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IL FINANZIAMENTO
DEI LIVELLI INFERIORI
DI GOVERNO IN ITALIA
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Il decentramento in Italia
Rapporti tra Stato e
- Regioni
- Enti locali
(Comuni, Province, Comunità montane, Università, Camere di Commercio)
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Il decentramento in Italia
Regioni: funzioni di programmazione dell’intero sistema decentrato e
responsabilità del servizio sanitario
Province: un livello di governo con connotati non definibili in modo chiaro, in cui
prevalgono funzioni nel campo ambientale e della formazione
Comuni: ampie funzioni di offerta di servizi locali generali o a domanda.
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Stato
Comuni
Regioni
Fondo perequativo Fondo ordinarioFondo perequativo
Rapporti finanziari tra livelli di governo in Italia
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Stato
Comuni
Regioni
Fondo perequativo
Fondo ordinarioFondo perequativo
Un modello più federalista
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Il decentramento in Italia
I processi di riforma in atto
• Leggi Bassanini (L.59/97 (Bassanini uno) e L.127/97 (Bassanini bis) e i DLgs 112/98 prevedono un ampio decentramento di funzioni alle Regioni e ai Comuni nello spirito del principio di sussidiarietà
• Legge delega sul Federalismo fiscale (art.10 c. 1 L.133/99) e DLgs 18/.2000 n.57
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Il decentramento in Italia
I processi di riforma in atto
Legge costituzionale 18 ottobre 2001 n.3, “Modifiche al Titolo Quinto della Parte seconda
della Costituzione”
Legge Delega al Governo del 5 maggio 2009, n.42, in materia di federalismo fiscale in attuazione dell’art.119 della Costituzione
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Il decentramento in Italia
I processi di riforma in atto
I principali Decreti legislativi attuativi della L.42/09
D.Lgs n. 216 del 26/11/2010, Disposizioni in materia di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard di Comuni, Città metropolitane e
Province, D.Lgs n. 23 del 14/3/2011, Disposizioni in materia di federalismo
fiscale municipale,D.Lgs n. 68 del 6/5/2011, Disposizioni in materia di autonomia di
entrata delle regioni a statuto ordinario e della province, nonché determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore
sanitario.
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IL FINANZIAMENTO DELLE REGIONI E DEI COMUNI
prima dell’attuazione della L.42/09(situazione al 2011)
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IL FINANZIAMENTO DELLE REGIONI
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Le regioni
Problemi principali:
- quasi inesistente esperienza amministrativa dell’ente regionale nell’accertamento e gestione dei tributi
- spesa sanitaria con forte ruolo di indirizzo centrale (per garantire uniformità di prestazioni) e con
finanziamento attribuito alle Regioni, di cui rappresenta più dell’80% della spesa corrente
complessiva
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Finanziamento delle regioni
Il processo di decentramento delle Leggi Bassanini e della riforma costituzionale ha portato alla definizione di un’ampia autonomia tributaria
basata su:
• tributi propri • addizionali• compartecipazioni • creazione di un Fondo di perequazione
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I tributi propri regionali
Irap
imposta sulle attività produttive, è il principale tributo proprio delle regioni
(1/4 delle entrate complessive delle regioni,quasi il 60% delle entrate tributarie)
in vigore dal 1998,colpisce il valore aggiunto netto dovuta alle Regioni
nel cui territorio è realizzata la produzione;aliquota base 3,9%
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Altri tributi regionali
• Tassa sulle concessioni regionali
• Tassa regionale per il diritto allo studio universitario
• Tassa speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi
• Imposta sulle emissioni sonore degli aeromobili
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Addizionali
Addizionale all’Irpef
- Obbligatoria : 0.9%
- Facoltativa: fino allo 0,5% (temporaneamente bloccata)
