFICA
Capitolo 5 - La missione compatibile:
costellazione per telecomunicazioni “TRIADE” pag. 120
5.1. Descrizione generale pag. 120
5.2. Perturbazioni dell’orbita pag. 125
5.3. Coperture e back up pag. 131
5.4. Cenni di gestione operativa pag. 140
Indice delle Figure pag. 144
Bibliografia pag. 146
NOTA SUL Ce.Mi.S.S. e NOTA SULL' AUTORE pag. 150
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Ringraziamenti
Spesso prima di iniziare a ideare, progettare costruire un qualunque sistema, dovremmo
cercare di capire maggiormente quello che è accaduto prima delle nostre idee, per farne
tesoro e costruire solide base per i progetti futuri.
“Un popolo che ignora il proprio passato non saprà mai nulla del proprio presente”.
Man mano che elaboravo questo lavoro mi accorgevo sempre di più di quanto fosse vera
questa frase pronunciata da un grande giornalista e storico come Indro Montanelli.
Ma la cosa che mi ha lasciato più meravigliato è come questa frase potesse calzare non
solo a quella che normalmente viene definita la Storia, ma anche a quei processi
tecnologici che ci hanno portato ad essere quello che siamo oggi.
Voglio ringraziare due amici e colleghi che mi hanno aiutato a scrivere questo lavoro:
l‟Ing. Daniele BARBAGALLO e il Cap. GArn (A) Marco REALI
Daniele BARBAGALLO è nato a Genova il 31 luglio 1958. Si è laureato all‟università
degli studi di Roma “La Sapienza” in Ingegneria Aeronautica con indirizzo strutturale
tecnologico. Dopo alcune esperienze lavorative, nel febbraio 1989 entra in BPD
(attualmente Avio), con la mansione di specialista in calcolo strutturale e dinamica delle
strutture occupandosi di razzi e missili, propulsione solida e meccanismi .
Nel 1991 entra a far parte del team di progetto per l‟ENHANCED SCOUT, partecipando al
programma del dimostratore tecnologico XSB3, basato sul booster Ariane4. In questi anni
nell‟ambito del contratto “Industrializzazione del San Marco-Scout”, si occupa di strutture,
dei meccanismi di separazione degli stadi, degli studi su i carichi di volo .
Nel 1995 diventa responsabile di una struttura dell‟Ariane 5 che segue fino alla
produzione del “volo 501” ed alla fornitura del primo lotto di produzione. Nel 1996 diviene
responsabile di sistema del Vega, coordinando il gruppo di ingegneria di sistema e
sottosistema. In tale ambito ha gestisto e coordinato le attività della società Ucraina
Yuzhnoye, partner e sottofornitore di Fiat Avio. Queste attività si concludono con l‟esito
positivo della PDR (Preliminary Design Review) di sistema del vettore Vega K0 L.
Nel 2000 per conto dell‟ASI entra a far parte del‟Integrated Project Team di VEGA con
l‟incarico di responsabile di sistema lanciatore. Per conto dell‟ASI partecipa ai programmi
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Moon Vision, Lyra, Pathfinder, ed è Coordinatore tecnico dei programmi della unità
trasporto spaziale, e segretario tecnico del Gruppo di Lavoro del CTS (Trasporto
spaziale). Collaudatore del programma LYRA, è responsabile dello studio ASI-Jaxa per la
missione Hayabusa2 e ha coordinato le attività di progettazione e sviluppo del satellite
Lares.
Nel 2008 lascia l‟ASI divenendo contractor ESA, mantenendo i propri incarichi in IPT di
Vega. In questa veste diviene anche responsabile delle interfacce PL e RCU (responsabile
carico utile) nella campagna di lancio del satellite Lares.
Marco REALI nasce a Frosinone il 5 novembre 1981. Entra in Accademia Aeronautica
con il Corso Aquila V (Genio Aeronautico categoria Ingegneri). Si laurea all‟Università
Federico II di Napoli in Ingegneria Aeronautica con indirizzo Aerospaziale. Nel 2006
frequenta il Master di II livello in Sistemi di Trasporto Spaziale presso l‟Università degli
Studi di Roma “La Sapienza” con tesi in “Analisi di fattibilità di un lanciatore aviotrasportato
per micro-satelliti”. Attualmente è impiegato presso il Centro di gestione e Controllo del
Satellite Sicral in qualità di Capo Nucleo Analisi e Prestazioni di sistemi di piattaforma e
Dinamica del Volo Spaziale.
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SOMMARIO
L‟obiettivo di questo lavoro è un analisi qualitativa della possibilità di accedere in modo
autonomo allo Spazio extratmosferico, partendo dalle esperienze tecnologiche italiane
fatte da Broglio negli anni 60. Nel Capitolo 1, viene ripercorso il cammino che ha portato
alla nascita del progetto San Marco, dove il Prof. Luigi Broglio ha gettato le basi
dell‟astronautica italiana. È il periodo della ricostruzione in Italia ed è il momento delle
grandi imprese e del cuore gettato oltre l‟ostacolo. Broglio, nel momento in cui vari
interessi di parte dividono quelle che sono le risorse italiane ed europee, riesce
nell‟impresa di raggiungere lo spazio e mettere un satellite in orbita, dimostrando che oltre
la forza finanziaria è necessaria la forza delle idee. Raggiunge gli obiettivi prefissati,
ovvero porta il Know how per lanciare i razzi in Italia, istruisce due generazioni di ingegneri
e docenti, costruisce l‟infrastruttura italiana per lanciare i satelliti in orbita.... ma
inevitabilmente le risorse diminuiscono e alcuni errori, forse più politici che gestionali fanno
ridurre le ambizioni del progetto San Marco .
Terminata la possibilità di lanciare i razzi di un paese terzo come gli Stati Uniti, una delle
ricadute positive dell‟esperienza Broglio è il know how acquisito, che da scientifico ed
operativo diventa ingegneristico. Nel Capitolo 2 viene descritta la seconda parte
dell‟avventura tecnologica, che sarebbe improprio non catalogare come figlia
dell‟esperienza Broglio. Cosi passando da un‟idea ad un‟altra, da un progetto ad un altro,
con i finanziamenti messi a disposizione, l‟Italia arriva a convincere l‟Europa ad affidargli la
premiership del progetto di un lanciatore, basato su tecnologia italiana. Fiducia che il
nostro paese ha ripagato in pieno con il successo del lancio di Vega il 13 febbraio 2012.
Ma questo non basta a capire se è necessaria una capacità autonoma per raggiungere lo
spazio. Cosi nel Capitolo 3 vengono affrontati due argomenti: il primo riguarda la
posizione dell‟Europa e dell‟ESA rispetto le attività spaziali. Di recente queste due
ACCESSO AUTONOMO AI SERVIZI SPAZIALI Analisi del caso italiano a partire dall’esperienza Broglio, con i lanci dal poligono di Malindi ad arrivare al sistema VEGA. Le possibili scelte strategiche del Paese in ragione delle attuali e future esigenze nazionali e tenendo conto della realtà europea e del mercato internazionale.
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organizzazioni hanno iniziato un cammino (si pensi a quanto tempo fa è nata la corsa allo
Spazio) che porterà a rendere sinergiche, nel rispetto delle singole prerogative tutte le
entità europee, dal Consiglio, alla Commissione, dal Parlamento all‟Agenzia Spaziale
Europea. In tale ambito ancora una volta l‟accesso allo spazio e ritenuto strategico e vitale
per poter avere quei servizi di cui oggi non possiamo fare a meno. Questo però sembra
essere in controtendenza con un‟aspirazione di autonomia nel raggiungimento dello
spazio. Ecco quindi che viene affrontato un secondo argomento: ORS – Operationally
Responsive Space. Questa dottrina nasce negli Stati Uniti per esigenze militari, ma nella
realtà è applicabile anche in campo civile, in quanto sancisce la necessità di rendere i
progetti spaziali più efficienti in fase realizzativa, più economici perché basati su tecnologie
che sono pressoché consolidate e più veloci da mettere in operazioni. Il motivo per cui
questi due argomenti possono essere legati viene descritto nel capitolo successivo.
Nel Capitolo 4 si chiarisce perché la politica europea e l‟ORS sono connessi: l‟Europa
manca di un sistema ORS e l‟Italia potrebbe essere il service provider. La capacità di
accedere autonomamente allo spazio da parte dell‟Italia potrebbe essere integrata in un
ambito europeo, in cui Vega è il trait-d‟union dell‟operazione. Pertanto nel capitolo si
analizza se è tutto disponibile e nel farlo ci accorgiamo ancora una volta che Broglio ci
aveva già segnato la strada con San Marco: la base, il lanciatore ed il satellite.
Il Capitolo 5 parla di un settore specialistico. È un piccolo studio di missione che riguarda
una missione compatibile e realizzabile con un sistema disponibile in casa. La peculiarità è
che questa missione è di telecomunicazioni, pur essendo fatta con piccoli satelliti in orbita
bassa permette una copertura analoga a quella dei satelliti GEO. Questa missione è
studiata come esempio di economicità, prontezza e flessibilità al fine di dimostrare non
solo la possibilità di raggiungere lo spazio con un lanciatore, ma la piena accessibilità a
tutti servizi di telerilevamento, di navigazione e quindi anche di telecomunicazione,
quest‟ultimo molto più complesso da realizzare nelle orbite più basse. Quindi da parte
dell‟Italia esiste la possibilità di avere una capacità autonoma per raggiungere lo spazio,
grazie ai tre componenti necessari per una completa autonomia ovvero una base di lancio,
il veicolo di lancio ed il sistema da mettere in orbita, ma questa capacità ha senso solo se
realizzata all‟interno di una più ampia strategia che trova il suo fondamento nella politica
spaziale europea.
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PARTE A: Sezione
GENERALE / ANALITICA / PROPOSITIVA
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CAPITOLO 1. Esperienze italiane in campo spaziale
Se dovessimo dire da quando sono partite le attività spaziali italiane, gli anni cinquanta
hanno sicuramente una grande importanza. Questi sono anni in cui nascono i criteri
politici per gestire il settore della ricerca italiana sia a livello nazionale che a livello
internazionale. Inoltre sempre negli stessi anni, come spesso è accaduto nel passato, le
attività militari hanno dato un forte impulso all‟accesso allo Spazio soprattutto nel secondo
dopoguerra, periodo in cui il mondo cercava nuovi equilibri politici.
Negli anni Cinquanta le Forze Armate italiane avviarono alcuni
progetti in collaborazione con l‟industria, per lo sviluppo di
missili, a combustibile sia solido che liquido. Questi studi furono
resi possibili dalla presenza di alcuni scienziati tedeschi che
dopo la guerra si erano trasferiti in Italia: tra questi Hermann
Oberth, il maestro di Werner Von Braun, e Rolf Engel. Nel
campo dei motori a propellente solido, svolse un ruolo
importante la Bombrini-Parodi-Delfino (BPD), un‟industria
chimica con sede a Colleferro nel Lazio, che nel 1952 realizzò,
su commessa del ministero della Difesa – Aeronautica, un
combustibile solido a base doppia (nitroglicerina e nitrato di
cellulosa), che permise di cominciare a realizzare missili
sperimentali a livello industriale. Ai combustibili liquidi è invece
legato il nome di Aurelio Robotti: lasciato il Genio Aeronautico
nel 1949, egli fondò la TeCo, dove avviò una serie di esperimenti
con camere di combustione, fino all‟avvio di un programma di
sviluppo di missili, denominati AR, dalle sue iniziali. Il suo AR3
fu il primo missile italiano completo e funzionante a combustibile
Esperienze Italiane in campo spaziale 1
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liquido: collaudato il 9 maggio 1952, portò alla modernizzazione
delle basi di lancio italiane, per adeguarle alle esigenze dei
nuovi apparecchi. Il Poligono di lancio di Furbara, dove si
erano svolte le prime prove, fu abbandonato in favore del nuovo
impianto costruito dall‟Aeronautica in Sardegna, al Salto di
Quirra, a ovest della base aerea di Perdas de Fogu. Il Poligono
del Salto di Quirra fu usato anche per un programma per la
produzione di missili sonda per ricerche negli stati superiori
dell‟atmosfera. Questo venne avviato dopo l‟VIII Congresso
internazionale della International Astronautical Federation
(IAF) nel 1958, sotto la guida del tenente colonnello Gelsomino
Metallo (Direzione generale Armi e Munizioni) e dell‟ingegner
Angeloni della Società italiana per lo studio della propulsione a
reazione (SISPRE). Le risorse stanziate inizialmente erano
insufficienti, e quasi ridicole se paragonate a quelle di alcuni
importanti programmi stranieri, tuttavia il lavoro svolto portò
alla messa a punto del C-41, un missile a combustibile solido con
notevoli progressi tecnologici nella costruzione del motore, il cui
primo lancio fu effettuato il 9 luglio 1960.
Storia in Rete “Storia dell’Italia nello spazio” (2009)1
La nascita di una scuola tecnica e scientifica per applicazioni spaziali è legata al nome di
Luigi Broglio, uno scienziato brillante e un competente ingegnere, che è riuscito ad essere
il trait-d‟union tra due importanti settori dello Stato quali l‟Aeronautica Militare (di cui era
Ufficiale del Genio Aeronautico) e la Scuola di Ingegneria Aerospaziale dell'Università di
Roma, fondata nel 1952 presso l‟Aeroporto dell'Urbe.
Alla fine della seconda guerra mondiale, la difficoltà di trovare investimenti è stata
compensata dalle capacità e dalle relazioni che Broglio ha mantenuto, a livello nazionale
1 Quarantacinque anni di Italia fra le stelle - Quarta puntata – L’Italia scalda i motori …
(http://www.storiainrete.com/wp-content/uploads/2010/01/asI-4.pdf ) (Rea F. , Quarta puntata – L’Italia scalda i
motori…, 2009)
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con il Consiglio Nazionale delle Ricerche e l'Aeronautica Militare e, a livello internazionale,
con importanti membri della missilistica e della ricerca aeronautica, attraverso il suo
mentore Theodore von Kármán. Questa sua amicizia, ha facilitato l‟importante sostegno
finanziario del "United States Air Force - Office of Scientific Research (OSR)", ottenuto
grazie alla mediazione di von Karman.
Al fine di sviluppare la sua attività di ricerca Broglio fondò, all'interno della Scuola di
Ingegneria Aerospaziale, il Centro di Ricerche Aerospaziali (CRA), dove installò una
galleria del vento, per lo studio delle dinamiche del volo supersonico.
Le industrie coinvolte nella ricerca missilistica ottennero la
collaborazione di vari laboratori universitari, compreso quello
della Scuola di Ingegneria Aeronautica dell‟Università di Roma,
della quale era stato nominato direttore nel 1952 Luigi Broglio,
ordinario di Costruzioni aeronautiche, proveniente dalle fila del
Genio Aeronautico. Broglio aveva rapporti con l‟Aeronautica
militare USA e con studiosi italiani residenti negli Stati Uniti,
come Luigi Crocco e Antonio Ferri; lui stesso fino al 1951 era
stato negli USA come visiting professor. A Broglio si deve la
creazione di quella rete di relazioni che permise in seguito alle
attività spaziali italiane di beneficiare di un rapporto molto
stretto con gli Stati Uniti, particolarmente importanti nel
successivo Progetto San Marco per la costruzione e il lancio di
un satellite italiano per telecomunicazioni. Furono suoi allievi
alcuni fra i protagonisti delle fasi seguenti della ricerca spaziale
italiana: Carlo Buongiorno, Ugo Ponzi, Carlo Arduini, Paolo
Santini e Giorgio Ravelli. La sua precedente appartenenza
all‟Aeronautica fu utilissima per il coinvolgimento delle Forze
Armate nella realizzazione di nuove strutture destinate alla
sperimentazione e alla ricerca aeronautica e astronautica.
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Nel 1956 Broglio divenne responsabile della Divisione studi
della Direzione generale Armi e Munizioni (DGAM), in quel
momento impegnata nei lavori al Salto di Quirra già descritti. La
sua nuova posizione contribuì a spostare ulteriormente verso la
ricerca spaziale le attività della Scuola di Ingegneria
Aeronautica, pur con qualche problema, derivante dal diffuso
scetticismo verso le prospettive dell‟Italia in questo campo.
Nel 1957, infine, Broglio ottenne dal ministero dell‟Istruzione e
la possibilità di cambiare nome alla sua facoltà, che divenne così
Scuola di Ingegneria Aerospaziale.
Nel 1956 la Scuola aveva ottenuto dal Ministero della Difesa –
Aeronautica un‟area di circa tremila metri quadrati presso
l‟Aeroporto dell‟Urbe, a Roma, per impiantarvi le nuove
strutture sperimentali dell‟Istituto di Costruzioni Aeronautiche;
era stato Broglio, ancora una volta, a convincere il segretario
generale del Ministero, generale Porru Locci: nasceva così il
Centro di Ricerche Aerospaziali (CRA), destinato a svolgere un
ruolo rilevantissimo in molti progetti futuri. I finanziamenti per il
CRA cominciarono ad affluire in modo consistente già dal 1959:
il ministero della Difesa e il CNR garantirono una dotazione di
90 milioni di lire ciascuno, e l‟AGARD della NATO fornì altre
risorse per 360 milioni. Tuttavia, nonostante l‟entusiasmo di
Broglio e il coinvolgimento ufficiale del ministero della Difesa,
che indicava una precisa volontà politica almeno in alcuni
ambienti, le attività spaziali italiane continuavano a risentire
dell‟assenza di una strategia coerente e largamente condivisa,
per cui il sostegno, anche forte, rischiava di rimanere un evento
episodico. Alla fine degli anni Cinquanta, comunque, Broglio era
la maggiore autorità italiana in materia di astronautica: grazie
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alla posizione di cerniera tra mondo universitario e ambienti
militari, e ai contatti mantenuti saldamente con la ricerca
statunitense, egli godeva della stima e dell‟appoggio di varie
personalità del mondo scientifico; tra questi anche Edoardo
Amaldi, che come si vedrà più avanti svolse un ruolo chiave nel
promuovere le attività spaziali.
Storia in Rete “Storia dell’Italia nello spazio” (2009)2
1.1. L'Anno Geofisico Internazionale (1957-1958): la corsa al lancio del
primo satellite
L'Anno Geofisico Internazionale (International Geophysics Year– IGY- 1 luglio, 1957 - 31
dicembre 1958) è stata la prima impresa scientifica internazionale condotta dopo la
seconda guerra mondiale in campo spaziale. L‟obiettivo era lo svolgimento di ricerche
sulla struttura degli strati superiori dell‟atmosfera durante il periodo di più intensa attività
solare previsto nel 1957-1958: la durata di questo «Anno» era prevista dal luglio 1957 al
dicembre 1958.
In preparazione a tale evento, nel 1952 venne creata una Commissione Speciale per
l‟Anno Geofisico Internazionale (CSAGI), presieduta dall‟inglese Sydney Chapman.
La Commissione era formata dai rappresentanti di tutti i Paesi partecipanti, e all‟interno di
questa si formarono 13 gruppi di ricerca tra cui anche il settore dei Missili e Satelliti. L‟Italia
era rappresentata nella CSAGI da Mario Boella, ordinario di Comunicazioni elettriche al
Politecnico di Milano, e componente della International Scientific Radio Union (ISRU).
Va sottolineato che l'Italia non ha partecipato a tutti i 13 gruppi di ricerca del IGY
(International Geophysics Year): non era rappresentata nel gruppo di ricerca dedicato a
Missili e Satelliti e quello per la Distribuzione Geografica, di cui «in Italia – si disse – non
c‟era necessità». Nella realtà tale assenza non dimostrò una mancanza di interesse, in
2 Quarantacinque anni di Italia fra le stelle - Quarta puntata – L’Italia scalda i motori…
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motori…, 2009)
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quanto c‟erano attività già in corso per lo sviluppo di missili (in collaborazione fra industria
e militari), ma non si riteneva opportuno un impegno esplicito nel campo dei lanciatori, e
ancor meno dei satelliti a livello Nazionale.
Parallelamente agli organismi internazionali venne creata in Italia, come organo del CNR,
nel 1954 la Commissione Nazionale Italiana per l'Anno Geofisico Internazionale (CNIAGI),
guidata inizialmente dal geofisico Giovanni Silva e dal 1957 da Paolo Dore.
Le attività manageriale e scientifica del CNIAGI furono sostenute dalle Forze Armate e
dall‟Aeronautica Militare in particolare, che oltre a fornire supporto logistico, ha anche
curato la raccolta sia dei dati meteorologici e che dei dati più specifici, come quelli sul
numero di ore di insolazione o l'intensità di radioattività, ottenuta da una rete di stazioni di
rilevamento e da quattro Osservatori Scientifici Sperimentali di Meteorologia Aeronautica
(OSSMA).
Nell‟ambito delle attività di ricerca svolte nell‟ IGY per quanto riguarda la parte spaziale, il
29 luglio 1957 il presidente degli USA Eisenhower annuncia il lancio di un satellite, il
Vanguard, tramite l‟omonimo vettore. Di fatto da quando nel 1955 il presidente Eisenhower
annunciò che nel corso dell'Anno Internazionale di Geofisica del 1957, gli Stati Uniti
avrebbero messo in orbita un satellite, c'erano tre possibili candidati per il veicolo di lancio:
l‟Atlas SM-653 un razzo dell‟ USAF, un razzo derivato del missile dell'esercito SSM-A-14
Redstone4 studiato dalla Army Ballistic Missile Agency's5, e una proposta della US
NAVY per un razzo a tre stadi basato sul RTV -N-12a Viking6.
Fu scelto il terzo, conosciuto in seguito come Vanguard project, anche perché al
presidente poco piacque l'idea di conquistare lo spazio con un progetto militare.
Infatti la proposta con il razzo Redstone sarebbe stata probabilmente pronta da subito per
un lancio del satellite. Ma fondamentalmente aveva due problemi: il primo di pubbliche
relazioni, ovvero il collegamento del progetto ad uno scienziato di origine tedesca
(Wernher von Braun7) che non lo rendeva particolarmente amato dalla opinione pubblica;
il secondo problema riguardava sia l'Atlas che il Redstone. Infatti, essendo due missili
3 http://en.wikipedia.org/wiki/SM-65A_Atlas (Wikipedia, SM-65A Atlas, 2011 )
4 http://en.wikipedia.org/wiki/Redstone_%28rocket%29 (Wikipedia, PGM 11 - Redstone, 2011)
5 http://en.wikipedia.org/wiki/Army_Ballistic_Missile_Agency (Wikipedia, Army Ballistic Missile Agency, 2011)
6 http://en.wikipedia.org/wiki/Project_Vanguard (Wikipedia, Project Vanguard, 2011 )
7 http://en.wikipedia.org/wiki/Wernher_von_Braun (Wikipedia, Wernher von Braun, 2012)
space_20120723-1026.docx 10 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
balistici erano progetti militari di altissima priorità, che non dovevano essere rallentati per
perseguire il lancio di una missione spaziale.
Il Vanguard invece era un progetto del Naval Research Laboratory (NRL)8, che era
considerata più come una organizzazione scientifica che militare. Ciò ha contribuito a
sottolineare gli obiettivi pacifici del programma satellitare. Tale aspetto fu considerato
importante perché era in atto una discussione sul sorvolo orbitale di paesi stranieri da
parte dei satelliti con l‟obbiettivo di capire se l‟attività fosse legale o illegale.
La Glenn L. Martin Company9 (successivamente Lockheed-Martin10), che aveva
costruito anche il razzo Viking11, divenne così il “prime contractor” per il veicolo di lancio.
Il razzo Vanguard fu progettato come un veicolo a tre stadi. Il primo stadio era un General
Electric X-405 motore a propellente liquido (designato XLR50-GE-2 dalla Marina Militare),
derivato dal motore della RTV-N-12a Viking. Il secondo stadio era l‟ Aerojet AJ10-37
(XLR52-AJ-2) anche questo motore a propellente liquido, progettato come una variante
del motore in RTV-N-10 Aerobee.
Figura 1 - Jupiter C (http://www.daviddarling.info/encyclopedia/J/Jupiter_rocket.html )
8 http://www.nrl.navy.mil/accomplishments/rockets/vanguard-project/ (NRL, 2012)
9 http://en.wikipedia.org/wiki/Glenn_L._Martin_Company (Wikipedia, Glenn L. Martin Company, 2011)
10 http://en.wikipedia.org/wiki/Lockheed-Martin (Wikipedia, Lockheed Martin, 2012)
11 http://en.wikipedia.org/wiki/Viking_%28rocket%29 (Wikipedia, Viking (rocket), 2011 )
space_20120723-1026.docx 11 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
Infine, il terzo stadio era un motore a razzo a propellente solido. Sebbene fosse stato
scelto il progetto della Marina, il progettista del Redstone (von Braun) non alzò bandiera
bianca e più determinato che mai continuò imperterrito i suoi esperimenti. I fatti gli
avrebbero dato ragione, nonostante il fallimento del primo Jupiter.
Nel mentre, i russi misero a segno un colpo sensazionale, assolutamente sconvolgente
per gli americani: il 4 ottobre 1957 fu messo in orbita lo Sputnik 1, a cui seguì, un mese
dopo, lo Sputnik 2 con a bordo la cagnetta Laika.
Gli Americani non avevano previsto il grande sviluppo dei razzi russi a lunga gittata, che
avevano condotto al razzo R7 di Korolev, il Semyorka12 ("piccolo numero sette"), un
immenso veicolo dotato di ben 20 motori a razzo. Non era soltanto un vettore molto
efficiente, ma anche uno spettacolare gioiello tecnologico: quattro razzi rastremati per il
primo stadio, ciascuno dotato di quattro motori, che racchiudevano il veicolo principale
dotato dei suoi propri quattro motori. Anche qui la diaspora post bellica degli scienziati
tedeschi aveva portato non solo la tecnologia dei razzi V-213, ma anche un rapido sviluppo
innovativo missilistico.
Ma tornando al satellite messo orbita terrestre, lo Sputnik 114 aveva lineamenti ben più
semplici di un satellite artificiale odierno: era infatti formato solo da una sfera pressurizzata
di alluminio di 58 cm di diametro, contenente due trasmettitori, una serie di batterie zinco-
argento e un termometro; da questo corpo centrale si dipartivano 4 antenne lunghe circa
2,5 metri.
Gli strumenti a bordo dello Sputnik 1 rimasero funzionanti per 21 giorni. Infine, non
potendo mantenere l‟orbita per l‟assenza di motori esso bruciò durante il rientro in
atmosfera il 3 gennaio 1958 dopo circa 1.400 orbite e 70.000.000 km.
Questo bastò perché gli americani accelerassero il progetto Vanguard ed il 6 dicembre
1957 il Vanguard era in rampa di lancio pronto per la missione. Purtroppo i molti
insuccessi avuti anche in precedenza furono il preludio per un flop colossale. Il razzo
accese i motori e si alzo di circa un metro da terra prima di esplodere.
12
http://en.wikipedia.org/wiki/Semyorka (Wikipedia, R-7 Semyorka, 2012) 13
http://en.wikipedia.org/wiki/V-2 (Wikipedia, V-2 rocket, 2012) 14
http://en.wikipedia.org/wiki/Sputnik_1 (Wikipedia, Sputnik 1, 2012)
space_20120723-1026.docx 12 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
Così rientro in gioco il progetto dell‟ ARMY con il lanciatore Juno 115 , un veicolo di lancio
satellitare basato sullo Jupiter-C16, ma con l'aggiunta di un quarto stadio per portare il
satellite. Il programma Explorer (31 gennaio, 1958) fu il primo lancio di un satellite
artificiale da parte degli Stati Uniti.
1.2. Italia e l’inizio della Cooperazione Internazionale (1959-1972)
1.2.1. Il contesto politico nazionale e internazionale
Dopo il lancio dello Sputnik, le attività spaziali ebbero un impulso notevole e si caricarono
di nuovi significati politici e militari. Questo creò una escalation nella corsa agli armamenti,
soprattutto dal 1960, e una intensificazione della contrapposizione tra Est e Ovest, che ha
assunto aspetti ideologici e di propaganda. L‟Italia, che non aveva nessuna aspirazione
nel campo dei satelliti, si trovò invece coinvolta nelle conseguenze «balistiche » dello
Sputnik: tra il 1957 e il 1959, furono installati in Turchia e in Italia i missili Jupiter, sotto la
responsabilità operativa dell‟Aeronautica Militare Italiana (assistita da tecnici americani),
che già aveva in gestione dal 1955 i missili Corporal17 e Honest John18; a queste unità si
aggiunsero i missili intercettori teleguidati Nike-Ajax e Nike-Hercules19.
Proprio nella contrapposizione tra Est ed Ovest, l'effetto che il lancio dello Sputnik ebbe a
livello internazionale fu la consapevolezza da parte dell‟occidente di dover colmare un gap
tecnologico. Fino a quel momento la presenza di von Braun negli Stati Uniti era stata
considerata come la presenza del più prezioso prigioniero della seconda Guerra Mondiale,
ma di fatto le capacità dello scienziato e del suo gruppo di lavoro fino a quel momento non
vennero sfruttate a pieno. La necessità di raggiungere l‟Unione Sovietica in campo
scientifico, tecnologico e militare e di cercare di recuperare il vantaggio perso nel corso
degli anni „50 divenne la principale preoccupazione degli Stati Uniti anche nelle sue
relazioni con gli alleati europei, come dimostrato dai risultati del Consiglio Atlantico di
dicembre 1957.
15
http://en.wikipedia.org/wiki/Juno_1 (Wikipedia, Juno 1, 2012) 16
http://en.wikipedia.org/wiki/Jupiter-C (Wikipedia, Jupiter-C, 2011) 17
http://en.wikipedia.org/wiki/MGM-5_Corporal (Wikipedia, MGM-5 Corporal, 2012) 18
http://en.wikipedia.org/wiki/Honest_John_rocket (Wikipedia, MGR-1 Honest John, 2011) 19
http://en.wikipedia.org/wiki/Nike-Ajax#Nike_Ajax (Wikipedia, Nike Project, 2012)
space_20120723-1026.docx 13 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
1.2.2. Il programma spaziale nazionale e la Commissione per le Ricerche Spaziali
Nel mentre in Italia la necessità di strutturare la politica spaziale sotto l'egida dello Stato
faceva parte di un più ampio processo di istituzionalizzazione della ricerca scientifica.
Negli anni sessanta si fece largo l'idea della centralizzazione del coordinamento della
ricerca scientifica, con l‟istituzione di un Ministero della Ricerca Scientifica e Tecnologia (al
periodo 'senza portafoglio') e con il rafforzamento del ruolo del Consiglio Nazionale
Ricerche (CNR).
L'inizio del programma spaziale nazionale italiano può essere fatto risalire alla creazione,
della Commissione per le Ricerche Spaziali (CRS), l'8 settembre 1959, all'interno della
struttura del CNR come iniziativa diretta di Edoardo Amaldi20 e Luigi Broglio21. Grazie
alla collaborazione scientifica tra CNR e Aeronautica Militare iniziata durante l‟IGY, la CRS
ottenne dei finanziamenti significativi agli inizi degli anni ‟60.
La velocità e l'efficienza con la quale, solo pochi mesi dopo la sua creazione, la CRS riuscì
a definire un programma di ricerca scientificamente valido e a dotarsi delle strutture
necessarie per la sua realizzazione, sono state la conseguenza delle capacità manageriali
di Broglio, presidente della CRS, e di Amaldi.
Una parte fondamentale è stata svolta da parte del Ministero della Difesa, in particolare
dall‟Aeronautica Militare (A.M), di cui Broglio , come detto in precedenza, era Ufficiale del
Genio. Il sostegno fondamentale è stato senza dubbio dovuto agli interessi che A.M.
aveva nella fisica della alta dell'atmosfera, nella balistica e nel volo supersonico.
In tale ambito l‟Aeronautica Militare permise a Broglio presso l‟aeroporto dell‟Urbe non
solo di aumentare l'area disponibile per la Scuola di Ingegneria Aerospaziale, ma anche di
sviluppare le strutture del Centro di Ricerche Aerospaziali (CRA), dotandolo nel 1958 per
esempio, della galleria del vento ipersonica.
Invece nel settore missilistico, L‟Aeronautica permise a Broglio ed ai ricercatori del CRA di
utilizzare le strutture del Poligono militare di Salto di Quirra, in Sardegna, dove, da aprile
1960, fu creata un'area dedicata per il lancio di razzi sonda per esperimenti scientifici. Le
attività iniziarono a livello Nazionale, grazie ad un accordo, tra CNR e il Comitato Razzi e
20
http://www.esa.int/SPECIALS/ESAhistory/SEMT5D0P0WF_0.html (ESA, 2012) 21
http://www.aeronautica.difesa.it/UCCGA/FIGURESTORICHE/Pagine/LuigiBroglio.aspx (AMI, 2012)
space_20120723-1026.docx 14 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
Missili del Ministero della Difesa stipulato nel dicembre 1959, e poco dopo Broglio
annunciò una serie di lanci di razzi a due stadi tra il luglio 1960 e il 30 giugno 1961.
Nel mese di aprile 1960 il CRA, grazie al ruolo svolto da Broglio, firmò un memorandum
d'intesa con la NASA per una campagna di lanci di razzi sonda al fine di studiare la
dinamica dei venti in alta atmosfera utilizzando la tecnica delle "nuvole di sodio". All'interno
di questo programma, il 9 Luglio 1960, la squadra di Broglio segretamente lanciò con
successo, da Salto di Quirra, il primo razzo Nike, interamente costruito in Italia da parte
del Bombrini-Parodi-Delfino (BPD), su licenza americana; successivamente il 13 gennaio
1961, lanciò il secondo razzo, ma e questa volta il lancio venne pubblicizzato. (Ragno &
Amatucci, 1978)
Il successo del lancio, trovò un forte riscontro sulla stampa nazionale, ed assicurò al CRS
un sostegno più incisivo della politica per la ricerca e per i nuovi progetti, sostegno che ha
portato al programma San Marco.
Come si è visto,Broglio era in contatto con l‟aeronautica
americana fin dall‟inizio degli anni Cinquanta: il suo miglior
contatto in quel periodo fu Hugh Dryden, direttore del National
Advisory Committee on Aeronautics (NACA), poi vice-
amministratore della National Aeronautics and Space
Administration (NASA). La costituzione della NASA nel 1958
fornì la base per quella collaborazione che Amaldi aveva già
ricercato, senza successo, durante l‟Anno Geofisico: qualche
mese dopo Dryden giunse in Italia per discutere della
realizzazione di una serie di esperimenti congiunti, e il 2 ottobre
1959 si accordò con Broglio su un progetto congiunto per lo
studio della dinamica degli strati superiori dell‟atmosfera.
Nel gennaio 1961 il CNR e la NASA erano pronti a iniziare una
serie coordinata di lanci di nubi di litio-sodio, effettuati con
missili americani Nike-Cajun, dalle basi di Wallops Island in
Virginia e del Salto di Quirra in Sardegna. La misurazione delle
correnti atmosferiche di alta quota era resa possibile
space_20120723-1026.docx 15 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
dall‟osservazione in contemporanea delle nubi di litio-sodio da
varie stazioni di terra, sette delle quali erano italiane e
dipendevano dall‟Aeronautica Militare. Broglio capitalizzò
immediatamente questo successo facendosi ricevere dal
Presidente del Consiglio Amintore Fanfani, e proponendogli di
avviare una politica spaziale italiana basata sul progetto di
messa in orbita di un satellite nazionale e dalla creazione di una
base di lancio equatoriale. Era la prima idea di quello che
sarebbe diventato il progetto San Marco: la reazione entusiasta
di Fanfani, benché non fosse formalizzata in una direttiva
ufficiale, fu sufficiente per permettere a Broglio di avviare nuovi
contatti con gli USA in tale senso.
Storia in Rete “Storia dell’ Italia nello spazio” (2009)22
1.2.3. L'istituzione del settore spaziale in Italia
Prima di affrontare la parte relativa al progetto S. Marco, è utile capire in che contesto
storico si trovava l‟industria Italiana. Il secondo dopoguerra è stato caratterizzato dalla
ricostruzione del paese non solo dal punto infrastrutturale, ma anche dal punto di vista
industriale.
Grazie alle attività di aziende come la BPD23 (fondata nel 1912 da Giovanni Bombrini e
Leopoldo Parodi Delfino), l'industria spaziale italiana è riuscita nel periodo tra le due
guerre, ad effettuare i primi importanti esperimenti con i missili balistici, preludio a quella
industrializzazione del settore che sarebbe avvenuta negli anni seguenti. Ovviamente
l‟avvio dei programmi spaziali nazionali ed internazionali hanno permesso all'industria
spaziale italiana di sviluppare pienamente all'inizio degli anni ‟60.
Ma mentre nella prima fase della ricostruzione, da un lato si ebbe l‟effetto trainante
proveniente dall‟industria aeronautica e dall‟industria della Difesa, paradossalmente il
22
Quarantacinque anni di Italia fra le stelle - Quinta puntata – E’ l’ora di organizzarsi (http://www.storiainrete.com/wp-
content/uploads/2010/01/ASI-5.pdf) (Rea F. , Quinta puntata – E’ l’ora di organizzarsi, 2009) 23
http://www.aviogroup.com/it/catalog/space (Avio, 2012)
space_20120723-1026.docx 16 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
supporto degli aiuti americani alle nostre forze armate, tramite la fornitura di prodotti finiti
provenienti dal programma MADP (Mutual Assistance Defence Programme), per alcuni
versi fu un ostacolo al pieno sviluppo dell'industria italiana del settore spaziale.
Successivamente, durante la seconda metà del 1960, l'Italia passò da uno stato di totale
dipendenza ad uno stato di complementarità. Il fattore di sviluppo principale fu la
partecipazione dell'industria militare italiana alle gare di appalto della NATO, anche se
inizialmente fu costretta, a causa della sua arretratezza nel settore logistico industriale ed
infrastrutturale, a concentrare le proprie attività su settori a basso contenuto tecnologico,
come ad esempio il munizionamento convenzionale.
Altro fattore importante dello sviluppo è stata la produzione, su licenza, dei sistemi
d'armamento americano, che hanno portato alla creazione delle prime aziende italiane con
la partecipazione di capitale estero: CGE-Fiar (1950), Contraves (1952) e Selenia (1960).
Il ruolo svolto dalla FIAT, la prima azienda automobilistica italiana, è diventato
particolarmente importante dopo l'acquisizione di BPD nel 1966 e ha assicurato la
partecipazione italiana ai programmi ELDO, (European Launcher Development
Organisation) l‟organizzazione deputata allo lo sviluppo di un lanciatore europeo.
Per quanto riguarda il decennio che va dalla fine degli anni
Cinquanta a quella degli anni Sessanta, l‟industria italiana si
trovò a svolgere un faticoso apprendistato, fronteggiando
numerose difficoltà: tra queste vanno segnalate la limitatezza dei
progetti spaziali (civili e militari) italiani, dovuta soprattutto
all‟instabilità politica, che scoraggiava i governi
dall‟intraprendere iniziative di lungo periodo; l‟ampliamento
delle attività spaziali, che comprendevano ormai missili, satelliti,
stazioni di terra, e quindi richiedevano ricerche di meccanica,
propulsione ed elettronica; l‟incerta configurazione di un
apparato industriale in mano in gran parte alle partecipazioni
statali, con poche aziende private e soprattutto con relazioni non
sempre chiare tra le due componenti; la radicata tradizione di
produzioni su licenza su cui si basavano gli accordi con le
space_20120723-1026.docx 17 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
industrie americane e con l‟Aeronautica Militare statunitense,
che però cominciava a entrare in contrasto con l‟opzione
europea, che era più orientata allo sviluppo di capacità
tecnologiche proprie. In questa situazione va dato atto
all‟Aeronautica Militare italiana di aver svolto una importante
funzione di controtendenza in campo missilistico: tra il 1953 e il
1956, le sue commesse permisero la nascita di un‟impresa a
capitale FIAT e Finmeccanica (la CESPRE, poi SISPRE) che
sviluppò un razzo aria-aria, il C-7, e nel 1960 realizzò il C-41,
utilizzato per ricerche meteorologiche. Anche la BPD fu spinta
dall‟Aeronautica a sviluppare un missile per ricerche
meteorologiche, valorizzando due sistemi di propulsione già
studiati negli anni precedenti: esso venne usato con successo in
una serie di lanci tra il 1961 e il 1963. Nel 1961, così, si giunse a
un‟integrazione tra settore pubblico e privato nell‟industria
missilistica: Finmeccanica, BPD e televisione Italiana, e del
ministero delle Poste e Telecomunicazioni, per la
sperimentazione, la costruzione, l‟installazione e la gestione di
stazioni di terra e di sistemi di telecomunicazione via satellite.
Storia in Rete “Storia dell’ Italia nello spazio” (2009) 24
In questi anni la produzione industriale italiana in campo spaziale inizia a specializzarsi in
vari settori: sistemi radar, di telecomunicazione e dei sistemi di elaborazione dati.
Tra queste applicazioni spaziali quella che ha avuto un sviluppo specifico fu proprio il
settore delle telecomunicazioni, in particolare concentrandosi sulla fornitura dei servizi. I
primi anni sessanta vedono la nascita di diverse società di impronta aerospaziale tra cui la
Telespazio25. Nel 1961 Italcable, la società italiana incaricata di telecomunicazioni
24
Quarantacinque anni di Italia fra le stelle - Sesta puntata – l’industria guarda al cielo. E oltre…
(http://www.storiainrete.com/wp-content/uploads/2010/01/ASI-6.pdf) (Rea F. , Sesta puntata – l’industria guarda al
cielo. E oltre…, 2009) 25
Storia della fondazione di Telespazio (http://www.telespazio.it/news2011_event50.htm) (Telespazio, 2011)
space_20120723-1026.docx 18 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
intercontinentali, insieme con la RAI (Radio Televisione Italiana), fondano la nuova
azienda con l'obiettivo di gestire le comunicazioni via satellite e anche per rappresentare
l'Italia nelle negoziazioni con il colosso americano Intelsat. Nel 1963 anche la STET, il
principale finanziatore italiano nel settore delle telecomunicazioni, entra a far parte del
gruppo.
In seguito, nella seconda metà del 1960, l'industria spaziale italiana passò attraverso due
momenti che hanno preceduto la vera fase di 'maturità' del 1970. La prima fase iniziò nel
1964 con la fondazione della CIA e proseguì nel 1969 con la creazione di Aeritalia-Società
Aerospaziale, con la partecipazione di compagnie pubbliche (IRI-Finmeccanica) e private
(FIAT-Aviazione, Aerfer e Salmoiraghi). La Compagnia Italiana Aerospaziale (CIA) nasce
nel 1964 da un'associazione tra IRI-Finmeccanica, Fiat, Montecatini, Selenia, BPD e
Breda. Questa sarà il consorzio più importante nel settore spaziale in materia di
commesse ed avrà un‟importante influenza politica a causa della presenza di imprese
finanziate dallo Stato, come IRI-Finmeccanica e Selenia.
La seconda fase mirò alla specializzazione in servizi di telecomunicazione via satellite, di
cui un esempio è stata la STS-Sistemi Telecomunicazione via Satellite fondata nel 1967,
una società di marketing per la realizzazione di sistemi di terra per telecomunicazioni via
satellite
1.2.4. La fondazione di ESRO ed ELDO
Va sottolineato che durante il 1960, il CRS è stato, da un lato, lo strumento principale per
la realizzazione dei primi programmi spaziali nazionali e, dall'altro, ha rappresentato l'Italia
a livello istituzionale nel corso dei negoziati che hanno portato alla la creazione, nel 1962,
di due organizzazioni europee in campo spaziale: la European Space Research
Organization (ESRO) e l'Ufficio europeo della European Launcher Development
Organisation (ELDO).
Questa idea ha preso forma tra il 1958 e il 1959, attraverso il dibattito e la corrispondenza
che Amaldi mantenne con colleghi italiani e stranieri: proprio da questo dibattito nasce il
progetto di un organismo europeo per la ricerca spaziale, senza legami militari di alcun
genere. (Krige, Prehistory of ELDO 1959/1960, 1992)26
26
http://esamultimedia.esa.int/multimedia/publications/HSR/HSR_10.PDF
space_20120723-1026.docx 19 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
Mentre si definivano gli sviluppi istituzionali a livello nazionale,
furono avviati i primi contatti per dare vita a un‟organizzazione
europea; ne furono promotori in gran parte quegli stessi
scienziati che erano stati protagonisti della nascita del CERN, e
tra questi ebbe un ruolo di primo piano, ancora una volta,
Amaldi. Egli affrontò per la prima volta questo argomento nel
luglio 1958, a casa di Giorgio Salvini, in una conversazione con
Luigi Crocco. La scelta dell‟interlocutore non era casuale:
innanzitutto, essa indicava il desiderio di coinvolgere nella
discussione non solo i fisici ma anche il mondo degli ingegneri;
inoltre, essendosi Crocco ormai stabilmente trasferito oltre
Atlantico, si potevano sondare attraverso di lui le reazioni che la
proposta avrebbe suscitato tra gli esperti che lavoravano nei
laboratori americani; infine Crocco era cognato di Giuseppe
Gabrielli, il grande progettista che dirigeva il settore
aeronautico della Fiat , e rappresentava un efficace trait d‟union
con gli ambienti industriali. Tra luglio e dicembre 1958, inoltre,
Amaldi cominciò a organizzare le idee in un fitto scambio di
corrispondenza con colleghi italiani e stranieri, tra cui Pierre
Auger, Broglio, Von Karman, Francis Perrin, Harrie Massey e
Rabi. Sul fronte italiano ebbe subito appoggio incondizionato da
Broglio, che fu un alleato importante anche in questa
circostanza; tra gli stranieri, si dovette registrare un certo
scetticismo da parte dell‟inglese Massey, controbilanciato dalla
disponibilità dei francesi.
Come si è visto, Amaldi era contrario a qualunque stabile
collegamento del nuovo organismo con agenzie o organizzazioni
militari: il modello da lui portato a esempio coi suoi interlocutori
era quello del CERN, che era stato concepito sulla base di
space_20120723-1026.docx 20 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
principi tecnici e scientifici e non con finalità commerciali o
politiche. Inoltre, anche se concepiva la conquista scientifica
dello spazio come un‟impresa pacifica, Amaldi era contrario alla
collaborazione coi sovietici: oltre a essere cittadino di un Paese
profondamente segnato dalla Guerra Fredda, egli era stato
negativamente colpito dall‟atmosfera di segreto e dai
condizionamenti che avevano caratterizzato la partecipazione
sovietica all‟Anno Geofisico, senza contare che in quella
occasione tutti gli studiosi occidentali avevano dovuto constatare
l‟atteggiamento di autocensura imposto ai ricercatori del blocco
orientale. Infine egli non aveva dimenticato gli attacchi sovietici
nella fase costitutiva del CERN, quando il nuovo organismo era
stato accusato di passare sottobanco segreti nucleari alla
Germania. Un ulteriore passo avanti venne fatto nella primavera
1959, nel corso di una lunga passeggiata di Amaldi e Auger nei
giardini del Lussemburgo, a Parigi: anche Auger, infatti, si
dimostrò un forte sostenitore delle idee del fisico italiano. Questi
fu quindi incoraggiato a redigere delle proposte formali, e a
presentarle alla riunione del COSPAR del gennaio 1960 a Nizza.
Storia in Rete “Storia dell’ Italia nello spazio” (2009)27
Secondo questo progetto, la futura organizzazione spaziale europea, avrebbe dovuto
essere composta da i membri della CEE, la Gran Bretagna, Svizzera e i Paesi Scandinavi;
la sua creazione sarebbe stata promossa da Francia, Germania e Italia attraverso le loro
rispettive commissioni per la ricerca spaziale, costituite a livello nazionale
Le attività per la realizzazione dell‟idea di Amaldi non furono semplicissime. Questi infatti
pensava ad un‟organizzazione europea basata sul modello del CERN, votata alla ricerca.
Tale idea è iniziata ad eclissarsi con l‟ingresso della Gran Bretagna nella discussione
27
Quarantacinque anni di Italia fra le stelle - Sesta puntata – l’industria guarda al cielo. E oltre…
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cielo. E oltre…, 2009)
space_20120723-1026.docx 21 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
europea: infatti, il delegato britannico, H.S.W. Massey propose, durante la prima riunione
plenaria della commissione per la ricerca spaziale (COSPAR - Committee on Space
Research) del 09-16 Gennaio 1960, di utilizzare il missile britannico Blue Streak come la
prima tappa per un lanciatore di satelliti europei. Pertanto l‟inizio dello spazio a livello
europeo è legato a due iniziative isolate: l‟”affaire” Blue Streak e la volontà di un gruppo di
scienziati, desiderosi di ripetere per lo spazio l‟esperienza del CERN di Ginevra.
Il Blue Streak28 nasce come missile e non come un mezzo per accedere allo spazio; è un
“prodotto intermedio” del campo dei missili balistici (IRBM – Intermediate-Range Balistic
Missile) con una gittata di circa 3000 km (2500 nm); è a propellente liquido ed è costato al
tempo tra i 65 e i 70 Mln di sterline. Ma al periodo in questione il Blue Streak era ormai
superato dai nuovi ICBM (InterContinental Balistic Missile) russi ed americani a
propellente solido il cui lancio era molto più veloce, praticamente istantaneo, rispetto a
quello a propellente liquido, per cui erano necessari almeno 30 minuti per la preparazione
al lancio; inoltre era da non sottovalutare la necessità di dover lanciare il razzo da siti fissi.
La proposta inglese trovò l‟approvazione della Francia che voleva costruire il secondo
stadio per ammortizzare le spese di un altro missile militare: l‟Eméraude
Nel mentre continuavano i negoziati per la creazione della ESRO e l‟argomento da una
parte venne tenuto fuori da questi incontri, ma dall‟altra venne trattato parallelamente.
Amaldi e Broglio e buona parte della comunità scientifica italiana non vedevano di buon
grado il progetto che si stava delineando e che avrebbe portato alla creazione di ELDO,
tanto che Broglio rimase ai margini durante tutti i negoziati e le riunioni del periodo. Invece
durante la conferenza Meyrin (28 novembre - 1 Dicembre 1960), prese una posizione
decisamente contraria all'idea dello sviluppo di lanciatori per satelliti europei nel medio-
lungo termine. Il suo atteggiamento era dovuto probabilmente non solo agli sviluppi nel
campo della ricerca spaziale a livello nazionale, ma anche alla conclusione del primo
accordo di cooperazione nel settore spaziale tra la NASA e il CRS. L'"Accordo di Meyrin"
per la costituzione della commissione preparatoria COPERS (Commission Préparatoire
Européenne de Recherche Spatiale) fu firmato il 1 DICEMBRE 1960 senza riserve da
parte dei rappresentanti di cinque paesi (Belgio e Paesi Bassi, Norvegia e Svezia e Regno
Unito), e con riserva da rappresentanti di altre cinque paesi (Danimarca, Francia, Italia,
Spagna e Svizzera). I lavori di questa commissione furono propedeutici alla creazione
dell‟organizzazione che avrebbe portato ad unire la ricerca spaziale europea.
28
http://en.wikipedia.org/wiki/Blue_Streak_%28missile%29 (Wikipedia, Blue Streak, 2012)
space_20120723-1026.docx 22 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
Infatti, il 4 aprile 1961, ci fu la presentazione del programma scientifico di ESRO a
Stoccolma, dove venivano illustrati tre tipi di progetti: i progetti a breve termine, basato
sull'utilizzo di razzi sonda; progetti a medio termine, che riguardavano la progettazione e
realizzazione di piccoli satelliti e sonde spaziali (esperimenti), e progetti a lungo termine,
che prevedono l'uso di veicoli spaziali più grandi e complessi. Broglio criticò fortemente
l'idea di sviluppare di razzi sonda e piccoli satelliti in cooperazione in quanto a suo parere
queste attività di ricerca e sviluppo avrebbero dovuto essere espletate da ciascun Paese
su base nazionale, o in collaborazione con la NASA. (Krige & Russo, SP 1235, A History
of the European Space Agency 1958 – 1987 - Volume I - The story of ESRO and ELDO,
1958 - 1973, 2000) Il motivo ufficiale risiedeva nel fatto che per svolgere attività in
collaborazione era necessario avere esperti e ricercatori adeguatamente formati, e per
preparare queste risorse umane si sarebbe dovuto agire a livello nazionale, e in
collaborazione con coloro che già disponevano del capitale umano occorrente, cioè gli
americani.
Tale critica è comprensibile se si considera la formulazione del programma spaziale
italiano, che Broglio stesso aveva definito in quel periodo all'interno del CRS. Le attività
svolte fino ad allora, sia in ambito CRA, che presso il poligono dell'Aeronautica Militare di
Salto di Quirra, erano in collaborazione con la NASA, per dare modo ai ricercatori italiani
con una buona piattaforma di partenza, di avere una prospettiva di miglioramenti futuri.
Così, secondo Broglio, se il futuro programma di ESRO fosse stato approvato senza
modifiche ci sarebbe stato un reale pericolo di sovrapposizioni tra il programma spaziale
nazionale e il programma europeo. Quindi in base a queste discussioni, Broglio vinse la
sua battaglia e la struttura finale data al programma scientifico della ESRO, diceva che la
nuova organizzazione non avrebbe dovuto fare i payload/esperimenti scientifici da lanciare
in orbita e che per questi si sarebbe basata sui Comitati Spaziali Nazionali che avrebbero
finanziato da loro stessi i vari payload. In base a questa logica però, tali attività per restare
nell‟ambito dei programmi di ESRO dovevano avere tre ritorni principali. In primo luogo era
necessario coinvolgere i paesi minori della cooperazione ESRO in modo efficace; in
secondo luogo la Comunità Spaziale Europea avrebbe dovuto ottenere risultati significativi
in tempi brevi e in modo indipendente dai programmi americani, in terzo luogo tali
programmi avrebbero dovuto avere la possibilità di creare gruppi di ricerca con esperienza
tale da essere utile in vista del crescente coinvolgimento in più esigenti progetti satellitari.
(De Maria, Orlando, & Pigliacelli, HSR-30, Italy in Space, 1946–1988, 2003)
space_20120723-1026.docx 23 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
C‟era anche un‟altra questione: i Centri di Ricerca. Durante la riunione del COPERS del 14
giugno 1962, la proposta formulata da Broglio e fortemente sostenuto da Amaldi di porre
l'European Space Laboratory of Advanced Research (ESLAR), in seguito chiamato
European Space Research Institute (ESRIN), sul territorio italiano fu accettata. Tale
proposta in un primo momento ha sollevato molte critiche a causa della sua distanza dalla
European Space Research and Technology Centre (ESTEC) in Noordwjik, in Olanda.
Inoltre l‟Italia mise a disposizione di ESRO anche il poligono di Salto di Quirra, da cui i
primi due razzi della ESRO furono lanciati il 6 e l'8 luglio 1964.
Tornando all‟argomento lanciatori, il 13 aprile 1960 il Parlamento britannico annuncia la
cancellazione del programma Blue Streak a causa degli eccesivi costi e
dell‟inadeguatezza ai requisiti militari, e il Ministro degli Esteri inglese (Heath) ed il Ministro
della Difesa (Thorneycroft) iniziano a sostenere, anche loro, l‟idea di utilizzarlo per le
attività spaziali in ambito europeo. Proprio nello stesso periodo incassano l‟approvazione
della Francia, ma visto che il Blue Streak non è in grado di mettere in orbita nessun carico
pagante, è necessario fare un secondo stadio al nascente razzo europeo, ed è proprio
questo l‟obiettivo francese.
Nel '62 arrivarono i vettori per satelliti anche in Europa. Si
vollero i lanciatori spaziali basati sul missile balistico inglese
Blue Streak, ma al tempo stesso il 18 dicembre 1961 venne
varato il piano per il lanciatore Diamant e costituito il CNES
ovvero il Centro Nazionale Studi Spaziali. I lanciatori Europa,
nonostante l'accordo londinese del 23 marzo 1962 siglato da
sette nazioni, non ebbero seguito, ma diedero il via all'esperienza
poi molto utile alla futura agenzia spaziale ESA. Intanto in
Francia i tecnici avevano assemblato il sistema motore Verix da
30 t, usato per il razzo Emeraude, ma sopratutto nel novembre
1965 venne lanciato il Diamant A, alto ben 18,9 metri con due
stadi, costituito da un Emeraude e da un Topaze, infine c'era un
piccolo Rubis con carico di 41 kg con il satellite Asterix, che
però dopo poco tempo smise di mandare segnali. Seguiranno
altri satelliti, il Diapason del 17 febbraio 1966 e il Diadema
space_20120723-1026.docx 24 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
dell'8 febbraio 1967. Erano lanci eseguiti dall'Algeria, dal
poligono di Hammaguir, ma questo dopo di allora venne chiuso e
tutti i lanci vennero continuati a Kourou, iniziando con due
satelliti DIAL e People, sul razzo Diamant B da 23,5 m e 160 kg
di carico utile. Il razzo venne usato fino al '73 via via migliorato,
tra cui il motore Valois da 40 t.spinta, che era davvero l'ultimo
dei possibili gradi evolutivi del progetto dell'A.9 di Bringer, e che
portava così un carico di 200 kg per orbite basse di 300 km,
mentre la massa al lancio era di 27,5 t. Solo tre i lanci, tutti entro
il '75.
(Armi avanzate della Seconda Guerra Mondiale/Appendice 1)29
Con queste premesse l‟Italia partecipò alle trattative per la nuova organizzazione con una
riluttanza maggiore rispetto a quanto fatto con le trattative per ESRO. Il pensiero di Amaldi
era basato su tre principali obiezioni al progetto ELDO. In primo luogo, non esistevano
sviluppi scientifici, ne tanto meno tecnologici per l'industria italiana, dal momento che
“a priori” la nuova Organizzazione avrebbe attribuito ad una nazione la costruzione di uno
stadio del razzo "europeo" comprese tutte le attività a corredo, anche quelle che non
erano di carattere scientifico o tecnologico. Ciò escludeva definitivamente non solo l‟ Italia
dalla progettazione delle parti più importanti, ma anche dall‟acquisizione del know how da
parte dei suoi scienziati e tecnologi (De Maria, The History of ELDO, 1993)30.
La seconda preoccupazione di Amaldi riguardava il sistema di gestione e coordinamento .
Queste difficoltà sarebbero derivate dalla possibilità di combinare un primo stadio di razzo
costruito in Gran Bretagna, un secondo stadio fatto in Francia ed un terzo stadio realizzato
in Germania. Infine, il progetto del razzo stesso era un problema, in quanto richiedeva un
investimento importante per un razzo che avrebbe utilizzato una tecnologia che era già
disponibile in nei vari paesi, ma che doveva essere combinata insieme, il che avrebbe
reso questa tecnologia indubbiamente obsoleta dal momento in cui il razzo era pronto
ovvero in cinque o, più probabilmente, sette anni dall‟approvazione del progetto.
29
http://it.wikibooks.org/wiki/Armi_avanzate_della_Seconda_Guerra_Mondiale/Appendice_1 (Wikipedia, Armi
avanzate della seconda guerra mondiale, 2011) 30
http://esamultimedia.esa.int/multimedia/publications/HSR/HSR_10.PDF
space_20120723-1026.docx 25 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
Le parole di Amaldi sulla difficoltà che sarebbe inevitabilmente
sorta nella fase finale di un progetto che prevedeva
l‟assemblaggio di tre stadi e un satellite costruiti in quattro Paesi
diversi, dovevano rivelarsi profetiche. Per il momento basti dire
che il possibile rifiuto italiano di aderire a ELDO minava
seriamente la fattibilità del progetto. Inglesi e francesi
cominciarono a esercitare forti pressioni sulle autorità politiche
italiane: Fanfani, in quel momento presidente del Consiglio,
ricevette la visita degli ambasciatori dei due Paesi, e addirittura
un messaggio personale di Macmillan. Infine, i tedeschi, ai quali
era assicurata dal progetto la produzione del terzo stadio del
lanciatore, cercarono di convincere gli ambienti industriali
italiani che la costruzione dei satelliti di prova da lanciare con il
nuovo vettore avrebbe prodotto una forte sinergia in favore del
programma spaziale nazionale. Questo convinse infine
l‟industria italiana che sperava inoltre, con l‟appoggio dei
tedeschi, di indirizzare la futura attività di ELDO verso lo
sviluppo di una nuova generazione di lanciatori, basati su sistemi
di propulsione tecnologicamente più avanzati, in consonanza con
l‟esperienza già acquisita dall‟Italia in questo campo. Il
richiamo di elementi di prestigio politico, di remunerative
commesse industriali, e di un possibile ritorno in termini di
accresciute capacità tecnologiche prevalsero infine nella scelta
della partecipazione dell‟Italia a ELDO. Amaldi e Broglio
persero così la loro battaglia per la «purezza scientifica» della
cooperazione spaziale europea
Storia in Rete “Storia dell’ Italia nello spazio” (2009)31
31
Quarantacinque anni di Italia fra le stelle - Settima puntata – I nostri amici americani
(http://www.storiainrete.com/wp-content/uploads/2010/01/ASI-7.pdf) (Rea F. , 2009)
space_20120723-1026.docx 26 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
1.3. L’Italia e l’accesso autonomo allo spazio: Il Progetto San Marco
(1962-1988)
Mentre l‟Europa era in fermento per la formazione delle due organizzazioni di ESRO e di
ELDO, dopo il successo del lancio dei razzi sonda da Salto di Quirra, Broglio lanciò, nel
corso del 1960, il progetto San Marco. La sua realizzazione ebbe un effetto stimolante
sulle attività spaziali italiane: oltre agli obiettivi scientifici a breve termine, vennero fissati i
nuovi obiettivi strategici a lungo termine per il futuro sviluppo del programma spaziale
italiano. L‟impresa del S. Marco non fu esclusivamente un primato per l'Italia (terzo paese
a lanciare un satellite al mondo e primo paese europeo), ma anche l‟”Esperienza Spaziale”
per antonomasia con cui l‟Italia ha acquisito tecnologia, capacità organizzativa e
gestionale delle attività spaziali. Il progetto San Marco, infatti formò e qualificò centinaia di
persone, tra ingegneri e tecnici, in grado di costruire satelliti e di gestire autonomamente il
loro lancio.
In secondo luogo, l'Italia iniziò ad acquisire esperienza con le strutture necessarie per la
verifica e il lancio di satelliti. Broglio, padre fondatore del progetto, ebbe il merito di avere
ciò che gli americani chiamano la “Vision” politica, ovvero una visione chiara degli obiettivi
e la comprensione che in quel momento storico potevano essere raggiunti solo attraverso
la cooperazione con gli Stati Uniti.
La prima idea per il progetto San Marco risale al 1961, durante una conversazione
informale che Broglio aveva avuto con alcuni funzionari della NASA durante la riunione
COSPAR tenutosi a Firenze nel mese di aprile. In tale occasione Broglio propose la
costruzione di un satellite scientifico "tutto italiano", lanciato da una base interamente
realizzata dall‟Italia.
Alla fine di maggio 1961 i progetti preliminari del primo satellite
italiano erano già pronti, e un primo nucleo di ingegneri del CRA
si era già trasferito presso il Goddard Space Flight Center
(GSFC) della NASA, per essere addestrati sulle tecniche di
lancio, sull‟assemblaggio dei satelliti e sul loro controllo via
radio. Il 5 luglio 1961 Broglio e il presidente del CNR Polvani
inviarono un memorandum a Fanfani con un programma
space_20120723-1026.docx 27 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
spaziale triennale articolato lungo tre linee di attività: un
programma di ricerca scientifica per l‟esplorazione della parte
più alta dell‟atmosfera, attraverso «strumenti italiani trasportati
da un razzo italiano»; il lancio di un satellite nazionale e la
costruzione di una base di lancio, da realizzare in due anni con
la collaborazione della NASA; un programma tecnologico e
industriale per lo sviluppo di un lanciatore italiano per piccoli
satelliti, interamente costruito dall‟industria nazionale e capace
di sostituire i vettori americani nei futuri sviluppi delle attività
spaziali italiane ed europee. Il 31 agosto 1961 fu convocata
un‟apposita riunione del Consiglio dei Ministri, nella quale
Broglio e Polvani vennero invitati a illustrare ai membri del
governo il loro progetto, che venne informalmente approvato
secondo le linee proposte, dando mandato a Broglio di avviare
trattative immediate con la NASA. Le trattative procedettero
rapidamente: in novembre la NASA approvò la proposta italiana
e si dichiarò disposta a collaborare; nella primavera 1962
Broglio discusse coi funzionari della NASA i dettagli tecnici
dell‟intesa, che venne firmata da Broglio e Dryden il 31 maggio,
e che prevedeva un progetto articolato in tre fasi: la prima
prevedeva la progettazione del satellite e degli esperimenti da
montare a bordo, la costruzione della base di lancio e alcuni voli
sub-orbitali dalla base NASA di Wallops Island; la seconda fase
consisteva nella realizzazione e nella messa in orbita di un
prototipo del satellite con un missile americano Scout, sempre da
Wallops Island; nella terza e ultima fase era prevista la messa in
orbita di un satellite per ricerca scientifica mediante un missile
Scout, da una base di lancio italiana situata in acque equatoriali.