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Le compartecipazioni regionali
Compartecipazione all’accisa sulla benzina (0,13 euro per litro)
Compartecipazione all’Iva compresa tra 37-39% definita annualmente
per il finanziamento del fondo sanitario
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Il fondo perequativo delle RegioniPrevisto dal Decreto 56/00
Fondamentalmente utilizzato per la spesa sanitaria Fondamentalmente utilizzato per la spesa sanitaria
Varato prima della riforma del Titolo V
Sospeso il dicembre 2004 in attesa di revisione
Di fatto è stato applicato solo per il primo anno (2001).Il DPCM del 14 maggio 2004 ha disposto il riparto con
riferimento all’anno di competenza del 2002
Successivamente il fondo è definito anno per anno in finanziaria sulla base di accordi annuali tra governo e regioni
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Le regioni ordinarie italiane sono molto differenziate per:
- popolazione - occupazione- reddito- consumi
I redditi procapite sono più sperequati dei consumi procapite
Ruolo rilevante della perequazione regionale
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Popolazione e occupati totali delle regioni ordinariemigliaia di unità - 2009
0
1.000
2.000
3.000
4.000
5.000
6.000
7.000
8.000
9.000
10.000
Piem
onte
Lombardia
Veneto
Friuli-V
enezia Giulia
Liguria
Em
ilia Rom
agna
Toscana
Um
bria
Marche
Lazio
Abruzzo
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Cam
pania
Puglia
Basilicata
Calabria
Popolazione Occupati totali
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Pil e Consumi finali delle famiglie delle regioni ordinarievalori assoluti 2009
0
50000
100000
150000
200000
250000
300000
350000
Piem
onte
Lombardia
Veneto
Friuli-Venezia G
iulia
Liguria
Em
ilia Rom
agna
Toscana
Um
bria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Cam
pania
Puglia
Basilicata
Calabria
Prodotto interno lordo ai prezzi di mercato- Spesa per consumi finali delle famiglie
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Pil e consumi finali delle famiglie pro capite delle regioni ordinarie- 2009 - Italia =100
50
60
70
80
90
100
110
120
130
Piem
onte
Lombardia
Veneto
Friuli-
V.G
iulia
Liguria
Em
ilia R.
Toscana
Um
bria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Cam
pania
Puglia
Basilicata
Calabria
ITA
LIA
Pil procapite Cons.fam.procapite
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Altre fonti di finanziamento regionale
I fondi comunitari
• FESR Sviluppo Regionale• FSE Sviluppo Europeo• FEOGA Orientamento e Garanzia
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IL FINANZIAMENTO DEI COMUNI
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Il finanziamento dei comuni
Principali momenti normativi
• L.142/90:Principi generali funzioni enti locali
• D. Lgs. 504/92 attuativo L:421/92: istituzione dell’ICI e rimodella i trasferimenti statali
• D.Lgs.517/93 :altri tributi comunali
• D.Lgs.244/97: riordino dei trasferimenti
• D.Lgs 360/98: addizionale Irpef comunale
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I tributi propriICI
Imposta comunale sugli immobili
In vigore dal 1993Di tipo patrimoniale, reale
Colpisce il valore catastale degli immobili ad esclusione dell’immobile adibito ad abitazione
principalee il valore di mercato delle aree fabbricabili
Aliquota base tra il 4 e 7 per mille
Gettito pari a circa l’11% delle entrate e un terzo delle entrate tributarie
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Altri tributi comunali
• Imposta comunale sulla pubblicità
• Il diritto sulle pubbliche affissioni
• Tassa per l’occupazione di spazi e aree pubbliche (TOSAP)
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Addizionali
Addizionale comunale all’Irpef facoltativa fino allo 0,8%
(sospesa dal 2009)
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Compartecipazione al gettito dell’Irpef del penultimo anno precedente
Nel 2009 è pari allo 0,75%
Compartecipazioni
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La Tariffa di impatto ambientale (TIA) che sta progressivamente sostituendo la Tassa
smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU)
Altre tariffe per i servizi a domanda
Tariffe
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Finanziamento delle provincie