La NASA avrebbe fornito i lanciatori, e inoltre l‟addestramento e
space_20120723-1026.docx 28 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
i servizi per il controllo del satellite e la ricezione dei dati
relativamente alle prime due fasi della collaborazione; la CRS
italiana si impegnava a fornire il personale da addestrare, a
progettare e costruire il satellite e tutti i materiali da installare a
bordo di esso, a realizzare la base di lancio equatoriale e a
fornire tutte le strutture necessarie per prendere in carico il
controllo del satellite, l‟acquisizione dei dati, nonché il lancio
nella terza fase.
Storia in Rete “Storia dell’ Italia nello spazio” (2009)32
Nel gennaio 1962 la NASA prima di firmare l‟accordo con il CRS selezionò gli esperimenti
scientifici per il satellite San Marco scegliendo come esperimento principale, la misura di
densità dell'atmosfera superiore tra i 200 e i 300 km di quota sopra l'Equatore. Queste
misurazioni furono effettuate per mezzo di un ingegnoso, ed estremamente sensibile
dispositivo di misura in seguito conosciuto come " Bilancia Broglio", inventata da lui stesso
e sviluppata dal suo staff. L'utilizzo di questo strumento ha permesso misurazioni in
continuo della variazione di densità dell‟atmosfera (su base giornaliera, mensile,
semestrale e ad-hoc), in una regione che non era mai stata esplorata.
32
Quarantacinque anni di Italia fra le stelle - Settima puntata – I nostri amici americani
(http://www.storiainrete.com/wp-content/uploads/2010/01/ASI-7.pdf) (Rea F. , 2009)
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Figura 2 - il razzo scout (disegno originale della NASA)
L'inizio del progetto San Marco rappresentò un tale cambiamento di scala per le attività
spaziali italiane da indurre il CNR a rafforzare le strutture responsabili per il settore
spaziale: nel 1962 venne costituito l'Istituto per le Ricerche Spaziali (IRS) all'interno del
CNR in aggiunta al CRS.
Il successo finale del progetto San Marco, nonostante le difficoltà nella gestione delle
attività spaziali, è dovuto al fatto che Broglio ha tenuto un posto di rilievo non solo nella
CRS, di cui era presidente, ma anche all'interno della IRS con la costituzione del 'San
Marco Working Group' (Gruppo di Lavoro San Marco, GLSM), presieduto dal generale
Cesare De Porto e composto di esperti dell‟Aeronautica Militare Italiana, l'industria
nazionale e il CRA. Il ruolo del GLSM era quello di sviluppare le proposte per la
realizzazione del progetto San Marco, da sottoporre alle decisioni del Comitato Tecnico-
Scientifico della IRS, di cui era presidente Broglio. In questo modo il CNR formalmente ha
mantenuto il controllo del programma, mentre è stata delegata la sua realizzazione alla
CRA.
space_20120723-1026.docx 30 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
Il Progetto San Marco fu formalizzato il 31 maggio 1962 con la firma di un protocollo
d'intesa tra la Commissione Spaziale Italiana (rappresentata da Broglio) e la NASA
(rappresentata da Dryden). Questo documento fu confermato successivamente da un
accordo ufficiale tra il ministro degli Esteri italiano, Pietro Piccioni e Vice Presidente
Lyndon B. Johnson del 5 settembre 196233, dando così inizio formale all‟impresa.
Il progetto era suddiviso in tre fasi:
Fase I
- la formazione ingegneri spaziali italiani.
- la formazione del personale per il lancio e la sicurezza del poligono per il veicolo
spaziale Shotput;
- I test di volo per gli elementi principali del payload scientifico da utilizzare con il
razzo Shotput lanciato da Wallops Island e/o da una piattaforma italiana situata
vicino all'equatore;
- fasi iniziali del progetto per la realizzazione del poligono equatoriale.
Fase II
- Formazione del personale di lancio per lo Scout, in grado di assemblare il veicolo,
provarlo e fare le operazioni di lancio dal poligono
- Messa in orbita di un satellite lanciato da Wallops Island con un razzo Scout
Fase III
- Messa in orbita di un carico utile lanciato dall‟equatore utilizzando un booster
Scout lanciato da una piattaforma situata nelle acque equatoriali.
- completamento e qualifica del poligono equatoriale
L‟Italia doveva fornire il poligono di lancio equipaggiato con le attrezzature necessarie al
lancio del razzo Scout, il personale per effettuare i lanci, e il satellite scientifico. Mentre la
NASA doveva fornire il razzo Shotput ed il razzo Scout, i servizi di formazione per il
personale di lancio italiano e la rete di monitoraggio.
33
Trattato n° 6663 - Exchange of notes (with Memorandum of Understanding dated 31 May 1962) constituting an
agreement relating to a space science research program. Rome, 5 September 1962 (Vari, Trattato n° 6663 - Exchange of
notes (with Memorandum of Understanding dated 31 May 1962) constituting an agreement relating to a space science
research program, 1962) http://treaties.un.org/doc/publication/unts/volume%20461/volume-461-i-6663-other.pdf
space_20120723-1026.docx 31 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
Il governo italiano aveva dato un‟approvazione preventiva all‟impresa già nel agosto del
1961, ma l‟impresa doveva comunque passare attraverso un iter autorizzativo legislativo
per lo stanziamento dei fondi. Il 16 gennaio 1963 la Commissione “Istruzione pubblica e
belle arti” deliberò la spesa dell‟attività34, e successivamente venne promulgata la legge
9 febbraio 1963, n. 123 per la “Concessione di un contributo straordinario al Consiglio
nazionale delle ricerche per l'attuazione di un programma di ricerche spaziali.” (GU n.58
del 1-3-1963 ). E così partì il primo programma spaziale completo (razzo e satellite)
intrapreso dagli italiani.
Per conseguire gli obiettivi del progetto, le attività furono impostate su tre linee di lavoro
che presero corpo tra gli Stati Uniti, l‟Italia e la costa orientale dell‟Africa. Visto che non era
disponibile personale qualificato in numero sufficiente per gestire una così complessa e
ampiamente diversificata impresa, la più importante linea di sviluppo si concentrava sulla
formazione del personale. Un'altra linea di sviluppo faceva capo al progetto del satellite,
alla sua costruzione ed ai test di qualifica. La terza linea di sviluppo (forse la più
complicata) comprendeva l'acquisizione e attivazione di un poligono di lancio, impianti per
le prove e strutture di supporto tecnico logistico
1.3.1. San Marco - Fase 1 (1962-1964)
Il primo degli obiettivi principali del programma riguardava la formazione degli ingegneri
aerospaziali italiani. Oltre settanta tra ingegneri e tecnici si recarono negli Stati Uniti tra il
1962 e il 1964 per specializzarsi in tutti gli aspetti del programma San Marco:
dall‟integrazione del satellite, al bilanciamento e collaudo delle operazioni di assemblaggio
delle vari stadi del razzo Scout e le tecniche di lancio. Furono coinvolti quattro centri
americani: il Goddard Space Flight Center a Greenbelt nel Maryland (GSFC), il Langley
Research Center (LRC), la sede della Ling Temco-Vougt (LTV), la società di costruzione
del razzo Scout e la base della Nasa a Wallops Island .
Come accennato nell'introduzione, un‟altro degli obiettivi riguardava la realizzazione di un
nuovo sito di lancio vicino all'equatore in quanto si voleva raggiungere, con il minor
consumo di propellente, un orbita equatoriale senza l‟esecuzione di una manovra di
dog-leg.
34
Atti del Senato della Repubblica Italiana - http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/DF/263103.pdf (vari, 6°
commissione - Istruzione pubblica e belle arti - 94 seduta in sede deliberante, 1963)
space_20120723-1026.docx 32 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
Quando si lancia un veicolo spaziale in orbita, normalmente è necessario fare una
manovra chiamata "dog-leg" ovvero una virata guidata durante la fase di ascesa del razzo
che provoca la deviazione della traiettoria “Dritta” di volo. Un dog-leg è necessario per
raggiungere una determinata inclinazione del piano orbitale soprattutto se questa non è
raggiungibile a causa della latitudine del sito di lancio. Tali manovre, però, sono
indesiderate in quanto richiedono un extra di carburante a bordo, causando un
appesantimento e una riduzione delle prestazioni del veicolo. Al contrario se il sito di
lancio si trova all‟equatore e il lancio viene effettuato verso est, allora il risparmio di
propellente potrebbe aumentare le prestazioni del veicolo oppure incrementare il suo
carico pagante. La selezione di un sito vicino all'equatore comunque è stata una scelta
complicata, sia per le enormi distese di terre sulla linea dell'equatore nel Sud America ed
in Africa che per problemi di stabilità politica che potevano avere questi Stati
Per raggiungere gli obiettivi scientifici di breve periodo e quindi per lanciare un satellite in
un'orbita equatoriale, l‟intuizione di Broglio e del team del Centro Ricerche Aerospaziali è
l‟utilizzazione di una base riposizionabile in mare aperto, composta da due piattaforme
galleggianti dotate di gambe retrattili che potessero essere estese verso il basso per
posarsi sul fondo dell'oceano. Questo tipo di scelta poteva fornire diversi vantaggi tecnici:
- il poligono poteva essere utile a quei paesi che non sono in un luogo
geograficamente adeguato all‟installazione di un sito per lanciare satelliti;
- si sarebbero potuti sfruttare molti più punti sull‟equatore per lanciare satelliti, in
quanto nella maggior parte dei casi la posizione del parallelo principale cadeva in
acque internazionali.
- Sarebbero stati soddisfatti i requisiti di lancio per un satellite equatoriale senza
precludere il lancio in altre orbite;
- Si sarebbe realizzata una soluzione economica, attraverso l'uso delle gambe
mobili, per ottenere il sistema di stabilizzazione della piattaforma galleggiante sul
fondo del mare.
Il tipo di struttura prevista fu una piattaforma per la trivellazione petrolifera. Questo tipo di
piattaforme, fabbricate in Italia, erano state ampiamente utilizzate in tutto il mondo, e
proprio da questa esperienza, vennero le indicazioni affinché potessero essere facilmente
adattate ad una piattaforma di lancio.
space_20120723-1026.docx 33 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
L‟accordo con la NASA prevedeva anche che gli italiani si
occupassero della base di lancio equatoriale, che fu all‟inizio
realizzata adattando una piattaforma petrolifera. In un primo
momento il CRA preparò una piattaforma di prova, per verificare
la fattibilità del progetto, da collaudare con il lancio di alcuni
razzi prima di effettuare il lancio del satellite con lo Scout. Nel
maggio 1963 il CNR acquistò dalla SAIPEM (gruppo ENI) la
piattaforma petrolifera Scarabeo, per 540 milioni di lire. Broglio
scelse i nomi Santa Rita per ribattezzare la piattaforma, e San
Marco per il satellite e per una seconda piattaforma installata
nel 1966: «Il programma doveva essere realizzato in mare
aperto, e questa era la nostra preoccupazione più grande. Così
pensai che fosse una buona idea mettere l‟impresa sotto la
protezione di San Marco, protettore dei marinai. Invece, la
piattaforma la dedicammo a Santa Rita perché è la santa delle
imprese impossibili, e la realizzazione di una rampa di lancio in
mare aperto montata su due vecchie piattaforme petrolifere
sembrava impossibile a un sacco di gente». Dopo alcune
verifiche effettuate dalla Marina presso l‟Arsenale Marittimo di
Taranto, la società Officine di Costruzioni e Riparazioni Navali
di Taranto SpA eseguì le necessarie operazioni di adattamento,
per trasformare la piattaforma petrolifera in rampa di lancio;
questa fase ebbe inizio a novembre 1963, mentre la società
Micoperi eseguiva per conto del CRA le prospezioni
idrogeografiche della zona di mare di Formosa Bay, in acque
internazionali davanti alle coste del Kenya, dove la base avrebbe
dovuto essere collocata. La Marina rifiutò, in questa fase, di
concedere l‟uso di una propria nave per le operazioni di
comando e controllo della base, e pertanto venne usata a questo
space_20120723-1026.docx 34 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
scopo la nave Pegaso, di proprietà della Micoperi. Il trasporto
della piattaforma fu invece affidato alla olandese SMIT: partita
da Taranto il 21 dicembre 1963, raggiunse il punto di
ancoraggio al largo del Kenya il 5 febbraio 1964. Infine una
nave di supporto della Compagnia Italiana Navi Cablografiche
fu destinata alla sistemazione del personale che avrebbe lavorato
alle operazioni di lancio.
Storia in Rete “Storia dell’ Italia nello spazio” (2009)35
Nel progetto presentato nel 1962 dal CRA, quindi, il poligono era formato da una
piattaforma di lancio su cui il veicolo sarebbe stato assemblato, controllato, e lanciato, e
da un‟altra piattaforma per il controllo di volo, su cui risiedeva il personale.
A supporto della base mobile di lancio, ci sarebbero stata una nave da rifornimento, un
elicottero e due rimorchiatori per trainare le piattaforme al punto di lancio, infatti queste
sarebbero state rimorchiate fino al sito di lancio selezionato e posizionate abbassando le
gambe sul fondo dell'oceano e la struttura dello scafo si sarebbe auto-elevata sulle gambe
fino all'altezza desiderata al di sopra della superficie dell'acqua per permettere le
operazioni di lancio.
La scelta della località del sito di lancio per il San Marco ricadde su una baia di fronte la
cittadina di Malindi in Kenya, sia perché i limiti territoriali del Kenya si estendevano
soltanto 3 miglia fuori dalla costa, (il che consentiva di essere in acque internazionali
rimanendo relativamente vicini alla costa stessa), sia perché i collegamenti con le più
importanti città keniote erano facilitati dalla vicinanza con il porto di Mombasa, e da lì con
la capitale Nairobi. Tali considerazioni di carattere logistico, insieme alla situazione politica
del paese e alla posizione geografica fecero preferire quella posizione rispetto a tutte le
altre selezionate. Quindi Broglio e la sua squadra del CRA cominciarono a costruire la
base di lancio San Marco a partire dall‟adattamento di una piattaforma off-shore utilizzata
in precedenza da ENI. La costruzione della base, iniziata nel dicembre 1963, fu terminata
nel febbraio 1964.
35
Quarantacinque anni di Italia fra le stelle - Ottava puntata – Finalmente il Tricolore nello spazio
(http://www.storiainrete.com/wp-content/uploads/2010/01/ASI-8.pdf ) (Rea F. , Ottava puntata- Finalmente il Tricolore
nello spazio, 2009)
space_20120723-1026.docx 35 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
Figura 3 - Piattaforma San Marco con Razzo pronto al lancio
Parallelamente si doveva pensare al modo di provare il satellite ed alle infrastrutture
necessarie. Durante i primi mesi del 1963, il CRA inizio a creare le infrastrutture per i test
aerodinamici e termici del satellite presso l‟Aeroporto dell'Urbe (Roma), tesi a verificare gli
impatti durante la fase di lancio e il rientro del satellite nei bassi strati dell'atmosfera.
Per soddisfare tutti gli obiettivi della Fase 1 e prima di passare ai lanci dello Scout, era
necessaria la validazione della piattaforma Santa Rita (una delle due piattaforme previste
nel progetto). Questa validazione doveva avvenire tramite il lancio di uno Shotput, un
razzo sub-orbitale fornito dagli Stati Uniti, con il supporto del GSFC che avrebbe fornito
l'hardware ed il personale per l'assistenza tecnica necessaria ad utilizzare le
apparecchiature di telemetria. La decisione di utilizzare questo razzo sonda americano fu
successivamente annullata su richiesta del CRA, a causa dei ritardi delle attrezzature che
dovevano arrivare a Roma e dell‟avvicinarsi della stagione dei monsoni.
Il lancio dello Shotput venne sostituito con una serie di lanci di missili Nike-Apache,
costruiti e assemblati in Italia. Il primo lancio avvenne il 25 marzo 1964, e verificò la
compatibilità delle strutture con gli strumenti di telemetria a bordo del lanciatore. Questo
all‟interno, conteneva payload scientifici, comprese le apparecchiature elettroniche del
space_20120723-1026.docx 36 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
satellite San Marco. L'esperimento si completò con successo, compresa la validazione di
tutti gli strumenti del poligono di lancio necessari per una serie continua di misure della
temperatura dell'aria fino a 230 km di altitudine. Più tardi, il 28 marzo e 2 aprile 1964,
furono effettuati altri due lanci, portando come payload gli esperimenti delle nuvole di
sodio. Con questa serie di lanci, la prima fase del programma San Marco fu dichiarata
ufficialmente conclusa.
1.3.2. San Marco - Fase 2 (1964)
Gli obiettivi principali della Fase 2 riguardavano il completamento della formazione
scientifica e tecnica del personale italiano, con lo scopo di creare una squadra italiana
totalmente autosufficiente per il lancio del razzo Scout dalla base di Wallops Island, e per
la qualificazione degli esperimenti che dovevano essere immessi sul satellite San Marco 1.
Questa fase raggiunse l‟apice con il lancio, il 15 dicembre 1964, di un razzo Scout dalla
base NASA di Wallops Island, con a bordo il satellite San Marco 1, gestito da un team
esclusivamente italiano. San Marco 1 è stato il primo satellite ad essere costruito
interamente da un paese europeo.36
Type: Orbiter
Central Body: Earth
Epoch start: 1964-12-15 20:24:00 UTC
Orbital Parameters
Periapsis Apoapsis Period Inclination Eccentricity
198.0 km 846.0 km 94.9min 37.79999923706055° 0.04692300036549568
Broglio presentò i dati preliminari del suo esperimento scientifico sulla densità dell‟aria nel
corso della riunione COSPAR 8th, che si è tenuta a Buenos Aires nel maggio 1965 ed i
risultati finali nel corso della riunione seguente tenutasi a Vienna nel maggio 1966.
Ciononostante, iniziarono i prevedibili problemi finanziari.
Come si è visto, il Progetto San Marco determinò fin dall‟inizio
una trasformazione negli assetti istituzionali della ricerca
36
Dati rilevati dal sito della NASA (http://nssdc.gsfc.nasa.gov/nmc/spacecraftOrbit.do?id=1964-084A)
space_20120723-1026.docx 37 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
spaziale italiana, e fu segnato durante il suo svolgimento da vari
momenti di difficoltà economica. Nonostante i riconoscimenti
internazionali e l‟indubbio successo del primo satellite «tutto
italiano», il programma rischiò di rimanere a secco di
finanziamenti proprio alla vigilia della fase 3: ciò era dovuto
all‟andamento negativo della congiuntura economica italiana, e
ai conseguenti tagli di bilancio. Per di più, le risorse assegnate
alle ricerche spaziali finirono per essere investite soprattutto nei
programmi europei di ESRO e ELDO, a detrimento dei
programmi nazionali. In effetti, la spesa totale per le attività
spaziali dal 1960 al 1965 fu poco superiore ai 27 miliardi di lire:
la dotazione del San Marco fu di 4 miliardi e mezzo, mentre
ESRO ebbe 8 miliardi e 200 milioni, ELDO 14 miliardi, e alla
ricerca di base andarono appena 700 milioni; inoltre, se
paragonato ai bilanci spaziali di altri Paesi comparabili (come
Francia e Gran Bretagna) si trattava di una porzione
complessivamente assai magra. Fin dall‟inizio, Broglio fu
consapevole del delicato problema dell‟equilibrio tra i
programmi nazionali e quelli europei. Egli non perdeva quindi
occasione per sottolineare come le competenze e le attività del
CRA fossero complementari e non in competizione rispetto alla
partecipazione italiana in ESRO e ELDO. Nel 1963 vi era stato
un piccolo segnale di apertura in questo senso, quando il
COPERS aveva assegnato al CRA un contratto per lo studio
preliminare di un satellite scientifico di piccole dimensioni, che
avrebbe dovuto essere chiamato ESRO 1. …(omissis) …Ma le
prospettive non erano rosee, e Broglio dovette lanciare un forte
allarme, inviando una lettera all‟IRS in cui avvertiva come il
totale disimpegno finanziario verso i programmi nazionali in
space_20120723-1026.docx 38 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
collaborazione con la NASA potessero determinare una perdita
di interesse da parte americana alla collaborazione con gli
italiani. Alla fine, per tentare di arrivare a una soluzione, egli
propose di agganciare lo stanziamento per i programmi
nazionali a una percentuale fissa dello stanziamento per ELDO,
che era il più rilevante: nel quinquennio 1966-1970, il
finanziamento per i programmi nazionali avrebbe dovuto essere
pari al 30% di quest‟ultimo. La richiesta si scontrò con l‟ostilità
delle industrie italiane interessate a ELDO, in primo luogo la
FIAT e gli altri soci del Consorzio Industrie Associate (CIA), e a
nulla valse ricordare che il Progetto San Marco costituiva un
trasferimento gratuito di know-how scientifico e capacità
tecnologiche dagli Stati Uniti, di cui il Paese aveva necessità per
continuare nel proprio cammino di sviluppo e di cui le stesse
industrie beneficiavano.
Storia in Rete “Storia dell’ Italia nello spazio” (2009)37
Per questo motivo Broglio e gli altri membri dell'Università della CRS, tentarono di
coinvolgere altre aziende aerospaziali, non rappresentati nella CIA e non ancora coinvolti
nei programmi ELDO, formulando un più ampio programma nazionale per la seconda
metà degli anni „60. Insieme con la terza fase del San Marco, questo programma
comprendeva una proposta per finanziare la ricerca industriale, per l'ampliamento della
base di lancio in Kenya e per gli esperimenti di ricerca di base da parte dei vari gruppi
universitari. Tuttavia il piano di spesa presentato da Broglio non venne giudicato realistico
sia per l‟importo richiesto, che per la sua distribuzione, e non venne neppure preso in
considerazione dal Governo. Il supposto contrasto tra programmi nazionali e programmi
europei divenne così un tema ricorrente nel dibattito di quegli anni (e non solo) sulla
politica spaziale.
37
Quarantacinque anni di Italia fra le stelle - Ottava puntata – Finalmente il Tricolore nello spazio
(http://www.storiainrete.com/wp-content/uploads/2010/01/ASI-8.pdf ) (Rea F. , Ottava puntata- Finalmente il Tricolore
nello spazio, 2009)
space_20120723-1026.docx 39 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
1.3.3. San Marco - Fase 3 (1965-1967)
Fatta la scelta del luogo dove installare il poligono, il passo successivo riguardava la
qualifica del poligono stesso tramite il lancio del satellite. Nel frattempo la base di lancio
equatoriale fu completata con l'aggiunta di una nuova piattaforma, denominata San Marco,
installata ad una distanza di circa 600 metri dalla Santa Rita. Questa piattaforma era stata
costruita per poter utilizzare il razzo Scout per lanciare i satelliti, mentre la seconda
piattaforma era utilizzata per attività di controllo e come sede per il personale.
Figura 4 - Piattaforma San Marco (foto dell’autore anno 2002)
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Figura 5 - Piattaforma Santa Rita per il controllo di volo e la telemetria (foto dell’autore anno2002)
Il lanciatore e il satellite furono assemblati e sottoposti alle prove necessarie pre-lancio ed
il 26 aprile 1967, il satellite San Marco 2 fu lanciato con successo in un'orbita ellittica
equatoriale da parte del personale specializzato CRA, assistito da consulenti, LRC, dalla
base Wallops Island, dal GSFC e dai tecnici LTV.
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Figura 6 - Sala Countdown nella Santa Rita (foto dell’autore anno 2002)
Dopo la conclusione della sperimentazione sulla densità dell'aria il 26 giugno 1967, è stato
attivato l'esperimento sulla ionosfera e rimase attivo fino al 15 luglio. Tutti i sistemi a bordo
funzionarono perfettamente. Il 14 ottobre 1967 il satellite rientrò in atmosfera dopo aver
volato per 171 giorni nello spazio, per un totale di 2.680 orbite. Broglio presentò alcuni
risultati preliminari relativi al suo esperimento, in occasione della nona riunione COSPAR
tenutasi a Tokyo nel maggio 1968.
1.3.4. La spirale discendente del progetto San Marco (1970-1988)
Dopo una fase di massimo sviluppo, culminata con il lancio del satellite San Marco 2 dalla
base equatoriale nel 1967, il progetto entrò in un periodo di calma seguito da un
progressivo arresto. Questo fu essenzialmente dovuto ai drastici tagli del bilancio dovuti
all'inizio della crisi economica degli inizi degli anni 1970.
space_20120723-1026.docx 42 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
Ancora una volta Broglio, grazie alle sue capacità manageriali e scientifiche e grazie alle
capacità mostrate dagli italiani di poter gestire interamente un programma spaziale (base
di lancio, razzo e satellite), riesce a concludere un accordo per lanciare satelliti scientifici
americani. Quindi tra la fine del 1970 e il 1975, l'attività del poligono San Marco (chiamato
San Marco Equatorial Range – Smer) diventa molto intensa, con il lancio di numerosi razzi
italiani e di satelliti americani che fecero da cassa di risonanza per esperimenti scientifici.
Vettore Satellite Nazionalità Data
Scout SV 137 San Marco II Italia 26/4/1967
Scout SV 175 SAS-A (Uhuru) USA 12/12/1970
Scout SV 173 San Marco III Italia 28/04/1971
Scout SV 163 SSS-1 USA 15/11/1971
Scout SV 170 SAS-B USA 15/11/1972
Scout SV 190 San Marco IV Italia 18/02/1974
Scout SV 187 UK-5 Gran Bretagna 15/10/1974
Scout SV 194 SAS-C USA 08/05/1975
Scout SV 206 San Marco V (D/L) Italia 25/03/1988
Tabella 1 - Lanci dal poligono equatoriale
Pertanto, a seguito del accordo tra CRA e la NASA, il 12 dicembre 1970, la l‟agenzia
spaziale americana diede al CRA da lanciare il satellite scientifico SAS-1 (Small
Astronomy Satellite). Il satellite,“figlio” del astrofisico italiano Roberto Giacconi famoso per
i suoi studi sulle sorgenti di raggi X, fu ribattezzato "Uhuru", (ovvero "libertà" in lingua
swahili per commemorare l‟Independence Day del Kenya). Per il lancio venne utilizzato un
razzo Scout B dalla piattaforma San Marco, ma l‟importanza che assunse questo lancio fu
soprattutto di carattere politico in quanto, per la prima volta, ci fu un inversione di ruoli tra
l'Europa e gli Stati Uniti.
Successivamente venne lanciato il terzo satellite italiano, il San Marco 3, posto in orbita
equatoriale il 28 aprile 1971. A bordo dei questo satellite c‟era l‟esperimento Broglio (la
famosa bilancia). I dati raccolti, in particolare sulle variazioni diurne della densità
space_20120723-1026.docx 43 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
molecolare e della temperatura dell'aria, dimostrarono che i modelli dell'atmosfera
dell‟epoca dovevano essere rivisti e che non era possibile trascurare fenomeni dinamici,
come i movimenti dell'atmosfera.
Oltre questi risultati scientifici di primo rilievo, il satellite italiano portava, per la prima volta,
anche due esperimenti della NASA. Infatti, oltre a "bilancia Broglio", erano presenti un
esperimento realizzato dalla GSFC, per la misurazione della composizione dell'atmosfera
superiore, ed un altro esperimento, elaborato congiuntamente dalla GSFC e l'Università
del Michigan, per la misurazione della temperatura e della distribuzione delle molecole di
azoto. La combinazione dei dati ottenuti dai vari esperimenti permise misure molto
accurate della temperatura cinetica dell'atmosfera tra 200 e 400 km di altitudine.
Sette mesi dopo, il 15 novembre, fu la volta del satellite l'americano SSS scientifico-1
(Small Scientific Satellite conosciuto anche come S-Cubed A o Explorer 45). La missione
del satellite riguardava i campi elettrici e magnetici fuori dall‟atmosfera terrestre ed
ipotizzati dall‟astrofisico James Van Allen. Il lancio, tramite un razzo Scout, pose il satellite
in un orbita ellittica, con un apogeo a 27000 km.
Nel mentre continuarono anche le sperimentazioni con i razzi sonda e proprio i giorni
successivi al lancio del SSS, vennero effettuati dei lanci dal poligono equatoriale con
alcuni esperimenti scientifici a bordo. Il primo fu un missile Nike-Tomahawk il 16 novembre
1971 e seguirono altri cinque razzi Nike-Apache lanciati il 13, 14, 15, 16 e 22 marzo del
1972.
Il 15 novembre 1972, esattamente un anno dopo il lancio della SSS-1, un secondo satellite
astronomico della NASA, il SAS-2 (Small Astronomical Satellite) fu messo in orbita con
l‟obiettivo di tracciare la prima mappa delle fonti di raggi gamma nel nostra galassia.
Nello stesso periodo avvennero altri lanci di razzi, con esperimenti scientifici realizzati da
ricercatori italiani: un Nike Apache, il 28 novembre 1972 e un Nike Tomahawk il 30 giugno
1973.
Prima di entrare in un forte periodo di stasi, il progetto San Marco continuò lanciando 3
satelliti in due anni: il satellite San Marco 4, lanciato il 18 febbraio 1974 tre anni dopo San
Marco 3, il satellite scientifico inglese UK-5 (anche chiamato Ariel 5), messo in orbita il 15
ottobre 1974 e dedicato allo studio dei raggi X ed in fine il satellite SAS-3 sviluppato da
GSFC lanciato l'8 maggio 1975, dedicato ancora a ulteriori ricerche sulle fonti di raggi X.
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Quindi con questo ultimo lancio, a causa di drammatici problemi di bilancio e a causa del
concomitante finanziamento del progetto SIRIO il progetto ha una brusca frenata.
Ci vollero 5 anni, ma agli inizi degli anni 1980, avvenne una parziale riapertura del
programma San Marco. L‟evento che portò un nuovo interesse fu una eclisse di sole
totale, che nel 1980, fece lanciare sette razzi sonda, che portavano esperimenti per lo
studio dei fenomeni di eclissi. I razzi vennero lanciato dal poligono San Marco in solo due
giorni: un razzo Super Arcas il 15 febbraio, due Nike-Black-Brant, due Astrobee-D e due
Super Arcas nei giorni seguenti.
Grazie all‟'approvazione del Piano Spaziale Nazionale (PSN) venne realizzato il quinto ed
ultimo satellite della serie San Marco. Lo scopo primario del San Marco D / L Spacecraft,
lanciato il 25 marzo 1988 da un razzo Scout (in un'orbita ellittica, perigeo 263 km, apogeo
615 km), era quello di studiare la relazione tra attività solare e fenomeni termosfera-
ionosfera. Il satellite rientrò in atmosfera il 6 dicembre 1988, dopo 255 giorni in orbita e
chiudendo anche l‟attività di lancio del poligono S. Marco.
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CAPITOLO 2. Nascita di VEGA: un progetto europeo con una forte impronta italiana
2.1. Il San Marco Scout
Già da tempo il Prof. Broglio aveva capito che non era possibile fare attività spaziali senza
avere “in casa” il mezzo che poteva superare i limiti dell‟atmosfera. Per questo già dal
1977, l'Università di Roma e gli ingegneri del Progetto San Marco avevano iniziato a
studiare lo sviluppo di una versione migliorata del lanciatore Scout. La versione più
potente dell‟epoca lo Scout F1, che era capace di in mettere in un orbita a 550 km di
altezza circa 200 kg utilizzando la base italiana al largo della costa del Kenya. Lo Scout
nella configurazione di volo F1 disponeva di quattro motori a propellente solido (Algol IIIA,
Castor IIA, Antares IIB e Altair III A), misurava 22 metri di altezza per un peso di circa 21
tonnellate. La versione G1, introdotta nel 1979, ha sostituito il motore Antares II B con un
Antares IIIA permettendo di aumentare la massa del carico utile fino a 220 kg.
Lo Scout è stato il primo razzo multistadio ad avere tutti gli stadi alimentati
da propellente solido. Era un razzo composto da quattro stadi, con una
lunghezza di 25 metri e un diametro di 1,02 metri, capace di lanciare in
orbita un carico da 80 a 210 kg (a seconda della versione).
Il razzo Scout derivò da un progetto dell'United States Air Force che portò
alla costruzione del razzo Blue Scout, di cui vennero costruite diverse
versioni (Blue Scout I, Blue Scout II e Blue Scout Junior). La NASA sviluppò
una propria versione, denominata Scout X-1, che usava i seguenti motori:
1º stadio: Algol, derivato dal missile Polaris
2º stadio: Castor, derivato dal missile Sergeant
3º stadio: Antares, derivato dal razzo Vanguard
4º stadio: Altair, derivato dal razzo Vanguard.
Nascita di VEGA: un progetto europeo
con una forte impronta italiana
2
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Lo Scout X-1 venne ulteriormente perfezionato e furono costruite le seguenti
versioni:
Scout X-2, che nel 1962 introdusse il motore Antares-2
Scout X-3, che nel 1963 introdusse il motore Algol-2
Scout A-1, che nel 1965 introdusse il motore Castor-2
Scout B-1, che nel 1965 introdusse il motore Altair-3
Scout D-1, che nel 1972 introdusse il motore Algol-3
Scout G-1, che nel 1979 introdusse il motore Antares-3-
La Famiglia di lanciatori Scout
Il Progetto San Marco Scout dell'Università degli Studi di Roma consisteva di utilizzare un
un cluster di quattro motori Algol (1,14 m di diametro chiamato booster “Santa Rita”) fissati
al primo stadio originale dello Scout. Il cluster diventava così il primo stadio con il motore
centrale il Algol come secondo stadio; il terzo stadio era ancora un Castor IIA, il quarto
stadio Antares III A e sul quale poteva essere installato un carico utile di quasi 600 kg
pronto per essere messo in orbita a 550 km. Con l'aggiunta del 5 stadio Altair III A, il razzo
poteva far arrivare in orbita geostazionaria un payload di 120 kg.
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Figura 7 - Mock up del razzo San Marco-Scout sulla piattaforma San. Marco ( foto dell’ autore anno 2002)
Anche la società BPD dall'inizio degli anni '80, aveva fatto uno studio interno possibilità
con l‟intento di sviluppare un piccolo vettore utilizzando i motori a propellente solido già
disponibili sul mercato, cioè il booster di Ariane che al periodo era ancora in fase di
sviluppo, e motori del missile Alfa, il cui progetto era stato annullato nel 1977.
Dopo aver studiato varie configurazioni, la BPD dal 1986 si concentrò sul concetto SB7
(Solid Booster 7), un razzo a 4 stadi con propellente solido. Il primo stadio avrebbe dovuto
utilizzare, anche qui, un cluster di quattro booster Ariane 4 con ugelli orientabili, che
circondavano il secondo stadio formato da un altro booster Ariane 4, sormontato dal 3
stadio costituito da un booster Ariane 3.
Il quarto stadio è stato quello derivato dal motore IRIS, inizialmente concepito come uno
stadio superiore per lanciare satelliti italiani dallo Shuttle. Il lanciatore SB7 avrebbe
misurato 23 m di altezza e pesato circa 50 tonnellate, e sarebbe stato in grado di lanciare
un carico utile di 500 kg in orbita a 500 km di altezza dalla piattaforma San Marco.
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Nel 1987, i due progetti sono stati raggruppati, e SNIA-BPD e LTV ha iniziato uno studio
comune di un lanciatore di nome Eagle Scout, in grado di mettere in orbita un carico utile
di circa 520 kg, il doppio della Scout, per un costo pari al 150% del lanciatore americano.
Questo progetto consisteva nell‟aggiornare lo Scout classico con l'aggiunta di due booster
derivati da quello di Ariane 3 con una configurazione interna del propellente modificata per
ottenere una spinta variabile. Questi nuovi propulsori costituivano il primo stadio mentre il
corpo centrale, il motore Algol, diventava il secondo stadio. In questa rivisitazione dello
Scout, il 4° stadio della configurazione G1 fu sostituito dal motore europeo AKM Mage 2.
L‟Eagle Scout, ribattezzato Scout 2 nel 1988, doveva essere utilizzato inizialmente, dal
poligono San Marco, per il lancio del TOPAS progetto italo-tedesco per il lancio di capsule
recuperabili balistiche destinate ad esperimenti di microgravità europea. Nel 1990, il CIPE
(Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) approvò il progetto San
Marco Scout, finanziando l'ammodernamento della piattaforma San Marco e lo sviluppo
del lanciatore Scout 2. Per vari motivi questo programma, che prevedeva un lancio prima
di Carina nel 1992, non è mai stato completato.
space_20120723-1026.docx 49 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
Figura 8 - Foto lancio XSB3 (ESA)
Un unico test di volo è stato realizzato il 19 marzo 1992 da Salto di Quirra, usando il
motore centrale del nuovo lanciatore - un motore PAP Ariane 4 un sistema di
vettorizzazione della spinta basato su un ugello mobile e due booster fittizi, denominato
XSB3
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2.1.1. L’esperienza di XSB338
Questo programma fu molto interessante perché permise di colmare una mancanza di dati
sperimentali e di esperienza diretta. Fu in realtà un programma molto compresso sia in
termini di durata che di finanziamenti, producendo comunque un risultato importante per il
team e per la credibilità del progetto maggiore.
Il programma consisteva nello sviluppare un dimostratore di volo del primo stadio, per il
volo in fase atmosferica, sicuramente la fase più difficile per la variabilità delle condizioni in
cui ci si trova ad operare il motore. Il dimostratore era basato su un booster Ariane 4
dotato di un ugello mobile e di un sistema Thrust Vector Control pneumoidraulico
realizzato dalla ditta Microtecnica.
Il sistema di guida e controllo era ospitato in una ampia sezione nella parte superiore del
vettore, e viste le limitate risorse finanziarie e temporali, si decise di usare dei componenti
di facile reperibilità anche se questi non fossero stati pienamente qualificati per un uso
spaziale. Il sistema era basato su una piattaforma inerziale, che incorporava nella stesso
involucro anche il computer di bordo che eseguiva prevalentemente funzione di controllo
dell’assetto guida ed ovviamente di navigazione. Il sistema era particolarmente semplice in
quanto non erano previsti cambi di configurazione di volo quali le separazioni degli stadi in
quanto esulava dagli obiettivi.
Vista l’esuberanza del motore, concepito per fornire un’alta spinta per brevi periodi, per
limitare l’accelerazione e la gittata si decise di aggiungere una consistente zavorra
ottenuta aggiungendo al centrale due involucri vuoti dello stesso tipo di motore contenenti
a loro volta delle masse metalliche, il tutto fu assemblato con strutture fortemente
sovradimensionate in modo da non creare inutili rischi e da facilitare sia la realizzazione
sia il montaggio.
38
Il contenuto informativo di questa parte deriva da un intervista all’Ing. DANIELE BARBAGALLO sul progetto
XSB3. L’Ing Barbagallo entra nel 1989 BPD (attualmente Avio), con la mansione di specialista in calcolo strutturale e
dinamica delle strutture occupandosi di razzi e missili, propulsione solida meccanismi. Nel 1991 entra a far parte del
team di progetto per l’ENHANCED SCOUT, partecipa al programma, finanziato dall’IMI, del dimostratore tecnologico
XSB3, basato sul booster Ariane4. Nell’ambito del contratto “Industrializzazione San Marco Scout”, assegnato
dall’ASI ad AVIO si occupa di Strutture, separazione degli stadi, carichi di volo Mass Budget. Nel 1996 diviene
responsabile di sistema del vettore Vega, coordinando il gruppo di ingegneria di sistema e sottosistemi. Gestisce e
coordina le attività della società Ucraina Yuzhnoye, partner e sottofornitore di Fiat Avio. Queste attività si concludono
con l’esito positivo della PDR (Preliminary Design Review) di sistema del vettore Vega Kzero L. Dal 2000 è
nell’ambito dell’ IPT (Integrated Project Team) di Vega responsabile del sistema lanciatore prima per conto ASI e per
conto ESA.
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L’aerodinamica fu studiata per avere una forte resistenza per contribuire a mantenere la
traiettoria entro limiti modesti onde permettere una ricaduta sicura in mare. Vi fu anche
una campagna sperimentale in galleria del vento per verificare le predizioni numeriche al
tempo molto meno raffinate. Le attività furono caratterizzate da una notevole
compressione, e dalla ridotta formalità della documentazione. Al contrario ci fu una
notevole attività di test sia a livello meccanico ambientale sia di tipo elettrico/elettronico sia
carattere funzionale. Da notare che furono sviluppati un’importante serie di modelli del
veicolo per simularne il comportamento in volo, questi furono la base per le successive
attività.
Per la preparazione e l’assemblaggio dei tre “motori” fu realizzato uno shelter mobile e fu
usata una gru. L’assemblaggio fu quindi realizzato montando il motore sulla torre di lancio
quando questa era in posizione orizzontale e collegandolo a questa con tre bracci retrattili.
A questo punto la torre veniva ruotata di 90 gradi (con la stessa tecnica che veniva usata
dai lanciatori russi), e posta in posizione di lancio. Il resto dei componenti erano integrati
con la gru a braccio mobile che permetteva sia il ribaltamento sia il posizionamento finale,
ne più ne meno come si integrano i Taurus e molti altri missili di piccole dimensioni.
La finalizzazione dell’assiematura era fatto attraverso le piattaforme dello shelter. Il costo
di tutto l’impianto fu molto contenuto con un risultato molto interessante, e potrebbe essere
riutilizzato anche in futuro per versioni di lanciatori fino ad una taglia di 50-60 tonnellate
senza alcuna modifica, mentre per dimensioni maggiori dovrebbe essere leggermente
modificato per irrobustirlo ed irrigidirlo introducendo una base su cui il lanciatore possa
essere poggiato.
Il volo di prova fu caratterizzato da alcuni malfunzionamenti dovuti allo shock del lancio ed
alle frequenze acustiche all’accensione del motore, dimostrando ancora una volta che i
componenti di un lanciatore sono sottoposti ad ambienti estremi e che questo è uno dei
punti chiave per il successo della missione. È da notare che il sovradimensionamento
delle strutture rese ancora più estremo l’ambiente dinamico peggiorando la situazione.
Il volo si concluse dopo una manciata di secondi con la neutralizzazione del motore e la
sua ricaduta nel poligono. Una triste fine per i sogni e le speranze del gruppo che aveva
partecipato a questa avventura, ma a parte la delusione del momento e la difficoltà di
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replicare nel breve periodo tale esperienza, erano rimaste molte conoscenze e anche
strumenti che furono la base delle attività seguenti.
Figura 9 - Taurus della Orbital
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Dopo il volo del dimostratore ci fu una fase di sbandamento in cui non era ancora matura
la decisione di dove dirigere gli sforzi tecnologici, se andare verso un vettore nuovo che
fosse legato al vecchio Scout solo per la classe del Payload da lanciare, o rimanere
ancorati alla tecnologia di propulsione esistente. In quel periodo vi era un notevole fervore
legato ai programmi commerciali di piccoli Payload in orbita bassa, ed era in atto una
corsa al tipo di lanciatore da utilizzare. Il Conestoga era forse l’esempio più fulgido: un
lanciatore basato su un cluster di 6 motori attorno al corpo centrale, sparandone prima
quattro poi due poi il motore centrale si riusciva a moltiplicare gli stadi basati tutti sullo
stesso tipo di SRM riducendo il costo e avendo una certa sinergia.
Ma di questi lanciatori pochi sono stati di interesse commerciale, delle tre versioni
dell’Athena solo la versione più piccola ha effettuato dei lanci commerciali, il Taurus di
Orbital Science ha beneficiato di un certo effetto di trascinamento del Pegasus, ma la
grave crisi delle costellazioni di telefonia (Globastar ed Iridium), ed al tempo stesso la
mancata miniaturizzazione dei satelliti commerciali dovuta più all’espansione del mercato
che portò a satelliti di dimensioni crescenti, ha reso poco appetibile il mercato dei piccoli
satelliti determinando il mancato successo di questi lanciatori
Figura 10 – Conestoga
http://en.wikipedia.org/wiki/Conestoga_%28rocket%29
Figura 11 – Athena
http://en.wikipedia.org/wiki/Athena_I
space_20120723-1026.docx 54 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
2.2. Il Vega39
2.2.1. Dal San Marco-Scout al Vega
Viste le limitazioni, ma soprattutto la preannunciata sospensione della produzione di
diversi motori, si decise per lo sviluppo di un lanciatore basato su motori completamente
nuovi e su una configurazione con il minimo numero di motori da sviluppare. La soluzione
fu quindi basata su due motori Zefiro (ZEro and FIrst ROcket) per un primo e secondo
stadio, motore con diagramma a doppia spinta e due diversi ugelli di espansione adattata
alla quota di separazione. Inizialmente il diametro era di 1.6 m, ereditato dagli studi
precedenti, ma venne subito allargato a circa 2 m onde permettere un fairing ben
dimensionato per un payload di circa 500 kg, ed una possibile versione potenziata da 800
kg in cui il primo stadio era sostituito da un CASTOR 120 (Thiokol da circa 50 tonnellate).
La parte superiore era basata su un motore a solido da 7 tonnellate basato su un case
Zefiro ridotto nella lunghezza, a completare il lanciatore vi era un modulo basato su piccoli
motori di derivazione satellitare per effettuare il controllo di assetto, rollio e la
circolarizzazione. Furono studiate soluzioni monopropellente, bi propellente e dual mode.
L‟ultima fu selezionata e studiata in collaborazione con una compagnia inglese.
Vennero acquistati una serie di sistemi per la simulazione in real time del razzo, e
sviluppate tutta una serie di interfacce verso i sistemi elettronici di bordo primo fra tutti l‟on-
board computer e la IRS (Inertial Reference System).
Il nome fu VEGA configurazione K0B, fu probabilmente la più logica e solida
configurazione studiata, che pur necessitando lo sviluppo di due motori (di cui uno con due
ugelli differenti) a solido ed un modulo Vernier chiamato in seguito AVUM, permetteva di
limitare lo sviluppo di sistemi propulsivi. Punto aperto di questa configurazione è la limitata
quota di separazione del primo stadio, legata allo sfavorevole rapporto di massa dei primi
2 stadi. Tale soluzione imponeva un accorto dimensionamento dei sistemi di separazione
e probabilmente avrebbe necessitato di un uso di una stabilizzazione aerodinamica
(alette) così come per lo razzo israeliano Shavit ed il Next. Questa scelta tecnica avrebbe
avuto il vantaggio di semplificare il sistema di controllo nel campo atmosferico, limitando la
necessità di deflessione dell‟ugello e la velocità di attuazione del TVC (Thrust Vector
Control), portandolo a valori analoghi a quelli degli stadi superiori.
39
Il contenuto informativo di questa parte è scritto in collaborazione con l’Ing. DANIELE BARBAGALLO – vedi nota
38.
space_20120723-1026.docx 55 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
Uno studio di fattibilità fu condotto da Avio a metà degli anni 90 definendo i requisiti dei
motori, delle strutture, e per l‟avionica di bordo. Il K0L è figlio degli studi precedenti sulla
versione B, ma la mancanza di un finanziamento capace di coprire lo sviluppo di tutti i
motori ed una serie di contatti ed accordi in campo automobilistico aprì la strada alla
possibile fornitura di propulsori fabbricati in Ucraina.
Il motore del terzo stadio poteva essere sostituito dal motore RD 861 dalla Yuzhnoye, e
nel tentativo di ridurre il costo di sviluppo nacque quindi la versione K0L ove lo stadio
superiore da 7 tonnellate era sostituito dal motore ucraino e da un serbatoio di 6 tonnellate
di propellente. Tale versione fu la più studiata e fu portata fino alla PDR effettuata con
successo nel 1997. La performance era però inferiore al requisito, fu quindi aggiunto il
modulo vernier che era stato studiato per la configurazione precedente, motorizzato con il
motore bi propellente della stessa Yuzhnoye con la spinta di 2500 N (RD 866). In tale
configurazione: Zefiro16–Zefiro16-L6-AVUM la prestazione era per un cario utile di 450 kg.
Analogamente alla versione precedente esisteva anche una configurazione maggiorata
con il primo stadio il Castor 120 e carico utile 800 Kg.
2.2.2. Vega e il contratto ESA
Con il passare del tempo si lasciò la strada della collaborazione con i russi e si scelse di
tentare la via dell‟europeizzazione. Il Consiglio dell‟ ESA svoltosi a Bruxelles nel giugno
del 1998 diede il via all‟impresa europea. Cominciarono i contatti italo francesi fino a
fondare la VEGASPAZIO joint venture Avio-Aerospatiale con sede a Colleferro (BPD era
diventata nel frattempo AVIO).
La configurazione d‟interesse doveva essere quella con carico maggiore, il primo stadio
doveva essere sviluppato in Europa, sulla base del segmento del primo stadio del booster
Ariane 5. La configurazione divenne quindi un motore di nuova costruzione chiamato P85.
Questo motore, però, richiedeva delle modifiche: un nuovo dimensionamento delle
protezioni termiche, un nuovo ugello, una nuovo accenditore ed alcuni re-design del
contenitore metallico. Il motore P85 si doveva avvalere di un contenitore metallico
direttamente derivato dal booster Ariane-5 assemblando la cupola anteriore e la cupola
posteriore e due sezioni cilindriche. Avrebbe dovuto utilizzare lo stesso propellente solido
come i booster di Ariane-5. I motori del secondo e terzo stadio doveva essere uno Zefiro
16, Zefiro 7, e l‟AVUM. Rispetto alla configurazione precedente, a parte gli stadi diversi, fu
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cancellata la scelta innovativa effettuata sull‟elettronica, basata su scatole multifunzione su
ogni stadio con funzione di controllo dei TVC, accensione dei motori (PYRO) e schede di
acquisizione per la telemetria. Ovviamente i sistemi di neutralizzazione erano separati e
segregati ed il sistema TVC era ad olio-pneumatico.
Nella prima fase furono quindi ottimizzati gli interstadi ed il Fairing, selezionati i box
elettronici utilizzati su Ariane 5 con l‟obbiettivo di limitare il costo di sviluppo. Arrivati ad
una definizione preliminare, basata sui motori Zefiro e l‟AVUM, e come detto su molti dei
componenti elettronici dell‟Ariane 5, non si raggiunse un accordo con la Francia per
l‟approvazione del programma. Aerospatiale abbandonò VEGASPAZIO lasciando ad AVIO
ed ad ASI l‟onere di portare avanti gli studi e di tentare di far approvare il Programma.
Dopo estenuanti trattative. La decisione finale di avviare le attività di sviluppo fu presa dal
ESA Launchers Programme Board del 27-28 novembre 2000, ed il programma
ufficialmente iniziò il 15 dicembre 2000, quando sette Stati si impegnarono nel suo
finanziamento, sulla base della partecipazione maggioritaria dell‟Italia seguita dalla
Francia e da altri paesi Europei, proprio nel giorno in cui avveniva la qualifica del motore
Zefiro 16 a terra. Diverse configurazioni del lanciatore sono state analizzate nel corso delle
attività di preparazione concluse nel Febbraio 2003, quando il contratto per il suo sviluppo
e la qualificazione è stato firmato tra l'ESA e ELV SpA. Il contratto per lo sviluppo e la
qualificazione del segmento di terra è stato firmato nel 2005 tra l'ESA e Vitrociset.
Il programma (lanciatore) era diviso in due “slice”: lanciatore e motore P80.
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Figura 12- Disegno del motore P80 (ESA Multimedia)
Infatti nel mentre era cambiata la configurazione del lanciatore e da P85 si era passati ad
una nuova dimensione. Questo perché si voleva raggiungere un duplice obiettivo :
sviluppo delle nuove tecnologie per i booster Ariane 5 improved e di conseguenza anche
lo sviluppo del primo stadio di VEGA. La nuova configurazione vide una differente
partecipazione degli Stati membri,e comunque l‟Italia sarebbe rimasta come leader.
Contributi al progetto Vega e sviluppo del P80FW
Belgium 6.9%
France 25.3%
Italy 58.4%
The Netherlands 3.2%
Spain 4.6%
Sweden 0.6%
Switzerland 1.0%
Total 100%
Tabella 2 - contributi nazionali progetto Vega ( informazioni stampa Pre-Lancio )
Ma vi furono anche altri cambiamenti. Il primo fu la variazione della classe del Launch
Vehicle, con un conseguente cambio di obiettivo: arrivare lanciare in orbita circolare Elio
Sincrona 1500 kg di Payload. A parte la progettazione di un nuovo motore di primo stadio,
non più metallico, ma in fibra di carbonio avvolto che sarà poi il più grande motore
monocoque al mondo, il motore di secondo stadio fu allungato fino ad una massa di 23
tonnellate assumendo la denominazione di Zefiro 23.
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Figura 13 - Disegno dello Zefiro 23 (ESA multimedia)
Lo sviluppo continuò ed anche il terzo stadio fu aumentato a più riprese fino ad un massa
di circa 10 tonnellate acquisendo il nome di Zefiro 9.
Figura 14 - Disegno dello Zefiro 9 (ESA Multimedia)
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Il Vega è dotato anche di un 4 stadio basato su un modulo di propulsione liquido (AVUM
Attitude and Vernier Upper Module), che fornisce controllo del rollio e beccheggio,
imbardata, e la spinta assiale durante la fase finale del volo. Essa svolgere le seguenti
funzioni:
- Controllo del rollio;
- Controllo di assetto durante la fase di coasting e la fase orbita;
- Correzione di errore di velocità assiale
- Manovre di rilascio del satellite;
Figura 15 - Disegno AVUM (ESA multimedia)
AVUM trasporta 550 kg di propellente utilizzando Tetraossido di azoto (NTO) come
ossidante e Dimetilidrazina asimmetrica (UDMH) come combustibile del motore principale
in quattro serbatoi ed è propulso da un motore pressurizzato riavviabile accendibile di
produzione ucraina di 2,45 kN (RD-869) di spinta. Inoltre due gruppi di tre propulsori
monopropellenti sono usati per il controllo di rollio e di assetto.Questo stadio ospita i
moduli elettronici dell‟ avionica, che fornisce controllo del volo e la gestione della missione,
il modulo della telemetria, il modulo per l‟alimentazione e la distribuzione; il modulo per
abortire il voloè invece posto sul terzo stadio per raggioni dovute alla distribuzione della
massa.
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1st STAGE 2nd STAGE (CORE) 3rd STAGE
Size 3,00-m diameter x 11,20 - m lenght 1,90-m diameter x 8,39 - m lenght 1,90-m diameter x 4,12 -m lenght
Gross Mass: 95796 kg
25751 kg
10918 kg
Propellant: 88365-kg of HTPB 1912 solid 23906 - kg of HTPB 1912 solid 10115 - kg of HTPB 1912 solid
Subsystems:
Structure Carbon- epoxy filament wound monolithic motor case protected by EPDM
Carbon- epoxy filament wound monolithic motor case protected by EPDM
Carbon- epoxy filament wound monolithic motor case protected by EPDM
Propulsion P80FW Solid Rocket Motor (SRM)
ZEFIRO 23 Solid Rocket Motor
ZEFIRO 9 Solid Rocket Motor
-Thrust 2261 kN - SL 1196 kN - SL 225 kN - SL
- Isp 280 s - Vac
289 s - Vac
295 s - Vac
-Burn Time 106,8 s 71,7 s 109,6 s
Attitude Control Gimbaled 6.5 deg nozzle with electro actuator
Gimbaled 7 deg nozzle with electro actuator
Gimbaled 6 deg nozzle with electro actuator
Avionics Actuators I/O electronics, power Actuators I/O electronics, power
Interstage/equipment bay
0/1 interstage: Structure: cylinder aluminum shell/inner stiffeners Housing: Actuators I/O electronics, power
1/2 interstage: Structure: conical aluminum shell/inner stiffeners Housing:TVC local control equipment; safety/Destruction subsystem
2/3 interstage: Structure: cylinder aluminum shell/inner stiffeners Housing:TVC local control equipment; safety/Destruction subsystem
3/AVUM interstage: Structure: cylinder aluminum shell/inner stiffeners Housing:TVC local control equipment; safety/Destruction subsystem, power distribution, RF and telemetry subsystems
Stage separation Linear Cutting Charge/Retro rocket thrusters
Linear Cutting Charge/Retro rocket thrusters
Clamp-band/springs
Tabella 3 - Performance dei primi tre stadi del VEGA ( Vega User Manual )
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PAYLOAD FAIRING
AVUM UPPER STAGE
Fairing
Size: 2,18-m diameter x 2,04 -m lenght
Diameter: 2.600 m
Dry mass:
418 kg
Length: 7.880 m
Propellant: 367-kg/183-kg of N2O4 / UDMH
Mass: 490 kg
Subsystems:
Structure: Two halves - Sandwich panels CFRP sheets and aluminum honeycomb core
Structure:
Carbon- epoxy filament cylindrical case with 4 aluminum alloy propellant tanks and supporting frame
Acoustic protection: Thick foam sheets covered by fabric
Propulsion
RD-869 - 1 chamber
Separation: Vertical separations by means of leak-proof pyrotechnical expanding tubes and horizontal separation by clamp band
- Thrust
2,45 kN - Vac
- Isp
315,5 s - Vac
PAYLOAD ADAPTER
- Feed System
regulated pressure-fed 87 l (3,72 kg) GHe tank MEOP 310 bar
- Burn Time / restart
Up to 667 s / up to 5 controlled or depletion burn
Off-the-shelf devices: Clampband, ø 937 ( 60 Kg)
Attitude Control
- Pitch, yaw
mani engine 9 deg gimbaled nozzle or four 5O-N GN2 thrusters
DUAL CARRYING STRUCTURE
- roll Two 5O-N GN2 thrusters
- Propellant
GN2; 87l (26 kg) GN2 tank MEOP 6 / 36 bar
Off-the-shelf devices: Under development
Avionics
Inertial 3-axis platform, on-board computer, TM&RF system power
MINI SATELLITE CARRYING STRUCTURE
Off-the-shelf devices: ASAP Plate Type ( TBD kg)
Tabella 4 - performance AVUM e dimensioni Fairings del VEGA ( Vega User Manual )
space_20120723-1026.docx 62 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
L'operazione “Vega” fatta dal‟ ESA mirò a completare l'offerta dei lanciatori Ariane 5 e
Soyuz, coprendo le necessità di lancio per le classi di carico utile (“passeggeri”) da
mettere in orbita denominate “piccola” e “media”, le cui missioni erano progettate per le
orbite basse eliosincrone, orbite ellittiche ed orbite equatoriali.
Figura 16 - Prestazioni del Razzo VEGA per lanci in orbite circolari ( Vega User Manual )
Come accennato in precedenza Vega è stato sviluppato all'interno di un programma
dell'Agenzia Spaziale Europea con il supporto del Belgio, Paesi Bassi, Spagna, Svezia,
Svizzera e Francia, dove il ruolo del prime contractor è stato ricoperto dall‟Italia con la
Società italiana ELV SpA. In definitiva oggi il progetto Vega ha portato degli sviluppi
interessanti soprattutto riguardo i TVC (Thrust Vector Control) elettromeccanici in
sostituzione di quelli pneumo-idraulici. Inoltre i martinetti del P80 allo stato attuale sono i
più potenti posti in produzione. Gli sviluppi rilevanti sono riportati nella tabella sottostante
con i paesi produttori.
Il lancio di Vega è avvenuto con successo il 13 febbraio 2012 alle 11.00 ora italiana, dalla
base di Kuorou in Guyana Francese, mettendo in orbita il carico utile costituito dai satelliti
Lares, ALMASat-1 e i sette CubeSats.
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Motore P80FW
APP (Netherlands) Igniter
Avio (Italy) Stage integration and test, loaded motor case
Europropulsion (France/Italy) P80FW motor
Regulus (France/Italy) Propellant loading
Sabca (Belgium) Thrust vector control and stage skirt
SPS (France) Nozzle
Motori ZEFIRO
APP (Netherlands) Igniters
Avio (Italy) Stages production, integration and test
Dutch Space (Netherlands) Interstage 1/2
Rheinmetall Italia (Italy) Interstage 2/3
Sabca (Belgium) Thrust vector control
Motore AVUM
Avio (Italy) AVUM integration and test
Moog/Sabca Thrust vector control
EADS Astrium CRISA (Spain) AVUM avionics multifunctional unit
EADS Astrium Space Propulsion (Germany) Roll attitude control system
EADS Astrium ST (France) Flight software
EADS CASA (Spain) AVUM structure and skirt, payload adapter
KB Yuzhnoye (Ukraine) RD-869 engine and propulsion system
Ruag Space (Switzerland) Fairing
SAAB (Sweden) Onboard computer
SAFT (France) AVUM batteries
Selex Galileo (Italy) AVUM safety avionic unit
Thales (France) AVUM avionics, inertial reference system
Zodiac Data Systems (France) AVUM telemetry avionics unit Tabella 5 – Il VEGA e i produttori dei singoli moduli
Figura 17 - Divisione percentuale del progetto Vega
6,90%
25,30%
58,40%
3,20% 4,60%
0,60% 1,00%
Belgium
France
Italy
The Netherlands
Spain
Sweden
Switzerland
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Figura 18 - Vega sulla rampa di lancio (foto del febbraio 2012 – Ing. Barbagallo)
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CAPITOLO 3. L’Europa e gli Stati Uniti: l’accesso allo spazio
Il programma spaziale San Marco e' sovente citato per i molteplici traguardi scientifici e
tecnologici raggiunti. Sono fuori discussione le capacità tecnico scientifiche che il gruppo
del Prof. Broglio ed i suoi ingegneri hanno raggiunto, operando l‟intero sistema, inteso
come poligono, razzo e satellite.
Un altro aspetto che ritengo debba essere messo in risalto riguarda la prontezza
operativa dell‟intero sistema. Se si analizza l‟impresa dal punto di vista non solo
tecnologico, ma anche dal punto di vista organizzativo-manageriale, l‟impresa appare
ancora più straordinaria di quanto non possa già sembrare.
Sin dagli albori si è avuta una forte dialettica tra sistemi nazionali (di cui Broglio era il
fautore con il Progetto S. Marco) e sistemi realizzati in cooperazione tra le varie nazioni
tramite i progetti ESRO ed ELDO, dialettica che ha di fatto portato alla realizzazione del
sistema di lancio europeo con la base in Guyana Francese e i razzi della famiglia Ariane.
Il boom dei servizi spaziali ed il forte sviluppo delle varie tecnologie elettroniche, dei
materiali hanno portato alla realizzazione di sistemi sempre più grandi, pesanti e
complessi, in parte per compensare la domanda di maggiori servizi, ed in parte secondo il
paradigma per cui i costi di lancio vengono meglio ammortizzati quanto più è grande il
sistema da mettere in orbita. In questa analisi un sistema come il San Marco, basato su un
piccolo lanciatore, ha incontrato problemi di sviluppo in relazione al mercato che si andava
delineando.
Un altro fattore però, è intervenuto a modificare la situazione del mercato dei lanciatori.
Dopo il dissolvimento del blocco sovietico si è venuta a creare un abbondante disponibilità
di sistemi legati alla tecnologia missilistica in uso per i lanci intercontinentali durante la
guerra fredda, sia da parte della Russia che da parte degli Stati Uniti. La capacità di lancio
di questi sistemi non permetteva, così come configurati, lanci in orbita (o in volo sub-
orbitale) di payload “pesanti“, in quanto l‟obiettivo con cui erano stati progettati era quello
L’Europa e gli Stati Uniti:
l’accesso allo spazio 3
space_20120723-1026.docx 66 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
di far ricadere sulla terra il loro “carico pagante”; pertanto questi tipi lanciatori, se non
adeguatamente modificati, non avrebbero trovato un adeguato mercato.
Dopo gli anni 2000 c‟è stata, da parte degli americani, una rivisitazione dei requisiti dei
sistemi spaziali per quanto riguarda la prontezza con cui questi sistemi possono essere
messi in operazione. Questo ha portato ad un “de-scaling” dei sistemi, una semplificazione
dei requisiti tecnici ed un nuova necessità di lancio in tempi decisamente ridotti rispetto
agli attuali sistemi di lancio.
Nel prosieguo verrà fatto un punto di situazione della posizione europea riguardo i sistemi
spaziali in genere, per capire se esiste uno spazio per le attività nazionali all‟interno di una
strategia comune europea. A seguire si analizzerà il punto di vista statunitense sulla
necessità di prontezza nel dispiegare i sistemi spaziali e quanto questo tipo di sistemi
possano essere simili per dimensioni, effort e operatività a quello che era il Progetto San
Marco.
3.1. Attività UE ed ESA
Nell‟ultimo decennio, l‟Unione europea (UE) e l‟Agenzia spaziale europea (ESA)40 hanno
ottenuto importanti risultati in materia spaziale che hanno permesso all‟Europa di
accrescere le proprie competenze tecnico-scientifiche rafforzandone la propria posizione
strategica nel panorama globale riguardo l‟indipendenza tecnologica.
Il principale motivo dell‟impegno crescente dei principali attori spaziali europei è dovuto al
riconoscimento del contributo strategico delle tecnologie spaziali per il miglioramento del
benessere dei cittadini europei. La sicurezza, la difesa, l‟agricoltura e la pesca, lo sviluppo
e la cooperazione con i paesi in via di sviluppo, i cambiamenti climatici e l‟ambiente, i
trasporti e l‟energia sono solo alcuni dei campi di applicazione su cui ci sono le ricadute
dovute alle ricerche e agli sviluppi tecnologici maturati nell‟ambito delle attività spaziale.