• Addizionale provinciale all’Irpef
• Imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile da circolazione di veicoli a motore
Principali entrate tributarie
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I TRASFERIMENTI AI COMUNI
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Trasferimenti ai comuni
• D.Lgs.504/92 attuativo L:421/92: istituzione dell’ICI e rimodella i trasferimenti statali
• D.Lgs.244/97: riordino dei trasferimenti (di fatto sempre rinviato)
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Trasferimenti ai comuni
ammontano a circa 11,5 mld di euro nel 2011meno di un terzo della spesa degli enti locali
secondo il DLgs 244/97• Fondo ordinario • Fondo perequativo per gli squilibri della fiscalità • Fondi ordinario e speciale per gli investimenti • Fondo consolidato
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Fondo ordinario
• Il trasferimento è pari alla differenza tra fabbisogno standard e risorse erariali
• Le risorse erariali sono pari alla somma del trasferimento storico e del gettito dell’Ici (aliquota base)
(Applicazione rinviata fino alla revisione dei criteri)
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Fondo perequativo
• Perequazione in funzione della base imponibile o, in assenza del gettito, dei tributi propri dell’ente, secondo un modello che si ispira a quello della capacità (80% del fondo)
• Perequazione in funzione dello sforzo fiscale tariffario (20% del fondo)
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•Introdotto nel 1998
•Definisce l’impegno degli enti decentrati (Regioni, Province, Comuni) a realizzare gli obiettivi di Indebitamento netto posti dal PSC• essendo riferiti alle AP dipendono anche da decisioni degli enti
decentrati.
•Le indicazioni sono contenute nella Legge Finanziaria (ora nella Legge di stabilità)
•Dopo la riforma del TitoloV, tali indicazioni vengono intese come principi fondamentali del Coordinamento della finanza pubblica che spetta costituzionalmente in modo concorrente a Stato e regioni.
Le regole del patto hanno subito molte modificazioni nel corso degli anni
Il Patto di Stabilità Interno
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Disciplina per il triennio 2011-13 per Regioni e Comuni
Per le Regioni ordinarie:
•Duplice vincolo sulle spese finali, sia di competenza, sia di cassa.
•Non devono superare la media delle spese del triennio 2007-07, ridotta di date percentuali.
•Dai vincoli è comunque esclusa la spesa sanitaria, che è sottoposta ad una specifica disciplina di settore.
Il Patto di Stabilità Interno
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Per i Comuni:
•Si applica solo ai comuni con popolazione superiore a 5000 abitanti, vale a dire il 28% circa del totale.
•L’obiettivo nel triennio è di realizzare un saldo finanziario, pari alla differenza tra entrate finali e spese finali, di un ammontare pari ad una percentuale (11,4%, 14%, 14% per i tre anni) della media della spesa corrente del periodo 2006-08.
•Il saldo finanziario è calcolato con il criterio della competenza mista – nel senso che per la parte corrente si fa riferimento alle entrate e uscite di cassa, mentre per il conto capitale agli accertamenti e agli impegni. In tal modo si evitano effetti accidentali sulla misura dell’obiettivo dovuti alla variabilità della spesa di cassa in conto capitale.
Il Patto di Stabilità Interno
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Per i Comuni:
• Le regioni possono consentire ai propri comuni di derogare ai vincoli per la realizzazione di spese in conto capitale, assumendosi però un corrispondente inasprimento del propri vincoli di competenza o di cassa.
• Se un comune non rispetta l’obiettivo, vengono ridotti i trasferimenti dallo stato nella misura del mancato realizzo dell’obiettivo (comunque non superiore al 3% delle entrate correnti dell’ultimo consuntivo).
• Nel 2010 solo 46 su 2265 comuni hanno mancato gli obiettivi.
N.b.: I vincoli sono definiti sui livelli di spesa e non, come sembrerebbe ragionevole, in considerazione della finalità del patto, sui saldi dei bilanci degli enti decentrati.
Il Patto di Stabilità Interno
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