Facendo alcuni esempi, possiamo citare: le telecomunicazioni satellitari che hanno
sostituito i collegamenti via cavo per collegare grandi distanze dimezzando, di fatto, i tempi
di realizzazione delle infrastrutture per le telecomunicazione (si provi a pensare quanto
40
L’ESA ha 19 stati membri, tra i quali la Norvegia e Svizzera che non sono membri dell’UE. Gli altri paesi aderenti all’ESA sono:
Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Romania, Regno Unito, Repubblica Ceca, Spagna, Svezia. Inoltre, Polonia ed Ungheria sono “stati europei di cooperazione” ed il Canada partecipa ad alcune attività dell’ESA in base ad un accordo di cooperazione.
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poteva costare in termini temporali la stesura dei cavi intercontinentali sottomarini per i
collegamenti tra il continente europeo e quello americano). Per non parlare della vasta
espansione della televisione via satellite divenuta ormai un servizio quasi irrinunciabile.
Ultima, ma solo come maturazione tecnologica, è la "banda larga" di cui tanto si parla
ultimamente. Anche questa, per buona parte, potrà essere veicolata via satellite con
l‟introduzione dei satelliti ad altissima frequenza in EHF (30-40 GHz)
Anche il campo della navigazione terrestre, marina o aerea ha subito un profondo
mutamento, rivoluzionata dall‟avvento del GPS (Global Position System) al punto tale che
un ricevitore di segnali, provenienti da alcuni satelliti che orbitano sopra il nostro capo, è
divenuto uno strumento di massa, associato a software che da quei segnali riesce a
ricavare la nostra posizione sul globo terrestre, calcolando la rotta e la futura posizione dei
nostri spostamenti.
Da queste applicazioni satellitari anche la sicurezza ha avuto un forte impulso: vista la
precisione con cui i segnali GPS possono localizzare gli oggetti, alcune organizzazioni
come le compagnie assicurative hanno pensato di collegare ad oggetti di valore (come ad
esempio le auto) dei sistemi di sicurezza collegati ai segnali GPS al fine di mantere in
costante contatto il bene da proteggere con una centrale operativa.
Terminando con i servizi fondamentali via satellite, non può non avere un posto di rilievo il
Telerilevamento satellitare. Questo servizio, ad oggi ancora non sfruttato al meglio, ha
dato un forte impulso non solo alle attività di intelligence, ma anche ai servizi civili sul
territorio come le rilevazioni catastali e controllo sull‟abusivismo edilizio sul territorio.
Sebbene ci siano state nel XX secolo notevoli attività svolte dall‟ Agenzia Spaziale
europea e dalle Agenzie Spaziali Nazionali, nel 2000 si sono gettate le basi per una
strategia comune Europea, tramite un documento congiuntamente elaborato dalla
Commissione europea (CE) e dall‟ESA nel 200041 , che traccia la strada affinché la politica
spaziale in Europa entri in una nuova fase, dove "lo Spazio" non sia più visto come una
attività esclusiva e separata, ma dove diventi un aspetto integrato degli sforzi globali dei
paesi e delle istituzioni dell'Unione Europea.
41
Joint EC/ESA Document on a European Strategy for Space, Annex II to the Report “Towards A Space Agency for the European Union” Novembre 2000, http://esamultimedia.esa.int/docs/wisemen_report.pdf.
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Parallelamente alla parte politica, è stata data vita ad un Accordo Quadro di cooperazione
tra l‟UE e l‟ESA (Framework Agreement- 2004) con due obiettivi principali:
Il primo è lo sviluppo coerente e progressivo di una politica spaziale europea
globale, specificamente finalizzata a raccordare la domanda di servizi e applicazioni
che utilizzano sistemi spaziali a sostegno delle politiche dell'Unione europea con
l'offerta, attraverso sistemi spaziali e le infrastrutture dell‟ ESA
secondo obiettivo è stabilire una base comune e appropriate modalità per una
cooperazione efficace e reciprocamente vantaggiosa tra l'ESA e la Comunità
europea, nel pieno rispetto del quadro istituzionale e operativo di ciascuna
istituzione, per facilitare la creazione di iniziative congiunte e di fornire un quadro
stabile tra CE-ESA
In tale ambito è stato costituito Il Consiglio dello Spazio (Space Council) al fine di
coordinare e facilitare le attività di cooperazione tra la Comunità Europea e l'ESA sancite
proprio nell‟accordo quadro. Fino ad oggi si sono tenuti sette Space Councils42 con
l'obiettivo di discutere ed adottare orientamenti congiunti e priorità riguardanti lo spazio.
Il primo Space Council (novembre 2004) ha ribadito la necessità di dare allo Spazio un
ruolo strategico nella politica europea.
“…è indispensabile utilizzare le risorse disponibili in modo
efficiente ed efficace in modo che l'offerta di servizi spaziali e
infrastrutture possa soddisfare la richiesta da parte degli utenti, così
come le politiche dell'Unione europea e le politiche degli Stati
membri per il benessere di tutti i cittadini europei. I ministri hanno
inoltre convenuto che la natura unica del settore spaziale richiede lo
sviluppo di un'adeguata politica industriale e le attenzioni delle
autorità pubbliche”.
1st Space Council (2004)43
42
Lo “Space Council” (Consiglio Spazio) è uno strumento di coordinamento che riunisce il Consiglio Competitività
dell’UE e il Consiglio ministeriale dell’ESA. 43
, http://www.esa.int/esaCP/SEMGQZWJD1E_index_0.html . (Vari, First ever Space Council paves the way for a
European space programme, 2004)
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Il secondo (giugno 2005) ha definito i ruoli e le responsabilità dell'UE, dell‟ESA e degli stati
membri.
“L'obiettivo della strategia spaziale europea è quello di
sviluppare sistemi spaziali sempre più avanzati, secondo le
esigenze degli utenti. Tutti i benefici derivanti dai servizi
associati dovranno essere condivisi da tutti. L'UE dovrà
identificare le esigenze degli utenti e costruire una volontà
politica intorno a queste. ESA ed i suoi Stati membri e cooperanti
svilupperanno le future tecnologie e i sistemi spaziali,
perseguendo l‟eccellenza nelle ricerca scientifica basata sullo
Spazio.”
2nd Space Council 44
Ma chi sono "gli utenti" ? . l‟Agenzia Spaziale Europea, da quando è stata fondata, ha
pensato, creato e gestito programmi di alta levatura scientifico-tecnologica ma, con
l‟interesse dell‟Unione Europea per lo Spazio, l‟ago della bilancia inizia a spostarsi
decisamente sulle applicazioni che possono avere un interesse di massa o, se non proprio
di massa, i cui risultati possono essere utili non solo alla comunità spaziale, ma anche
all‟intera società civile. Per questo "gli utenti" sono gli stessi Stati Membri dell‟Unione
Europea, al fine di rappresentare quelle che possono essere le esigenze di massa.
Per queste ragioni temi come l‟ambiente, la sicurezza e la navigazione generano interessi
transnazionali. Da qui nascono il programma per l‟ambiente GMES (Global Monitoring for
Enviromental and Security) e quello per la navigazione Galileo alternativo al Sistema
Statunitense GPS o russo GLONASS.
GMES nasce come un'iniziativa guidata dall'UE mentre il coordinamento e la gestione del
programma avviene per tramite dalla Commissione Europea. Il Programma ha l‟ambizione
di fornire servizi dedicati ad un monitoraggio continuo e sistematico di sei aree tematiche:
quattro con valenza ambientale (mare, terra, atmosfera e cambiamento climatico) e due
ulteriori servizi per affrontare interventi di emergenza (ad esempio inondazioni, incendi,
44
http://www.esa.int/esaCP/SEMJ0Z0DU8E_index_0.html (Vari, Further steps towards a European space policy (2nd
Space Council), 2005)
space_20120723-1026.docx 70 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
incidenti tecnologici, aiuti umanitari) e aspetti legati alla sicurezza (ad esempio la
sorveglianza marittima, il controllo delle frontiere) .
In pratica, GMES consiste in un insieme complesso di sistemi che raccoglie i dati
provenienti da fonti diverse (satelliti di osservazione della terra e sensori posti sul globo
terrestre come stazioni di terra, aerei e sensori marittimi). GMES elabora questi dati e
fornisce agli utenti informazioni aggiornate ed affidabili. Alcuni di questi sistemi e fonti di
dati esistono già oggi, così come i servizi di prototipo, ma è ancora necessario sviluppare
altri sensori.
GMES è quindi l‟ esempio di integrazione tra l‟Unione Europea e l‟Agenzia Spaziale
Europea, proprio perché gli sviluppi relativi alle infrastrutture di osservazione della terra
per la componente spaziale (le missioni denominate “Sentinel” – le Sentinelle nello
Spazio) verranno perseguiti sotto l'egida dell'Agenzia.
Analogamente a GMES, il programma Galileo fu avviato ufficialmente il 26 maggio 2003
con un accordo tra l'Unione Europea e l'Agenzia Spaziale Europea (ESA). Galileo, come
accennato, è un sistema per la geolocalizzazione e la navigazione sul globo terrestre
basato su un segmento spaziale di trenta satelliti (la cui messa in orbita è iniziata nel
2011) e un segmento di infrastrutture di terra.
La principale differenza con il sistema sviluppato dal Dipartimento della Difesa degli Stati
Uniti d'America (che si riserva il diritto di ridurre la copertura del segnale del GPS, o la sua
accuratezza o sospendere del tutto il servizio in qualunque momento), consiste nel fatto
che Galileo è rivolto principalmente al settore civile-commerciale mondiale. Il sistema
europeo sarà sempre disponibile, sia ai civili che ai militari, e con la massima accuratezza.
Galileo nasce per essere un sistema di navigazione e, come tale, ha molteplici
applicazioni nei campi aeronautico, marittimo e terrestre. Un esempio di aiuto alla
navigazione aerea è rappresentato dal GNSS (Global Navigation Satellite System),
sistema che tramite l‟utilizzo dei satelliti (e della precisione di localizzazione che possono
raggiungere) aumenterà l‟automazione delle manovre critiche di atterraggio e decollo nei
luoghi con condizioni atmosferiche di bassa visibilità, portando ad una progressiva
riduzione degli aiuti della navigazione terrestri.
In campo marittimo il sistema AIS (Automated Identification System), il quale identifica le
navi, la posizione e la rotta, integrando le informazioni provenienti dai radar costieri,
space_20120723-1026.docx 71 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
utilizza varie costellazioni di satelliti per ricavare la geolocalizzazione della nave ed
aumentare così la sicurezza della navigazione, evitando le collisioni. Infine le applicazioni
di natura terrestre sono sicuramente quelle più conosciute e commerciali, ma la più
interessante riguarda gli Advanced Driver Assistence Systems, sistemi ad alta
automazione integrati in autoveicoli per permettere il controllo anti-collisione, aumentare la
visibilità e consentire manovre automatizzate a basse velocità.
In tale contesto il Consiglio per lo Spazio, nella terza riunione (novembre 2005) ha
affrontato proprio lo sviluppo di GMES, e del programma Galileo.
“Il Consiglio spaziale europeo ha confermato GMES come
successivo Flagship Program per lo spazio. Con lo sviluppo della
componente spaziale del GMES, l'ESA e L'industria europea
ancora una volta mettono le loro competenze e le capacità
lavorative per contribuire alla realizzazione di programmi
europei e nazionali in campo ambientale e di sicurezza.
Nel quadro di una stretta collaborazione tra la Commissione e
l'ESA, l'Europa presto avrà delle 'Sentinelle nello spazio' in
grado di migliorare ulteriormente la sicurezza e il benessere di
tutti i cittadini in Europa e nel mondo. "
3rd
Space Council45
In ambito GMES vengono definite 5 tipologie di satelliti denominate “ Sentinelle” (Sentinel).
Il Sentinel-1 è una missione in orbita polare (ovvero ogni orbita passa in corrispondenza
dei due poli) con a bordo un Radar ad Apertura Sintetica (SAR) in banda C. La sua
missione consiste nel creare immagini radar per fornire, sia di giorno che di notte,
immagini per i servizi di GMES. La peculiarità di queste immagini è che essendo ricavate
da onde elettromagnetiche trasmesse dal radar e riflesse dalla superficie terrestre, non
hanno bisogno della presenza della luce del sole per essere "leggibili", come invece è
necessario ad un sensore ottico come un telescopio (ovvero il SAR è in grado di produrre
immagini sintetiche, che offrono la sintesi di ciò che viene inquadrato dal sensore radar).
45
, http://www.esa.int/esaCP/SEMBARULWFE_index_0.html (vari, Global Monitoring for Environment and Security is main
issue for Third Space Council , 2005)
space_20120723-1026.docx 72 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
Il lancio del primo satellite Sentinel-1 è previsto per il 2013 e sarà seguito dal secondo
satellite pochi anni dopo.
Tramite la missione del Sentinel-1, il sistema GMES potrà beneficiare di numerose
informazioni a vantaggio di servizi per:
il monitoraggio e la mappatura del ghiaccio marino nelle zone artiche;
la sorveglianza dell'ambiente marino, compreso il monitoraggio dell‟inquinamento
dovuto ai rilasci di olii e combustibili in mare;
il monitoraggio della superficie terrestre, per la mappatura del territorio e delle
foreste, delle acque.
Il secondo tipo di satellite della famiglia, il Sentinel-2 porterà in orbita un payload ottico,
uno nella banda degli infrarossi , e un sensore con 13 bande spettrali. Il satellite orbiterà
ad una quota media di circa 800 km, ed il primo satellite è previsto per il 2013. I servizi
che beneficeranno dei dati provenienti dal Sentinel-2 riguardano la gestione del territorio, il
settore agricolo e forestale, nonché il controllo delle calamità e operazioni di soccorso
umanitario. La qualità delle immagini è differente (per certi versi "migliore" da quelle
provenienti dal SAR) ma ha lo svantaggio di necessitare della presenza del sole durante la
ripresa ed inoltre non deve essere presente una copertura nuvolosa sulla zona di
interesse.
La missione Sentinel-3 sarà dedicata all‟oceanografia e al monitoraggio della vegetazione
terrestre, con l‟obiettivo di misurare la temperatura della superficie del mare e degli oceani
per il monitoraggio dell'ambiente e del clima. Il Satellite sarà equipaggiato con due
payload ottici (uno per il monitoraggio del colore degli oceani e uno per la misurazione
della temperatura della superficie marina), oltre a un altimetro oceanografico ad alta
precisione. Questi strumenti rileveranno, con accuratezza e affidabilità uniche, parametri
quali: topografia della superficie marina, temperatura della superficie marina e terrestre,
colore degli oceani e delle terre emerse.
Anche per questo satellite il lancio è previsto per il 2013.
La famiglia di Sentinel 3 fornirà al sistema GMES dati cruciali per gli studi e supporto alle
decisioni in settori quali i cambiamenti climatici, le politiche ambientali, la protezione civile
europea, l‟aiuto allo sviluppo e l‟aiuto umanitario.
space_20120723-1026.docx 73 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
Infine i satelliti Sentinel-4 e Sentinel 5 sono dedicati al monitoraggio della composizione
dell'atmosfera per i servizi meteorologici di GMES. Entrambe le missioni saranno svolte su
satelliti meteorologici gestiti da Eumetsat.
La missione Sentinel-4 è composta da una serie di strumenti che verranno imbarcati sul
Meteosat Third Generation, il satellite geostazionario MTG-Sounder (MTG-S). Quando il
MTG-S sara' in orbita, la missione Sentinel-4 usufruirà anche dei dati provenienti dalla
strumentazione di un secondo satellite il MTG-Imager (MTG-I)
Allo stato attuale il lancio del satellite MTG-S è previsto nel 2019, mentre per il satellite
MTG-I il lancio è previsto nel 2017.
La quinta missione sentinel, il Sentinel-5, si prevede imbarchi strumentazione di
osservazione nella banda di frequenze dell‟infrarosso ed ultravioletto, su di un satellite
della classe MetOp di seconda generazione. Il primo satellite MetOp Second Generation
verrà posto in orbita polare intorno al 2020. Al fine di evitare soluzioni di continuità per il
servizio di osservazione ed imaging, già svolto dal satellite dell‟ESA Envisat tramite un
accordo tra l‟ESA e l‟Olanda, è previsto il lancio di una missione Sentinel-5 Precursor.
Le missioni Sentinel-4 e Sentinel-5 forniranno informazioni per i servizi di controllo della
qualità dell'aria, l'ozono stratosferico, la radiazione solare, e il monitoraggio del clima.
Il quarto Space Council (marzo 2007) è stato caratterizzato dal documento che ha
delineato la Politica Spaziale Europea, descritta in una Comunicazione della CE in cui si
stabiliscono le priorità strategiche spaziali europee, i fondamenti, i settori spaziali da
sviluppare e la gestione delle attività.
“La politica spaziale europea mira a promuovere un migliore
coordinamento delle attività spaziali tra l'UE, l'ESA ei loro
rispettivi Stati membri, per massimizzare il valore dei
finanziamenti ed evitare insostenibili duplicazioni, in modo da
soddisfare le comuni esigenze europee.”
space_20120723-1026.docx 74 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
“La nuova politica prevede garantire il finanziamento sostenibile
per le applicazioni spaziali, in particolare il flagship programme
per Osservazione e per l'ambiente e la sicurezza (GMES).
Si riconosce che lo spazio è un settore con alto valore aggiunto,
un driver per la crescita, l'innovazione e l'occupazione e una
preziosa opportunità per l'industria europea"
4th Space Council46
Va inoltre sottolineato l‟impulso che viene dato alle collaborazioni civili-militari
salvaguardando in ogni caso le prerogative dei due utenti e le fonti di finanziamento, ma
riconoscendo una necessità di sinergie con gli organi di sicurezza europei come l‟EDA
(European Defence Agency).
Il passo fondamentale, quindi, si è avuto nel 2007 dichiarando l‟attività spaziale elemento
strategico per l‟Europa, asserzione forte, tramite la quale si vuole affermare il ruolo di
leadership globale che l‟Europa vuole conquistarsi:
“I sistemi spaziali sono attività strategiche che mostrano quando
un soggetto è indipendente e pronto ad assumere le proprie
responsabilità globali. Inizialmente pensati per la Difesa o per
progetti scientifici, essi ora mettono a disposizione anche
infrastrutture commerciali da cui dipendono importanti settori
dell‟economia e che si fanno sentire nella vita quotidiana dei
cittadini. Il settore spaziale è però caratterizzato da elevati rischi
tecnologici e finanziari e necessita di decisioni d'investimento
strategiche. L‟Europa ha bisogno di una politica spaziale
efficace per poter esercitare la propria leadership globale in
alcuni settori, conformemente agli interessi e ai valori europei. “
Politica Spaziale Europea COM(2007) 21247.
46
http://www.esa.int/esaCP/SEM4UU8RR1F_index_0.html (Vari, Europe’s Space Policy becomes a reality today (4th
Space Council), 2007) e il documento, http://esamultimedia.esa.int/docs/BR/ESA_BR_269_22-05-07.pdf 47
Comunicazione della Commissione al Consiglio ed al Parlamento europeo, Bruxelles, COM(2007) 212
space_20120723-1026.docx 75 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
Il mandato strategico della politica spaziale europea così come riportato sulla
comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento Europeo, pertanto si basa
sullo sfruttamento “pacifico” (ovvero con infrastrutture spaziali prive di armi a bordo) dello
spazio extratmosferico, da parte di tutti i paesi, cercando di:
- sviluppare e sfruttare le applicazioni spaziali utili agli obiettivi
della politica europea e alle necessità delle imprese e dei cittadini
europei, anche nei campi dell‟ambiente, dello sviluppo e del
cambiamento climatico globale;
- soddisfare le esigenze europee in materia di sicurezza e di difesa
per quanto riguarda lo spazio;
- favorire un‟industria spaziale forte e competitiva in grado di
promuovere l‟innovazione, la crescita, lo sviluppo e la disponibilità
di servizi sostenibili, di alta qualità e dal favorevole rapporto
costi/benefici;
- contribuire alla società basata sulla conoscenza investendo
fortemente nelle scienze spaziali e partecipando in prima fila agli
sforzi internazionali di esplorazione;
- garantire un accesso illimitato alle tecnologie, ai sistemi e alle
capacità innovative e strategiche, al fine di ottenere applicazioni
spaziali indipendenti di marca europea.
Politica spaziale europea COM(2007)
Il quinto Space Council (settembre 2008) ha adottato la risoluzione “Taking forward the
European Space Policy”, in cui si ribadisce che lo spazio costituisce un valore aggiunto
per l‟Europa. Questo documento di supporto alla Politica spaziale europea ha definito
nuove aree di priorità, come la sicurezza, i cambiamenti climatici, il contributo alla
Strategia di Lisbona. 48
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2007:0212:FIN:IT:PDF (Vari, Politica spaziale Europea,
2007) 48
Council Resolution, Taking forward the European Space Policy, European Council, 29 settembre 2008,
http://register.consilium.europa.eu/pdf/it/08/st13/st13569.it08.pdf. (Vari, Portare avanti la politica spaziale europea,
2008)
space_20120723-1026.docx 76 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
Il Consiglio Spaziale ha riconosciuto il contributo sostanziale
dello spazio, sia come dominio high-tech per la Ricerca e
Sviluppo (R&S) che attraverso lo sfruttamento economico dei
suoi risultati, per il raggiungimento degli Obiettivi di Lisbona e
delle ambizioni dell‟Europa ed il soddisfacimento delle
aspettative dei suoi cittadini in campo economico, educativo,
sociale ed ambientale. Sarà promosso e accelerato lo sviluppo
dei servizi che si possono integrare senza problemi negli attuali
servizi di navigazione, osservazione e comunicazione satellitare,
mettendoli a fattor comune con le reti terrestri.
5th Space Council49
Il sesto (giugno 2009) ed il settimo (novembre 2010) Space Council si sono invece
concentrati, rispettivamente, sul contributo all‟innovazione, alla competitività ed alla
crescita economica dello spazio, e sul possibile ruolo dell‟UE nell‟esplorazione umana e
robotica nello spazio, nel quadro di una cooperazione internazionale.
I Ministri (presenti al 6° Consiglio per lo Spazio) hanno chiesto
di intervenire per attivare i meccanismi esistenti di sostegno
all'innovazione, per garantire la fertilizzazione incrociata del
rinnovamento delle idee in campo spaziale e nei settori non
spaziali, e tra l'industria dello spazio e le principali
organizzazioni di ricerca e università. Ciò a seguito delle
conclusioni del Consiglio europeo del 11-12 dicembre 2008 a
sostegno del piano europeo di ripresa economica e del suo
appello per il lancio di un piano europeo per l'innovazione che
dovrebbe includere anche le tecnologie spaziali ed i servizi che
ne derivano, tra le principali tecnologie del futuro. Il Consiglio
ha esplicitamente messo in evidenza il potenziale delle tecnologie
di comunicazione satellitare per portare la banda larga 49
http://www.esa.int/esaCP/SEMW506EJLF_index_0.html (Vari, Ministers meet to take
forward the European Space Policy (5th Space Council), 2008)
space_20120723-1026.docx 77 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
ai_cittadini europei e alle imprese, garantendo un migliore
accesso alle moderne tecnologie dell'informazione e della
comunicazione, in particolare nelle zone rurali e remote,
invitando la Commissione, ESA, e l'UE e degli Stati membri
dell'ESA a considerare l'integrazione delle tecnologie satellitari
in futuri progetti di banda larga.
6th
Space Council (2009) 50
Il Consiglio Spaziale è la riunione congiunta e concomitante del
Consiglio dell'Unione europea e del Consiglio dell'ESA a livello
ministeriale. Il settimo Consiglio Spaziale si è svolto il 25
novembre a Bruxelles, sotto la co-presidenza di Belgio (UE) e
Italia (ESA). Questo è stato il primo Consiglio dopo l'entrata in
vigore del trattato di Lisbona del 1° dicembre 2009.
L'introduzione di una specifica competenza nello spazio della UE
è positivo per l'Europa e l'ESA. L‟ESA si concentrerà sulla
ricerca e sviluppo di sistemi spaziali e nelle loro applicazioni,
mentre l'UE riporterà un quadro chiaro del modo in cui lo spazio
possa servire meglio i cittadini europei e le politiche europee e
fornirà ulteriori risorse finanziarie per la realizzazione dei
programmi spaziali che implementano queste politiche. …
(omissis) Il Ministro Pizza ha toccato l‟argomento di una più
ampia cooperazione internazionale e ha annunciato che sulla
scia di due precedenti conferenze spaziali ESA-UE
sull‟esplorazione, tenutesi a Praga nel mese di ottobre 2009 e
Bruxelles nel mese di ottobre 2010, la prima piattaforma di alto
livello internazionale in materia di esplorazione dello spazio sarà
50
http://www.esa.int/SPECIALS/About_ESA/SEMA1O1OWUF_0.html (Vari, Space contributing to leading economic recovery
through innovation (6th Space Council), 2009)
space_20120723-1026.docx 78 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
ospitata in Italia il prossimo anno: "La nostra intenzione è quella
di lavorare verso una comune visione a lungo termine, europea,
in sinergia con i partner internazionali ... siamo lieti di ospitare
questa prima conferenza internazionale sull'esplorazione."
7th
Space Council (2010) 51
Con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona nel dicembre 2009, lo spazio è divenuto
competenza specifica dell'UE (artt. 4.3 e 189 del Trattato sul Funzionamento dell‟Unione
Europea, TFUE)52. Il settimo consiglio spaziale ribadisce la necessità delle sinergie tra i
vari attori istituzionali enfatizzando il principio di competenza condivisa in materia di spazio
così come stabilita dal Trattato di Lisbona tra la UE, il Consiglio Europeo ed il Parlamento,
nel quadro di una relazione consolidata comunemente denominata “triangolo istituzionale”,
e tra l‟Unione e l‟ESA ed i rispettivi stati membri che dovranno creare nuovi meccanismi di
coordinamento e governance per la collaborazione in programmi ed attività.
L‟Europa, così come stabilito nel 2008 (Vari, Portare avanti la politica spaziale europea,
2008)53 ha due priorità in base ai programmi in essere, ovvero: il completamento dei
programmi Galileo e GMES; ed il mantenimento e lo sviluppo di un accesso europeo allo
spazio “indipendente, affidabile e vantaggioso” (independent, reliable, cost-effective).
La capacità di raggiungere lo spazio in modo economicamente sostenibile, è la condizione
necessaria per lo svolgimento di qualsiasi altra attività spaziale. L‟indipendenza nel
raggiungimento dello spazio extraatmosferico infatti, è una delle priorità per tutti i paesi
che ambiscono a utilizzare lo spazio non da semplici utenti, ma da protagonisti tecnologici.
Così le maggiori potenze spaziali dispongono di sistemi di lancio autonomo per i loro
programmi spaziali.
Riassumendo alcuni passi fondamentali che devono guidare la politica di accesso allo
spazio, possiamo dire che questi sono stati delineati nella Comunicazione della CE sulla
51
http://www.esa.int/SPECIALS/About_ESA/SEM7UFOR9HG_0.html. (Vari, Seventh Space Council supports strong European leadership in space, 2010) 52
L’articolo 4.3 specifica inoltre che tale competenza non deve precludere quella esercitata dagli stati membri 53
http://register.consilium.europa.eu/pdf/it/08/st13/st13569.it08.pdf
space_20120723-1026.docx 79 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
Politica spaziale europea del 200754, cosi come erano già stati evidenziati in occasione del
Consiglio ministeriale dell‟ESA nel 200555:
In primis è necessario il supporto politico da parte di tutti gli attori europei al fine di
garantire una cooperazione strategica di lungo termine.
Tale strategia deve essere garantita con un programma di investimenti per
sostenere i lanciatori esistenti e futuri, oltre ai costi delle infrastrutture a terra (con
un chiaro riferimento al cosmodromo europeo, ovvero il Centro Spaziale della
Guyana (CSG) a Kourou);
La ricerca e la conquista di una larga fetta del mercato commerciale globale di lanci
che garantisca al sistema europeo accessibilità, affidabilità, disponibilità e
competitività, considerato che i lanci istituzionali europei sono limitati;
Un accesso indipendente e vantaggioso allo spazio deve rimanere
un obiettivo strategico per l‟Europa, la quale si affiderà anzitutto ai
propri dispositivi al momento di definire ed eseguire i programmi
europei, tenendo conto del rapporto costi-benefici, dell‟affidabilità
e dall‟adeguatezza per il tipo di missione prevista.
Politica spaziale europea COM(2007)
Come si è visto con la formazione di ELDO e dell‟ESA si è giunti in un arco temporale di
circa trent‟anni alla famiglia di lanciatori Ariane, nelle sue diverse versioni ed evoluzioni,
che ha consentito la messa in orbita di satelliti istituzionali europei, sia civili che militari.
Inoltre, nell‟ultimo decennio (dagli inizi degli anni 2000), l‟ESA ha avviato un processo di
diversificazione dei sistemi di lancio con lo sviluppo del lanciatore Vega e l‟adattamento
del vettore russo Soyuz.
Tuttavia, l‟esperienza degli ultimi trent‟anni non è sufficiente a garantire un accesso
europeo indipendente allo spazio per il futuro. L‟ESA, l‟UE ed i rispettivi Stati Membri
dovranno affrontare delle sfide fondamentali, per garantire la sostenibilità e l‟efficacia della
politica europea di accesso allo spazio. L‟ingresso prepotente di tecnologie di lancio
derivanti da sistemi militari del periodo della guerra fredda, che garantiscono una ottima
54
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2007:0212:FIN:it:PDF (Vari, Politica spaziale
Europea, 2007) 55
Il Consiglio ed il Direttore Generale sono i vertici del’ ESA. Il Consiglio è costituito dai rappresentanti degli stati
membri e può riunirsi a livello di delegazioni o a livello ministeriale.
space_20120723-1026.docx 80 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
base di sviluppo tecnologico, per esempio, accresce una competizione internazionale nel
settore dei lanciatori, che coinvolge sia attori pubblici che privati.
Anche l'evoluzione delle tecnologie e delle caratteristiche dei satelliti porterà l'attuale
generazione di lanciatori europei verso la modernizzazione e verso il perfezionamento, per
rimanere competitivi a livello globale e rispondere alle missioni istituzionali europee più
complesse. Sebbene l‟ESA abbia avviato diversi programmi di sviluppo e ricerca
tecnologica, sia per nuovi lanciatori che per l‟evoluzione di quelli esistenti, in occasione del
Consiglio ministeriale ESA del 2012 gli stati membri saranno chiamati ad adottare
decisioni importanti riguardo il futuro dei lanciatori europei, scegliendo quale programma
(o programmi) portare avanti.
3.2. La necessità di un accesso allo spazio veloce, flessibile e
sostenibile: ORS Operationally Responsive Space
3.2.1. Definizione di ORS e il perché delle attività
Operationally Responsive Space nasce da un'esigenza militare che si è venuta a creare
soprattutto durante i conflitti in Iraq e Afghanistan. Durante quel periodo l'esercito
americano non s'aspettava che le attività della componente spaziale avrebbero avuto un
impatto immediato su gli obiettivi operativi e strategici delle singole componenti coinvolte
nel conflitto. Quello che gli Stati Uniti hanno imparato dall'attività in Iraq e in Afghanistan è
che le attività spaziali hanno riflessi diretti (o meglio possono avere riflessi diretti) sulle
sorti di una singola operazione, sia essa condotta per mare sulla terra o dall‟alto tramite
aeromobili.
Pertanto gli Stati Uniti si sono trovati davanti alla necessità di trasformare l'attuale
paradigma del "grande spazio" in un sistema che offra una capacità di risposta flessibile
per fornire tempestivamente assetti spaziali tattici con il fine di affrontare le minacce
emergenti. Da un altro punto di vista, soprattutto per una società anglosassone che, per
sua natura, è molto attenta ai costi di ogni singolo programma, subito dopo gli anni 2000,
in un rapporto della Defence Science and Air Force Scientific Advisory Board che trattava
space_20120723-1026.docx 81 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
l'acquisizione di programmi spaziali della sicurezza nazionale, venivano delineati i punti
chiave per l‟acquisizione di tali programmi:
- Il costo ha sostituito il successo della missione come il
driver primario nella gestione del processo di
acquisizione, con conseguente eccessivo rischio tecnico e
di pianificazione. Dobbiamo invertire questa tendenza e
ristabilire il successo della missione come principio
generale per l‟acquisizione dei programmi. È difficile
enfatizzare l‟impatto positivo che coloro che sono deputati
all‟acquisizione dei sistemi spaziali possono ottenere con
l'adozione del successo della missione come un valore
fondamentale.
- La modalità di acquisizione dei sistemi spaziali tende a
produrre delle stime di costi irrealisticamente bassi,
durante tutto il processo di acquisizione. Queste stime
portano a bilanci non realistici e a programmi non
realizzabili.
- Le Capacità governative per guidare e gestire il processo
di acquisizione sono state gravemente erose. Su questo
punto, si raccomanda che il Governo fornisca guide di
indirizzo per il personale deputato all‟acquisizione dei
sistemi, all'ingegnerizzazione dei sistemi, e alle autorità
responsabili del programma.
- Mentre il sistema industriale spaziale è sufficiente per
sostenere i programmi in corso, esistono delle
preoccupazioni per i programmi a lungo termine.
space_20120723-1026.docx 82 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
È necessario infatti un flusso continuo di nuovi programmi
– che devono essere selezionati con cautela - per
mantenere un'industria spaziale solida. Senza tale flusso,
rischiamo non solo la nostra forza lavoro, ma può
diventare critica la capacità nazionale nel realizzare i
payload e i settori della sensoristica.
Acquisition of National security space program56
In questo studio vengono riportati i problemi che negli anni 2000 potevano avere (e tuttora
possono avere) i programmi spaziali, e viene indicato come primo ostacolo l‟eccesso di
attenzione al “costo” che in qualche modo va a sostituire quello che giustamente una volta
era considerato come obiettivo primario: il “successo della missione”.
Questo vuol dire che c'è stata una completa inversione di rotta rispetto quello che erano i
progetti spaziali negli anni 60, ove il raggiungimento dell'obiettivo aveva soppiantato
qualunque politica di risparmio, ma anzi il dover a tutti i costi raggiungere traguardi di
supremazia tecnologica, aveva creato una forte domanda di lavoro altamente qualificato
che però, col passare del tempo, è andata via via scemando.
Per questi motivi nasce quello che è l'Operationally Responsive Space. Proviamo a capire
che cosa significa: Il Responsive Space si riferisce a sistemi spaziali che sono impiegabili
rapidamente (nel tempo), sono accessibili (in termini di costi) e sono flessibili (in termini di
impiego). Un esempio classico di applicazione di questa tipologia di sistemi spaziali sono
microsatelliti lanciati con razzi poco costosi e spendibili.
L' attuale paradigma per i sistemi spaziali è dettato dai notevoli costi dell‟accesso allo
spazio, costi che portano alla creazione di grandi sistemi spaziali per minimizzare il
numero di lanci, massimizzando il numero di servizi che un sistema può ospitare.
Quindi: grandi sistemi che vengono progettati con "molti requisiti" e che vengono costruiti
impiegando tempi di 5 - 10 anni, e forse più.
Gli statunitensi hanno valutato che questo processo da una parte è diventato troppo
costoso, dall'altra produce progetti poco flessibili dal punto di vista operativo. Infatti la
veloce evoluzione, sia delle esigenze operative che delle nuove tecnologie, fa si che i
56
http://www.dtic.mil/cgi-bin/GetTRDoc?AD=ada417269 (Vari, Acquisition of National security space
program, 2000)
space_20120723-1026.docx 83 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
requisiti di impiego possano, nel corso della loro vita, cambiare. Talvolta, da quando
vengono elaborati a quando il progetto è operativo, rischiano di non essere più validi.
A questo si aggiunga la vulnerabilità intrinseca di questi sistemi in orbita, che li rende ad
alto rischio in quanto assetti strategici.
Una risposta al "bisogno" di requisiti sempre più complessi e stringenti, è la logica di
reazione ad eventi o necessità che nascono dall‟evolversi delle situazioni. Questo ha
portato a parlare in termini di sortite spaziali (A Space Sortie Capability). Per gli
statunitensi la capacità di "generare una sortita nello spazio" è parte integrante del
paradigma del Responsive Space. Il concetto è molto semplice: le funzionalità, i sensori, i
sistemi di comando e controllo sono per la maggior parte tenuti a terra, pronti all‟utilizzo,
fin quando non è necessario eseguire un determinato servizio operativo in orbita.
Il prezzo da pagare è sicuramente una non perfetta rispondenza al requisito “del
momento” e una non immediata disponibilità dell‟oggetto in orbita, ma di contro aumenta la
prontezza della risposta all‟esigenza di carattere spaziale. Pertanto si punta sulla capacità
di incrementare rapidamente il numero di assetti spaziali, o sostituirli qualora questi
venissero persi o dovessero essere attaccati e danneggiati; questo aumenta
effettivamente la capacità spaziale e essenzialmente dissuade un ipotetico avversario
dall‟attaccare gli assetti spaziali già in orbita.
L‟analisi situazionale fatta dagli statunitensi ha portato a constatare che la crescente
dipendenza dallo Spazio, le sfide globali e le minacce emergenti hanno imposto nuove
esigenze per quanto riguarda le capacità spaziali, ovvero:
- Una maggiore flessibilità e adattabilità nel rispondere a bisogni urgenti;
- La possibilità di espandere rapidamente le innovazioni tecnologiche spaziali,
a vantaggio di tutti gli utenti, ed utilizzarle da subito in modo operativo;
- La possibilità di aumentare o ricostituire rapidamente i sistemi spaziali che possono
essere perduti per problemi tecnici o per problemi indotti dall‟ esterno.
Il Congresso degli Stati Uniti ha riconosciuto l'importanza di ORS (Operationally
Responsive Space) con il documento “John Warner National Defense Authorization Act for
Fiscal Year 2007”57.
57
http://www.govtrack.us/congress/billtext.xpd?bill=h109-5122
space_20120723-1026.docx 84 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
Tale documento aveva l‟intento di sottoporre alle Commissioni Difesa la preparazione di
un Piano per l'acquisizione da parte del Department of Defence di capacità ORS.
Tale “Plan for Operationally Responsive Space”58 riporta:
- i ruoli e le missioni militari di ogni dipartimento, agenzia, o componenti spaziale
interessata;
- l‟identificazione delle capacità richieste dal Dipartimento della Difesa per soddisfare
tale missione durante gli anni;
- la struttura della Catena di comando e di allarme;
- la classificazione degli obblighi di informazione;
- le politiche e le procedure di acquisizione.
3.2.2. La parte operativa dell’ Operationally Responsive Space
Vediamo quali sono le tecnologie che sono state utilizzate. ln primo luogo un paradigma
del Responsive Space è che questo non richiede tecnologie fondamentalmente nuove
nell‟immediato, perché necessitano di tempi realizzativi e di progettazione, ma tende a
riutilizzare ed adattare tecnologie o assetti esistenti. In definitiva le attività della “struttura
ORS” statunitense, da un lato, includeranno tutta la preparazione degli elementi necessari
per fornire le capacità spaziali al fine di rispondere nel più breve tempo possibile; dall‟altro
includeranno le capacità operative per gestire quanto si ha a disposizione al fine di
soddisfare le necessità del momento che hanno i vari utenti (dai Comandanti in “teatro
operativo” agli utenti comuni) . Tali attività vengono definite su 3 livelli:
- Livello 1: l‟attività è di carattere strettamente operativo e riguarda la gestione degli
assetti in orbita tramite il principio delle priorità operative; i tempi per portare a
termine queste attività vanno da poche ore a qualche giorno.
- Livello 2: questa attività ha inizio quando le necessità degli utenti non vengono
soddisfatte con le capacità disponibili, ma da sistemi esistenti non ancora operativi.
L‟attività riguarda, quindi, tutte le azioni necessarie affinchè assetti già progettati o
ricorrenti possano diventare pronti ad essere lanciati o dispiegati; i tempi per
portare a termine l‟attività sono decisamente più lunghi, in quanto si puo passare da
58
http://www.responsivespace.com/ors/reference/ORS_Plan.pdf
space_20120723-1026.docx 85 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
sistemi immagazinati e pronti ad essere lanciati, fino a sistemi di cui si hanno i
componenti principali, ma questi debbono essere integrati insieme, e provati, prima
che il sistema venga messo in orbita. Questi tempi possono essere stimati in termini
di giorni fino ad alcune settimane.
- Livello 3: queste attività riguardano l‟acquisizione e lo sviluppo di nuovi asset, in
quanto le particolari necessità degli utenti non possono essere soddisfatte con le
capacità esistenti, sia che siano già operative (livello 1) o che siano da mettere in
operazione (livello 2). In questo caso si parla anche di attività di sviluppo che
debbono essere "portate avanti", sempre in un ottica di un‟adeguata velocità di
risposta. Per questo motivo è necessario sviluppare utilizzando la tecnologia
consolidata, limitando al massimo gli sviluppi relativi alle nuove tecnologie. I tempi
di queste attività vanno da quanche mese ad un massimo di un anno.
A parte il livello 1 che, in definitiva, è un reimpiego degli assetti esistenti, i due livelli
successivi si basano su equipaggiamenti esistenti e tecnologia consolidata. Per quanto
concerne i dispiegamenti di pronto impiego, è basilare l‟accesso allo spazio con rapidi
tempi di reazione.
Pertanto in prima analisi i razzi ICBM (InterContinental Balistic Missile), per come sono
stati progettati ai tempi della guerra fredda, rispondono a requisiti che possono essere
compatibili con requisiti del livello 2; il prezzo da pagare è rendere questi razzi adattabili
anche a payload differenti in termini di missioni, dimensioni e peso.
space_20120723-1026.docx 86 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
Figura 19 -A SpaceX's Falcon 1 (Flight 4) Omelek Island - Marshall Islands (19 Sep 2008) -
http://www.spacex.com/F1-004.php
L‟ipotesi ritenuta più conveniente è stata quella di modificare il razzo in un sistema di
lancio a due stadi, con il primo stadio possibilmente riutilizzabile e con lo stadio superiore
spendibile.
L'approccio adottato è quello di iniziare a costruire sistemi di lancio piccoli rispetto agli
attuali, così come erano i sistemi originariamente progettati e sviluppati negli anni ‟50 dagli
statunitensi per accedere allo spazio.
space_20120723-1026.docx 87 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
Figura 20 - A SpaceX's Falcon 1 Flight 4 Omelek Island - Marshall Islands (19 Sep 2008).
http://www.spacex.com/F1-004.php
Un esempio di razzo che ha le caratteristiche di flessibilità e prontezza operativa può
essere il Falcon 1 della Ditta Space X. È un razzo a due stadi, alimentato ad ossigeno
liquido ed a kerosene per razzi. Il razzo è lungo 24,7 m ed è largo circa 1,67 m .
Nell‟ottica Responsiveness è interessante notare che, dalla documentazione, emerge la
durata minima di una campagna di lancio prevista dal costruttore del razzo, quantificata in
un minimo di 8 mesi dalla firma del contratto al lancio. Il Falcon riesce a mettere in orbita
bassa ( a 185 km) un satellite di circa 1000 kg dopo circa 10 minuti dal lancio.
.
space_20120723-1026.docx 88 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing.
Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
Figura 21 - Razzo Falcon 1 (http://www.spacex.com/Falcon1UsersGuide.pdf)
space_20120723-1026.docx 89 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
Un altro metodo per raggiungere lo spazio che viene preso in considerazione è
l‟aviolancio. Il sistema ad oggi più famoso è un sistema prodotto dalla Ditta Orbital con un
razzo di nome Pegasus XL.
Pegasus XL è un razzo “alato” con tre stadi a propellente solido. Misura 9,16 m di
lunghezza e 1,27 m di diametro con un apertura alare di 6,7 m. La caratteristica degli
aviolanci è naturalmente l‟integrazione del razzo con un vettore aereo che sia in grado di
portarlo in volo e rilasciarlo ad una quota adeguata.
Figura 22 - Pegasus XL (http://www.orbital.com/NewsInfo/Publications/Pegasus_UG.pdf)
space_20120723-1026.docx 90 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
Pegasus viene sollevato da un aeromobile da trasporto Lockheed L1011 chiamato
“Stargazer” ad un‟ altitudine di circa 11,900 m (39,000 ft) il lancio avviene quando il
velivolo si trova in volo livellato con una velocità di Mach 0.82.
Dopo cinque secondi dal rilascio si verifica l'accensione del motore razzo del 1° stadio.
A questo punto il Pegasus accelera rapidamente fino a velocità supersonica modificando
la traiettoria di volo verso lo spazio extraatmosferico.
Figura 23 - Missione del Pegasus XL
(http://www.orbital.com/NewsInfo/Publications/Pegasus_UG.pdf)
Il razzo Pegasus XL ha un controllo di volo autonomo e sistema di guida adeguato a
fornire le indicazioni necessarie per inserire, in una vasta gamma di orbite, i satelliti che
riesce a portare. Il carico consentito è di poco superiore ai 200 kg, il che lo rende
utilizzabile per il lancio di microsatelliti. Dal 1990 ad oggi sono stati effettuati 40 lanci a
testimonianza delle attività che può avere questo sistema “di nicchia”.
space_20120723-1026.docx 91 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
Nell‟ottica di raggiungere lo spazio in modo veloce ed “on demand” vengono presi in
considerazione anche i velivoli CAV (Common Aero Vehicle) meglio conosciuti
inizialmente come spazioplani. Questi velivoli sono progettati per il rientro atmosferico da
una quota suborbitale ed hanno la capacità di portare in orbita un carico utile di 500 kg
(circa).
Terminiamo questa breve disamina parlando dei carichi utili. Essendo “piccolo” il veicolo di
lancio deve essere “piccolo” il carico utile. Pertanto la linea di indirizzo tecnologica per la
parte industriale è stata quella di rivolgersi verso i micro satelliti e le miniaturizzazioni, con
materiali per strutture leggere. Una chiara inversione di tendenza rispetto alle grandi
infrastrutture spaziali.
Un esempio per quanto riguarda il processo di miniaturizzazione è il programma TACSAT
(Tactical Satellite). Questo programma è composto da una serie di veicoli spaziali
sperimentali realizzati per consentire ai comandanti militari sul campo di battaglia di
richiedere ed ottenere, in tempo utile, immagini e altri dati da un satellite che passa sopra
la zona di operazioni.
Il primo della serie il TACSAT -1, è un satellite sperimentale ed ha seguito le vicissitudini
del suo lanciatore (Falcon 1 della SpaceX). Prima cancellato, poi ripianificato nei piani di
lancio della società Space X viene lanciato nel 2009 con il sesto razzo della serie Falcon1.
Il requisito principale è che i dati raccolti devono essere consegnati ai comandanti sul
campo in pochi minuti anziché ore o giorni. Gli elementi chiave di questo sistema sono:
payloads modulari, il bus satellitare altamente automatizzato, interfacce di lancio
lanciatore-satellite di tipo standard, possibilità di lancio “on demand”, e tasking diretto e
diffusione dei dati utilizzando il Siprnet (Secret Internet Protocol Routing Network).
Questo sistema integra le risorse spaziali con le forze sul campo ovvero il Joint Task
Force Commander (JTFC) può richiedere un assetto spaziale decidendo la capacità di
carico utile, l'area di interesse, l'area di diretta downlink, e la data in cui l‟assetto deve
essere operativo.
space_20120723-1026.docx 92 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
CAPITOLO 4. Responsiveness Space Capability: Broglio precursore in Europa del ORS americano
Dopo la breve descrizione di quello che sta accadendo negli Stati Uniti (Capitolo 3),
appare quanto meno singolare la somiglianza a quanto è stato fatto da Broglio negli anni
60‟ (Capitolo 1), soprattutto se si analizza il sistema dal punto di vista della semplicità e
linearità del progetto. D‟altra parte, per stessa ammissione degli americani, i pesanti tagli
sui budget hanno portato ad una rivisitazione dell‟accesso allo spazio, da effettuare con
sistemi possibilmente più semplici e meno costosi, quasi fosse un ritorno al passato, con
l‟avvento di razzi analoghi a quelli utilizzati negli anni 50‟
Questo tipo di lanciatori si rivolge ad un mercato che riguarda classi di satelliti al di sotto
dei 1000 kg. Nel rapporto annuale del 2011 del FAA59, sulla parte previsionale dei lanci in
orbite non geosincrone, si registra un aumento dei payload della classe tra 200kg e 600kg.
Tabella 6 - Tabella del rapporto di Previsione FAA del 2011
Sicuramente è solo un indicatore, ma che può essere letto insieme alle richieste per
missioni con Microsatelliti (la classe Microsatellite è definita come un payload con una
massa inferiore a 100 kg). Tipicamente questi venivano raggruppati con un altro satellite
(maggiore in termini di peso e considerato "primario") e messi in orbita tramite un veicolo
di lancio che ha la capacità di ospitare 2 “passeggeri”.
59
http://www.faa.gov/about/office_org/headquarters_offices/ast/media/2011%20Forecast%20Report.pdf
Responsiveness Space Capability:
Broglio precursore in Europa
del sistema ORS degli Stati Uniti
4
space_20120723-1026.docx 93 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
Questa classe di massa, da sola, normalmente non genera la domanda di lancio. Tuttavia
un grande cluster di microsatelliti può giustificare un lancio, indipendentemente da un
payload con classe di massa maggiore. Qualora ci fosse un veicolo di lancio per i
microsatelliti con costi di lancio competitivi, potrebbe causare il passaggio da un lancio con
doppio “passeggero” ad un approccio con lancio individuale.
Ciò comporterebbe un maggior numero di lanci ed un abbattimento dei costi. D‟altra parte
la disponibilità di un veicolo di lancio a prezzi accessibili può trovare una nicchia anche per
i lanci di satelliti di categoria inferiore ai micro satelliti, ovvero i nanosatelliti (satelliti con
massa di 10 kg o meno). Negli ultimi anni un certo numero di organizzazioni ha avviato lo
sviluppo di concetti di lancio destinati alla messa in orbita di microsatelliti (come Virgin
Galactic, l'Agenzia Spaziale Canadese, Sistemi interorbitale, e la Microcosmo Inc.).
Obiettivo di questo capitolo è capire se l‟Italia ha questa possibilità di accedere allo spazio
in modo autonomo e se questa aspirazione possa trovare una ragionevole collocazione in
una politica europea sui lanciatori. Ovverosia se, tramite l‟utilizzo di un piccolo lanciatore
come il Vega, che potrebbe avere un mercato in evoluzione, si hanno a disposizione
“in_casa”:
- le tecnologie (i sistemi costituenti il lanciatore);
- le conoscenze necessarie (il_cosiddetto “Know How”);
- le infrastrutture (come la base di lancio)
per proporsi come interlocutore privilegiato nella strategia europea di accesso allo spazio,
non come un sistema alternativo, ma a complemento dei sistemi già esistenti.
space_20120723-1026.docx 94 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
4.1. La base di lancio: (avio, terra, mare)60
La base di lancio può sembrare un aspetto secondario, ma è un elemento ancor più
importante del lanciatore, come dimostra l‟uso di Soyutz da Kourou. Infatti tutta la fase
operativa di integrazione test è strettamente connessa alla capacità di produrre risultati
economici e di effettuare il volo in maniera sicura, efficiente e affidabile.
4.1.1. Base Terrestre: i vincoli geografici sulla missione.
La posizione geografica pone alcune limitazioni sul parametro dell‟inclinazione, in termini
di vantaggi o svantaggi energetici, che si riflettono sul propellente da caricare a bordo del
sistema lanciatore-satellite.
Per meglio comprendere quali sono gli impatti di carattere geografico, vale la perna
ricordare che la posizione di un veicolo spaziale è individuata, nel sistema di coordinate
prescelto, fornendo sei distinti elementi che individuano:
le caratteristiche dell‟orbita;
la posizione del piano orbitale nello spazio;
la posizione dell‟orbita sul piano stesso;
la posizione del mezzo spaziale nella sua orbita in un dato momento.
Poiché per una data orbita è fissa anche la legge del moto, detta legge oraria, è quindi
possibile determinare la posizione dell‟oggetto in ogni istante, oppure il tempo di
passaggio in un punto prefissato.
Uno dei parametri con cui viene individuata la posizione del piano orbitale nello spazio è
l‟inclinazione del piano orbitale indicato con la lettera “i”. E' l‟angolo tra il piano di
riferimento (il piano equatoriale in coordinate equatoriali o quello dell‟eclittica in coordinate
eliocentriche) e il piano dell‟orbita.
60
Il contenuto informativo di questa parte è scritto in collaborazione con l’Ing. DANIELE BARBAGALLO
space_20120723-1026.docx 95 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
“Durante la fase lancio, qualsiasi manovra è teoricamente
possibile (ovviamente nei limiti della capacità del lanciatore, in
genere non superiore ai 10° e comunque sempre penalizzante in
termini di prestazioni ottenibili); ma al termine della fase
propulsa, il volo è dominato solo dalle leggi della meccanica
celeste, che impongono che il piano dell‟orbita passi per il
centro della Terra. La condizione di minor energia è un lancio
con azimut di 90° (cioè verso Est), che consente di sfruttare al
massimo la forza centrifuga terrestre; in tal caso però, quando i
motori si spengono, ci si trova alla latitudine della base di lancio
e quindi a scivolare verso l‟equatore, per cui la minima
inclinazione ottenibile è uguale al valore di tale latitudine.
….Azimut diversi da 90° comportano varie direzioni del vettore
velocità e quindi diverse inclinazioni, ma sempre maggiori del
valore della latitudine della base di lancio, sia che si tiri verso
l‟equatore che da parte opposta. Per ottenere inclinazioni
minori, l‟unico sistema possibile è quello di manovrare nel punto
d‟iniezione, in modo da variare direzione al vettore velocità; ma,
di fatto, l‟operazione è troppo onerosa, dal punto di vista
energetico, quindi di norma è effettuata dopo la messa in orbita”
(F. Borrini - La componente spaziale nella Difesa - Rubbettino Editore pag 108.)61
Per missioni la cui orbita è di tipo equatoriale, la scelta è obbligata e la base di lancio deve
essere il più possibile vicino all‟equatore. Per le missioni ad alta inclinazione la scelta
ottima dipende più dai vincoli di ricaduta degli stadi e dai rischi dovuti ai sorvoli che dagli
effetti di velocità di trascinamento terrestre.
È da sottolineare che un lanciatore basato su (o comprendente) stadi a combustibile solido
avrà almeno tre stadi, la cui zona di possibile ricaduta si estende per molte migliaia di km.
Il raggiungimento di una orbita stabile impone non solo la valutazione dei rischi associati,
61
(Borrini, 2006)
space_20120723-1026.docx 96 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
ma anche una posizione adeguata del punto di decollo, che può portare ad una enorme
semplificazione della fase di studio ed ottimizzazione della traiettoria di volo del razzo,
riducendo i costi ed i tempi di missione (il tempo di volo). Ultimo elemento da ricordare è
che con l‟avvento del “space debris code of conduct”62 il Consiglio dell‟ Unione Europea
impone il deorbiting di tutti gli elementi orbitati, quindi anche dell‟ultimo stadio del
lanciatore. Il rientro di tale elemento è assai più complesso degli altri , per le incertezze sul
suo posizionamento, costringendo di fatto ad utilizzare una grande porzione di oceano
come area identificata per il rientro a terra.
Dal'analisi delle aree di rientro, la posizione delle terre emerse e dei mari genera zone
preferenziali per i rientri, come per esempio il sud pacifico. Una base di lancio posizionata
in maniera “strategica”, ovvero posta in una località tale per cui è possibile usufruire di
vaste zone oceaniche nelle quali poter far ricadere i vari stadi, è la chiave di volta per
attirare i sistemi di lancio, e la posizione della base San Marco (a 2,99° di latitudine sud)
è, ancora oggi, sicuramente una delle migliori posizioni che si possa immaginare (dato
che, trovandosi sulla sponda orientale dell‟Africa, ha di fronte a se' tutto l‟Oceano Indiano),
sia per eseguire lanci che hanno come obiettivo finale l‟inserimento dei satelliti in orbite
equatoriali (i lanci equatoriali), sia per eseguire lanci la cui orbita finale abbia un‟alta
inclinazione del piano orbitale rispetto al piano equatoriale, sia per eseguire lanci per
raggiungere le orbite elio sincrone (SSO – Sun Synchronous Orbit) anche se per questi
ultimi servirebbe qualche accorgimento.
62
Una parte deriva dalla codice di condotta ( Code of conduct for outer space activities) imposto dal consiglio
dell’Unione Europea il 3 dicembre 2008 a Bruxelles (Vari, Code of conduct for outer space activities, 2008)
space_20120723-1026.docx 97 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
4.1.2. Base Terrestre: la logistica della campagna di lancio
In generale la soluzione migliore consisterebbe nell'avere la base di lancio il più vicina
possibile al costruttore del lanciatore, e comunque in luoghi densamente industrializzati
che potrebbero fornire garanzie di accesso a competenze, servizi, ecc, ma questo non è
possibile per ragioni di sicurezza.
A parte casi rari le basi di lancio sono posizionate con affaccio sul mare per limitare i rischi
relativi alla sicurezza fisica, ed avere un sorvolo sicuro anche durante le prime fasi di volo.,
Ne consegue che una scelta sensata è quella di avere un accesso tramite un porto da cui
si possa scaricare direttamente il materiale nella base stessa. Questa soluzione è
intrinsecamente soddisfatta da basi navali come Sea Launch.
La Sea Launch63 è una società internazionale con sede in Svizzera che fornisce servizi di
lancio tramite una piattaforma petrolifera modificata, che può navigare fino al sito di lancio.
L‟idea adottata è molto simile a quanto fatto da Broglio negli anni 60‟. Infatti a Long Beach
(il porto di Los Angeles) una vecchia base navale funge da base appoggio per la
piattaforma e per la Command Ship (la nave appoggio con le stesse funzioni che aveva la
piattaforma Santa Rita per il progetto San Marco) risolvendo tutti i problemi legati alla
logistica del lancio. Nella base viene assemblato il lanciatore con il satellite ed imbarcato
sulla Piattaforma, pronto per i 10 giorni di navigazione fino al sito di lancio sull‟equatore, al
centro dell‟ Oceano Pacifico.
Dal punto di vista della logistica è importante considerare che la base a terra contiene tutti
i servizi accessori quali la sicurezza, il meteo, le telecomunicazioni (sia con la madrepatria
che con il lanciatore durante il volo). La posizione dei sistemi di Telemetria e
radiolocalizzazione sono spesse volte fortemente condizionati, nella loro efficacia, dalla
inclinazione dell‟orbita, costituendo un problema di difficile soluzione se non si vogliono
creare stazioni mobili e/o multiple. Molte applicazioni militari ricorrono a sistemi mobili,
anche se questi sono poco usati nel campo dei veicoli di lancio, ma potrebbero essere in
qualche modo riadattati per l‟uso.
63
http://www.sea-launch.com/
space_20120723-1026.docx 98 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
Figura 24 - Base Sea Launch dall'alto. La nave appoggio e la piattaforma all'ancora nel porto
(www.you-are-here.com/aerial/sea-launch.html)
È da sottolineare che l‟eventuale mancanza di infrastrutture imporra' scelte drastiche con
impatti importanti anche nella filosofia di base del lanciatore e delle sue operazioni.
In questo caso l‟uso di un sistema basato su propellente solido semplifica molto le
operazioni, in quanto non necessita delle infrastrutture per il caricamento e lo stoccaggio
del propellente liquido, ne' dei sistemi di sicurezza sul lavoro associati alle operazioni di
caricamento da effettuare, in quanto il propellente è già all‟interno del lanciatore.
Resta comunque la problematica connessa ad anomalie e urgenze, che in mancanza di
infrastrutture idonee obbliga a spostamenti di uomini e componenti non sempre in modo
semplice ed efficiente.
space_20120723-1026.docx 99 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
4.1.3. Base Terrestre: operazioni a terra
Il tipo di operazioni dipende dal lanciatore, e da come la base è organizzata, ma da questi
due “dati” dipende anche come il lanciatore è progettato ed operato. Una base classica è
composta da strutture fisse o mobili per ospitare le varie fasi di preparazione ed
integrazione. A seconda della tecnologia vengono utilizzati due tipi di integrazione: in
orizzontale ed in verticale.
Per l‟integrazione in verticale si necessita di due tipi di infrastrutture, un l‟edificio di
integrazione mobile e un sistema di trasporto del veicolo integrato. L‟integrazione in
Verticale semplifica il posizionamento degli stadi perché permette di porli semplicemente
uno sull‟altro e di effettuare le dovute integrazioni con semplici attrezzature e l‟uso di carri
ponte.
L‟integrazione in orizzontale, genera una maggiore sollecitazione sulle strutture del
lanciatore, e necessita di un sistema esterno per garantirne l‟integrità e l‟erezione.
A questa complicazione corrisponde la semplificazione dei sistemi di integrazione, che non
richiedono piattaforme a differenti livelli, ne tanto meno edifici di grandi altezze
Per arrivare nella posizione di lancio, non esiste un netto vantaggio tra il movimentare
l‟edificio di assiematura o il veicolo di lancio. In entrambi i casi vantaggi e svantaggi si
equivalgono in quanto il trasporto del razzo vettore è comunque sempre accompagnato da
precauzioni notevoli, mentre la movimentazione dell‟edificio implica sistemi complicati a
causa delle dimensioni. In tutti questi casi esiste una sostanziale differenza nel caso di
sistemi a liquido o a solido, i secondi hanno notevoli controindicazioni riguardo la
sicurezza ed il numero di operatori e le operazioni vengono effettuate sempre con grosse
limitazioni, dovute al fatto che il propellente è già all‟interno dell‟involucro e quindi una
“cricca” (una crepa che si viene a creare nel materiale che deve esssere combusto) può
causare una esplosione durante il lancio. I sistemi a liquido sono molto più facili da
trasportare e da verticalizzare, sia perche' sono piu' leggeri, sia perché hanno meno
problemi dal punto di vista strutturale dell‟intero vettore64.
64
Vedasi (Borrini, 2006)
space_20120723-1026.docx 100 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
4.1.4. Lancio Aviotrasportato
Cosi come già realizzato dalla Orbital con il lanciatore Pegasus XL ( vedasi Cap 3), un
lanciatore aviotrasportato presenta, dal punto di vista operativo molti vantaggi tra cui:
- tempestivitá di risposta
essendo sistemi basati sull‟immagazzinamento preventivo dei singoli
componenti, non necessita della fase realizzativa al sorgere dell‟esigenza
operativa;
- riservatezza delle attivitá di lancio
la preparazione del lancio non è palese come in una base per i lanci di razzi
come il razzo dell‟ ESA Ariane 5 o come il razzo statunitense Atlas; così come è
riservato il luogo del lancio fino quando il razzo effettivamente non si separa
dall‟aeromobile durante il volo;
- flessibilitá nella scelta dell‟orbita
infatti questa dipende non solo dal luogo di lancio del vettore, ma anche dalla
direzione di lancio, una volta raggiunto in volo l‟area da dove lanciare.
Le caratteristiche sopraelencate conferiscono alle tecniche di lancio da velivolo un alto
valore strategico, inclusa la possibilità di impiego duale civile e militare.
Le ipotesi in Italia oggi allo studio65 vanno da un trasporto esterno ventrale su velivolo da
caccia, tipo Eurofighter o Tornado, al trasporto e rilascio dall‟interno del vano cargo di un
velivolo da trasporto, tipo C130-J o C27-J, con chiaro interesse operativo dell‟Aeronautica
Militare.
Per quanto concerne le attività operative di integrazione questa tipologia di razzi può
essere integrata solo in orizzontale e in questa posizione i razzi debbono essere allocati
sotto il vettore aereo. Le maggiori problematiche riguardano i pesi e le dimensioni del
payload, che limitano la tipologia di missione in orbita: questi debbono essere adeguati sia
65
Presso il Centro alti Studi della Difesa il 5-6 maggio 2011 si è tenuto un convegno dal titolo”
HIGH TEC SMALL SAT MISSIONS” New Operational Concepts, innovative Manufacturing and
Air Launched Platforms CASD 5,6 Maggio 2011, i cui atti possono reperirsi sul sito
http://www.cesmaweb.org
space_20120723-1026.docx 101 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
alla missione del velivolo che del razzo per la messa in orbita. In questo settore i passi in
avanti che ha compiuto l‟elettronica nel campo della miniaturizzazione e i sistemi micro
meccanici di precisione semplificano questa problematica. È da evidenziare la necessità di
una infrastruttura aeroportuale adeguata sia alle necessità del velivolo che a quelle del
razzo e del satellite.
Il lancio, in questo caso, può avvenire da luoghi anche abbastanza distanti dalla posizione
del decollo del velivolo, ma a prezzo di sollecitazioni prolungate su satellite e lanciatore e
la capacità di inglobare nell‟aeromobile (o negli aeromobili, qualora fosse necessario un
secondo velivolo come appoggio per la parte di controllo) tutti i sistemi accessori che
normalmente sono posti a terra.
Il sistema velivolo e razzo ha una fase di lancio in cui tutti i parametri di volo (sia del razzo
che del velivolo) sono caricati sul velivolo madre, assumendo assetti di volo del razzo non
predeterminati come quelli per un lancio da terra; il che porta alla necessità di avere
sistemi più flessibili dal punto di vista della missione e della meccanica (da notare che le
sollecitazioni sulle strutture nella fase di volo trasportato e durante lo sgancio sono
importanti, per cui tali strutture debbono essere dimensionate in modo opportuno).
Da segnalare, per quanto riguarda la sicurezza fisica, che il sistema aviotrasportato
presenta rischi durante il decollo dell‟aereo madre, per la quantità di propellenti, esplosivi e
composti tossici che sono nel lanciatore e che, in caso di incidente od anomalia,
costituiscono un problema pressoché insolubile.
space_20120723-1026.docx 102 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
4.1.5. Lancio da base marina.
La situazione per questa tipologia di lanci è molto simile, per alcuni aspetti, a quella delle
basi terrestri con il vantaggio di ridurre drasticamente le problematiche della safety
(la_sicurezza fisica) nella zona di lancio, e di poter in qualche modo utilizzare differenti
posizionamenti della piattaforma. Le limitazioni di spazio obbligano ad avere un lanciatore
preassemblato o un sistema molto semplificato di integrazione. Solo alcuni collegamenti
sono da effettuare in loco, ma non è richiesta nessuna operazione complessa. Questa
soluzione è simile a quella adottata per gli stadi superiori di Vega, i quali vengono
assemblati e provati in Italia e trasportati in Guiana Francese tramite containers. L‟uso di
più piattaforme galleggianti (almeno due: una per il lancio e l‟altra per ospitare i sistemi
tecnici di supporto) e di una nave appoggio risolve ed ottimizza le posizioni relative dei
diversi elementi.
Inoltre vi è l'indubbio vantaggio di poter lanciare da “qualsiasi” parte del mondo secondo le
leggi internazionali della navigazione, cosa non possibile se si lanciasse da basi terrestri.
La soluzione Sea Launch, descritta in precedenza, prevede una struttura organizzativa a
metà tra una base navale, per la logistica, e una base marina per le operazioni di lancio.
La stessa soluzione, per esempio, che si può raggiungere con una piattaforma
galleggiante posta nelle acque antistanti Malindi , da cui è possibile mettere in orbita in
SSO (orbita elio sincrona) senza alcun vincolo sulla ricaduta degli stadi e con un corridoio
di volo di dimensioni talmente ampie rispetto ai bisogni, tale da potersi permettere (per
assurdo) di non avere la necessità di un sistema di neutralizzazione del razzo.
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4.2. Il lanciatore: cosa è italiano e cosa manca.66
Un sistema di lancio è costituito da un sistema di assistenza alla fase di integrazione e test
ed di un sistema di supporto alla fase di lancio. Quest‟ultimo, durante il volo, assicura sia
l‟acquisizione dei dati telemetrici che la capacità di prevenire comportamenti anomali
tramite telecomando ed eventuale neutralizzazione. Trascurando questi sistemi di
supporto ci si concentrerà solo sul lanciatore per verificare cosa è “già in casa” e quali
equipaggiamenti siano invece da sviluppare.
In generale un lanciatore è costituito da diversi sottosistemi, ognuno dei quali composto da
molti componenti, inoltre questi sottosistemi sono distribuiti su diversi stadi.
Figura 25 – Vega: componenti e Ditte costruttrici (Press Kit del lancio inaugurale di Vega)
A questo va aggiunta l‟attività di sistema che permette di effettuare tutte le operazioni non
legate specificatamente ai componenti, ma al funzionamento del lanciatore stesso.
66
Il contenuto informativo di questa parte è scritto in collaborazione con l’Ing. DANIELE BARBAGALLO
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Nel seguito faremo un analisi dei vari moduli del lanciatore che possono rendere il paese
completamente autonomo nel lancio.
4.2.1. I motori
I motori costituiscono la parte più massiva e voluminosa del lanciatore, ma soprattutto la
più costosa. Hanno sovente uno sviluppo abbastanza lungo, anche se normalmente lo
sviluppo comincia in anticipo al programma stesso. In Italia esiste la capacità di sviluppare
motori a combustibile solido allo stato dell‟arte, rispetto ai propulsori mondial, che sono
particolarmente adatti a lanciatori di piccole dimensioni e per orbite basse.
Le competenze per lo sviluppo di motori a liquido (non criogenici) ad oggi non sono
praticamente prese in considerazione in Italia. Al contrario vi è una attività finanziata da
ASI e CIRA per lo sviluppo di motori Ossigeno-Metano che, pur non essendo strettamente
criogenici, sono simili per complessità e prestazioni. La maturità di questa tecnologia è
ancora bassa e saranno necessari ancora una decina di anni (investimenti permettendo)
per poter essere considerati maturi.
Un altro discorso interessante è legato alla propulsione ibrida, che potrebbe diventare
interessante per motori di piccola taglia, anche se i tempi di sviluppo sono simili a quelli
per la tecnologia ossigeno metano
Nel processo di europeizzazione del Vega si è peraltro dovuto
rinunciare ad alcuni obiettivi di ottimizzazione, in particolare
per quanto riguarda il controllo di alcune tecnologie critiche
(si veda ad esempio il caso del software di controllo di volo:
bloccato e non esportato dalla Francia, e quindi da sviluppare di
nuovo in Italia). Alle soglie del primo lancio, il consolidamento
del sistema Vega nel periodo 2010-2020 diviene ora
necessariamente una delle priorità dell‟ASI. Nel settore della
propulsione spaziale l‟ASI intende poi avviare un programma di
Ricerca e Sviluppo per lo studio di motori ad ossigeno/metano ed
space_20120723-1026.docx 105 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
ibridi, e per queste attività il Centro di Ricerche Aerospaziali
CIRA sarà capofila.
Questi nuovi sistemi di propulsione forniranno il background
tecnologico per le future evoluzioni di Vega, e potranno essere
una base di partenza nel caso in cui l„ESA voglia dotarsi di un
nuovo lanciatore. Tale base consentirebbe all‟industria italiana
di affrancarsi, per i grandi lanciatori, dal ruolo limitativo di
fornitore dei soli motori a propulsione solida
ASI - Documento di visione strategica 2010-202067
Vediamo di rispondere ad alcune domande:
1) Quali possiamo usare/riusare tra motori esistenti? Sicuramente tutti i motori della
famiglia Zefiro quindi il 16, il 23 e 9, anche se lo Zefiro 16 oggi è stato sostituito dal
23 nel secondo stadio del Vega ed è tuttora possibile far ripartire una linea di
produzione in tempi brevi. Potrebbe essere riottimizzata la curva di spinta di questi
motori, con costi e tempi ridotti.
2) Cosa si può fare con questi motori? Si può sviluppare un lanciatore a 3 stadi simile
a quanto studiato nel 1995 sotto il nome di VEGA conf. B; l‟uso di un modulo a
liquido od ibrido (tipo AVUM) per la circolarizzazione è quasi obbligatorio, a meno di
usare approcci innovativi.
Le prestazioni globali del lanciatore con il modulo superiore a liquido dovrebbero
consentire l‟immisione in orbita circolare di payload intorno ai 600-650 kg. Per iI motore
P80, essendo caricato di propellente solido a Kourou sulla base di una collaborazione italo
francese (Europropulsion), sembra poco plausibile un utilizzo in una configurazione tutta
italiana. Gli ugelli mobili di Vega hanno tutti una deflessione massima ben maggiore di
quanto necessario, permettendo quindi di adattarsi a configurazioni differenti.
La soluzione disponibile è più che adeguata al bisogno di un sistema autonomo, di limitate
prestazioni, ma grande versatilità e elevata efficienza.
67
http://www.asi.it/files/ASI_DVS_2010_2020_ITA_0.pdf (ASI, 2010)
space_20120723-1026.docx 106 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
4.2.2. Sistema di attuazione degli ugelli mobili
Nel VEGA vengono usati sistemi elettromeccanici, controllati elettronicamente ed
alimentati da batterie al LI-Ion. Il sistema è prodotto dalla SABCA. Probabilmente non tutte
le promesse di semplificazione ed economia sono state mantenute. In Italia esistono
soluzioni pneumo-idrauliche o elettro-idrauliche con prestazioni equivalenti. Per esempio
la ditta Microtecnica produceva sistemi idraulici molto funzionali, usati durante lo sviluppo
e la qualifica dei motori Zefiro, prima dello sviluppo dei sistemi Sabca.
Non sembra quindi critica un attività di sviluppo o di adattamento dei sistemi nazionali a
questo uso. L‟elettronica di controllo di un sistema idraulico è molto più semplice di quella
attualmente installata su Vega. Il sistema elettrico ha il grande vantaggio di poter essere
provato prima del volo, cosa non fattibile nel caso di un sistema pressurizzato in quanto
una volta partito non può semplicemente essere ripristinato. Un sistema misto molto
promettente potrebbe essere basato su un sistema elettroidraulico ove una pompa
alimentata elettricamente alimenta un sistema idraulico convenzionale.
4.2.3. Strutture
Le strutture del Vega, come tutte quelle dei lanciatori a combustibile solido, sono molto
semplici visto che la maggior parte della funzione strutturale viene espletata dai motori a
solido stessi. Gli interstadi del Vega sono stati "distribuiti" tra diversi paesi, per riequilibrare
il ritorno geografico imposto dal processo di europeizzazione del lanciatore, scelta
comprensibile..... ma tutt‟altro che efficace.
In Italia è stato prodotto il terzo interstadio 2/3 dalla Rheinmetall68, con tecnologia
aeronautica pura, con buoni risultati in termini di efficienza strutturale, ma con costi molto
elevati. In realtà l‟introduzione del requisito di accessibilità e la sostituibilità dei componenti
contenuti nell‟interstadio stesso, hanno generato notevoli problemi strutturali che sono
ulteriormente esacerbati dagli alti carichi strutturali dovuti ad un P80 sovradimensionato e
quindi dall‟elevata pressione dinamica massima. Tale problema sarebbe non condiviso
con una versione non basata su questo primo stadio.
68
http://www.rheinmetall-defence.com/index.php?fid=5156&lang=3&pdb=1
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Gli interstadi dovrebbero essere riprogettati, ma con requisiti meno stringenti. Non risulta,
infatti, essere una struttura critica, ed esistono in Italia una moltitudine di società in grado
di realizzare strutture di questo tipo, atte all‟evenienza. Il tempo di sviluppo di tutte le
strutture è modesto: da 3 a 4 anni.
4.2.4. Fairing69
Anche qui, con lungimiranza, negli anni 90 ASI lanciò un programma di trasferimento
tecnologico tra la Contraves Svizzera e quella Italiana (oggi Rheinmetall) per l‟acquisizione
di questa tecnologia. Molto del know-how potrebbe essere ancora disponibile e potrebbe
essere ipotizzabile la possibilità, se non della progettazione integrale, almeno della
partecipazione a questa e conseguentemente una produzione nazionale, tuttavia in ultima
analisi il Fairing potrebbe essere riutilizzato nella sua configurazione attuale.
4.2.5. L’avionica
In un lanciatore esistono 3 sistemi che costituiscono l‟avionica, il sistema di GNC
(Guidance, Navigation and Control Systems), il sistema telemetrico, ed il sistema di
neutralizzazione (autonomo e telecomandato).
Per quanto riguarda il sistema GNC, l‟elemento più critico è la piattaforma inerziale, che su
un lanciatore deve avere precisioni molto spinte, specialmente per quanto riguarda gli
accelerometri. Questo tipo di tecnologie sono, nella maggior parte dei casi, basate su
componenti USA sottoposti a ITAR70.
Di contro i computer di bordo sono semplici unità che lavorano in real time. Il processore
usato su Vega è un ERC32, la cui caratteristica principale è l‟alta affidabilità in quanto
usato su quasi tutti i satelliti attualmente in volo. Anche L‟uso di un bus 1553 per la
comunicazione verso gli altri componenti del sistema sembra essere uno standard
consolidato.
69
Il fairing è l’ogiva del razzo dove viene alloggiato il carico utile. 70
International Traffic in Arms Regulations (ITAR) sono una serie di regolamentazioni governative che controllano
l’import export di particolari prodotti di interesse della Difesa Nazionale Statunitense
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Il sistema telemetrico di Vega è basato su un sistema sviluppato per Ariane 4 e quindi
potrebbe essere rinnovato. Un sistema interessante potrebbe essere sviluppato sulla base
del sistema LARES e della esperienza in Formula 1, tale sistema sarà proposto per uno
sviluppo tramite GSTP ESA71. Tale nuovo sistema dovrebbe garantire una flessibilità
molto superiore con un notevole risparmio di costi e massa.
Il terzo sistema del Vega è quasi completamente sviluppato in Italia (escludendo i
componenti pirotecnici) da Selex Galileo72 è quindi pienamente disponibile, mentre i radar
trasponder usati da Vega sono di produzione estera, ma potrebbero essere sostituiti con
sistemi di tipo aeronautico di produzione italiana.
4.2.6. Il software ed il progetto Lyra
Il SW di volo ha la funzione di elaborare il vettore di stato (la posizione e l‟assetto) in modo
da esercitare i comandi necessari ad una effettuazione autonoma della missione.
Gli algoritmi sono stati sviluppati in ELV e sono stati poi codificati da Astrium Les Mureaux,
ma essendo tale software "non consegnabile" all‟ ESA, si decise di sviluppare un secondo
SW che dovrebbe essere usato durante primo volo VERTA73. Tale SW è in parte frutto di
una attività promossa e finanziata da ASI nel programma Lyra, dove si stanno sviluppando
algoritmi di controllo più moderni basati su algoritmi H∞ (algoritmi H-infinito). Il tempo di
sviluppo di un SW specifico probabilmente è di 3-4 anni, a partire dalla definizione di
dettaglio del lanciatore.
Il programma Lyra lanciato dall‟ ASI con una fase B nel 2005 mira a studiare le possibili
configurazioni del lanciatore intermedio (chiamato appunto LYRA), con un approccio
modulare e sinergico con il programma Vega, al fine di preparare le evoluzioni ed i
miglioramenti, nel medio-lungo periodo, che portino a soddisfare i requisiti degli utenti con
la dovuta flessibilità e mantenendo limitati i costi.
71
General Support Technology Programme (GSTP) è una tipologia di programmi sponsorizzati dall’ESA per convertire
i concetti di ingegneria promettenti in un ampio spettro di prodotti maturi dai singoli componenti di sottosistemi fino ai
satelliti completi. http://www.esa.int/esaMI/Technology/SEMEU4WPXPF_0.html 72
http://www.selexgalileo.com/SelexGalileo/EN/index.sdo 73
VERTA (Vega Research and Technology Accompaniment) è programma ESA che mira a dimostrare la flessibilità
del sistema di lancio Vega. Si compone di tre elementi principali:
- Approvvigionamento di cinque voli dimostrativi Verta;
- Miglioramento Servizio di lancio per clienti istituzionali e non;
- Produzione e sviluppi tecnologici.
space_20120723-1026.docx 109 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
Infine un aspetto fondamentale del progetto Lyra è quello relativo allo sviluppo tecnologico
in Italia della propulsione liquida con ossigeno-idrocarburi (LOx-HC). Questa propulsione è
ritenuta un elemento chiave per l‟evoluzione dei lanciatori verso una riduzione di costi a
parità di prestazioni. Quindi l‟obiettivo principale di questa attività è lo sviluppo e la
realizzazione prototipica di un terzo stadio a liquido chiamato MIRA che andrebbe a
sostituire l‟attuale terzo stadio (Zefiro 9) e l‟ AVUM.
4.3. Le missioni possibili
Nell‟ottica di verificare come possa un sistema italiano trovare una collocazione all‟interno
di un mercato europeo per un accesso autonomo allo Spazio, la chiave di volta e'
costituita da un sistema ORS (Sistema Spaziale con una Rapida Risposta Operativa).
Vista la complessità di tali sistemi è opportuno parlare di due requisiti fondamentali:
la rapidità di dispiegamento del sistema spaziale e la flessibilità rispetto alla posizione
geografica del lancio, in quanto tale requisito ha impatti sulle orbite raggiungibili, una volta
definito il sistema.
Una prima domanda da porsi per un sistema con capacità di risposta rapida è: qual è la
rapidità con cui il sistema deve essere dispiegato? La risposta a questa domanda cambia
a seconda dell‟ utenza in gioco. Se l‟utente è di tipo militare, il requisito non potrà che
essere: il sistema dovrà essere disponibile in un tempo che và da giorni ad un massimo di
pochi mesi. La spesa del sistema e del suo mantenimento in vita sarà inversamente
proporzionale al tempo di risposta: minore è il tempo di reazione richiesto, maggiore è il
costo del sistema da realizzare.
Per quanto riguarda il requisito sulla flessibilità del sistema rispetto alla scelta della
posizione geografica del lancio, questa verrebbe ad avere un costo sia in termini monetari
che in termini di tipologia di missione ( orbita raggiungibile). Basti pensare alla differenza
di budget per un lancio in orbita elio sincrona (il cui piano orbitale è inclinato rispetto al
piano equatoriale di un angolo maggiore di 95°) a 700 km tra un sistema aviotrasportato
ed un sistema di lancio “convenzionale”.
Il primo è sicuramente molto più flessibile del secondo, ma con "impatti differenti" sui costi.
space_20120723-1026.docx 110 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
Il razzo aviotrasportato della Orbital, il Pegasus XL può essere lanciato decollando con il
vettore aereo da diverse località: dal Kennedy Space Center (Florida), da Vandenberg
(California), da Wallops Flight Facilities (Virginia), dalle isole Kwajalein (Oceano Pacifico)
o dalle isole Canarie (Oceano Atlantico).
Ipotizzando quindi un lancio in orbita con i parametri precedentemente citati (elio sincrona
a 700_km di altezza) con il Pegasus XL sarebbero necessari dai 15 ai 30 milioni di US$
(somma che preventiva la NASA) per lanciare un payload di 220 kg (come si evince da
Fig. 26 sulla linea che si riferisce all‟orbita Sun Synchronous, dove con un payload di
massa pari a kg 220, si ricava che l‟altitudine dell‟orbita circolare raggiungibile è di circa
700 km).
Figura 26 - Analisi di Missione del Pegasus
Mentre lanciando un satellite con il razzo della Space X, il Falcon 1E, da Omelek Island
(isole Kwajalein nell‟ Oceano Pacifico) si può lanciare un payload di circa 600 kg alla
stessa quota e sulla stessa orbita (come si evince da Fig. 27 sulla linea che si riferisce al
Falcon 1e - 700 Km, da cui si ricava che un payload di circa 550 kg di massa ha un orbita
con inclinazione maggiore di 95°, inclinazione che definisce un orbita sun synchronous), al
costo di US$ 10,9 milioni.
space_20120723-1026.docx 111 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
Figura 27 - Analisi di Missione del Falcon
Data questa introduzione su due requisiti fondamentali, il caso che si vuole analizzare
riguarda un sistema cosiddetto “Gap filler”, ovvero un sistema che può essere dispiegato
in attesa della realizzazione di grandi sistemi infrastrutturali, ed in quest‟ottica questo tipo
di applicazione può essere ricondotta ad un attività ORS.
Fatte salve le attività di carattere puramente scientifico, che hanno un loro tempo di
gestazione e realizzazione, legato a molti parametri (non ultimo la maturità tecnologica dei
vari sottosistemi), se siamo nel campo delle applicazioni di servizio per grandi numeri di
utenti (ad esempio le telecomunicazioni, o anche il telerilevamento) nel passaggio da una
all‟altra generazione spesso possono esserci dei “buchi” (gap) di servizio. In tal caso un
sistema che permetta di mantenere un servizio, ancorché minimale, darebbe una
maggiore flessibilità temporale ai grossi sistemi infrastrutturali (come satelliti la cui massa
è superiore ai 5000 Kg ) che vengono lanciati nello spazio.
L‟evoluzione del mercato dei lanciatori ha dimostrato che la tendenza è quella di mettere
in orbita sistemi di grosse dimensioni, e per questo motivo sono necessari lanciatori
sempre più potenti. È facile intuire che più grande è il sistema, maggiori sono le missioni
che vogliamo che assolva e quindi maggiore è la probabilità, durante lo sviluppo, che si
possano accumulare ritardi.
space_20120723-1026.docx 112 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
È importante, quindi, nel caso di degradazione del sistema in orbita, che questo possa
essere sostituito in breve tempo per evitare che esista una soluzione di continuità del
servizio. È altresì importante che possano essere raggiungibili dal nostro sistema il
maggior numero di orbite possibili, cercando di arrivare nello spazio dalla stessa posizione
geografica terrestre, in quanto sicuramente è la soluzione meno dispendiosa.
Questo tipo di necessità potrebbe essere soddisfatta solo avendo a disposizione tre
elementi fondamentali: un lanciatore velocemente dispiegabile, una base di lancio
disponibile, facilmente raggiungibile e con i servizi adeguati, ed un satellite già predefinito
(o come si dice in termini tecnici ricorrente) già predisposto per il lanciatore. Da questo
punto di vista si può vedere l‟attualità dell‟idea iniziale di Broglio, ovvero gestire
unitariamente sia la fase di lancio avendo a disposizione il lanciatore, il payload (ovvero il
satellite da lanciare) e la base da cui far partire la missione spaziale..
La possibilità di avere a disposizione un sito di lancio come la base in Kenya
permetterebbe di disporre di un sistema a risposta rapida e allo stesso tempo di avere una
soluzione di Back Up nel caso di overbooking della base di Kourou, vista la presenza di tre
tipologie diverse di lanciatori.
Allo stato attuale il ”Centro Spaziale Luigi Broglio” comprende una serie di fabbricati per gli
alloggi ed i servizi, un piccolo porticciolo per l‟attracco dei natanti necessari per
raggiungere in mare le piattaforme, utilizzate al periodo dei lanci del razzo Scout, e tre
Stazioni di Terra.
Queste ultime forniscono servizi satellitari e di Telemetria, Telecomando e Ranging.
Le bande di frequenza utilizzate vanno dal GHz in banda L ai 10-12 GHz in banda X, sia
per il supporto ai servizi di lancio dei razzi di Arianespace che per il supporto alle fasi
iniziali dell‟immissione in orbita dei satelliti (Launch and Early Orbit Phase – LEOP)
Tornando all‟eventuale overbooking della base di Kourou, avere tre diversi tipi di lanciatori
con diverse tecnologie, con diverse tipologie di missioni (orbite per satelliti Geo, Leo,
satelliti su orbite inclinate e non), e con diverse procedure e team di lancio, potrebbe
portare a una non completa ottimizzazione delle risorse disponibili presso la base in
Guyana, in caso di lanci temporalmente ravvicinati tra loro.
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In tale contesto una base, piccola, dedicata ad un particolare tipologia di lanciatore
potrebbe essere utile in ambito di una strategia europea attenta alle molteplici esigenze
del mercato dei lanciatori.
Pertanto pensare di utilizzare la base in Kenia per lanci di “piccoli” payload (satelliti), con
capacità di risposta operativa rapida (capacità ORS) alle esigenze di servizi satellitari che
il mercato potrebbe richiedere, comporterebbe da un lato l'ammodernamento di
un‟installazione già esistente (e non la costruzione di una nuova installazione partendo da
zero), e dall‟altro la possibilità di abbattere i costi di investimento in territorio keniota
tramite un buon piano logistico, in modo che la maggior parte delle lavorazioni e
l‟organizzazione operativa possa essere condotta in madre patria.
A questo proposito è interessante notare l‟esempio della Sea Launch (si veda paragrafo
4.1.2.) che in una piccolissima base navale ha lo stoccaggio dei razzi vettori prodotti in
Ucraina ed in Russia, mentre l‟assemblaggio avviene su una nave, che sicuramente non
ha le disponibilità di spazi, o infrastrutture per caricamento propellente, o di laboratori per
le prove finali prima del lancio come invece può avere una base a terra, come quella di
Kourou.
Il lanciatore potrebbe avere una configurazione leggermente depotenziata rispetto a Vega
con una capacità di lancio per un satellite intorno ai 600 kg. La base di lancio potrebbe
essere mantenuta presso il poligono della base San Marco (oggi “Centro Spaziale
Luigi_Broglio”), debitamente rivisitato e corretto. Per avere una idea della dimensione
dell‟impresa, si pensi che la Sea Launch sposta una piattaforma di circa una lunghezza di
circa 137 m e una larghezza di circa 67 m, dal porto di Los Angeles al sito di lancio in
mare aperto (10-15 giorni di navigazione). Nel nostro caso potrebbe essere più semplice,
ancorando una nuova piattaforma nell‟attuale posizione della San Marco e avendo a
disposizione la base logistica a terra a 3 miglia di distanza.
La parte più cospicua delle lavorazioni per la produzione del lanciatore potrebbe essere
svolta in Italia assemblando l‟intero razzo (compreso il satellite nelle fairings) e partendo
da un porto del centro Italia (ad esempio Civitavecchia) alla volta di Malindi, passando per
il canale di Suez, oppure portando i moduli del razzo direttamente a Malindi e
assemblandoli in un Hangar (da realizzare) posto sulla base a terra.
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Per quanto concerne la tecnica per portare a bordo della piattaforma il razzo, può essere
reiterata quella adottata dalla Sea Launch che tramite una nave appoggio (la stessa che
potrebbe fare la traversata dall‟Italia alle coste del Kenia) trasferisce il razzo dalla
terraferma sulla piattaforma.
Il razzo della Sea Launch, lo Zenit, ha un differente tipo di propellente e quindi andrebbero
studiati gli impatti di un razzo a propellente solido, nel fare questo tipo di operazione.
Figura 28 - Sea launch . Trasporto del razzo dalla nave alla piattaforma
Il satellite “ricorrente” dovrebbe essere concepito come un attività di “filiera”.
Già oggi in Italia abbiamo la tecnologia necessaria per la costruzione dei bus dei satelliti di
classe al di sotto del 1000 kg, fino ad arrivare a satelliti della classe dei microsatelliti
(al di sotto dei 100 Kg) ed anche più piccoli.
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Per quanto detto, le missioni che dovrebbero essere supportate dal lanciatore (tenendo
conto di tutti i programmi di sviluppo in essere) potrebbero essere lanci di un payload di
600 Kg con i seguenti parametri:
- orbite con inclinazioni comprese tra 3° e la SSO (Sun Sincronous Orbit);
- l‟altezza dell‟ orbita tra 300 km e 1500 km con una baseline a 700 km;
- la possibilità di effettuare Galileo transfer orbit (perigeo a 200 km, apogeo a
23616 km, inclinazione a circa 56°;
- La possibilità di effettuare una Geosynchronous Transfer Orbit (GTO)
perigeo a 200 km, apogeo 35786 km, inclinazione circa 3,0°.
Con questo tipo di orbite potrebbero essere concepite missioni "gap filler", sia per quanto
riguarda la parte di telerilevamento, che per quanto riguarda la parte di Telecomunicazioni.
Per la parte relativa al Telerilevamento, si tratta di una missione classica di cui esiste
ampia letteratura e per la quale L‟Italia dispone di tecnologia sufficientemente matura per
realizzare tali satelliti in catena di montaggio. L‟ipotesi che si vuole portare avanti è la
possibilità di utilizzare lo stesso bus anche per un payload di comunicazione che fornisca
la stessa tipologia di servizi alla stregua di un satellite geostazionario di grandi dimensioni.
Tenuto conto dell‟esperienza avuta con il satellite dell‟ESA Artemis74, la cui missione
riguarda (essendo nel 2012 ancora in orbita) le telecomunicazioni, si potrebbe pensare di
imbarcare a bordo del satellite la propulsione elettrica che, a differenza di quella chimica,
comporta un notevole risparmio di peso. In questo modo il satellite potrebbe essere
compatibile con la missione di un piccolo lanciatore come Vega e si potrebbe pensare di
far raggiungere l‟orbita Geostazionaria anche ai piccoli satelliti.
Oppure, sempre per applicazioni di Telecomunicazioni, si potrebbero utilizzare piccoli
satelliti posti su differenti orbite, con altitudini più basse. Le comunicazioni saranno simili
per tecnologia a quelle dei satelliti Geostazionari, con antenne di dimensioni non
eccessive, con inevitabili impatti sulla quantità di traffico che può essere realizzata, ma
con il vantaggio che il satellite possa essere dispiegato rapidamente all‟evenienza
(massimo un anno, dall‟esigenza al lancio) e con la possibilità di rientro in atmosfera a
74
Artemis è un satellite geostazionario dell’ ESA lanciato il 12 luglio 2001. Questi doveva essere posto in orbita GTO
(Geo Transfer Orbit) da un razzo Ariane 5 e che a causa di un under performance del missile è stato posto su un orbita
più bassa. Dopo aver il propellente chimico per arrivare ad un orbita circolare di 31000 km, ha dovuto raggiungere
l’orbita geostazionaria a 36000 km tramite la propulsione elettrica, che aveva a bordo come sistema innovativo. Dopo
circa 18 mesi ha raggiunto l’orbita prevista, domostrando la validità della propulsione elettrica.
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termine della vita. La parte più complessa è la cosiddetta geometria della missione, che
dovrebbe essere tale da garantire continuità di collegamento tra gli utenti e quindi
cercando di studiare un orbita compatibile con questo requisito e compatibile con
performance raggiungibili dal lanciatore e del satellite.
L‟idea è di utilizzare una tipologia di orbita molto simile all‟orbita russa Molnya75 che
permette una copertura quasi fissa su di una porzione di superficie circoscritta, basandosi
sulla forte eccentricità e inclinazione (63.4°). Questa comporta una velocità molto elevata
al perigeo (quota di ca. 450 km), ma offre una velocità assai ridotta all‟apogeo, che verrà
posto proprio in corrispondenza della porzione di terra in cui si vuole stabilire il link
satellitare.
Partendo da analoghe considerazioni si è pensato di definire un‟orbita, con periodo di 8
ore (quindi 3 apogei al giorno distribuiti intorno alla Terra), che abbia quote di perigeo e di
apogeo rispettivamente di ca. 480 km e di circa 27000. km. Avendo un periodo di ca. 8
ore, si è pensato ad una costellazione di 3 satelliti, in modo da ricoprire la medesima zona
geografica nell‟intero periodo della giornata. Il risultato di uno studio ci conferma che è
possibile raggiungere una copertura giornaliera del servizio quasi totale in una determinata
zona geografica (per fissare le idee si è scelta la visibilità dei satelliti da una zona nell‟Alto
Lazio, ma la zona geografica è decisamente ampia all‟interno del continente europeo e
mediorientale. Tuttavia permangono slot di mancata copertura dell‟ordine di circa 1 ora
(per ulteriori dettagli si rimanda alla parte specialistica).
Figura 29 - Studio Costellazione per Telecomunicazioni
75
http://en.wikipedia.org/wiki/Molniya_orbit
Sito di Vigna di Valle
Sito di Vigna di Valle
Sito di Vigna di Valle
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4.4. Conclusioni
Come abbiamo visto nel cap. 3, la politica spaziale europea guarda ai sistemi di lancio
come un‟attività strategica per lo sfruttamento dello spazio. Sia per motivi storici che per
motivi legati alla grandezza dei satelliti di carattere istituzionale, l‟impegno europeo si è
rivolto principalmente verso lo sviluppo di sistemi di lancio sempre più potenti.
Da quando l‟ESA ha iniziato a sviluppare Vega, è come se si fosse avuta un‟inversione di
tendenza. La necessità non riguardava più solo il lancio di grandi sistemi, ma è come se
l‟agenzia si fosse rivolta verso il mercato dei sistemi di più medie/piccole dimensioni,
aprendo a necessità di lancio fino ad allora colmate utilizzando o ex missili
Intercontinentali o tramite l‟accomodamento del payload nel razzi con altri sistemi molto
più grandi.
Le ambizioni europee di accesso autonomo allo spazio sono condivise anche a livello
nazionale. L‟Italia ha delle tradizioni storicamente importanti nel campo dell‟accesso allo
spazio, che si sono tramutate in know how dell‟industria nazionale. Questo patrimonio non
solo storico ma anche economico necessita di un sostentamento. L‟ASI nella sua politica
strategica ha sancito in modo chiaro ed inequivocabile l‟accessibilità allo spazio come uno
dei fattori determinanti della politica spaziale nazionale, ma ha fatto di più sostenendo un
programma come VEGA e continuando a sostenere le tecnologie per i futuri sviluppi.
Dal punto di vista di chi scrive, manca una capacità europea di utilizzare lo spazio in
termini di flessibilità, l‟economicità e prontezza rispetto alle esigenze dell‟utenza.
Tale capacità (che altro non è che l‟ORS) è principalmente militare (per i requisiti di
prontezza), ma può avere risvolti positivi anche in campo civile.
Mettendo a fattor comune tutte le sinergie presenti in Italia possiamo pensare di realizzare
questo tipo di capacità, in quanto disponiamo di una base di lancio (anche se da
rivitalizzare), di un sistema di lancio come il VEGA (e le configurazioni successive che ne
deriveranno), e della capacità di progettare e produrre sistemi satellitari sia di
telerilevamento che di telecomunicazioni.
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Per tanto alla domanda riguardo la logicità di un accesso autonomo allo spazio, è
plausibile rispondere che un accesso autonomo nazionale allo Spazio debba essere
integrato nella strategia europea dei sistemi di lancio. In definitiva potremmo proporci
come gestori della capacità ORS (Operationally Responsive Space) europea, disponendo
di quanto necessita e, al tempo stesso, inserirci in una parte di mercato attualmente
inesplorata in Europa.
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PARTE B: Sezione
SPECIALISTICA / DI SUPPORTO / BIBLIOGRAFICA
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CAPITOLO 5. La missione compatibile: costellazione per telecomunicazioni “TRIADE”
5.1. Descrizione generale76
In questo capitolo si analizza la fattibilità di una costellazione (denominata “TRIADE”) di 3
satelliti in orbita ellittica con perigeo a ca. 480 km e apogeo a ca. 27000 km.
La tipologia di orbita è molto simile all‟orbita russa Molnya che permette una copertura
quasi fissa su di una porzione circoscritta di territorio, basandosi sulla forte ellitticità
dell‟orbita e un inclinazione di 63.4 Deg del piano orbitale. Questi parametri comportano
una velocità molto elevata al perigeo (quota di ca. 450 km), e una velocità assai ridotta
all‟apogeo, in corrispondenza del quale si trova la porzione di territorio dove si vuole
stabilire il link satellitare (la porzione di territorio coperta da tale tipologia di satelliti è la
regione russa).
Partendo da analoghe considerazioni si è pensato di definire un‟orbita, con periodo di 8
ore (quindi 3 apogei al giorno distribuiti intorno alla Terra), che abbia quote di perigeo e di
apogeo rispettivamente di 480 km e di ca. 27000 km. Avendo un periodo di ca. 8 ore, si è
pensato ad una costellazione di 3 satelliti che sono stati definiti Nom_1, Nom_2 e Nom_3.
Nelle Tabella 7, Tabella 8, Tabella 9 si riportano gli elementi orbitali nel formato classico e
nella Figura 30 si riportano le orbite dei Satelliti appena descritti nella “Proiezione
Cilindrica Centrografica modificata di Mercatore”, allo scopo di fornire un‟idea più
immediata delle caratteristiche che contraddistinguono questa tipologia di costellazione.
76
Il contenuto informativo del capitolo 5 è scritto in collaborazione con l’Ing. Marco REALI. Verrà utilizzato come
ausilio informatico il Software AGI “Satellite Tool Kit” ver. 8.1.2
La missione compatibile: costellazione
per telecomunicazioni “TRIADE” 5
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N° Sat. Descrizione Valore
Nom_1
Epoca 25 10 2011 00:00:00.000
Quota Apogeo 27127.9 [km]
Quota Perigeo 480 [km]
Inclinazione 63.4 [°]
Argomento del Perigeo 270 [°]
Ascensione Retta del Nodo Ascendente 10.3825 [Deg]
Anomalia Vera 0 [Deg]
Tabella 7 - Elementi Orbitali nel Formato Classico del Satellite N° 1 (Nom_1) Satellite Id.: 10001
N° Sat. Descrizione Valore
Nom_2
Epoca 25 10 2011 08:00:00.000
Quota Apogeo 27127.9 [km]
Quota Perigeo 480 [km]
Inclinazione 63.4 [°]
Argomento del Perigeo 270 [°]
Ascensione Retta del Nodo Ascendente 130.711 [Deg]
Anomalia Vera 0 [Deg]
Tabella 8 - . Elementi Orbitali nel Formato Classico del Satellite N° 2 (Nom_2) Satellite Id.: 10002
N° Sat. Descrizione Valore
Nom_3
Epoca 25 10 2011 16:00:00.000
Quota Apogeo 27127.9 [km]
Quota Perigeo 480 [km]
Inclinazione 63.4 [°]
Argomento del Perigeo 270 [°]
Ascensione Retta del Nodo Ascendente 251.040 [Deg]
Anomalia Vera 0 [Deg]
Tabella 9 - Elementi Orbitali nel Formato Classico del Satellite N° 3 (Nom_3) Satellite Id.: 10003
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Figura 30 - Costellazione “Triade” Proiezione Mercatore
Si evidenzia, come caratteristica essenziale di tale costellazione, che i tre satelliti sono posizionati in orbite tali che permettano
l‟avvicendamento sulla posizione di Vigna di Valle, considerata come “gate” delle telecomunicazioni satellitari dell‟esempio in esame,
quasi simultaneo, con un “gap” di servizio con un tempo molto ridotto. Nel caso si provvedesse all‟utilizzo di antenne con
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inseguimento automatico si riuscirebbe anche a fornire una sorta di overlap tra i satelliti in visibilità o addirittura di copertura di backup
sui satelliti che si trovano agli apogei laterali (Nom_2 e Nom_3 in Figura 30). Tale possibilità si mette in evidenza in modo chiaro nella
Figura 31, che riporta (tratto marcato in colore rosso) la copertura offerta dai satelliti laterali nel caso di antenne con inseguimento
automatico.
Figura 31 - Antenne con inseguimento automatico e copertura sui satelliti laterali
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Volendo identificare i punti caratteristici di ciascuna delle orbite dei 3 satelliti si può far
riferimento:
- alla Tabella 10 per quanto concerne le posizioni [X, Y, Z] nel riferimento J2000 e la
distanza del Satellite dal centro della terra al Perigeo e all‟Apogeo
- alla Tabella 11 per quanto concerne le Velocità [VX, VY, VZ] nel riferimento J2000 e
il modulo della Velocità sempre al Perigeo e all‟Apogeo.
Epoca X Y Z R
Raggio
Perigeo/Apogeo
[GG/MM/AA
hh.mm] [km] [km] [km] [km] [km]
NOM_1 Perigeo 25/10/11 0.00 553,41 -3.020,51 -6.132,23 6.858,14 479,75
Apogeo 25/10/11 3.59 -2.684,51 14.826,12 30.101,81 33.662,14 27.283,75
NOM_2 Perigeo 25/10/11 8.00 2.327,69 2.002,91 -6.132,23 6.858,14 479,75
Apogeo 25/10/11 4.01 -11.400,89 -9.850,38 30.101,36 33.661,59 27.283,20
NOM_3 Perigeo 25/10/11 16.00 -2.904,18 997,75 -6.132,23 6.858,14 479,75
Apogeo 25/10/11 4.02 14.242,02 -4.920,19 30.102,28 33.662,90 27.284,51
Tabella 10 - Posizioni [X, Y, Z] (rif. J2000) dei 3 satelliti e quota di Perigeo ed Apogeo
Epoca VX VY VZ V
[GG/MM/AA
hh.mm] [km/s] [km/s] [km/s] [km/s]
NOM_1 Perigeo 25/10/11 0.00 9,662168 1,770287 0,000000 9,823
Apogeo 25/10/11 3.59 -1,969729 -0,357814 0,003187 2,002
NOM_2 Perigeo 25/10/11 8.00 -6,407002 7,445920 0,000000 9,823
Apogeo 25/10/11 4.01 1,308087 -1,515613 -0,003081 2,002
NOM_3 Perigeo 25/10/11 16.00 -3,191644 -9,290038 0,000000 9,823
Apogeo 25/10/11 4.02 0,650593 1,893219 0,009161 2,002
Tabella 11 - Velocità [VX, VY, VZ] (rif. J2000) dei 3 satelliti e modulo della Velocità al Perigeo e all’Apogeo
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5.2. Perturbazioni dell’orbita
Nel caso in esame si fa riferimento al primo Perigeo e al primo Apogeo che incontra
ciascun satellite; infatti, visto che il periodo orbitale è di 8 ore, ogni satellite incontrerà 3
Perigei e 3 Apogei nel corso delle 24 ore. In Tabella 12 se ne riportano gli orari riferiti al
giorno 25 Ottobre 2011, scelto come data di riferimento della simulazione, per il solo
satellite Nom_1. Tale analisi è stata estesa ai giorni 25 Novembre/Dicembre 2011 e 25
Gennaio 2012 rispettivamente in Tabella 13, Tabella 14 e Tabella 15.
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Giorno Ora Longitudine
[GG/MM/AA] [hh:mm:ss] [DegE]
NOM_1
1° Perigeo 25/10/11 00:00:00 -112.370
1° Apogeo 25/10/11 03:59:10 7.597
2° Perigeo 25/10/11 07:58:19 124.065
2° Apogeo 25/10/11 11:57:29 -112.467
3° Perigeo 25/10/11 15:56:39 11.292
3° Apogeo 25/10/11 19:55:49 127.471
Tabella 12 - Perigei e Apogei e relativa Longitudine Subsatellite 25 Ottobre 2011
Giorno Ora Longitudine
[GG/MM/AA] [hh:mm:ss] [DegE]
NOM_1
1° Perigeo 25/11/11 05:13:44 143.963
1° Apogeo 25/11/11 01:14:41 10.497
2° Perigeo 25/11/11 13:11:52 12.113
2° Apogeo 25/11/11 09:12:48 -109.469
3° Perigeo 25/11/11 21:09:59 -109.175
3° Apogeo 25/11/11 17:10:56 130.568
Tabella 13 - Perigei e Apogei e relativa Longitudine Subsatellite 25 Novembre 2011
Giorno Ora Longitudine
[GG/MM/AA] [hh:mm:ss] [DegE]
NOM_1
1° Perigeo 25/12/11 02:16:00 138.235
1° Apogeo 25/12/11 06:14:58 -101.624
2° Perigeo 25/12/11 10:13:56 19.115
2° Apogeo 25/12/11 14:12:54 138.503
3° Perigeo 25/12/11 18:11:51 -100.010
3° Apogeo 25/12/11 22:10:49 18.629
Tabella 14 - - Perigei e Apogei e relativa Longitudine Subsatellite 25 Dicembre 2011
Giorno Ora Longitudine
[GG/MM/AA] [hh:mm:ss] [DegE]
NOM_1
1° Perigeo 25/01/12 06:54:05 29.261
1° Apogeo 25/01/12 02:55:11 -89.836
2° Perigeo 25/01/12 14:51:52 -88.309
2° Apogeo 25/01/12 10:52:59 150.350
3° Perigeo 25/01/12 22:49:40 154.128
3° Apogeo 25/01/12 18:50:46 30.329
Tabella 15 - Perigei e Apogei e relativa Longitudine Subsatellite 25 Gennaio 2012
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In Figura 32 si riporta l‟andamento della Longitudine Subsatellite degli apogei del satellite
Nom_1 (Riferiti ai giorni 25 Ottobre/Novembre/Dicembre 2011 e 25 Gennaio 2012) per
mettere in evidenza come muova il punto rispetto al sistema di riferimento terrestre al
variare del tempo. In particolare, focalizzando l‟attenzione sulla Longitudine di Vigna di
Valle (12,04 Deg E), si può osservare che nel tempo (intervallo temporale di 1 mese) gli
apogei sembrano subire una spostamento che sembra proporzionale all‟orario a cui si
verificano (si veda che nel tempo i valori di Longitudine sono ca. 7, 10, 18, 30).
Per capire in modo più chiaro questo fenomeno è bene analizzare l‟andamento della
RAAN (Ascensione Retta del Nodo Ascendente) che tende a variare costantemente nel
tempo e quindi ha come effetto la rotazione dell‟orbita del satellite rispetto alla terra (vedi
Figura 33).
Nel contempo un altro fattore perturba l‟orbita del Satellite e causa una degradazione della
posizione nominale: infatti, in Figura 34, si vede come il valore del SemiAsse Maggiore del
Satellite Nom_1 tende a diminuire di ca. 200 km nel periodo preso in esame (ca. 3 mesi)
contribuendo alla variazione delle caratteristiche proprie delle orbite selezionate.
Figura 32 - Apogei del Satellite Nom_1 nel Periodo in Esame (Ottobre 2011 - Gennaio 2012)
3° Apogeo
Dicembre
3° Apogeo
Gennaio
1° Apogeo
Ottobre
1° Apogeo
Novembre
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Figura 33 - RAAN del Satellite Nom_1 nel Periodo in Esame (Ottobre 2011 - Gennaio 2012)
Figura 34 - SemiAsse Maggiore del Satellite Nom_1 (Ottobre 2011 - Gennaio 2012)
space_20120723-1026.docx 129 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
Per completezza si riportano l‟Inclinazione, Eccentricità e Argomento del Perigeo, che
subiscono variazioni ben più contenute in Figura 35, Figura 36, Figura 37.
Figura 35 - Inclinazione del Satellite Nom_1 (Ottobre 2011 - Gennaio 2012)
Figura 36 - Eccentricità del Satellite Nom_1 (Ottobre 2011 - Gennaio 2012)
space_20120723-1026.docx 130 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
Figura 37 - Argomento del Perigeo del Satellite Nom_1 (Ottobre 2011 - Gennaio 2012)
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5.3. Coperture e back up
Sempre con l‟ausilio del software AGI “Satellite Tool Kit” v. 8.1.2, si è proceduto alla
verifica della copertura offerta dalla costellazione sul sito di Vigna di Valle (coordinate:
12.04E, 4.12N).
Si sono considerati 3 sensori sul sito di Vigna di Valle ipotizzando la massima visibilità
(orizzonte libero) e apertura conica di semiangolo di ca. 1 Deg.
Si riportano gli accessi dei tre satelliti Nom_1, Nom_2 e Nom_3 relativi ai giorni 25-26
Ottobre 2011 rispettivamente in Figura 38, Figura 39, Figura 40.
Figura 38 - Visibilità del Satellite Nom_1 dalla sito di Vigna di Valle
Figura 39 - Visibilità del Satellite Nom_2 dalla sito di Vigna di Valle
Figura 40 - Visibilità del Satellite Nom_3 dalla sito di Vigna di Valle
space_20120723-1026.docx 132 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
Si evidenzia come i 3 satelliti forniscano una copertura di ca. 7 ore ciascuno sul sito di
Vigna di Valle e senza overlap ma con una massima separazione temporale tra il
passaggio di uno ed il successivo di ca. 53 minuti. Considerando però la possibilità di
inseguimento automatico dei sensori di terra si potrebbe immaginare di avere una
copertura di backup, coordinando il passaggio da un satellite all‟altro. Rispettivamente in
Tabella 16, Tabella 17, Tabella 18 sono riportati i secondi di copertura: in verde quando
l‟apogeo del satellite e sul sito di Vigna di Valle ed in bianco quando si trova lateralmente.
N°. Acc. Inizio Accesso Fine Accesso Durata
[-] [GG MMM AAAA
hh:mm:ss.mmm]
[GG MMM AAAA
hh:mm:ss.mmm] [s]
1 25 Oct 2011 00:26:48.788 25 Oct 2011 07:33:28.037 25599.249
2 25 Oct 2011 10:15:31.760 25 Oct 2011 14:45:48.631 16216.871
3 25 Oct 2011 16:53:05.155 25 Oct 2011 21:48:45.759 17740.604
Tabella 16 - Accessi Satellite Nom_1 il Giorno 25 Ottobre 2011
N°. Acc. Inizio Accesso Fine Accesso Durata
[-] [GG MMM AAAA
hh:mm:ss.mmm]
[GG MMM AAAA
hh:mm:ss.mmm] [s]
1 25 Oct 2011 00:58:12.921 25 Oct 2011 05:54:08.525 17755.605
2 25 Oct 2011 08:26:51.023 25 Oct 2011 15:33:29.818 25598.795
3 25 Oct 2011 18:16:01.643 25 Oct 2011 22:45:51.163 16189.520
Tabella 17 - Accessi Satellite Nom_2 il Giorno 25 Ottobre 2011
N°. Acc. Inizio Accesso Fine Accesso Durata
[-] [GG MMM AAAA
hh:mm:ss.mmm]
[GG MMM AAAA
hh:mm:ss.mmm] [s]
1 25 Oct 2011 02:20:44.355 25 Oct 2011 06:51:00.748 16216.393
2 25 Oct 2011 08:58:03.422 25 Oct 2011 13:54:10.013 17766.591
3 25 Oct 2011 16:26:50.558 25 Oct 2011 23:33:30.273 25599.715
Tabella 18 - Accessi Satellite Nom_3 il Giorno 25 Ottobre 2011
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In Figura 41 si riporta un grafico che illustra in modo immediato quanto già presentato in
tabella e mostra come in effetti si riesca a raggiungere una copertura quasi totale, in
quanto permangono delle slot di mancata copertura sebbene sia meno di un ora. In effetti
le coperture laterali costituirebbero delle ottime soluzioni di backup nel caso di mancato
accesso sui satelliti in copertura sul sito di Vigna di Valle.
Figura 41 - Visibilità dei 3 Satelliti dal sito di Vigna di Valle
Sul Sito di Vigna di ValleSul
Sul Sito di Vigna di ValleSul
Sul Sito di Vigna di ValleSul
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Di seguito, per avere un‟idea immediata, in Figura 42, Figura 43 e Figura 44 si riportano le
immagini del software utilizzato per la simulazione della costellazione “TRIADE” che
mettono in evidenza rispettivamente l‟ingresso nel campo di visibilità, l‟Apogeo e l‟uscita
dal campo di visibilità del satellite Nom_2 (orbita viola) dal sito di Vigna di Valle in
copertura principale.
Figura 42 - Accesso Satellite Nom_2 dal Sito di Vigna di Valle 25/10/2011 08.26
space_20120723-1026.docx 135 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
Figura 43 - Accesso Satellite Nom_2 dal Sito di Vigna di Valle 25/10/2011 11.37
Figura 44 - Accesso Satellite Nom_2 dal Sito di Vigna di Valle 25/10/2011 15.33
space_20120723-1026.docx 136 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
La soluzione è sfruttare gli ulteriori 2 apogei che i 3 satelliti della costellazione incontrano
su sub satellite point diversi da quello di Vigna di Valle. In particolare per i satelliti Nom_1,
Nom_2 e Nom_3 si riportano in Tabella 19, Tabella 20, Tabella 21 le longitudini
subsatellite che vengono attraversate.
N°. Apogeo Ora Apogeo Longitudine
SubSatellite
Quota
Apogeo
[-] [GG MMM AAAA
hh:mm:ss.mmm] [DegE] [km]
Apogeo 1 25 Oct 2011 03:59:10.044 7.597 27301.098
Apogeo 2 25 Oct 2011 11:57:29.846 -112.467 27300.980
Apogeo 3 25 Oct 2011 19:55:49.500 127.676 27301.425
Tabella 19 - Longitudine SubSatellite del Satellite Nom_1 il Giorno 25 Ottobre 2011
N°. Apogeo Ora Apogeo Longitudine
SubSatellite
Quota
Apogeo
[-] [GG MMM AAAA
hh:mm:ss.mmm] [DegE] [km]
Apogeo 1 25 Oct 2011 04:00:50.202 127.438 27300.533
Apogeo 2 25 Oct 2011 11:59:09.860 7.378 27300.678
Apogeo 3 25 Oct 2011 19:57:29.340 -112.681 27300.416
Tabella 20 - Longitudine SubSatellite del Satellite Nom_2 il Giorno 25 Ottobre 2011
N°. Apogeo Ora Apogeo Longitudine
SubSatellite
Quota
Apogeo
[-] [GG MMM AAAA
hh:mm:ss.mmm] [DegE] [km]
Apogeo 1 25 Oct 2011 04:02:28.922 -112.652 27301.879
Apogeo 2 25 Oct 2011 12:00:49.560 127.489 27301.608
Apogeo 3 25 Oct 2011 19:59:10.194 7.422 27301.193
Tabella 21 - Longitudine SubSatellite del Satellite Nom_3 il Giorno 25 Ottobre 2011
space_20120723-1026.docx 137 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
Alle ore 04.00 ca. del 25 Ottobre 2011 i tre satelliti si trovano tutti ad uno dei loro Apogei,
Nom_1 su Vigna di Valle, Nom_2 all‟apogeo ad EST di Vigna di Valle (Apogeo EST), e
Nom_3 all‟apogeo ad OVEST di Vigna di Valle (Apogeo OVEST). In Figura 45 e Figura 46
si riportano le posizioni dei 2 Apogei laterali definiti per la simulazione in esame EST ed
OVEST rispettivamente.
Figura 45 - Posizione dell’Apogeo 1 del Satellite Nom_3 (coordinate 127 E, 63.4 N)
space_20120723-1026.docx 138 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
Figura 46 - Posizione dell’Apogeo 1 del Satellite Nom_2 (coordinate -112 E, 63.4 N)
Si evidenzia come l‟Apogeo OVEST sia più o meno centrato sull‟America del Nord mentre
l‟Apogeo EST si trova sull‟ASIA, pertanto si potrebbe pensare, laddove possibile e utile, di
utilizzare anche i satelliti che non si trovano come sub satellite point in corrispondenza di
Vigna di Valle, e prendere la stazione in Italia come “Gate” per le comunicazioni su altri siti
coperti dagli altri satelliti (in Figura 47 si riporta la situazione appena descritta al primo
Apogeo con disegnate le linee di accesso ai tre satelliti dal sito di Vigna di Valle).
space_20120723-1026.docx 139 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
Figura 47 - Costellazione al primo Apogeo con link satellitari dal sito di Vigna di Valle
Questa alternativa è solo un possibile utilizzo di tutte le potenzialità della costellazione
“TRIADE” che, nel caso di interesse, può essere sicuramente approfondita e, nell‟ottica
sistemistica, riprogettata al fine di ottimizzare le potenzialità del sistema visto nel suo
insieme. Non ultima anche la possibilità di link inter-satellitare, laddove e qualora sia
possibile e utile instaurare un link di tale tipologia.
space_20120723-1026.docx 140 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
5.4. Cenni di gestione operativa
Sempre con l‟ausilio del software AGI “Satellite Tool Kit” v. 8.1.2, si è proceduto all‟analisi
dell‟orbita del Satellite Nom_1 al fine di definire, in via preliminare, quale sia la possibile
strategia di mantenimento orbitale per tale tipo di costellazione.
Considerando che, da come si evince in Tabella 22, dopo ca. 3 mesi l‟apogeo principale
(con copertura sul sito di Vigna di Valle) subisce un drift, in termini di Longitudine
Subsatellite abbastanza consistente (arriva a circa 30 DegE), si è pensato di rialzare
l‟orbita, cioè l‟apogeo del Satellite e quindi il valore del semiasse maggiore al fine di
riportarlo al valore nominale che si ha al 25 Ottobre 2011, data di riferimento della
simulazione in esame.
Satellite Nom_1 e Longitudine SubSatellite (SENZA MANOVRA)
N°. Apogeo Ora Apogeo Longitudine
SubSatellite
Quota
Apogeo
[-] [GG MMM AAAA
hh:mm:ss.mmm] [DegE] [km]
Apogeo 1 25 Jan 2012 02:55:08.008 -88.807 27288.909
Apogeo 2 25 Jan 2012 10:52:55.250 150.380 27288.590
Apogeo 3 25 Jan 2012 18:50:42.502 30.565 27288.151
Tabella 22 - Longitudine SubSatellite del Satellite Nom_1 il Giorno 25 Gennaio 2012 Senza Manovra
A tale scopo si è pensato di pianificare una manovra di intensità pari a 0.001 km/s (1 m/s)
al primo perigeo (ore 2.15 ca.) del 25 Dicembre 2011 dopo 2 mesi di vita operativa. La
direzione di spinta è verso il moto del Satellite, quindi Est ed è considerata, nella
simulazione in esame, di tipo impulsivo senza introdurre le casistiche di componenti non
volute (trascurabili nel caso di manovre nel piano) e trascurando le problematiche relative
all‟efficienza dei motorini di sparo.
space_20120723-1026.docx 141 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
Utilizzando tale strategia si ottiene un innalzamento dell‟apogeo che consente di ottenere
un avvicinamento del punto subsatellite alla longitudine voluta (quella del sito di Vigna di
Valle).
In Tabella 23 si vede come al 25 Gennaio 2012 effettuando la manovra di cui sopra si
ottiene un miglioramento dell‟orbita che sembra ruotare fino ad ottenere il 3° Apogeo in
corrispondenza della longitudine di Vigna di Valle.
Satellite Nom_1 e Longitudine SubSatellite (CON MANOVRA)
N°. Apogeo Ora Apogeo Longitudine
SubSatellite
Quota
Apogeo
[-] [GG MMM AAAA
hh:mm:ss.mmm] [DegE] [km]
Apogeo 1 25 Jan 2012 04:01:12.078 -106.349 27328.730
Apogeo 2 25 Jan 2012 11:59:40.199 133.731 27328.352
Apogeo 3 25 Jan 2012 19:58:08.302 13.606 27328.037
Tabella 23 - Longitudine SubSatellite del Satellite Nom_1 il Giorno 25 Gennaio 2012 Con Manovra
Quindi si potrebbe estendere la stessa strategia agli altri satelliti e pensare di effettuare,
ogni 2 mesi, una manovra nel piano, al perigeo, nella direzione del moto e di modulo pari a
1 m/s.
space_20120723-1026.docx 142 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
In Figura 48 e Figura 49 si riportano le immagini esportate dal software che mettono in
evidenza la differente evoluzione dell‟orbita del Satellite rispettivamente senza
l‟effettuazione della manovra e con l‟effettuazione della stessa. Emerge in modo evidente
l‟infittimento delle orbite sul sito di Vigna di Valle.
Figura 48 - Evoluzione dell’Orbita del Satellite Senza Effettuazione della Manovra
Figura 49 - Evoluzione dell’Orbita del Satellite Con Effettuazione della Manovra
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INDICE delle FIGURE
Figura 1 - Jupiter C () ....................................................................................................... 10
Figura 2 - il razzo scout (disegno originale della NASA) .................................................. 29
Figura 3 - Piattaforma San Marco con Razzo pronto al lancio ......................................... 35
Figura 4 - Piattaforma San Marco (foto dell‟autore anno 2002) ....................................... 39
Figura 5 - Piattaforma Santa Rita per il controllo di volo e la telemetria
(foto dell‟autore anno2002) ........................................................................... 40
Figura 6 - Sala Countdown nella Santa Rita (foto dell‟autore anno 2002) ....................... 41
Figura 7 - Mock up del razzo San Marco-Scout sulla piattaforma San. Marco
( foto dell‟ autore anno 2002) ........................................................................ 47
Figura 8 - Foto lancio XSB3 (ESA) .................................................................................. 49
Figura 10 – Conestoga .................................................................................................... 53
Figura 11 – Athena .......................................................................................................... 53
Figura 12- Disegno del motore P80 (ESA Multimedia) .................................................... 57
Figura 13 - Disegno dello Zefiro 23 (ESA multimedia) ..................................................... 58
Figura 14 - Disegno dello Zefiro 9 (ESA Multimedia) ....................................................... 58
Figura 15 - Disegno AVUM (ESA multimedia) ................................................................. 59
Figura 16 - Prestazioni del Razzo VEGA per lanci in orbite circolari
( Vega User Manual ) .................................................................................... 62
Figura 17 - Divisione percentuale del progetto Vega ....................................................... 63
Figura 19 -A SpaceX's Falcon 1 (Flight 4) Omelek Island - Marshall Islands
(19 Sep 2008) - http://www.spacex.com/F1-004.php .................................... 86
Figura 20 - A SpaceX's Falcon 1 Flight 4 Omelek Island - Marshall Islands
(19 Sep 2008). http://www.spacex.com/F1-004.php ..................................... 87
Figura 21 - Razzo Falcon 1 (http://www.spacex.com/Falcon1UsersGuide.pdf) ............... 88
Figura 22 - Pegasus XL
(http://www.orbital.com/NewsInfo/Publications/Pegasus_UG.pdf) ................ 89
Figura 23 - Missione del Pegasus XL
(http://www.orbital.com/NewsInfo/Publications/Pegasus_UG.pdf) ................ 90
Figura 24 - Base Sea Launch dall'alto. La nave appoggio e la piattaforma
all'ancora nel porto (www.you-are-here.com/aerial/sea-launch.html) 98
Figura 25 – Vega: componenti e Ditte costruttrici
(Press Kit del lancio inaugurale di Vega) .................................................... 103
space_20120723-1026.docx 145 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
Figura 26 - Analisi di Missione del Pegasus ................................................................. 110
Figura 27 - Analisi di Missione del Falcon...................................................................... 111
Figura 28 - Sea launch . Trasporto del razzo dalla nave alla piattaforma ...................... 114
Figura 29 - Studio Costellazione per Telecomunicazioni ............................................... 116
Figura 30 - Costellazione “Triade” Proiezione Mercatore............................................... 122
Figura 31 - Antenne con inseguimento automatico e copertura sui satelliti laterali ........ 123
Figura 32 - Apogei del Satellite Nom_1 nel Periodo in Esame
(Ottobre 2011 - Gennaio 2012) ................................................................... 127
Figura 33 - RAAN del Satellite Nom_1 nel Periodo in Esame
(Ottobre 2011 - Gennaio 2012) ................................................................... 128
Figura 34 - SemiAsse Maggiore del Satellite Nom_1
(Ottobre 2011 - Gennaio 2012) ................................................................... 128
Figura 35 - Inclinazione del Satellite Nom_1 (Ottobre 2011 - Gennaio 2012) ................ 129
Figura 36 - Eccentricità del Satellite Nom_1 (Ottobre 2011 - Gennaio 2012) ................ 129
Figura 37 - Argomento del Perigeo del Satellite Nom_1
(Ottobre 2011 - Gennaio 2012) ................................................................... 130
Figura 38 - Visibilità del Satellite Nom_1 dalla sito di Vigna di Valle .............................. 131
Figura 39 - Visibilità del Satellite Nom_2 dalla sito di Vigna di Valle .............................. 131
Figura 40 - Visibilità del Satellite Nom_3 dalla sito di Vigna di Valle .............................. 131
Figura 41 - Visibilità dei 3 Satelliti dal sito di Vigna di Valle ........................................... 133
Figura 42 - Accesso Satellite Nom_2 dal Sito di Vigna di Valle 25/10/2011 08.26 ........ 134
Figura 44 - Accesso Satellite Nom_2 dal Sito di Vigna di Valle 25/10/2011 15.33 ........ 135
Figura 45 - Posizione dell‟Apogeo 1 del Satellite Nom_3 (coord 127 E, 63.4 N) ........... 137
Figura 46 - Posizione dell‟Apogeo 1 del Satellite Nom_2 (coord -112 E, 63.4 N) .......... 138
Figura 47 - Costellazione al primo Apogeo con link satellitari
dal sito di Vigna di Valle .............................................................................. 139
Figura 48 - Evoluzione dell‟Orbita del Satellite Senza Effettuazione della Manovra ...... 142
Figura 49 - Evoluzione dell‟Orbita del Satellite Con Effettuazione della Manovra .......... 142
space_20120723-1026.docx 146 Author: T. Col. GArn (E) FUSCO Ing. Alessandro Edit: T..Col. (A.M.) Monaci ing. Volfango
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Ce.Mi.S.S.77
Il Centro Militare di Studi Strategici (Ce.Mi.S.S.) e' l'Organismo che gestisce, nell'ambito e
per conto del Ministero della Difesa, la ricerca su temi di carattere strategico.
Costituito nel 1987 con Decreto del Ministro della Difesa, il Ce.Mi.S.S. svolge la propria
opera valendosi si esperti civili e militari, italiani ed esteri, in piena liberta' di espressione di
pensiero.
Quanto contenuto negli studi pubblicati riflette quindi esclusivamente l'opinione del
Ricercatore e non quella del Ministero della Difesa.
Alessandro FUSCO
Alessandro FUSCO e' nato a Roma il 23 giugno 1964.
È laureato in Ingegneria Elettronica presso L‟Università degli
Studi di Roma.
Specializzato in Sistemi Spaziali presso l‟Università di Padova
ha seguito vari corsi all‟estero sulla gestione e progettazione
dei sistemi spaziali.
Entra in Aeronautica Militare nel Genio Aeronautico Ruolo Ingegneri e dopo un‟esperienza
presso il 4° Stormo Caccia Intercettori di Grosseto, viene assegnato nel 1997 al Gruppo
Sistemi Spaziali della Divisione Aerea Studi Ricerche e Sperimentazioni con l‟incarico di
Capo Sezione Sistemi e Veicoli Spaziali per seguire la progettazione dei satelliti SICRAL
in presso le ditte Alenia Spazio e Telespazio.
Dal 2003 ricopre l‟incarico di Capo Servizio Controllo Sistemi Spaziali presso il CIGC
SICRAL in qualità di responsabile delle operazioni in orbita dei Satelliti SICRAL 1 e
SICRAL 1B. È inserito nelle commissioni di collaudo e verifica legate ai Satelliti SICRAL.
Collabora con l‟ ASI per la verifica del progetto Lyra per la parte relativa al GNS ed FPS.
77
http://www.difesa.it/SMD/CASD/Istituti_militari/CeMISS/Pagine/default.aspx
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